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GENNAIO - FEBBRAIO 2010 SPECIALE Acqua: bene pubblico o privato? AMBIENTE Copenaghen: racconto dell'altro vertice CINEMA Penelope, diva da “Otto e ½” ISSN 2035-701X “Poste Italiane. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Torino n° 1 Anno 2010”- € 1,20 GIOVANI CRITICI RUBRICHE BACKSTAGE IERI ACCADRÀ SEGNALIBRO GIRA LA MODA INTERNET VOTI NOTI FORUM 16 BENVENUTO IN ITALIA Immigrazione: la rivolta di Rosarno 22 TROPPO PIGRI PER SALVARCI Emergenza clima: cosa è cambiato dopo il vertice di Copenaghen? 24 ENERGIE UNDERGROUND 36 Le periferie viste da Botto&Bruno FRULLATO GUSTO FOTOGRAFIA Tanti segreti per rendere unici i vostri scatti NINE, UN MUSICAL 42 DA 8 E ½ L’anteprima più attesa dell’anno MIAOOOO! Dietro le quinte di “Cats” COSTUME E SOCIETÀ L’ONDA VERDE DELL’IRAN Un movimento che ha molte facce 50 PROGETTI E IDEE PER CRESCERE PartecipAzione PICCOLI FANTASMI DI RIO Viaggio dentro alle favelas del Brasile 52 TITOLI NUOVI, TENDENZE ANTICHE Se le nuove uscite vanno al macero MUSICA 32 44 WELCOME TO PECHINHAGEN Il diario di viaggio di una partecipante 27 30 39 APPUNTAMENTO CON L’EMERGENTE! A caccia di nuove proposte tra locali e Myspace …E VISSERO FELICI E CONTENTI Una visita guidata nel mondo delle fiabe SEMPLICEMENTE, DENTE Intervista col cantautore indie-pop Inchiesta ACQUA AZZURRA, ACQUA CARA 18 Grazie al Decreto Ronchi la privatizzazione dell’acqua in Italia è ormai realtà. Se i benefici sono così tanti, perché Paesi come la Francia tornano al pubblico? 56 58 APPUNTAMENTI Le date da non perdere 60 CRUCIRIPASSO Questo mese… ricreazione! 62 genaio - febbraio n°1 Direttore responsabile Renato Truce Vice direttore Lidia Gattini Coordinamento di redazione Eleonora Fortunato Segreteria di redazione Sonia Fiore Redazione di Torino Valeria Dinamo corso Allamano, 131 - 10095 Grugliasco (To) tel. 011.7072647 / 283 - fax 011.7707005 e-mail: [email protected] Redazione di Genova Giovanni Battaglio e-mail: [email protected] Redazione di Roma Simona Neri, Matteo Marchetti via Nazionale, 5 - 00184 Roma tel. 06.47881106 - fax 06.47823175 e-mail: [email protected] Hanno collaborato Giovanni Battaglio, Patrizia Battaglio, Stefania Benetti, Roberto Bertoni, Fiammetta Bertotto, Marco Billeci, Lorenzo Brunetti, Andrea Boutros, Maria Elena Buslacchi, Giulia Cerino, Annalisa Citoni, Chiara Colasanti, Emanuele Colonnese, Giorgio Comola, Mario Coppola, Daniela Vitello, Alessandra D’Acunto, Isabella Del Bove, Chiara Falcone, Paolo Fornari, Benedetta Gaino, Marzia Mancuso, Matteo Marchetti, Francesca Marrollo, Caterina Mascolo, Benedetta Michelangeli, Serena Mosso, Elena Prati, Luca Sappino, Samuele Sicchio, Jacopo Zoffoli. Direttore dei sistemi informativi e multimediali Daniele Truce Impaginazione Giorgia Nobile, Gianni La Rocca Illustrazioni Alessandro Pozzi Fotografie e fotoservizi Circolo di Sophia, Massimiliano T., Fotolia, Agenzia Infophoto, Giulio Sciarappa. Sito web: www.zai.net Francesco Tota Editore Mandragola Editrice società cooperativa di giornalisti via Nota, 7 - 10122 Torino Stampa Stige S.p.A. - via Pescarito, 110 10099 S. Mauro (To) Zai.net Lab Anno IX / n. 1 - gennaio-febbraio 2010 Autorizzazione del Tribunale di Roma n°486 del 05/08/2002 Abbonamento sostenitore: 10 euro Abbonamento annuale studenti: 7 euro (9 numeri) Servizio Abbonamenti MANDRAGOLA Editrice società cooperativa di giornalisti versamento su c/c postale n° 73480790 via Nazionale, 5 - 00184 Roma tel 06.47881106 - fax 06.47823175 Sorpresi dalla bellissima Penelope Cruz in copertina? È il nostro omaggio a una grande attrice e all’ultima pellicola che ne celebra talento e fascino, “Nine”: i curiosi corrano a pag. 42 per leggere la recensione di Lorenzo, che l’ha vista in anteprima a Roma. Chi, invece, ama sfogliare la rivista pagina per pagina, dopo le consuete rubriche dedicate alle novità in libreria, alla moda e ai “voti noti” del piccolo schermo, troverà tre argomenti di sicuro interesse (da conservare, perché no, anche in vista dell’esame di maturità). A pag. 16 si ricostruiscono i tristi fatti di Rosarno, fine dell’illusione di una pace razziale in Italia; le ripercussioni del decreto Ronchi e la lotta per l’acqua come bene pubblico a pag. 18; la grande sfida ecologica rilanciata dal vertice di Copenaghen, di cui vi offriamo due punti di vista molto diversi tra loro (da pag. 22). Dedicato all’attualità anche il nostro forum, all’interno dei quale i giovani reporter hanno espresso la loro opinione sull’introduzione del tetto del 30% di immigrati nelle classi. Pausa musicale con le band emergenti recensite per noi da Chiara (pag. 30) e con l’intervista a Dente, cantautore indipendente a modo suo (pag. 32), mentre con i giovani critici ci immergiamo nel concorso “Vivere di periferia”, giunto alla sua fase culminante: dal 1° gennaio si sono infatti aperte le iscrizioni, che scadranno il 28 febbraio. Ospiti d’eccezione di questo numero sono Botto&Bruno, duo di artisti torinesi noti a livello internazionale per il loro bellissimo e innovativo lavoro fotografico sulle periferie, di cui a pag. 36 vi proponiamo un assaggio. Elena subito dopo ci dà tante dritte su come dare quel tocco in più anche ai nostri scatti (tenete conto dei suoi consigli se volete partecipare al concorso con una sequenza fotografica!). Un tuffo in Iran nell’ultima sezione del giornale, dove Giulia analizza il movimento di protesta dell’Onda Verde (pag. 50); Fiammetta, invece, ha studiato per noi la breve vita dei nuovi libri sfornati ogni giorno dalle case editrici: che fine fanno tutti questi volumi se poi in Italia nessuno li legge? Da non perdere, a pag. 52, il racconto di Martina, che si è spinta fino alle favelas di Rio per documentare le terribili condizioni di vita in cui sono costretti milioni di bambini. Buona lettura! In collaborazione con: La rivista è stampata su carta riciclata E 2000, Cartiere Cariolaro Questa testata fruisce dei contributi statali diretti della legge 7 agosto 1990, n. 250. Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Centro Unesco di Torino Sponsor: Col contributo di: In associazione con: Col patrocinio di: Con la partecipazione di: Media partner: GE A ST K C BA Hanno contribuito a questo numero: Alessandra D’Acunto Serena Mosso 20 anni, vive a Roma, dove frequenta l’università di Tor Vergata, corso di laurea in Lettere. Il suo sogno è diventare giornalista di moda (non a caso è sua la rubrica più fashion del nostro giornale). Le altre grandi passioni sono il pianoforte e i bambini dell’Acr, Azione Cattolica Ragazzi, cui fa da educatrice. E’, inoltre, impegnata in una piccola compagnia teatrale, che allestisce spettacoli a livello amatoriale. 18 anni, direttrice del giornale del Liceo “Manara” di Roma, adora gli anni '70 e il rock. Suona la chitarra elettrica, legge molto, recita, scrive racconti, ride e si interessa a qualunque forma d'arte, che sfrutterà da grande per cambiare il mondo. La sua frase del momento è di Jimmy Page dei Led Zeppelin: "Tanto di cappello a chiunque fa ciò in cui crede e rifiuta di compromettersi". Elena Prati Vive in un microcosmo tutto suo e la maggior parte delle volte in cui esce, lo fa per combinare disastri. Neomaggiorenne di Alessandria, non vede l’ora di finire il liceo e iniziare l’avventura universitaria, nonostante sia ancora incastrata nel tornado della scelta della facoltà. Se potesse non si fermerebbe nemmeno per dormire, per questo motivo ha fatto sua la frase “I’ll sleep when I’m dead” del mitico Bon Jovi. Con la scoperta della fotografia, ha trovato il mix espressivo perfetto e nessuno più la ferma. Chiara Colasanti Andrea Boutros È l’inviata speciale di Zai.net per la musica emergente e si diverte un mondo a fare la nostra talent scout. La passione in quest’ambito l’ha spinta persino ad attraversare l’Oceano Atlantico e a continuare la caccia delle band più cool negli States (l’oroscopo è pieno dei suoi consigli!). Nel tempo libero, studia Mediazione Linguistica all’Università di Perugia, dividendosi tra il capoluogo umbro e la sua città natale, Terni. 16 anni, genovese, è al terzo anno del liceo scientifico “Cassini” ed è entrato da poco a far parte della redazione di Zai.net. Ama molto scrivere di attualità, ma non perde mai l’occasione per parlare delle sue origini egiziane, cercando sempre di approfondire le abitudini, gli usi e le tradizioni dei nostri corrispondenti del Nilo (senza tuttavia tralasciare gli avvenimenti degni di nota). Adora viaggiare, conoscere nuova gente e fare esperienze che lo aiutino a crescere. Giulia Crovo Questa simpatica diciottenne di Rapallo frequenta l'ultimo anno dell’Istituto Tecnico per ragionieri della sua cittadina. Ama molto leggere, ma scrivere è da sempre la sua più grande passione: tra i suoi progetti futuri c'è proprio quello di diventare giornalista e di viaggiare per poter conoscere quante più culture possibile. Nel frattempo si esercita sulle nostre pagine proponendoci ogni mese articoli e recensioni. IER IA CC AD RA ’ A cura di Isabella Del Bove, 18 anni Notizie serie e curiose selezionate dai calendari del passato FEBBRAIO 2004 Nasce Facebook 6 14 FEBBRAIO 2000 L'ultima striscia dei Peanuts appare sui quotidiani il giorno dopo la morte di Charles M. Schulz 19 FEBBRAIO 1985 William Schroeder è il primo paziente dotato di un cuore artificiale a lasciare l'ospedale FEBBRAIO 20 1908 A Milano viene inaugurata la Borsa 11 FEBBRAIO 49 a.C. Gaio Giulio Cesare oltrepassa il fiume emiliano Rubicone, recitando la celebre frase: "Alea iacta est" 14 FEBBRAIO 1929 Strage di San Valentino: Al Capone stermina la banda rivale di Bugsy Moran FEBBRAIO 2002 È il cosiddetto giorno "palindromo": la data 20/02/2002 può essere letta da sinistra verso destra, o da destra verso sinistra 2003 Muore la pecora Dolly, il primo mammifero frutto di clonazione 28 1978 La Cina mette all'indice le FEBBRAIO 2002 La Lira italiana cessa di avere corso legale, sostituita dall'euro opere di Shakespeare, Aristotele e Charles Dickens, la cui lettura diviene pertanto proibita 17 FEBBRAIO 1867 La prima nave attraversa il Canale di Suez FEBBRAIO 4 O IL BR A N G SE A cura di Marzia Mancuso, 17 anni CHE LA FESTA COMINCI OSCURI PERSONAGGI CHE RIEMERGONO DALLE VISCERE DELLA TERRA; STOLIDI ZOTICONI ARRICCHITI INTENTI A CELEBRARE IL PROPRIO TRIONFO TRA VELINE, CALCIATORI E INTELLETTUALI BORIOSI. SULLO SFONDO UNA ROMA CHE NON È MAI STATA COSÌ NOIR uesto mese abbandoniamo i classici per una breve, ma mi auguro proficua, immersione nel bacino delle ultime uscite. Le vacanze di Natale sono uno dei pochi periodi – a parte quelli in cui è prevista l’uscita di un qualche bestseller adolescenziale – in cui vedo aggirarsi nella piccola libreria della mia città qualcuno che non siamo io e le commesse. Ma cosa può avermi spinto a mettere in pausa il sanissimo proposito di rendere più vivi i miei studi di letteratura (nel 2009 ci siamo lasciati con I dolori del giovane Werther)? La risposta è negli occhi di un animale grassoccio, parzialmente immerso nell’acqua, che mi osservava dallo scaffale delle ultime uscite. Si tratta dell’ippopotamo dallo sguardo scettico (non chiedetemi come faccia un ippopotamo ad assumere un’espressone scettica, fatto sta che questo ce l’ha) che occupa la copertina dell’ultimo libro di Niccolò Ammaniti. Come si può resistere ad un ippopotamo scettico e ad Ammaniti insieme? Lo compro. Che la festa cominci, edito da Einaudi collana Stile libero, abbandona lo scenario della provincia nordica e industriale di Come dio comanda, nebbiosa e inquietante, per trasferirsi in una capitale non meno nera e addirittura “demoniaca”. Oltre che nella variazione dello sfondo, la differenza con l’opera precedente si riscontra nel tono profondamente diverso assunto dalla narrazione: molto meno serio, in cui predomina quell’umorismo a tratti nerissimo che, da sempre nelle corde di Ammaniti, aveva trovato sino ad ora uno spazio piuttosto ridotto. Un umorismo che non sfugge a chi Q abbia letto articoli o interviste dello scrittore e che pare abbia causato qualche perplessità nella critica, ma che personalmente apprezzo molto. La Roma festaiola di quest’ultimo romanzo si presenta al lettore con il sorriso stolido e poco spontaneo di veline e calciatori, vip di varia natura, intellettuali boriosi, zoticoni arricchiti e palazzinari affetti da delirio di onnipotenza. È un sorriso divenuto quasi diabolico, che ricorda quello del pagliaccio mostruoso di King, quando entrano a far parte della trama gli strani e obesi abitanti delle catacombe sotto Villa Ada e una sgangherata setta satanica emula di Charles Manson. Una straordinaria accozzaglia di personaggi tra i più disparati e di eventi solo apparentemente scollegati compone e anima la trama del libro, la cui forza centrifuga ha il suo punto nodale proprio nella festa che ispira il titolo: un evento faraonico, organizzato come celebrazione a se stesso dal palazzinaro mafioso Sasà Chiatti. Non è difficile intuire che l’intera storia, per quanto assurda, sia un richiamo grottesco all’attualità, a partire dalla variegata e italica fauna dei personaggi, naturale abitatrice di talk show, industrie, Parlamento e attici in centro. Tale marmaglia eterogenea si riversa oltre le mura di Villa Ada, location del super party, per offrire al lettore la più ridicola, penosa ed egocentrica immagine di sé. Libro consigliato agli amanti degli ippopotami scettici e, in particolare, a chi voglia affrontare con un po’ di allegria e sano cinismo questo nuovo anno nel bel (?) Paese. CHE LA FESTA COMINCI di Niccolò Ammaniti Einaudi Stile Libro, 18 euro LA A A R GI OD M A cura di Alessandra D’Acunto, 19 anni GOSSIP GIRL FOREVER IL NOSTRO TOUR IN GIRO PER LE CAPITALI DEL FASHION SYSTEM SI SPINGE NELLA MEGALOPOLI PIÙ CHIACCHIERATA DEL MONDO: NEW YORK. SARÀ IL LOOK DEGLI ESTROSI PERSONAGGI DI “GOSSIP GIRL” A FARCI DA GUIDA rogrammare un viaggio negli Usa spesso appare, nell’immaginario collettivo, un’impresa omerica, di quelle che si compiono una volta nella vita e per le quali si temporeggia, aspettando il momento giusto, o una grande occasione. Pochissimi sono, infatti, i ragazzi della nostra età che hanno visitato la Grande Mela, simbolo di successo e ricchezza. Attraverso, però, il mezzo di comunicazione per eccellenza, la Tv, tutti abbiamo un’idea piuttosto definita del lifestyle del Nuovo Mondo, in particolare grazie alla proficua produzione cinematografica e alle innumerevoli serie televisive. Ultimamente un telefilm di nome Gossip Girl, che racconta i pettegolezzi di un gruppo di liceali dell’Upper East Side, nel cuore di Manhattan e del lusso, ha spopolato in tutta Europa riecheggiando il successo che ebbe Beverly Hills 90210, ambientato a Los Angeles, negli anni ’90. Si può dire che Gossip Girl abbia lanciato non una sola tendenza, ma delle vere P e proprie mode a seconda dei personaggi d’ispirazione, portati a sfoggiare un gran numero di abiti diversi per via di quotidiane occasioni mondane. La “reginetta” Blair Waldorf, famosa per i suoi party a tema, ha scatenato un amore sfrenato per gli accessori, in particolar modo per i cerchietti e le fasce per capelli, rigorosamente infiocchettati. Quello di Blair è uno stile molto elegante e raffinato, sempre adatto all’occasione, composto e mai volgare, seppure stravagante: basti pensare che, in una scena, ha indossato impermeabile arancione e calze gialle! Interessante, per altri versi, è la figura di Jenny Humphrey. Pur abitando a Brooklyn e non essendo ricca come Blair, Jenny è altrettanto invidiata e riesce a entrare in competizione con lei perché ha stile da vendere. La piccola Humphrey segue tendenze più casual e a volte trasgressive, senza indugiare di fronte a calze a rete e mini dai colori accesi, oppure a kilt e stivaletti stringati. Gossip Girl rappresenta un variopinto affresco dei gusti e delle tendenze giovanili: appassionati di shopping, non perdetevi la terza serie! A cura di Lorenzo Palaia, 19 anni IN TE RN ET Duemiladieci: fine degli anni zero o anno zero? I (nostri) buoni propositi per l’anno nuovo nche il web dà il suo giudizio su questo pezzetto di storia che si sta chiudendo. Analisi più o meno nostalgiche degli avvenimenti accaduti si susseguono nei blog, nei vari gruppi nati nei social network, accompagnate da sintesi dissacranti e pessimistiche che a volte non lasciano spiragli di speranza nemmeno per l’anno appena iniziato. In effetti, il simbolo che su più di un sito viene usato per rappresentare questa epoca è proprio lo zero: un grande ovale completamente vuoto, come è vuoto il nostro portafogli di valori andati in crisi, materialmente prosciugato dalla depressione economica (e col 2010 si chiude la serie degli “anni zero”: 02, 03, 04...). Un decennio di catastrofi, insomma, ancora più in declino degli anni Novanta, tanto che gli avvenimenti-simbolo citati sono quasi tutti negativi: Bush, Putin, Berlusconi, i mancati accordi sul clima, le calamità naturali, la repressione del G8 di Genova, l’euro, la xenofobia, le guerre, i problemi bio-etici mal risolti, la crisi economica, la politica-spettacolo e lo spettacolo-politica, il tutto aperto con l’attentato dell’11 Settembre e chiuso con le aggressioni a Berlusconi e al Papa. Ma non è tutto nero, perché il decennio è stato segnato anche da una notevole crescita tecnologica che ha influenzato la vita di tutti (basta pensare a Facebook, Google, Youtube e l’I-Pod) e da una buona produzione culturale - nel web impazzano le classifiche per il miglior film, il miglior romanzo…, non disdegnate neanche dalle grandi testate come La Repubblica e Il Fatto Quotidiano. Insomma, se proprio zero deve essere, che almeno sia preceduto, o subito seguito, da un più. a rete, al suo secondo decennio di vita globalizzata, vive un grande momento di espansione. E’ lo strumento di comunicazione decisamente più in crescita, tanto che secondo Highway.it nel nostro Paese il 50% della popolazione dai 15 anni in su usa Internet tutti i giorni o quasi. Non solo: il 10% degli internauti italiani si informa sui blog - quello di Beppe Grillo è il nono più visitato al mondo (!), il primo è Huffington Post. Il successo dei social network, poi, negli ultimi anni è stato planetario, ma accanto a questo convivono gli insopportabili condizionamenti che l’informazione su web ha subito e continua a subire in varie parti del pianeta. Uno specchio della società, ecco che cosa è Internet; ci si trova di tutto: da chi vende a chi compra, da chi racconta a chi è violento e infrange la legge; e in particolare questi ultimi stanno creando non poche polemiche. La discussione sui contenuti illegali o pericolosi in rete sta toccando il punto nevralgico di contatto tra il rispetto della legalità e la libertà di espressione: sono venute a galla in questi giorni le restrizioni previste dalla nuova Legge su internet e tv, come il rispetto del diritto d’autore anche per i video che vanno su Youtube. Di questo e di altre questioni parleremo nei prossimi numeri. Tenteremo di capire come Internet si sta organizzando per porsi accanto ai bisogni e ai desideri della società del nuovo decennio, senza ovviamente trascurare di esaminare i siti di interesse socio-culturale offerti dal web (come abbiamo sempre fatto). Porremo, poi, particolare attenzione a fenomeni come il giornalismo partecipativo, che caratterizzano e migliorano qualitativamente il web ormai da tempo, e che sono sempre più in crescita nella comunità degli internauti. A L TI O N TI VO A cura di Lorenzo Brunetti, 19 anni PARADOSSI CATODICI TRA SENTIMENTALISMO VOLGARE E INTRATTENIMENTO TRASH, BARBARA D’URSO, SEDICENTE ICONA GAY DELLA TV TARGATA “5”, È RIUSCITA A SUSCITARE L’INDIGNAZIONE DELLA COMUNITÀ DI CUI SI PROCLAMA PROTETTRICE a televisione italiana è la peggiore d’Europa e su questo non ci piove. Ma ho sempre pensato che il buonismo e la bigottagine dei palinsesti nostrani potessero paradossalmente avere un lato positivo: se è vero che ogni sperimentazione innovativa sul piano stilistico e del linguaggio è considerata totalmente impraticabile (con la convinzione che al pubblico, che continuiamo ad identificare con l’asticella dei grafici auditel, non bisogna dare nulla di più di ciò che si aspetta), speravo almeno che questo atteggiamento potesse essere un freno anche per la pericolosa “deriva cinica” del trash. E invece no, e Barbara D’Urso ne è la prova. Dopo aver presentato il Grande Fratello (ma alla Bignardi lo abbiamo perdonato…), è stata la madrina, con scarsissimo successo, del reality La Fattoria, finendo per approdare all’edizione italiana del format internazionale Lo Show dei Record. La bella signora si è divertita a presentare al pubblico l’uomo più basso del mondo (un ragazzo di 24 anni affetto da una grave malattia che lei L Voto 1 Barbara D’Urso