di - Campo de`fiori
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Civita Castellana Domenica 12 Febbraio in Piazza Matteotti alle ore 16,00 l’Associazione CATAMELLESI DOC organizza la 5^ sagra del Frittellone Giovedì 23 Febbraio “CARNEVALE DEI BAMBINI” sfilata di maschere e carri allegorici sul tema “ i 4 elementi - acqua, terra, aria e fuoco” Domenica 19 - Domenica 26 Martedì 28 Febbraio Sfilata dei Carri Allegorici - La marcia dei pinguini Libellule e collezionisti Mambo e Carioca Si a Divina Commedia nun la sai... ... salla! (carro) - Carusielli de’ un antro pianeta - Cupido co’ a freccetta ha colpito Romeo e Giulietta... a Verona semo passati e a Civita l’amio portati! - Catarì Party, Platinette c’è - Circo Rosina (carro) - Sveja Domenica c’è il derby, Holly e Benji - Così senza Schumi e Vale, l’antenati si inventarono carnevale - Caro pubblico battete le mani, il gruppo Gazibo vi presenta i Birmani - La nonna, er gatto e lu cellu (carro) - HAAAA...... le Hawaii - Un sacco de grano pe’ o corvo nostrano - Tra Pinocchio e il burattiere, mi consenta qual’è il vero Cavaliere (carro) MASCHERE LIBERE - Ciuffete, Ciuffete (locomotiva) Ben Hur all’attacco Cappello e Cappella La macchina di Santa Rosè Ecco le grattachecche Super Chiarori Campo de’ fiori 3 Ho letto nei tuoi occhi Sandro Anselmi Ho preso il coraggio di parlare della mia storia con Federico e , dopo l’uscita del precedente numero di Campo di Fiori dove incominciavo a ricordare il vissuto e le emozioni di giorni passati, ho gradito moltissimo i tanti vostri apprezzamenti e le vostre gratificazioni. Avevo avuto timore all’inizio, di poter strumentalizzare, anche se involontariamente, mio figlio ma, grazie a voi, capisco che così non è stato. Ed è allora, con immensa soddisfazione, che posso constatare come il messaggio sia passato integro ed indenne da ogni forma di speculazione, per arrivare diretto con la carica dei suoi sentimenti e la potenza dell’amore. Se tantissime persone mi hanno confidato la loro emozione nel leggere quella mia “lettera”, allora è segno che quella preziosa umanità che tutti andiamo cercando, alberga ancora tenace in fondo ai nostri cuori, nonostante i gravi problemi del tempo in cui viviamo, nonostante tutto! Non è retorico ricordare che lo spirito di questa rivista è proprio quello della ricerca e dell’affermazione dei valori, del desiderio della riscoperta dei sentimenti, dell’esempio della saggezza dei nostri padri, della naturale accettazione del “diverso”, insieme al rifiuto totale della polemica per forza, e delle squallide lotte di partito. Se solo questi miei umili pensieri e queste semplici testimonianze, potessero contribuire anche minimamente a migliorare i rapporti fra le persone, allora sarei infinitamente grato al Signore, per avermi fatto dono di questa immeritata qualità. Al riguardo ho certo molti dubbi, ma tentare mi sarà lecito, per la convinzione di camminare per la giusta strada e per la gioia di pensare che, magari mio figlio e quelli come lui, avranno guadagnato uno sguardo ed un sorriso in più. Il ricordo della prima volta che ti vidi piangere caro Federico, l’ho ancora vivo dentro e, tutt’oggi, mi far star male. Eri appena tornato a casa dopo quell’interminabile permanenza in ospedale e la tua bontà, la tua tranquillità, ci sorprendevano tutti. Eri un bambolotto caldo, da stringere e da accarezzare all’infinito. Io ti passavo delicatamente le dita sugli occhi cercando di piegarli un po’ in basso, per correggere quel taglio orientale comune a voi Down, e tu ti lasciavi fare e ridevi. Ti cantavo le filastrocche più stupide che inventavo al momento, cercavo che tu mi imitassi nelle smorfie e nelle boccacce più buffe. Non lo facevi, ma ti divertivi e battevi d’istinto le manine . Con i giocattoli, poi, era un’impresa. Non capivi l’uso che ne dovevi fare e, quasi tutti, finivano scaraventati fuori dalla culla. Non volevo che tirassi fuori continuamente la lingua, ed allora facevo finta di prenderla con le dita così tu, impaurito, la ritraevi. Ti suonavo spesso la chitarra per cantare “Oh che bel castello marcondirondirondello…..” ed allora, contento, sgambettavi e gesticolavi tutto. Una sera, che eri già a letto e venivo a controllare se ti fossi addormentato, vidi, con sgomento, due lacrime solcare le tue guancine. Mi feci prendere immediatamente dall’ansia. Non sapevo cosa avessi, cosa ti sentissi, tu non me lo potevi dire: non parlavi. Tu piangevi in silenzio, con dignità, senza singhiozzi, senza strepiti, sembravi un piccolo angioletto triste. Portavi allora i capelli tagliati a caschetto ed io, lesto, li sollevai per sentirti la fronte. Ma non avevi la febbre. Allora cosa ti faceva piangere? Ti palpai il pancino, ti feci muovere le gambine e le braccia, ma nulla cambiava della tua espressione da tradire un qualsiasi dolore. Che avevi allora? Mi straziava vedermi fissare così, mi chiedevi aiuto e non capivo cosa avessi. Allora, per consolarti e farti sentire più forte la mia presenza, ti presi in braccio e ti coprii di carezze e di baci. D’incanto spiegasti un candido sorriso, e quei dentini che sembravano piccole perline, mi regalarono all’istante la gioia immensa d’aver fugato un pericolo. Nella ritrovata serenità, ti strinsi al petto da sentire i battiti del tuo cuoricino accanto al mio. Pensai allora che ti fosse venuta un attimo di malinconia, e cercavo di immaginare quali pensieri fossero passati per la tua testolina. Conoscendo la tua straordinaria sensibilità, ti eri magari intristito per qualcosa che a noi “normali” sarebbe, senza dubbio, sfuggita, qualcosa che non avremmo minimamente percepito. In fondo tu vivi pienamente i sentimenti, in maniera diretta, senza compromessi, ed il bene che ci regali è molto di più di quello che noi riusciamo a darti. di Loredana Filoni Campo de’ fiori 5 Incontro con il simpatico attore romano alle prese con lo spettacolo “Geneticamente mortificato” Rodolfo Laganà è un personaggio che sa trasmettere la sua filosofia anche oltre lo spettacolo. In “Geneticamente mortificato”, giocando con il dialetto romanesco, mette in luce le debolezze dei romani e i piccoli problemi della vita quotidiana. Laganà, con l’ausilio di monologhi, racconta i suoi anni, vissuti placidamente. Abbiamo intervistato l’attore in un clima sereno, rilassante e simpatico. D: Ci parla un po’ di questo spettacolo? R: Naturalmente, è un gioco di parole, un one man-show, non è uno spettacolo sulla genetica. Racconto varie, piccole, mortificazioni quotidiane, che i più deboli, tra i quali mi annovero, subiscono. E’ uno show con musica dal vivo, eseguita da un ottima band di musicisti, tutti professionisti. Abbiamo anche inciso un CD, attualmente in vendita. Tutto questo mi sta dando grandi soddisfazioni! D: Nei suoi show, come del resto, in questo, nomina spesso la filosofia della “smaranza”. Ce la vuole spiegare? R: Io sono il filosofo della “smaranza”: è una pigra calma, è il gusto del cibo, è il dolce far niente, la tolleranza verso il proprio corpo. Il mio slogan a tal proposito è: per tutti quelli che hanno capito che nella vita l’importante non è vincere, ma non partecipare proprio. D: Questo show è il medesimo di quello estivo? R: Si. Ho iniziato all’interno del “Raccordo Anulare World Tour” che faccio da anni. In questo teatro il “Greco” di Roma, non ero mai stato. Me lo hanno proposto, ho accettato e, devo dire, sta andando bene. Sono contento. D: Come sono gli esordi di Rodolfo Laganà? R: Sono approdato al mestiere di attore solo ……per aver sbagliato fila! Era il lontano 1978. Andai al “Brancaccio” per prendere dei biglietti per uno spettacolo di Gigi Proietti. Davanti a me c’era una fila enorme di gente. Mi accodai pazientemente e mi ritrovai, senza accorgermene, a fare l’audizione per entrare Loredana Filoni e Rodolfo Laganà Foto Gloria Laganà nel laboratorio di Proietti. Avevo sbagliato fila. In compenso, però, mi presero al laboratorio e cambiai vita. Così, nel 1979, ero nel laboratorio di Proietti. Sono stato fortunato anche in seguito, perché nell’ ’80 feci un programma per RAI 3 con la regia di Ugo Gregoretti, su testi di Cesare Zavattini. Vista la somiglianza, interpretavo lo stesso Zavattini. Da lì in poi, ho continuato a fare televisione con Antonello Falqui, il Sabato sera di RAI 1, e vari programmi. Poi, pian piano, ho deciso di intraprendere una carriera di one man – show. D: Si è ispirato a qualcuno? R: Solitamente non mi ispiro a nessuno. Anche se poi, nell’anima, ho il mio grande mito, che è anche il mio punto di riferimento, Aldo Fabrizi. Di lui ricordo l’indolenza nel ritrarre il romano, il suo “farsi scivolare addosso” le cose. Lo interpreto a modo mio tenendolo, però, sempre un po’ presente. D: Proseguirà con la tournèe? R: Probabilmente prorogheremo un po’, qui al “Greco”, visto il successo dello spettacolo. A Febbraio invece, sarò al “Manzoni” di Roma, con una vera e propria commedia, di e con Paola Tiziana Cruciani, dal titolo “Naftalina”, nella quale interpreterò un prete “sola”. In primavera e in estate penso di riprendere questo spettacolo. D: Io lo chiedo un po’ a tutti: ha un’aneddoto da raccontare? R: Ne avrei tanti, ma, come sempre, non me ne ricordo quando me lo chiedono. Facendo un one man – show, ogni sera succede qualcosa di diverso: la persona che ti risponde o i telefonini che squillano (devo dire purtroppo)! Però mi danno anche spunto per farci qualche minuto di spettacolo in più. Certo sarebbe meglio se non succedesse! Di cose ne accadono tante, perché in teatro c’è una sorta di integrazione con il pubblico. D: Ha qualche paura Laganà? R: Ho delle fobie. Ho una grande fobia degli uccelli! Ho paura di ogni essere con le ali: uccelli, galline etc. Ho il terrore! Come tutti gli esseri umani, c’è la paura della morte e delle malattie. Sono uno che vive tranquillo. Faccio una vita poco mondana e molto in famiglia, con mia moglie Gloria e mio figlio Filippo, vivo tra le “mura” quotidiane dei miei cari, che mi proteggono molto ed è un valore cui tengo moltissimo. 