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MARZO 2009 COPERTINA “ Fortapasc ” : Italia sotto assedio DIRITTI Costituzione: tra i giovani solo 1 su 10 la vorrebbe diversa ISSN 2035-701X INTERVISTA Neri Marcorè: «Voglio fare un film porno » “Poste Italiane. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Torino n° 2 Anno 2009”- € 1,20 RUBRICHE Ieri accadrà Backstage Antitivù Segnalibro Giralamoda Internet La foto del mese Forum 18 20 MONDOVISIONE Le notizie che avreste ignorato SI SENTIVANO I NUOVI PARTIGIANI Quei terroristi convinti di essere nel giusto GIOVANI CRITICI 28 "VOGLIO FARE UN FILM PORNO" Intervista con Neri Marcorè 30 IL CORAGGIO DELLA VERITA’ Marco Risi presenta “Fortapasc” 32 LA PAROLA AI GIURATI Alessandro Gassman al Teatro Eliseo di Roma 36 MUSICA APUA MATER Viaggio nel folk apuano d’azzardo 42 SOTTOVUOTO EMOTRONIKO Intervista con i DARI 44 VOLVEMOS Gli Ska-P tornano ancora più arrabbiati 45 COSTUME E SOCIETÀ "REMEMBER, REMEMBER, THE 5th OF NOVEMBER" Obama: la politica ai tempi di internet RIFUGIOCATORE Benvenuti alla “Liberi Nantes A.S.D.” ALZARE UN SOGNO Intervista con Giulio Morelli ANCHE LA TOSCANA SI MUOVE Che cosa cambierà dopo l’incontro a Certaldo INCHIESTA Non la conosciamo, eppure ne siamo orgogliosi. Mentre la politica si arrovella sulla legittimità del cambiamento della Carta Costituzionale, dalle ultime ricerche emerge che solo un ragazzo su 10 la vorrebbe diversa 52 UN GIORNO IN SAPIENZA 54 Primo giorno a Giurisprudenza CHI E’ CHE MENA IL CAN PER L’AIA? Colloquio con Luca Serianni LA POLITICA HA TRADITO I NOSTRI DIRITTI 48 22 56 58 marzo n°2 Direttore responsabile Renato Truce Vice direttore Lidia Gattini Coordinamento di redazione Eleonora Fortunato Segreteria di redazione Sonia Fiore Redazione di Torino Elisa Moretti corso Allamano, 131 - 10095 Grugliasco (To) tel. 011.7072647 / 283 - fax 011.7707005 e-mail: [email protected] Redazione di Genova Giovanni Battaglio e-mail: [email protected] Redazione di Roma Simona Neri, Matteo Marchetti via Nazionale, 5 - 00184 Roma tel. 06.47881106 - fax 06.47823175 e-mail: [email protected] Hanno collaborato Antonella Andriuolo, Alberto Battaglia, Giovanni Battaglio, Patrizia Battaglio, Stefania Benetti, Roberto Bertoni, Marco Bevilacqua, Marco Billeci, Lorenzo Brunetti, Maria Elena Buslacchi, Francesca Casarola, Giulia Chiantia, Emanuele Colonnese, Chiara Comerio, Giorgio Comola, Valentina Costa, Benedetta Cutolo, Alessandra DʼAcunto, Giacomo DʼAlessandro, Chiara Falcone, Paola Fossa, Benedetta Gaino, Isabella Galfione, Elisa Giustini, Elisa Graziato, Carlo Guidi, Marzia Mancuso, Caterina Mascolo, Serena Mosso, Nicolò Moriggi, Alessia Moroni, Elisabetta Raggio, Alessandro Sala, Luca Sappino, Martina Scialanga, Giulio Sciarappa, Samuele Sicchio, Eleonora Strazza, Francesco Testi, Ambra Troiano, Alessandro Truce, Marco Zanirato, Samina Zargar. Direttore dei sistemi informativi e multimediali Daniele Truce Impaginazione Manuela Pace, Marianna Montalbano, Giorgia Nobile, Gianni La Rocca Illustrazioni Alessandro Pozzi Fotografie e fotoservizi Circolo di Sophia, Massimiliano T., Fotolia, Agenzia Infophoto, Marco Bevilacqua Sito web: www.zai.net Francesco Tota Editore Mandragola Editrice società cooperativa di giornalisti via Nota, 7 - 10122 Torino Ed eccoci giunti a marzo, con un numero come sempre ricco di opinioni, interviste, inchieste. La prima, che vi proponiamo a pag. 22, affronta un tema delicato ma di grande attualità: la Costituzione. Una parte politica la difende a spada tratta, l’altra ne sottolinea i limiti, ma noi giovani che cosa ne pensiamo? Grazie a un’indagine realizzata da Swg, Caterina ci svela perché la sentiamo ancora attuale e perché ce ne sentiamo orgogliosi. Un quadro niente affatto scontato, che vi consigliamo di non perdere. Avvincente l’articolo “Si sentivano i nuovi partigiani”: quella del terrorismo è stata la stagione più buia della Repubblica; i responsabili, però, erano convinti di essere nel giusto. I due film che presentiamo nella rubrica “Multimedita”, a pag. 20, ci fanno entrare nei loro pensieri. Ma lasciamo i grandi temi per occuparci di intrattenimento. Grande protagonista delle nostre pagine è questo mese Neri Marcorè, intervistato da una neofita della redazione, Elisabetta Raggio (pag. 28). Il comico più amato dai ragazzi (ma non solo da loro) non ci ha risparmiato le sue boutade raccontandoci molte cose di sé e dei suoi progetti futuri. Non ci allontaniamo dal mondo dell’arte con l’intervista a Marco Risi (pag. 30), regista di “Fortapasc”, il film (cui è dedicata anche la nostra copertina) che racconta la tragica vicenda di Giancarlo Siani, il giornalista ucciso dalla camorra a 26 anni per le sue coraggiose inchieste. Alessandro Gassman, poi, ci accompagna a teatro per uno spettacolo di sicuro impatto emotivo oltre che di impegno etico: “La parola ai giurati”, il testo di Reginald Rose di cui è regista oltre che interprete, ha infatti ricevuto il patrocinio di Amnesty International (pag. 32). Prima di addentrarci nelle ultime proposte della musica, con Luca Serianni, autorevole linguista e membro dell’Accademia della Crusca, a pag. 36 vi proponiamo una digressione sull’evoluzione della nostra lingua, tra proverbi, espressioni idiomatiche e “giovanilese”. Ah, dimenticavamo, a darvi il benvenuto a pag. 13 c’è un ospite d’eccezione... Buona lettura! Stampa Stige S.p.A. - via Pescarito, 110 10099 S. Mauro (To) Concessionaria esclusiva pubblicità: Mandragola ADV corso Allamano, 131 - 10095 Grugliasco (To) tel. 011.7707002 - fax 011.7707005 e-mail: [email protected] Zai.net ha ricevuto il patrocinio di: Zai.net Lab Anno VIII / n. 2 - marzo 2009 Autorizzazione del Tribunale di Roma n°486 del 05/08/2002 Abbonamento sostenitore: 10 euro Abbonamento annuale studenti: 7 euro (9 numeri) Servizio Abbonamenti MANDRAGOLA Editrice società cooperativa di giornalisti versamento su c/c postale n° 73480790 via Nazionale, 8 - 00184 Roma tel 06.47881106 - fax 06.47823175 Centro Unesco di Torino Main sponsor: I CANTIERI DELL’ETERE La rivista è stampata su carta riciclata E 2000, Cartiere Cariolaro Questa testata fruisce dei contributi statali diretti della legge 7 agosto 1990, n. 250. In collaborazione con: Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana IER IA CC AD RA ’ a cura di Giovanni Battaglio, 21 anni Notizie serie e curiose selezionate dai calendari del passato 1 1562 Oltre mille Ugonotti vengono massacrati dai cattolici a Vassy, in Francia, segnando l'inizio della prima guerra di religione 1896 Henri Becquerel scopre la 4 1848 Carlo Alberto emana lo Statuto Albertino 12 1894 La Coca-Cola viene venduta in bottiglie per la prima volta 1877 Emile Berliner inventa il microfono radioattività 1983 La Swatch presenta il suo primo orologio 1994 La Chiesa d'Inghilterra ordina il 16 8 1925 Italia: viene assegnato 2 1717 The Loves of Mars and Venus diventa il primo balletto eseguito in Inghilterra 1923 Esce il primo numero della famosa rivista Time all'Hockey Club Milano il primo scudetto dell'hockey su ghiaccio 1908 A Milano viene fondata l’Inter 1935 Adolf Hitler ordina il riarmo della Germania in violazione al Trattato di Versailles: nasce la Wehrmacht 1978 In un agguato a Roma le Brigate Rosse rapiscono Aldo Moro uccidendo cinque uomini della scorta 9 1969 Si svolge a Tolosa il primo volo sperimentale del Concorde 1562 A Napoli sono banditi i baci in pubblico. Per i contravventori è prevista la pena di morte 1955 A Ginevra viene presentata per la prima volta al pubblico quella che diventerà una delle icone del boom economico italiano del dopoguerra, la Fiat 600 3 27 1964 Alle 17:36 locali, il più potente terremoto mai registrato negli USA (magnitudo 9.2 della Scala Richter) colpisce l'Alaska centro-meridionale: 125 le vittime e ingenti i danni specie nella città di Anchorage 1955 Elvis Presley appare in 2006 Muore Rudolf Vrba l'unica televisione per la prima volta persona fuggita da Auschwitz MARZO primo sacerdote donna GE A ST K C BA Hanno contribuito a questo numero: Alessandra D’Acunto Giorgia Diodato Quasi 14 anni, vive a Francavilla al Mare (Ch), ha un mondo di amici nella rete e fuori. Ama uscire con le sue coetanee, fare sport, shopping ma soprattutto ascoltare musica: la sua passione. Non perde occasione per andare ai concerti e per collezionare le foto con i suoi gruppi preferiti. Le piace così tanto comunicare idee, esperienze ed emozioni, che ha deciso di esprimerle anche su Zai.net. Elisabetta Raggio 18 anni, vive a Roma, dove frequenta l’ultimo anno del Liceo classico “Pilo Albertelli”. Chi le sta vicino la definisce come una grafomane un po’ pazzarella, convinta che senza carta e penna non esisterebbe il mondo. Testarda e sognatrice quanto basta, non rinuncia a una buona dose di realismo nella vita di tutti i giorni. Alla ricerca della sua strada una volta finito il liceo, si diverte nel frattempo a tentarle tutte, apprezzando ogni progetto. Scrivere è da sempre la sua maggiore passione per questo ha deciso di iniziare a collaborare con Zai.net, intervistando Neri Marcorè! 19 anni, frequenta il primo anno di Lettere a Roma. Le piace scrivere, cantare e suonare il pianoforte (musica e moda sono le due M della sua vita, ci ha confidato). È innamorata della Sicilia, dei suoi luoghi, della sua gente ed infine adora i bambini, con cui passa gran parte del tempo in veste di educatrice dell'Azione Cattolica. Il suo sogno è diventare una giornalista di moda, per questo ogni mese ci coinvolge nel suo gioco preferito, Gira la moda. Giulio Sciarappa Elisa Graziato 20 anni, vive a Torino; la maggior parte del tempo lo potete trovare in qualche sperduta aula del Politecnico tra equazioni e programmi. Non a caso sin da piccolo diceva: "Non scriverò mai nulla!", eppure ha finito per collaborare attivamente con Zai.net da ormai tre anni, pubblicando articoli e fotografie. In questo numero è sua la "foto del mese", con Ingrid Betancourt che sfoglia la nostra rivista! 16 anni e frequenta il primo liceo classico a Torino. Membro onorario della confraternita dei disordinati, pigri e distratti cronici. E' una mezza artista: adora disegnare e dipingere ma anche ballare e ascoltare musica rock. Nel tempo libero divora tutti i libri che riesce a trovare e scrive racconti che, puntualmente, lascia a metà. Non ha ancora idee precise su ciò che diventerà da grande, ma spera di poter viaggiare tantissimo. Giorgio Comola 16 anni, vive a Genova e studia al Liceo scientifico “Cassini”. Collaboratore di Zai.net ormai da due anni, segue con interesse tutti gli eventi che vengono proposti. La sua prima passione rimane però il volo, essendo già pilota. Ama provare un po’ tutto, dall’informatica, alla musica, all’astronomia, rimanendo però assiduo reporter della nostra rivista. GIORNALISTI CON UN LO SAPEVATE CHE BASTA UN COLPO DI MOUSE PER ENTRARE NELLA REDAZIONE DI ZAI.NET E FAR PARTE DEL GRUPPO DI REPORTER PIU' GIOVANI D'ITALIA? LORO L'HANNO FATTO... Cos’è Zai.net? Quella che state sfogliando è la rivista mensile, che fa un po’ da vetrina a tutte le attività e le interattività del network, che prende vita soprattutto nel sito, nella radio, nelle varie redazioni locali (Lazio, Liguria e Piemonte), nelle tante iniziative che coinvolgono le scuole di tutta Italia. Dove si trova Zai.net? Zai.net non si compra in edicola, ma arriva direttamente a scuola, in classe. Per ricevere la tua copia direttamente a casa, puoi abbonarti individualmente andando sul sito www.zai.net e seguendo le istruzioni alla voce “Abbonamenti”. Come mai gli articoli sono scritti da studenti e non da giornalisti? Qui è il nodo di tutta la faccenda. Noi che siamo i coordinatori della rivista riteniamo di dare ai ragazzi delle scuole uno strumento in più per raccontarsi, identificarsi e confrontarsi, nonostante le distanze geografiche e le diverse tipologie di scuola. Come si entra a far parte della redazione? Basta scrivere un’email alla redazione ([email protected]): noi vi teniamo al corrente sul percorso degli articoli e vi forniamo le dritte per svolgerli al meglio. Le distanze non contano: dialoghiamo continuamente attraverso Internet e il telefono. Contano solo l’entusiasmo e la voglia di scrivere. Chi sceglie gli argomenti su cui scrivere? Beh, gli stimoli ci vengono dall’attualità, ma anche dagli argomenti di studio, dai vostri hobby, dal vostro universo. A noi spetta il compito di coordinarvi sollecitandovi a seguire le regole principali del giornalismo. Come si finanzia Zai.net? Finora ha spesso contato sul contributo economico di enti pubblici e privati che ne condividevano l’approccio innovativo e le finalità formative. Ma la parte più cospicua dei costi è da sempre sostenuta dalla nostra cooperativa di giornalisti, Mandragola Editrice. Info: [email protected] - tel. 06 47881106 SELENE, 16 ANNI Credo che l'informazione rappresenti un settore vitale per la nostra società dal momento che serve a rendere consapevoli i cittadini - compresi noi giovani - di ciò che accade. Zai.net mi offre l'opportunità di confrontarmi con ciò che mi sta attorno, mi aiuta a riflettere su questioni di rilevanza nazionale nei forum. Mi permette, inoltre, di mettermi alla prova, che poi significa imparare sempre qualcosa di nuovo. Spero che possa coinvolgere sempre più ragazzi. MICHELE, 18 ANNI Mi piace l'idea di un giornale per ragazzi che sia scritto veramente da ragazzi nostri coetanei e non da trentenni frustrati che provano a fare i “gggiovani”. Per questo ho cominciato a collaborare con Zai.net, una specie di luogo dorato dove anche i meno esperti, se capaci, possono svolgere incarichi appaganti. Io sono stato catapultato di recente in un’inchiesta sulle mense scolastiche, chissà che presto non vediate su queste pagine i frutti del mio lavoro. MARIA GRAZIA, 17 ANNI Inizialmente, quando ho visto le prime copie arrivare nella mia scuola, ho pensato “uffa, un altro stupido giornaletto”! Poi, invece, leggendolo ho imparato ad apprezzarlo, fino al giorno in cui ho preso il cuore in mano e ho cominciato a spedire i miei articoli alla redazione. Nessuna delle persone che mi hanno risposto mi ha mai riso in faccia – come invece temevo – per aver provato a scrivere su alcuni argomenti, magari delicati o insoliti. U' V ITI T AN A cura di Lorenzo Brunetti, 18 anni W la seconda serata E' proprio vero che il più delle volte per trovare qualcosa di decente in tv bisogna avventurarsi nei meandri nascosti del palinsesto! Così, se siete insonni come me, la domenica sera alle 23.35 potrete vedere Tatami. Il programma, giunto alla seconda edizione, è un magazine d'attualità scandito da una formula fissa: si apre con un talk show su un tema caldo della società per poi passare all'intervista ad un personaggio noto, accompagnato da un suo amico o parente, ed in conclusione a un ospite legato all'attualità. Sebbene questa organizzazione del programma possa sembrare ripetitiva, è in realtà piacevole e ben gestita. I temi affrontati nella prima parte sono solitamente di grande interesse e la scelta degli ospiti è sempre così azzeccata da rinverdire anche gli argomenti più battuti. Alla conduzione troviamo Camilla Raznovich che riporta a Tatami la stessa intelligenza ed ironia a cui ci aveva abituati quando presentava Loveline, il programma di informazione sessuale su Mtv. Sessismo satellitare In controtendenza con chi sostiene che le differenze tra i sessi stiano scomparendo, Sky propone due canali, FX e LEI, dedicati il primo solo agli uomini e l'altro solo alle donne. FX è in onda in Italia già dal 2006, mentre LEI è una novità del 2009. L'idea stessa di proporre canali "sessualmente tematici" è qualitativamente fallimentare, dato che si riduce inevitabilmente ad una banale riproposizione di quegli stereotipi sessuali che il femminismo aveva fatto tanto per superare. Difficile è poi capire quale dei due canali sia il peggiore... FX, canale di successo già presente in America Latina, Stati Uniti e Gran Bretagna, vanta il palinsesto più macho della tv e propone programmi dedicati a sport e motori o vecchie serie televisive americane come Hazard o Walker Texas Rager, anche se la vera punta di diamante del canale è l’appuntamento col filmone, di solito una pellicola del filone della commedia erotica all'italiana, o con programmi della seconda serata che vantano titoli come Sexy Camera All'italiana o S.O.S Patata. LEI è un canale che pare puntare più sulla grafica che sul contenuto. Ad ogni lancio di pubblicità o inizio di trasmissione appaiono delle strane galline che indossano collane e gioielli - il che sarebbe anche divertente ed autoironico se non costituisse il maggior investimento del canale! Infatti la programmazione è davvero povera e propone solo vecchie serie televisive straniere - di peggiore qualità rispetto a quelle trasmesse dai canali Fox (come Desperate Housewives) – intervallate da Protagoniste, un ridicolo talk show al femminile condotto da quattro donne che, proprio come le galline della grafica, starnazzano più che parlare. A cura di Marzia Mancuso, 16 anni, SE GN AL IBR O UN CASO DI SECONDA GENERAZIONE I tedeschi li abbiamo sconfitti qua, senza cannoni, senza carri armati e senza aerei. Li abbiamo sconfitti quando abbiamo costruito famiglie e partorito bambini. E ora, ora che i figli ci muoiono, stiamo perdendo anche quella guerra là”. La notte in cui sua madre dipinse di rosso la macchina del ragazzo con cui era uscita e la accusò di essere una churve, una puttana, Lizzie decise che non ne poteva più né di lei né di tutte le follie degli abitanti del suo quartiere. Scappò di casa. Anni dopo, precisamente nel 1990, Lizzie Doron torna a Tel Aviv per celebrare la shivà di sua madre (i sette giorni del lutto ebraico) e rievocare la sua infanzia, riempiendo così le pagine di C’era una volta una famiglia, suo ultimo romanzo, segnato da un’impronta fortemente autobiografica. In realtà di famiglie ce ne sono molte nel quartiere di Lizzie, tutte di ebrei immigrati negli anni ’50 dalla Polonia o dalla Germania, sfuggiti alle persecuzioni o sopravvissuti ai lager nazisti. Lasciano una guerra per trovarne un’altra, forse peggiore, il conflitto mediorientale, che riesce a portar via loro l’unica arma con cui avevano potuto sconfiggere i tedeschi: una nuova vita, una famiglia, dei figli. Le realtà del conflitto arabo-israeliano e della Shoah non vengono mai affrontate direttamente, ma traspaiono di continuo nei racconti dei numerosi personaggi di questo romanzo corale, in cui la vera protagonista non è la scrittrice, quanto piuttosto la generazione cui essa stessa appartiene: la seconda generazione ebrea. Nelle ultime righe del libro, la Doron viene appunto definita “un caso di seconda generazione”: quella che non ha vissuto l’olocausto, ma ne osserva le conseguenze in tutto ciò che la circonda, compresi i comportamenti dei propri genitori. Quella che desidera la normalità, ma non può sfuggire alla vena di follia e tragedia ereditata da un passato così terribile. Quella che sfugge alle proprie origini, ma incontra un presente non meno difficile. La prima generazione ebrea muore nei campi di sterminio, la seconda sulle alture del Golan o nello stretto di Suez, come per una predestinazione di un intero popolo al dolore. Ma alla fin fine Lizzie è cresciuta, ha una famiglia, e forse un giorno potrà parlarci di una terza generazione che è riuscita in ciò in cui le altre due sono fallite: la pace, il riscatto o più semplicemente la serenità. “ C’era una volta una