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Codice cliente: 8727381 49 Corriere della Sera Martedì 13 Dicembre 2016 # Risponde Sergio Romano LA RIFORMA DELL’ISLAM QUEL CONVEGNO VENEZIANO di Paolo Di Stefano Libri, editori e mercato La sfida necessaria LETTERE AL CORRIERE CASE POPOLARI Il piano Ina Casa A proposito dell’emergenza casa popolari, ricordo che tutte le case popolari presenti sul territorio nazionale sono state costruite dal governo di Mussolini. Dopo la morte del Duce, l’edilizia popolare è stata accantonata. Prendiamone nota! Sibylle Abstoss Milano Credo che lei non tenga conto del piano di Ina Casa, voluto da Amintore Fanfani. In quattordici anni, dal 1949 al 1963, furono costruiti due milioni di vani dove trovarono alloggio 350.000 famiglie. Le lettere firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a «Lettere al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579 @ [email protected] www.corriere.it [email protected] VOTARE SUBITO L’opinione degli italiani Al voto subito? Ma siamo poi così sicuri che gli italiani vogliano andare al voto subito? Mi sembra siano più i partiti del No a spingere per questa opzione, piuttosto che i cittadini. Mi piacerebbe proprio vedere un sondaggio serio al riguardo. L’attuale maggioranza sembra tenere e terrà fino a quando un gruppo deciderà di staccare la spina. E quando si andrà a votare presumibilmente si dovrà convivere con maggioranze ballerine. Giulio Dal Bosco [email protected] COSTITUZIONE / 1 Capo dello Stato Al voto! Al voto subito! si grida da una parte dell’opposizione. Altrimenti si minaccia di mobilitare la piazza. Un modo curioso di intendere la democrazia rappresentativa! Sciogliere le Camere è una prerogativa esclusiva del presidente della Repubblica, non della piazza. Sarebbe irrispettoso tentare di leggere in anticipo le intenzioni del capo dello Stato, tuttavia mi Il piccolo fratello Le proposte di oggi su Corriere digital edition Pneumatici: come riusarli Un’immensa quantità di gomma: prima inquinava, ora ci serve, spiega Alessio Ribaudo La Bussola di oggi Le cose da tenere d’occhio nella giornata che inizia segnalate alle 6.30 dalle nostre firme Rassegna e notiziari Rassegna stampa alle 7.15 e due notiziari alle 13 e alle 19.30 Nel settembre 1955 si svolse a Venezia presso la Fondazione Cini un incontro tra intellettuali italiani e islamici per approfondire le relazioni tra la civiltà occidentale e quella islamica. Il resoconto fu riportato da Guido Piovene in un saggio (Processo dell’Islam alla civiltà occidentale). L’accusa da parte dei rappresentanti islamici consisteva nella considerazione che sebbene l’Occidente avesse insegnato all’Oriente metodi di ricerca scientifica e tecnologica allo stesso tempo l’aveva oppresso, anche per via di una asserita presunzione di superiorità culturale. I lavori, compiuti in un periodo in cui il clima internazionale era già carico di tensioni tra le due aree, vennero condotti in un’atmosfera di reciproco rispetto e grande equilibrio, senza mai porre la religione all’origine del contrasto. Venne ricordato che gli islamici credono alla verginità di Maria e alla nascita divina del Cristo, che Islam e Cristianesimo mai potrebbero confliggere se restassero fedeli ai loro insegnamenti e che, pertanto, le scelte politiche e non la religione avevano causato le principali divergenze. Il gruppo islamico, composto da scienziati, religiosi ed economisti riteneva, inoltre, superata l’interpretazione letterale del Corano, ritenuta alla base del fondamentalismo, e riconosceva la necessità che anche l’Islam si aprisse all’idea di libertà politica e di tolleranza. Se oggi si ripetesse lo stesso convegno, si giungerebbe alle stesse conclusioni? Ferdinando Fedi [email protected] Caro Fedi, a sua lettera ha il merito di ricordarci che vi fu una lunga fase storica tra la metà del XIX secolo e la fine del secolo scorso in cui le maggiori società musulmane furono consapevoli della necessità di adattare credenze, istituzioni e stili di vita ai grandi mutamenti generati dalle rivoluzioni politiche, economiche e culturali dell’Occidente. Le persona- L azzardo a dubitare che in presenza di una maggioranza parlamentare che esprime un governo legittimo, il presidente sciolga le Camere. Alberto Voltaggio [email protected] COSTITUZIONE / 2 Presidente del Consiglio Ci risiamo! Certi «fini» costituzionalisti del 60% si lità più rappresentative del mondo islamico deploravano i regimi coloniali instaurati nei loro Paesi dalle potenze europee, ma sapevano che il passaggio alla modernità sarebbe stato possibile soltanto grazie all’importazione di modelli occidentali. L’operazione decisiva fu la scrittura dei