6 Campo de’ fiori CORRADO AUGIAS connubio esemplare tra cultura, giornalismo e televisione Il noto scrittore ha presentato la sua ultima fatica, “I segreti di Roma”, in varie librerie capitoline di Loredana Filoni Corrado Augias è un giornalista di grande fama: cura una rubrica sul quotidiano “La Repubblica” e attualmente conduce “Le Storie” su RAI 3 alle 12 e 45. Scrittore raffinato di una serie di racconti su alcune città, da “I segreti di New York” a “I segreti di Londra”. Descrive luoghi inconsueti e suggestivi, in qualche modo sempre straordinari, in pagine di grande intensità. Ne “I segreti di Roma” Augias racconta il volto celato della nostra capitale e le molte storie che hanno contribuito a renderla immortale. Dalla rozzezza dei suoi primi abitanti capitanati da Romolo, alla gloria del Rinascimento, fino alle illusioni di Cinecittà. Ne scaturisce il fascino senza fine di una città dal passato che non trascorre e guai se così non fosse. Con immenso onore abbiamo potuto intervistarlo durante i suoi mille impegni lavorativi. D: Cosa pensa del livello culturale del nostro paese? R: Penso quello che afferma il Prof. Tullio De Mauro e che ha esposto nel suo libro “La cultura degli italiani” (Laterza): siamo uno dei popoli meno preparati d’Europa, con un tasso di analfabetismo o semi analfabetismo preoccupante. D: Come mai, secondo lei, i programmi di approfondimento culturale sono relegati in fasce orarie “difficili”? R: La sola regola che attualmente vige in TV è il rendimento dei programmi in termini bruti di audience. Più alta la media degli spettatori, più alto il costo degli spot pubblicitari. Poiché per i prodotti dell’intelletto vale la regola che il prodotto più facile scaccia il prodotto più sofisticato, i programmi meno gros- solani o più raffinati vengono confinati in ore periferiche rispetto all’ascolto più massiccio. D: Come è nata l’idea di questo ciclo di libri su importanti città e metropoli? R: E’ nato dalla constatazione di quanto poco, in genere, si sappia (residenti e visitatori) sulle grandi città che sono, invece, degli straordinari contenitori di storie, vicende, personaggi, luoghi, non solo di monumenti e di musei. La fortuna che questi libri hanno avuto, eccezionale nel caso de “I segreti di Roma”, dice con chiarezza che quella mia sensazione corrispondeva ad un bisogno largamente sentito. D: C’è una città della quale serba un ricordo particolare? R: Le due città che amo sono Roma e Parigi. Come Josephine Baker potrei dire anch’io “J’ai deux amours, mon pays et Paris”. Le ragioni di questi due amori le ho scritte e articolate nei due libri dedicati appunto uno a Roma, uno a Parigi. A Roma sono nato, mi piacerebbe morire a Parigi, in modo da racchiudere l’alfa e l’omega della mia vita. In queste due metropoli, a Giugno, tra l’altro, si celebrerà il cinquantenario del loro gemellaggio, in esclusiva, giusta ricorrenza. Non dimentico neppure che Napoleone, Imperatore dei francesi, diede a suo figlio il titolo di “Roi de Rome”. D: Ha pensato di tornare a condurre un programma del tipo di “Telefono giallo”? R: Per ora conduco un programma che si chiama “Le storie”, che và in onda tutti i giorni in un orario eccentrico (12,45 / 13,15) su RAI 3. Verso la primavera riprenderò qualche puntata di “Enigma” che è una specie di “Telefono giallo” applicato alla storia. Ho un buon ricordo di “Telefono giallo” ma credo che le molte imitazioni che circolano sugli schermi, lo rendano improponibile, almeno, per quanto mi riguarda. D: Ha in cantiere la stesura di un nuovo libro? R: Si, e sono a metà circa della stesura, ma è un libro molto delicato su un tema difficile. E’ un po’ presto per parlarne. D: A conti fatti, quale delle sue molteplici attività predilige: il giornalista, lo scrittore o il personaggio televisivo? R: Se fossi davvero ricco, starei a casa a scrivere, oppure in biblioteca, e negli archivi a fare ricerche, è l’attività che preferisco. D: Quali letture predilige? R: Tutte, un po’ per mestiere, un po’ per inclinazione alla solitudine. Per anni ho divorato romanzi, oggi preferisco la saggistica di tipo storico. D: Com’è il Dott. Augias nel suo tempo libero? R: Tempo libero? Non voglio fare la retorica stucchevole di chi dice di lavorare sempre. Il mio caso è diverso, non saprei dire quando faccio una cosa per lavoro e quando la faccio per diletto, lavoro e tempo libero si confondono, si mescolano uno con l’altro. Campo de’ fiori 8 “La bottega del caffè” Il gusto di valori sempre attuali in una commedia antica. Interprete d’eccezione Riccardo Garrone di Loredana Filoni Questo testo goldoniano fa parte delle sedici commedie nuove che furono commissionate all’autore dall’impresario veneziano Medebach, per la stagione 17501751. Fra le sedici commedie questa è l’unica di ambiente. La scena rappresenta una piazza veneziana, dove hanno fondamenta alcuni edifici: la bottega del caffè, la casa della ballerina, la casa da gioco, una bottega da barbiere e una locanda. L’intreccio delle varie storie si articola attorno a Don Marzio (Garrone), gentiluomo ma non troppo, che interferisce nella vita delle persone che incontra sulla sua strada, complicando ulteriormente le vicissitudini altrui, rendendole quasi farsesche, sul limite dell’inverosimile. Una commedia di grande effetto comico, in cui le “visioni” di Don Marzio, fra l’altro non veritiere, assumono un sapore amaro. Don Marzio, come tutta la commedia, ha caratteri universali, come universali sono i maldicenti e i millantatori. “Campo de’ fiori” ha incontrato Riccardo Garrone che ha parlato un po’ della commedia e delle sue esperienze artistiche. D: Ci parla di questo testo goldoniano, scritto nel 1750, ma sempre attuale per contenuti e messaggi? R: C’è poco da dire! E’ una commedia abbastanza conosciuta. Don Marzio, il mio personaggio, è un po’ la “lingua cattiva” di Venezia, quello che racconta i fatti di tutti, l’impiccione, il curiosone. Al termine, però, il pubblico si accorge che, in fondo, non aveva tutti i torti nel riferire le cose dette. E’ anche un uomo cortese, gentile e ironico, che crede poco nell’onestà umana. Il suo difetto è quello di dire ciò che ritiene giusto, combinando anche qualche pasticcio. D: Quali sono gli autori che predilige? R: Tanti. Da Moliere a Shakespeare. Da Goldoni a Pirandello. D: Quale ruolo le è più congeniale? R: Fra le cose più recenti che ho interpretato, sicuramente l’ “Enrico IV” di Pirandello. Mi è rimasto dentro, nonostante siano passati due anni dalla messa in scena. D: Lei ha fatto anche della pubblicità per una nota marca di caffè. Ci parla di questa esperienza? R: Sono dieci anni che la faccio. Impersono San Pietro, un personaggio precostituito. Su di lui non vi è nulla da Riccardo Garrone e Loredana Filoni (foto Francesco Antenore) inventare o da dire. D: Come si è trovato con Paolo Bonolis e Luca Laurenti? R: Come mi sono trovato con Tullio Solenghi e tanti altri colleghi: se fai il bravo, bene, altrimenti, male. D: Secondo Lei perché i bravi attori si vedono solo in teatro? R: Forse perché è la cosa più difficile da fare. Chi lo fa deve essere bravo. Al contrario della televisione, dove chi la fa, tranne pochissimi, non la fa certo per meriti artistici. D: Trovandoci nel teatro della compianta signora Ghione, ha un pensiero per ricordarla? R: E’ una cosa arrivata talmente all’improvviso, che siamo rimasti tutti un po’ storditi. Era inimmaginabile! Poi in scena, durante lo spettacolo! Questo ti fa percepire tutta la tua fragilità e precarietà. La gente ci vuole vedere sempre in un determinato modo e, invece, anche noi viviamo disgrazie e dolori come tutti gli altri esseri umani. Campo de’ fiori 10 di Carlo Cattani ... n r o b ral u t a N Questo mese, il costante, appassionato, appassionante, personale cammino alla ricerca di “nuove emergenze musicali”, mi reca alla corte di una “piccola grande band” della Capitale, ARVALIA . La “distanza” tra i due aggettivi testè usati è giustificata dall’età dei musicisti coinvolti in questo progetto musicale e dalla qualità del loro esordio discografico, “opera dell’ingegno” che ho ascoltato e riascoltato con attenzione e piacere, in questi ultimi tempi, il cd ARCHE’. Un ensemble costituito da 5 ragazzi intorno ai venti anni, che hanno “acquistato”, indi- ns! a i c i mus Campo de’ fiori vidualmente, il biglietto del loro viaggio verso il pianeta musica, sin dai banchi delle scuole medie e, successivamente, incontrandosi si sono “ riconosciuti ” per la loro comune passione! Ah …. la scuola, una “location”, un “ARCHE’”, un principio, alba di tante “storie di note”! L’avvio degli ARVALIA si può far risalire alle Maurizio Nigrelli e di “pulsioni” di Valerio Rasi, rispettivamente batterista e chitarrista , che aggregano, strada facendo, tra prove improvvisate e altre più strutturate, musicisti diversi, culminando nel 2004 con la definizione della formazione che ha “finalizzato” le architetture musicali del “principio” discografico autoprodotto: “ARCHE’” . Le “note” degli ARVALIA sono la risultante di un pensiero “stella polare”, che fin dagli esordi guida e governa bene il quintetto; la forza dell’espressione collettiva è l’ariete di sfondamento: un unico protagonista, la BAND, collettore delle soddisfazioni artistiche derivanti da un lavoro di fusione degli “interessi particolari” ….la “ditta ARVALIA” non sceglie un musicista “maratoneta dello strumento”, che nella logica del pensiero, sopra sinteticamente esposto, risulterebbe un elemento destabilizzante …il pensiero di una “ribalta creativa” equamente condivisa fortifica la motivazione a far musica insieme, sfrondandola da sovrastrutture che potrebbero essere, a volte, il risultato di “pressioni interne” da accettare a denti stretti per un apparente quieto vivere. Accanto ai fondatori Nigrelli e Rasi, la compagine dei nostri “fratres ARVALES” ( in epoca Romana erano indicati così gli “specialisti religiosi” appartenenti ad una corporazione avente il compito istituzionale di officiare riti pagani propiziatori della fertilità dei campi, accompagnandosi con preghiere e rituali, i cosiddetti “carmen Arvales”), si completa con un’altra chitarra, quella di Davide Bastolla, le tastiere di FLAVIO PIERANGELI e il basso di ANTONIO DEL BUONO, “officiante ” recentemente accolto nella “confraternita ARVALIANA” a rilevare Stefano Di Leginio. Di seguito a quattro simpatiche chiacchiere a ruota libera scambiate con VALERIO, “attivista” delle public relations del gruppo, apprendo alcuni aspetti della “chiamata allo strumento” dei ragazzi: in qualche caso trattasi di “incentivi familiari” (papà, mamme, fratelli, zii, già contaminati dalla “virulenza” della musica sono stati determinanti per l’iniziazione …….”crescere respirando gli odori delle custodie degli strumenti, ascoltando aneddoti dell’ambiente musicale ha signi- ficato tanto!” afferma Valerio ); frequentazione di scuole e seminari musicali hanno contribuito a rafforzare “la presa” dello strumento. Un incipit affidato ad una porta che si apre e chiude, dei passi e un fruscio di pagine delicatamente sfogliate (parziale citazione di un lontano “Passaggio” del Banco del Mutuo Soccorso dal disco d’esordio B.M.S. ?