famiglia di Lizzie Doron Traduzione di Schulim Vogelmann Edizioni la Giuntina, pp. 130, euro 12 LA A A R GI OD M A cura di Alessandra D’Acunto, 19 anni Essere o non essere è un interrogativo ormai superato. Gonna, jeans, tacchi o ballerine? Questo è il problema che ci pone Daniela, 20 anni. Per ricevere i consigli di Alessandra, scrivete a [email protected] n sapiente abbinamento di colori e stili, prendiamone esempio. Serata glamour? Facciamoci notare, ma senza eccessi. Appariscenti decolletè verniciate, dal tacco geometrico, sono punto di partenza e fonte primaria della nostra eleganza. Proprio in virtù della loro spettacolarità, dobbiamo stare attente alle scelte successive, sicuramente non un microabito o una mini, provocanti per natura, che finirebbero per rendere tutto un po’ troppo carico e sicuramente eccessivo. Opterei – come ha fatto Daniela per dei pantaloni neri in raso, che valorizzeranno le vostre forme, mettendo inoltre in risalto le decolletè. Sopra siete libere di scatenare la creatività, puntando su ciò che più vi fa sentire a vostro agio. La modella di questo mese impersona uno stile minimal, essenziale ma ben calibrato, in linea con le tendenze dell’anno in fatto di colori. Sul podio, infatti, il verde bosco, il grigio, il viola. Siete quindi pronte a salutare i colori pastello? Non disperate, non si tratta di un addio, la moda volge sempre lo sguardo dietro di sé. U ncredibile ma vero, i pois non sono out. In questa pagina ne avete la testimonianza: Sasha Pivovarova,una delle modelle più richieste del momento, è ricoperta di pois. La foto è stata la copertina del numero di gennaio della rivista Vogue UK, che anticipava i must have della prossima stagione calda. Personalmente sono rimasta un po’ di stucco, non mi aspettavo un ritorno così repentino degli ipnotici pallini su sfondo colorato. Da buone fashion victim siamo al passo con le tendenze e non ne perdiamo neanche una, muovendoci con gusto! Cara Daniela, sei un vero e proprio precursore delle nuove collezioni, ma accortezza su alcuni particolari. I pois, come altri motivi vintage, su alcuni tessuti perdono moltissimo. La camicetta di seta o raso ha tutto un altro effetto e raggiunge il massimo della ricercatezza con un filo di perle, che al contrario muore su una blusa di cotone. Le ballerine sarebbero deliziose con meno pois ma più grandi, un fiocco sulla punta e un briciolo di tacco. I ET N R TE N I A cura di Marco Billeci, 20 anni SITI CHE DANNO VOCE A CHI NON HA VOCE MISNA.ORG (Missionary International Service News Agency). Fondata nel 1997 da Padre Giulio Albanese, missionario comboniano, è la prima agenzia di stampa specializzata nell’informazione dal Sud del pianeta. MISNA sfrutta come fonte principale la rete del mondo missionario cattolico, oltre ad avvalersi della collaborazione di esponenti della società civile, operatori umanitari e volontariato in genere. L’obiettivo è correggere le ‘informazioni geneticamente modificate’ che passano attraverso i grandi media. La credibilità di MISNA è stata confermata nel 2004 quando, nei tragici giorni dello Tsunami, i suoi corrispondenti hanno regolarmente bruciato sul tempo le grandi agen- zie internazionali. Tuttavia le news battute da MISNA faticano ancora oggi a trovare spazio nel mainstream delle notizie. PEACEREPORTER.NET. ANDINAMEDIA.INFO. Sicuramente uno dei più completi portali d’informazione dal mondo che si possono trovare in italiano. Nato da un progetto in collaborazione tra Misna (vedi sopra) ed Emergency, il sito ha un’impostazione dichiaratamente pacifista. L’obiettivo è provare a costruire la pace partendo dalla conoscenza di realtà lontane geograficamente e culturalmente. Ai contenuti del sito collaborano giornalisti, operatori di ONG, religiosi, cooperatori, personale diplomatico ed esponenti della società civile. Attraverso una cartina interattiva si accede a notizie provenienti da ogni parte del globo. Ci sono, inoltre, una video ed una foto gallery, una sezione dedicata ai dossier ed una ai reportage. E’ un'agenzia d'informazione indipendente dedicata all'America Latina, e in particolare all’area andina. Nasce dalla passione di un gruppo di giornalisti, fotografi e documentaristi che per lavoro si sono occupati e si occupano del Sud America, vi hanno trascorso lunghi periodi e ne hanno maturato una conoscenza profonda. La ricerca delle notizie è possibile sia secondo il criterio geografico sia per tematiche. In ogni caso si tratta sempre di contenuti originali, inediti o ripresi da altre testate, che vanno oltre l’informazione ufficiale per spiegare la realtà sudamericana, spesso partendo da attimi di vita comune. NEWSFROMAFRICA.ORG. Inaugurato nel 1996, è il primo bollettino elettronico d’informazione nato in Africa, su iniziativa della Koinonia Community, una no-profit con sede a Nairobi. Attraverso l’uso delle nuove tecnologie, NfA promuove pace, giustizia, diritti umani, lotta alla povertà. I corrispondenti hanno tutti le radici nel continente africano e ciò permette di dare quello sguardo dall’interno che quasi sempre manca quando si parla di quest’area. Sul sito si trovano notizie, approfondimenti, rassegne stampa, ecc… Una curiosità: fino al 2003 i contenuti sono stati tradotti in italiano, una versione curata dalla Ong Amani Onlus (nell’archivio del sito è ancora possibile visualizzarli). La foto del mese 13 Giulio Sciarappa, 20 anni, è riuscito a immortalare il dolcissimo sorriso di Ingrid Betancourt mentre sfoglia la nostra rivista. Anche Zai.net sostiene la sua candidatura a premio Nobel per la Pace 2009 M RU FO A cura di Jacopo Zoffoli, 19 anni CHI CONTROLLA IL CONTROLLORE? In base a che cosa giudicare la bravura di un docente? A chi dovrebbe spettare, poi, l’oneroso compito? Mentre sul web spopolano i siti in cui si possono dare i voti ai propri docenti, ecco le opinioni dei lettori di Zai.net delle nozioni da parte degli studenti; la simpatia, che può rendere più amichevoli i rapporti tra studenti e docenti; l’esperienza, che aiuta il professore a comportarsi in situazioni specifiche e a prendere i giusti provvedimenti. In ultima analisi, si deve tenere in forte considerazione anche l’ambiente in cui il professore lavora, poiché esso può influenzare in modo estremamente negativo o positivo il suo morale e, di conseguenza, il suo operato. Insomma, rendiamoli ‘famosi’! Non siamo voti che camminano Il frustrato, la sfinge, l’anticonformista, l’hitleriano. In tanti anni di onorata carriera sui banchi, gli studenti maturano una tale conoscenza in fatto di tipologia di insegnanti da far invidia a qualsiasi presunto esperto in materia. Ma una volta conclusa l'avventura, molta di questa consapevolezza va a finire nel dimenticatoio. Così se a qualcuno capita di diventare docente a sua volta, non è detto che non si trasformi in un essere spietato, pronto a giudicare e a formulare sentenze, sicuro e autoritario dietro l'amata cattedra. Con l'unico obiettivo di sciorinare chili di notizie, senza preoccuparsi di ciò che pensano gli allievi. Se solo potessimo esprimere un'opinione sui professori, forse riusciremmo a trovare un linguaggio in comune. “Limitazione nella libertà di insegnamento”? No, solo profondo desiderio di arginare l'estinzione dei docenti che ci restano nel cuore. Anche perché quando sono loro a metterci un cinque, non parliamo certo di “limitazione nella libertà di studio”! È anche vero però che se nel nostro paese gli insegnanti non fossero tanto sottovalutati, forse sarebbero più propensi al miglioramento. La maggior parte di loro, guardando uno studente, vede solo un voto che cammina. E allora ci chiediamo: come può un professore accorgersi dei suoi errori, se non c'è nessuno a dirglielo? Valentina Pudano, 16 anni Catania Tocca a noi giudicarli! Avete mai avuto il desiderio di dare i voti ai vostri professori? Un fenomeno che sta imperversando in moltissimi paesi del mondo, dagli Stati Uniti all’Australia, passando naturalmente per l’Europa e l’Italia, è quello dei siti in cui ciò è, appunto, possibile. Nel cyberspazio i difetti più comuni ai prof - citati con tanto di nome, cognome e istituto di appartenenza – sembrano essere: la troppa intransigenza, la continua pressione delle interrogazioni e le numerose assenze. Io ho provato a fare il punto nel mio istituto e, intervistando alcuni compagni, ho notato che moltissimi giudicano i professori su pochi ma determinanti punti: la simpatia, l’equità di giudizio, la pazienza, la capacità di farsi capire dagli studenti, l’entusiasmo dimostrato a lezione ed anche l’autorevolezza, che serve ad imporsi. Per passare alla mia opinione personale, io credo che il docente dovrebbe essere valutato secondo tre criteri: la capacità di esprimersi in modo chiaro e conciso, che serve a facilitare l’apprendimento Adriano Bocci, 14 anni Roma “Un insegnante ha effetto sull’eternità” È giusto che durante un’interrogazione il professore valuti un alunno insufficiente perché non è d’accordo con un suo pensiero? È corretto che sempre lo stesso insegnante si limiti a giudicarlo in base alle sue idee personali? È quello che noi studenti ci chiediamo ogni giorno. Così, ora dopo ora, campanella dopo campanella, tra i banchi e la cattedra si erge un muro sempre più alto, quasi ci fosse un orco davanti a noi. Oltre alla preparazione e all’obiettività (è fondamentale che gli alunni vengano valutati con imparzialità e non in base a pregiudizi), un altro aspetto importante del curriculum di un docente è la capacità di relazionarsi con la classe. Sono certa che ogni studente odia avere davanti a sé un professore rigido, distaccato, che pensa solo a svolgere un programma ministeriale. Vorrebbe trovarsi di 15 fronte una persona che tra una spiegazione e l’altra lo facesse ridere e lo facesse sentire a proprio agio. All’interno della classe gli alunni dovrebbero ricevere maggiori attenzioni. Henry Adams diceva: “Un insegnante ha effetto sull'eternità; non si può mai dire dove termina la sua influenza”. Dietro ogni alunno c’è una storia complessa e chi, quindi, meglio di un educatore può comprenderla, analizzarla e soprattutto renderla migliore? Lucia Motta, 16 anni Catania Brunetta e Gelmini: 5 in condotta Da qualche tempo in questo paese accadono cose strane. Nella scorsa primavera, ad esempio, sono diventati ministri, rispettivamente della Funzione Pubblica e della Pubblica Istruzione, Renato Brunetta e Mariastella Gelmini. Ormai è chiaro a tutti che si tratta di due personaggi singolari, soprattutto se si considerano certe dichiarazioni e certe notizie sul loro passato. Nel luglio del 2008, l’insigne economista veneziano dichiarò a “Panorama”: “Non so nuotare, non so guidare, sciare, andare in barca. Non so fare niente”; un ritratto di sé così masochistico da far invidia a Jacopone da Todi. Il 31 ottobre 2008, invece, dopo aver saputo da lei stessa che era andata a Reggio Calabria per abilitarsi ad esercitare la professione di avvocato (sempre nel segno del merito, ovviamente), abbiamo scoperto, grazie a “la Repubblica”, come e perché Mariastella Gelmini sia approdata al ministero di Viale Trastevere. A segnalare a Berlusconi la pedagoga lombarda fu il suo giardiniere, Giacomo Tiraboschi, certo che al Cavaliere sarebbe piaciuta. Infatti, il Nostro la nominò subito sua consigliera, poi proconsole in Lombardia, poi tra i sette “saggi” che hanno compilato le liste elettorali del PdL e infine, dopo l’elezione alla Camera, alla prima legislatura le ha affidato uno dei ministeri più importanti per la crescita e lo sviluppo del Paese. Ebbene, questi due ministri sono i principali sostenitori della meritocrazia e della valutazione degli insegnanti, naturalmente senza specificare chi dovrebbe occuparsene, secondo quali parametri, premiando e punendo chi, come e perché. “Bisogna premiare il merito e favorire i meritevoli” – ripetono da mesi i due – ma in cosa consista il merito e chi siano le persone da considerare meritevoli non è dato saperlo. C’è inoltre il più che concreto rischio che tali valutazioni siano affidate alle “forbici” dei dirigenti superiori che, se tanto mi dà tanto, non hanno raggiunto l’ambita poltrona per merito ma per vie clientelari. Purtroppo, a onor del vero, va ricordato che fu il governo dell’Unione a tirar fuori una proposta così demenziale, ad opera del mai domo ministro Fioroni che per due anni non ha fatto altro che attaccare la scuola italiana e chi vi lavora. Che i docenti vadano incentivati anche sul piano economico, messi in condizione di lavorare al meglio, aiutati e sostenuti nel loro difficile compito quotidiano siamo tutti d’accordo, ma che si debbano dare pagelle, patenti di merito e di demerito e simili è una sciocchezza francamente intollerabile in un Paese civile. Pensate voi se la brillante proposta fioronianbrunettian-gelminiana diventasse legge: ci sarebbero feroci lotte intestine in ogni istituto nonché invidie e malumori per le forti differenze di retribuzione tra “meritevoli” e “non meritevoli”. Inoltre, a seconda di chi sta al governo, è probabile che tutti correrebbero a iscriversi al principale partito di maggioranza. Così, per dimostrare di meritare più degli altri. Roberto Bertoni, 18 anni Monterotondo (Roma) La pagella che vorrei Ormai non ci stupiamo più quando sentiamo che la scuola italiana si è classificata male nei rapporti OcsePisa (e simili). In effetti, se ci pensiamo, vere novità nell’ambito scolastico italiano non sono così frequenti. Anche l’introduzione di un sistema di valutazione degli insegnanti è una cosa di cui si sente parlare da tempo, un ministro qualche annetto ci ha rimesso persino la poltrona. In realtà si tratta di una cosa che noi studenti sogniamo da tempo. Immaginiamo di dover “dare i voti” agli insegnanti: su cosa dovremmo valutarli? Sulla loro pagella oltre alle voci “preparazione” e “capacità di insegnamento”, dovrebbe esserci anche “professionalità”. Un professore è professionale quando non ha paura di dare ad uno studente il voto che si merita, sia questo un 2 o un 10; è professionale quando è disponibile, aiuta lo studente, ma conosce il limite da non travalicare per evitare di perdere in autorevolezza; è professionale quando valuta le conoscenze dell’alunno, non l’alunno in sé. I professori di questo stampo sono pochi, pochissimi, e non sempre vengono apprezzati per l’apporto che danno alla formazione dei futuri uomini e donne, prima ancora che studenti. Elena Prati, 17 anni Alessandria Test 16 UN PROF PER AMICO? Dopo il forum, arriva per gli insegnanti il momento dell'autovalutazione col nostro ironico test, per questa volta dedicato a loro. I tuoi alunni ti vedono come il professor Keating de “L’attimo fuggente” o come la Miss Brodie dei romanzi di Muriel Spark? 10 domande, 10 situazioni per scoprirlo di Elisabetta Raggio, 18 anni, Liceo classico “Albertelli” 1. Quando entri in classe, gli alunni A Si alzano immediatamente e salutano B Continuano a farsi i fatti loro C Dicono buongiorno 2. Quando spieghi A Prendono freneticamente appunti B Chiacchierano fra loro C Intervengono 3. Quando scegli chi interrogare A Abbassano lo sguardo, fingendo di ripassare B Cercano quella penna che inspiegabilmente è caduta per terra C Non se ne rendono conto 4. Quando assegni i compiti A Scrivono in silenzio B Fanno finta di scrivere C Controllano sul libro le pagine e se le segnano 5. Quando suona la campanella A Nascondono accuratamente l’impazienza B Si alzano e se ne vanno C Iniziano solo allora a prepararsi per uscire 6. Quando ti vedono per strada A Cercano di evitarti B C Non salutano Salutano 7. Quando riporti i compiti A Si informano su chi ha preso più di loro B La considerano un’ora di lezione in meno C Fanno attenzione alle correzioni 8. Quando fai una battuta infelice A Ridono a crepapelle B Ti guardano torvi C Sorridono solidali 9. Quando parlano con te A Ti danno del ‘lei’ B Masticano a bocca aperta gomme C Ti danno del ‘tu’ 10. Quando entri in classe poco prima dell’inizio della prima ora A Sono già dentro l’aula B Entrano 20 minuti dopo C Entrano puntuali LEGGI IL TUO PROFILO A PAG. 62 Mondovisione reste ignorato 18 Notizie che av USA Terrore sul filo. Nazista Internet ha aiutato molti gruppi a farsi conoscere meglio: MySpace, iTunes e gli altri server portano la musica direttamente nelle case della gente, bypassando i tradizionali circuiti di produzione, distribuzione e vendita. La rivista musicale Spin (Usa) fa notare che queste tecniche hanno avvantaggiato notevolmente anche gruppi non proprio “innocui”: i complessi che inneggiano al “White Power”, il potere bianco. Insomma, i nazisti. Ecco allora i Brutal Attack, il cui capolavoro (prego notare l’ironia) recita: «This is the final solution / our turn / they’ll burn» (Questa è la soluzione finale, è il nostro turno, bruceranno); la maggior parte dei negozi di dischi aveva rifiutato di commercializzarli, ma ecco che su iTunes il disco si può scaricare con meno di dieci dollari, e su Amazon anche con meno. E oltre a un discreto guadagno, queste band hanno la possibilità di raggiungere platee un tempo impensabili. Tra l’altro, tutto è perfettamente legale, perché la Costituzione americana garantisce una totale libertà d’espressione, dunque i testi non possono essere censurati, neanche quando incitano all’odio e alla discriminazione. Per la gioia dei rockettari nazisti di tutto il mondo. CINA Boia in polvere Ancora esecuzioni capitali. Nel Paese, però, serpeggia un diffuso malcontento per delle sentenze che sono sembrate troppo miti. D’altronde il reato è di quelli che colpiscono: ricorderete forse il caso del latte contaminato alla melamina (una sostanza chimica della plastica, usata per aumentare il contenuto proteico del latte), che in Cina ha ucciso sei bambini e ne ha intossicati oltre trecentomila. Zhang Yujun, produttore della polvere proteica contaminata, e Geng Jinping, reo di aver unito quella polvere al latte che poi ha venduto a vari caseifici, finiranno davanti ad un plotone d’esecuzione. “Solo” ergastolo, invece, per Tian Wenhua, ex presidente del gruppo Sanlu, la società più colpita dallo scandalo che, infatti, è fallita. Questo ha fatto imbestialire i parenti delle vittime, che ne chiedevano la testa. La vicenda avrà poi ancora strascichi legali: 213 famiglie colpite, giudicando l’indennizzo troppo basso, hanno fatto ricorso presso la Corte Suprema cinese. Il Ministero degli Esteri, attraverso un portavoce, tiene a ricordare ai consumatori di tutto il mondo che «le autorità cinesi prestano molta attenzione alla sicurezza degli alimenti». Sarà, ma intanto in tutto il mondo, come fa notare The Straits Times (Singapore), i prodotti caseari made in China sono scomparsi dagli scaffali. 