coccolava come fosse un neonato) accompagnato dall’uomo più alto; la donna con il seno più grande (un’afroamericana affetta da una deformazione fisica alla quale la D’Urso ha fatto battute del tipo “chissà com’erano contenti i tuoi compagni di classe!”), oltre a una serie di squilibrati mentali (vi cito solo un uomo che si è sottoposto a una serie di interventi chirurgici per assomigliare il più possibile ad un gatto). Ditemi se questo non è cinismo trash. Ma era solo l’inizio. Di lì a poco Barbara D’Urso è diventata la signora incontrastata del palinsesto di Canale5: Mattino5, Pomeriggio5, Domenica5… un incubo! Dopo la serie di simpatiche trasmissioni che finiscono tutte con “5”, però, ha cominciato a pretendere di occuparsi (tra una tetta e un fondo schiena) di approfondimento giornalistico. E così si sono incontrati i grandi mali della televisione italiana: l’intrattenimento trash e il sentimentalismo volgare. Domenica5 inizia sempre con un dibattito sui temi più vari, che spaziano dai casi di attualità al costume, con gli interventi di qualificati opinionisti come Alba Parietti, Alessandro Cecchi Paone e Rosita Celentano, mentre Vittorio Sgarbi è arbitro della discussione. Trans e omosessualità sono tra gli argomenti preferiti, perché più di altri si prestano a scatenare bassissimi dibattiti rissosi a sfondo omofobo. La D’Urso, nonostante sia la voce del regime, continua a dirsi vicina alla causa omosessuale e ad autoproclamarsi icona-gay. Ma lo fa con frasi incredibilmente idiote e discriminatorie tipo: “io adoro i gay!”, e la comunità gay si è stancata. Sul sito gaywave.it si legge: «La conduttrice ha stancato con tutti questi proclami di affetto verso la comunità lgbt, dal momento che si sono rivelati poco sinceri se diamo un’occhiata al modo in cui ha lasciato che gay e trans venissero tranquillamente offesi durante le sue trasmissioni. (…) Durante l’epica lite sull’omofobia scatenata da una frase del cattolico Maurizio Ruggiero, il quale dall’inizio del dibattito ha apostrofato i gay con epiteti come “sodomiti”, la signora D’Urso ha lasciato correre aspettando la rissa per risollevare gli ascolti del suo contenitore (…). Io sono pazza di gioia: del fatto di essere la signora della domenica, ma soprattutto di essere diventata un’icona gay, come Raffaella Carrà ha dichiarato Barbara ad un settimanale. Amerai pure i tuoi collaboratori gay, come hai avuto modo di dire nell’intervista, ma la tua indifferenza fa più male degli insulti che ci lanciano. Pertanto, aspetta a nominarti icona gay e ad equipararti alla Carrà!». M RU FO A cura di Jacopo Zoffoli, 20 anni IMMIGRATI: UNA MEDICINA AMARA DA DILUIRE? IL TETTO DEL 30% DI STRANIERI NELLE CLASSI SERVIRÀ A FAVORIRE L’INTEGRAZIONE – COME NELLE INTENZIONI DEL MINISTERO – O DI FATTO CREA UNA DISCRIMINAZIONE? ECCO LE OPINIONI DEI NOSTRI LETTORI Cosa ci aspetta in futuro? Considerando il punto di partenza, la proposta leghista di creare delle classi per soli immigrati – con la scusa che così possono imparare meglio l’italiano e apprendere i nostri costumi, magari conversando col compagno senegalese o col vicino di banco ucraino – verrebbe quasi da plaudire alla proposta gelminiana di un tetto del 30% di studenti stranieri in ogni classe. Questa proposta, al di là delle considerazioni sul razzismo che qualcuno ha formulato, è però inattuabile, dato che oggi ci sono già molte classi con ben più del 30% di studenti stranieri. Che facciamo? Li cacciamo via, anche se sono regolari e perfettamente integrati? Spiega a “la Repubblica” la preside Chiara Conti (dirigente della scuola elementare di via Narcisi a Milano): “Scuole come la mia elementare di via Narcisi, dove il 60 per cento dei ragazzini sono stranieri, sono il futuro. Nelle classi trovo quella società colorata e armoniosa che da ragazza avevo osservato per la prima volta, con stupore, sulla metropolitana londinese”. Come se non bastasse, sempre su “la Repubblica”, Stefano Merlini (docente di Diritto costituzionale a Firenze), aggiunge: “Questa disposizione è lesiva dell’autonomia della scuola e della libertà d’insegnamento, garantiti dai primi due commi dell’articolo 33”. E ancora: “L’intervento del ministro dell’Istruzione rischia anche di violare gli articoli 2 e 3 della Costituzione. Rischia di essere una norma discriminante”. Infine: Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini nell’insolita veste di “maestrina” “Questi atteggiamenti centralisti e neoautoritari mi pare contrastino nettamente con lo sviluppo del federalismo così caro alla maggioranza di governo”. Non pretendiamo che la Gelmini ascolti i consigli degli avversari, ma almeno per Schifani (esponente del suo partito e Presidente del Senato) potrebbe fare una piccola eccezione. Schifani ha detto saggiamente che non si deve toccare la prima parte della Costituzione. Dopo le classi per soli stranieri e il tetto del 30%, si aspettano nuove proposte. Tanto la scuola pubblica è uno “stipendificio”, un “Ente inutile”. O no? Di Roberto Bertoni, 19 anni A quando il “30% di persone castane”? Articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: “Ogni individuo ha diritto all'istruzione”, “l’istruzione deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra [..] i gruppi razziali e religiosi”. Questa legge di certo non favorisce integrazione o tolleranza. Oltretutto è stata proposta dalla Lega, che come sappiamo non è esattamente un movimento attivista in favore dell’inserimento degli immigrati. La percentuale di studenti stranieri non favorirà alcuna integrazione, servirà soltanto a assegnare una categoria A o B ai cittadini, a decretare quanti “diversi” possono essere ammessi nei ristretti gruppi delle classi. Inoltre, il numero di immigrati aumenterà sempre di più, mentre le classi diventeranno sempre meno e con un maggior numero di studenti per favorire i tagli. Cosa facciamo, ci inventiamo dal nulla nuove classi in cui smistare i vari 30% che avanzano da quelle 15 esistenti? Di questo passo non ci resta che aspettare il momento in cui diranno che la percentuale massima di persone castane per classe è del 30% in favore del 70% di gente bionda. I veri problemi della scuola non sono le classi degli immigrati, sono i tagli finanziari e al personale, gli edifici maltenuti, la qualità negata, i servizi negati. Si sa, lo si ripete da mesi. Quello degli immigrati è una tematica minore, la fretta con cui si cerca di ovviare alla loro collocazione e “integrazione” e la risonanza con cui se ne parla sui media sono solo un comodo modo per mascherare i veri danni perpetrati nell’ombra dal governo. Di Serena Mosso, 18 anni Non bocciamola subito La mia visione filantropica della vita mi porterebbe a rifiutare una scelta del genere da parte del mio Paese. Tuttavia vi è anche una visione realistica che spesso fa capolino tra i miei pensieri, infatti a mio avviso è vero che avere molti stranieri in classe, intendendo per stranieri però coloro che non parlano la lingua italiana, può essere difficoltoso per il normale svolgimento delle lezioni. Bisogna comunque fare attenzione che questo atteggiamento non venga amplificato fino all’esaltazione! Per esempio non trovo né corretto né produttivo introdurre classi solo per stranieri, perché l’italiano si impara solo a contatto con altri italiani, perciò, almeno da un lato, l’idea del ministro Gelmini è positiva. Forse la cosa migliore da fare, per evitare che si rallenti troppo il ritmo della classe, sarebbe un test selettivo per poter smistare gli allievi stranieri nelle classi a loro più adatte. In questo modo i numerosi stranieri che, vivendo nel nostro Paese ormai da tempo, parlano un italiano corretto non verrebbero danneggiati o penalizzati. In cuor mio, però, spero che tutti questi provvedimenti non nascondano ideali più radicali e meno nobili. Di Cristina Fiandaca, 18 anni Preservare le identità di ciascuno Quando si affrontano temi delicati come quello dell'integrazione, la prima cosa da fare è liberarsi da pregiudizi di ogni genere sorta. Ciò che dovrebbe interessare noi italiani, visti il momento storico, l'anacronismo e l'infondatezza delle teorie che vorrebbero bloccare totalmente l'immigrazione verso l'Italia e l'Europa, è far sì che gli extracomunitari si integrino nella società italiana condividendone e rispettandone usi, costumi, lingua, tradizioni, insomma quelle istituzioni che costituiscono la nostra identità. Per raggiungere un simile risultato occorrerebbe che ogni classe fosse organizzata in modo tale da rispettare i bisogni, le capacità, i tempi di apprendimento di ciascuno. Perciò, a mio modo avviso, quello che ci vorrebbe nella scuola è una separazione, a livello di composizione delle classi, fra gli allievi italiani e quelli extraeuropei: agli italiani sarebbe garantito il diritto all'istruzione con i ritmi e i tempi che sono permessi in una classe composta da individui dotati già degli stessi mezzi basilari MINIMI per l'apprendimento (conoscenza della lingua e della scrittura), agli extracomunitari il rispetto doveroso della loro identità (sempre nell'ambito di un percorso che porti all'integrazione). Per gli allievi immigrati e provenienti da realtà e culture completamente diverse, occorrerebbe inoltre garantire insegnanti madrelingua, da affiancare agli insegnanti italiani, in modo da favorire sia la conservazione della propria identità linguistica e culturale, sia l'integrazione con quella della società italiana che li ha accolti. Di Samuele Sicchio, 20 anni Non sono una medicina amara! Secondo il ministro della Pubblica istruzione Mariastella Gelmini è necessario porre un tetto massimo del numero di studenti immigrati per classe, che non dovranno superare il 30%. Gli immigrati probabilmente non conoscono ancora alla perfezione la lingua e quindi hanno bisogno di maggiori attenzioni da parte dell'insegnante, attenzioni che verrebbero sottratte agli studenti italiani in loro favore; infine la loro “diluizione” in più classi potrebbe favorire l'integrazione degli stranieri. Perché dovrebbero essere “diluiti”? Mica sono una medicina amara che si è costretti ad assumere! Esistono ragazzi immigrati, come italiani, che non hanno grande interesse per l'istruzione e preferirebbero poter lavorare, ma esistono anche stranieri che vedono nell'istruzione una possibilità di crescita sociale e di riscatto. Le possibilità d'integrazione non vengono ridotte se ci sono più stranieri nella stessa classe perché l'integrazione non avviene solamente tra italiani e stranieri ma anche tra stranieri e stranieri; bisogna infatti riconoscere che l'Italia del futuro non sarà composta solo da “Italiani DOC” ma è già e sarà sempre più multiculturale e quindi l'integrazione dovrà avvenire anche tra immigrati e immigrati. Le attenzioni che gli insegnanti rivolgono agli stranieri possono giovare anche ai compagni, che in questo modo senza dover lasciare il paese possono conoscere altre culture anche molto differenti. In che modo è stato deciso che il 40% è troppo il 20% è troppo poco mentre il 30% è il numero giusto? Se una legge simile entrerà in vigore sarà palese che non esistono uguali diritti; bisognerebbe promulgare anche una legge che limita il numero di belle ragazze per classe perché distraggono l'attenzione dei coetanei? Di Nicole Michelin Salomon, 17 anni Immigrazione 16 BENVENUTO IN ITALIA LE VIOLENZE IN CALABRIA CI FANNO ANCORA UNA VOLTA RIFLETTERE SULLA NOSTRA ARRETRATEZZA RISPETTO AI PROBLEMI DELL’IMMIGRAZIONE. CON UNA DOMANDA IN PIÙ: PERCHÉ SI SPARA CONTRO I NERI E NON CONTRO LA ‘NDRANGHETA? di Matteo Marchetti Italia brucia. La buona, sana, laboriosa Italia di provincia brucia. Ad appiccare l’incendio, manco a dirlo, i soliti immigrati. Abitanti di tuguri, incivili, sporchi. Negri. Violenti, sfaccendati, pericolosi. Negri. Stranieri, braccianti, sfruttati. Negri, per l’appunto. Rosarno, provincia di Reggio Calabria, per un giorno Alabama, terra d’origine e proliferazione del Ku Klux Klan. È il 7 gennaio, le vacanze di Natale sono appena finite. Solo che quest’anno l’Epifania, oltre alle feste, sembra portarsi via tutte le illusioni che hanno popolato questi anni. La rivolta esplode nel primo pomeriggio, un corteo e poi un saccheggio, auto bruciate, barricate. Dagli abituri che straripano di umanità disperata erutta una colata di rabbia cieca. I braccianti, clandestini e sottopagati, anziché tornare a chinare il capo di fronte all’ennesima mattinata di reclutamento caporalesco, escono in strada e distruggono tutto. Rapida la reazione della popolazione: fucili a pallini e bastoni, si spara nelle strade e nei campi. Basta che tu sia nero e il tuo destino è segnato. L’ Mancavano solo pece, piume e cappi per impiccare i negri ai lampioni, poi sarebbe stato tutto una cartolina degna del peggior Deep South americano, dove i linciaggi pubblici (approvati dalle autorità) sono cessati poco più di cinquant’anni fa. Praticamente ieri. E poi dicono che gli immigrati distruggono le tradizioni… Nelle reazioni sta tutto l’ennesimo, gravissimo fallimento della politica. «È colpa della sinistra e del suo buonismo», «No, della destra e del suo immotivato autoritarismo, del clima di intolleranza costruito da due anni di sparate contro i clandestini». Un po’ e un po’, in fin dei conti. A Rosarno si è dimostrato, una volta di più, che l’Italia sull’immigrazione è ancora in mare aperto: mentalmente siamo ancora alla prima ondata, a quando gli stranieri arrivavano alla spicciolata, pochi per volta; purtroppo, però, siamo da tempo entrati nella seconda generazione, gli immigrati, regolari e non, sono ormai quasi dieci milioni e noi siamo ancora qui a discutere se sia giusto o meno farli entrare. Manca una visione politica di lungo periodo, comune alle varie tendenze che vogliono governare il Paese, o almeno sostengono di volerlo fare. Pensare che le persone arrivino in una città, sgobbino per 17 Manifestazione antirazzista a Roma; a fianco, intolleranza a Napoli quanto serve e poi spariscano dalla nostra vista è ridicolo; l’idea che, stretti dalla fame e attanagliati dal desiderio di “fare fortuna”, aspettino compostamente in fila che il padroncino di turno ne richieda l’importazione al Ministero è una favola. I clandestini esistono da quando esistono le frontiere, e non sarà certo la faccia feroce di Bobo Maroni a cancellarli. Il centrodestra è fermo al filo spinato, alla cultura dei muri, alla limpieza de sangre, a un’idea di società bianca e cristiana, monolitica e immutabile, senza ricordare che l’Italia è stata una società monoetnica non per scelta o abilità politica, ma suo malgrado: era un Paese da cui si andava via, non dove si cercava di entrare. Guardando dall’altra parte, però, si è forse ancor più preda dello sconforto. Incuranti delle varie “svolte”, dei cambiamenti di nome, di simboli, di riferimenti culturali, le teste di buona parte della sinistra italiana sono rimaste al Pci e alla sua incrollabile fede – di derivazione marxista – nell’inarrestabile evoluzione positiva delle società. Ehi, gli italiani hanno imparato (?) a non essere fascisti, che non bisogna sparare nelle strade per vincere contese ideologiche, che la flessibilità è un’incancellabile condizione del lavoratore moderno, impareranno pure a non essere razzisti, no? No, purtroppo: la società italiana ha imboccato la direzione opposta a quella auspicata. Gli anni Novanta hanno portato due novità nella vita degli italiani: da una parte, il lavoro assumeva forme nuove, meno garantite, arrivava la “delocalizzazione” a ridurre le tutele e i salari; dall’altra, cominciavano ad affacciarsi “gli altri”. In mancanza di un’elaborazione politica, come evitare che si identificasse la prima novità (disoccupazione, chiusura di fabbriche, concorrenza al ribasso sul mercato del lavoro e dei salari) con la seconda? Ah, dite che non era possibile evitarlo? Infatti è successo. Nella testa del cittadino medio, del famoso “uomo della strada” – di cui ci si cura solo quando si vuole far piombare il livello dialettico della politica a bassezze indegne di una rissa da incrocio stradale – sono stati loro, i “negri” oggi e i rumeni non più di cinque minuti fa (il bersaglio cambia a turno), a rovinare tutto. Prima avevamo posti vitalizi, stipendi in continua crescita, sindacati potenti. Ora, non abbiamo più certezze, i nostri quartieri sono preda di criminalità e delinquenza (vagli a spiegare che negli anni Settanta quegli stessi quartieri erano teatro di sparatorie fra spacciatori e polizia o fra terroristi politici), le nostre figlie sono preda di lazzi e nei casi più drammatici di stupri. E come ha risposto la sinistra, quella forza che si riempie la bocca di parole come “popolo”, “gente”, “lavoratori”? Facendo la faccia dolce, distribuendo ganascini e buffetti paternalistici. Voi non capite, è stato detto a tutti quei camerieri, muratori e braccianti che di colpo costavano troppo (rispetto a un clandestino, un italiano chiede almeno il triplo del salario); questo è il futuro. Infatti, nelle sue non frequenti comparsate al governo la sinistra non ha fatto praticamente nulla, certa che, aspettando sul ciglio della strada, presto o tardi la soluzione sarebbe arrivata a passo di carica. Anzi, ancora peggio: ha cercato di spiegare che il clandestino, in realtà, è buono, immacolato, perfetto, mescolando teoria del “buon selvaggio” di Rousseau e italica faciloneria. In fin dei conti, non si sa chi sia stato più carico di pregiudizi. È più razzista la destra che dipinge un’orda pronta a distruggere il nostro Paese o la sinistra che sembra convinta che l’unica possibile salvezza passi per gli stranieri? In attesa dell’ardua sentenza, che ovviamente e banalmente toccherà ai posteri, possiamo vedere chi razzista lo si è ampiamente dimostrato. La rivolta di Rosarno è stata scatenata dal ferimento di un africano (regolare, per giunta) a colpi di piombini, probabilmente da parte di un sicario della criminalità organizzata che gestisce il caporalato agricolo. Come già a Castelvolturno (Na) nel 2008, sono i “negri”, gli “inferiori”, a ribellarsi. Basta soprusi, basta mafia, qui spacchiamo tutto. E la gente, il popolo, anziché andare a ingrossarne le file, si mette a sparargli contro. Di colpo, quei clandestini che buona parte del paese ha sfruttato (nei campi, nelle case) come manodopera a bassissimo costo, quegli africani che fino al giorno prima non davano nessun problema, andandosi a rintanare nei loro tuguri subito dopo il lavoro, di colpo queste persone diventano il nemico. Si sono ribellati ai caporali, e dunque alla ‘ndrangheta. Vanno puniti. Sarebbe stato meglio se non fossero mai venuti, dicono tutti. Pochi giorni dopo la rivolta, un corteo, partecipato anche da molti membri delle famiglie mafiose locali, cercava di dimostrare che Rosarno non è razzista. Magari non è razzista; molti suoi abitanti, però, si sono dimostrati vigliacchi. I rosarnesi strepitano contro uno Stato che li ha abbandonati nelle mani di feroci guerriglieri tribali, ma tacciono ogni giorno, mentre il loro territorio viene violentato da abusi edilizi di ogni genere e incendi. Cercando notizie su Rosarno, i più si saranno imbattuti in un’agenzia del 21 settembre 2009. Un agguato mafioso aveva spezzato la vita di Antonio Morano, 20 anni, mentre Salvatore Cellini, di anni 19, era stato ferito alla testa. Per quanto la città abbia potuto piangere, nessuno è sceso in strada armato di fucile. Si vede che i killer della ‘ndrangheta non sono negri. Buon per loro, potranno continuare a regnare indisturbati sulla Calabria bianca e cristiana. PS: A proposito di “confusione politica”, il Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che ha passato buona parte del suo incarico a cercare di istituire il reato di clandestinità, ha annunciato che rilascerà regolare permesso di soggiorno ai clandestini feriti nel pogrom. Invisibili di tutta Italia siete avvertiti: basterà farvi sparare nelle gambe per restare in questo bellissimo, accogliente Paese. Primo piano 18 ACQUA AZZURRA ACQUA CARA PASSATO SOTTO SILENZIO, IL DECRETO RONCHI DI FATTO PRIVATIZZA LA RETE IDRICA ITALIANA. «AUMENTERÀ L’EFFICIENZA», DICE IL GOVERNO. SARÀ: PROPRIO A GENNAIO PARIGI HA RINAZIONALIZZATO LA RETE PROPRIO PER LA MALAGESTIONE PRIVATA. E POI L’ACQUA È UN BENE O UN DIRITTO? di Serena Mosso, 18 anni Liceo Classico “Luciano Manara” ancora troppo poco. Ma forse è ora di iniziare a discuterne, quantomeno per sapere in nome di cosa combatteremo le nostre guerre future, siano tra Stati o nostre personali contro carovita e bollette. e si beve qualcosa di insapore, si dice “Non sa di niente, è acqua fresca”. La famosa canzone romana dice “c’hai messo l’acqua nun te pagamo”. Il governo ha risposto a entrambi: per i primi, l’acqua acquisterà un sapore, diventerà “salata”; i secondi probabilmente pagheranno ancora