…… ), costituiscono i preliminari della “cerimonia” che i nostri “ARVALI” celebreranno nell’arco dei 35 minuti del flessuoso, intrigante, raffinato, “ARCHE’” (dal Latino: principio, origine) , lavoro completamente strumentale, strutturato in 8 brani, al quale “ non manca la parola ” per la concretezza di espressione riscontrata! La militanza negli ARVALIA di due chitarristi stilisticamente differenti, ma con l’intento comune di esaltare la componente melodica, di due “asce” intercambiabili nei fraseggi solisti, di un batterista in “avanzato stato di competenza”, un pianofortista/tastierista “panoramico”, capace di avvolgere o sottostare con sonorità ad ampio spettro di genere, dal rock, al blues, al jazz, alla classica, una capacità di scrittura da stigmatizzare in relazione alla giovane età dei ragazzi “ARVALI”, non potevano che decretare la riuscita, “col buco” della loro ciambella/cd “ARCHE’”. La loro musica, che definirei “guitar oriented in libertà vigilata”, è sostenuta da costruzioni sonore e conduzione diligente da parte delle due chitarre, con riff vivaci e “acchiappanti”, ceselli solistici equilibrati, “piu- mati o graffianti” che siano, mai superflui! Si frequentano i territori del progressive anni ’70 , con alcune soluzioni di arrangiamento e sonorità di tastiera che hanno affinità di vedute con il Banco d’annata, ….ma le pagine di “ARCHE’” sprizzano anche faville del sacro fuoco del jazz (di tanto in tanto un po’ acid …), testimoniano l’esposizione dei chitarristi alle “radia- zioni musicali” emanate da prove discografiche di illustri “guitar h e r o e s ”, intelligentemente assorbite, metabolizzate, utili per la costruzione di stili dai “percorsi personali” …. e poi c’è il divertissement “para disco” del brano DISCLETTICO che esula parzialmente ma sempre con gusto, dal resto del repertorio proposto! I“pentagrammaNAUTI” di ARVALIA confezionano, dunque, un esordio corposo, con brani di pregevole, equivalente caratura compositiva , che invogliano a ripeterne l’ascolto per apprezzare al meglio gli intimi passaggi e le funzionali sfumature, anche solo se provenienti da un breve “trillo” di chitarra o da una “spianata” al suon di Hammond o, ancora, da un soffice tocco di piatti nei modi del jazz. In definitiva, una band da seguire da parte di tutti coloro che hanno “pensieri musicali smussati” e ricercano “energia musicale pulita” per le loro orecchie. La sacrestia del “tempio” ARVALIA è aperta all’indirizzo: www.arvaliaband.it (email : [email protected]) …l’acquisto del loro cd, al prezzo promozionale di € 5,00 è un’idea per un reagolo poco ingombrante ma di “spessore!”!... Campo de’ fiori 13 C I N E M A N EWS Melissa P., Italia/Spa-gna, 2005. Genere: erotico; regia: Luca Guadagnino; interpreti: Maria Valverde, Geraldine Chaplin, Letizia Campa, Fabrizia Sacchi, Primo Reggiani, Claudio Santamaria; sceneggiatura: Barbara Alberti, Cristiana Farina, Luca Guadagnino; fotografia: Mario Amura; Produzione: Francesca Neri, Bess Movie, Pentagramma, Sony; distribuzione: Sony, Columbia Pictures Releasing Italia; durata: 110 minuti. Abitualmente la critica europea falcia in maniera veemente prodotti creativi concepiti a tavolino per uno specifico target di pubblico, realizzati puntando ad un unico bersaglio: incassi vertiginosi al botteghino. Ruota intorno a simile mira l’opera filmica “Melissa P.”, ideata da un regista senza fama, quale Guadagnino, coadiuvato da una Francesca Neri, nella veste inedita di produttrice. Il passaggio di una pruriginosa adolescente dall’infanzia all’età matura viene trasposto sul grande schermo, dopo che il best seller “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire”, steso nel 2003 dall’allora sedicenne siciliana Melissa Panarello, ha sollevato nell’opinione pubblica un vespaio di schermaglie polemiche. Il polverone di diatribe bigotte è stato rispolverato per l’uscita del lungometraggio e si è rivelato un’ottimale campagna di promozione pubblicitaria, facendo balzare il film al primo posto nel box office italiano, con 1.800.000 euro d’introiti, in seguito al primo week end di programmazione in ben 200 sale cinematografiche, site nella peni- sola. Già in fase di produzione l’autrice del libro ha dichiarato forfait, abbandonando il cast di creativi e soggettisti, in tal modo prendendo le distanze da un’opera audiovisiva che “affronta l’adolescenza in maniera banale e scontato, a volte direi quasi offensivo; è imbarazzante vedere come i responsabili del film abbiano una visione così bassa degli adolescenti, un popolo di consumatori, ricoperti di griffe, dalla testa ai piedi, tutti muniti di cellulare da cui è impossibile staccarsi, inconsapevoli delle loro azioni, senza personalità”. Bisogna, inoltre, essere consapevoli, come nel traslare pensieri e parole dalla letteratura alla materialità del cinema qualcosa vada inevitabilmente perso o modificato a vantaggio delle immagini e della linearità della trama. Nella stesura della sceneggiatura di “Melissa P.” è stato dato più spessore all’organicità psicologica d’alcuni personaggi, mentre altri sono stati creati con la fantasia, ex novo; come nel caso della nonna paterna, interpretata da una sfuggente Geraldine Chaplin. Rilevante osservare che il lungometraggio è frutto di una coproduzione italo-spagnola e che la protagonista, una diciottenne Maria Valverde, sia stata reclutata nella penisola iberica, dopo fallimentari provini effettuati sul suolo italiano. La sua recitazione si differenzia rispetto a quella degli altri commedianti: riesce ad esprimersi facendo leva sulla sua fisicità, incarnando lo stereotipo della Lolita, ma privo d’eccessivi clichè, sicché si rivela in lei un lato erotico, controbilanciato da un’inclinazione di M.Cristina Caponi verso un’introversa tenerezza. Raggiunta la maturità durante le riprese, l’attrice spagnola ha al suo attivo già quattro film nella sua terra d’origine, e ha coronato la sua precoce carriera con un premio Goya nella categoria dei volti emergenti. Le flebili figure di personaggi che incombono sulla trama avanzano in un’atmosfera ovattata in cui prende forma un chiaro scuro, illuminato da luci soffuse. Un’ouverture di quello che ci avrebbe atteso era già d’altronde stata preannunciata dal trailer, atipico nell’utilizzare un’assenza d’immagini, un buio che accende i desideri. Interviene, a far cadere nell’oblio una fotografia che non delizia l’occhio dello spettatore, un soundtrack prezioso che alleggerisce il tedio in cui giace il pubblico durante i 110 minuti di visione. Il film è privo di fotogrammi ad alto tasso erotico, le scene di sesso cadono in uno stato d’indeterminatezza, abbandonando i teen agers in un gioco di vedo- non vedo, in cui in sostanza tutto è lasciato all’immaginazione; infatti, come ha dichiarato Guadagnino: “Il film non è esplicito come il romanzo, che rasenta la pornografia, anche se non è castigato per niente”. La mannaia della censura non è stata eccessivamente severa, ponendo il divieto di accedere in sala esclusivamente agli adolescenti, con un’età inferiore ai quattordici anni. Innegabile nel finale una nota di pedagogia spicciola: da bad girl in un bozzolo di depravazione e vizi, a donna consapevole della sua forza. Non è detto che non ci si possa rialzare dopo aver toccato il fondo. Campo de’ fiori 14 Roma che se n’è andata: luoghi, figure, personaggi Giuseppe Gioachino Belli Il poeta di Roma Il 21 dicembre 1863, tra le otto e le nove di sera, muore all’improvviso Giuseppe Francesco Antonio Maria Gioachino Raimondo Belli, il Poeta di Roma; ha ottantadue anni di essendo nato, naturalmente Riccardo a Roma, il 7 settembre Consoli 1791, in una famiglia di lontana origine marchigiana, da Gaudenzio e Luigia Mazio; ha tre fratelli, Carlo che muore a soli quindici anni, Flaminia che sarà ordinata Suora dell’Ordine delle Perpetue Adoratrici della Santissima Eucarestia e Antonio morto subito dopo la nascita. Dei suoi molti nomi dapprima non usa che il primo e soltanto nell’adolescenza lo fa seguire da Gioachino; aveva appena undici anni quando muore il padre Gaudenzio contagiato dal colera a Civitavecchia dove la famiglia si era trasferita e appena sedici quando muore la madre Luigia che, nel frattempo, si era risposata con tale Michele Mitterpoch. E’ costretto a sospendere gli studi e comincia a lavorare presso la Copisteria Apostolica per passare poi alle dipendenze del principe polacco Stanislao Poiniatowsky; corre l’anno 1811 allorquando entra nell’Accademia degli Elleni che, a seguito scissione, diventerà l’Accademia Tiberina fondata per promuovere studi storici sulla città di Roma della quale egli diverrà Segretario prima e Presidente poi. A venticinque anni sposa la benestante Maria Conti vedova del Conte Pichi di tredici anni più anziana, cosa che gli consente di dedicarsi con tranquillità all’attività poetica; abita nella casa della moglie a Piazza Poli in un palazzo poi in parte abbattuto per l’apertura di Via del Tritone, alloggio che manterrà fino alla morte della stessa; avrà due figli, Felice Luisa che morirà a due anni e Ciro che sposerà Cristina Ferretti alla quale il poeta dedicherà un sonetto dialettale: “Sora Crestina mia, pe un caso raro, / io povero cristiano bbattezzato, / senz’avecce né ccorpa nè ppeccato, / m’è vvienuto un ciamorro da somaro. Aringrazziat’Iddio! L’ho ppropio a ccaro! / E mme lo godo tutto arinnicchiato / su sto mi letto sporco e inciiafrujjato / come un zan Giobbe ammezzo ar monnezzaro”. Allorquando scrive questi versi dal suo letto, dove un forte raffreddore lo costringe a riguardarsi, il lungo viaggio del Poeta è terminato; quel viaggio che egli ha compiuto