19 COSTA RICA Il Paese disarmato Il 1 dicembre 1948, dopo una breve guerra civile costata qualche centinaio di morti, l’allora presidente della Costa Rica, il socialdemocratico José Figueres Ferrer assunse il governo provvisorio, nazionalizzò le banche e, soprattutto, abolì l’esercito, trasformandolo in “guardia civile” (una sorta di polizia). Liberation (Francia) racconta la storia di questo piccolo Paese centroamericano, dove l’abolizione delle forze armate, secondo la fondazione Arias per la pace e il progresso umano, permette di finanziare ogni anno tutte le università pubbliche e tre ospedali. Alcuni intervistati dal quotidiano francese raccontano di una cultura politica unica, improntata al dialogo e al rispetto reciproco, anche in situazioni di forte tensione: quando nel 1985, di fronte al divampare di guerre nei vicini Guatemala, El Salvador e Nicaragua, il presidente di allora consultò la popolazione su una eventuale reintroduzione di un esercito permanente, il 90% si dichiarò contrario. In caso di attacco, poi, provvederebbero le forze comuni dell’Organizzazione degli Stati americani. Ma, come sottolinea il ministro della Sicurezza pubblica Janina del Vecchio Ugalde, «siamo un Paese pacifico, e quindi nessuno ci attacca». GERMANIA Memoria diffusa Non si ferma in Germania il regolamento dei conti con il cupo passato nazista: la prossima estate verrà inaugurato a Berlino, a due passi dal palazzo del Parlamento e dalla Porta di Brandeburgo, un memoriale che celebri le centinaia di migliaia di rom e sinti sterminati dal regime nazista; riconoscimento importantissimo per una comunità che ancora oggi, in quasi tutta Europa, non riscuote certo grande simpatia. Il progetto, firmato dall’israeliano Dani Caravan, prevede un triangolo di granito al centro di una vasca di acqua scura, con la melodia di un violino che scaturisce dalla roccia. In realtà, ricostruisce Le Monde (Francia), i lavori per il monumento sarebbero potuti partire nel 1992, ma le varie associazioni non riuscivano ad accordarsi sull’iscrizione: alcuni ritenevano il termine Zigeneur (zingaro) offensivo e legato alla terminologia del regime. Ma questo non è l’unico progetto della capitale tedesca: presto anche omosessuali, malati mentali e prigionieri sovietici avranno un proprio sacrario. Tanto che alcuni, come il professor Etienne François, dell’Università tecnica di Berlino, parlano di “gara” dei vari gruppi perseguitati dai nazisti per ottenere un riconoscimento storiografico, come già accaduto agli ebrei con la Shoah. Multimedita 20 SI SENTIVANO I NUOVI PARTIGIANI MIGLIAIA DI GIOVANI, NEL NOME DELLA “RIVOLUZIONE”, HANNO INSANGUINATO L’EUROPA. OGGI LI CONDANNIAMO. MA DOBBIAMO CHIEDERCI COSA LI ABBIA MOSSI E PERCHÉ NON SI SIANO FERMATI NEANCHE DI FRONTE ALLA SCONFITTA di P.i.p., 17 anni a storia d’Italia è una storia di sangue e violenza, come d’altronde quella di tutti i Paesi. Giuseppe Mazzini era un pericoloso terrorista, così come Giuseppe Garibaldi, i fratelli Bandiera, Luciano Manara, Goffredo Mameli, tutti pericolosi terroristi. E poi i fratelli Cervi, le fucilazioni esemplari, cartoline da un’Italia in guerra dove i nostri eroi di oggi erano bollati come criminali. Sarà pure un luogo comune, ma la storia in fondo la scrivono davvero i vincitori: i nostri giudizi morali sulle figure storiche discendono sempre dai valori che abbiamo eletto a fondamento del nostro vivere in comune dopo lunghe lotte. Mazzini, Garibaldi e gli altri per noi non sono terroristi, ma eroici patrioti che per primi hanno creduto in un’Italia unita e che oggi l’Italia unita celebra. Le decine di migliaia di caduti durante la Resistenza non sono banditi, ma eroici patrioti che per primi hanno creduto in un’Italia democratica, e che oggi l’Italia democratica celebra. Le prospettive possono cambiare. Fino agli anni Settanta, con dolorosi strascichi nel decennio successivo, in Italia e in Europa – specie in Germania e Spagna – si è ucciso per la politica. Anche chi seminava tutto quel dolore si sentiva una gloriosa avanguardia, proprio come Mazzini, Garibaldi o i partigiani. Il Sessantotto tedesco si aprì con una gigantesca autoanalisi collettiva: i figli del dopoguerra, una volta cresciuti, si sono guardati indietro e hanno chiesto conto ai loro padri dell’abominio nazista, che non solo non avevano combattuto ma che anzi avevano sostenuto a gran voce. Una società famosa per la propria diligenza aveva obbedito fino all’abisso. La neonata democrazia, poi, ospitava al proprio interno uomini fortemente compromessi con il L regime nazista (come il presidente della Confindustria Schleyer, futura vittima del terrorismo ed ex-SS). Il Sessantotto italiano – proprio mentre il Pci seppellisce anche ufficialmente le residue velleità rivoluzionarie – vede le piazze ribollire contro una società diventata ricca ma rimasta arcaica nei costumi e nella politica. Il dissenso non trova sbocchi, e diventa frustrazione. Dalla frustrazione può nascere la rabbia, e la rabbia porta alla violenza. No, i partigiani non avevano lottato per questo, si dicono molti figli del dopoguerra italiano. “Fascisti, padroni, per voi non c’è domani: stanno nascendo i nuovi partigiani”, si cantava nelle piazze. Chiudere finalmente i conti col passato, non seppellendo i sogni di una volta ma “completando il lavoro”: fare finalmente la rivoluzione. In nome di questa illusione, spazzare via il “nemico”, perché, come diceva Mao, “la rivoluzione non è un pranzo di gala”. Guardandosi indietro, questi ragazzi vedevano una storia fatta dalle armi: niente può cambiare senza una lotta dura e totale. Erano anni in cui la violenza politica non era condannata duramente come oggi: quel tipo di anticorpi li abbiamo sviluppati proprio in seguito a quelle tragedie. Quelli erano gli anni dei giornali che urlavano: “Vietnam vince perché spara”; della scoperta di Che Guevara e della “guerrilla”; anni in cui i terroristi dell’Eta erano ammantati di un’aura eroica per aver ucciso molti esponenti di spicco del regime franchista. Vero, le nostre società fornivano garanzie molto maggiori di Spagna, Vietnam o Bolivia; noi non eravamo in guerra, ma in democrazia, dove le forme di resistenza al potere (ricorsi, referendum, obiezione di coscienza) sono codificate e garantite dalla Costituzione. Alcuni però vedevano nella democrazia parlamentare solo il paravento di nuove e più sofisticate dittature. Dittature da abbattere. Dall’altra parte dell’oceano, armi in pugno, veniva rovesciato l’unico esperimento di “via 21 democratica al socialismo”, tentato da Salvador Allende in Cile; il cambiamento, dunque, non passerà dalle urne. Alle paure di una svolta autoritaria si deve rispondere: non si può attendere passivamente, come durante l’avvento di nazismo e fascismo. Bisogna rispondere “piombo col piombo”, come diceva una canzone di qualche tempo prima. Piazza Fontana, piazza della Loggia, l’Italicus puzzano di “strage di Stato”, per fermare le spinte di rinnovamento. Il sistema non cambierà da solo: bisogna abbatterlo. Rivoluzione. In attesa delle masse, portare avanti una lotta d’avanguardia. Oggi noi sappiamo che un tipo di azione politica del genere non può avere successo. Di più: siamo (giustamente) disgustati da chi passa alla violenza per far prevalere le proprie idee. Questo perché, allora, la democrazia ha retto, perché la gente scelse la parte delle istituzioni. Il giudizio morale sulle scelte individuali, però, resta sospeso. Per molti anni si è preferito dipingere i colpevoli come bestie assetate di sangue, votate al ladrocinio e all’omicidio. Ovviamente non è così: nonostante il palese disprezzo mostrato verso la vita umana parliamo di persone normali (il più delle volte), senza turbe psichiche o altro. A volte, poi, erano persone di particolare cultura: Ulrike Meinhof, la fondatrice della Raf, era una famosa giornalista, molto popolare nel suo Paese; pensava di poter cambiare il mondo con i suoi articoli, e invece un giorno si convinse che il mondo, con le parole, non sarebbe cambiato mai, e scelse le armi. Renato Curcio e Alberto Franceschini, i due fondatori delle Brigate Rosse, sono persone tutt’altro che inquietanti, e oggi sono due normalissimi uomini di mezza età. Non sono mostri assassini, ma lo sono stati per lunghi anni, totalmente votati al loro ideale e al sogno di un mondo diverso. Oggi, due film provano a farci capire perché. La Banda Baader-Meinhof, film sulla Raf, e Il Sol dell’Avvenire, documentario quasi autobiografico sulle Brigate Rosse. I commenti allarmati che ne hanno accompagnato l’uscita (cui è seguita una distribuzione non proprio capillare) battevano tutte sullo stesso punto: non bisogna mitizzare i terroristi. Assolutamente vero. Ma società mature e consapevoli di sé non possono evitare di parlarne, né di capire cosa li ha mossi. Erano assassini, ma non erano criminali comuni: «Mi dichiaro prigioniero politico», dicevano. La Banda Baader-Meinhof (Ger, 2008) ripercorre la storia della Rote Armee F r a k t i o n ( F r a z i o n e Armata Rossa), nata nel 1970 dall’incontro fra A n d r e a s Baader, un avanzo di riformatorio, e la famosa giornalista Ulrike Meinhof. Il braccio e la mente. Inizialmente la Raf compie azioni dimostrative, senza ferire nessuno. Poi un’escalation terribile, conclusa nel supercarcere di Stemmheim. Alla fine della pellicola ci si chiede se un sistema più aperto alla contestazione avrebbe impedito questa degenerazione. O ancora, se lo Stato possa rispondere alla violenza con la violenza, con una detenzione disumana, lasciando morire i terroristi – assassini ma pur sempre persone – ad uno ad uno, d’inedia o in circostanze misteriose. Un film che fa riflettere. Il sol dell’avvenire (Ita, 2008) riunisce intorno ad un tavolo tre ex brigatisti (fra cui il fondatore Alberto Franceschini) e due compagni di un tempo, tutti appartenenti a un gruppo di Reggio Emilia – detto ‘l’Appartamento’ – che, unendosi al Collettivo metropolitano di Milano, avrebbe generato le Brigate Rosse. Gli assassini di ieri oggi sono normali uomini di mezza età, che riflettono sulla spirale in cui si erano cacciati. Un documento autobiografico di cui non si può non tener conto. Giovani e diritti 22 LA POLITICA HA TRADITO I NOSTRI DIRITTI: LA COSTITUZIONE COSTITUZIONE? VA BENE COSÌ COM’È! SOLO UN RAGAZZO SU 10 LA VORREBBE DIVERSA. È IL DATO CHE EMERGE DALL’ULTIMA RICERCA COMMISSIONATA DALLE ASSEMBLEE REGIONALI. TRA I VALORI MENO TUTELATI IL LAVORO E L’AMBIENTE, NONOSTANTE LA COSTITUZIONE… di Caterina Mascolo, 19 anni a Costituzione, legge suprema dello Stato, è il risultato di un tortuoso cammino segnato da importanti tappe storiche e sorretto da un grande sforzo politico e culturale. Oggi, sessanta anni dopo la sua promulgazione, il dibattito è acceso più che mai: se il Capo dello Stato Giorgio Napolitano invita a “tenercela stretta”, il Premier Silvio Berlusconi lamenta alcuni passaggi di presunta “influenza sovietica”. Ma i giovani come giudicano la “Giovin Signora”? La ricerca dal titolo I giovani e la Costituzione. Ricerca sul rapporto, la conoscenza, il giudizio, l’attualità e le valutazioni dei giovani sulla nostra Carta fondamentale, realizzata da SWG di Trieste e promossa dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, svela un quadro finora inedito. L’indagine, realizzata su un campione di 4000 ragazzi tra i 18 e i 29 anni residenti in Italia, colpisce fin dalla prima occhiata: il nostro testo fondamentale risulta sì apprezzato, ma conosciuto in minima parte. I giovani ne sono orgogliosi, ma credono sia stato “tradito” L nei principi più caratterizzanti. Una Carta attuale, viva, agile, ma non per questo da trattare come fosse intoccabile: ritengono opportuno, infatti, inserire nuovi diritti, e soprattutto dotarli di una maggiore efficacia applicativa. Il bisogno primario risulta essere quello di un Paese più armonico, più giusto: imputano alla politica la non realizzazione concreta di alcuni pilastri della Costituzione, tra cui spicca quello, molto importante per i ragazzi, del lavoro. Un nuovo spirito costituente Il mondo giovanile appare, dunque, critico non sulla Carta in sé, ma su quello che Enzo Risso, ideatore del progetto, definisce il “sistema Italia”. Questa diffidenza nei confronti degli attuali giochi politici non si tramuta però in un ritiro dalla volontà di trasformare la società; al contrario è sempre più caldeggiata l’esigenza di affermare e rifondare una nuova politica. Uno spirito costituente che ricerca nella dialettica parlamentare delle strategie per affrontare le novità di una realtà in continuo movimento. I dati però, oltre a sottolineare questa volontà attiva e partecipe del mondo giovanile, evidenziano anche lo scarso livello di conoscenza della Costituzione: appena il 25% degli intervistati dichiara di averla letta inte- 23 ramente. La scuola appare come unica sede di apprendimento dei valori costituzionali, seguita in percentuale minore dall’Università. Una sorta di “palestra civica”, dove il bambino incontra per la prima, e a quanto pare, ultima volta la Carta. Nelle famiglie italiane l’argomento è quasi un tabù: solo il 2% ha stimolato i propri figli a conoscerla. Questo dato fotografa una situazione più ampia: difatti, viene affidata all’istituzione scolastica (attuale oggetto di feroci attacchi) gran parte dell’educazione generale. Questo contatto con la Carta, seppur fugace, non impedisce ai ragazzi di sentirsi orgogliosi di questo patrimonio. Sono fieri di un testo che ha perso il ruolo di mito fondante dell’identità italiana, ma non la capacità di unire le varie anime del nostro Paese. Notiamo però una sensibile differenziale di genere: le giovani donne sono meno entusiaste dei coetanei, nonché più perplesse sul reale rispetto dei valori costituzionali. Questo accade, probabilmente, in quanto vivono problemi di uguaglianza nell’accesso alle opportunità e nel riconoscimento di meriti molto spesso estranei al mondo maschile. I numeri proseguono, così come le riflessioni che ne scaturiscono. Considerazioni che si intrecciano tutte attorno al nodo di Gordio del come riuscire a non alienare i ragazzi da questo testo di vitale importanza. Un percorso pos- sibile vedrebbe la ricerca di una nuova storicizzazione, per evitare che la Costituzione venga percepita come un fantasma legislatore. Come scriveva Calamandrei, uno dei protagonisti della stesura, “se volete andare in pellegrinaggio nei luoghi dove è nata la Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani(…). Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà o la dignità, andate lì, o giovani, perché lì è nata la nostra Costituzione”. L’intervista Per penetrare più a fondo i risultati dell’indagine, abbiamo rivolto qualche domanda a Enzo Risso, che ne è coordinatore e co-autore insieme a Serena Saltarelli. Come è nata l’idea di questa ricerca e come si è svolta? «In occasione del sessantesimo anno della Costituzione ci è sembrato opportuno analizzarne ruolo e radicamento proprio presso i più giovani. Per quanto riguarda la metodologia seguita, si è trattato di un’indagine demoscopica, che è andata a verificare i vari aspetti del rapporto tra giovani e Costituzione, quindi la conoscenza, la valutazione, il giudizio sulla sua attuazione e i nuovi diritti che andrebbero inseriti». Dai dati del Nord-Ovest risulta che il 65% dei ragazzi dice di sapere molto poco sulla Costituzione, mentre il 14% afferma addirittura di non conoscerla affatto. Se- Giovani e diritti 24 condo lei dove sono da ricercare le radici di questa ignoranza diffusa? «Secondo i dati l’unica centrale formativa che avvicina i giovani alla Costituzione è la scuola. Tutto il resto, la famiglia, le associazioni di volontariato, i partiti politici, non assolvono a questo importante compito. In realtà, quindi, le ragioni sono strettamente legate proprio a questo aspetto, sulla scuola ricade un peso troppo grande da sopportare». Se la maggior parte dei ragazzi non la conosce, il 72% se ne dichiara comunque orgoglioso. Perché questa discrasia? «Perché il non conoscerla bene non significa non averne un sentimento: quel 72% sembra dire di essere comunque a conoscenza del fatto che si tratta della carta fondamentale del nostro sistema democratico e che essa sancisce una quantità di principi e di valori in cui è necessario riconoscersi. Non è un caso che per la maggioranza dei giovani la Costituzione è assolutamente attuale e deve essere valorizzata e preservata». Tra i valori che i ragazzi sentono nel contempo come fondamentali, ma maggiormente traditi, compaiono l’ambiente ed il lavoro. Secondo lei questo può causare un distacco dei giovani dalla Carta? «Comporta un distacco dei giovani dalla politica. Comporta una forte criticità nei confronti del sistema Italia. Secondo i ragazzi il diritto meno sancito nella realtà è proprio quello al lavoro, ma è una critica al sistema nel suo complesso, alla precarizzazione del lavoro alla quale abbiamo assistito questi ultimi anni, alla difficoltà per le donne di trovare un’occupazione adeguata». Quali tematiche suggeriscono i ragazzi per ampliare la Costituzione e renderla più attuale, dato che, sempre nel Nord-Ovest, la maggioranza dei ragazzi non la percepisce come tale? «Viene definita non molto attuale in quanto ci sono parti della Costituzione che non sono rispettate nella realtà. I giovani in primo luogo chiedono un maggior rispetto dei valori che vengono posti a fondamento della Carta, in primis il tema del lavoro. In secondo luogo cominciano a chiedere che entrino in Costituzione quei temi che sono definiti i “diritti di quarta generazione”: il riconoscimento delle coppie di fatto, l’eutanasia, un aumento dei diritti dei minori, lo sviluppo del riconoscimento delle diversità e dell’immigrazione, il diritto alla sicurezza». Come le è apparso il mondo giovanile da questa ricerca? Simile a quello descritto dai media oppure diverso? «Io credo che quello che descrivono i media non sia il mondo giovanile, ma una parte minoritaria che si ritrova ad incrociare la cronaca sui fattori della devianza o degli eccessi. Il mondo giovanile da questa indagine appare molto variegato e dimostra di voler ritornare a contare nella società con un proprio ruolo; inoltre, recepisce il sistema Italia come gerontocratico, foriero di troppe differenze. Non è un caso che il valore più importante sia per i giovani di sinistra sia per quelli di destra è la giustizia sociale. I giovani vogliono un’Italia più equa, più giusta, un’Italia in cui a scegliere non siano sempre i soliti, un’Italia dinamica: sentono che hanno gli strumenti per giocarsi questa partita e questa sfida». Reportage dalla Scuola Holden 25 A I T A R O M INNA R U T L U C DELLA IN QUESTO PERIODO DI GRANDI DIFFICOLTÀ FINANZIARIE LA CULTURA SEMBRA UN BENE SUPERFLUO, MA DIFENDERLA SIGNIFICA PRESERVARE LA NOSTRA IDENTITÀ E LA NOSTRA STORIA San Valentino ci si può innamorare anche… della cultura. E’ successo a Torino lo scorso 14 febbraio, quando insieme alla festa degli innamorati si è celebrata la giornata dedicata al valore della cultura, per ricordare che l'arte non è un bene superfluo, ma una parte fondamentale dell'identità collettiva di una città e di un paese, elemento fondante di una comunità coesa intorno a simboli e valori comuni. Torino e il Piemonte si sono trasformati in un enorme palcoscenico per dimostrare che l’arte e la cultura sono parte della nostra storia, un patrimonio da non perdere e da difendere con ogni mezzo, anche in un periodo come questo, contrassegnato da difficoltà finanziarie. E’ stato un successo: giovani e anziani, donne e uomini si sono ritrovati per le vie della città per partecipare alle moltissime iniziative, tutte gratuite, organizzate per l’occasione, tra balli mascherati e cortei multicolori, performance teatrali e musei aperti, visite guidate e letture sceniche. La Scuola Holden ha aderito a “Innamorati della Cultura” con una giornata di lezioni aperte al pubblico e un reading sul tema dell’amore a cura degli studenti della scuola. Per primo Giorgio Vasta, autore del romanzo Il tempo materiale, ha tenuto una lezione nella sede della Scuola Holden, in corso Dante 118, sul tema del Futuro a memoria, come sapere cose che ancora non si sanno. In serata, nella libreria Coop di Piazza