di più proprio per la presenza dell’oro blu. Perché di oro inizieremo a parlare, anzi, già parliamo, dato che la privatizzazione dell’acqua non è una possibilità ma è già realtà da mesi. Una realtà di cui tra “Vallettopoli”, escort, maggiorate del Grande Fratello e statuette del Duomo volanti si è parlato pochissimo, se non per nulla. Di cui, ad ogni modo, il singolo cittadino sa Tutta acqua al mulino dei privati: il decreto Ronchi Il 18 novembre 2009 la Camera ha concesso la fiducia al Governo sul decreto Ronchi, con 320 voti favorevoli e 270 contrari. Tale emendamento riserva ampio spazio alla “promozione dell’ambientalizzazione delle imprese e delle innovazioni tecnologiche finalizzate alla protezione dell’ambiente e alla riduzione delle emissioni” e altri pomposi titoli come “gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche” o “riduzione dell’uso di sostanze pericolose, nonché allo smaltimento dei rifiuti”. Tutti argomenti nobilissimi, dall’apparente intento di voler migliorare la già compromessa situazio- S 19 ne ambientale – compromessa dallo stesso Governo che ha proposto il decreto Ronchi e che, ricordiamo, ha avviato il ritorno del nucleare, per giunta già obsoleto, sul suolo italiano. La fregatura si trova più giù, verso l’articolo 15. Lì, tra un comma incomprensibile e oscure frasi chilometriche, la mente determinata riuscirà a decodificare le procedure per il “conferimento della gestione dei servizi pubblici locali”. Questa è “a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite”, e ancora “a società a partecipazione mista pubblica e privata” che andranno “individuate mediante procedure competitive ad evidenza pubblica”. Infine “l’affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico”, ma solo per situazioni eccezionali che “non permettono un efficace e utile ricorso al mercato”, ovvero alle gare d’appalto. In parole povere: il decreto Ronchi dà il via alla liberalizzazione della gestione dell’acqua per mano di compagnie in parte o totalmente private. Che cosa accade alle istituzioni che hanno gestito l’acqua fino ad oggi? “Cessano, improrogabilmente e senza necessità di deliberazione da parte dell’ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011”. Ciò vale per le società a partecipazione mista pubblica e privata. Ma vediamo cosa succede alle “società a partecipazione pubblica già quotate in borsa”. Anche queste “cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio”, ma possono riprendere la gestione “a condizione che la partecipazione pubblica, si riduca anche progressivamente, attraverso [..] forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2012”. Ovvero, se vengono messe in mano ai privati fino al 70%. E se non lo facessero? “Ove siffatta condizione non si verifichi, gli affidamenti cessano improrogabilmente […] alla data del 31 dicembre 2012”. Le velenose reazioni Da subito l’opposizione si scaglia contro il decreto, mentre le “storiche” regioni di sinistra come Emilia e Toscana non tardano a far sentire il proprio dissenso. Il Pd accusa il governo di «favorire interessi privati e ben identificati»; l’associazione per la tutela dei cittadini Italia dei Diritti commenta: «L’acqua non è un bene, ma un diritto». Il movimento inoltre si dichiara perplesso riguardo al rischio che mafia, camorra e ‘ndrangheta possano adoperarsi per mettere le mani anche sulla questione idrica. Dalla Regione Lazio si fa avanti Anna Salome Coppotelli, assessore alla Tutela dei Consumatori, descrivendo questa come «l’ennesima ingiustizia del governo ai danni dei cittadini. A questo punto qualsiasi diritto potrà essere negato: se resteremo a guardare senza fare niente, dopo l’acqua potrebbe toccare all'aria e poi chissà a cosa». Appare grottesco, ma qualche anno fa lo sarebbe sembrato anche privatizzare l’acqua. L’Antitrust si dichiara invece favorevole alle delibere del decreto Ronchi, che realizza una liberalizzazione di cui sentiva da tempo la necessità. Spiega Antonio Catricalà: «Non significa che necessariamente si avrà una privatizzazione, ma si apre ai privati la possibilità di entrare nell’esercizio di questo servizio pubblico essenziale». Ma vediamo gli effetti di questa apertura ai privati: secondo una dichiarazione del Codacons (Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell'Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori) il rischio per i cittadini sarà quello di ritrovarsi un aumento medio del 30% sulle tariffe dell’acqua da qui a 3 anni, tempo stimato per la completa attuazione del decreto. Il Mdc (Movimento per la Difesa del Cittadino) è meno ottimista e prevede un aumento fino al 40%. L’esito penalizzante per i consumatori è palese anche per i sindacati, tant’è che Cgil, Cisl, Uil e Fiadel hanno indetto nei mesi passati uno sciopero nazionale dei lavoratori addetti ai servizi di igiene ambientale. Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, commenta il decreto come una dispersione e mercificazione del più grande dei beni comuni e la sua approvazione come una manovra in cui il governo non ha lasciato spazio a discussioni. Una manovra che, se portata avanti insieme alle privatizzazioni in atto sul suolo mondiale, potrebbe portare tre multinazionali in meno di venti anni al controllo del 65% del servizio idrico europeo e americano. Il Governo dimentica i fallimenti delle passate esperienze di privatizzazione dell’acqua in altri Paesi, che non a caso Sopra a sinistra il ministro per le Politiche Europee Andrea Ronchi; a destra, il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola; nella foto grande, sfruttamento idrico in Cina Primo piano 20 hanno sapientemente ritrattato. D’altro canto, non ci si poteva aspettare altro dall’Italia, che acquista centrali nucleari proprio quando il resto dell’Europa ne inizia lo smantellamento. Ma tornando alla questione idrica, vediamo più da vicino cosa è accaduto ai tentativi di privatizzazione all’estero, in particolare alla vicina Francia. Parigi fa un buco nell’acqua... e torna al pubblico Anno nuovo, acqua nuova. Così la Francia decide di festeggiare l’arrivo del 2010, dato che a partire dal 1° gennaio ha posto fine alla gestione privata dell’acqua in favore di quella pubblica. Eau De Paris, questo il nome dell’Ente pubblico che prende il posto delle multinazionali Veolia e Suez dopo 25 anni di privatizzazione. Nel 1984 l’allora sindaco di Parigi Jacques Chirac aveva affidato il controllo delle reti idriche alla società mista Sagep, di proprietà del Comune di Parigi per il 74% e di Veolia e Suez per il 14%. La Sagep avrebbe dovuto controllare i gestori privati, ma la distribuzione venne affidata proprio a una società privata controllata da Veolia e Suez, GIE, determinando una supremazia schiacciante delle multinazionali nell’intero processo idrico. Dagli anni ’80 a oggi la privatizzazione ha portato solo una crescita smisurata dei prezzi, di cui accertamenti fondati dell’Ufficio Servizio Pubblico 2000 hanno attribuito la causa alla stessa GIE. In molte regioni francesi si sta facendo pressione affinché le multinazionali abbandonino i contratti, mentre il Comune di Parigi ha deciso di rendere nuovamente pubblica la gestione dell’acqua. Chissà se anche in Italia bisognerà attendere 25 anni per far sì che accada. Chi vuole acqua chiara vada alla fonte: il caso Puglia La Puglia rivuole l’acquedotto pubblico. La giunta regionale, guidata dal presidente Nichi Vendola, ha così presentato il 20 ottobre 2009 un documento per difenderlo dalle speculazioni. La delibera intende trasformare la società Acquedotto Pugliese in un soggetto di diritto pubblico e ha trovato l’appoggio del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, oltre a quello di altre comunità locali le cui risorse idriche sono attualmente in mano ai privati, specialmente multinazionali francesi e americane. Luigi D’Oronzo, presidente della Federconsumatori Puglia, commenta positivamente questa iniziativa, ricordando che «l'acqua è un bene essenziale e insostituibile per la vita, come previsto tra l'altro dall'art. 2 della Costituzione e dalla Carta Europea dell'acqua» Ammirevole tentativo, ma è come “pestare acqua nel mortaio”: il decreto regionale non è bastato a far fare marcia indietro al Governo, che evidentemente non si cura né della Costituzione né della Carta Europea. L’acqua cheta rovina i ponti: colpo di scena in Sicilia Mentre in Puglia l’amministrazione tenta di salvare il salvabile, in Sicilia non troviamo maggiore fortuna. Siamo anzi nel bel mezzo di uno scontro politico. La gara d’appalto per la gestione dell’acqua vanta un solo concorrente, la Voltano Spa, affiliata a una associazione di imprese private. La maggioranza dell’assemblea dell’ATO idrico (l’azienda di gestione) ha bloccato per trent’anni l’affidamento dell’acqua ai privati, ma la delibera non può essere ufficializzata. L’ostacolo? La maggioranza espressa è del 61%, insufficiente visto che il regolamento richiede una maggioranza qualificata del 66%. Una norma che sembra essere stata fatta apposta per penalizzare l’interesse pubblico, che viene pericolosamente incontro agli interessi della Voltano Spa, che ha molti consiglieri in comune con l’ente pubblico. Sono io oppure questo si chiama “conflitto di interessi”? Forse va cercato proprio qui il motivo del mancato raggiungimento del quorum richiesto, chissà. E anche nella sparizione dall’aula di due sindaci di centrodestra, che al momento della votazione sono risultati assenti e hanno impedito il raggiungimento del fatidico 66%. Coincidenza? Io credo di no; semplicemente, un ulteriore esempio di come il sistema democratico italiano faccia acqua da tutte le parti. Un tipico “nasone” romano; in alto, manifestazione contro la privatizzazione dell’acqua a Roma Ambiente 22 T RO P P O P I G R I P E R S A LVA R C I COSA FANNO GRANDI E PICCOLI DELLA TERRA PER CONTRASTARE GLI EFFETTI DISASTROSI DELLE ATTIVITÀ DELL’UOMO SUL CLIMA? PER ADESSO SI INCONTRANO, ABBASTANZA SPESSO, SPERANDO CHE NON SI AVVERI LA PREVISIONE DI VONNEGUT di Roberto Bertoni, 19 anni difficile stabilire se la conferenza sul clima che si è svolta a Copenaghen lo scorso dicembre sia da inserire tra i successi o tra gli insuccessi nella lunga storia delle trattative internazionali. Per un’analisi dei fatti, senza entrare nelle dispute di stretta competenza dei climatologi, è opportuno soffermarsi soprattutto sulle posizioni assunte dagli Stati Uniti nel corso del vertice. Il concreto impegno di Obama e della Clinton a ridurre le emissioni di gas serra e a contribuire al fondo di cento miliardi di dollari l’anno per i paesi poveri, entro il 2020, segna un netto passo avanti rispetto alle chiusure, ai veti e al disinteresse mostrati dall’amministrazione Bush su questo problema. Tuttavia, come ha sottolineato Angela Merkel, “l’offerta degli Stati Uniti di ridurre le emissioni solo del 4% rispetto ai livelli del 1990 non è abbastanza ambiziosa”. Costretto a fare i conti con lo scetticismo e con i veti della Cina – potenza mondiale in ascesa che, giustamente dal suo punto di vista, non ha alcuna intenzione di frenare la propria crescita – Barack Obama ha impegnato una buona parte della sua credibilità in complesse trattative, stretto tra i “no” dell’ingombrante alleato e le richieste, più che mai condivisibili, dei paesi del Terzo Mondo o in via di sviluppo, ai quali non possono più bastare i buoni propositi e le promesse che vengono rivolte loro dai tempi del protocollo di Kyoto. Dinanzi alla prospettiva accertata di un aumento delle temperature, peraltro già in atto – al punto che, continuando a È usare gas, carbone e petrolio con il ritmo crescente degli ultimi anni, arriveremmo a scaricare, nel 2030, 40 miliardi di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera, il doppio di quanto si immetteva nel 1990, con un conseguente aumento della temperatura di ben sei gradi – grandi e piccoli della Terra si sono visti quasi obbligati a riunirsi per cercare di arrestare una deriva che rischia di portare al collasso l’intero pianeta. Tralasciando gli allarmanti dati forniti dal rapporto dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) appena pubblicato, è bene chiarire ai lettori quale sarebbe l’immediato effetto di questo balzo delle temperature. Esso provocherebbe lo scioglimento della calotta antartica e dei ghiacciai, mandando sott’acqua numerose città (pare sia a rischio anche New York) e causando decine di milioni di vittime. Un problema economico e politico: il “carbon leakage” Per esporre con maggiore chiarezza alcuni punti cruciali del vertice di Copenaghen, mi affido alle parole del climatologo Antonello Pasini del Cnr che nella rubrica “Il Kyoto fisso” (sul sito on-line de Il Sole 24 Ore) ha scritto: «In effetti ci sono forze economiche che spesso “remano contro” le posizioni espresse dai singoli leader e sherpa degli Stati impegnati nelle trattative. E così alcune nubi possono rendere l'atmosfera meno limpida e chiara. Faccio solo un esempio: una nube è sicuramente la questione della cosiddetta “carbon leakage”. Con questo termine si intende il processo per cui si osserva un aumento di emissioni di CO2 in un Paese (dove le emissioni non sono regolamentate) in seguito ad una diminuzione di emissioni in un Paese con una politica climatica 23 RIDURRE I GAS SERRA SENZA IL NUCLEARE Secondo Greenpeace – l’associazione ambientalista che a proposito del vertice di Copenaghen ha parlato di “misero fallimento” – l’Italia ce la può fare, ha cioè le risorse per tagliare le emissioni serra del 70 per cento entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990 senza ricorrere all’energia nucleare. In che modo? Innanzitutto impegnandosi per rispondere positivamente alle aspettative dell'Europa, che ha fissato il suo obiettivo: 20 per cento di energia pulita entro il 2020. Oggi il contributo delle rinnovabili alla domanda di energia primaria in Italia è poco sotto il 7 per cento, mentre il 93 deriva da fonti fossili. Per aumentarlo, la prima mossa è potenziare le misure di efficienza energetica, che permetteranno di ridurre l'attuale domanda di energia di circa il 32 per cento al 2050. Dal punto di vista della produzione di energia elettrica, invece, entro il 2050 le rinnovabili arriveranno al 76 per cento soprattutto per merito del solare, dell'eolico e delle biomasse prodotte in modo sostenibile. Buona parte del calore sarà ricavata usando collettori solari e geotermici. www.greenpeace.it che prevede riduzioni in casa propria». Al quesito che sorge spontaneo su come e perché possa verificarsi un simile fenomeno, Pasini risponde: «Mettiamo che esista un accordo trasversale tra "forze" esistenti in vari Paesi per ottenere vantaggi reciproci. Ad esempio, un Paese che ha ratificato il protocollo di Kyoto può essersi mostrato virtuoso, diminuendo le proprie emissioni di gas ad effetto serra pur aumentando la propria crescita economica, non perché viene aumentata l'efficienza energetica e dei processi industriali, o perché si sviluppano fonti rinnovabili o per altre azioni virtuose. Basta semplicemente chiudere gli occhi, o favorire indirettamente la delocalizzazione delle proprie imprese più inquinanti verso i Paesi in via di sviluppo, dove non esistono limiti alle emissioni (il protocollo di Kyoto non si applica), dove ci sono meno controlli, si può inquinare più liberamente e si può sfruttare la mano d'opera locale a basso costo e senza protezioni (sindacali, di sicurezza, sanitarie, ecc)». Vedete quanto è politico ed economico questo problema, all’apparenza esclusivamente climatico? A rendere ancora più complessa la sfida per la riduzione delle emissioni di gas serra, è proprio il fatto che non tutti si sono ancora resi conto di quanto risparmio, energetico e monetario, possa derivare dalla cosiddetta “green economy”. Una ragione per essere ottimisti Quello che può sembrare, ed in parte è, un atroce gioco al massacro perpetrato dai paesi che maggiormente inquinano l’atmosfera, in realtà, è soprattutto la mela avvelenata della scarsa lungimiranza che ha caratterizzato negli ultimi anni i governi delle nazioni più industrializzate. A voler essere sinceri, dal vertice di Copenaghen ci si aspettava molto di più, specie da determinati paesi, e non c’è motivo di essere soddisfatti di fronte alle immagini dei dimostranti che manifestano per chiedere ai leader mondiali di evitare che il pianeta precipiti nel baratro. Nonostante tutto, questo vertice, assai deludente a livello di risultati concreti, ci ha permesso di vedere all’opera su un piano così delicato la nuova America del premio Nobel Obama, così diversa da quella con il volto cinico di Bush. È l’unica ragione per essere ottimisti e guardare al futuro. Sappiamo che è poco, che non basta, che bisogna fare molto di più; ma è comunque un buon modo per esorcizzare le parole del compianto romanziere americano Kurt Vonnegut: “Se tra cent’anni arrivassero qui gli extraterrestri o gli angeli, e ci trovassero estinti come i dinosauri, quale messaggio potremmo lasciare loro, magari inciso a grandi lettere su una parete del Grand Canyon? Probabilmente avremmo potuto salvarci, ma eravamo troppo pigri per sforzarci… e maledettamente spilorci”. Questo vertice, assai deludente a livello di risultati concreti, ci ha permesso di vedere allʼopera la nuova America del premio Nobel Obama, così diversa da quella con il volto cinico di Bush Ambiente 24 WELCOME TO PECHINHAGEN I MOVIMENTI DI OPPOSIZIONE AL VERTICE SONO STATI OGGETTO DI UNA REPRESSIONE DURISSIMA, CONDOTTA ANCHE CON METODI NON DEMOCRATICI. IL DIARIO DI VIAGGIO DI UNA PARTECIPANTE di Annalisa Citoni, 21 anni Ultima spiaggia per la Terra, ci hanno detto. I potenti del mondo confluiscono a Copenaghen per rimediare a un secolo e mezzo di scriteriata condotta verso l’ambiente. Serve un accordo forte, vincolante per tutti. La piattaforma dell’Occidente è chiara: è colpa nostra, ora però a riparare i danni siano tutti, anche i Paesi in via di sviluppo, soprattutto i Paesi in via di sviluppo, che a loro volta rispondono che, non essendo i responsabili, non sta a loro intervenire. Nessuno vuole fermare la gigantesca macchina che sta uccidendo il pianeta, nessuno è pronto a mettere in discussione il proprio stile di vita per fermare la desertificazione o lo scioglimento dei ghiacci. Questo vertice è una bufala. Il mondo non può essere salvato da chi lo ha martoriato per decenni. Forse, però, da noi sì. 11 dicembre – Si parte La capitale danese è tirata a lucido, preparata al vertice da mesi. Una martellante campagna pubblicitaria approntata dal governo ha ricoperto la città di manifesti con le facce dei capi di Stato che parteciperanno ai lavori. Quando si pensa alla Danimarca, almeno qui in Italia, è difficile non immaginarsi una specie di Paradiso in terra, una Disneyland della socialdemocrazia e del welfare. Un sistema avanzatissimo, sussidi e aiuti per tutti, studenti, famiglie, bambini, anziani. Invece di una città solare e gioiosa, però, al nostro arrivo ci scontriamo con una realtà diversa: camionette della polizia ovunque, posti di blocco che fermano anche le biciclette, un elicottero fisso sopra le nostre teste. Ci siamo sistemati in un capannone ufficialmente adibito a “Media center” e in realtà meraviglioso rifugio per la notte. Scopriamo che due dei nostri compagni – tra cui il nipote del sindaco di Venezia Cacciari – sono già finiti nelle maglie della prima massiccia operazione di arresti. Ansioso di ben figurare davanti ai mass media di tutto il mondo, il governo danese ha infatti approntato un piano di ordine pubblico incentrato sull’arresto preventivo. Dalla prima azione, condotta da circa trecento persone, sono tornati meno della metà. Gli altri, tutti dentro, fermati in quanto “potenziali violenti”: non serve che si faccia qualcosa di illegale, basta essere contrari allo spirito del summit per essere bollati come criminali e venire fermati per un tempo che varia dalle sei alle dodici ore. Per aiutare la polizia locale sono confluiti agenti dalla Svezia e dal resto d’Europa: prova generale della “polizia europea”? 