attraverso la sua Roma esplorata in ogni suo strato, dall’alto al basso e che, alla fine, lo riconduce nella sua casa, nella sua camera, nel suo letto,“…la morte sta anniscosta in ne l’orologgi, / pe fermavve le sfere immezzo all’ora, / e ggnissuno po’ di: domani ancora / sentirò bbatte er mezzogiorno d’oggi…” Questa in estrema sintesi la vita di Giuseppe Francesco Antonio Maria Gioachino Raimondo Belli - il Poeta di Roma dal quale, trattando della tematica Roma che se n’è andata, non si può prescindere, egli è infatti come il porto al quale si deve forzatamente attraccare stante il fatto che da tutto il suo Poema traspira aria di Roma, infatti, che cosa rappresenta l’imponente produzione dei circa 32.000 versi per circa 2200 sonetti se non un monumento innalzato alla plebe romana? Scrive Giuseppe Gioachino Belli: “…ogni quartiere di Roma, ogni individuo tra i suoi cittadini, specie quelli appartenenti al ceto medio e, da qui in giù, mi hanno nutrito di episodi particolarmente adatti ad essere inseriti nel mio dramma…”. Una produzione quella del Poeta che nei suoi ultimi anni di vita egli stesso rinnega dichiarandoli “…sparsi di massime, pensieri e parole riprovevoli..” rifiutando di riconoscere in quei versi i propri sentimenti; la morte lo coglie all’improvviso e poco prima del suo trapasso raccomanda al figlio Ciro di distruggere tutti quei sonetti destinati a renderlo celebre “…esiste una cassetta piena dei miei manoscritti in versi. Si dovranno ardere!”, scrisse nel suo testamento, ma fortunatamente Ciro ritenne di non dover rispettare questa volontà. Il Belli non fa alcun mistero di essere profondamente innamorato della sua città, cosa questa che chi scrive riesce a comprendere perfettamente; è del tutto naturale innamorarsi di Roma anche se si è nati altrove o quanto meno di quella Roma che se n’è andata e che riusciamo a rivivere, in buona parte, soltanto attraverso i molti scritti, le innumerevoli incisioni di Bartolomeo Pinelli e gli acquerelli di Roesler Franz. Nel sonetto dal titolo Un privilegio il Belli scrive:“…si moro e po’ arinasco / pred’Iddio d’arinasce a Roma mia…”, e poi, quasi a volersi giustificare per la manifestata debolezza, con una sferzata di scherno, aggiunge:“…vamm’à cerca un paese foravia / dove se voti com’à Roma er fiasco…”. Accennavo agli oltre duemila componimenti in romanesco, quasi tutti pubblicati postumi, che mostrano il ribelle e violento accusatore, l’idealista, il contestatore, il cantore della plebe a cui dedica quello che egli chiama “il mio monumento poetico”. Si tratta di una poesia a forti tinte come dimostra la scelta del dialetto romanesco; in queste poesie il Belli non risparmia neppure gli argomenti religiosi tant’è che i riti cattolici vengono rappresentati come fossero semplici copioni privi di significato e persino la morte viene sbeffeggiata con un atteggiamento volutamente irrisorio. Nella poesia del Belli risalta con efficacia la rappresentazione realistica del mondo popolare romano anche se questa, in certa misura, viene idealizzata; risaltano le figure di popolani dalla risposta sempre pronta, astuti, abili nel maneggiare il coltello e, anche se appartenenti ad una classe minore e modesta, vengono caricate di un valore esemplare che le rende protagoniste assolute. Nel presentare la raccolta dei suoi 2200 sonetti, ognuno dei quali è fedele riproduzione della città di Roma dei primi dell’Ottocento, Giuseppe Gioachino Belli, nelle note introduttive, scrive: “Io ho deliberato di lasciare un monumento di quello che oggi è la plebe di Roma. in lei sta certo un tipo di originalità: la sua lingua, i suoi concetti, l’indole, il costume, gli usi, le pratiche, i lumi, la credenza, i pregiudizi, le superstizioni, tuttociò insomma che la riguarda, ritiene una impronta che assai per avventura si distingue da qualunque altro carattere di popolo”, continua a pag. 17... 01100 Viterbo P.zza Verdi, 2/A - Tel./Fax 0761.347651 e-mail: [email protected] Centro Commerciale Tuscia - Tangenziale Ovest - Tel. 0761.390013 e-mail: [email protected] 01030 Vallerano (VT) Via Don Minzoni, 58 - Tel./Fax 0761.751551 e-mail: [email protected] 01033 Civita Castellana (VT) Via Giovanni XXIII, 28-28A - Tel./Fax 0761.517951 e-mail: [email protected] 00169 Roma Centro Commerciale Casilino - Via Casilina, 1011 - Tel. 06.23260306, Fax 06.23279988 e-mail: [email protected] 63037 Porto D’Ascoli (AP) Centro Commerciale Portogrande - Via Pasubio, 144 - Tel./Fax 0735.753665 e-mail: [email protected] 70124 Bari Centro Commerciale Carrefour - Viale L. Pasteur, 6 - Tel./Fax 080.5382652 e-mail: [email protected] Campo de’ fiori 17 ...continua da pag. 14 anche se egli è in netto contrasto con la struttura sociale del suo tempo in cui Roma è governata dal Pontefice - il Papa Re e dove soltanto un numero molto ristretto di aristocratici e l’arrogante clero costituiscono le classi sociali più alte il cui potere ha ormai perduto ogni giustificazione storica, oltre che ogni morale. Era quella una Roma dove persino al mercato ittico, da tempo immemorabile, era diffusa una usanza secondo la quale non si poteva fissare il prezzo del pesce prima che avvenisse la scelta da parte del cuoco papale; sarà soltanto Papa – Pio IX, Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846 1878 ad abolire questa prerogativa e lo farà nella maniera più diretta, impedendo al suo cuoco di recarsi in pescheria. Situazioni ed atmosfere tutte puntualmente riprese dal Belli, è attraverso i suoi sonetti che si riescono a cogliere vuoi la grinta dei pescivendoli, vuoi i candidi soprusi di fraticelli invadenti che si aggirano fra quei banchi tentando di barattare i pesci migliori, nonché la insuperabile golosità dei molti porporati; leggendo quei versi è come se si riuscisse a percepire quel caratteristico brusio insito in certi dialoghi fatti di botte e risposte che, non di rado, sfiorano l’alterco. A questa classe sociale dominatrice si contrappone il popolino fanatico e superstizioso, i cui unici diversivi sono costituiti dalle molte manifestazioni di piazza, il più delle volte indette per glorificare le stesse classi dominatrici, oppure le altrettanto numerose pubbliche esecuzioni, tanto numerose da rendere famoso un boia, tale Giovanni Battista Bugatti - in arte Mastro Titta. Con l’intento di mettere alla berlina l’ipocrisia di questa società decadente il Belli, da intellettuale e moralista quale è, con la sua satira pungente dà vita ad un gran numero di vignette nelle quali molto spesso si celano amare considerazioni sulla vita e sulle condizioni dell’uomo; ogni sonetto racconta un breve aneddoto, un flash della vita di tutti i giorni, i cui versi finali contengono, quasi sempre, una conclusione umoristica, ironica, molto spesso filosofica. Questi sonetti riescono ad immortalare Roma e, senza voler tralasciare tutte le solennità religiose fissate dal calendario, osserviamo che soltanto la poesia e il sentimento romano del Belli riescono ad illustrare in maniera adeguata tutti quei pantagruelici eventi di cui Roma è fortemente intrisa. In questa variatissima commedia, accanto alla tematica più amara, a volte traspare quella gloriosa dei pochi giorni in cui il popolano riesce a nutrire il suo corpo, è in tali occasioni che ricorrono le fantasie mangerecce che lo inseguono nel corso di tutta la giornata e, tutto ciò, persino tra le navate di San Pietro allorquando, durante la Settimana Santa, il coro per sole voci intona il Miserere. “…Tutti l’ingresi de Piazza de Spaggna / Il mercato del pesce nun hanno antro da ddì ssi cche ppiascere / è de sentì a Ssan Pietro er Miserere / che ggnisun istrumento l’accompaggna. Defatti, cazzo! in la Gran Bertaggna / e in nell’antre cappelle furistiere / chi ssa ddì ccom’a Rroma in ste tre ssere / Miserere mei Deo secunnum maggna? Oggi sur maggna sce so stati un’ora / e ccantata accusì, ssangue dell’ua / quer maggna è una parola che innamora. Prima l’ha ddeta un musico, poi dua / poi tre, ppoi quattro; e ttutt’er coro allora / J’ha dato ggiù: Mmisericordiam tua…” Vi è un maggna in quel coro sul quale i cantori insistono, con vari contrappunti, per un tempo incalcolabile in conformità dello stile polifonico e quel magna, per il popolano del Belli altro non può significare, se non quello di cui lui ha più bisogno, ossia il mangiare ed è per tale motivo che s’immedesima tanto in quelle voci e le celebra con tale struggimento dell’animo. Il Poeta ha prestato molta attenzione anche ai Pontefici ai quali ha dedicato molti dei sonetti dialettali, ma non solo, lo ritroviamo attento cronista in più di una occasione come nella circostanza legata al viaggio di ritorno di Gregorio XVI, Bartolomeo Alberto Cappellari, 1831 - 1846, dalla villeggiatura di Castel Gandolfo, allorquando, per dare un po’ di riposo al Papa, erano state addobbate alcune stanze a Tor di Mezza Via, località dove a lui ed al suo seguito veniva offerto un rinfresco, come disse il Belli, “per togliersi il polverone dalla gola”. Nel sonetto dal titolo: “Er ritorno da Castergandorfo” del 31 ottobre 1836, il Belli, che non lesina gli strali nei confronti di un Papa che la voce popolare corrente indica come beone contento, scrive:“Circa a vventitrè e un quarto er Padre Santo / s’affermò a bbeve a Ttor- de-Mezza-Via; / poi rimontò in carrozza e ffesce intanto: / sù ggiuvenotti, alò, tiramo via.