Castello, gli studenti della scuola si sono cimentati in Coopido, reading con letture inedite sul tema dell’amore, musicate da Federico Marchesano. www.scuolaholden.it A LA CULTURA VALE TANTO E COSTA POCO La cultura è per tutti: in Piemonte un pubblico di tutte le età frequenta teatri, cinema, mostre, musei e biblioteche, partecipa a incontri, dibattiti, manifestazioni. La cultura è formazione: è grazie all’offerta culturale del territorio in cui vivono che i cittadini, per tutta la vita, continuano a imparare, a formarsi, a conoscere e capire il mondo. La cultura è lavoro: nella nostra regione ci sono oltre 17.000 addetti impegnati direttamente nel settore, mentre le professioni culturali raggiungono complessivamente circa le 35.000 unità. Nella cultura operano anche migliaia di volontari. La cultura promuove il territorio: Torino e il Piemonte negli ultimi anni sono stati rilanciati a livello non solo nazionale. La cultura promuove l’identità del nostro territorio, lo fa conoscere e apprezzare nel mondo, attira turisti, contribuisce ad accrescerne il peso a livello internazionale. La cultura costa poco: al contrario di altri settori, la cultura raggiunge risultati importanti con una spesa molto contenuta. La Regione Piemonte spende per la cultura lo 0,5% del proprio bilancio, il Comune di Torino meno del 3%, le Province piemontesi intorno all’1%. Non è certo la cultura a creare problemi alla finanza pubblica. La cultura produce ricchezza: la dimensione economica del settore culturale nella nostra regione vale circa 1,8 miliardi di Euro e rappresenta l’1,5% del PIL piemontese. Ogni euro investito dal sistema locale torinese (amministrazioni pubbliche e fondazioni ex-bancarie) genera ricchezza nell’economia del territorio per un valore di circa 6 euro. SPECIALE LETTORI DI ZAI.NET - In palio 3 borse di studio per i nuovi corsi della Scuola Holden. Per concorrere inviate recensioni, racconti, sceneggiature, pagine di diario a: [email protected] 28 INTERVISTE Neri Marcorè, Marco Risi, Alessandro Gassman GIOVANI CRITICI 36 CULTURA Chi è che mena il can per l’aia? Spettacolo 28 Intervista a « VO R REI FARE A “PER UN PUGNO DI LIBRI” E’ L’ARBITRO DELLA TENZONE/TRASMISSIONE, MA QUESTA VOLTA A METTERSI IN GIOCO E’ PROPRIO LUI, IL COMICO PIU’ AMATO DAI RAGAZZI (E NON SOLO) di Elisabetta Raggio, 18 anni Liceo classico “Pilo Albertelli” perimentandosi nei più disparati progetti, Neri Marcorè si è definitivamente affermato sulla scena artistica italiana come comico e attore di talento. Da molti anni, però, ha mantenuto costante l’impegno come presentatore, a fianco di Piero Dorfles, di Per un pugno di libri, trasmissione di Raitre in cui le scolaresche di tutta Italia si sfidano sui classici della letteratura. Proprio in occasione della partecipazione della mia scuola al programma, ho avuto modo di conoscerlo. Neri ha ascoltato le mie domande con l’aria dimessa e simpatica di chi ama il proprio lavoro e si è prestato a rispondervi con l’umiltà di chi, pur avendo molto da insegnare, non vuole smettere di imparare. Conduci da sette anni un programma in cui si consigliano anche libri, ma ne hai uno in assoluto preferito? «Un libro in assoluto non ce l’ho, è impossibile! Tanti mi sono piaciuti molto; L’amore ai tempi del colera di Marquez è uno dei primi che mi viene in mente, insieme a Dona Flor e i suoi due mariti di Jorge Amado e a Mr Vertigo di Paul Auster. In generale, apprezzo Calvino e tutti i sudamericani. Recentemente, poi, ho scoperto Fabio Stassi, che nonostante sia siciliano e viva a Viterbo, ha uno stile molto sudamericano». Se per un giorno potessi essere un’altra persona, chi saresti? «Berlusconi, così mi ammazzo!». S L I F UN Qual è stata l’emozione più grande della tua vita? «Dal punto di vista privato, la nascita dei miei figli. Professionalmente, tra il 2001 e il 2002 ho fatto cose molto importanti come L’ottavo nano, di Corrado Guzzanti, e Il cuore altrove, il film di Pupi Avati con cui sono andato anche al Festival di Cannes». Quanto è importante lavorare con i colleghi “giusti”? «È fondamentale. Uno dei lussi che ci si può concedere, man mano che le cose migliorano, è poterseli scegliere e, quindi, rinunciare a delle offerte perché ti ritroveresti a lavorare con qualcuno di detestabile o antipatico. Di solito, chi non stimo umanamente non lo stimo neanche professionalmente, perciò non accettare un lavoro insieme a qualcuno con cui non mi trovo bene significa anche mettermi al riparo da un progetto che reputo brutto. Viceversa, faccio in modo di lavorare con chi apprezzo: sono sicuro che verrà fuori un buon risultato». Si dice che già durante il servizio militare, svolto come istruttore Agi dei granatieri di Sardegna a Orvieto, imitavi perfettamente all'altoparlante la voce del comandante della caserma suscitando l'ilarità della truppa. È vero? «All’altoparlante non mi sono mai permesso, altrimenti mi avrebbero messo in galera! Però è vero che imitavo le voci degli ufficiali, mettendo in punizione i soldati o facendo credere loro di dover andare a ritirare la paga, che in realtà non c’era. Ci siamo divertiti parecchio durante quell’anno, anche se devo ammettere che, se avessi potuto, l’avrei evitato». Come sei diventato comico? «Io penso di esserlo diventato per timidezza nell’età adolescenziale; poi, avendo questa predisposizione naturale alle imitazioni, mi sono liberato dagli imbarazzi. In seguito, a prescindere dalle imitazioni, ho trovato un mio modo personale di essere comico». 29 Neri Marcoré LM PORNO!» Qual è la tua paura più grande? «La mia paura più grande è la morte di chi mi sta vicino, che supera anche la paura della morte stessa». L’esperienza che vorresti fare al più presto? «Un film porno! No, scherzo, mi piacerebbe lavorare all’estero come attore. Magari in Francia o in Inghilterra o in America, anche se Hollywood la vedo più lontana non solo geograficamente, ma anche dal mio modo di essere. Poi vorrei fare anche un film da regista». Quando hai capito che potevi fare l’attore? «Subito dopo aver debuttato, un po’ per caso, in televisione come imitatore; poi, continuando a fare questo mestiere, mi sono detto: questo lo voglio fare tutta la vita. Così anche per trovare un’occupazione un po’ più stabile quando stavo a Roma, ho iniziato a studiare doppiaggio e teatro». Per che squadra tifi? «Tifo per L’Ascoli e per la Juve. Ma devo dire che sono molto moderato». C’è qualcuno che ti ha stupito per la sua autoironia? Chi, invece, si offende? «Fra le mie vittime Alberto Angela è senza dubbio quello che più si è divertito e non ha avuto problemi a mettersi in gioco. Ligabue, invece, all’inizio era rimasto male per alcune cose, che però abbiamo avuto modo di chiarire». Chi hai votato alle ultime elezioni? «Ho votato per il Pd, che ho anche sostenuto ufficialmente, poiché proponeva un progetto diverso da quelli visti in precedenza». Un messaggio ai giovani d’oggi. «Costruite grandi autostrade solo per i giovani (imitando un noto personaggio). Salvateci da questo declino, da questa classe dirigente ributtante. Quindi l’unica speranza siete voi; dovete avere una coscienza lucida e sveglia!». LA VITTORIA DEI LIBRI “ Io ci andrei solo per conoscere Neri Marcorè !” . Con questo pensiero ho deciso di partecipare alla trasmission e Per un pugno di libri, aggregandomi ad una classe diver sa della mia (quindi grazie ad ogni suo componente per averm i fatta sentire parte integrante del gruppo!). Il programma, che va in onda ogni domenica alle 18.00 su Raitre, mette alla prova due classi dell’ ultimo anno di superiori, facendole sfidare in diversi giochi. Il più entus iasmante è sicuramente “ caccia al titolo” , che consiste nell’ indovinare un libro grazie a vari indizi. “ Fuori gli autori” resta , però , il più adrenalinico: per il titolo di ogni libro, cinque ragazzi per squadra devono ricordare il rispettivo autore; chi sbag lia viene escluso e vince la classe che alla fine ha mant enuto in gioco più ragazzi. Dopo due settimane di studio matto e disperatiss imo, siamo dunque arrivati al 9 febbraio per la registrazio ne della puntata. Entrati in studio, abbiamo provato a mette re da parte la troppa emozione per riuscire nel nostro inten to: vincere. Eh sì , perché a volte non si vuole solo partecipare... E noi, modestamente, ce l’ abbiamo fatta non solo battendo la squadra avversaria, ma vincendo il luogo comune che i raga zzi non si appassionano alla letteratura e il menefreghismo di chi pensa che leggere sia noioso. D’ altronde, non c’ è peric olo che ciò accada in questo programma! Grazie alla dinamicità con cui si susseguono i vari giochi, ai consigli di Dorfles, ai commenti di un personaggio diverso ogni settimana e agli sketc h di vari comici non si rischia di aver voglia di cambiar canale. È così che siamo usciti dagli studi Rai, con qualc he pugno di libri in tasca, l’ autografo (e l’ intervista) di Neri Marcorè stretto in mano e la convinzione di avere, per un pomeriggio, dimostrato che 28 teste e un programma ben orga nizzato possono far divertire, anche se si tratta di libri! E.R. Anteprima IL CORAGG DELLA V 30 CI SONO STORIE CHE NON POSSONO CADERE NEL DIMENTICATOIO: CON “FORTAPASC”, PRESTO NELLE SALE, IL REGISTA MARCO RISI RACCONTA LA TRAGICA VICENDA DI GIANCARLO SIANI di Chiara Falcone orire. E’ questo il carissimo prezzo che ha dovuto pagare il giornalista Giancarlo Siani per aver avuto il coraggio di raccontare una storia scomoda. Svolgere il proprio lavoro non dovrebbe essere motivo di minacce, la verità non dovrebbe avere un prezzo: eppure questo è accaduto al giovanissimo cronista del Mattino, ucciso a soli 26 anni dalla camorra. Da subito interessato a tematiche sociali, Giancarlo comincia la sua attività di giornalista collaborando con il periodico Osservatorio sulla camorra e diventando successivamente corrispondente da Torre Annunziata del quotidiano Il Mattino. E’ qui che Giancarlo si occupa da vicino dei rapporti fra camorra e minoranze emarginate, indagando su casi di contrabbando e di droga, facendo nomi e cognomi dei responsabili, urlando attraverso i suoi scritti una verità che pochi hanno il coraggio di far venire a galla. Una voce troppo alta e troppo pericolosa: il 23 settembre del 1985 il cronista viene ucciso sotto casa, a bordo della sua automobile. Diciotto lunghissimi anni sono stati necessari a far luce sulla vicenda e a ricostruire l’intricata matassa di interessi e responsabilità che gravano ancora in parte oscuri su questo omicidio. Oggi, l’ultima fatica di Marco Risi è la prova che il tempo non è stato più forte della verità. Fortapasc ricostruisce gli ultimi quattro mesi di vita del giornalista Giancarlo Siani: quali sono le principali motivazioni di questa scelta? «Circa 5 anni fa Rai Cinema mi propose un film su Giancarlo Siani da un soggetto scritto da Andrea Purgatori e Jim Carrington: in questa occasione vidi la possibilità di trarne una sceneggiatura. Inoltre ha influito anche il mio ricordo di quel 23 settembre del 1985: mi è sempre rimasta impressa l’immagine di quel ragazzo di 26 anni ucciso nella sua Citroën Mehari, una macchina aperta, che dava l’idea di uno che non avesse nulla da nascondere e che soprattutto non aveva da nascondere se stesso. Mi chiesi che cosa avesse fatto questo ragazzo per meritare quella fine orribile. E da lì è partito il tutto, mi sono ricordato di quella immagine, e l’emozione è bastata a farmi venir voglia di fare questo film. E’ stato un percorso abbastanza difficile e travagliato, ma alla fine, quest’estate, ce l’abbiamo fatta». La struttura del film ha un impianto più documentaristico o più cinematografico? «Non è un film documento: ha una struttura classica, c’è una trama, un personaggio principale. E’ un film che catalizza una forte emozione su un personaggio vivo e giovane, che fa il suo mestiere. Giancarlo era pubblicista, sarebbe diventato giornalista ai primi di ottobre, una settimana dopo il suo assassinio». Ricostruire la storia di Siani ha certamente richiesto una lunga ricerca preliminare: è stato un percorso facile o si è trovato di fronte qualche “muro di gomma”? «Prima di tutto abbiamo conosciuto il fratello di Giancarlo, l’unico della TA REGIS M “FORTAP ASC” regia di MARCO RISI con Libero De Rienzo Valentin a Lodovi ni Michele Riondino NELLE SA LE DAL: 20 MARZ O IN CAMP ANIA, 27 MARZ O IN TUTTA ITALIA GIO VERITÀ famiglia ancora vivo, poi una sua ex fidanzata, Chiara, alla quale lui era molto legato. Ho avuto la possibilità di leggere tutte le lettere che le aveva mandato, compresa una in cui diceva di aver trovato delle cose molto interessanti sulle quali avrebbe voluto lavorare per scriverne un libro. Argomenti un po’ scottanti, a un anno dalla strage in cui avevano ucciso 8 della banda del boss Valentino Gionta. E’ strano entrare nella vita di una persona che non si conosce e ricostruirla in modo simile in un film: in ogni caso non ci siamo sentiti obbligati a fare tutto, non c’era bisogno di fare il santino. Giancarlo non aveva nessuna idea di poter essere ucciso, era un ragazzo pieno di entusiasmo, gli piaceva fare il giornalista e soprattutto scrivere le cose giuste, le cose vere. C’è una battuta importante nel film detta dal suo caporedattore: “Il mondo si divide in giornalisti-giornalisti e giornalisti-impiegati. Io ho scelto la seconda strada perché più comoda: non devi fare lo scoop, non devi mettere in mezzo persone. Quindi io dell’inchiesta che tu stai seguendo non voglio saperne niente, però ricordati: questo non è un paese per giornalisti-giornalisti, è un paese per giornalisti-impiegati”». Il film è stato paragonato a Gomorra per la scelta di raccontare argomenti scomodi sotto l’egida della verità: quali sono analogie e differenze con la pellicola di Garrone? «Forse solo il fatto che si svolga a Napoli e dintorni: Fortapasc ha a che fare con la camorra ma si tratta di una camorra di 25 anni fa. Gomorra è un film rapsodico, con un impianto forte, da reportage di guerra quasi. Indubbiamente un bellissimo film. Il mio, invece, ha una struttura più classica: come ho detto c’è un protagonista che seguiamo quasi sempre e al quale, questo è il mio desiderio, dovremmo affezionarci». Recitare in un film verità può comportare un impegno “morale” oltre che professionale: è stato così anche per il cast del suo film? «Sicuramente sì. C’era molto impegno, rispetto e simpatia per questa persona, simpatia che spesso portava anche leggerezza, proprio come sarebbe stato lui, senza voler fare il santo. Ci piaceva talmente tanto stare con questo personaggio, con questa storia che volevamo rimandare il momento dell’omicidio. E infatti quello è stato l’unico giorno di riprese in cui si è fatto tardi». “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”. Come commenta questa frase di Giovanni Falcone? «E’ molto bella, la condivido in pieno. E’ da ammirare chi cammina a testa alta; e io ho proprio questo desiderio: che qualcuno, dopo aver visto il film, abbia voglia di diventare come quel personaggio o di conoscere persone come lui». Palcoscenico 32 LA PAROLA IL CELEBRE DRAMMA DI REGINALD ROSE SUL PALCO DEL TEATRO ELISEO DI ROMA CON LA REGIA DI ALESSANDRO GASSMAN E IL PATROCINIO DI AMNESTY INTERNATIONAL di Benedetta Cutolo, 20 anni ew York, anni ‘50. È il 15 agosto e un ragazzo ispano-americano accusato di parricidio rischia la pena di morte. Dodici uomini di diversa estrazione sociale, età e origini, riuniti nella giuria popolare, stanno per decidere del suo destino: tutti sembrano convinti della colpevolezza, tutti ad eccezione di uno che con meticolosità e intelligenza costringe gli altri a ricostruire nel dettaglio i passaggi salienti del processo, insinuando in loro il principio secondo il quale una condanna deve implicare la certezza del crimine al di là di ogni ragionevole dubbio. La parola ad Alessandro Gassman, regista e interprete della pièce. Il dramma di Reginald Rose affronta il problema del razzismo che, purtroppo, negli ultimi tempi in Italia è una realtà sin troppo presente. La scelta del testo è determinata solo da motivi artistico-letterari o ha un legame con la situazione attuale? «Sicuramente un legame con la situazione attuale c’è: parliamo di pregiudizi in generale, tra i quali va inserito il razzismo, parliamo di pena di morte, di “voglia di forca”. Allo stesso tempo si tratta di un giallo giudiziario molto ben scritto che mi dà la possibilità, da regista, di analizzare dodici umanità diverse come quelle dei giurati e di raccontare, quindi, la società». Tra le moltissime realizzazioni di questo dramma, la più N famosa resta sicuramente quella cinematografica di Lumet, che ottenne diverse candidature agli Academy Awards. Quanto questa pellicola l’ha influenzata, data anche l’utilizzazione sulla scena di alcuni elementi del film? «In realtà sulla scena riprendiamo dalla pellicola solo la voce iniziale del giudice che illustra il caso. Si tratta sicuramente di un film straordinario, che ho visto più volte, ma l’ispirazione primaria resta la scrittura di Rose che nasce per un radio-dramma». Il personaggio che lei interpreta è stato quello di Harry Fonda; vi sono delle similitudini con l’attore americano nel suo modo di renderlo sulla scena? «Lumet aveva giocato molto sui primi piani di Fonda che io in teatro, naturalmente, non posso sfruttare. Questo personaggio è fondamentale perché è un po’ una fiammella che accende le micce degli altri, una sorta di regista della situazione». E’ alla sua seconda regia: in che modo questa esperienza si è differenziata dalla prima, La forza dell’abitudine di Thomas Bernhard? «In quel caso il coraggio di rischiare è stato parte integrante dello spettacolo perché siamo riusciti a rendere popolare per ben due stagioni un autore molto difficile come Bernhard, riuscendo a farlo fruire ad un pubblico non necessariamente istruito dal punto di vista teatrale. Lì ci trovavamo davanti ad uno spettacolo onirico, visionario, ne La parola ai giurati abbiamo lavorato essenzialmente sulla verità». 