12 dicembre Ci incontriamo sotto il Parlamento danese. Un concentramento enorme, che riunisce un mondo intero, dagli indios che combattono la deforestazione in Amazzonia ai clown metropolitani. Tra i partecipanti è diffusa la sensazione di essere presenti al battesimo di un movimento globale di consapevolezza, figlio del movimento no-global, ma politicamente più maturo e dagli obiettivi meno sfumati. Il corteo apre la settimana di “controvertice” e ha come obiettivo il Bella Center, sede dei lavori delle delegazioni internazionali. Un corteo infinito, allegro, durato quasi sei ore, durante il quale possiamo sperimentare di persona la preparazione delle forze dell’ordine: nonostante i nostri ripetuti tentativi di violare la “zona rossa” del vertice, la polizia riesce sempre ad anticiparci. Mentre la testa avanza, arrivano dalle retrovie notizie allarmanti. L’arrivo al Bella Center ci costa quasi duecento arresti, senza che si sia verificato un solo atto di violenza o teppismo, senza una vetrina spaccata o un’auto danneggiata. Basta riunirsi in più di tre persone per essere considerati un’adunata sediziosa e venire condotti in una delle aree di fermo allestite per l’occasione. Sparita la paciosa Danimarca, ci siamo trovati proiettati nella Prussia di inizio Novecento. Precisazione doverosa: scordatevi Genova e il G8 del 2001. I fermi preventivi, gli arresti immotivati, le sirene spiegate che squarciavano la notte sono condotte attribuite da tutti, giornali danesi compresi, a una volontà politica, a un ordine del governo spalleggiato dagli organismi 25 dell’Unione Europea. Qui la polizia non è violenta, gli agenti – anziché abbandonarsi a pestaggi e altre vessazioni che abbiamo fin troppo vive nella nostra memoria (la “macelleria messicana” della Diaz, Bolzaneto, le botte alle Acli e ai pensionati) – hanno un meraviglioso sorriso nordico piantato sulla faccia, quasi fossero consapevoli di rappresentare ai nostri occhi il sogno della socialdemocrazia. Niente manganellate nella folla, niente “legittima difesa” a colpi di pistola: tutt’al più, una spruzzata di spray urticante al peperoncino. Venivano ad avvisarci: attenti, state per entrare in una zona non autorizzata, potremmo essere costretti ad arrestarvi. Prevenire è meglio che curare. Disarmante per noi, abituati a ben altre condotte e altre provocazioni, non riuscire a identificare la repressione con una divisa, con una prevaricazione, con una violenza organizzata. È una macchina più grande di noi e di loro, le condotte individuali non contano. I manifestanti vengono portati via così, senza botte o percosse, con una rude gentilezza che impediva alla rabbia di unirsi alla frustrazione per essere stati portati via innocenti. 14 dicembre Sono seguiti due giorni di mobilitazione individuale, sono stati bloccati i lavori del porto, sono scesi in piazza gli agricoltori. Oggi, però, è il giorno di un nuovo corteo, in nome di chi è costretto ad abbandonare la propria terra desertificata: i rifugiati climatici. Stesso copione del 12: corteo pacifico, tentativo di disobbedienza civile, fermi di massa. Nel pomeriggio Christiania, la famosissima comune della città, ospita un dibattito con Naomi Klein e Micheal Hardt sulle conseguenze del riscaldamento globale. Da dentro il capannone si sente l’eco di scontri lontani, poi cominciano ad arrivare i candelotti lacrimogeni. Sul perimetro della comune i più facinorosi erigono due barricate per cercare di attirare le forze dell’ordine, di fatto sequestrando tutti quelli all’interno. In pochissimo tempo arriva ad accecarci il faro di un elicottero; siamo frastornati ma convinti di essere al sicuro (in fin dei conti eravamo lontani dagli scontri), ma ben presto la linea del “fronte”, arretrando sotto i colpi della polizia, finisce per includerci. Veniamo fatti sedere per terra. In sottofondo, a dare un tocco surreale alla scena, uno stereo ancora acceso suona Bob Dylan. Dopo due ore veniamo ammanettati e portati nelle “gabbie di Ikea”, quadrati di tre metri per tre che contengono fino a dieci persone. Ci portano coperte, acqua, ci lasciano andare al bagno, ma non ci dicono perché ci hanno fermato. Questo è il lato oscuro del vertice, “Pechinaghen”: il più fondamentale diritto giuridico occidentale, l’habeas corpus, l’obbligo di dichiarare il motivo di un arresto, è stato violato. Durante la nostra detenzione abusiva veniamo a conoscenza di situazioni paradossali, ragazzi trattenuti quattro giorni dopo essere arrestati davanti a una rosticceria, o perché sorpresi, stranieri e vestiti in un certo modo, in capannelli di tre o quattro persone. Ci fanno uscire alle sei del mattino, ma ci lasciamo dietro Luca, che verrà liberato soltanto il 7 gennaio (potete ascoltarlo dopo la sua liberazione su www.globalproject.info). La città, intanto, è sotto choc, ma nell’aria si respira intensa la voglia di normalizzazione. Le autorità controllano tutto. 17 dicembre – Il ritorno La Danimarca si è dimostrata molto diversa dai nostri sogni: welfare avanzatissimo, morale aperta, servizi impeccabili, eppure manca qualcosa. Manca una cultura del dissenso, la possibilità di opporsi all’ordine costituito. Tutto nella nostra esperienza scandinava sembrava dire: questo è il migliore dei Paesi possibili, il sistema più equo, quello in cui le opportunità sono davvero garantite per tutti. Cosa puoi volere di più? Una persona di buon- senso non può non essere felicissima in questo ovattato paradiso statale; qualsiasi rivendicazione, qualsiasi dichiarazione di alterità rispetto al sistema ti qualifica automaticamente come “criminale”. I ragazzi danesi ci guardavano come alieni, per loro il governo non è affatto un nemico, il governo è giusto e basta. Sono trent’anni avanti a noi in termini di assistenza, di servizi, di benessere, ma è un Paese fossilizzato, le coscienze sono addormentate. Certo, può sembrare la terra promessa, ma i danesi non sembrano più in grado di accorgersene; è una prigione dorata, un sistema in cui ogni possibilità di evoluzione è preclusa dall’assenza di quel sano conflitto fra le componenti della società che ne determina la tensione verso un miglioramento. Per loro, l’evoluzione delle cose è finita qui. Per il movimento globale no. In questa e nella pagina a fianco gli scontri in piazza Test 26 ECOLOGISTI O PIGRONI? RACCOLTA DIFFERENZIATA, ENERGIE RINNOVABILI, SPOSTAMENTI A IMPATTO ZERO: FIN DOVE SI SPINGE LA VOSTRA COSCIENZA ECOLOGICA? RISPONDETE ALLE DOMANDE DEL TEST E SCOPRITE IL PROFILO CHE FA PER VOI di Emanuele Colonnese A B C Come vai a scuola la mattina? Scuola? Mattina? Andare? Ma dico, stiamo scherzando? Mi faccio venire a prendere da qualche amico motorizzato che magari è di passaggio... non avrò mai contribuito per la benzina, ma la vera gratitudine - si sa - non ha prezzo! Ovviamente a piedi, o meglio ancora in bicicletta, che fa molto alternativo di sinistra. Eh no, non ho la limousine di papino con autista parcheggiata dietro l'angolo! B C A A B C A B C A Raccolta differenziata! La differenza è che a buttare l'immondizia ci vanno mamma o papà, fosse per me potremmo pure trasformare casa in una discarica a cielo aperto! Eh sì, magari usiamo pure due o tre sacchetti di plastica per dividere i vari tipi di rifiuti (con quello che costano ’sti sacchetti no eh!)… Se è per questo io ‘differenzio’ di tutto, se spulciate nelle tasche dei miei jeans ad esempio, troverete un ottimo fertilizzante per le melanzane biologiche che coltivo sul balcone! L'automobile dei tuoi sogni... Quella che mi viene a prendere sotto casa pure per fare due metri, meglio se comoda e spaziosa, così ne approfitto per un pisolino durante il tragitto... Quella di Fred Flinstone, pratica ed economica... altrimenti va bene chiunque abbia voglia di scarrozzarmi gratis! Quella elettrica che non può andare veloce e neanche troppo lontano... al massimo comincerò a spostarmi di meno! L'innalzamento globale della temperatura... Vuol dire che terrò il condizionatore a palla tutto il B C A B C giorno, tanto pagano mamma e papà. E visto che dopo il diploma farò lo studente universitario fuori sede, tra un Erasmus e l'altro continueranno a pagare loro ancora per molto, moltissimo tempo. Magari sarà la volta buona che mi trasferisco in Siberia, tanto con l'Euro abbiamo pure il cambio favorevole. Un problema molto serio di cui ci dobbiamo occupare; io, per esempio, ho smesso di usare acqua calda per lavarmi, anzi, a dirla tutta ho smesso di lavarmi e basta – è tutta natura! Fonti di energia rinnovabili! Vuol dire che si rinnovano da sole, senza che io debba muovere neanche un dito? Allora ci sto – pollice alzato per l'energia rinnovabile. Vuol dire che si rinnovano da sole e non pagheremo più le bollette? Allora ci sto pure io, tanti bei soldoni risparmiati per rimpinguare il materasso Yuhuu! Ho sempre sostenuto che le fonti d'energia rinnovabili siano il futuro di un mondo migliore e più pulito, ma i consensi riscossi tra pigri e taccagni della terra mi fanno pensare che forse ho sempre pensato la cosa sbagliata... Boh?! Una ragione per essere ottimisti? Ho deciso di non usare più l'automobile – mi faccio portare a casa direttamente da un corriere espresso tutto quello che mi serve! Non saprei... magari avete intenzione di premiare chi risponde al test con un bell’assegno? Uhm... per esempio, che il costo della benzina sta di nuovo salendo e, quindi, se non quello dei pigri, noi ecologisti sostenitori delle fonti di energia rinnovabili avremo dalla nostra parte almeno il sostegno dei taccagni che vorranno risparmiare a tutti i costi! LEGGI IL TUO PROFILO A PAG. 59 PartecipAzione 27 PROGETTI E IDEE PER CRESCERE, INSIEME COME SI DIVENTA GIOVANI IMPRENDITORI OGGI? QUALI LE IDEE VINCENTI PER USCIRE DALLA CRISI? LE RISPOSTE DELLA CONSULTA GIOVANI DOPO IL MEETING INTERNAZIONALE DI PARIGI SU “IMPRENDITORIA GIOVANILE E LAVORO IN TEMPI DI CRISI ECOMONICA” Di Enrico Deabate, 21 anni Ambasciatore della Consulta Giovani del Piemonte per la Rete Regionale Europea dei Giovani er essere imprenditori ai giorni nostri bisogna curare dentro di sé un pizzico di follia”, disse un grande imprenditore giusto due anni fa, prima che prendesse piede la crisi economica che stiamo ancora attraversando. Ora, alla luce di questa frase pronunciata in momenti non sospetti, verrebbe da chiedersi quanto un giovane, neodiplomato o neo-laureato, che vuole diventare un imprenditore, debba essere pazzo, poiché la stretta del credito e la già nota diffidenza delle istituzioni nello scommettere su progetti innovativi, dovrebbe chiudere tutte le strade che portano alla realizzazione di questo progetto. Ma le strade per diventare un imprenditore non sono chiuse, anzi, si sono allargate ed è proprio lo sviluppo di questa via per l’entrata nel mondo lavorativo il tema del Meeting della Rete Regionale Europea dei Giovani che si è tenuto a Parigi dal 10 al 12 dicembre 2009, intitolato “Imprenditoria giovanile e lavoro in tempi di crisi economica”. All’incontro, organizzato dall’Assemblea delle Regioni d’Europa, ho partecipato in qualità di delegato dalla Consulta Giovani del Piemonte, insieme a 110 ragazzi provenienti da 230 Regioni europee. Con Parlamentari Europei, Presidenti di Consigli Regionali ed esperti della Commissione Europea abbiamo sviluppato un proficuo lavoro in gruppo e in assemblee plenarie, dove abbiamo approfondito queste tematiche e scambiato idee e progetti intrapresi e da intraprendere a livello regionale e nazionale nei paesi europei. Da quest’approfondito confronto si è concluso che, per uscire dalla crisi in cui siamo precipitati, sono necessari progetti e forze nuove, che possono essere riscontrate solo nei giovani. Infatti, in tutta Europa, ogni Stato sta cercando di incentivare politiche giovanili incentrate sullo sviluppo dell’imprenditoria giovanile e questo sta “P avvenendo secondo diverse linee guida, che si basano su tre concetti fondamentali: educazione, facilità di sviluppo ed esperienza. A livello europeo, infatti, si sta cercando di integrare i programmi scolastici con lezioni di imprenditoria, seguendo l’esempio dell’ Inghilterra dove questo programma è già attivo nella Scuola Media Inferiore. Si sta anche snellendo la burocrazia per l’avviamento e lo sviluppo d’impresa in diversi paesi, soprattutto in quelli in via di sviluppo, come la Polonia dove per costituire una società bisogna compilare un solo foglio; infine, si sta puntando molto sull’esperienza che un giovane europeo può acquisire tramite i progetti messi in atto dalle istituzioni europee, come in Italia con le numerose possibilità offerte dalle politiche giovanili nazionali. Se questi concetti fondamentali saranno seguiti da tutti gli Stati membri, l’Europa uscirà dalla crisi più stabile, più forte e soprattutto più giovane. LA CONSULTA GIOVANI DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE Istituita dal Consiglio regionale del Piemonte nel 1996, è composta da rappresentanti di associazioni giovanili, consulte studentesche, istituzioni scolastiche e universitarie, consulte giovanili degli enti locali, consulte regionali, organizzazioni sindacali e di categoria, movimenti politici giovanili e gruppi consiliari regionali. Svolge attività di proposizione e di consultazione nell'elaborazione degli atti e delle leggi regionali riguardanti i giovani e promuove progetti, ricerche, incontri e dibattiti pubblici sui temi attinenti alla condizione giovanile. www.consiglioregionale.piemonte.it/giovani [email protected] GIORNALISTI CON UN BASTA UN COLPO DI MOUSE PER ENTRARE NELLA REDAZIONE DI ZAI.NET E FAR PARTE DEL GRUPPO DI REPORTER PIU' GIOVANI D'ITALIA. LORO L'HANNO FATTO... Cos’è Zai.net? Un network che prende vita nelle varie edizioni della rivista mensile (nazionale, Lazio e Liguria), nel sito, nella radio e nelle tante iniziative che coinvolgono le scuole di tutta Italia. Dove si trova il mensile? Zai.net non si compra in edicola, ma arriva direttamente a scuola, in classe. Per ricevere la tua copia a casa, puoi abbonarti individualmente andando sul sito www.zai.net e seguendo le istruzioni alla voce “Abbonamenti”. Come si entra a far parte della redazione? Basta scrivere un’email alla redazione ([email protected]), oppure cercare il gruppo Zai.net su Facebook: noi vi teniamo al corrente sul percorso degli articoli e vi forniamo le dritte per svolgerli al meglio. Le distanze non contano, contano solo l’entusiasmo e la voglia di scrivere. Come si finanzia Zai.net? Finora ha spesso contato sul contributo economico di Enti pubblici e privati che ne condividevano l’approccio innovativo e le finalità formative. Ma la parte più cospicua dei costi è da sempre sostenuta dalla nostra cooperativa di giornalisti, Mandragola Editrice. Info: [email protected] - tel. 06 47881106 ELISA, 15 ANNI Ho conosciuto Zai.net grazie alla mia professoressa di italiano, che lo utilizza come un vero e proprio laboratorio di scrittura. Anche se ho appena preso contatti con la redazione, già mi sento a casa e spero di riuscire presto a pubblicare qualcosa di mio e a dare un contributo. MIRKO, 15 ANNI La prima volta che ho sfogliato questa rivista è stato grazie a mio fratello maggiore, che ci pubblicava degli articoli. Così ho cercato di imitarlo, ed eccomi qua! All’inizio pensavo che sarebbe stato difficile affrontare la sfida, ma poi ho capito di poter imparare molto. GIULIA, 17 ANNI Leggo Zai.net da un bel po’, ma pensavo che non fosse semplice collaborare. Poi un giorno ho mandato un’email e ho subito ricevuto la risposta... incredibile! Adesso ricevo spesso gli inviti della redazione a scrivere per il forum e nella rubrica delle recensioni. 30 EMERGENTI: Quattro band da non perdere! MUSICA 32 INTERVISTA: L’amore secondo Dente Musica 30 Oyster APPUNTAMENTO CON L’EMERGENTE! NON VOLETE PERDERVI LE NOVITÀ CHE MYSPACE E IL WEB RISERVANO AGLI ASCOLTATORI PIÙ ESIGENTI? ECCO QUALCHE DRITTA PER DISTRICARVI NELLA GIUNGLA DELLE BAND EMERGENTI: VE NE PROPONIAMO QUATTRO DI TUTTO RISPETTO CHE, NE SIAMO CERTI, IN UN MODO O NELL’ALTRO FARANNO SENTIRE LA LORO VOCE! di Chiara Colasanti, 19 anni Amn3sia Questi quattro ragazzi ternani (e lo dico con orgoglio, essendo miei concittadini!) si incontrano per creare qualcosa nel “lontano” 2006 e cominciano ad esibirsi nei locali della zona e dei dintorni come cover band. Nel maggio Amn3sia 31 Rock e condividono il palco con The Get Up Kidz, The Briggs, The Gaia Corporation. Ora sono in giro per promuovere il loro album: cercate la data più vicina a voi su myspace! www.myspace.com/cinderellasrevenge Oyster 2006, dopo aver cambiato line-up, sono pronti per far sgorgare dai loro cuori i propri brani, così incidono il primo EP. L’anno successivo la band partirà alla volta del Majestic Studio a Scorzè (VE) per registrare il primo album, Non ci posso credere, che vanta la collaborazione di Nicolò Gasparini (voce degli Scacciapensieri). Da qui sono stati estratti due singoli che hanno spopolato nel 2008 in due compilation a tiratura nazionale (Berkeley Dream Compilation e Spritz Compilation). Luca, Francesco, Marco e Sasha hanno le idee ben chiare: nel loro futuro c’è la musica. Come dar loro torto? Il talento non manca certo! Date un’occhiata: www.myspace.com/amn3siapunk e non uscitevene poi con “Non ci posso credere”! Gli Oyster nascono nel 2007 e si impongono nel panorama musicale romano come un gruppo di influenza prettamente british e blues/rock della musica americana degli anni ’70 e ’80. Grazie agli estimatori del genere, più che felici di essere deliziati da un gruppo con così tanto talento, arrivano a incidere il primo album di inediti nel 2009: Meaning. Il gruppo è composto dal cantante e tastierista Matteo Menduni, dal batterista (nonché ideatore del progetto) Leonardo “Paul” Falchetti, dai due chitarristi Alessandro Sepe e Mirko De Rossi e dal bassista Alessio Barba. In attesa del nuovo cd (che dovrebbe vedere la luce intorno all’estate 2010), gli Oyster continuano le loro serate in giro per il centro Italia e sponsorizzano il cd tramite canali mediatici quali web, radio e televisioni locali. Per maggiori informazioni, fate un salto sugli spazi ufficiali del gruppo: www.myspace.com/oysteronline, www.youtube.com/theoystertube e, naturalmente, cercateli su Facebook! Cinderella’s Revenge Notimefor I Cinderella’s Revenge nascono a Como nell’estate 2006 dagli amici Alessandro Manzi, Matteo Scattaretica e Stefano La Porta. La primavera successiva si aggiunge Mattia Molteni e a metà 2008 entra a far parte della band Gionata Salvioli. Dividono in questi mesi il palco con Lost, Dari, Melody Fall, The Electric Diorama, Airway, Your Hero, Dufresne e altri protagonisti della scena emergente italiana. I ragazzi si ispirano alla scena emo/screamo e pop/punk americana, dando vita a una originale miscela che in Italia li distingue per la capacità di fare canzoni fortemente melodiche, potenti e aggressive allo stesso tempo. Nel gennaio 2009 il gruppo entra in studio per registrare Fireworks Will Break The Silence, uscito a settembre 2009. Nell’agosto 2009 vengono chiamati per suonare all’Eastpak Etnika I Notimefor si formano nel 2006 dopo svariati concerti e la registrazione del singolo Behind the Scenes. Questo gruppo milanese di ragazzi tra i 18 e i 21 anni incontra, nel 2008, Andrea Fusini, che diventa il loro produttore esecutivo. Registrano i singoli Cut off the movie e You say yes che riscuotono immediatamente un inaspettato successo sul web. A pochi mesi di distanza debuttano con l’album Dress up to get down, pubblicato anche in Giappone. Per gran parte del 2009 sono impegnati in tour tra Italia, Francia ed Austria, che riserva loro piacevoli sorprese e nel quale riscuotono incredibili apprezzamenti, diventando così uno dei prodotti del “sottobosco musicale” più gettonati del periodo. Il 3 ottobre 2009 Dress up to get down esce in Italia e su iTunes. Andate a dare un’occhiata alle tappe del tour su www.myspace.com/notimefor e godetevi il bellissimo spicchio di web da dove riescono a renderti partecipe del loro sogno e, cosa indispensabile, del loro innega- Notimefor Cinderella’s Revenge Intervista 32 SEMPLICEMENTE, DENTE VOLTO NUOVO DELLA SCENA INDIE POP ITALIANA, HA UN’IDEA TUTTA SUA DI COSA SIA LA LIBERTÀ ARTISTICA… E NON DISDEGNEREBBE IL PALCO DELL’ARISTON di Lorenzo Palaia ed Elena Proietti Rocchi, 19 anni ossibile che il vincitore del PIMI (Premio Italiano per la Musica Indipendente) 2009 voglia andare a Sanremo? In effetti Giuseppe Peveri (Fidenza, 1976), in arte Dente, indipendente lo è ma a modo suo. Non ci sono ideologie, né posizioni estetiche di particolare rigore di mezzo: ce lo ha confessato lui stesso. Non si pensi però che sia uno di quei musicisti pronti a sacrificare la qualità artistica per i soldi: scrive solo per motivi personali, odia X-Factor e non ama mettersi in mostra. L’attività musicale inizia a diciotto anni, prima coi Quic e poi coi LaSpina, ma nel 2006 c’è la svolta da solista che lo porta a pubblicare tre album con due etichette indipendenti nel giro di tre anni e a partecipare con il brano Beato me al progetto Il paese è reale. Viene paragonato ad artisti del calibro di Fabrizio De André, Rino Gaetano e Lucio Battisti, anche se afferma di non volersi definire un cantante, né di ispirarsi ad uno stile particolare solo per il gusto di farlo. Nonostante i temi un po’ ripetitivi, vuole scrivere una musica che duri nel tempo e per farlo sceglie le forme del moderno indie pop, con la formazione combo tradizionale affiancata dai tipici suoni elettronici. Per