“Me crederai, si tt’aricconto in quanto / arrivò a Rroma? Ebbè, a la vemmaria / già stava a ccasa e sse teneva accanto / er zolito bbucal de marvasia. Malgrado ciò egli è affezionato a questo Pontefice, ne è prova il sonetto dal titolo “er Papa novo”, composto il 21 ottobre 1846, immediatamente dopo la nomina del successore, nel quale è ancora la figura di Papa Gregorio XVI che prevale; scrive il Poeta di Roma:“…a Papa Grigorio je volevo bene perché me dava er gusto di potenne dì male…” Campo de’ fiori 19 L’importanza dell’analisi storica Se il restauro di un’opera d’arte non può prescindere dallo studio storico su di essa, dei fattori che hanno portato alla sua nascita e di quelli che ne hanno determinato il suo evolversi e trasformarsi dell’Arch. nel tempo, e se il primo Cristina Collettini approccio con il bene, quello visivo, ci permette di trarre delle deduzioni iniziali certo non esaustive su di esso e che quindi devono essere supportate da dati certi, il primo passo da compiere per avvicinarsi alla conoscenza di quell’opera è indubbiamente la ricerca del materiale cartaceo e iconografico che in via più o meno diretta la riguarda. Mentre per l’analisi diretta dell’opera, aldilà delle difficoltà di dare le giuste interpretazioni, la fonte è costituita dal bene stesso e quindi facilmente individuabile, quali sono le fonti e dove si possono trovare queste informazioni storiche? Si tratterà di analizzare la letteratura esistente sul bene e sul contesto storico che lo ha determinato, nonché la documentazione grafica che, nel caso di un edificio storico, può essere costituita da antichi disegni, vedute, acquerelli, cartografie nuove e antiche, mappe catastali relativi al monumento stesso ed estesi al suo contesto territoriale. Molto utile può essere partire da studi già esistenti sull’opera che vogliamo Acta Sacrae Visitationis Civitatis Manliani Visita Pastorale del Vescovo Andrea Corsini, Accademia dei Lincei, Palazzo Corsini analizzare: un buono studio presenta infatti la bibliografia di riferimento dove sono elencati i testi che, in modo più o meno approfondito, trattano il tema in questione e quindi può darci già delle prime indicazioni su dove e cosa andare a cercare. E’ però vero che fino a quando si parla di opere d’arte di un certo rilievo, gli studi in materia sono cospicui e anche molto approfonditi, ma sussiste anche il problema opposto: per opere poco conosciute la documentazione è molto spesso carente e diventa più difficile ricostruire la storia dell’edificio, il perché della sua nascita, il suo evolversi nel tempo, cosa ne ha determinato la sua struttura attuale. C’è poi un’altra considerazione da fare.: deludente ma vero, molti autori spesso si copiano fra loro e non è raro trovare le stesse parole su scritti di studiosi diversi, appartenenti allo stesso periodo storico o vissuti in epoche lontane fra loro. Se quindi i contributi di altri studiosi possono rappresentare un valido punto di partenza per la nostra ricerca storica, sarà indubbiamente più utile e attendibile andare ad esaminare direttamente le fonti. Biblioteche, archivi storici, archivi comunali, collezioni private raccolgono tutta quella documentazione cartacea che non deve essere considerata appannaggio dei soli “topi da biblioteca”, sono luoghi che vedono un quantitativo più o meno vasto di testi, disegni, manoscritti che hanno un fascino tutto loro e fra i quali, ahimè, non è raro perdersi!! Accanto infatti ad archivi perfettamente organizzati con testi ordinati e catalogati per autore e per argomento, ne esistono molti altri, in centri minori, dove documentazione di diverso periodo storico e diverso contenuto è disposta su scaffali impolverati e molto spesso pericolanti!! Ricordo come, durante una delle mie prime ricerche storiche, qualche anno fa, in un archivio parrocchiale di una cittadina del reatino, rimasi sconcertata dalla confusione in cui vertevano manoscritti di una certa importanza, al punto che mi trovai immersa nella lettura di testi che con la mia ricerca avevano poco a che vedere ma che tanto avevano catturato la mia attenzione al punto che, all’uscita, dell’opera che stavo studiando ne sapevo tale e quale a quando ero entrata! A parte situazioni più o meno agevoli, l’analisi diretta delle fonti, via via che si va a ritroso nel tempo, implica imbattersi in testi scritti in linguaggi desueti, in manoscritti più o meno ben conservati, lacunosi in alcune loro parti, e che, in quanto tali, presentano una grafia d’altri tempi, con una terminologia ormai dimenticata o linguaggi arcaici: in Italia il latino la fa da padrone!! C’è poi un importante aspetto, legato all’attendibilità delle fonti dirette. Le visite pastorali, le storie dei Papi sono fonti utilissime per capire ad esempio la storia delle chiese, sia perché i principali committenti delle opere del passato sono stati gli uomini di chiesa, sia perché possono riportare ampie descrizioni delle opere così come dell’attività edilizia di eminenti personaggi. Può però capitare che l’estensore, per dare un eccessivo risalto all’operato della persona, molto più spesso per accattivarsene le simpatie, tenda ad esagerare alcuni fatti, così un piccolo intervento di restauro può diventare una ricostruzione dalle fondamenta o la donazione di due candelabri può trasformarsi Risposte ai quesiti di Prima Sacra Visita Pastorale dell’Elmo. Cardinal Cassetta, Vescovo di Sabina, per la parrocchia di San Michele Arcangelo, rilasciate il 1°Agosto 1905 dal Parroco D.Tito Crescenzi, foglio 1, Archivio Storico della Parrocchia di Magliano Sabina. nella sostituzione di tutto l’arredo ecclesiastico. Lo studio storico di un monumento non è facile, soprattutto per chi è alle prime esperienze, e comporta comunque un bagaglio culturale che permetta di valutare le informazioni, di selezionare quelle effettivamente utili da quelle che lo sono meno, di distinguere quelle veritiere da quelle enfatizzate o del tutto erronee. In ciò può venire in aiuto il monumento stesso, la cui analisi diretta potrà incrementare, confermare e a volte smentire le informazioni storiche raccolte. Sarà anzi il continuo raffronto tra fonti storiche e analisi diretta che permetterà di fissare i termini certi, di escludere ciò che certamente è finzione e di delineare un profilo coerente, un profilo e una ricostruzione storica che non sono definiti una volta per tutte ma che, con il proseguire delle indagini archeologiche e in seguito a successivi ritrovamenti anche cartacei, potrebbero arricchirsi, incrementarsi e, se del caso, anche modificarsi. Nessuno storico, nessun restauratore infatti può avere l’ambizione di definire un tema una volta per tutte; potrà al più dare un suo contributo, una sua interpretazione che deve comunque poggiare su solide argomentazioni, sulla base di quelle che sono le conoscenze storiche fino ad allora pervenute. In questo contesto nasce un concetto molto significativo: l’importanza di pubblicare i risultati di indagini conoscitive, ritrovamenti, approfondimenti, così da creare e via via incrementare un background di riferimento per tutti coloro che in futuro studieranno il nostro passato. 20 Campo de’ fiori L’angolo ... cin cin di Letizia Chilelli regole che vado enunciando non sono Da questo numero, inizierò ad occuparmi assolute. Chi è esperto di allestimento di dei veri e propri abbinamenti eno-gastropranzi ricevimenti in casa può concedersi nomici, aspetto fondamentale per l’impieanche delle varianti per liberare la propria go dei vini. fantasia. Prima però di abbandonarci ad L’accostamento dei vini alle bevande può abbinamenti fantasiosi sarà utile procedeessere un’arte difficoltosa soltanto per re ad una necessaria suddivisione che coloro che non si pongono il problema. serva come orientamento di base. Ma, con un minimo di cognizioni di base e Passiamo dunque in rassegna i principali un pochino di attenzione, si può arrivare a tipi di vino e vediamo a quali vivande poscogliere anche le più nascoste sfumature sono essere abbinati : del “matrimonio” cibo-vino, raggiungendo Nessun grande vino liquoroso bianco con così risultati perfetti. Se il menù non è le carni rosse o con la selvaggina. complicato, l’indicazione del vino Nessun grande vino rosso con o dei vini non sarà faticosa, a crostacei, molluschi e pesci in patto che la scelta sia fondamengenere. Questo non toglie però talmente giusta. che nelle regioni dove c’è una Se i vini che occorrono sono più di buona gamma di vini rossi, questi due, il problema comincia a prenon possano essere utilizzati negli sentare alcune difficoltà. Con tre abbinamenti. Il problema non si o più vini, siamo già al livello di un pone per un pesce servito con pranzo di una certa importanza. salsa al vino rosso. Occorre, quindi, far procedere il I vini bianchi vanno serviti prima vino in modo che tra una portata dei rossi. Ci sono però alcune e l’altra ci sia armonia necessaria eccezioni: una Vernaccia di per tener “sveglio” l’appetito. Oristano può essere servita a fine La successione corretta dei vini Per un pranzo colorito, pasto in abbinamento con un durante il pranzo diventa elemenfai un primo saporito. dolce alle noci, un vino liquoroso to di fondamentale importanza, ci Se non sai come iniziare, passito può concludere un pasto sono infatti delle regole ben color ti vado ad insegnare. con una torta a pasta non lievitalaudate, che conviene in ogni Prendi un medio pentolino, ta. caso seguire per non incorrere in melanzane, zucchine e peperoncino. Il vino deve equilibrarsi al piatto. piccoli o grandi “errori”. Prepara anche qualche odore, Un salmì di capriolo verrà accomCome dicevamo, non è però suffie poi prendi un cavolfiore. pagnato da un vino più robusto di ciente accostare un cibo ad un Ora il tutto taglia a cubetti, quello che verrà servito con un vino, occorre, infatti, armonizzare con un fil d’olio a saltare metti. taleggio dal profumo delicato e i vini anche nella successione Poni i fusilli nell’acqua che hai fatto bollire, fine. delle vivande. e nel pentolino aggiungi peperoncino e sale per insaporire. Il vino fresco va servito prima di Come non è consigliabile aprire Il gorgonzola vai a tagliare, quello a temperatura ambiente. un pranzo “importante” con un e il parmigiano a grattare. Anche qui almeno due eccezioni: antipasto troppo vigoroso per Nella pasta che hai scolato, Il Moscato d’Asti o un vino liquofarlo seguire da altre portate disponi tutto il preparato. roso serviti a fine pasto saranno molto più delicate, così bisogna Or l’odore è sì invitante, serviti freschi. cominciare con vini più fini e delie il sapore assai intrigante. I vini vanno serviti ad una gradacati e farli seguire da altri vini più Adesso goditi i complimenti, zione alcolica ascendente, ricorrobusti e generosi. dei commensali sorridenti. diamo infatti che un vino che si Salvo rare eccezioni, a tavola, di beve non deve mai far dimenticanorma ci si regola in questo re il precedente. modo: Erminio Quadraroli Ad ogni piatto il proprio vino. Se -Prima il vino più leggero e poi si dispone di pochi vini, servire quello più robusto pochi piatti. Ogni vino ha la sua -Prima il vino giovane e poi quelstagione : i vini bianchi “fioriscolo invecchiato no”in