33 AI GIURATI Lei passa con una certa facilità dal teatro alla televisione per arrivare sino al cinema. Quale tra tutte queste realtà è quella che ama o che l’emoziona di più? «Le amo tutte quando sono fatte e scritte bene. Il teatro è un po’ la casa che frequento ormai da venticinque anni, da un anno sono direttore artistico del Teatro Stabile dell’Abruzzo e da regista quale sono diventato ho sicuramente più libertà di scelta». Lei ha detto, in un’intervista rilasciata al “Tempo”, che le fiction brevi sembrano dei film malriusciti, eppure nella sua carriera ne ritroviamo diverse, da Piccolo mondo antico a Lourdes… «Non mi riferivo a tutte le fiction; ho avuto la fortuna di fare soltanto miniserie di successo come quelle da lei citate, che sono di buona qualità ed hanno ricevuto buone critiche. Spesso il cinema non ha i mezzi per raccontare le grandi storie, che quindi vengono delegate alla televisione, la quale però spesso deve smussare le tematiche affrontate limitando la libertà degli autori». Da poco è uscito Ex, di Fausto Brizzi, che la vede protagonista assieme a molti altri bravi attori italiani tra cui Gianmarco Tognazzi. Com’è stato ritrovare questo collega ed amico di lunga data sul set? «Mi fa piacere essere nel cast che annovera anche Gianmarco; purtroppo però, nel film non c’incontriamo mai, quindi ci siamo ritrovati per modo di dire». Ultimamente ha lavorato anche alla fiction-tv di Gabriele Muccino 4 padri single, come si è trovato in quest’esperienza made in Usa? «Si tratta di un episodio pilota di una serie che verrà girata nella prossima estate. E’ molto difficile che una produzione europea entri nel mercato americano, ma è successo e ne sono molto fiero. E’ stato molto interessante lavorare con Muccino e con grandi attori americani». Lei ha tenuto uno stage alla scuola di cinema Act Multimedia. Cosa consiglia ai giovani attori che si vogliono avvicinare al palcoscenico e, perché no, anche al grande schermo? «Quella è stata un’esperienza molto breve ed è difficile dare un giudizio. Sicuramente il luogo ideale per cominciare è il teatro, non certo i reality show!». TEATRO ELISEO DI ROMA Dal 3 al 22 marzo 2009 ALESSANDRO GASSMAN in LA PAROLA AI GIURATI di Reginald Rose traduzione Giovanni Lombardo Radice con Manrico Gammarota, Sergio Meogrossi, Fabio Bussotti, Paolo Fosso, Nanni Candelari, Emanuele Salce, Massimo Lello , Emanuele Maria Basso, Giacomo Rosselli, Matteo Taranto, Giulio Federico Janni scene Gianluca Amodio costumi Helga Williams musiche Pilvio & Aldo De Scalzi regia Alessandro Gassman produzione Teatro Stabile d’ Abbruzzo/ Società per attori CON IL PATROCINIO DI AMNESTY INTERNATIONAL Alessandro Gassman inizia la sua carriera d’ attore nel 1982, recitando in coppia con il padre Vittorio ne I misteri di Pietroburgo di Dostoevskij. Due anni dopo la sua interpretazione in Affabulazione di Pasolini, divenuto un successo internazionale, gli vale il “ Biglietto d’ oro” . Da quel momento in poi la sua carriera è un crescendo e si divide tra cinema, teatro e televisione. Il ruolo di protagonista ne Il bagno turco – Hamam, opera prima di Ferzan Ozpetek, lo porta alla notorietà anche sul grande schermo, ma è sicuramente l’ interpretazione nel recente Caos Calmo a consacrarlo come uno degli attori più interessanti nel panorama cinematografico italiano. Grazie ad essa vince il David di Donatello, il Ciak d’ oro ed il Nastro d’ argento. Riflettori su... 34 TA ZAI.NET E LA CONSUL LIO GIOVANI DEL CONSIG ONTE REGIONALE DEL PIEM TEMA HANNO DEDICATO AL NE DELLA PARTECIPAZIO DEI RAGAZZI ALLA POLITICA UN INCONTRO CON RA LE SCUOLE DI NOVA E PROVINCIA LIBERI DI PARTECIPARE O PARTECIPARE PERCHE’ LIBERI? no slogan per promuovere la partecipazione dei giovani alla vita della Comunità locale: è questa l’attività che lo scorso 11 febbraio nell’Aula Magna dell’Istituto Tecnico Industriale “Omar” di Novara ha catalizzato l’interesse dei ragazzi provenienti da varie scuole e realtà associative per assistere al terzo incontro promosso da Zai.net e dalla Consulta Giovani del Consiglio regionale del Piemonte nell’ambito del progetto “La regione raccontata dai giovani”. All’iniziativa “Una buona regione per partecipare: processi ed esperienze di partecipazione come strumento di esercizio della democrazia”, che ha ricevuto anche il patrocinio della Provincia di Novara e dell’Ufficio Scolastico Provinciale, hanno preso parte il vicepresidente del Consiglio regionale Roberto Placido, delegato alla Consulta, l’assessore della Provincia di Novara alle Politiche giovanili Marina Fiore, il dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale Giuseppe Bordonaro, Riccardo Grassi ricercatore Istituto Iard ed Swg, e Annalisa De Vitis vicepresidente della Consulta. I ragazzi hanno suggerito ai rappresentanti delle istituzioni locali quali sono le loro priorità: "Un maggiore spazio per attività come la web radio, per gli scambi culturali, più mense, migliore assistenza sanitaria, più alternanza tra scuola e lavoro, trasporti più efficienti ed economici, la sicurezza: la Consulta Giovani del Piemonte è assolutamente d’accordo con le richieste dei ragazzi di Novara, che pretendono più fatti e meno parole" ha dichiarato Annalisa De Vitis. "I ragazzi di Borgomanero ci hanno presentato l’esperienza di Spazio Per: un parco abbandonato che è stato trasformato da loro in bel centro di ritrovo – ha detto Roberto Placido - . Questo dimostra come sia meglio partire dalle cose pratiche per arrivare, anche attraverso la collaborazione con le istituzioni, a soluzioni utili per tutti". U Cultura 36 CHI E’ CHE MENA IL CAN PER L’AIA? SOMMERSI DA NEOLOGISMI E PASTICCI LINGUISTICI DI OGNI TIPO, FACCIAMO DEI PROVERBI UN USO SEMPRE PIU’ RAREFATTO. DI QUESTO, MA ANCHE DI NUOVE TECNOLOGIE E ‘GIOVANILESE’, ABBIAMO PARLATO CON LUCA SERIANNI, AUTOREVOLE LINGUISTA E MEMBRO DELL’ACCADEMIA DELLA CRUSCA di Antonella Andriuolo, 22 anni rutta storia quando non si ha il becco di un quattrino, quando si cade dalla padella alla brace, quando si è presi in contropiede. Meglio, allora aspettare la manna dal cielo o prendere il toro per le corna. Se oggi un periodare così ricco di espressioni idiomatiche può sembrare soltanto bizzarro, con molta probabilità a un interlocutore del 2070 risulterà persino oscuro. E anche la vitalità dei proverbi, segni indelebili della saggezza popolare e della nostra storia, sembra essere a rischio: in quanti, per esempio, sono soliti utilizzare quello del nostro titolo? Adilanciare l’allarme Antonella Anè uno dei più insigni lindriuolo, 22 anni guisti italiani, Luca Serianni, docente di Storia della Lingua Italiana presso l’Università la Sapienza di Roma e autore di una insuperata grammatica e di una Storia della lingua italiana in tre volumi. Certi di non annoiarvi con la solita minestra, qualche previsione sul futuro dell’italiano l’abbiamo chiesta proprio a lui. I proverbi sono sempre stati considerati espressione della saggezza popolare; da un punto B di vista storico e linguistico, qual è la loro origine? «È vero, i proverbi sono stati spesso considerati una fonte di saggezza, ma non sempre e non da tutti. Alessandro Manzoni, per esempio, ironizzava molto sulla presunta sapienza dei proverbi e, anche oggi, molti sottolineano come i proverbi possano contraddirsi. Basti pensare ad espressioni come l’unione fa la forza e chi fa da sé fa per tre. I proverbi attingono la loro origine, in massima parte, da un mondo arcaico; quando noi diciamo mogli e buoi dei paesi tuoi usiamo una forma doppiamente remota, intanto perché non ci si ispira più a questo principio per sposarsi ma anche perché si ricorre ad un’immagine legata al mondo agricolo e contadino, che ci porta indietro nel tempo, ad un’epoca in cui la campagna era la misura abituale dell’esperienza dei singoli». È possibile, oggi, crearne di nuovi? «La lingua si rinnova per quanto riguarda le frasi idiomatiche, che hanno una maggiore duttilità. Essere pigiati come acciughe è un’espressione che possiamo ancora utilizzare perché la situazione che descrive è sempre presente, sempre attuale. Però dei proverbi novecenteschi, dunque recenti, l’unico ad essere segnalato è quello, ormai invecchiato: donna al volante pericolo costante. Oggi non lo diremmo più perché è un classico proverbio politicamente scorretto ma, soprattutto, perché non è affatto vero che le donne non sappiano guidare». La lingua, tuttavia, cambia anche in relazione alla società: verso quale direzione si sta andando? «Si sta andando in varie direzioni e direi principalmente in direzioni tecnologiche. Se guardiamo ancora alle espressioni idiomatiche, possiamo ricordare che queste fanno riferimento alla tecnologia: andare a tavoletta, andare a tutto gas o versare benzina sul fuoco sono tutte immagini, infatti, che presuppongono l’abitudine dell’automobile. Direi, quindi, che una tendenza tipica è quella della presenza del- 37 la tecnologia anche nella nostra esperienza quotidiana». Proprio per quanto concerne l’esperienza quotidiana, l’italiano di oggi è anche quello veicolato dalla tv, dalla radio dalla stampa. Quali innovazioni ha portato in questo campo il mondo dei media e quali sono gli errori più diffusi dei cosiddetti comunicatori? «I mezzi di comunicazione di massa hanno un impatto diverso. Piuttosto forte, anche se effimero, quello della televisione, più dilatato nel tempo quello dei giornali. È molto differente anche l’uso dell’italiano che fanno i vari comunicatori: un conto è l’italiano parlato, un conto è quello scritto; quanto a quest’ultimo punto c’è da dire che, a differenza di quello che si ritiene normalmente, secondo me l’italiano dei giornali è un ottimo italiano medio dal punto di vista della capacità di scrittura, della capacità di muoversi attraverso i vari registri e di dominare le strutture dalla lingua. Quanto all’italiano parlato, ormai, in Italia, la gran parte dei cittadini è in grado di esprimersi in una lingua comune che, per sua stessa indole, è una lingua abbastanza “andante”. Quando noi parliamo spontaneamente, in famiglia, tra amici, non ci preoccupiamo minimamente di controllare il linguaggio, così come non ci preoccupiamo di vestirci in un certo modo quando siamo tra le quattro mura domestiche. Quindi, l’italiano della televisione va valutato in questo senso: non è un modello di lingua ma, certamente, non vuole neanche esserlo». Come ci si muove allora per trovare la regola e quali fattori è necessario considerare per affrontare uno studio di questo genere? «Bisogna intanto distinguere tra orale e scritto. Per quanto riguarda la scrittura, è giusto tener conto, in modo abbastanza fermo, della tradizione grammaticale, della necessità di disporre di un lessico sufficientemente ricco e variato, di controllare la sintassi. Per il parlato pubblico, l’esigenza fondamentale è quella della chiarezza; chi si rivolge a un pubblico ampio deve essere in primo luogo chiaro, in secondo luogo efficace. La chiarezza è il primo imperativo». Anche il mondo del web ha dato vita ad un modo di comunicare del tutto particolare. Chat e messaggini disabituano ad un corretto uso della lingua? «No, a differenza di quello che si può credere, i messaggini rappresentano un’ulteriore possibilità di esprimersi e non capita che chi ricorre al caratteristico linguaggio degli sms, così legato a particolari abbreviazioni, poi lo usi al di fuori di questo veicolo. In realtà, gli sms sono un’occasione in più per scrivere e non un elemento di turbativa rispetto alle norme della scrittura». Studiosi e linguisti hanno lungamente dibattuto anche sul tema del ‘giovanilese’; i ragazzi si esprimono davvero così male? «Il cosiddetto ‘giovanilese’ nasce dall’esigenza di creare un linguaggio che funzioni come riconoscimento all’interno di un gruppo. È, quindi, un linguaggio necessariamente effimero, non solo per la banale ragione che i giovani sono tali per poco tempo ma, soprattutto, perché ogni linguaggio appartenente a questa categoria è un linguaggio fortemente espressivo e, pertanto, si usura presto. È un dominio destinato a rinnovarsi continuamente secondo procedure abbastanza simili legate all’iperbole, allo scherzo e all’enfatizzazione di termini correnti». In un quadro così ampio e di difficile definizione, come si inserisce l’importante attività dell’Accademia della Crusca di cui, tra l’altro, lei è membro? «L’Accademia della Crusca studia gli aspetti storici dell’italiano e divulga la sua attività attraverso libri e pubblicazioni. Svolge anche una funzione di consulenza, sia in rete sia attraverso un periodico, “La Crusca per voi”, in cui i vari accademici cercano di rispondere alle domande dei lettori, non tanto sulla base del giusto o sbagliato, ma cercando di motivare il quesito e, appunto, di storicizzarlo». Recensioni 38 LETTERATURA “PIÙ RISPETTO, CHE SONO TUA MADRE” di Hernàn Casciari, Salani Editore, 2007, 281 pagg., 14 euro TEATRO RICCARDO III di William Shakespeare, regia di Corrado d'Elia Lo sapevamo: da uno spettacolo di Corrado d'Elia ci si può aspettare di tutto. Quest'anno il regista porta in scena la tragedia di Shakespeare più lunga in termini di durata, Riccardo III, riducendola a poco più di 60 minuti. L'originalità di questa rappresentazione sta nel suo spirito quasi cinematografico: più volte, infatti, i personaggi appaiono muti e in posa sotto la luce, scompaiono nel buio per riapparire poi in un'altra posizione. Lo spettatore non può non rimanere colpito dall'effetto straniante procurato da una scenografia spoglia e dal mancato ricorso a musiche e costumi d'epoca. Senza badare troppo all'azione, lo spettacolo si concentra sulla figura del protagonista, che peraltro non appare mai sulla scena: Riccardo è per tutto il tempo una luce che illumina i suoi interlocutori e una voce fuori campo che urla la solitudine nella desolazione del palazzo, simbolo del potere per cui lui ha invano combattuto. Un motivo per vederlo: Pur non essendo uno spettacolo facile, le suggestive scelte stilistiche forniscono nuove e interessanti chiavi di lettura. Un motivo per non vederlo: L'allontanamento dagli schemi più tradizionali potrebbe non convincere del tutto lo spettatore. Greta Pieropan, 17 anni, Pozzolengo (Bs) Se vi piacciono i Simpson e i Griffin, non potranno che conquistarvi anche le esilaranti avventure (e disavventure) in casa Bertotti, viste attraverso gli occhi di Mirta,una casalinga argentina di 52 anni, che per sfogarsi decide di scrivere un blog. Racconta della sua vita, della paura per la vecchiaia e, soprattutto, della sua famiglia decisamente fuori dall’ordinario: il marito Zacharìas, appassionato di calcio e “discendente della famiglia dei rinoceronti”; Nacho, il figlio maggiore, che è il perfetto cocco di mamma fino al giorno in cui rivela di essere gay; Caio, l’altro figlio maschio, che si innamora di una donna di vent’anni più vecchia di lui; Sofia, la più piccola, che lascia allibita Mirta con le sue competenze in ambito sessuale; infine c’è il suocero Américo, che fugge con la fidanzata cinese… Un motivo per leggerlo: Consigliato a chi cerca qualcosa di divertente e a chi pensa che la sua famiglia sia la più strana al mondo: avrà da ricredersi! Un motivo per non leggerlo: Se le saghe familiari - per quanto sopra le righe - vi annoiano. Valentina Cerrato, 17 anni, Pinerolo (To) ARTE DA REMBRANDT A VERMEER. VALORI CIVILI NELLA PITTURA FIAMMINGA E OLANDESE DEL ’600" A cura della Fondazione Roma Mostra decisamente spoglia. Le opere esposte, per quanto interessanti, non riescono a soddisfare le aspettative dei visitatori. Chi si immagina un magico viaggio nella terra dei mulini vista attraverso gli occhi del grande Vermeer, resterà a bocca asciutta nello scoprire che dei suoi quadri è presente soltanto un capolavoro. A causa dell'illuminazione, inoltre, non è possibile godere appieno di quel poco che figura in sala: a momenti è preferibile consultare direttamente il catalogo. Nonostante le varie mancanze, il valore culturale delle opere esposte, arrivateci dalla famosa collezione Gemäldegalerie di Berlino, è tutt'altro che trascurabile. Un motivo per vederla: I pittori fiamminghi del '600 affascinano lo spettatore per l'atmosfera inquieta dei dipinti, per la tattilità dei tessuti, per la precisione dei dettagli. Un motivo per non vederla: Sconsigliata a chi non nutre una particolare passione per la storia dell’arte. Silvia Torre, 19 anni, Roma Z a i . n e t è p e r i l d i r i t t o d i c r i t i c a … v o t a , c o n s i g l i a , s t ro n c a f i l m , 39 LETTERATURA LETTERATURA FIRMINO L’AMORE IN SÉ di Sam Savage, Einaudi, 2008, 179 pagg., 14 euro di Marco Santagata, Guanda, 2006, pagg. 174, 8 euro Puoi nutrirti di libri, assaporarne la più profonda bellezza, rimanere incantato dalle frasi e dalle parole "che si librano in volo come farfalle", ma se poi non hai voce, quelle "svolazzano dentro una gabbia dalla quale non possono uscire". Puoi essere allora anche tu un Firmino, sensibile e appassionato lettore di libri, malinconico e deluso, disposto ad evadere in nostalgici rimpianti per il passato o in mondi onirici, ma diverso da tutti. Nato in una libreria, tredicesimo di una nidiata di topini, Firmino per sopravvivere si nutre di libri, impara a leggere le grandi opere della letteratura acuendo sensibilità e ingegno. Passeggero clandestino, come si definisce, genio malinconico ma ricoperto di una pelliccia di cui non può sbarazzarsi, smuove la nostra sensibilità e dà alle pagine di Sam Savage una lievitazione struggentemente umana, e anche quando vuole farti sorridere c'è però dell'amaro che come un pugno nello stomaco ti lascia a lungo dolente. Un motivo per leggerlo: La storia di Firmino può essere la vostra. Un motivo per non leggerlo: Io non ne ho trovati. Ludovica Antonini, 15 anni, Albano Laziale (Roma) Quante cose possono succedere nel tempo di una lezione universitaria su Petrarca? Davvero tante se sotto le mentite spoglie del professor Fabio Cantoni si cela uno studioso come Marco Santagata, tra i massimi esperti della poesia petrarchesca, e se la lezione diventa anche il pretesto per sovrapporre Laura a Bubi, l’adolescente oggetto del desiderio negli anni di liceo del protagonista. Una figura diafana, ambigua, quella di Bubi, che richiama alla mente un po’ la Micol Finzi-Contini del romanzo di Bassani un po’ la Mignon del film di Francesca Archibugi. Il narratore riesce bene a districare un livello di narrazione triplo (non ci sono solo i flashback della giovinezza, ma anche quelli di un passato più recente) senza perdersi e tenendo sempre viva l’attenzione del lettore. Un motivo per leggerlo: Le parti più avvincenti sono quelle in cui è Santagata stesso a parlare: “Se Beatrice è il motore, l’immobile motore della poesia dantesca, Laura è l’ossigeno di quella petrarchesca” (pag. 46). Un motivo per non leggerlo: Se i versi di Petrarca non vi hanno emozionato. Giulia Corallo, 18 anni, Napoli I PicciOne Classici al prezzo di un cappuccino e brioche Ecco una collana, edita da Mursia, che ci mette in tasca i classici più amati a 3,5 euro. Questo mese vi segnaliamo: “Bibliomania” di Gustave Flaubert, incalzante resoconto di una passione che rasenta la follia. Dalla quarta di copertina: “Giacomo, un libraio trentenne ma che sembra già vecchio, triste e taciturno, è animato solo da una passione sfrenata e dilaniante per i libri che insegue e ricerca tra aste e banchetti di mercanti. La corsa al possesso del libro più unico e raro, oltre i limiti del controllo umano, diverrà un’ossessione che lo porterà alla rovina”. l i b r i , m u s i c a e a l t r o s u i s i t i w w w. z a i . n e t e w w w. s t r o n c a . n e t 42 TALENT SCOUT: Apua Mater MUSICA 45 RECENSIONE: Il ritorno degli Ska-P Talent scout 42 , R E T A APUAM O D R A Z Z A ’ D O FOLK APUAN DALLE CAVE DI CARRARA ALLA CONQUISTA DEL WEB PER CREARE UNA NUOVA ESSENZA DI FOLK. CON UN OCCHIO AL PASSATO E UNO AL FUTURO di Giulio Sciarappa, 20 anni el mondo del web 2.0 e di tutti i nuovi social network, uno spicca per utilità: Last.fm che, nato come radio via internet, si è evoluto come indicizzatore di gusti musicali degli utenti. Tenendo conto delle ultime canzoni ascoltate, è in grado, infatti, di proporre a colui che lo utilizza pezzi in linea con i suoi gusti. Proprio da qui partono gli Apuamater, gruppo folk apuano che, attraverso un’intensa campagna condotta dal cantante e fisarmonicista Davide Giromini, sta facendo velocemente apprezzare il proprio particolare sound folk. Ecco che cosa ci hanno raccontato, naturalmente attraverso Last.fm. Come mai definite il vostro genere “folk apuano d’azzardo”? «Beh, è semplice: “apuano” poiché viviamo all’ombra dei monti che danno il nome al gruppo. “D’azzardo” perché abbiamo sempre provato a contaminare il nostro folk con i generi musicali più disparati, dal new folk russo ad uno sgangherato pseudo-jazz tutto nostrano. Inoltre, Carrara non ha mai avuto una vera e propria tradizione musicale, la stiamo creando in questi ultimi venti