farvelo conoscere più da vicino, l’abbiamo intervistato nel corso P di una delle nostre trasmissioni radiofoniche. Che cosa vuol dire essere un artista in una casa discografica indipendente? «Credo che in realtà sia più facile dal punto di vista umano lavorare con un’etichetta indipendente, ti assicura quasi gli stessi vantaggi di una major ma con una più ampia libertà artistica, e questo per un musicista è fondamentale». La tua scelta non è stata, quindi, dettata dalla volontà di boicottaggio delle major? «Non le voglio boicottare, dato che può capitare di trovarcisi in mezzo! Anzi, a dire il vero, in questo momento collaboro con due editori che sono major, quindi un po’ ci sono già dentro. La piccola etichetta è stata una scelta di circostanza: quando l’ho fatta, nessuna major si era proposta. Dopotutto però, anche se ho avuto delle proposte importanti negli ultimi tempi, credo che almeno per un po’ resterò dove sono». La tua musica sembra un po’ anacronistica: che valore le attribuisci? Ci possono essere stili che si adattano ad una determinata epoca e basta? «Dipende da cosa intendi per anacronistica! Io ho sempre amato quei dischi che si possono ascoltare in ogni momento, quindi più che anacronistici direi che sono senza tempo, penso ad esempio a Revolver dei Beatles: lo ascolti oggi e suona bene, è un disco che non ha tempo 33 Dente durante le sue esibizioni anche se è stato fatto negli anni Sessanta, un disco che conper esempio a Quel mazzolino o anche a un nome che tinua ad essere molto moderno, non invecchia, andava bene ricorre spesso nei tuoi brani, Irene. negli anni Settanta, andava bene negli anni Ottanta. Se que«Sì, è autobiografico al 100% tutto ciò che scrivo». sto vuol dire “anacronistico”, per me è un buon risultato. C’è un pubblico in particolare a cui ti rivolgi oppure sei Certo non voglio dire di aver fatto un’opera paragonabile aperto a qualsiasi tipo di ascoltatore? all’album dei Beatles, però il mio stile e i miei suoni voglio«No, non mi rivolgo a nessun pubblico in particolare, non no essere buoni in generale. Oggi un disco di cinque anni scrivo con l’intento di andare a colpire un target preciso fa suona già male, suona come una cosa vecchia, a diffeperché non mi interessa, sono cose che vengono dopo, renza di un pezzo di Endrigo, i cui suoni rimangono connon riguardano secondo me il fatto di scrivere canzoni, io temporanei e ti aprono il cuore». scrivo perché ne ho bisogno». Alcuni critici ti paragonano a Battisti o De André; cosa Che cosa pensi dei nuovi modi di commercializzare la pensi del tuo genere? A chi ti ispiri e musica in TV? Mi riferisco per esemin quali stili credi di rientrare? pio ai reality show, o anche a «Non mi ispiro in particolare a qualcuAnzi, andresti mai a Oggi un disco di Sanremo. no quando scrivo una canzone, perché Sanremo? prima di comporre un pezzo non scel- cinque anni è già una «A Sanremo ci andrei anche, con qualcogo uno stile preciso, non è un generisa che mi piace, con una bella canzone cosa vecchia, co gusto estetico che mi guida: gli sicuramente. Se parliamo di altre cose, a differenza di un spunti e le ragioni sono altre, tutto ha come per esempio può essere X Factor, pezzo di Endrigo, origine da motivi molto personali. Ho penso che siano semplicemente delle cominciato a suonare molto tardi, a i cui suoni rimangono gare tra interpreti, che hanno lo scopo di circa vent’anni, prima ero un assiduo capire chi è più bravo a fare una cosa; contemporanei e ti però io credo di fare tutt’altro, nel senso ascoltatore, cioè compravo dischi e studiavo i pezzi; credo quindi che tutto che non essendo un cantante tecnico, io aprono il cuore quello che ho sentito e che mi è piami esprimo come mi viene, non ho mai ciuto emerga adesso pian pianino studiato e non voglio neanche essere un quando scrivo una canzone. Riguardo all’influenza di professionista, voglio usare la mia voce per quella che è, per Battisti, sicuramente c’è, e penso che si senta anche, però affermare quello che voglio dire». non ho mai voluto dire: “ah, faccio questo giro piuttosto che Benissimo. Prima di salutarti avevo una curiosità: perun altro perché è molto Battisti”, questo modo di fare musiché Dente? ca non mi interessa». «Perché è il mio soprannome, fin da bambino, sempliQuanto c’è di autobiografico nella tua musica? Mi riferisco cemente». 36 VIVERE DI PERIFERIA: Speciale fotografia con Botto&Bruno GIOVANI CRITICI 42 CINEMA: Nine, il musical Speciale Vivere di Periferia 36 ENERGIE UNDERGROUND STUFI DELLE SOLITE CITTÀ-CARTOLINA? SCOPRIAMO INSIEME A BOTTO&BRUNO IL FASCINO E L’ENERGIA VITALE DELLE PERIFERIE URBANE Testo e immagini di Botto&Bruno a nostra ricerca tocca argomenti in cui tutti si possono rispecchiare quali la perdita dell’infanzia, la paura di un vuoto che è al tempo stesso fisico ed esistenziale, il senso di solitudine metropolitano, l’at- L tesa di un qualcosa che forse non arriverà mai. A noi interessa rivendicare una autonomia e una nuova concezione di vivere gli spazi urbani; infatti abbiamo sempre esplorato i luoghi di confine, ma lo abbiamo sempre fatto cercando in essi possibilità di rinascita. Tutto ciò ci ha portato ad interessarci alle adolescenze inquiete, ai suburb Kids che attraversano queste lande 37 desolate, alla ricerca di forme di aggregazione finalmente spontanee: abbiamo cercato di riflettere su che fine avevano fatto i figli del proletariato; abbiamo cercato di dare un nome a questa nuova classe sociale, il periferiato: chi è nato in periferia ha una percezione dello spazio radicalmente differente, poiché per sopravvivere ricerca radici e nuove identità in questi spazi generalmente considerati anonimi. Le nostre periferie nascono da una ribellione allo stereotipo diffuso che le vorrebbe ancora come luoghi di desolazione di degrado e di pura disperazione. Il nostro lavoro é nato dalla ribellione al modello imposto dai grandi media che pretendono di analizzare con assoluta superficialità la vita degli abitanti delle sterminate periferie, nelle quali peraltro vive il novanta per cento della popolazione. Il paradosso é che anche chi vive in periferia finisce per farsi influenzare da questa visione falsata: il martellamento a cui viene sottoposto quotidianamente dai giornali e dalla televisione é estenuante. Vorremmo cercare con il nostro lavoro di ribaltare anche per un solo secondo questo luogo comune. Vorremmo che il bambino che nasce in questi spazi non cresca (come a noi é purtroppo successo) con la sensazione di sentirsi un cittadino di serie B a cui la possibilità di un futuro migliore é già stata negata in partenza; subire questa convinzione crea di conseguenza la rinuncia a fare dei tentativi per cambiare le cose. Partendo da queste considerazioni, abbiamo cominciato all’inizio degli anni Novanta a girare per le periferie della nostra città senza una meta precisa, con la nostra Nikon a tracolla, arrivando fino a quando le strade asfaltate della città terminavano e spingendoci oltre, verso i cavalcavia, costeggiando il fiume fino a quando non rimaneva che un palo della luce e una casa all’orizzonte. Attraverso questi vagabondaggi abbiamo riscoperto una dimensione del tempo assai più dilatata ed un’esperienza vissuta della città che solitamente nella routine quotidiana non si fa mai: si usa la macchina, si prende un autobus per andare al lavoro, si guarda la città dai finestrini senza soffermarsi più di tanto su certi luoghi all’apparenza anonimi e, dunque, privi di ogni interesse. Invece proprio certi luoghi nascondono l’inaspettato. In quell’attimo il tempo e lo spazio si dilatano e ciascuno di noi può riappropriarsi dell’infanzia che credeva perduta. Di solito questi sono luoghi in stato di abbandono che hanno perso un’utilità produttiva: sono le fabbriche dismesse che continuano ad esistere a fianco di anonimi palazzoni; a volte é un prato incolto con l’erba cresciuta intorno ad un muro di mattoni; altre volte sono le scuole elementari che non si capisce se sono ancora attive o Disappearing house, 2005, stampa vutek su pvc,cm 200x180, courtesy Alfonso Artiaco, Napoli Nell’altra pagina, Colors and the kids II, 2009, cm150x141, stampa su banner, courtesy Galleria Alberto Peola, Torino Accanto no; altre volte ancora le aziende sanitarie locali; spesso sono architetture costruite negli anni Sessanta, con una precisa ottica sociale che lentamente vediamo svanire sotto i nostri occhi. Vorremmo, per quanto ci é possibile, documentare tutte queste architetture che vanno sparendo e che per noi sono organismi viventi, anche e soprattutto quando abbandonate a se stesse; erano e sono (le poche rimaste), lo stimolo per un’immaginazione non ancora addomesticata, i polmoni verdi dell’irrazionale in una città che alcuni vorrebbero trasformare da organismo vivente a macchina di interscambio delle merci funzionale al solo profitto, dove il tempo e lo spazio si riducono sempre più. Sono l’iconografia necessaria per la costruzione di un mito capace di custodire le memorie di un’infanzia che anche nelle situazioni più aspre sa trovare vie di fuga o, comunque, sa accettare la quotidianità; sono le periferie dell’anima che noi vogliamo sognare in quanto siamo convinti che proprio Botto&Bruno sono nella giuria del concorso “Vivere di periferia”; se partecipi con una sequenza fotografica il tuo lavoro sarà giudicato da loro! Vai sul sito, per partecipare c’è tempo fino al 28 febbraio 2010 www.viverediperiferia.it Vivere di periferia 38 Disappearing city, 2004, veduta installazione, wall paper e pvc calpestabile, collage, La Caixa Forum, Barcellona nell’infanzia si é formata la nostra attuale visione delle cose; la possibilità di mantenerne vivo il ricordo può rendere sopportabile la vita da adulti. Vogliamo liberarci dai codici a cui il passato ci ha sottoposto soprattutto nella vecchia Europa, dove le città sono strutturate spesso con un centro in cui permane una estetica architettonica tradizionale e una periferia totalmente rivolta al futuro. Nelle città come Busan o Seoul non esiste un centro, tutto é periferia e siamo obbligati a vivere la città in una maniera assolutamente nuova; non é questione di meglio o peggio, ma sicuramente questa dimensione ci porta a fare uno sforzo: chi vive in questi luoghi dell'ipermodernità é costretto ad accettarli per come sono. In questo senso noi diciamo che chi vive in periferia é sicuramente più adatto ad affrontare il futuro; quando noi parliamo di periferie ci riferiamo a tutte le periferie del mondo, ma tra la periferia di Seoul e la banlieue parigina ci sono delle differenze che solo chi solitamente vive in periferia può notare. Chi si accontenta di vivere nel centro città-cartolina con i suoi bei palazzi queste problematiche non può comprenderle e rischia di lasciarsi sfuggire il senso vero, nascosto, energetico, Colors and the kids I, 2009, cm150x141, stampa su banner, Courtesy Galleria Alberto Peola, Torino underground delle città contemporanee: i laboratori delle idee future sono lì in quei luoghi che continuiamo a definire anonimi, ma che in realtà nascondono al loro interno musica, arte, creatività e nuovi modi per affrontare le cose della vita. Gianfranco Botto e Roberta Bruno sono nati nel 1963 e nel 1966 e oggi vivono e lavorano a Torino. Botto&Bruno iniziano la loro collaborazione nel 1992; hanno partecipato a numerose rassegne internazionali, tra le quali nel 2000 la personale dal titolo “Under my red sky” al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel 2001 sono presenti alla 49° Biennale di Venezia curata da Harald Szeemann con un progetto intitolato “House where nobody lives”; nel 2002 sono invitati alla Biennale internazionale di Busan in Corea e, nel 2003, al Mamco di Ginevra con una mostra monografica. Sempre nel 2003 realizzano scene e costumi per “La vergine della tangenziale” per il Piccolo Regio con la regia di Davide Livermore. Nel 2004 sono chiamati a fare un progetto site specific alla Caixa forum di Barcellona; sempre nello stesso anno una personale al Mamac di Nizza. L’anno successivo realizzano i costumi e l’arredo scenico per il “Don Giovanni” di Mozart per il Teatro Carlo Felice di Genova con la regia di Davide Livermore. Vivere di periferia 39 FRULLATO GUSTO FOTOGRAFIA! NON È DIFFICILE DARE QUEL TOCCO IN PIÙ ALLE VOSTRE FOTO: IMITARE CHI È GIÀ PASSATO ALLA STORIA È UN OTTIMO MODO PER INIZIARE, MA POI BISOGNA FARE NOSTRI LO SCATTO E IL MOMENTO Esempio di diverso punto di vista. Un bar e un chitarrista Testo e foto di Elena Prati, 18 anni Liceo scientifico “Galileo Galilei” artiamo da un concetto basilare, semplice, ma non così scontato. Sapete cosa significa fotografia? Chi studia il greco lo saprà sicuramente, ma chi, come me, al massimo conosce il latino, se ne renderà conto solo attraverso la pratica: fotografia significa “scrivere con la luce”. Suona poetico, vero? Sembra già qualcosa di più, qualcosa di diverso. Eppure, è quello che fanno obiettivo e macchina ogni volta che sentiamo click. Disegnano, rigorosamente in bianco e nero, l’istante con la luce. Un grande problema nato con l’avvento del digitale è il cambiamento dell’idea di bella foto: “tanto se viene male le ritocco”. Sbagliato! Sbagliato! Sbagliato! Se una foto non è quella che vorreste, se c’è un palo di troppo, ad esempio, buttatela, non serve a niente togliere il palo. Vuol dire che quando scattavate eravate distratti. Se nella vostra macchina fotografica (da oggi impariamo a chiamarla “fotocamera”) disponete di oculare, dimenticate lo schermo e tornate al passato: inquadrate usando un occhio e l’oculare! Perché? Perché l’occhio è il primo anello della catena “cervello-cuore-stomaco”, quella che vi permetterà di fare, finalmente, delle “belle” foto. P Una malattia chiamata passione Tutto può essere interessante, ciò che rende qualcosa banale è guardarla dal solito punto di vista. Ora, per fotografare è ovvio che vi serva un supporto. Ma sappiamo la differenza? Le fotocamere si dividono in amatoriali, professionali (o reflex) e, per complicare ancora un po’ le cose, esistono le cosiddette “bridge”, che sono un ibrido tra le prime due. Naturalmente, ogni tipo ha i suoi pro e i suoi contro. Chi non intende le foto solo come dei ricordi, ma vuole provare, umilmente, a fare delle piccole opere d’arte, sceglierà le fotocamere professionali, nonostante siano costose, pesanti, apparentemente difficili da utilizzare e zeppe di funzioni che raramente utilizzeranno. Perché? Perché con una fotocamera professionale siamo noi ad avere il controllo sugli ISO, il diaframma, il tempo di esposizione e il flash. Sembrano nomi senza senso, ma, step by step, spiegheremo tutto. Il lato positivo delle amatoriali, anche note come fotocamere compatte, è che sono leggere e maneggevoli; ma fidatevi, se utilizzerete una reflex non tornerete mai più a una compatta. Sopporterete il peso dello zaino e risparmierete in funzione di un flash o un obiettivo sempre migliori. Diventerà una malattia chiamata passione. Fuori dalle vostre scatole nere spuntano gli obiettivi, anche loro suddivisi in innumerevoli categorie. Troveremo “obiettivi zoom”, che sono obiettivo con escursione focale (cioè, ad esempio, un obiettivo 18-70 mm è un obiettivo il cui zoom varia dai 18 ai 70 mm) e diaframmi con apertura maggiore o minore in rapporto alla qualità e, necessariamente, al prezzo; per questo si dicono più luminosi. Troveremo le “ottiche fisse”, obiettivi di qualità nettamente superiore agli zoom, ma meno adottati UN LUOGO COMUNE DA SFATARE La capienza della memory card. Le memorie sono supporti delicatissimi, meglio averne due o tre meno capienti e, proprio se vi assiste la sfortuna, perdere le foto di una memory, piuttosto che averne una unica molto capiente e perderle tutte, no? Vivere di periferia 40 (soprattutto da fotografi amatori) per motivi di prezzo e peso. Un’ottica fissa molto comune è il 50 mm (chiamato amorevolmente “cinquantino”), cioè un obiettivo che non si può né ridurre né allungare. Sentirete anche parlare di obiettivi “stabilizzati”: sono ottiche con un meccanismo che riduce notevolmente il mosso. La profondità di campo Dobbiamo partire dal presupposto che ogni immagine è suddivisa in piani che si allontanano dal nostro punto di vista, e la loro messa a fuoco non è totale. E’ una scelta meccanica che facciamo noi quando decidiamo che parte dell’immagine vogliamo far prevalere. Il meccanismo di messa a fuoco della fotocamera (che, in una reflex, controlliamo noi) semplicemente farà in modo che questa scelta rimanga impressa sul rullino o sulla memory card. Ovviamente, in tutto questo subentra la scienza ottica e la conoscenza che noi abbiamo del nostro obiettivo: infatti, per far sì che una parte dell’immagine venga sfocata o invece rimanga tutto perfettamente a fuoco, dovremo impostare adeguatamente il diaframma. Specifichiamo cosa intendo con diaframma. Un foro che si può allargare e stringere, il meccanismo che fa entrare la luce e che, quindi, disegna l’immagine. Necessariamente, se un’immagine risulterà sovraesposta o sottoesposta, significherà che il diaframma non è stato impostato correttamente o gli ISO (parleremo anche di loro) non sono impostati correttamente, o che le condizioni di luce non erano adeguate allo scatto. Tornando alla profondità di campo: minore sarà il numero impostato del diaframma, maggiore sarà la luce che entrerà, e anche lo sfocato nella foto; mentre maggiore sarà il numero impostato del diaframma, minore sarà la luce, e la foto risulterà a fuoco. La scala più diffusa è: 2,8 (tanta luce, tanto sfocato)-45,6-8-11-16-22 (poca luce, tutto a fuoco). Citando il diaframma, non si può non parlare del tempo di esposizione, cioè quella frazione di secondo che ci permette di fermare l’attimo che caratterizzerà la nostra fotografia. Le fotocamere, generalmente, vanno da un secondo (1”) fino a 1/1000 o 1/4000 di secondo. E’ chiaro che Paesaggio. Meseta nel Camino de Santiago più è rapido lo scatto, meno si rischia il mosso, ma è tanto logico quanto non sempre praticabile, perché nel momento in cui scattiamo la foto concorrono tantissimi fattori, tra cui - è sempre lei - la luce. Inoltre, bisogna considerare gli ISO (sveliamo l’arcano: è la sensibilità della pellicola virtuale. Più è basso il valore, meno è sensibile la pellicola e maggiore sarà la luce; più è alto il valore, più sarà sensibile la pellicola e minore sarà la luce disponibile, ergo, le foto verranno sgranate. Sicuro.) e il tipo di obiettivo che usiamo. Esempio di regola dei terzi. Un semplice abbraccio tra un fiore e una farfalla La regola dei terzi Ora che abbiamo riassunto brevemente queste poche nozioni di base, possiamo parlare di qualche tecnica utile per lo scatto. Una regola di cui sicuramente avrete sentito parlare è la cosiddetta “regola dei terzi”. Non è una regola necessaria, ma come dicono innumerevoli saggi: prima si imparano le regole, poi s’infrangono. Questa regola si basa sul concetto secondo cui l’immagine deve essere divisa in nove quadrati uguali e che, a cavallo delle linee che li delineano, ci debbano essere gli elementi che vogliamo far risaltare nella foto. Per semplicità si usa dire che l’orizzonte dovrà essere a cavallo di una delle due linee: la più bassa se si vuole far risaltare il cielo e la più alta se si vuole far risaltare la terra. Allo stesso modo, se faccio una foto di gruppo dovrò fare in modo che le teste 41 si trovino appena sopra la linea superiore. Addirittura, nell’immagine che vi propongo, non c’è nessuna di queste due situazioni: c’è una farfalla, che è il soggetto della foto, posta lateralmente. Questo cosa significa? Significa che la regola dei terzi vale in tutti i casi, può valere ogni volta che inquadrate! L’importante è averla stampata in testa: una volta che l’avrete fatta vostra, potrete permettervi di dimenticarla (metaforicamente!). LASCIATEVI SEDURRE DAL PAESAGGIO URBANO E DALLA... PERIFERIA! Un paio di dritte per la fotografia di paesaggi, ovvero, un paio di dritte su un tipo di scatto che potrebbe servirvi per partecipare al concorso “Vivere di periferia”. Quando parliamo di paesaggio, chissà perché ci vengono sempre in mente colline e fiori, montagne e mare. In realtà, anche il paesaggio urbano ha il suo fascino ed è molto fotogenico! Esso ha il grande pregio di presentarsi spesso monocromatico e, quindi, si tende ad acuire l’effetto trasformando le immagini in bianco e nero, sminuendo i colori “urbani” rispetto a quelli “agresti”. La vera sfida, di fronte a un paesaggio urbano è trovare lo scorcio che nella quotidianità non si vede. Non immaginerete mai quanti amici stupirete, fotografando uno scorcio da un’angolazione insolita! Praticamente, è consigliabile fotografare un paesaggio con un diaframma il più chiuso possibile (affinché sia tutto a fuoco) e con gli ISO a sensibilità minore. Lo zoom è a vostra scelta. Lasciatevi ispirare. www.viverediperiferia.it Esempio di sfocato NI N E Cinema 42 MUSICAL DA 8 e ½ AMORE, FANTASIA, LUSSURIA, ELEGANZA, DELUSIONI, SOGNI: ROB MARSHALL RENDE OMAGGIO A FEDERICO FELLINI CON UNA TRAMA IRRESISTIBILE E UN CAST STELLARE di Lorenzo Brunetti, 20 anni utto è iniziato con Federico Fellini. 