codici. I riformatori arabi e musulmani capirono che non sarebbe stato sufficiente importare macchine e tecniche di produzione. Occorrevano nuove leggi, corrispondenti alle esigenze giuridiche di società destinate a diventare sempre più laiche. Una bella trasmissione di Gabriella Caramore su Radio 3 («Uomini e Profeti») ha ricordato, nel corso di una delle sue ultime puntate, il Codice civile egiziano del 1883, ispirato da quello francese e modello per altri Paesi musulmani. Ma una grande importanza ebbero anche i Codici commerciali, spesso influenzati, come nella Turchia di Kemal Atatürk, da quello italiano. Resta da capire, quindi, perché questo processo di modernizzazione ispirato dall’Occidente sia stato duramente contrastato negli ultimi decenni da un forte risveglio islamico che ha coinvolto anche Paesi (Egitto, Iraq, Siria) in cui il processo di secolarizzazione aveva prodotto i migliori risultati. Gli storici ci spiegheranno probabilmente che il ritorno alla fede delle masse arabe è stato provocato dalla inettitudine di Stati che non hanno saputo dare soddisfazione alle più elementari domande della loro società. Ma a noi, in questo momento, preme soprattutto constatare che il fanatismo islamico è un fenomeno storico, legato a particolari circostanze, e non è dovuto alle caratteristiche genetiche dei popoli arabi. Alla sua domanda se l’incontro di Venezia sia oggi ripetibile, caro Fedi, rispondo che i riformatori musulmani sono molto più numerosi di quanto si creda e che segnali importanti potrebbero venire dall’Università di Al Azhar, la grande scuola del Cairo che è generalmente riconosciuta come la maggiore istituzione teologica dell’Islam sunnita. © RIPRODUZIONE RISERVATA sono affrettati a definire anche il governo che Gentiloni ha appena varato come il quarto non eletto dal popolo. Ma lo sanno i vari Berlusconi, Meloni, Salvini, Grillo ecc. quello che dice la Costituzione ( finché non la si cambia!) di questo Paese? Il presidente del Consiglio dei ministri è nominato dal presidente della Repubblica. Franco Rosati, Pisa PROBLEMI DEL PAESE Dimenticati? In questa vera e propria indigestione di commenti pare che tutti abbiano dimenticato che conserviamo il «privilegio» di avere quasi 1.000 parlamentari (molti di più degli Usa), due Camere che fanno lo stesso mestiere, un costoso e inutile Cnel, ecc. ecc. Alberto Novello, Trieste «È meglio vendere i libri che si fanno che fare i libri che si vendono». Non tutti i suoi colleghi, probabilmente, saranno d’accordo con l’epigrafe che Cesare De Michelis ha messo in esergo a Editori vicini e lontani, libro appena uscito per il minuscolo e prezioso editore triestino Italo Svevo: una folta e utile galleria di ritratti di editori, da Salani a Wagenbach, preceduta e seguita da alcune acute considerazioni sul presente e sul futuro. Che cosa vorrà dire De Michelis, il fondatore di Marsilio, con quella sua massima? È una questione di intenzioni: il vendere i libri che si fanno pone il successo commerciale come un (auspicabile) effetto secondario; viceversa il fare i libri che si vendono pone il successo come un imperativo. Si sa che questa seconda via, ampiamente diffusa, crea spesso enormi danni (anche economici), perché niente è meno pianificabile del successo di un libro, per cui pensare di fare libri che si vendano a colpo sicuro rischia di essere un progetto fallimentare. Scrive De Michelis: c’era un tempo l’editoria di cultura, che «sacrificò qualsiasi regola di mercato al primato della propaganda». Secondo De Michelis, l’editoria di cultura Anni 60 e 70 era essenzialmente ideologica. Il che pare alquanto esagerato: ogni buona iniziativa editoriale finisce per essere un intreccio di cultura e politica. E oltre all’Einaudi e alla Feltrinelli, editori progettuali erano anche Garzanti e Bompiani e Adelphi e il Saggiatore e la stessa Marsilio e… e… e…. «Dacché il Muro è crollato, di linea non si parla più, ma l’editoria di progetto è il bimbo che rischia di essere gettato insieme all’acqua sporca: ci si piega al mercato con la stessa predisposizione servile, la stessa obbedienza, la stessa cieca fiducia con cui ci si sottometteva al primato dell’ideologia». Persino di più, a dire il vero, anche se c’è chi rimane fedele a se stesso e con notevoli risultati. L’obbedienza ai numeri ha annientato, alla lunga, ogni criterio di qualità (si spiega così il declino della critica): e così dopo questo «sconquasso» (aggravato dalla Rete) si imporrebbe, anche per gli editori, «una stagione di operosa riedificazione di quel sistema di valori che possa diventare fondamento di una cultura e di una civiltà solide ed equilibrate...» (De Michelis dixit). Una sfida da far tremare le vene e i polsi. Anzi la Sfida: provare a distinguere tra ciò che è destinato a passare e ciò che è necessario che resista e duri. © RIPRODUZIONE RISERVATA INTERVENTI E REPLICHE La fuga all’estero dei pensionati / 1 Condivido la critica contenuta nella lettera «Pensionati all’estero per evitare le tasse» (Corriere, 6 dicembre), ma mi permetto di sottolineare che con una lotta seria ed efficace all’evasione fiscale si potrebbe ottenere: 1) la riduzione delle tasse per coloro che oggi le pagano più elevate a causa degli evasori, a parità di entrate per lo Stato. 