anni: noi siamo gli unici ad aver deciso di scommettere proprio sulla creazione del folk apuano!». E’ da poco uscito 2076: Il Ritorno Di Kristo, ce ne vuoi parlare? «2076 è una storia laica e fantastica di un Cristo che torna in terra nel 2076 e trova una società mediaticamente alienata, che ha delegato la propria esistenza ad una grande comunità virtuale gestita da un unico server chiamato RADIOVATICANA. Così decide di formare un gruppo cyberfolk (genere musicale che rappre- N 43 senta l'approccio musicale del disco stesso) e liberare l'uomo attraverso le note che diffonde nell'aria volando su un aeroplano… Per sapere come va a finire non resta che ascoltare l'album». Cosa pensi delle evoluzioni di internet e dei suoi prodotti come Last.fm, Facebook, etc...? «Trovo che Facebook sia un mezzo potentissimo, ma a certi livelli diventa alienante. Si viene invitati ad infiniti eventi, gruppi e amicizie che con difficoltà si riescono poi a controllare. Secondo me l'uso sano finisce nel momento in cui smette di essere funzionale alla vita sociale e culturale nel senso classico. Last.Fm è una bomba per un artista che si vuole promuovere, e per un utente è semplicemente una radio fatta sui propri gusti, penso che rappresenti il futuro. Il bello è che la si può anche solo ascoltare». Qual è la tua opinione sulla pirateria musicale? Cosa pensi di chi masterizza i cd o scarica gli Mp3? «Penso sia un buon castigo per le major e in generale per tutti coloro che hanno speculato sulla musica monopolizzando il mercato in questi anni; al contrario, per i gruppi come il nostro è senz’altro un ottimo per farsi conoscere. Per esperienza personale, vedo che ai concerti la gente continua a comprare i dischi: una volta conosciuta la nostra musica, preferiscono comprare il cd piuttosto che piratarlo. Comunque noi stessi abbiamo messo in download gratuito i dischi, e ciò non impedisce che le persone ce li ordinino via internet o li comprino ai concerti». Gli Apuamater - Bio La loro avventura inizia nel 2005, con l’album di esordio Un Cavatore: un viaggio fantastico che partendo dalle cave di Carrara passa alla resistenza sui monti apuani, quindi al G8 di Genova per finire nel mare con l’affare Dreyfus e Corto Maltese. Il 2006 porta con sé il secondo album: Delirio e Castigo, molto più riflessivo, che ha per argomento la psiche umana. Infine pochi mesi fa è uscito: 2076: Il Ritorno Di Kristo Per saperne di più e per scaricare gli album degli Apuamater si può andare sul sito www.myspace.com/apuamater Talent scout 44 DARmIotronico E o t o u v o t t o S AL TERMINE DEL “SOTTOVUOTO TOUR”, LA BAND “EMOTRONICA” CHE STA FACENDO IMPAZZIRE LE TEENAGER HA RISPOSTO ALLE DOMANDE DELLA REPORTER PIU’ GIOVANE DI ZAI.NET. TALENT SCOUT PER DUE! di Giorgia Diodato, 13 anni ari (Dario Pirovano, classe ’82), Fab (Fabio Cuffari, classe ’82), Cadio (Andrea Cadioli, classe ’87) e Fasa (Daniel Fasano, classe ’88) il 4 marzo 2008 hanno caricato su youtube il video della song Wale tanto wale, che in breve tempo ha raggiunto due milioni di visualizzazioni. E’ così che nascono i dARI, è così che internet rende possibile un risultato che un tempo sarebbe arrivato solo dopo molti anni di gavetta e di investimenti. Il 12 settembre 2008 è uscito Sottovuoto Generazionale, l’album d’esordio dei dARI e 17 gennaio scorso si è concluso il Sottovuoto Tour. Quando vi siete incontrati? Dari: «L’idea di formare una band è nata nel 2004 quando, da cantautore electro armato di chitarra distorta e synth, scelgo di trovarmi dei compagni di viaggio. Incontro Fab, Cadio e Daniel che con basso, synth e batteria aggiungono ingredienti alla mia ricetta e quindi si diventa a tutti gli effetti una vera e propria live band. Abbiamo fatto molti concerti e ovviamente vogliamo farne ancora e ancora». Avete definito la vostra musica “emotronica”, che cosa vuol dire? «L’emotronika e’ un termine pensato per identificare un connubio tra il beat dell’elettroclash e le emozioni della musica cantautoriale. L’emotronica è la carta d’identità per farsi riconoscere, è l’etichetta che utilizziamo per racchiudere le nostre canzoni». Avete mai dedicato una vostra song a qualcuno? «Sì certamente, per scrivere canzoni devi osservare il mondo che ti circonda e rielaborarlo. A volte capita anche di dedicare una canzone a qualcuno durante i live». Il vostro look è molto particolare; chi cura la vostra immagine e cosa ne pensano i vostri genitori? «La nostra immagine la curiamo noi ed i genitori ormai D la tollerano». Quali sport praticate e quali preferite seguire (ad esempio in tv)? «Non siamo grandi patiti di sport e quando possiamo pratichiamo un po’ di attività fisica». I vostri testi sono disseminati di paronomasie (come Wale) ed anafore ritmate (come in Tutto regolare). Dario, componi prima il testo o la musica? «Prima la musica e dopo il testo, che viene sviluppato da un’idea casuale o da qualcosa che mi ha colpito particolarmente. Il più delle volte l’atmosfera creata dalla musica aiuta anche l’argomento proposto con le parole». Fabio, tu hai lavorato nel mondo della scuola. Cosa ti è piaciuto e cosa non ti è piaciuto in questo ambiente? Fab: «Ho lavorato nelle scuole materne, elementari e medie. Mi è dispiaciuto osservare che a volte i ragazzi più grandi trovano non molti stimoli e di conseguenza sono pochi quelli che riescono a coltivare passioni o interessi sia a scuola sia fuori. D’altra parte, è stato interessante osservare che c’è uno spiccato senso di solidarietà tra compagni, quasi un codice di unione grazie al quale non si è mai soli». Andrea, tu che frequenti il conservatorio, quale genere musicale ami ascoltare? Cadio: «Fortunatamente all’interno del conservatorio sono stato seguito da una professoressa molto eclettica, ma soprattutto molto intelligente, che mi ha insegnato ad esplorare i vari stili musicali senza pregiudizi. Così negli anni ho ascoltato diversi generi: sono passato dal metal al punk per poi finire nello ska, ed ora mi ritrovo nell’elettronica. Ovviamente il conservatorio mi ha insegnato ad apprezzare anche la musica classica, che è sicuramente un’ottima fonte di ispirazione». Quanto tempo dedicate alla comunicazione nella rete? «Non appena possibile, ci colleghiamo e cerchiamo di essere attivi su forum (www.dariforce.com/forum) e myspace (www.myspace.com/dariforce)». Musica 45 DOPO QUATTRO ANNI TORNANO SULLE SCENE CON IL NUOVO ALBUM “LACRIMAS Y GOZOS”, TREDICI INEDITI SCARAVENTATI NELL’ATTUALITÀ. UNO SKA ALLEGRO CON VARIOPINTE INFLUENZE ROCK LVEMOS! O V G LI SKA-P TORNANO ANCORA PIÙ ARRABBIATI Kogote al piano e alle tastiere, e Luismi alle scatenate percussioni. E torna l’immancabile Pipi, corista e scenoLiceo classico “Colombo” grafa del gruppo sul palco, travestito a seconda dei temi trattati nei pezzi. n ritorno a dir poco clamoroso quello degli Ska-p Uno ska allegro, dapprima tendente al punk e poi semsulla scena internazionale. La band spagnola impre più vicino a un rock variopinto, con influenze di folk pegnata socialmente e politicamente, voce dei spagnolo o di metal. Il nuovo lavoro presenta un sound problemi e delle contraddizioni del mondo moderno, mua grandi linee inalterato, di complessità forse maggiore, sica dei semplici e degli emarginati ma anche dell’esercicon pezzi più simili fra loro e in cui troviamo fisse sia le to di giovani alternativi e no-global, torna a farsi sentire seconde voci di Pipi sia le chitarre distorte di Joxemi. dalle strade di Vallekas, la periferia operaia di Madrid, Grande ingegno nelle tastiere per la resa di atmosfere con rinnovato vigore ed entusiasmo esplosivo. particolari, e certo una complessiva miglior qualità di tutI “ragazzacci di strada” delle creste e dei piercing erano ti i suoni, mentre si nota subito una maggiore orecchiaufficialmente entrati in un “indefinito periodo di pausa” bilità di molti ritornelli e dei giri di trombone. con un annuncio su www.ska-p.net circa quattro anni fa, A seconda dei gusti si potranno preferire i pezzi più lendopo l’uscita del loro dvd live Incontrolables. E sono torti o quelli più urlati, lo ska meno contaminato o il rock nati nella stessa inaspettata maniera, quando nella pritrascinante: in Lacrimas y Gozos si trova tutta la panoramavera del 2008, digitando l’indirizzo del sito, è apparsa mica “Ska-p” e anche esperimenti nuovi. Con il loro solia tutti i fan la campale scritta “Volvemos!”, che in spato stile pungente e schietto, ironico e spietato, i “vallegnolo significa “arriviamo”, contornata dai soliti volti di kani” tornano a divertire e far riflettere i giovani, e senza sempre. Un nuovo album e un mini-tour annunciati a giulimiti geografici: il mini-tour di Lacrimas y Gozos ha infatti gno, quindi, e mesi di frenetica attesa, mentre sul sito la toccato America Latina, America del Nord, Europa (con band rivelava pian piano qualche nuovo pezzetto dei “latappa anche a Milano) e Asia. vori in corso”. A novembre arriva il singolo, Crimen SolliOra che sono tornati hanno davvero intenzione di andacitationis, con tanto di video ufficiale, un pezzo sullo re avanti, saltellando e sghignazzando, arrabbiandosi e scottante e recente scandalo dei preti pedofili. Meno di prendendo in giro, urlando i loro valori di giustizia, liberun mese dopo esce infine Lacrimas y Gozos: 13 inediti tà, uguaglianza, pace, laicità, multirazzialità e multicultuscaraventati sulla scena dalla ormai storica figura de “el ralità. “Seguimos en pie”, dicono: “andiamo avanti”, cogato Lopez”, simbolo della band che ne rappresenterebme recita il pezzo che forse meglio ribadisce la loro filobe l’altrettanto storico produttore arsofia: “No creo en politicos y en mitistico, ruggente sulla copertina a tinlitares, solo creo en ti…no creo en te scure del cd. Torna la micidiale e banderas, no creo en fronteras, soe i m le ob pr Voce dei tagliente voce di Pulpul (prima chitaren mi!” (“Non credo nei pol loliticicreo ra), dagli acuti sempre più estremi, e nei soldati, credo solamente delle contraddizioni de ica in te… non credo nelle bandiere, torna il punk-man Joxemi dai vibranti mondo moderno, mus assoli, tornano i due mitici trombettinon credo nelle frontiere, credo soi dei semplici e degl sti in tartan scozzese, Julio (al basso), lo in me!”). di Giacomo DʼAlessandro, 18 anni U emarginati 48 READER’S DIGEST: Obama: la politica ai tempi di internet COSTUME & SOCIETA’ 54 MATRICOLE: Primo giorno a Giurisprudenza Reader’s Digest ttualità i temi dell’a d n ra g 48 i e gli altri li spunti de G “REMEMBER, REMEMBER, THE 5TH OF NOVEMBER (2008)” BARACK OBAMA NON È SOLO IL NUOVO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI, NÉ SOLTANTO IL PRIMO NERO A RICOPRIRE QUESTO INCARICO: È ANCHE UN GRANDISSIMO COMUNICATORE, CAPACE DI UNA RETORICA CHE COMUNQUE RAPISCE. E A GUARDARLO DA QUI FA UN BEL PO' D'INVIDIA di Serena Mosso, 17 anni Liceo Classico “Luciano Manara” « Ricorda, ricorda, il 5 novembre». Per la storia inglese è il 5 novembre 1605, il giorno della “Congiura delle polveri” contro il Parlamento, quello di Guy Fawkes, citata anche in V per Vendetta. Dal 2008 questa data ha un nuovo significato e nuove connotazioni; per coloro che la ricorderanno avrà il suono di milioni di voci nere che negli anni hanno intonato “We shall overcome”; avrà la speranza di chi una volta ha detto “Io ho un sogno” e se n’è andato prima di poterlo vedere davvero; avrà il sapore di una lacrima di gioia scesa lenta, sul viso di molti, ascoltando nella notte un discorso di vittoria. “Se là fuori c’è ancora qualcuno che dubita che l'America sia un luogo dove tutto è possibile” - si diceva nel discorso – probabilmente in questi mesi si starà ricredendo. A poche settimane dal suo giuramento da 44° Presidente degli Stati Uniti c’è già chi lo acclama e vede in lui il cambiamento che l’America e il mondo stavano aspettando; qualcuno teme un tragico epilogo alla Kennedy; altri ancora salutano con indifferenza quello che nonostante le belle parole si rivelerà, ne sono certi, l’ennesimo politico asservito alle lobby. Qualunque sia l’esito del suo mandato, Obama ha già cambiato qualcosa: mai le elezioni di un Paese hanno suscitato tante attese e aspettative nel resto del mondo, da persone di qualunque età e dalle più diverse estrazioni sociali. Forse perché, ora più che mai, in questi mesi di crisi planetaria su ogni fronte esistente – da quello diplomatico all’economico, senza dimenticare l’ambientale – si è sentito il bisogno di credere in qualcosa, di trovare un evento capace di accomunarci tutti dinanzi alle avversità. Barack Hussein Obama, professione 44° Presidente degli Stati Uniti d'America, lo ha capito. E lo ha fatto capire al mondo intero usando tutte le armi a sua disposizione. Specialmente, una figura elegante e una retorica innovativa. Obama e Machiavelli ne avrebbero avute da discutere circa i metodi per ottenere e conservare il potere, ma l’egregio Niccolò nostrano non poteva prevedere i mezzi tecnologici di cui il nuovo Principe si è avvalso fino al fatidico 5 novembre 2008. Potere alla parola Antonio Carducci in un articolo su “l’Espresso” ricorda l'influenza che il padre ha avuto sul neopresidente. Barack senior diceva: “Con le parole giuste puoi cambiare ogni cosa”; il figlio ha fatto tesoro di tale insegnamento, prodigandosi affinché le sue, di parole, giungessero nelle case d’America e di tutto il mondo attraverso il web. Una scelta originale e mai sfruttata dai politici di nessuno Stato, che ha posto Internet come nuova frontiera del rapporto elettore-eletto. Obama ha in qualche modo “abbassato” i suoi mezzi di comunicazione, scegliendo non più interviste a ricchi network televisivi, ma video online accessibili da chiunque e a qualunque ora. Socrate diceva che il maestro 49 deve sapersi adattare alla mente dell’allievo, scendere al suo grado di inconsapevolezza e dargli i mezzi per trovare da solo la conoscenza. Quanti politici avrebbero guardato al ludico, disimpegnato YouTube come strumento di propaganda? Obama invece, da abile stratega, si è messo in gioco e ha saputo tenersi al passo con i tempi. Giovane e bello (e anche “abbronzato”, argh!), si è imposto agli occhi del giovane mondo passando dove questo è solito soffermarsi. L’attenzione degli elettori si cattura attraverso i mezzi che si confanno alla loro generazione. Il cuore, per dirla alla “Attimo fuggente”, si conquista facendo passare il messaggio “che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso”. E gli americani hanno risposto con entusiasmo, contribuendo con donazioni e raccolte fondi, dollaro su dollaro, strada per strada, andando a sostenere la campagna elettorale di quello che sentivano come il “loro” uomo, il loro candidato. Questo non avrà certamente impedito a Obama di accettare anche finanziamenti più cospicui da parte di qualche potente, ma la portata del suo cambiamento resta invariata: è riuscito a farsi strada nell’interesse di tutti, attraverso uno spiegamento di comunicazione e mezzi che hanno instillato il desiderio di essere partecipi e l’idea che ognuno poteva davvero cambiare qualcosa, dal suo piccolo, anche dal computer di casa. Mezzi, certo, ma anche atteggiamenti; un “Ciao Chicago” e poi un sorriso aperto. Sguardo che spazia come a voler abbracciare tutti, anche te che sei seduto davanti alla tv a un oceano di distanza. E poi una voce forte, sicura, modulata. Obama parla di una nazione a una nazione, ma parla anche di sé: la sua storia birazziale, la sua vicenda personale spesso trovano spazio nei suoi discorsi. È un modo per ricordare ciò che incarna, per abbattere le distanze, per meglio entrare negli animi degli ascoltatori e Good morning America! Nell'articolo apparso su "L'Espresso" a firma di Antonio Carducci, Barack Obama viene analizzato a fondo. Stavolta, però, non come candidato innovativo, né come "il capo del mondo libero". Il nuovo e per ora amatissimo presidente è un grandissimo comunicatore, e questo ha avuto un ruolo cruciale nella sua fulminante ascesa alla Casa Bianca. Quando parla, la folla ascolta rapita; ha una figura elegante, che durante le sue apparizioni pubbliche si trasforma in un formidabile strumento retorico, che, a seconda dei suoi movimenti, segna pause e punti salienti. Altro capitolo, il linguaggio. Le parole che usa sono immediata conseguenza del suo progetto politico. In un libro di qualche anno fa, intitolato "Non pensare all'elefante!", il semiologo George Lakoff diceva che il problema fondamentale dei democratici americani era la mancanza di un sistema di riferimento linguistico, e che dunque si appoggiavano a quello repubblicano con conseguente vantaggio per questi ultimi. Oggi Obama ha creato un "lessico per democratici", che, una volta bandite parole come "sgravi fiscali", ha come per incanto ricreato un sistema di valori che sembrava smarrito da tempo. Reader’s Digest 50 coinvolgerli. È così che si diventa il presidente di tutti, in cui ognuno si riconosce. Importante: le pause. Obama fa uso di pause mirate, che evidenziano le parole su cui punta di più e che permettono a tutti di seguire e capire ogni concetto. Il treno dell’America sta ripartendo e Barack vuole assicurarsi che tutti salgano, che tutti siano consapevoli del viaggio imminente. E su questo sta investendo particolarmente, attraverso anche un completo rimodernamento del sito della Casa Bianca, che da fonte consultata quasi unicamente dai giornalisti e dai burocrati diventa una nuova agorà dove tutti possono leggere (e vagliare) gli stessi provvedimenti in quel momento sulla scrivania di Mr. President. Sembra incredibile, soprattutto se paragonato alla nostra situazione politica. Tu vuo’ fa l’americano In Italia l’opinione pubblica è tanto tenuta in considerazione che la si sente liquidare come “strumentalizzata dall’opposizione” se anche solo si azzarda a contraddire questo o quel partito della maggioranza. E, sempre 51 parlando di opposizione, in Italia è difficile (se non impossibile) trovarla in rapporti costruttivi con la maggioranza, mentre all’indomani della sua sconfitta McCain ha esortato i repubblicani a seguire il nuovo presidente e a “offrire disponibilità e sforzi per trovare dei modi per marciare uniti e contribuire a riportare la prosperità”. Ma ripensandoci, anche nella nostra campagna elettorale YouTube ha avuto un piccolo ruolo; mentre in America apparivano video di propaganda con la partecipazione di comparse illustri (tra cui Charlize Theron e Justin Timberlake), in Italia abbiamo assistito alla creazione di due capolavori: I am P.D. e Meno male che Silvio c’è. Si tratta, per chi ancora non lo sapesse, di due imbarazzanti canzoncine, create da Partito Democratico e Popolo delle Libertà, apparse in tv e sul Web, basate l'una su YMCA dei Village People e l'altra su un imbarazzante ibrido fra Happy Xmas (War Is Over) di John Lennon e la più pecoreccia Ricominciamo di Adriano Pappalardo. Ci piace dire che gli americani tendono a esagerare tutto, a trattare ogni cosa come un evento cinematografico; questa volta però l’americanata l’abbiamo fatta noi, e senza neanche esserne capaci, con un effetto a metà fra una pubblicità scadente e una sagra di paese. L’unica consolazione è che all’estero non conoscono l’italiano, e che quindi nessuno capirà le parole di quei video. Forse. Un clima astioso e diffidente, quello italiano, ben diverso da quello di apertura e di cooperazione che si sta cercando di instaurare a un oceano di distanza; e c’è un oceano di differenza anche nelle parole del suo artefice. Obama parla