8 e ½ , il suo capolavoro premio Oscar nel 1963, era il racconto coraggioso, magico e surreale della crisi creativa di un regista. Fu uno dei film più commentati, analizzati e imitati di tutti i tempi. Ma dopo quasi cinquant’anni, 8 e ½ è diventato 9, e non è un’imitazione. La vorticosa girandola di immagini torna ad intrecciarsi ai tormenti di un uomo di mezza età, che è un po’ Fellini stesso. Il regista Rob Marshall (Chicago) rende omaggio a 8 e ½ tessendo una trama originale e creativa, che mescola il teatro e il cinema con una colonna sonora irresistibile. Il film, che è l’adattamento cinematografico dell’omonimo musical di Broadway, ruota attorno alle vicende del regista Guido Contini. Il suo lavoro e le sue donne, la moglie Luisa, l'amante Carla, la sua musa Claudia e la defunta madre, che gli appare sotto forma di fantasma, sono al T centro della storia. Il cast è stellare: Penélope Cruz, Marion Cotillard, Judi Dench, la divina Nicole Kidman e una stupenda Sophia Loren, nei panni di mammà. Daniel Day-Lewis è nel ruolo che fu di Mastroianni, e non potremo mai dire che regge il confronto, ma è bello e bravo. La cantante Stacy Ferguson, meglio conosciuta come Fergie, interpreta in versione oversize una Saraghina più bella dell’originale felliniana. E’ lei l’affascinate prostituta che riemerge dai ricordi d’infanzia del protagonista. Kate Hudson, che incarna una redattrice di Vogue, ci regala il balletto più divertente del film. Nine farà infuriare i cinefili italiani, coloro che vedono in Fellini una specie di intoccabile divinità. Ma l’arte è anche un gioco, un divertimento, e Fellini per primo lo sapeva. Proprio per questo il film va preso per quello che è (e non è poco), senza offendersi per i vari stereotipi e cliché dell’Italia che ripropone. La sontuosa e sensuale fotografia si ispira all’estetica 43 Una scena corale del musical; in alto a destra, Sophia Loren, in basso, Nicole Kidman vibrante e personale del cinema italiano degli anni ’60, quando era al suo apogeo. Questa esaltazione del nostro cinema fa sorridere, amaramente, pensando alla pochezza delle produzioni di questi anni (a parte sporadiche eccezioni). Il nostro è il Paese che ha dato i natali a Fellini, Antonioni, Pasolini e Bertolucci, ognuno dei quali ha contribuito a creare quello stile che ancora ci invidiano. Spaghetti, mafia, mammà, ma anche un’eleganza ineguagliabile, insomma. I costumi sono estremamente ricercati e appariscenti: dai body più semplici del corpo di ballo agli elegantissimi abiti da sera, l’energia femminile è vestita in tutti i suoi aspetti. Sono stati utilizzati oltre un milione di cristalli Swarovski per adornare i costumi, inventando disegni e composizioni cromatiche che fanno risplendere le protagoniste. Alla conferenza stampa di Roma sono arrivate, a bordo di Alfa Romeo d’epoca, una dopo l’altra Sophia Loren, Penelope Cruz, Marion Cotillard, il regista stesso. Il pro- tagonista Daniel Day-Lewis era a letto con la febbre. La Loren, visibilmente emozionata, ha raccontato di quando fu proprio lei a consegnare l’Oscar a Fellini tra le lacrime della moglie Giulietta. Erano presenti anche gli attori del cast italiano della pellicola: Martina Stella, Alessia Piovan, Monica Scattini, Remo Remotti. E poi… una sorpresa: nelle riprese italiane del film sono stati coinvolti anche gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana, che appaiono in un cameo nei panni di due preti, ma attenti: potreste non riconoscerli! Nine farà infuriare i cinefili italiani… ma lʼarte è anche un gioco, un divertimento, e Fellini per primo lo sapeva Musical 44 MIAOOOOO! DOVEVA ESSERE SOLO UN FANTASTICO POMERIGGIO NELLA PLATEA DEL MUSICAL PIÙ ATTESO DELL’ANNO, E INVECE LA NOSTRA GIOVANE REPORTER È RIUSCITA PERSINO A ENTRARE DIETRO LE QUINTE PER INTERVISTARE LA PIÙ GIOVANE DEI “CATS”, AZZURRA ADINOLFI di Chiara Colasanti, 18 anni inalmente arriva la grande serata: vado a vedere Cats al Teatro Sistina di Roma! Non ci speravo, ma grazie alla gentilezza di tutto lo staff, e in particolare di Sara Maccari, sono riuscita, in tre ore scarse, ad ottenere un’intervista con la ragazza più giovane del cast: Azzurra Adinolfi, classe 1988, che, devo dire, mi ha conquistata subito con la sua semplicità. Sorvoliamo sul tremolio sospetto delle mie mani (le gambe non si sa come ma hanno retto!), mentre entro nel dietro le quinte del Sistina, e sulle orecchie drizzate mentre aspetto che Azzurra finisca di truccarsi. Intanto mi godo la “vita del backstage”, assistendo a riscaldamenti e vedendo quasi tutto il cast al completo: chi aggiusta il trucco, chi il parrucco, chi l’abbigliamento e chi semplicemente chiacchiera (o festeggia: è il compleanno di uno dei ballerini). Con Azzurra ci appartiamo in una stanza tranquilla e cominciamo a parlare. Una panoramica sulle tue esperienze… «Ho iniziato come ballerina, studiando danza classica, a dieci anni. A tredici ho lasciato la mia città, Pescara, per proseguire gli studi a Milano, una decisione che avevo preso fin da bambina, con l’appoggio dei miei genitori ovviamente, che mi sono stati sempre molto vicino. Dopo un’audizione, mi hanno presa al Teatro La Scala, dove in realtà ho trascorso solo un anno: poi sono stata bocciata perché “troppo grassa” (Arianna è una bellissima ragazza F 45 magra, ma i canoni della danza classica non perdonano, ndr). L’esperienza lontana da casa non finisce qui: dopo i primi tre anni di superiori nuovamente a Pescara, sono stata ammessa all’Opera di Vienna per un corso di perfezionamento. Avevo diciassette anni ed è stato allora che ho capito che il mio sogno era fare la ballerina di danza classica, consapevole però anche del fatto che non avevo le caratteristiche per diventare prima ballerina in una grande compagnia. Così ho deciso di affiancare alla danza anche lo studio del canto e della recitazione: è così che sono entrata all’Accademia di Saverio Marconi. Ho fatto il provino, mi hanno presa, dopo due anni mi sono diplomata e ho finalmente capito che quello era il mio mondo! Adesso mi sono avvicinata al genere del musical e sono entrata nella Compagnia della Rancia che mi ha permesso di partecipare a questo spettacolo che è spettacoloso! ». Com’è essere Cats? «Cats per me è “il” musical per eccellenza; quello che proponiamo noi è un classico completamente rivisitato, completamente nuovo! Coreografie, costumi, regia… tutto diverso; bisogna considerare che Cats è stato fatto trent’anni fa e questa è la prima versione in italiano, e in più, finalmente, io riesco a fare piano piano quello che voglio e ad uscire dallo stereotipo della “ballerina”». Com’è stato trovarsi a lavorare con quei grandi nomi dello spettacolo che sono dietro Cats così come lo possiamo gustare noi dalla comoda poltrona del teatro? «La Rancia fa capo a Saverio Marconi, che ha creato il musical in Italia; in più, abbiamo lavorato con Daniel Ezralow, che è veramente tutto un altro mondo! Ci siamo trovati bene, abbiamo fatto una settimana di workshop e tre settimane di prove, che è comunque poco per uno spettacolo del genere, ma penso stia andando bene». La giornata tipo di una performer che si trasforma in gatto? «Dormire la mattina (per la voce!), mangiare, venire in teatro, riscaldamento vocale, trucco, riscaldamento fisico, vestirsi, iniziare lo spettacolo, finire tardi, mangiare e tornare a casa. Certo, quando ci sono le doppie è più dura perché dormi di meno, fai riscaldamento vocale e fisico molto velocemente». Un consiglio a coloro che vorrebbero intraprendere la tua stessa carriera? «La carriera dell’artista si fa per passione, bisogna avere fiducia nelle proprie possibilità. Non si deve mai mollare, ma cercare sempre le occasioni migliori, continuare a studiare perché se ci si ferma non si migliora». Dopo le foto di rito arriva il momento di tornare davanti al palco, in poltrona, a godersi lo spettacolo che, puntualissimo, inizia. Non posso dire che si alza il sipario perché… non c’è! La scena è già aperta e cominciano ad apparire i primi felini. Costumi perfetti, trucco meraviglioso, scenografia fantastica e musiche da paura, accompagnate da una coreografia con i “controfiocchi”. Penso che non si possa chiedere di più ad un musical che, dopo sei anni di trattative, è finalmente arrivato sui palchi “dove il sì sona”, con un adattamento che altro non può essere definito se non una stupenda variazione sul tema. Tutti i performer sono fantastici, ma è inutile dire che sono rapita dai movimenti e dai gorgheggi di Azzurra! Perlomeno finché non sento le poltrone tremare e strani rumori dietro di me: i gatti ci stanno passando sopra! Ecco l’unica dritta per chi andrà a vedere lo spettacolo: mangiate e/o bevete solo nel secondo atto: i gatti sapranno come sorprendervi… anche chiedendovi delle coccole! ARRIVANO I “CATS”! MILANO – Allianz Teatro dal 27 gennaio al 14 febbraio 2010 BOLOGNA – Teatro Eupauditorium dal 17 al 21 febbraio 2010 TRENTO – Teatro sociale dal 23 al 28 febbraio 2010 LEGNAGO – Teatro Salieri 2 e 3 marzo 2010 PORDENONE – Teatro Verdi dal 5 al 7 marzo 2010 ASSISI – Lyrick Theatre dal 12 al 14 marzo 2010 GENOVA – Vaillant Palace dal 19 al 21 marzo 2010 RIMINI –105 stadium dal 26 al 27 marzo 2010 REGGIO EMILIA – Teatro Valli dal 9 all’11 aprile 2010 ROMA – Teatro Sistina dal 14 aprile 2010 Azzurra Adinolfi al trucco insieme alla nostra Chiara; nelle altre foto, momenti dello spettacolo Recensioni 46 LIBRI Giuliano Di Gore Vidal, Fazi editore, 663 pp, 12 euro TEATRO La malattia della famiglia M. Regia di Fausto Paravidino, Piccolo Eliseo di Roma Non è una malattia curabile, forse; nessuno sa veramente definirla; nessuno può veramente dire di non esserne portatore. È un piccolo paese di provincia, quello della famiglia M: persone semplici, dai caratteri molto diversi fra loro, a tratti quasi inconciliabili. Una storia familiare che si intreccia con avvenimenti esterni, dalle notti brave di Gianni (Fausto Paravidino), che spesso torna a casa ubriaco e totalmente distaccato dagli eventi, ai problemi sentimentali di Marta (Emanuela Galliussi) che, non riuscendo a mantenere il rapporto con Fulvio (Pio Stellaccio), intreccia una storia col suo migliore amico Fabrizio (Jacopo Maria Bicocche). Il padre (Nicola Pannelli) cerca di prendere una posizione e di farla rispettare, nella maggior parte dei casi invano, aggredendo l’unica figlia che ha vicino e che dimostra, più di tutti, di volersi occupare di lui - si tratta di Maria, interpretata da Iris Fusetti, la quale ha una relazione con il narratore, nonché dottore di famiglia, Paolo Pierobon. Tra incontri nascosti al buio ed equivoci degni della migliore commedia all’italiana, sarà inevitabile la scoperta dei vari segreti della famiglia, in un indimenticabile e imbarazzante pranzo familiare a cui il pubblico assisterà col fiato sospeso, un po’ per la tensione e (molto) per le risate. Fausto Paravidino, regista e autore della pièce, ruba letteralmente la scena agli altri interpreti nei panni dell’irriverente Gianni, mitigando puntualmente, con osservazioni da giovane scapestrato e irresponsabile, la serietà e la drammaticità delle scene più intense. Così troverà l’incondizionata simpatia degli spettatori, ma anche un epilogo difficile che forse saprà insegnargli qualcosa. Un motivo per vederlo: Grande Paravidino, ma grandi anche gli altri attori perfettamente in parte, impeccabili, naturali, con un copione che non può definirsi propriamente comico, ma che strappa in svariate scene risate e applausi. Un motivo per non vederlo: Se non avete voglia di scoprire che forse la “malattia della famiglia M” è un po’ anche la vostra. Serena Mosso, 18 anni, e Riccardo Cotumaccio, 17 anni Il capolavoro di Gore Vidal è strutturato in maniera molto originale, con una vivace alternanza di memorie lasciate dall’imperatore romano e un piccante epistolario tra due filosofi. L’avventurosa vita del giovane principe viene ripercorsa sin dall’infanzia; gli intrighi di palazzo, decisivi per l’epoca crepuscolare in cui sono ambientati, vi condurranno in un mondo in declino, ma pur sempre affascinante. Il conflitto religioso si muove sullo sfondo dell’ascesa di Giuliano, personaggio caparbio e coraggioso: un uomo imbevuto di cultura classica, amante della grecità ed assai recalcitrante nell’accettare il Cristianesimo come religione “ufficiale”. Promotore della restaurazione dei vecchi culti pagani, si guadagnerà l’appellativo, poco glorioso, di “apostata”. Ogni pagina è scritta con accuratezza, la lettura è impegnativa ma piacevole, e grazie all’abilità dell’autore riuscirete a sentire i profumi di Costantinopoli o il tanfo degli accampamenti anche da una banale descrizione. Ideale per approfondire la vita pubblica e privata di un imperatore tanto rivoluzionario quanto spesso sorvolato a scuola. Un motivo per leggerlo: Se vi incuriosiscono i personaggi “minori”. Un motivo per non leggerlo: Se più di 500 pagine vi terrorizzano. Caterina Mascolo, 20 anni CINEMA Dorian Gray Regia di Oliver Parker, con Ben Barnes e Colin Firth, Gran Bretagna 2009 Tratto dal celebre romanzo di Oscar Wilde, il film è la storia di un aitante giovane dell’alta società inglese, Dorian, molto influenzato dai suoi due amici, Lord Henry, cinico e amante dei piaceri, e il pittore Basil Hallward, che realizza un suo splendido ritratto. Proprio questa tela segnerà la vita di Dorian, sarà il simbolo del suo patto con il demonio, che gli garantirà di rimanere per sempre giovane e bello, portandolo però anche ad azioni delittuose e a una totale degenerazione morale. Il film di Parker si prende molte libertà rispetto al romanzo, come il personaggio della figlia di Lord Henry, Emily, totalmente inventato. I piaceri di Dorian, che nel libro erano solo allusioni, si trasformano in complesse scene dove il protagonista appare come uno sfrontato libertino dedito a qualsiasi tipo di perversione. Un motivo per vederlo: La grande interpretazione di Colin Firth nei panni del seducente Lord Henry. Un motivo per non vederlo: Il lato oscuro e peccaminoso di Dorian è un po’ esasperato. Paolo Fornari, 18 anni Z a i . n e t è p e r i l d i r i t t o d i c r i t i c a … v o t a , c o n s i g l i a , s t ro n c a f i l m , 47 MUSICA OPERA Battle for the Sun La Traviata Dei Placebo, Gran Bretagna 2009 Regia di Franco Zeffirelli, Teatro dell’Opera di Roma «Abbiamo realizzato un album ottimista, che parla di scegliere la vita, mettersi alle spalle l’oscurità ed andare incontro alla luce. Non è possibile rimuovere il buio perché è lì, c’è, e bisogna farci i conti; è una parte di noi stessi, ma crediamo che sia meglio scegliere di proiettarsi in avanti, verso la luce del sole»: così Brian Molko, front-man dei Placebo, preparò i fan all’uscita su una radio britannica, il 17 marzo 2009 alle 19:00, del singolo Battle for the sun, title track del sesto album (The Never Ending Why solo per la madrepatria). Il brano, tutto giocato su chitarre, distorsori e intensi drumming, già faceva trasparire, come anche l’ultimo singolo My Ashtray Heart, l’acceso sound della nuova raccolta, che abbandona le sonorità elettroniche per passare ai nuovi decisi influssi rock, introducendo l’impiego di strumenti mai utilizzati prima dalla band londinese, come trombe e sassofoni. Oltre alla nuova energia della voce del cantante, il vero cambiamento risiede nella sostituzione dello storico batterista Steve Hewitt, dopo undici anni di presenza nel complesso, con il giovane membro Steve Forrest. Un motivo per ascoltarlo: Se avete un’indole rock particolarmente sviluppata, allora non saprete resistere al nuovo sole raggiante dei Placebo. Un motivo per non ascoltarlo: Le buie anime dark, continuando a sognare un grigio cielo muto sotto le note di Meds, non porranno questo disco fra i loro prediletti. Parigi, anni Cinquanta del 1800. Alphonsine Plessis è la più nota cortigiana della città e ha una intensa storia d’amore con Alexander Dumas figlio, che scriverà per lei La signora delle Camelie e la non altrettanto nota pièce teatrale, cambiando il nome della protagonista in Margherita Goutier. Verdi viene rapito dal personaggio di Margherita e per lei scrive La Traviata, la cui protagonista si chiama Violetta Valery. Violetta è la regina indiscussa dell’opera lirica; non si può rimanere indifferenti di fronte all’odissea personale di questa ragazza, che da donna abbandonata alla lussuria diventa grande eroina drammatica. L’allestimento romano proposto da Franco Zeffirelli rende il personaggio di Violetta di grande impatto emotivo e il soprano Myrto Papatanasiu risulta estremamente efficace nella parte: accarezza le note ed emoziona, enfatizzando i momenti giusti e commovendo nelle scene più tragiche - bellissima in scena al punto da poterle perdonare qualche piccolissima imprecisione. Di grande effetto anche il baritono Carlo Guelfi nel ruolo di Giorgio Germont, completamente trasparente la parte del tenore Antonio Gandia. Un motivo per vederlo: Da Oscar i costumi di Raimonda Gaetani. Un motivo per non vederlo: Se andate dietro alle critiche mosse al regista Zeffirelli, spesso accusato di fare spettacoli tutti “pizzi e merletti”. Silvia De Meo, 17 anni Jacopo Zoffoli, 20 anni DA NON PERDERE Il riccio Di Mona Achache. Cast: Josiane Balasko, Garance Le Guillermic, Togo Igawa. Francia 2009 Una sagace dodicenne dai riccioli biondi, un distinto signore giapponese e una portiera di mezza età piuttosto trasandata e dall’aria molto burbera. Tutti e tre abitano in un lussuoso stabile al centro di Parigi e si eleggono, tra tanti inquilini snob, cinici e depressi, per condividere insieme i grandi capolavori della letteratura, del cinema giapponese, tra tanto buon tè e tavolette di cioccolata amarissima. Un quadretto un po’ bizzarro, in fondo banale, se non fosse che Paloma ha deciso di suicidarsi il giorno del suo dodicesimo compleanno e medita una morte dolcissima, rubando sonniferi alla madre. Nel frattempo, noi la vediamo incollata a una vecchia cinepresa intenta a filmare i suoi familiari, agli occhi dei quali lei è una ragazzina intelligente ma “sprovveduta”: solo tra le braccia di Renée, la portiera, la bambina riesce a rifugiarsi e a trovare un po’ d’affetto. E’ Renée il riccio che sotto gli aculei nasconde l’eleganza che ha fatto impazzire i lettori di mezzo mondo: questo film è infatti “liberamente ispirato” dal romanzo rivelazione di Muriel Burbery – la precisazione è d’obbligo dopo le polemiche tra la produzione del film e la scrittrice –, ma non fa rimpiangere le pagine scritte, risultato di un adattamento magistrale che ha saputo limare alla perfezione quello che facilmente poteva diventare un polpettone sentimentale e intellettualistico. Un film delicato, piacevole da vedere, una favola moderna con cui iniziare bene il nuovo anno. l i b r i , m u s i c a e a l t r o s u i s i t i w w w. z a i . n e t e w w w. s t r o n c a . n e t 50 ESTERI: L’Onda Verde dell’Iran COSTUME & SOCIETÀ 52 VOLONTARIATO: Viaggio nelle favelas di Rio Esteri 50 L'ONDA VERDE DELL'IRAN 51 CI SEMBRA UN MONDO LONTANO, EPPURE NON DISTA DA CASA NOSTRA PIÙ DEL PORTOGALLO. NELL'IRAN TERRA DEL PETROLIO NERO OGGI SGORGA L'ONDA VERDE di sovvertirlo o di creare una “Repubblica iraniana”. La protesta verde, quindi, non è (almeno per il momento) una contro-rivoluzione, ma la disperata richiesta da parte del popolo di vedere rispettato l’articolo 27 della Legge fondamentale: libertà di stampa, libertà di associazione, sciopero e manifestazione, e la libertà di pensiero e parola. E nel suo ultimo comunicato, Moussavi – leader pur debole del movimento, candidato sconfitto alle ultime presidi Giulia Cerino denziali, politicamente vicino al vecchio Ayatollah Khomeini – ha confermato di fatto questa linea. Anziché porre in dubbio il dominio incontrastato di Khamenei el 1979 l’Ayathollah Khomeini, la Guida suprema, nella scena politica iraniana, l’ex premier ha chiesto una istaurava il velayat-e faqih, il governo dei dotti. Il serie di riforme, offrendo a Khamenei l’opportunità di sistema religioso sorto in quegli anni rappresenripristinare i propri rapporti con l’ala riformista, una serie tava una vera svolta per la vita politica iraniana: la nuova di “passi indietro” rispetto agli atteggiamenti dell'ultimo forma di Stato era agli occhi del popolo riformista molto ventennio. Sulla stessa linea è l’iper spontanea Onda più di una mera riorganizzazione amministrativa. Il 1979 verde, i cui leader hanno fatto continui riferimenti all’ayaera