maggio e “maturano” in ottobre si apre il pranzo con un vino bianco e con -Prima il vino meno importante e poi quel(sentono maggiormente il richiamo della antipasti leggeri, facendo seguito con una lo più importante terra). pasta non troppo salsata e un secondo di Come si può notare si gioca sempre su di Evitiamo quindi di servirli in questi periodi. pesce. una questione di gradualità e armonia. I vini leggeri e profumati sono gradevoli in Se il menù, però, dovesse proseguire con Ogni abbinamento deve legarsi con gli tutti i periodi dell’anno, ma l’inverno è più un piatto di carne (in arrosto o in umido), altri, quello cioè che lo precede e quello favorevole ai grandi rossi. sorgerà la necessità di proporre un seconche lo segue. Anche per gli spumanti possiamo seguire do vino che sarà di regola rosso. Se poi Attenzione però:non è detto che ogni porlo stesso criterio : all’aperitivo serviremo concluderemo il nostro pasto con un destata debba avere il suo vino, una sola tipoun cremant, poi un brut blanc de blancs, sert, si può contemplare la possibilità di logia di vino può andare molto bene per proseguiremo con un millesimato, e coninserirvi un vino adatto, che potrà essere l’antipasto, per la pasta (asciutta o in cluderemo con un demi-sec o uno spubianco o anche rosso. brodo) e anche per il secondo. Si pensi ad mante dolce e/o aromatico. Desidero comunque farvi presente che le esempio alla stagione estiva dove di solito Abbinamenti eno-gastronomici Fusilli campagnoli 22 Campo de’ fiori La gloriosa S.S. Corchiano Da più di qualche anno ormai ogni centro abitato, piccolo o grande che sia, non può non avere la propria squadra di calcio. Corchiano può vantarne una che conta più di settanta anni. È stato piuttodi sto difficile per me trovare Ermelinda informazioni esatte riBenedetti guardo il corso della sua vita, non essendoci nessun documento scritto. Tutto ciò che sono riuscita a scoprire era affidato alla memoria di ex giocatori, tifosi e dirigenti, alcuni dei quali ormai anche piuttosto anziani, ma orgogliosi di ricordare quei bei momenti di gloria e di raccontare i loro prodigi, a distanza di tanti anni e con un po’ di nostalgia. Per questo li ringrazio vivamente, essendo stati con me molto gentili e disponibili e mi scuso con tutti per eventuali dimenticanze, dovute al passare degli anni e alla labilità della memoria umana. Il calcio é uno degli sport più praticati e seguiti degli ultimi anni. Verso il 1850, in Inghilterra, il football, pur non avendo ancora questo nome, era già configurato in modo assai simile a quello dei nostri giorni. Poi, pian piano, si diffonde in tutto il mondo. I giovani di Corchiano iniziano a conoscere ed esercitare questo sport intorno agli anni ’30 del Novecento, quando, grazie ad un certo Signor Aldo di Roma, toccano con piedi il primo vero pallone da calcio e imparano le prime norme e i primi rudimenti di tecnica, sostituendo quella specie di palla fatta di stracci, che, fino ad allora, avevano calciato senza regole. Proprio così, in quegli anni, si forma una piccola squadra nella quale si ritrovano a giocare gli elementi più validi dei vari gruppi delle scuole del paese, che erano soliti sfidarsi a fine lezione nell’allora grande prato, divenuto oggi Piazza San Biagio. Molti si appassionano subito a questo sport e, non potendo praticarlo a causa dell’età, decidono di puntare tutto sui ragazzi. Antonio Giustini, maestro di scuola elementare, proprio per la sua istruzione, diventa il primo presidente della squadra di calcio di Corchiano, affiancato da altri collaboratori, tra cui Giuseppe Crescenzi e il da sx in alto: Giuseppe Crescenzi, Torello Crescenzi, Bruno Petrucci, Roberto Nardi, Antonio Giustini, un operaio del Conte Tosti del quale non si conosce il nome, Dott. Signoriello, Pietro D’Achille. da sx in basso: Mario Sberna, Luigi Benedetti, Amelio Bigarelli, Antonio Fiaschetti, Silio Bernabei, Alessandro Petrucci, Olindo (si conosce soltanto il nome) medico condotto del paese di quel tempo, il dottor Signoriello. Erano gli inizi. La squadra non aveva una divisa, dei colori che la contraddistinguessero, i giocatori scendevano in campo con una semplice maglia e un paio di pantaloncini. Non esisteva neanche un allenatore: la passione, l’abilità, lo spirito di competizione, la voglia di giocare e soprattutto di vincere e di dimostrare di essere i più forti, facevano loro da allenatore. Non esisteva nemmeno un campionato nel quale poter gareggiare con altre squadre. Ci si limitava a sfidare le piccole formazioni dei paesi vicini: Gallese, Fabrica di Roma, Vignanello, Ronciglione, Rignano. Corchiano era molto forte e spesso e volentieri usciva vincitrice dagli incontri, anche fuori casa. A motivo di ciò, in più di qualche occasione gli incontri finivano in scontri, in cui si veniva anche alle mani. I corchianesi erano piuttosto facinorosi, lo riconoscono! Impressa nelle loro memorie è in particolare la partita giocata in occasione dell’inaugurazione del campo sportivo di Ronciglione. La squadra locale era sicura di vincere ma la delusione fu grande. Gli ospiti infatti trionfarono per due a uno ed anche in quell’occasione furono botte! Tutto sembrava procedere per il meglio, fino a che non esplode la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale, benché la passione fosse tanta, la voglia di divertirsi cala. Ma appena il conflitto finisce, i ragazzi tornano più agguerriti che mai, con il desiderio di recuperare il tempo perduto e di puntare sempre più in alto. Intorno alla seconda metà degli anni ’50 circa molte cose cambiano. Alcuni dei componenti della prima squadra, pur non essendo più in grado di giocare, non avevano abbandonato del tutto il mondo del calcio, che era stato per loro ragione di grandi soddisfazioni e divertimento, ma erano passati ad essere “dirigenti”, mettendo a frutto tutta la loro esperienza. Nuove e valide leve intanto arricchivano la formazione della S.S Corchiano. Di questi cambiamenti, però, vi parlerò nella seconda parte, sul prossimo numero. Campo de’ fiori 23 Associazione Accademia Internazionale D’Italia (A.I.D.I.) www.campodefiori.biz www.campodefiorionline.it www.accademiainternazionaleditalia.it ATTENZIONE ci è stato segnalato, da alcuni operatori commerciali di essere stati contattati per l’inserzione pubblicitaria delle loro attività su Campo dè fiori, da persone a noi sconosciute. Comunichiamo pertanto che le persone incaricate a qualsiasi titolo, da Campo dè fiori, dovranno essere munite di autorizzazione su carta intestata, debitamente firmata dal direttore e contenente i dati anagrafici dell’incaricato stesso. L’incaricato dovra inoltre esibire un documento di riconoscimento. Campo dè fiori è la più grande vetrina per i tuoi affari. La pubblicità su Campo dè fiori arriva e “porta bene” ed entra nelle case di milioni di lettori. TEL. 0761/513117 [email protected] Sede, Direzione e Redazione: Piazza della Liberazione n° 2 - 01033 Civita Castellana (VT) SOSTENETE CAMPO DE’ FIORI CON IL VOSTRO ABBONAMENTO CARTOLINA DI ABBONAMENTO ANNUALE SI desidero abbonarmi a : Campo de’ fiori (12 numeri) a € 25,00 I miei dati Nome___ ____ ___ Cognome____________________Età_________CAP________Città________________________Prov._______ Telefono______________________e-Mail________________________ Desidero regalare l’abbonamento a: Campo de’ fiori (12 numeri) a € 25,00 Il regalo è per: Nome__________________________Cognome_____________________Età___Via_________________________________________ CAP_______Città__________________________Prov._____Telefono__________________e-Mail______________________________ effettuerò il pagamento con c/c postale n. 42315580 intestato alla Associazione Accademia Internazionale D’Italia - P.za della Liberazione n. 2 - Civita Castellana Firma________________________________________________________ Autorizzo il trattamento dei miei dati personali secondo quanto disposto dalla legge n. 675 del 31.12.1996 in materia di “Tutela dei dati personali”. 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E’ tempo di carnevale, tempo di feste mascherate, di follie collettive, di veglioni, di coriandoli; tutti dobbiamo divertirci, ci sentiamo quasi obbligati a questi insoliti comportamenti, figli di una tradizione antichissima ben radicata nella nostra mente. “Semel in anno licet insanire”, così dicevano gli antichi romani nel periodo dedicato al massimo divertimento, che in parole povere significa “armeno ‘na vorta all’anno, fatece diventa’ matti de gioia”. E allora fatemi ballare coi miei ricordi, che poi sono i ricordi di tutti i miei coetanei, di noi giovani degli anni ’60. Carnevale, che bello mascherarsi e tuffarsi nella mischia, sui carri allegorici, o dietro, tra le maschere libere, insieme agli amici, cercando lei che durante la settimana non avevi potuto avvicinare per prendere accordi. Comunque sapevi che l’avresti incontrata durante il veglione ufficiale, quando accompagnata dai genitori, col suo vestitino elegante, un po’ impacciata, ma felice, avrebbe partecipato all’elezione di Miss Carnevale. Che ambiente diverso, una grande sala (a Civita Castellana avevamo la Sala Cicuti) lo spazio centrale libero, appunto per ballare, un piccolo palco dove l’orchestrina “nostrana” suonava, poi, lungo le pareti i tavoli e tutti seduti. Lei, con i genitori a fianco, non aspettava altro che tu la invitassi a ballare, allora prendevi coraggio, trattenevi il respiro, ti aggiustavi il nodo della cravatta e come se non la conoscessi, chiedevi se voleva ballare. Civita Castellana - Sala Cicuti, veglione di carnevale del 1955 - foto del Sig. Valentino Gai Furbescamente aspettavi che l’orchestrina attaccasse un ritmo lento, così avresti potuto tenerla tra le braccia, ma non stringerla, perché gli sguardi burberi dei suoi erano pronti a fulminare entrambi. Poi man mano che la serata andava avanti, arrivavano gli immancabili “trenini”, quando tutti attaccati si andava “a rimorchio” e tu naturalmente eri agganciato al “tuo vagoncino”. Il pavimento della sala era sommerso di coriandoli, le strisce filanti che scendevano dal soffitto ostacolavano le tue parole da innamorato, i cotillons rendevano tutti così buffi, che ti ritrovavi improvvisamente in quel clima carnevalesco, che avevi dimenticato mentre parlavi