di energie rinnovabili, mesi fa il nostro premier ha dichiarato che l’Italia non farà a meno del 20% di emissione di anidride carbonica perché significherebbe bloccarne la produzione industriale; Obama parla di miglioramento di scuola e sanità, in Italia entrambe subiscono tagli e sono prese in considerazione solo dal punto di vista del bilancio, non della qualità del servizio. Da una parte abbiamo quindi un presidente dal linguaggio inedito, che parla di “assistenza” come non si faceva almeno dagli anni ’70, che ha imposto alla politica mondiale parole d’ordine da tempo scomparse come “pubblico” e “Stato”, e che per ora dimostra grande interesse nell’interazione con gli elettori; dall’altra, una realtà politica italiana che nessuno vede come credibile o sente come propria, inchiodata a una comunicazione fatta di manifesti a pioggia e giornali di partito mentre il resto del mondo salta in avanti. Aiutata anche da una stampa spesso superficiale, la nostra politica lancia insopportabili ritornelli che, una volta passati i suoi 15 giorni di notorietà, finiscono nel dimenticatoio per sempre. Come nel caso del “piano sicurezza”, argomento decisivo nella campagna elettorale dell’anno passato e oggi un palese insuccesso dalla dubbia paternità. Di questi tempi in Italia non si può aprire un giornale senza leggere dell’ennesima donna stuprata, di un altro uomo bruciato vivo, dell’ultimo extracomunitario discriminato o picchiato. E non si può non sottolineare il ruolo decisivo giocato dall'infiammata retorica del governo, il cui risultato principale è stato aumentare la paura e l’odio verso il diverso. Esempio? Se una donna viene stuprata da immigrati finisce in prima pagina e su molte Onorevoli bocche; se invece i colpevoli sono italiani viene ben nascosta in trafiletti in ottava pagina e passa sotto silenzio. Un tipo di dialettica politica che anziché rinsaldare il corpo sociale lo disgrega, fomentando ogni basso istinto della popolazione e alimentando, tra l’altro, un diffuso sentimento di sfiducia verso le istituzioni. Un governo dovrebbe essere un po’ come un genitore, una guida; non è retorica, non è la solita “americanata”: la verità è che siamo abituati a essere mal governati da sempre, da prima ancora di diventare un Paese unito, e forse proprio da questo deriva il nostro cinismo. Forse è anche per questo che accogliamo con scetticismo ogni dichiarazione fatta dai nostri politici, o che molti di noi guardano a Obama con sospetto. Parole come le sue risultano troppo perfette, la sua figura troppo positiva e apparentemente “pulita” per appartenere a quella di un capo. Non sappiamo come si rivelerà il nuovo Presidente degli Stati Uniti, se davvero solleverà le sorti del suo Paese o se lo trascinerà ancora più nelle profondità della crisi. Di certo, dal nostro, assistiamo a quello che appare agli occhi del mondo come la realizzazione del “sogno americano”. Un po’ lo critichiamo, un po’ lo ammiriamo. Soprattutto lo invidiamo; sembra ancora così lontano, in Italia, il leader capace di coinvolgere e dire, veramente, “Sì, possiamo”. Immigrazione 52 QUELLA DEL RIFUGIATO POLITICO È UNA POSIZIONE CONTROVERSA. PER ATTIRARE L’ATTENZIONE DELLA GENTE SUL PROBLEMA, A ROMA ALCUNI DI LORO SI SONO RIUNITI IN UNA SQUADRA DI CALCIO: LA “LIBERI NANTES A.S.D.” RIFUGIOCATORE di Martina Scialanga ed Elisa Giustini, 18 anni Liceo “Archimede” definito “rifugiato politico” chi lascia il proprio Paese perché in pericolo a causa delle proprie origini o delle proprie convinzioni politiche o religiose. A queste persone, come sancito dall’articolo 10 della nostra Costituzione e dalle Nazioni Unite (che le proteggono sotto l’Alto Commissariato per i Rifugiati), va garantito asilo. A migliaia, ogni anno, lo cercano proprio sulle nostre coste. I più maliziosi insinuano che in molti cerchino di ottenere questo status per evitare l’altrimenti sicuro rimpatrio. In realtà, l’Italia in questo campo è molto – forse troppo – selettiva: dei 5.368.405 rifugiati politici in Europa, solo 12.440 (principalmente provenienti dal Corno d’Africa, dal Medio Oriente e dai Balcani) sono nel nostro Paese. La normativa vigente in Italia (la cosiddetta legge Bossi-Fini) desta perplessità, tanto da spingere Amnesty International a protestare per l’accesso alle procedure di asilo, per la detenzione preventiva dei richiedenti asilo e per la violazione del principio del non-refoulement (non respingimento), che vieta il rimpatrio o l’espulsione dei richiedenti asilo verso Paesi in cui potrebbero essere a rischio. È forte infatti il rischio che molti dei migranti e richiedenti asilo giunti in Italia via mare vengano respinti verso Paesi in cui erano esposti a violazioni dei diritti umani (tra gennaio e ottobre 2005 almeno 1.425 persone sono state trasferite in Libia, non esattamente una democrazia). Eppure quella del rifugiato politico è una figura che affonda le proprie radici nella nostra tradizione, anche letteraria. Enea, scappato dalla sua terra in guerra, fugge con la propria famiglia e pochi compagni, per giungere, dopo un intrepido viaggio, sulle coste italiane e fondarvi È una nuova, gloriosa città. “Rari nantes in gurgite vasto”, Eneide, primo libro, verso 118. Prendendo spunto da questo breve verso nascono alla fine del 1800 numerose associazioni sportive di “rari nantes”, cioè quei pochi che ce la fanno. E a questa citazione si ricollega anche il nome della squadra calcistica dei “Liberi Nantes”. Tanti ragazzi, tutti rifugiati politici, giunti per mare e proprio per questo fortunati, perché non tutti riescono ad arrivare. Liberi, perché ognuno dovrebbe avere il diritto di viaggiare liberamente. Questo è ciò che ci spiega l’allenatore della squadra un lunedì sera, mentre fuori i ragazzi corrono e si scaldano per l’allenamento. Corrono, perché dopo il dramma subìto che li accomuna, lo sport vuole offrire loro un’opportunità per 53 ricominciare, vuole essere una lingua universale per comunicare col mondo; vuole restituirgli un po’ di quella speranza di poter riavere un giorno una vita normale e tranquilla. La squadra dei “Liberi nantes” di Pietralata nasce circa un anno fa, grazie a contributi economici di alcuni soci, a raccolte di fondi e alla collaborazione di altre associazioni come la Caritas. Da allora la neonata Red tv (uno dei due canali televisivi del Partito Democratico) manda in onda riprese riguardanti la squadra per aiutare i suoi gestori a stabilire contatti con enti e associazioni e per rendere conosciuta la particolare esperienza che stanno vivendo allenatori e ragazzi. Sarebbe stato interessante poter parlare con qualcuno dei giocatori, chiedere perché hanno dovuto abbandonare il loro paese, capire cosa si prova ad essere accolti, se non con disprezzo, quantomeno con sospetto, quali pericoli hanno corso per arrivare fin qui. Purtroppo non è stato possibile. L’allenatore ci spiega che non mi capirebbero e non saprebbero come rispondermi. Per questo si offre lui stesso di farlo, quanto meno all’ultima domanda: come si arriva in Italia? Il “mister” mi racconta di viaggi spaventosi, lunghissimi, in cui il fuggiasco è sostenuto soltanto dalla propria voglia di vivere. I principali itinerari seguiti da chi deve scappare dal suo Paese a causa delle proprie opinioni o della propria fede politica o religiosa sono essenzialmente due. Uno parte dall’Estremo Oriente, soprattutto per afgani, iracheni e curdi. Base è la città di Quetta, in Pakistan. Da lì, attraverso agenzie più o meno legali e pagando una quota, si arriva in Iran. Qui bisogna fermarsi: il resto della traversata è molto costoso, e prima di proseguire bisogna procurarsi abbastanza soldi da poterselo permettere; dunque, maniche rimboccate e avanti così. La permanenza può durare anche anni. Lasciato l’Iran, si giunge in Turchia. Questo è il tratto del viaggio più duro, perché bisogna oltrepassare le alture dell’Anatolia. Per coloro che ce la fanno, arriva il momento di attraversare lo stretto del Bosforo su imbarcazioni che sono poco più che zattere. Il viaggio sembra finalmente compiuto per questi eroi che hanno tra i 12 e i 13 anni e arrivano intorno ai 17, ma l’approdo in Grecia, viste anche alcune violazioni delle norme Ue, non significa che l’odissea sia finita. Molti di loro giungono in Italia agganciati sotto a un furgone o stipati in container. Alcuni proseguono per raggiungere familiari sparsi per l’Europa, altri si fermano qui, finalmente liberi. La seconda tratta interessa la popolazione proveniente dall’Africa orientale. Si parte dal Corno d’Africa e si giunge a Lampedusa attraverso viaggi disumani. Questi i viaggi più frequenti. Queste le peripezie. Ma alcuni di loro adesso sono qui. Ci sono e non hanno paura di affrontare ciò che la vita riserverà loro, a partire dalle cose più banali come la stagione invernale, che in molti non conoscono. Sono qui perché stanno riuscendo a cambiare la loro vita e quella di chi lavora con loro. Ci rendiamo conto di tutto questo mentre, dopo una stretta di mano con l’allenatore, usciamo lentamente dallo stretto e polveroso magazzino pieno di divise e palloni. Ci allontaniamo con quel vuoto mentale che prelude alla riflessione profonda. Matricole 54 n i o n r Un gio SAPIENZA INIZIA NEL CUO RE DELLA CITTA ’ UNIVERSITARIA DELLA CAPITALE , GRAZIE A UNA M REDAZIONE, IL N ATRICOLA DELLA OSTRO VIAGGIO TR I VARI PERCORS I DI STUDIO CHE A CI ASPETTANO DO PO IL DIPLOMA di Marco Bevilacqua, 19 anni Facoltà di Giurisprudenza “La Sapienza” l numero 5 di piazzale Aldo Moro – siamo nel quartiere San Lorenzo a Roma - un’infinità di scale precedono la facoltà di Giurisprudenza. Il primo impatto, confermo, impaurisce. Non tanto per lo sforzo fisico da affrontare, ma per l’aria che si respira ancora prima di entrare. I ragazzi che frequentano gli anni successivi e che fumano sotto le due enormi colonne dell’entrata hanno l’aria composta, sono tutti molto curati nell’abbigliamento. Passata la porta a vetri, ci si trova in un universo particolarmente ordinato, dove tutto sembra essere già prestabilito. L’ambiente inietta sensazioni di freddezza e distacco. Sembra di essere rimasti agli anni Trenta, quelli in cui il palazzo fu inaugurato, e forse ci riconducono al XXI secolo le macchinette delle merendine e del caffè. Continuando a camminare lungo i corridoi ci si accorge di quanto, però, la struttura sia inadeguata: ad esempio, i bagni sono osceni e le aule più fredde degli ambienti esterni. Nell’aula III, poi, i banchi appena sostituiti lo scorso settembre hanno già una ventina di sedie rotte. Anche voi come me siete di quelli che per concentrarsi hanno bisogno di trovare uno A spazio fuori casa? Beh, da questo punto di vista vi potrebbe andare anche peggio: la facoltà tutto sommato offre almeno una sala lettura per ogni istituto e altrettante biblioteche dove vi potrete accomodare fino all’orario di chiusura. Sono stanze adibite allo studio, dunque all’interno si pretende serietà e silenzio. A parte la struttura che, quindi, come avrete capito non è propriamente il massimo, è giusto dire che i docenti della Facoltà di Giurisprudenza sono tra i più autorevoli nel campo del diritto. Purtroppo però la parola ‘professore’ all’università assume tutto un altro significato. Non è come al liceo, dove sei seguito in classi da venti persone: a Giurisprudenza vi troverete in classi di minimo 400 persone, dove ovviamente il docente non potrà seguire tutti. Starà a voi farvi avanti e magari chiedere delle spiegazioni: spesso vi sorprenderanno per la loro disponibilità. Giurisprudenza ha organizzato la temporalità delle lezioni e degli esami annualmente. Vuol dire semplicemente che quando comincerete a novembre, darete i primi esami a giugno dell’anno successivo per finirli a gennaio dell’anno ancora successivo. All’inizio del secondo anno, quindi, vi ritroverete a seguire le lezioni dell’anno in corso, a studiare per quelle e anche per gli esami del primo (a differenza di Tor Vergata e di Roma Tre le quali hanno preferito il sistema semestrale). Non lasciatevi intimorire per la mole di studio che vi troverete ad affrontare appena cominceranno le lezioni, e ricordate sempre che quanto troverete nei manuali è solo la base. Il consiglio che vi do è di non tralasciare mai nulla. Il diritto, infine, è una materia che pretende il distacco dello studioso: ma non preoccupatevi, non vi renderà freddi e aridi, al contrario vi aiuterà ad affinare la vostra capacità di argomentazione e di logica. Oltre a questo, si pretenderà da parte vostra anche l’uso di un linguaggio specifico, tecnico, ben diverso da quello di tutti i giorni; perciò meglio arrivare già muniti di un vocabolario minimo dei termini giuridici più comuni. Non v’è da spaventarsi però, sarà difficile quanto volete, ma il bello dell’università sta proprio lì: la facoltà la scegliete voi e se vi piace davvero, più la materia è complessa più cercherete di comprenderne l’essenza profonda. 55 LE TASSE E veniamo al tasto dolente…L’ importo delle tasse di iscrizione è diversificato in base alle facoltà , a loro volta ripartite in tre gruppi. Giurisprudenza rientra nella prima categoria e le quote corrispondono a 252,00€, con relativa tassa regionale di 118,08€; l’ importo della seconda rata sarà variabile in rapporto alla propria fascia contributiva se precedentemente si sarà dichiarato il proprio Isee (la scadenza del pagamento della seconda è solitamente entro la fine di marzo). Tra gli studenti che hanno diritto all’ esonero totale dalle tasse universitarie rientrano: - i beneficiari delle borse di studio erogate dalla Regione Lazio; - gli idonei al conseguimento delle borse di studio erogate dalla Regione Lazio. IL DIRITTO ALLO STUDIO Non bisogna scoraggiarsi di fronte alle code agli sportelli o ai moduli da compilare: le borse di studio non sono affatto miraggi o mete impossibili da conquistare. Tutti gli studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi possono partecipare al bando annuale, previa la compilazione delle domande on-line. I requisiti per concorrere sono due: reddito (e patrimonio) del nucleo familiare e merito. Tutte le informazioni sono sul sito: www.laziodisu.it. Le opinioni degli studenti Curiosando per la facoltà, mi è venuto in mente che forse era il caso di inserire, nel piccolo reportage che vi propongo, anche delle testimonianze più generali, così da non influenzarvi solo col mio giudizio. Gianluca, 19 anni, viene da Terracina (Lt) e ogni giorno deve alzarsi molto presto per poter prendere il treno che lo porta fino a Termini: «I professori sono ottimi, i migliori nel loro campo, anche se il troppo stroppia. Mi riferisco all’appello per le presenze: alcuni docenti sono capaci di depennarti dall’elenco dei frequentanti alla prima assenza; si viene giustificati solo recandosi di persona dal prof e presentando una valida motivazione. Per quanto riguarda la struttura, tutto sommato è accettabile». Poi incontro Giuseppe - anche lui 19 anni, della zona di via Appia, periferia Est di Roma - che mi ha dato informazioni più dettagliate: «I professori che insegnano in questa facoltà sono di una competenza tale da invogliarmi a studiare ogni giorno di più. Mi trovo molto bene, il metodo di studio è ottimo. Mio malgrado, l’organizzazione lascia a desiderare: bisogna cavarsela da soli, è più come una scuola di vita. Ma in ogni caso, ero a conoscenza di questa situazione già prima di iscrivermi. Se posso muovere una critica, riguarda senz’altro i seminari, che sono dei corsi pomeridiani aggiuntivi alle normali lezioni tenuti dagli assistenti dei professori; ritengo che non siano molto utili, in quanto non servono ad approfondire in realtà gli argomenti trattati la mattina dai docenti, e soprattutto durante queste ore non avviene un vero confronto con gli studenti». Esami del I anno - Legal English; - Economia politica; - Filosofia del diritto; - Istituzioni di diritto privato; - Istituzioni di diritto pubblico; - Istituzioni di diritto romano. Il sito ufficiale: www.uniroma1.it Sport 56 e r a z l A S n u UN REPORTER DI ZAI.NET ALLA SUA PRIMA INTERVISTA E UN TALENTUOSO GIOCATORE DI PALLAVOLO GIA’ STABILMENTE IN SERIE A2: ESORDIENTI ALLO SBARAGLIO? GIUDICATE VOI… di Nicolò Moriggi, 18 anni, Liceo linguistico “Seneca” iulio Morelli è un diciottenne fuori dal comune: riesce a conciliare impegni sportivi, studio, passioni, e soprattutto non si è montato ancora (e si spera che non lo farà neppure in futuro) la testa, al punto tale da non sembrare consapevole del successo che lo ha investito, ora che gioca in serie A2 al fianco di mostri sacri della pallavolo. Attento a correggere i propri difetti tecnici, conscio del fatto di avere ancora un tortuoso cammino da compiere, ci accoglie con una semplicità disarmante ed una calorosa stretta di mano. Non ci resta che iniziare subito a chiacchierare, per conoscerlo meglio. Com’è nata la tua passione per la pallavolo, considerando che è uno sport un po’ bistrattato qui in Italia? «Ho mosso i primi passi in questo campo grazie a mio padre che faceva l’allenatore. Mi ha inserito nella sua società sportiva e da lì ho cominciato a giocare. Devo dire che nel mio caso la pallavolo è una questione di famiglia: mia madre ha militato per anni in serie B1 e mio padre in A2, quindi è senz’altro qualcosa che abbiamo nel sangue, una passione condivisa». Quali sono le caratteristiche che fanno sì che un diciottenne sia praticamente ai vertici della pallavolo nazionale? Oltre alla tenacia, all’allenamento, quali altre qualità bisogna possedere? «Sicuramente la pazienza. Bisogna essere davvero certosini nel provare e riprovare gli schemi o i movimenti che non riescono. Poi c’è ovviamente l’allenamento, senza il quale non si arriva da nessuna parte». La tua prima convocazione risale a febbraio 2008, in seguito all’infortunio di un altro giocatore, Manuel Coscione. In quel momento ti sei reso conto che i tuoi sogni si stavano concretizzando o hai pensato piuttosto di avere ancora una lunga strada da percorrere? «Posso dire d’aver provato entrambe le sensazioni. La convocazione rappresentava un punto di partenza, l’inizio di un percorso. Come l’ho presa? Positivamente, senza alcun dubbio. L’ho recepita come una grande opportunità e, per onorarla al meglio, mi sono concentrato molto, specialmente sui miei difetti tecnici, cercando di migliorare sempre di più». I tuoi familiari, i tuoi amici, le persone in generale a te più prossime, come hanno vissuto quest’ondata di cambiamenti? Come hai reagito tu a questa ventata di novità? «Sono sempre stato molto impegnato per la pallavolo, fin da quando ero appena adolescente, quindi quest’anno non è poi stato così “sconvolgente” da questo punto di vista. Per quan- G 57 OGNO to riguarda gli amici, cerco di sentirli il più possibile e di uscire con loro quando ho un po’ di tempo libero. La famiglia mi aiuta molto, è sempre presente, mi sprona ad inseguire il mio sogno, ma anche a studiare. Dal canto mio, sfrutto tutti i ritagli di tempo per cercare di non trascurare nulla. Pianifico la mia vita nei minimi dettagli, sono molto metodico». A proposito di tempo libero, riesci a vivere la tua vita “normalmente”, come i giovani della tua età, oppure le rinunce sono consistenti? «A dir la verità, non faccio rinunce particolarmente pesanti, riesco a vivere la mia vita normalmente, se così si può dire; tra l’altro, riesco a coltivare le mie passioni e fare sostanzialmente ciò che voglio. Suono da diversi anni la chitarra acustica, ma, ultimamente, sono