l’anno della rivoluzione. Una rivoluzione che faceva tollah Khomeini come ispiratore religioso-politico. dell’Iran, deposto lo Scià, una repubblica islamica, teoL’idea di gran parte dei manifestanti che si sono riversati cratica certo, ma pur sempre repubblica. in questi mesi nelle piazze di tutto il mondo, allude a una Da trent’anni a questa parte, quindi, il sistema politico di Repubblica islamica “riformata” e non a una Repubblica Teheran ruota intorno alla Guida suprema, a cui è confeiraniana, non più islamica e teocratica. La lotta scatenarito il potere di decisione finale in tutte le questioni di tasi a metà dicembre a causa delle continue repressioni stato. Dopo la morte Khomeini, nel 1989, la nuova guida operate dal governo, è una battaglia contro la corruzione, suprema Khamenei, un apparente “riformista”, assunse il a favore dello sviluppo economico e contro la censura e ruolo di amministratore universale e unico del sistema la repressione. Ciò non implica obbligatoriamente il ribaltapolitico, interrompendo nei fatti quello che fu lo “stile”, mento dei principi contenuti nella dottrina islamica. sempre moralista ma meno oppressivo, di Khomeini. Se alcuni pensano che gli avvenimenti di questi ultimi mesi Da allora, le redini della movimentata vita politica iraniavogliano mettere un termine al regime in sé, si sbagliano. na sono nelle mani di Khamenei, l’uomo che pose i più Questa forma di governo è stata, infatti, istituita dal poposeri ostacoli alla realizzazione della timida e poi insoddilo, che l’ha protetta da ogni minaccia durante questi trensfacente stagione di riforme sociali - promesse soprattutt’anni. I leader della contestazione (e cioè gli avversari to a vantaggio delle donne e dei giovani - di Mohammad elettorali di Ahmadinejad, Moussavi e Karoubi) credono Khatami, quinto presidente del governo iraniano. Dopo il che la Legge fondamentale della Repubblica non debba fallimento dell'esperienza del presidente Khatami, le elecadere nel nulla. zioni del 2005 sancirono la conquista del governo da parte La guerra verde è condotta con uno scopo preciso: restaudel conservatore e populista Mahmoud Ahmadinejad. rare un sistema di garanzia dei diritti umani senza modiL’Ayathollah Khamenei, allora, ufficializzò prontamente il ficare l’essenza del regime iraniano, la sua solennità. risultato elettorale. Come poi ha fatto nuovamente, nonPerò la piazza ha molte facce. E si possono distinguere ostante le pesantissime prove di brogli elettorali, tra il 13 facilmente due schieramenti, gli estremisti e gli oppositoe il 19 giugno scorso, decretando la legittimità di un ri. Entrambi contro il governo, pur per ragioni diverse, ed secondo mandato di Ahmadinejad, già capo di un goverentrambi indeboliti da un limite: gli uni, spinti dal naziono autoritario, repressivo e illiberale, che vanta l’uccisionalismo sfrenato, rischiano di cadere nella trappola del ne e l’incarcerazione di centinaia di studenti, giornalisti e fondamentalismo; gli altri, i “riformisti”, rischiano di non oppositori al suo governo. riuscire a schierarsi su delle posizioni chiare, passaggio indispensabile per Quelli della rielezione di Ahmadinejad Le manifestazioni ottenere dal governo in carica il rispetto sono giorni tesi, ricchi di scontri, anche diritti umani. parlano chiaro. LʼOnda dei internazionali. In Iran fu subito protesta, In questo senso, spiega Siavush verde è contro il spontanea e di massa. “Where is my Randjbar Daemi, corrispondente dall’Iran vote?”, scandiscono ogni giorno da allo- governo e non contro per il quotidiano “Europa”, “l’insistenza ra tantissimi giovani (in Iran gli under 30 ‘buon governo’ da parte dei riformila repubblica islamica sul sono il 75% della popolazione, ndr) nelle sti potrebbe produrre una frattura con di Komeini piazze, per le strade delle città e nel web. una parte dell’opposizione di piazza che Il movimento di protesta, fino ad allora nelle ultime grandi manifestazioni ha rimasto nascosto, s’è fatto manifesto e mostrato un disprezzo crescente nei conchiassoso: per tutti oggi, è l’Onda Verde. Verde com’era la fronti di Khamenei e un calo d’interesse verso l’esempio rivoluzione islamica. Le manifestazioni di piazza parlano rappresentato da Khomeini”. Il compito dei leader riforchiaro. La protesta iraniana è rivolta contro il governo e misti, continua, dovrebbe essere quello di conciliare “la non (con le dovute eccezioni) contro la Repubblica islapropria visione gradualista con quella della protesta che mica, come intesa da Khomeini. Ma molto meno chiara è grida slogan nelle strade di Teheran o sulle pagine di la linea all’interno dell’opposizione “riformista”. Facebook, contro la Guida suprema e altri pilastri della In un articolo apparso sul Jomhouri Islami, il quotidiano reliRepubblica”. Per fare ciò, sarà però necessario in primis gioso della capitale, si dichiara che “quelli che esprimono ristabilire la calma, abbattere tutte le attuali forme di critiche nei confronti del regime, non sono per forza contrarepressione, di censura e linciaggio e ricominciare dalla ri al velayat-e faqih”. Anzi. Da quanto scritto si deduce che conciliazione. Affinché le istanze imperialiste di l’opposizione è scesa in piazza con il solo proposito di renAhmadinejad cadano nel vuoto, ridando voce a migliaia di dere più democratico il regime attuale. E non con lo scopo giovani soffocati dalla repressione. N Volontariato 52 I PICCOLI FANTASMI DI RIO ABBANDONATI, ODIATI E PERSEGUITATI. LE FAVELAS BRASILIANE NASCONDONO REALTÀ DURE DA DIGERIRE. MARTINA È PARTITA DA GENOVA PER VEDERE CON I PROPRI OCCHI QUELLO CHE SEMBRA UN ALTRO MONDO di Benedetta Gaino, 17 anni Liceo classico “Mazzini” na strada polverosa come tante, in periferia. Sporcizia e confusione ovunque: mezzi che transitano, persone a piedi e in bicicletta che affollano i lati della via. E in mezzo a tutto questo una ragazzina. Ha tredici anni, e in braccio tiene un bambino piccolo: “E’ mio figlio”, dice a chi le fa domande. Il cucciolo d’uomo tra le sue braccia non è certo suo figlio, e neanche suo fratello. E’ solo uno dei tanti bambini con i quali condivide la difficile sorte che le è capitata. Quello che avete appena letto non è l’incipit di un romanzo drammatico, ma la descrizione di una tragica realtà. Quello che secondo alcuni potrebbe finire tra le pagine di un libro è il mondo dei bambini di strada brasiliani. Nella periferia di Rio de Janeiro, nell’intrico delle favelas, vive questo giovane popolo figlio della miseria e della polvere. Sono centinaia i bambini di età compresa tra i tre e i tredici anni e gli adolescenti che vivono per le vie della città, senza una fissa dimora, sopravvivendo con piccoli furti a danno di negozi e supermercati. Spesso sono abbandonati dai genitori, in altri casi preferiscono la strada alla propria famiglia, avendo un padre alcolista o una madre che non si occupa di loro. E così per un motivo o per l’altro si ritrovano a camminare nella sporcizia della strada, vestiti di stracci, e presto diventano parte del “branco” del quartiere. U A Rio de Janeiro come in tutte le grandi città del Brasile non è insolito veder transitare sciami di bambini e ragazzi che si spostano in gruppo, come fossero un enorme nucleo familiare. Ed è proprio così: il “branco” sostituisce la famiglia, e al suo interno c’è una gerarchia. I ragazzi più grandi “comandano”, guidano i più piccoli e organizzano gli assalti ai negozi, coordinando il resto del gruppo. Le ragazzine fanno le madri, accudiscono i bambini più piccoli, crescono in fretta. Per loro non esiste il periodo dell’infanzia: perdono la propria famiglia e se ne costruiscono subito un’altra, dove sono donne e non più bambine, dove perdono presto l’ingenuità perché esposte alla malizia del mondo. Dimenticati ai margini della società L’unica organizzazione che a Rio de Janeiro ha cominciato a dare ai “meninos de rua” una nuova opportunità di vita, oltre che una vera casa, è l’associazione “Casa do Menor”, fondata nel 1983 da padre Renato Chiera, inviato dal vescovo in Brasile per lavorare insieme alla diocesi di Mondovì nel tentativo di recuperare i ragazzi della periferia di Rio de Janeiro. In Brasile infatti la situazione dei bambini di strada, “meninos de rua” in portoghese, è allarmante. Non Già a sei anni fanno uso di droga per non sentire i morsi della fame 53 solo perché è loro negata l’infanzia, il diritto all’istruzione, al cibo e all’acqua, ma anche perché non ricevono alcun aiuto da parte della società in cui vivono. Corrono anzi un grave e costante pericolo, perché le persone anziché aiutarli vorrebbero eliminarli per sempre. Sono numerosissimi i negozianti che assoldano ex militari o ex poliziotti perché formino gli “squadroni della morte”, gruppi organizzati per uccidere i bambini che infestano le strade brasiliane. In una sola notte molti gruppi di “meninos” possono essere decimati, senza che nessuno si opponga e dica nulla contro queste stragi silenziose. Tutto avviene infatti con il consenso delle autorità: il vandalismo dei bambini di strada è una piaga sociale da arginare il più possibile e il metodo più rapido ed efficace, anche se drastico, sembra proprio quello di ucciderli barbaramente. In questo modo gli esercizi commerciali e la popolazione sono maggiormente protetti. Evidentemente la crudele eliminazione di questi figli della strada non muove la coscienza di nessuno: del resto non hanno una famiglia, non appartengono a nessuno se non a sé stessi e vivono come fantasmi ai margini della società. Testimone dell’ottimo lavoro che l’associazione “Casa do Menor” sta svolgendo in Brasile è Martina Seminara, 21 anni, studentessa genovese al terzo anno dell’Accademia di Belle Arti. Insieme al fidanzato Giovanni Montelatici, che aveva già fatto esperienza in Tanzania e che l’ha coinvolta in questa missione, nell’estate del 2008 è volata in Brasile per prendere parte all’iniziativa a Miguel Couto, località nella periferia di Rio de Janeiro. Ognuno nell’associazione ha contribuito per migliorare le condizioni dei “meninos”, e Martina ha escogitato un modo divertente per tenere occupati e far tornare il sorriso ai bambini di strada. «Siccome frequento un corso di studi di tipo artistico - spiega - ho pensato di organizzare alcuni laboratori di pittura nei quali i bambini potessero esprimere liberamente la propria creatività, dimenticando almeno per un po’ la difficile vita di tutti i giorni». La “Casa do Menor” ha eretto alcune case-famiglia, centri d’incontro e punti di riferimento per gli abitanti della “rua”, all’interno delle quali Martina ha avuto l’opportunità di stare in compagnia dei bambini facendoli disegnare. «Insieme abbiamo dato vita a tre laboratori - continua - il primo aveva come tema l’albero: ogni bambino dipingeva con le tempere uno sfondo di fantasia sul quale poi io aiutavo a individuare la sagoma della pianta. Poi in un’altra occasione ho lasciato che su uno stesso foglio ognuno disegnasse una forma casuale, dopodiché dall’intrico di forme astratte ricavavamo un oggetto reale. Ma l’esperimento più sorprendente è stato un laboratorio artistico al quale hanno aderito non più bambini, ma ragazzi tra i 14 e i 18 anni. Un’età, questa, nella quale si presume non si abbia più interesse per un’attività come il disegno, accolto solitamente con più entusiasmo dai bambini. Eppure hanno partecipato in tanti, alcuni erano ragazzi già coinvolti nel traffico di stupefacenti e che già si erano macchiati di delitti». Nonostante l’età, per i ragazzi di strada brasiliani i laboratori artistici di Martina sono stati un’occasione per stare insieme, svagarsi, dare libero sfogo ai propri pensieri e alla frustrazione per una vita difficile. «Quello che abbiamo visto e sentito raccontare durante il nostro mese di permanenza ha dell’incredibile ricorda la giovane volontaria. Molti dei “meninos” fanno uso di droghe come la colla, il crac o i solventi per non sentire i morsi della fame. Nel mondo in cui viviamo noi è impensabile, ma nelle strade di Rio persino i bambini di sei o sette anni si drogano. I ragazzi più grandi offrono lo stupefacente e loro ingenuamente lo accettano, senza sapere di cosa si tratti, cominciando a sniffarlo quotidianamente». A testimonianza dell’esperienza vissuta in Brasile, Martina e Giovanni hanno deciso di organizzare nel novembre 2009 un’esposizione dei disegni frutto del lavoro svolto con i bambini ospiti della “Casa do Menor”. La mostra, intitolata “Pinturas de rua”, è stata allestita presso la biblioteca “E. De Amicis” del Porto Antico dall’8 al 22 novembre. A Martina e al suo ragazzo, che hanno vissuto un’esperienza come questa, va tutta l’ammirazione, e l’augurio di continuare in futuro a dipingere un sorriso sulla bocca dei “meninos”. Sono numerosissimi i negozianti che assoldano ex militari o ex poliziotti perché facciano sparire i bambini-vandali COME AIUTARE L’ASSOCIAZIONE - Si può andare in Brasile come volontari facendo la stessa esperienza di Martina Seminara. Per questo si deve richiedere un colloquio presso “Casa do Menor Italia”, via Roracco 25, Villanova Mondovì (Cn). Tel. e Fax 0174-698439. E-mail: [email protected] - È inoltre possibile contribuire con una donazione sostenendo a distanza uno dei bambini ospitati presso le case-famiglia dell’associazione, oppure acquistando uno dei libri scritti da padre Renato Chiera. - Ulteriori info: www.casadomenor.org - L’esperienza di Martina Seminara è anche sul web: www.martinaseminara.it Volontariato 54 LA SCUOLA MIGLIORA SE DIVENTA INCLUSIVA DUE GIOVANI DELL’ASSOCIAZIONE “IL NOSTRO PIANETA” TRA I DELEGATI DEL VOLONTARIATO RICEVUTI AL QUIRINALE stata un’occasione davvero importante! Prima di tutto per Ioana e Rody, due ragazzi che hanno approfittato pienamente delle opportunità che il progetto “orientamento e successo formativo” ha offerto: possibilità di incontrarsi, essere gli uni risorsa per gli altri, scambiare esperienze e riflessioni, accompagnarsi sulla strada dell’inserimento attivo e positivo nella nostra città». Paola Giani, Presidente de Il Nostro Pianeta, associazione che promuove l’educazione interculturale, la cittadinanza attiva, la cultura della cooperazione, dello scambio e della pace, racconta così l’esperienza vissuta dai due volontari che lo scorso 4 dicembre, in occasione della ‘Giornata internazionale del volontariato’, sono stati ricevuti al Quirinale dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Un'esperienza straordinaria per i due ragazzi, ma anche un riconoscimento importante per il lavoro che l'associazione il Nostro Pianeta sta svolgendo. «Sì, è vero. L’esperienza dei ragazzi “peer tutor” (mediatori interculturali), nelle scuole per aiutare l’inserimento scolastico e sociale torinese dei nuovi compagni arrivati da Paesi lontani, è un’idea vincente e ci piace sapere che potrà diffondersi: la visibilità del nostro progetto offerta dall’incontro al Quirinale servirà spero proprio a questo. I giovani anche oggi possono essere costruttori di cittadinanza, portatori di energie positive, capaci di creare relazioni e di rendere coesa la nostra società». Parliamo un po' del Progetto Orientamento e Successo Formativo che si è appena concluso. «Il P.O.S.F. si è proposto fin dall'inizio di prendere in carico i nuovi studenti non madrelingua di origine immigrata per aiutarli nel difficile percorso d'inserimento nella scuola superiore italiana. E' stato un progetto che ha interessato 49 istituti superiori torinesi con 75 ragazzi «È Paola Giani, Presidente de Il Nostro Pianeta presi in carico e oltre 200 che hanno partecipato alle attività estive. La cosa più importante è che tra i giovani seguiti, il tasso di dispersione scolastica si è praticamente azzerato. Questo è il risultato più significativo del progetto, realizzato grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo, la collaborazione del Cosp (Centro di Orientamento Scolastico e Professionale della Città di Torino), dell’assessorato comunale per l’Integrazione e dell'Ufficio Scolastico Regionale, che ha visto una partecipazione fortissima di studenti, famiglie, insegnanti e scuole». E ora che succede? «Il P.O.S.F. si è concluso a fine anno. Certo le ragioni che ci hanno indotto a pensare e realizzare il progetto permangono e la scuola, anche a causa della profonda crisi che sta vivendo, ha bisogno di iniziative di questo genere. Siamo convinti che qualcosa si potrà fare anche quest'anno, magari allargando l'iniziativa ad altre province del Piemonte». L'associazione Il Nostro Pianeta è referente della Global Education Week del Centro Nord Sud del Consiglio d'Europa, ha un proprio canale video su Youtube e persino un'idea per un “format” televisivo dedicato ai ragazzi delle scuole superiori. Non rischiate certo di annoiarvi... «Decisamente no. Siamo un po' come i nostri ragazzi, non ci fermiamo mai. Del resto anche l'idea alla base del format televisivo citato, Talkschool, parte proprio da questi presupposti: rendere protagonisti i ragazzi per farli confrontare, in maniera documentata e razionale, su diversi temi per aiutarli a farsi una propria idea sul mondo che li circonda, senza pregiudizi e sempre con la voglia di aprirsi agli altri. Infine, mi permetta di ricordare il nostro sito web www.ilnostropianeta.it che è diventato nel corso di quest'anno un punto di riferimento insostituibile per le nostre attività». Editoria 56 T I TO L I N U OV I TENDENZE ANTICHE C’È UN SOLO DATO IN ASCESA QUANDO SI PARLA DEL RAPPORTO TRA GLI ITALIANI E LA LETTURA: LE NOVITÀ CHE INVADONO GLI SCAFFALI DELLE LIBRERIE. MA SE NESSUNO LEGGE, CHE FINE FANNO? di Fiammetta Bertotto, 21 anni studi dell’Associazione Italiana degli Editori ’Ufficio si preoccupa da tempo di studiare il mercato libra- L rio nei suoi diversi aspetti (si pensi a Come leggo, come compro: i comportamenti di lettura e acquisto di libri, a cura di Giovanni Peresson), ma è sufficiente fare un giro su Google per conoscere l’esistenza, va detto, piuttosto avventurosa, riservata ad un libro nel nostro Paese: rischi, fortuna, incomprensione, eclissi più o meno motivate... Prima di entrare nel merito, però, sono necessari alcuni dati puramente statistici, utili a renderci conto di cosa si sta parlando: - in Italia sono pubblicati circa 170 libri al giorno, per un totale di 55.000 volumi l’anno; - la tiratura media per ogni titolo è vicina alle 5000 copie (circa 6000 per i titoli stranieri, che ricoprono il 22% delle opere stampate), ma quasi il 60% dei titoli pubblicati non vende neanche una copia e circa il 35% è destinato al macero; - per far posto alle “novità”, i libri resistono mediamente 40-60 giorni sugli scaffali, anche se il massimale lo decidono i singoli negozi seguendo linee guida generali; - in Italia ci sono intorno ai 7300 editori (ne nascono circa 70 al mese), ma sono i grandi gruppi editoriali (Mondadori, De Agostini, etc.) a dividersi il 90% del fatturato totale. Ho cercato di confrontare questi dati con esperti del settore, e una responsabile della Feltrinelli mi ha confermato che “il vero problema sta nella quantità dei libri stampati quotidianamente – poiché essa non regge con il ritmo di vendita che, invece, rimane costante – e nella non abitudine alla lettura, sempre più diffusa”. Gli editori, cercando di allargare il mercato, si affidano a nuovi titoli, proposti ad un ritmo esponenzialmente sempre più rapido, ma facilmente il progetto non va a buon fine, dato che è minima la parte di opere che trova un ampio pubblico (sono i cosiddetti bestseller) e, in ogni caso, sono perlopiù successi effimeri, dai quali, magari, trarre un film. Proprio attraverso la resa cinematografica - spesso solo una scelta interna alla strategia promozionale - si cerca di coinvolgere una platea più numerosa, invogliando all’opera che di quel film è stata ispiratrice, ma di nuovo le possibilità di un riscontro positivo su periodi di tempo più estesi sono ridottissime. Sorge allora spontaneo chiedersi perché e per chi siano pubblicati tutti questi libri, considerato che, come si è anticipato, i lettori forti in Italia sono sempre più rari e che solo il 6% circa della popolazione legge un libro al mese. Sembrerebbe assurdo rispondere che sia l’ego degli autori a dettar legge, visto che è soprattutto la casa editrice a pagare il prezzo del possibile fallimento e che tale eventualità difficilmente è accettata di buon grado. Il mistero resta quindi irrisolto, ma lampante è l’effetto che suscita: essendo i libri in voga ad essere I lettori forti in Italia sono sempre più rari e solo il 6% circa della popolazione legge un libro al mese 57 Su internet lʼacquisto dei libri, negli ultimi anni, è aumentato di oltre il 40% più stampati, ed essendo instancabili le novità, gli autori tanto o poco sconosciuti non riescono ad emergere dal fiume librario continuamente