con lei fissandola negli occhi. Poi la sosta “rancio”, quando al buffet tutti si fiondavano su bignè, diplomatici, frappe e scroccafusi e quando c’erano, perché no, sui “frittelloni”, orgoglio culinario della nostra Civita Castellana. Era difficile rimanere solo con lei, marcatissima dai due arcigni difensori, cercavi di agire in contropiede, la tua azione si coronava davanti ai bagni, dove chilometriche file ti permettevano di parlarle finalmente in pace,mentre aspettavi il tuo turno. Cercavi di convincerla a partecipare alla festicciola che stavi organizzando con gli amici per martedì grasso, magari a casa tua, con il permesso e la presenza dei genitori. Allora sarebbe stato diverso, sul piatto del giradischi, solo pezzi lenti (altro che carnevale), corpi stretti e qualche bacio, rimanendo rigorosamente fermi sulla propria “mattonella”. Ma ecco, la giuria sta per assegnare la fascia di miss Carnevale, tutti si avvicinano al palco , l’orchestra accenna uno stacchetto e il presidente proclama la vincitrice. Sei felice, perché non è lei ad aver vinto, ma tu; anzi avete vinto tutti e due, perché avete vissuto un carnevale d’altri tempi, un carnevale che oggi può sembrare un po’ stupido, ma che ha significato tanto nell’evoluzione dei costumi contemporanei e nelle abitudini odierne, un carnevale che si può rivivere solo “Ballando coi ricordi”. Campo de’ fiori 26 Karate saggio di Natale Sabato 17 Dicembre 2005, come ogni anno con l’arrivo del Natale, nei locali della palestra OKINAWA, si è svolto il “Saggio di Natale”, evento dedicato a tutti i bambini dai 5 ai 12 anni, iscritti ai corsi di Karate. I piccoli karateka si sono esibiti davanti agli sguardi attenti e divertiti dei propri genitori foto dei partecipanti ed hanno dimostrato i progressi raggiunti in questi primi mesi di attività. L’argomento principale proposto quest’anno dagli istruttori dei rispettivi turni (Fabio Mercuri, Roberta Mercuri) è quello relativo all’acquisizione delle “capacità motorie e coordinative” attraverso prove di coordinazione e velocità, sotto forma di circuiti e corsie. Questo permette agli istruttori di insegnare ai bambini le nozioni fondamentali della disciplina, attraverso forme di gioco divertenti e appassionanti che rendono più facile l’apprendimento delle stesse. Inoltre, tramite l’utilizzo dei circuiti, si riescono a sviluppare tutte le capacità fisiche come la forza, la rapidità, la resistenza e la mobilità articolare, al fine di permettere l’acquisizione di una corretta postu- ra e favorire lo sviluppo ottimale dell’apparato locomotorio e muscolare. Tutto questo lavoro è di fondamentale importanza per sala Karate una formazione ed uno sviluppo a carattere generale, prima di entrare nella fase specifica dell’arte marziale. Grande la soddisfazione da parte dei due istruttori per l’ottima prestazione di tutti i bambini che hanno divertito ed emozionato i genitori presenti. Il saggio si è concluso con la premiazione finale dei bambini: Melissa Latino, Diego Compagni, Alessio De Venanzi, Michela Accettone, Francesco Stefani, Pietro D’Addario, Denise Cimarra, Hariz Batik, Alessia De Federicis, Giorgia Gaspari, Gaia Biancini, Francesco Deriu’, Fabio Filippelli, Cosmin Racovita, Simone Corelli, Federico Sciarrini, Luca Del Priore, Stefano Vitali. I CORSI DI KARATE SI TENGONO IL LUNEDI’ E IL GIOVEDI’ DALLE ORE 17:00 ALLE ORE 21:00 DA GENNAIO 2006 SONO RIAPERTE LE ISCRIZIONI AI CORSI LEZIONI DI PROVA GRATUITA Ogni lezione è strutturata per garantire un lavoro completo e diversificato: . Riscaldamento di tutti i muscoli del corpo, delle articolazioni e dei tendini. . Fase aerobica per aumentare le capacità cardiovascolari e bruciare i grassi. . Tonificazione muscolare per rendere il nostro corpo più resistente. . Defaticamento finale per ristabilire gli equilibri fisici e togliere le tensioni accumulate durante l’allenamento. Al tempo di musica, con l’ausilio di piccole attrezzature a corpo libero, ogni lezione rappresenterà una piccola sorpresa che vi stimolerà per affrontare un programma di allenamento costante e duraturo, dove i risultati fisici sono accompagnati dall’entusiasmo che tutte le praticanti dimostrano all’inizio e alla fine di ogni lezione. Il corso è studiato per tutte le donne che vogliono allenare il corpo e rilassare la mente, in un clima accogliente e familiare, dove ciò che conta è il benessere fisico e il buon umore. SALA FITNESS VI ASPETTIAMO OGNI MARTEDI’ E VENERDI’ DALLE ORE 17:30 ALLE ORE 18:30 PER UNA LEZIONE GRATUITA Campo de’ fiori 28 Le guide di Campo de’ fiori e n o i l g i c n o R STORIA La cittadina di Ronciglione, aggrappata alla pendenza di una collina tufacea, con una superficie di 52,28 di kmq e circa ottomila abitanti, dista appena Ermelinda Benedetti 20 km dal capoluogo di provincia, Viterbo, e si eleva per 442 m sul livello del mare. Contornato dai Colli Cimini da un lato e dal Lago di Vico dall’altro, il paesaggio si presenta particolarmente affascinante. Questa sua ubicazione, da sempre, spinse gli uomini a stanziarvisi. Il borgo, infatti, ha un’origine da far risalire agli Etruschi, durante la presenza dei quali nacque e si rafforzò una fitta rete di fiorenti scambi commerciali. Durante il periodo imperiale romano, assunse, con tutte le probabilità, la funzione di castrum, posto tra la Cassia Cimina e la Cassia Clodia. Ma con le invasioni barbariche si trovò a dover far fronte ad un periodo di non indifferente sofferenza. Subito dopo entrò a far parte del Ducato Romano. Da questo momento in poi, raggiunta una certa stabilità, iniziò ad essere un ambito punto di riferimento per viaggiatori e commercianti. Il nome stesso, secondo alcuni, sarebbe da ricollegare ad un nobile potente francese, chiamato Rossillon, che, nell’VIII sec., sembra abbia voluto trasferirsi proprio lì, per la bellezza dei luoghi e per l’aria salubre che si respirava. Lo stemma del suo casato raffigurava due leoni, quasi sicuramente quelli che sono impressi ancora oggi sullo stemma della cittadina, ai quali sono stati aggiunti il giglio farnese e una falce. I Vico governarono Ronciglione per quattro secoli, fino alla fine del 1400, quando, dopo una contesa con gli Anguillara, furono i potenti Farnesi a prendere il sopravvento, estendendo il loro dominio anche qui. I nuovi governanti avevano il compito, oltre che di formare uno stato autonomo, di migliorare l’aspetto architettonico nonché quello economico dei feudi dei quali erano venuti in possesso. Molto fu fatto per Ronciglione: fu addirittura realizzato un corso d’acqua artificiale, il Rio Vicano, sul lago di Vico. Grazie alla caduta delle acque di questo rivolo, vennero costruite cartiere, ferriere, mulini e tipografie, una delle quali fu tra le prime stamperie di carte da gioco di tutta Italia. Il centro divenne un forte richiamo per la mano d’opera proveniente da tutti i paesi vicini e da luoghi lontani. Questo fece registrare ben presto un forte innalzamento della popolazione che segnò una conseguente crescita economica. Nel 1537 il cardinale Alessandro Farnese, eletto poi Papa Paolo III, fondò il Ducato di Castro e di Nepi e Ronciglione venne eretta a Contea fino al momento in cui Nepi fu ceduta per l’acquisto di Parma e Piacenza, che divennero, a loro volta, ducato. Nel 1649, Ronciglione, in seguito alla caduta del Ducato, venne confiscato ai Farnesi dalla Santa Sede e passò pertanto sotto l’amministrazione della Camera Apostolica. È da ammirare il fatto che nonostante questo, contrariamente a quanto avvenne per molti altri centri della zona, non perse il suo dinamismo economico e culturale. L’arrivo dei francesi, poi, non risparmiò neanche il piccolo centro e, nel 1799, durante gli scontri, a seguito di un violento incendio, parte del patrimonio architettonico andò distrutto e con esso bruciò nel rogo anche il prezioso archivio storico. Oggi di tutti questi secoli di storia rimane il caratteristico borgo medievale, cuore pulsante di una nuova cittadina che si è sviluppata tutta intorno. ITINERARIO TURISTICO I monumenti più importanti da visitare sono perlopiù di periodo rinascimentale, avendo Ronciglione raggiunto il suo massimo splendore tra il 1500 e il 1700. Solo la Chiesa di Santa Maria della Provvidenza è da far risalire al periodo medievale, XI secolo, anche se mostra i segni di numerosi interventi apportati da artisti di secoli successivi. Sempre per quanto riguarda l’architettura ecclesiastica, é possibile ammirare nel Borgo i resti della Chiesa di Sant’Andrea, costituiti da colonne e capitelli e dal campanile, costruito nel 1463 dal comasco Galasso. La Chiesa di Santa Maria della Pace venne eretta nel 1551 per volontà del Cardinale Alessandro Farnese che la destinò ai Padri Agostiniani. Il progetto sembra di stampo vignolesco, l’altare maggiore è in stile barocco con un affresco della Vergine del XV sec. e una sala settecentesca di pregio, attribuita a Sebastiano Campo de’ fiori Conca, raffigura la Madonna con Bambino e S. Francesco di Sales. Di grande importanza è il Duomo, un maestoso edificio anch’esso di stile barocco, risalente al 1671, con molta probabilità edificato su progetto di Rinaldi. L’interno è impreziosito da due grandiose tele di Franceso Trevisani e Giuseppe Ghezzi, poste sugli altari minori del transetto, dei quali quello di destra conserva, inoltre, il prezioso trittico quattrocentesco del S. Salvatore benedicente di Gabriele di Francesco. L’altare maggiore è arricchito da una splendida tavola attribuita alla scuola di Giulio Romano. Poco distante dal centro si trova la piccola Chiesa campestre di Sant’Eusebio, del VII sec., quindi romanica. Divisa in tre navate da colonne in tufo sormontate da antichi capitelli, presenta affreschi del XII, XIII e XVII secolo. Della presenza di potenti famiglie rimane, benché in grave stato di degrado, il Castello della Rovere, detto “I Torrioni” in quanto l’enorme mole rimasta è sorretta ancora dai grandi torrioni angolari. La costruzione risale all’alto medioevo, legata alla funzione di difesa del borgo. Particolare è la Fontana dei Liocorni, disegnata probabilmente dal Vignola o da Antonio Gentili da Faenza, nel 1581, che riporta scolpiti lo stemma farnesiano e quello dei Liocorni. Come per Caprarola, è possibile visitare la Riserva naturale del Lago di Vico. TRADIZIONI