stato costretto a metterla da parte un po’ per il poco tempo a disposizione e un po’ per il fatto che – come saprà bene chi suona - pizzicare le corde alla lunga provoca calli, duroni, che rendono difficoltosi i miei allenamenti e pregiudicano il mio rendimento in partita». Tra i vari compiti che rientrano nel ruolo di palleggiatore, figura anche quello di dover gestire il gioco, decidendo sul momento schemi e tattiche. Il peso della responsabilità è evidente. Come riesci ad affrontarlo? «In effetti mi innervosisco spesso, proprio perché a volte le responsabilità pesano come macigni. Devo dire, però, che noi palleggiatori non siamo lasciati mai soli: prima di ogni allenamento e di ogni partita c’è un periodo di tempo riservato alla messa a punto delle tattiche. Poi è chiaro, le decisioni si prendono soprattutto sul momento, e questo è senz’altro il nostro compito più difficile. La paura riesco ad esorcizzarla grazie ai compagni e alla preparazione pre-match, importantissima per noi atleti». Quali obiettivi pensi di porti per il futuro? «Innanzitutto quello di riprendere a giocare come titolare il prima possibile, poi si vedrà». I consigli che vorresti dare ad un giovane che vuole avvicinarsi alla pallavolo e magari raggiungere i tuoi livelli. «Deve avere due caratteristiche: l’impegno e la volontà. Sono essenziali per far sì che questa passione possa davvero avere un seguito e non trasformarsi in una perdita di tempo. Un altro valore fondamentale è la maturità: bisogna sapersi prendere la responsabilità delle proprie azioni e, soprattutto, capire che si ha un lungo percorso davanti a sé. Se non ci si mette passione, non si mette in conto qualche sacrificio, non si può arrivare lontano. Tutto dipende dalle priorità che si scelgono». Dopo quest’ultima domanda, ci congediamo. Con un dispiacere: la pallavolo non ha la considerazione che meriterebbe. Un vero peccato perché, come avete avuto modo di leggere, fanno parte di questo mondo giovani determinati, intelligenti, che affrontano seriamente prove anche molto impegnative. Insomma bisognerebbe sottolineare, almeno ogni tanto, che non siamo solo la generazione “sesso, droga e rock n’ roll”. Giovani e diritti 58 GENERAZIONI MODERNE CONTINUA IL SUO PERCORSO: GETTATE A CERTALDO LE BASI PER UNA LEGGE SULLA PARTECIPAZIONE GIOVANILE IN TOSCANA ANCHE LA TOSCANA SI MUOVE! di Francesco Dei, presidente del Consiglio dei Giovani di Certaldo (Fi) resto in Toscana una rete di Consigli dei Giovani come succede nel Lazio: se ne è discusso a Certaldo, piccolo paese in provincia di Firenze, il 23 e 24 gennaio scorso in occasione di “Giovani & Protagonisti”, due intere giornate di riflessione sulla partecipazione dei giovani alle istituzioni locali. L’evento rientra nelle iniziative e nei progetti, realizzati a livello locale e regionale, per favorire la partecipazione dei giovani a percorsi di educazione alla democrazia e alla cittadinanza, ed è stato promosso dal Consiglio comunale dei giovani di Certaldo, dall’Associazione di promozione sociale Aion e dal forum aggregativo delle associazioni giovanili Generazioni Moderne, di cui sia il Consiglio che Aion fanno parte. Obiettivo del Convegno è stato quello di fare un resoconto delle esperienze di coinvolgimento dei giovani alla vita istituzionale e, più specificatamente, quello di proporre lo strumento del Consiglio dei Giovani come modello da sviluppare e formalizzare nei comuni toscani. Al convegno hanno partecipato, fra gli altri, il Presidente del Consiglio regionale della Toscana, Riccardo Nencini, il consigliere regionale Pd Diego Ciulli e il Presidente della P 59 commissione Europa del Consiglio regionale, MauGenerazioni Moderne rizio Dinelli (FI-PDL), la portavoce di Generazioni Forum Europeo delle Moderne Roberta Cocchioni. Nencini ha propoAggregazioni Giovanili sto una ricetta per superare il sistema della rappresentanza democratica in Italia, che, nonSede Nazionale: Via G. Lanza, 178 ostante un perfetto meccanismo democratico, si 00184 Roma è dimostrato più volte arcaico; in particolare, ha Tel 06 48029097 il diritto /dovere dei ipotizzato di abbassare il diritto di voto a sedici Fax 06 4881605 giovani a contribuire [email protected] anni per l’elezione dei Consigli comunali e circoalla definizione delle powww.generazionimoderne.it scrizionali, di istituzionalizzare le forme di partecilitiche sul territorio. Per pazione giovanile e di contrastare il luogo comune questo, vedere che anche in secondo il quale i partiti - che sono ancora il principaToscana si stanno creando le le strumento di partecipazione alla vita pubblica – siano condizioni per l’elaborazione e l’apequivalenti alla democrazia. Per far sì che i Consigli dei provazione di una legge regionale sulla partecipazione, è Giovani possano conoscere uno sviluppo come nella Reun fatto che ci fa ben sperare. gione Lazio, occorre che le istituzioni regionali costruiIl giorno seguente al convegno, sempre a Certaldo, si è scano una cornice normativa che preveda la nascita dei svolta la riunione del Consiglio federale di Generazioni consigli–giovani. E’, questo, il traguardo che si sono poModerne, durante la quale sono state formalizzate le nosti il Consiglio Giovani di Certaldo (primo comune in Tomine dei referenti territoriali dell’associazione ed è stata scana ad averlo istituito), e il Consigliere di maggioranza programmata per venerdì 27 Febbraio ad Arezzo la prosDiego Ciulli, che si è impegnato formalmente a stendere sima iniziativa pubblica in Toscana, sempre sulla parteci“una bozza di legge regionale sulla partecipazione giovapazione dei giovani. Il contributo che Generazioni Modernile, coinvolgendo sia le esperienze già esistenti, quanto ne, intesa come rete nazionale di associazioni giovanili, le associazioni e i movimenti così vitali nella nostra Repuò esercitare in Toscana per diffondere il dibattito e congione”. tribuire alla stesura della legge regionale è fondamentaLa buona riuscita del convegno è dovuta sicuramente anle, poiché esercita un ruolo importanche alla partecipazione di molti addetti ai lavori, che si te di coordinamento delle assooccupano di politiche giovanili, fra cui alcuni assessori ciazioni presenti al suo intercomunali con quella delega, il Presidente di Anci Giovani no e può quindi aiutarci a Toscana, la delegazione di Generazioni Moderne che è veparlare nelle sedi comnuta a Certaldo per illustrare le potenzialità e le linee propetenti ad “una voce grammatiche dell’associazione. Per quanto mi riguarda, sola”. Nel ringraziare ho trovato interessante il Convegno perché ci ha pertutti coloro che somesso di affermare un nostro punto di vista - un punto no intervenuti al di vista generazionale - nelle politiche pubbliche. La preseminario “Giovani messa che sia io sia Roberto Banti, membro di Aion, ab& Protagonisti”, biamo ritenuto pre-condizione necessaria a qualsiasi didiamo appuntabattito sul coinvolgimento dei giovani, è che il fatto di mento a gennaio aggiungere una sedia per i giovani ai tavoli decisionali lo2010, dove faremo cali non deve essere concepito come frutto di una elargiun bilancio di quello zione da parte degli amministratori locali, in nome di uno che è stato programslancio solidaristico, ma deve, anzi, essere alla base di mato il mese scorso. una volontà politica e culturale, per la quale si riconosce TI N E M A NT U P AP dal 4 all’ A cura di Nicolò Moriggi, 18 anni 8 MARZO BOLOGNA Dal 4 all’8 marzo 2009 la città è invasa dai “comics” con la III edizione di Bilbolbul, il festival Internazionale di fumetto curato dall’associazione culturale Hamelin. Protagonisti della scena i numerosi autori nazionali e internazionali che presenteranno, nel corso della manifestazione, le loro opere, molte delle quali inedite in Italia. Le numerose mostre e incontri sono ospitati, come da tradizione, anche in luoghi inediti per il fumetto come musei, gallerie d’arte, librerie, biblioteche. Il festival si occupa anche di promuovere i giovani talenti, organizzando concorsi ad hoc. www.bilbolbul.net MARZO Il 7 dall’ 8 al 29 MARZO COLORNO (PARMA) Mostra fotografica di Gigi Montali, organizzata dal G.F. Color’s Light Colorno in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del Comune di Colorno e la Provincia di Parma. Una raccolta di immagini scattate dal presidente del Color’s Light durante i suoi viaggi fotografici; 60 scatti che propongono con naturalezza situazioni di quotidianità vissute dalle donne di tutto il mondo nel lavoro, nel tempo libero, nel ruolo di mamma. MARZO ROMA Sabina Guzzanti da quasi vent’anni usa l’arma della sua satira tagliente e corrosiva contro qualsiasi tipo di potere costituito. Quest’anno porta in scena il suo nuovo spettacolo, Vilipendio, che, in questa data, sarà messo in scena al Palalottomatica. www.sabinaguzzanti.it Il 10 MARZO NAPOLI A 10 anni dalla scomparsa del cantautore genovese, la PFM ha deciso di riportare nei teatri italiani la musica e le parole di Fabrizio De André esibendosi al Teatro Augusteo di Napoli. Il primo incontro tra “Faber” e la Premiata Forneria Marconi risale al 1970, quando il cantautore genovese si avvalse della collaborazione di parte della band per la realizzazione del disco La Buona Novella. Un evento senz’altro imperdibile per tutti gli amatori di un “poeta” del nostro secolo. www.teatroaugusteo.it TUTTO IL MESE ROMA Simone de Beauvoir. Narrare… è già politica, un progetto promosso dall’assessorato alle Politiche culturali della Provincia di Roma per ricordare la grande scrittrice e intellettuale francese. Sono previsti incontri, riflessioni, letture teatrali e proiezioni che si svolgeranno nelle seguenti sedi: Biblioteche del Comune di Roma (Europea, Flaminia, Villa Mercede, Corviale, Guglielmo Marconi) e della Provincia (comune di Tivoli e comune di Frascati), Bibliopoint (licei “Amaldi” e “Avogadro”) - biblioteche scolastiche, Università La Sapienza di Roma e Roma Tre, Centro culturale San Luigi di Francia, Centro Studi italo-francesi e Casa Internazionale delle donne. Gli studenti dei laboratori teatrali del licei “Amaldi”, “Avogadro” e “Machiavelli” leggeranno ad alta voce i testi di Simone de Beauvoir. Fino al 2 aprile 2009. Il 14 MARZO ROMA Maurizio Battista torna nella capitale per un'unica divertentissima serata al Gran Teatro di Roma. Lo spettacolo è intitolato 2009 - 1989 = 20 anni insieme e, nonostante il sapore vagamente nostalgico, siamo certi che sarà una serata all'insegna del buon umore. www.mauriziobattista.com 61 Il MARZO 16 TUTTA ITALIA È questo il termine ultimo per partecipare al Festival del documentario d'Abruzzo 2009. La manifestazione si propone di valorizzare e promuovere la diffusione, la conoscenza e la fruizione del cinema documentario sia italiano sia internazionale. www.festivaldeldocumentariodabruzzo.it dal 17 al 29 MARZO ROMA Manuel Frattini vestirà i panni di Robin Hood nel musical di Beppe Dati in scena al Teatro Brancaccio di Roma. Il musical racconta la leggenda di quell’eroe le cui avventure si tramandano da più e più secoli. Accanto a Frattini ci saranno: Valeria Monetti, Mimma Lovoi, Lello Abate, Simone Sibillano, Diego Casalis e Marco Manca. www.teatrobrancaccio.it Il BASTIA (PG) Ultimo giorno utile per consegnare lavori inediti, elaborati in forma di saggio critico, sul tema Dei diritti e delle regole: valori e attualità della Costituzione, nell’ambito della seconda edizione del Premio Nazionale di Saggistica “Città di Bastia Umbra”, indetto dall’amministrazione comunale. Il Premio si articola in due sezioni: una riservata agli studenti delle scuole secondarie superiori di 2° grado, l’altra agli studenti universitari frequentanti le Facoltà di Giurisprudenza e di Scienze Politiche. La premiazione avverrà il 17 aprile 2009 in occasione della conferenza di Domenico Gallo, Maurizio Oliviero e Vauro. www.comune.bastia.pg.it www.premiocittadibastia.com Il dal 20 MARZO MILANO Suoni e visioni 2009, concerti, film e video nella musica del nostro tempo: quattro concerti in teatri della città e cinque serate di proiezioni e performance multimediali (allo Spazio Oberdan). www.provincia.milano.it/cultura fino al 29 20 MARZO 21 MARZO VICENZA Dopo l’acclamato successo dello scorso giugno all’interno dell’Anfiteatro del Castello d’Este, ritorna From Hell To Heaven, l'opera rock sinfonica multimediale liberamente ispirata alla Divina Commedia di Dante Alighieri. Appuntamento al Teatro Comunale. www.fromhelltoheaven.com MARZO FIRENZE Talenti Emergenti/Emerging Talents, iniziativa che si propone di esporre i lavori di 25 giovani artisti selezionati da cinque tra i più affermati esponenti della nuova generazione di critici e curatori italiani. Una mostra per farsi conoscere e comunicare, questo lo scopo dell’evento promosso dalla Fondazione Palazzo Strozzi e realizzato dal Centro di Cultura Contemporanea Strozzina. www.strozzina.org Risultati Test 62 Un prof per amico? (pag. 16) Punteggio: per ogni risposta A: 1 punto - per ogni risposta B: 2 punti - per ogni risposta C: 3 punti Da 1 a 6 punti: Da 7 a 12 punti: Miss Brodie Maestro Perboni Professor Keating Attento, molto attento! Se gli alunni sono così accondiscendenti, fin troppo amabili, c’è da pensare male. Spesso noi ragazzi abbiamo un comportamento contraddittorio come reazione alla paura che gli insegnanti generano in noi; ma incutere timore quanto insegna davvero ad affrontare la scuola? Suvvia, senza eccedere ispirati un po’ di più alla Miss Brodie di Muriel Spark, una figura sopra le righe, ma di sicuro fascino. Il tuo problema è senza dubbio lasciare troppo liberi gli alunni, dando loro un’eccessiva fiducia, di cui immancabilmente tendono ad approfittarsi, sentendosi autorizzati a fare quello che vogliono. Riporre fiducia nei ragazzi è cosa buona e giusta, ma il troppo stroppia, sempre. E poi la scuola ha il dovere di prepararci al fatto che la società civile si aspetta da noi che sappiamo sottostare a delle regole, non soltanto criticarle! Complimenti! Eh sì, probabilmente sei l’insegnante che tutti vorrebbero trovarsi al mattino in cattedra. Fai apprezzare agli alunni il vero significato della scuola. Non ti temono, piuttosto ti rispettano, comprendendo che non sei il nemico da abbattere, ma piuttosto un alleato nella dura missione dell’apprendere, capace di avere con loro un rapporto né troppo confidenziale né troppo formale. Non corri rischi particolari, quindi goditi questo bel successo! Da 13 a 18 punti: Oroscopo a cura di Cassandra 63 Ariete Toro Gemelli 21/03 -20/04 21/04 - 21/05 21/05 - 21/06 Affari di cuore Marte e Venere agiscono positivamente su di voi, avete fascino e grinta da vedere, cos’altro aspettate per prendere l’iniziativa? Amicizia & famiglia Un po’ di tensione soprattutto nel rapporto con i genitori, cercate di stemperare gli animi ed ascoltate anche le ragioni altrui, specie quelle degli amici di lunga data. Consiglio Leggete “Revolutionary road” di Robert Yates. Affari di cuore Care coppiette, l’effetto San Valentino sembra prolungarsi sulla vostra vita sentimentale, approfittatene! Amicizia & famiglia Il primo quadrimestre è andato, forse non ha soddisfatto le aspettative di mamma e papà ma avete ancora diversi mesi davanti per portare a casa qualche bella soddisfazione. Consiglio “Il fantasma esce di scena” di Philip Roth. Affari di cuore Venere favorisce incontri interessanti e incoraggia regate di conquista, coloro che vivono già una relazione duratura cerchino di non puntare sempre il dito sui difetti del partner. Amicizia & famiglia Rapporti altalenanti sia in famiglia che a scuola, provate a gestire gli sbalzi d’umore, vedrete che il clima sarà subito più sereno. Consiglio Un buon libro di Baricco, magari “Seta”. Cancro Leone Vergine 22/06 - 22/07 23/07 - 23/08 24/08 - 23/09 Affari di cuore Venere dà noia sul fronte affettivo, attenzione ai venti di guerra tra coppie datate, forse avete bisogno di un po’ di novità. Buone prospettive per i single. Amicizia & famiglia Serenità e complicità consolidano i rapporti d’amicizia e vi rendono interessanti agli occhi di nuove conoscenze. Consiglio “Memorie scritte da me medesimo” di G. Casanova, per ritrovare un po’ di brio. Affari di cuore Procedete senza timidezza se avete davvero voglia di mettere alla prova il vostro fascino. Nell’abbigliamento, osate con i colori accesi. Amicizia & famiglia Sarà l’avvicinarsi della primavera ma l’eccessiva distrazione può anche infastidire, soprattutto le persone che hanno bisogno della vostra attenzione. Consiglio “Le Braci” di S. Marai, per riscoprire il valore dell’amicizia. Affari di cuore Nella coppia restate l’elemento forte, ma concedetevi anche voi un po’ di coccole da parte del partner. Amicizia & famiglia Non è il momento di rispondere alle critiche che vi infastidiscono, siate pazienti e utilizzate l’ironia, la dote che più di ogni altra rappresenta il vostro asso nella manica. Consiglio Guardate “La parola ai giurati” a teatro o in dvd. Bilancia Scorpione Sagittario 24/09 - 22/10 23/10 - 22/11 23/11 - 21/12 Affari di cuore Voglia di novità: guardatevi attorno e scoprirete una serie di persone interessanti; attenti a non giocare troppo però. Amicizia & famiglia Mercurio va a smuovere gli animi attorno a voi ma non preoccupatevi, la posizione di leader nel gruppo di amici non è intaccata. Consiglio “Mille splendidi soli” di K. Hosseini, per volgere lo sguardo un po’ più in là.. Affari di cuore Le questioni irrisolte potranno essere sciolte solo dal tempo; questo periodo di riflessione non deve comunque precludervi nuove conoscenze. Amicizia & famiglia Gli amici, pochi ma buoni, sono il vostro sostegno in un momento di smarrimento, non lasciate che questi pensieri vi distraggano dagli impegni scolastici. Consiglio Un bel classico come “Cime tempestose”. Capricorno Acquario 22/12 - 20/12 21/01 - 19/02 Affari di cuore Venere vi guarda storto e non potete contare sul suo prezioso aiuto; in compenso Giove vi è amico e vi regala quel pizzico di sensualità in più che non guasta. Amicizia & famiglia Non siete molto disponibili al dialogo e questo non aiuta i rapporti familiari e d’amicizia. Cercate di addolcirvi con l’arrivo della primavera. Consiglio Volontariato, per imparare a stare in mezzo agli altri. Affari di cuore Siate un po’ più spontanei per vincere la timidezza che da sempre vi frena nelle relazioni con gli altri, le piacevoli sorprese non si faranno attendere. Amicizia & famiglia E’ arrivato il momento di dimostrare chi siete, un nuovo quadrimestre offre molte possibilità di riscatto e voi non attendete altro. Più solerzia nei lavori di casa. Consiglio Ascoltate un album dei Muse. Affari di cuore Siete degli spiriti liberi, ma talvolta libertà è sinonimo di solitudine. Acquistate un po’ di coraggio e vedrete che il rapporto di coppia non è poi così soffocante. Amicizia & famiglia Basta correre da una parte all’altra, le persone hanno bisogno di tempo per svelarsi, date loro fiducia. Consiglio “L’immoralista” Di Andrè Gide, per uscire dagli schemi. Segno del mese Pesci Pesci Affari di cuore La vitalità e l’ottimismo sono preservati da Urano che vi rende più aperti e disponibili a nuovi incontri, ma attenzione a gestire bene l’entusiasmo. Amicizia & famiglia La luna è astiosa e gli altri attorno a voi sembrano esserne consapevoli, imparate anche voi a limitare, però, gli sbalzi d’umore. Consiglio “Così è se vi pare” L. Pirandello, a teatro, in dvd o da leggere. 20 febbraio - 20 marzo
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