in piena. Negozietti, superstore e… supermarket Sono discorsi economici, ma che stonano con la consapevolezza che un libro è dotato di un valore aggiunto – altrimenti detto “cultura” – che dovrebbe farsi base del modo in cui ci si crea una coscienza critica, una visione del mondo, un allargamento d’orizzonti. Non è solo retorica; semmai, mi è stato spiegato, è una delle cause che giustifica perché sia così difficile riuscire a procurarsi titoli alternativi, vale a dire ai margini di ciò che la massa legge: “le grandi librerie dipendono strettamente dai grandi editori, motivo per cui non si possono permettere di acquistare in gran numero opere poco conosciute e di non venderle. Inoltre, la stessa piccola libreria, seppure possa rischiare maggiormente – poiché diventa, in questo caso, una scelta fatta a propria discrezione – corre il pericolo pur sempre in modo relativo, ovvero rendendo disponibile sul mercato un testo privo di fama solo in pochissime copie”. La piccola libreria induce, poi, ad una riflessione a sè stante, ma pur sempre sintomatica: il negozietto comporta inevitabilmente un contatto diretto con il venditore, insieme all’accostamento ad un catalogo più selezionato e settoriale, il che può mettere in difficoltà un lettore poco esperto; in altre parole, la piccola libreria è per un pubblico definibile “culturalmente aristocrati- co”. “La grande libreria, il megastore, concede invece la possibilità di entrare e cercare senza chiedere a nessuno, ti puoi muovere liberamente tra le diverse sezioni, dal manuale della barzelletta al saggio sull’avanguardia espressionista”. Ma, finché si mettono in relazione piccola e grande libreria, è facile rendersi conto delle differenze; il discorso si fa più sottile se, invece, si mettono in relazione grande libreria e supermercato. Infatti, i libri sono venduti non solo nel megastore sul genere della Feltrinelli, ma ormai persino in luoghi meno adatti quali gli scaffali di un centro commerciale. “Bisogna riuscire ad immaginare l’uomo qualunque che va a fare la spesa e, insieme al chilo di pomodori, compra anche il primo libro che gli cade sott’occhio (magari il più economico) tra quei dieci titoli messi a disposizione”. È sconfortante, perché è un chiaro segnale della crescente paralisi intellettiva che sta investendo la nostra società: l’acquisto di un libro fatto con la mancanza di scelta, di capacità critica o di curiosità, contribuisce a decretare la morte di quel valore aggiunto che un libro porta con sé, poiché si parte dall’ipotesi che quello che legge la maggior parte della gente sia necessariamente un buon libro. Il che, intendiamoci, può anche esser vero, ma non è sicuramente vera la conseguenza che se ne trae, ovvero che un libro che non vende è per forza un libro sbagliato. Infine, un’ultima osservazione. “La mancata reperibilità d’opere letterarie è motivata, tra le altre cose, anche dallo spazio che esse, concretamente, occupano”: ci vorrebbe la mitica biblioteca d’Alessandria per poter disporre di tutti i titoli in circolazione. A ben pensarci, però, una biblioteca d’Alessandria esiste, forse meno affascinante dell’originale, ma certo più al passo con i tempi: è ovviamente internet, dove l’acquisto dei libri, negli ultimi anni, è aumentato di oltre il 40%. Insomma, ci sono sul piatto le più importanti tendenze, tutte figlie del nostro tempo, nel rapportarsi con la cultura: perché scomodarsi a cercare di persona ciò di cui si ha bisogno se lo si può facilmente recuperare seduti alla scrivania di casa? Oppure, l’altra faccia della medaglia, perché preoccuparsi se una casa editrice rifiuta il mio lavoro? Basta cliccare su siti quali ilmiolibro.it per pubblicarlo sul web. E ancora, perché comprare un libro sconosciuto se tanto tra gli amici sarò più facilmente portato a discutere di quello che leggono tutti? Quale infinita quantità di testi, probabilmente pure validi, siamo impossibilitati a conoscere… Due soluzioni mi vengono in mente: una maggiore attenzione alla selezione, che deve diventare molto più accurata, e la volontà di riscoprire quella sensazione profumata d’inchiostro che la carta di un libro sa offrire. Reportage Scuola Holden 58 … E VISSERO TUTTI FELICI E CONTENTI SCUOLA HOLDEN VI ASPETTA A MARZO PER UNA VISITA GUIDATA NEL MONDO DELLE FIABE. TRE INCONTRI PER LEGGERE, CAPIRE E APPREZZARE NUOVAMENTE IL LINGUAGGIO DELL’IMMAGINAZIONE er il secondo anno consecutivo la Scuola Holden propone per gli appassionati di cinema e scrittura una serie di corsi serali che rientrano nell'offerta della Palestra 2009/10, il progetto nato con l’intento di fare della Scuola uno spazio aperto dove allenarsi a scrivere storie e imparare i mestieri del grande schermo, ma anche curiosare fra diverse espressioni della narrazione. A marzo l'appuntamento è con una visita guidata nel mondo delle fiabe pensato per tutti coloro che, per motivi personali o professionali, si sentono attratti da questo genere e in particolare a genitori, nonni, educatori, insegnanti, animatori e artisti. Tre incontri in cui saranno presentate alcune mappe per camminare tra le fiabe, esplorarle e viverle in diversi modi, come quella “delle parole ricorrenti”, per capire come percepiamo e reagiamo nell’ascoltarle e come essa riveli le qualità di tutti gli ingredienti narrativi. I partecipanti saranno guidati dai classici, ma anche da autori contemporanei attivi in diversi ambiti narrativi (dal cinema all'illustrazione, dal teatro alla letteratura per grandi e piccini), che hanno inventato nuove storie a partire da fiabe classiMarina Gellona che, e chi vorrà potrà mettersi in gioco attraverso esercizi di scrittura. Il corso è a cura di Marina Gellona, docente di laboratori di narrazione, ricercatrice per la Scuola Holden e fondatrice nel 2008 a Torino (con una collega attrice e storyteller) del Circolo della Fiaba, associazione nata allo scopo di formare narratori di fiabe. P Per informazioni e iscrizioni Quando: mercoledì 10, 17 e 24 marzo 2010, dalle 19 alle 21 Dove: Scuola Holden, Corso Dante 118 – Torino Quanto costa: 90 euro Scuola Holden – Corso Dante 118, Torino www.scuolaholden.it – [email protected] – tel. 011 6632812 – cell. 327 3819503 Risultati test 59 E tu, sei ecologista o pigrone? (pag. 26) Punteggio: per ogni risposta A: 1 punto - per ogni risposta B: 2 punti - per ogni risposta C: 3 punti Fino a 10 punti: Da 11 a 15 punti: Da 16 a 21 punti: Accidiosi Avari Non-violenti contro Natura A tutti piace starsene in panciolle di tanto in tanto, ma a voi non vi smuovono neanche le cannonate – figuriamoci prendere posizione a favore di una svolta ecologista! Eppure essere rispettosi della natura non è poi così difficile come sembra, basterebbe un po' di lungimiranza e giusto un pizzico d'impegno. Sperando che non siate del tutto irrecuperabili, vi consigliamo di partire dalle basi – tanto per cominciare, quando siete a casa, evitate di gettare gli avanzi dei pasti dove capita, fate almeno lo sforzo di arrivare al cestino della spazzatura! Secondo la tradizione dei nostri fantastici test, il profilo di mezzo è quello dei simpatici e dei moderati con il sale in zucca, ma la vostra taccagneria non ha rispetto neanche delle buone consuetudini – figuriamoci quanto ne può avere della salute del nostro pianeta! Siete del tutto privi di lungimiranza e chissà perché, siete convinti che quattro spicci in più nelle tasche vi garantiranno un futuro migliore... Ne riparleremo quando per fare una passeggiata in centro saranno obbligatorie le mascherine per respirare un po' meno anidride carbonica. Il terzo profilo è sempre stato quello dei disgraziati, mentre ’sta volta è quello dei buoni (o dei meno peggio). Avete rispetto della natura e siete convinti che un minimo d'impegno concreto da parte di tutti potrà fare la reale differenza negli anni a venire. Dico di più: anche se le vostre convinzioni fossero dettate solo da mode alternative e non da una reale consapevolezza, va bene lo stesso. Qui è in gioco il futuro dell’umanità e, mode o non mode, ben venga tutto quello che scoraggia comportamenti irresponsabili. Dopo “Piemonte Sotto i Venti” e “Liguria Sotto i Venti”, “Lazio Forteen” è la nuova guida monografica a misura di teenager realizzata da Zai.net in collaborazione con Touring Club Italiano e promossa dalla Regione Lazio per gli studenti delle scuole medie inferiori. Tra abbazie, riserve naturali, antichi mestieri e leggende, tanti i suggestivi itinerari che vi porteranno alla scoperta dell’Appennino laziale. Se amate la natura e avete voglia di nuove emozioni, zaino in spalla... si parte! www.sottoiventi.it Lazio Forteen TI N E M A NT U P AP 30 29 A cura di Caterina Mascolo, 19 anni GENNAIO FEBBRAIO FERRARA Due serate eccezionali allo Zoo Animal Sound: qui si esibirà la celebre “cantantessa” Carmen Consoli, reduce dal successo del singolo Non molto lontano da qui. L’album, dal titolo Elettra, dal quale è stata estratta la canzone è l’ultimo lavoro dell’artista. Proprio la tragica figura del mito greco ha ispirato, infatti, questo disco, divenendo il sottile collegamento che unisce e lega tutti i brani. Non temete però: non occorre certo ripassare la letteratura greca del V secolo per godersi il concerto; Eschilo, Sofocle ed Euripide vi attenderanno semmai al ritorno! Dal 6 al 16 GENNAIO TORINO Siete amanti del lusso? Scoprite allora gli sfizi più curiosi (e costosi) della Roma imperiale. Tuffatevi nello sfarzo del passato visitando il Museo delle Antichità del capoluogo piemontese, dove potrete ammirare oggetti, essenze, sapori e gioielli tra i più contesi ed ambiti nell’Urbs. La mostra è articolata in cinque sezioni e può sicuramente interessare anche i più allergici alla storia antica. FEBBRAIO VENEZIA Il Carnevale accende e colora la laguna! Scegliete la maschera che più vi si addice e non mancate ad un evento che si prospetta, come ogni anno, davvero spettacolare. Domenica 7 febbraio, il giorno successivo all’apertura, si terrà il tradizionale volo dell’angelo a mezzogiorno. Fino al 16 gli eventi sono moltissimi e spaziano dal “Carnevale al buio” alle serate di tango. Il tema dell’anno sono le sensazioni: perdetevi nella vista in zona san Paolo, udito in località Dorsoduro, tatto nei pressi del Castello, gusto a Cannaregio, olfatto in quel di Santa Croce e mente… a San Marco! Godetevi, poi, una delle città più suggestive al mondo con tutti i sensi e le emozioni di cui siete capaci. 14 Fino al 31 7 FEBBRAIO PRIVERNO (LT) La prima domenica del mese è molto animata da queste parti! Si tiene qui, infatti, nella bella cornice di piazza Trieste, la Sagra Nova. Cimentatevi nei giochi popolari come la scoccia pignatte o la corsa dei sacchi. Particolarmente forzuti? Il tiro alla fune vi aspetta! Se invece siete un po’ pigri, provate almeno a partecipare ai canti ed ai balli che animeranno l’intera giornata. Tutto questo movimento potrà generarvi un attacco di fame, ma non disperate: è un’ottima occasione per assaggiare la falia, un pane tipico, farcito con i broccoli. FEBBRAIO VERONA Ovunque voi siate, specie se in coppia, non sfuggirete alla morsa romantica di San Valentino! Potrete anche fingere di ignorare questa attesissima festa, ma per evitare incidenti diplomatici è bene organizzarsi. Cercate su internet un ristorante che prepari cenette a lume di candela, oppure, sempre grazie alla rete, ordinate dei pratici fiori che farete direttamente consegnare al vostro amato/a. Le idee scarseggiano? Abbondano i siti dai quali scopiazzare qualche trovata anche last-minute. Se desiderate stupire il partner proponete un breve soggiorno a Verona: dal 7 al 15 febbraio si conferma infatti, attraverso manifestazioni come le “luminarie d’amore”, la città più adatta per festeggiare! 61 Dal 3 al 6 FEBBRAIO RHO (MI) In questi giorni si svolgerà la Fiera di Milano dell’Architettura, del Design e dell’Edilizia che attirerà tutti gli appassionati del settore. Diversi i progetti da dibattere e numerosi gli eventi protagonisti della convention: dal forum della tecnica per le costruzioni al laboratorio di architettura. Per essere aggiornati iscrivetevi alla newsletter dal sito www.madeexpo.it Fino al 15 FEBBRAIO BARI Cultori della scienza, ecco un appuntamento degno di annotazione! Presso il Castello Svevo potrete approfondire la vostra conoscenza su una delle figure più importanti nel campo della biologia: Charles Darwin. Sono trascorsi, infatti, centocinquanta anni dalla pubblicazione dell’“Origine della Specie”, uno tra i libri più dibattuti di sempre e ancor oggi in grado di suscitare polemiche. TUTTO IL MESE CONCORSO C'è ancora tutto il mese per partecipare al concorso giornalistico Una storia ancora da raccontare: Maria Grazia Cutuli organizzato per il quarto anno consecutivo dal Festival Internazionale del Giornalismo e dall’Associazione Ilaria Alpi. Maria Grazia Cutuli, giornalista del Corriere della Sera, fu uccisa in un agguato il 19 novembre 2001 mentre si trovava nei pressi di Sorobi, sulla strada che da Jalalabad porta a Kabul a circa 40 chilometri dalla capitale afghana. Nell’attentato, forse teso da una banda di predoni, sono morti anche l’inviato di El Mundo Julio Fuentes e due corrispondenti dell’agenzia Reuters, l’australiano Harry Burton e l’operatore afgano Azizullah Haidari. Il concorso intende premiare i lavori che meglio avranno raccontato la storia di Maria Grazia Cutuli ed è riservato agli studenti universitari iscritti a qualsiasi facoltà, ai giornalisti e praticanti al di sotto dei 30 anni di età e agli allievi delle scuole di giornalismo. Per ulteriori informazioni, la segreteria del concorso è presso Il Filo di Arianna, tel. 075.5055807, fax 075.5017894, e-mail [email protected]. Il bando si può scaricare on line dal sito www.festivaldelgiornalismo.com. ROMA Appuntamento da non perdere per i cinefili più incalliti, ma anche per chi ha voglia di scoprire pellicole insolite riassaporando il suono della lingua francese. Inaugurato l’11 gennaio, il Festival del Film Francofono di Roma durerà fino al 31 marzo e ha in programma 12 film provenienti da tutto il mondo, il migliore dei quali sarà premiato durante le Giornate Romane della Francofonia. L’ingresso è libero; il programma delle proiezioni è anche su www.viverediperiferia.it Cruciripasso 62 UPGRADE: FREE STYLE GENNAIO È IL PRIMO MESE DELL’ANNO, MA ANCHE LA CHIUSURA DEL QUADRIMESTRE: VI SIETE MERITATI UNA PAUSA! ORIZZONTALI 1. Così è considerata l’H1N1 7. Ministro della Giustizia 11. Uguali in “losco” 12. Il primo nome della Gelmini 13. L’inizio dell’arca 14. Città del Belgio 17. Roberto, famoso ballerino 19. Quartiere di Napoli 22. Lo è quello Maggiore 24. Importante azienda italiana 25. Lo è FIAT 29. Una tipica azione a poker 30. Consonanti in “male” 31. …cream! 32. Hockey Club 33. Un pesce … d’acqua! 35. Fama, popolarità 40. Nei mutui, fisso o variabile 41. Uscire di senno 42. 3 romano 43. Potenza 44. Livorno 45. Isola teatro di un disastro aereo 47. Io ho, tu … 48. Pronome personale 49. Altare 51. Famosi quelli della polvere 53. Il materiale dei collant 55. Milano 56. 2 romano 57. Articolo determinativo 58. La “belle” alla fine dell’Ottocento 60. Trento 61. Abitavano l’Olimpo 63. Le consonanti di Linate 65. Alcuni tipi di radiazioni 66. Viceministro allo sviluppo economico VERTICALI 1. Candidata alle Elezioni regionali del Lazio 2. Diciottenne campana resa famosa dall’amicizia con il Premier 3. Guidava Venezia 4. Uguali in Emma 5. Al centro di “siamo” 6. Arezzo 7. Le vocali in “amaro” 8. Si può fischiare quello di mano 9. In un triangolo, si calcola base per altezza diviso 2 10. Capitale della Norvegia Una sbirciatina, piccola, alle soluzioni sul sito: www.zai.net 15. Un ordine dei capitelli 16. Lo stato con l’Onda verde 20. Li indossa Napolitano 21. Giro di… 23. Meglio non averne troppa! 26. Una fase dell’azione a pallavolo 27. Nino Rota 28. Al centro della fiera 30. Si ascolta con l’i-pod 33. La quarta nota 34. Eroi senza testa 36. Al centro di “soma” 37. Roy Paci 38. Le consonanti in “tazza” 39. Non si dovrebbero calpestare 40. Grave infezione 43. Un celebre Al 46. Iraq..a metà 47. E’ stata colpita da un terribile terremoto 50. Nilde Iotti 52. L’isola del Colosso 54. Al centro del topo 55. E’.. sana in corpore sano 57. La celebre Taylor 59. Le dispari in “urlare” 62. Gianna Nannini 64. Torino Oroscopo a cura di Cassandra 63 Ariete Toro 21/03 - 21/04 21/04 - 21/05 Affari di cuore San Valentino porterà buone nuove nella vostra piatta vita amorosa. Febbraio, mese così corto eppure così pieno! Amicizia & famiglia Dovete proprio tenere bene sott'occhio l'agenda o tutti questi impegni vi sommergeranno. Consiglio Ascoltatevi (e/o guardatevi su Youtube) Taylor Swift, per un po' di dolcezza! Affari di cuore Le corna continuano a pesare, ma... buone notizie: questo San Valentino che vi lascerà senza parole! Amicizia & famiglia Sotto questo punto di vista vi siete un po' adagiati... non dico di ammazzarvi di lavoro, ma un po' più di impegno sia a scuola che a casa non guasterebbe! Consiglio Gli All Time Low, per un po' di energia! Gemelli 21/05 - 21/06 Affari di cuore Fate un bel regalo al partner: sarà un San Valentino sicuramente da ricordare per mooolto tempo. Amicizia & famiglia La vostra energia sprizza da tutti i pori... bene! Continuate così e tutto sarà più semplice per voi, per chi vi è accanto e per la sottoscritta, che farà prima a leggere i pianeti, grazie! Consiglio I Cobra Starship, per un po' di brio! Cancro Leone Vergine 22/06 - 22/07 23/07 - 23/08 24/08 - 23/09 Affari di cuore Allora, decidetevi: o è il mondo ad avere qualcosa che non va o siete voi! Quindi... fatevi due conti e prendetevi una bella tisana. Amicizia & famiglia Posso dirvelo? Siete il numero tre sulla lista degli insopportabili e prima di voi ci sono Brontolo e il Grinch! Consiglio I The Big Pink, per un po' di novità! Affari di cuore Ok, il periodo è giusto! I pianeti sono dalla vostra e vi sentite in forma... provateci un po', io sono con voi! Amicizia & famiglia Dopo qualche ben nota difficoltà del primo periodo del mese c'è in vista una bella ripresa di stile: serve solo un po' di grinta. Consiglio I Secondhand Serenade, per un po' di smancerie! Affari di cuore Lo so, vi state chiedendo che fine abbia fatto Cupido... purtroppo non lo so, ma ho letto che i pianeti stanno lavorando per voi! Amicizia & famiglia Complimenti, ve lo devo proprio dire! Il periodo che si sta per aprire sento che sarà all'insegna del divertimento! Consiglio John Mayer, per un po' di romanticismo! Bilancia Scorpione Sagittario 24/9 - 22/10 23/10 - 22/11 23/11 - 21/12 Affari di cuore Amore, amore, amore... queste cinque lettere vi dicono nulla? No, non avete letto 'rumore'! Amicizia & famiglia Possibile che non vi vada bene nulla? Non per essere disfattisti ma... avete presente che tra un po' per avere compagnia vi dovrete mettere davanti allo specchio? Consiglio Florence And The Machine per un po' di allegria! Affari di cuore Voi e Cupido siete proprio pappa e ciccia, ma possibile che non vi sentiate nemmeno un pochino in colpa? Che dire, godetevela! Amicizia & famiglia Attenti agli oggetti taglienti e affilati! Non sono la strega della Bella Addormentata, ma con la testa tra le nuvole e i cuoricini alati… Consiglio Ben Jelen, per un po' di tenerezza! Capricorno Segno del mese 22/12 - 21/01 Acquario Acquario Affari di cuore Ma possibile che ancora non ve ne siate resi conto? C’è una persona che vi sogna da mesi e vi segue ovunque! Amicizia & famiglia Dopo i successi scolastici, in famiglia sono così fieri di voi che avrete quasi del tutto carta bianca... che altro dire? Consiglio Bethany Joy Lenz, per un po' di tenera grinta! Affari di cuore Cupido è sulle vostre tracce e non vi lascerà stare finché non vi avrà trovato: Venere ce l'ha con voi, mi spiace! Amicizia & famiglia Se da un lato va tutto a rotoli... dall'altro pure! Che ne dite di fare quello che dovete fare per poi cercarvi un bell'eremo? Consiglio Justin Bieber, per un po' di giovinezza! 21 gennaio - 19 febbraio Affari di cuore Che ne dite di un bel weekend fuori porta? Da soli o in compagnia, San Valentino seguirà la vostra scia (e se i pianeti mi hanno ispirato la rima...!). Amicizia & famiglia Le idee vanno schiarite anche in altri campi, ma non sottovalutate gli impegni, per carità! Consiglio I Lifehouse, per un po' di felice depressione! Pesci 20/02 -20/03 Affari di cuore Avete una scala reale in mano, ed è di cuori! Godetevi il momento e non siate spocchiosi: il karma gira e... un momento a te, un altro a me! Amicizia & famiglia Attenti a un insegnante del Toro: non è il suo momento d'oro e non sarà di certo neanche il vostro se non lo tenete a bada! Un po’ di furbizia non guasta... Consiglio Taylor Hilton, per un po' di calore!
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