2) La riduzione dei motivi/scuse di chi si trasferisce all’estero per pagare meno tasse sulle proprie pensioni. Tuttavia non condividerò mai le affermazioni del tipo «la mia pensione è assicurata da chi lavora oggi!». Giuseppe M. Guglielmetti, [email protected] La fuga all’estero dei pensionati / 2 A proposito della lettera sui pensionati che vanno all’estero, vorrei far riflettere su un paio di argomenti. 1) I lavoratori dipendenti, durante la vita lavorativa, hanno già pagato le tasse che sono servite ad accumulare il montante della loro pensione (cioè il frutto dei contributi versati all’Inps dalle aziende (23,6%) e dai lavoratori (9,4%) per almeno 35 anni. E adesso, grazie a un’illuminata signora, per almeno 42 anni). Perché devono vedere le loro pensioni di nuovo tassate? È davvero sorprendente vedere che nessuno dei 400.000 avvocati italiani, 80.000 notai, milioni di sindacalisti, unioni consumatori ecc., si sia mai posto la domanda del perché la pensione, che è frutto di accumulo di capitale (quindi, alla peggio, col 12,5% di tassazione) debba essere tassata come reddito di lavoro (quindi con «range» dal 25 al 42,5%)? 2) La lettrice crede davvero che persone anziane, magari con pensioni da 1.500 euro lordi al mese, fuggano con piacere lasciando affetti, abitudini e la propria patria solo per non pagare le tasse? Corrado Nagni, [email protected] RCS MEDIAGROUP S.P.A. FONDATO NEL 1876 CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO Luciano Fontana Urbano Cairo CONSIGLIERI VICEDIRETTORE VICARIO Barbara Stefanelli VICEDIRETTORI Daniele Manca Antonio Polito (ROMA) Venanzio Postiglione Giampaolo Tucci Marilù Capparelli, Carlo Cimbri, Alessandra Dalmonte, Diego Della Valle, Veronica Gava, Gaetano Miccichè, Stefania Petruccioli, Marco Pompignoli, Stefano Simontacchi, Marco Tronchetti Provera DIRETTORE GENERALE NEWS Alessandro Bompieri Sede legale: Via Angelo Rizzoli, 8 - Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 139 del 29 giugno 1948 Responsabile del trattamento dei dati (D. Lgs. 196/2003): Luciano Fontana [email protected] - fax 02-6205.8011 © 2016 COPYRIGHT RCS MEDIAGROUP S.P.A. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge. DIREZIONE, REDAZIONE E TIPOGRAFIA 20121 Milano - Via Solferino, 28 - Tel. 02-62821 Dal Palazzo delle Nazioni al Palazzo Europa A proposito del Palazzo Europa (Corriere di ieri) mi è venuto in mente quanto scritto su un libro del 1957, La legge di Parkinson. Riporto alcune frasi del capitolo «La legge del declino ossia l’edilizia burocratica». «...la perfezione dell’ambiente esteriore è caratteristica di quelle istituzioni che son giunte sull’orlo dello sfacelo. Conclusione che può sembrare paradossale, ma che invece si basa su vastissime ricerche archeologiche e storiche». E fra i tanti esempi citati nel libro, ricordo quello che mi sembra più vicino: «Vediamo la storia della Lega delle Nazioni. Dal 1920, anno della sua creazione, al 1930 tutti posero grandi speranze in questa istituzione. Ma l’incarnazione fisica, il Palazzo delle Nazioni, fu terminato solo nel 1937. Nell’anno in cui fu inaugurato il Palazzo, la Lega in pratica non esisteva più». Alberto Sala, Segrate (Mi) EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago - Via R. Luxemburg - Tel. 02-6282.8238 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma - Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • RCS Produzioni Padova S.p.A. 35100 Padova Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.04.959 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030 Catania - Strada 5ª n. 35 - Tel. 095-59.13.03 • L’Unione Sarda S.p.A. Centro stampa 09034 Elmas (Ca) - Via Omodeo, 5 - Tel. 070-60.131 • BEA printing sprl 16 rue du Bosquet - 1400 Nivelles - Belgium • CTC Coslada Avenida de Alemania, 12 - 28820 Coslada (Madrid) - Spagna • Miller Distributor Limited Miller House, Airport Way, Tarxien Road – Luqa LQA 1814 - Malta • Hellenic Distribution Agency (CY) Ltd 208 Ioanni Kranidioti Avenue, Latsia - 1300 Nicosia - Cyprus DISTRIBUZIONE m-dis Distribuzione Media S.p.A. 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