E FESTE Festa di Sant’Antonio Abate Festeggiamenti in onore del Santo protettore degli animali, il 17 gennaio. Al suo interno vi è inserito un palio che prende il nome di Corsa della Stella. Carnevale di Ronciglione Prevede sfilate per le vie del paese di originali carri allegorici accompagnati da colorate maschere e tanta musica. Per la sua estrosità è uno dei più spettacolari d’Italia. il Duomo 29 Palazzo Comunale e la Fontana dei Liocorni Corse a vuote Corse di cavalli senza fantino, che si svolgono durante il periodo di Carnevale. Feste estive a Punta del Lago Iniziative proposte dalla efficiente pro loco di Ronciglione, che cura anche tutte le altre manifestazioni, per ravvivare le calde giornate estive lungo le rive del Lago di Vico. Festa delle Nazioni Vengono invitate tutte le ambasciate del mondo e preparati stand gastronomici con prodotti tipici e spettacoli folcloristici tenuti delle rappresentanze dei vari Paesi intervenuti. I festeggiamenti si svolgono nel mese di luglio. Festa di San Bartolomeo Festeggiamenti in onore del Santo patrono animati da intrattenimenti pomeridiani e serali di piazza nei giorni immediatamente precedenti al 25 agosto. SAPORI TIPICI Oltre a quelle che sono le pietanze caratteristiche comuni a molti dei paesi dellaTuscia, a Ronciglione hanno particolare rilievo i Tortorelli, un singolare tipo di pasta fatta in casa che nasce da un semplice impasto di acqua e farina, lunghi, rotondi e spessi. Per quanto riguarda i dolci sono peculiari i Panpepati con una base di miele e cacao nella quale vengono impastati fichi secchi, uva passa, noci, pinoli, nocciole. LE CURIOSITA’: Ma lo sapevate che a Ronciglione… Il più anziano del paese è la signora Iannicali Maria di 103 anni. La coppia sposata da più anni invece è composta dai signori Gianforte Giuseppe e Stella Cristina, che sono convolati a nozze nel lontano 23 febbraio del 1933. (fotoservizio M. Topini) riserva del Lago di Vico Campo de’ fiori Le disfuenze Centro di Diagnosi e Terapia Neuropsichiatrica, Psicologica, Logopedica, Psicopedagogica Via Tasso 6/A - Civita Castellana (VT) T. 0761.517522 Almeno una volta ognuno di noi ha provato sulla propria pelle una difficoltà di fluenza o “Disfluenza”. Le alterazioni dell’eloquio, come ripetizioni, troncature, intercisioni a cura della Dott.ssa che stravolgono il Anna Maria Sambuci ritmo, la velocità e la fluenza della lingua parlata, provocano disagio sia al soggetto che parla che all’ascoltatore, poiché richiamano l’attenzione sul modo di parlare piuttosto che sul contenuto del discorso. E’ molto frequente incontrare soggetti tachilalici, quelli che nell’ansia di finire il discorso si “mangiano le parole”. Un po’ meno frequenti i tartagliatori, che sono una evoluzione peggiorativa dei tachilalici, cioè coloro che oltre a “mangiarsi le parole” a volte si inceppano, alterando così anche il ritmo dell’eloquio. Il fenomeno senza dubbio più conosciuto è la balbuzie, caratterizzata da un insieme di alterazioni nella velocità, nel ritmo e nella fluenza dell’espressione verbale. Varie teorie sulle cause si sono diffuse nel tempo e mai nessuna è stata categoricamente negata o riconosciuta. Di conseguenza anche gli approcci terapeutici sono molteplici e si riferiscono alle diverse teorie etiologiche: organiche, genetiche, psicologiche. I sintomi sono variabili nell’età, nel tempo e nelle caratteristiche espressive anche nello stesso soggetto. Molto spesso il problema può condizionare tutta l’esistenza. Ogni scelta corre il rischio di essere valutata non in base a motivazioni reali bensì in rapporto alla necessità di dover parlare. Dal punto di vista diagnostico il logopedista analizza il comportamento disfluente e lo stato emotivo del balbuziente e, di conseguenza, propone un percorso terapeuti- 31 co personalizzato, avvalendosi anche della collaborazione di altri specialisti. E’ ormai appurato che i tempi di insorgenza di tale disturbo si focalizzano intorno ai 2 – 3 anni, 6 anni, adolescenza. Intorno ai due o tre anni può comparire una “balbuzie fisiologica”, la quale è determinata dall’aumento del lessico (parole) a conoscenza del bambino che lo porta a “stentare” nella produzione perché molto concentrato sulla ricerca della “parola giusta”. Non è un dato certo come tale sintomo può evolvere ma è altresì consigliabile prevenire anziché curare. Anche in un caso di balbuzie fisiologica è opportuno avvalersi di una consulenza specialistica, che sostenga i genitori nel comportamento adeguato da tenere. E’ possibile porre quesiti relativi agli interventi terapeutici e diagnostici del Centro,e ricevere chiarimenti in proposito, visitando il sito www.centroceral.com Aggrappati ad un “cordone” di speranza Come un fiore che, immerso nella tempesta, scosso dal vento e maltrattato dalla pioggia, aspetta qualche timido raggio di luce per veder di nuovo brillare i suoi petali, così è l’uomo. di Erminio Quadraroli L’essere umano è indebolito dallo scorrere del tempo ma rafforzato dalle nuove speranze che ogni giorno la ricerca produce. Lo sviluppo e la sperimentazione, tuttavia, da sole, delle volte non bastano e…come un soffione che è spazzato via dal vento così la nostra vita rischia di essere donata nelle mani di un Angelo. Per non spezzare prematuramente il nostro debole legame terreno, un piccolo ma operoso gruppo di medici ricercatori ogni giorno si batte per sconfiggere mali che, ancora oggi, purtroppo non sono sempre curabili e che trasformano la luce di felici occhi, brillanti come stelle in un cielo sereno, in orribili tenebre. La nascita di una nuova vita, evento già di per sé felice, può trasformarsi in un immenso progetto di speranze. Un neonato può, senza rendersene conto, compiere il suo primo “regalo” denso di altruismo, nei confronti di chi soffre e di chi oramai intravede una vita piena di scure ombre. I genitori del nascituro possono compiere un gesto molto piccolo per regalare un aiuto immensamente grande: donare le cellule staminali contenute in grossa quantità nel sangue del cordone ombelicare. Come si apprende da molte riviste specialistiche, questo sangue è ricco di cellule che possono essere usate per rigenerare tessuti danneggiati e curare malattie come l’Alzheimer e alcuni tipi di tumore. Questo è un gesto di altruismo a “costo zero”, che può regalare sorrisi a persone che hanno perso la voglia di sorridere…basta chiedere informazioni nei reparti di ginecologia degli ospedali dove si effettua il parto per lasciare una impronta indelebile nel cuore di un ammalato. Alcune volte basta guardare con gli occhi e capire con il cuore per regalare una speranza in più a chi oramai crede di averla perduta. Campo de’ fiori 32 L’orologio del Palazzo Comunale di Ronciglione 12 Agosto 1712 - 20 Ottobre 1714 Architetto Sebastiano Cipriani Il collocamento dell’orologio pubblico, nel 1712, nella sommità del Palazzo Priorale di Ronciglione in Piazza Umberto I, va visto in relazione ai restauri del palazzo stesso, promossi dalla Sacra Congregazione del Buon Governo, retta dal Cardinale Giuseppe Renato Imperiali, per rinnovare le vetuste e degradate strutture dell’antico edificio priorale. Come risulta dalla documentazione archiviale, incaricato del progetto e della redazione dei capitolati d’appalto è l’Architetto Sebastiano Cipriani, già autore del progetto del campanile della Collegiata dei SS. Pietro e Caterina, il Duomo di Ronciglione, recentemente restaurata. Il posizionamento dell’orologio sulla facciata principale e in asse con il portale cinquecentesco, è un intervento architettonico modesto e di poca rilevanza, ma diventa un episodio artistico di grande valore se visto nell’ottica dei piani di rinnovamento urbano della città di Ronciglione, promossi tra il 1712 e il 1730 dall’amministrazione pontificia e dal Cardinale Imperiali per dare un nuovo volto alla cittadina, un tempo centro vitale e “capitale” del Ducato Farnesiano. Le opere appaltate interessarono il Duomo, l’acquedotto pubblico e la fontana di Piazza Umberto I, il palazzo Priorale, le vie principali ed altri importanti edifici. Una serie non indifferente di lavori pubblici, secondo una terminologia attuale, tuttora in fase di studio ed analisi. Il 6 Aprile 1712, in Roma, il Cardinale Imperiali incarica l’Architetto Sebastiano Cipriani della redazione del progetto di restauro del palazzo Priorale e dell’orologio pubblico, della “…..Comunità di Ronciglione…”, allora in precario stato di conservazione a seguito delle infiltrazioni di acqua dalle sconnesse strutture lignee del tetto. Il 25 Giugno 1712 il Cardinale approva il progetto e la stima dei lavori redatti dall’architetto, che a più riprese è a Ronciglione per eseguire i rilievi tecnici e strutturali necessari. Il 22 Agosto 1712 viene stipulato il contratto di appalto delle opere con il Mastro Muratore Francesco Cantù: “LA SACRA CONGREGAZIONE DEL BUON GOVERNO CONSIDERATE LE OFFERTE CHE SONO STATE DATE PER LI LAVORI DI MURATORE DA FARSI NEL RIFACIMENTO DEL PALAZZO PRIORALE DI COTESTA COMUNITA’ E NELLA FABRICA DA POTER COLLOCARVI IL PUBBLICO OROLOGIO, HA GIUDICATO QUELLA DEL CAPOMASTRO FRANCESCO CANTU’ LA PIU’ VANTAGGIOSA E CHE LI DETTI LAVORI DEBBANO FARSI SECONDO LA PERIZIA, IL DISEGNO ET LA DIREZIONE DELL’ARCHITETTO CIPRIANI. ROMA 22 AGOSTO 1712”. Il 10 Settembre 1712 viene redatto e sottoscritto il capitolato d’appalto: ”CAPITOLI, PATTI ET CONVENZIONI CHE DOVRA’ OSSERVARE IL CAPOMASTRO PER IL RIFACIMENTO DEL PALAZZO PRIORALE DI RONCIGLIONE ET IVI FARE LA FABBRICA PER SITUARCI L’OROLOGGIO A BENEFICIO DI QUEL PUBBLICO ET ALTRO IN CONFORMITA’ DELLO SCANDAGLIO ET INSTRUZIONE FATTA DALL’ARCHITETTO SEBASTIANO CIPRIANI ET SECONDO IL GIUDICATO DELL’EMINENTISSIMO ET REVERENDISSIMO CARDINALE IMPERIALI”. L’orologio, del tipo “a Vela”, è posto su un alto basamento lapideo poggiante sulla copertura lignea ed è caratterizzato da una struttura muraria di base rivestita con materiale lapideo e da due mensole laterali a doppia voluta contrapposta, con al centro il quadrante, sorreggenti il cornicione sommitale. Superiormente è collocata una aerea struttura metallica a volute, di chiara ispirazione Barocca, con tre campane bronzee di varia forma e dimensione. L’orologio rivela la sua presenza sul piano di facciata tramite due paraste, che incorniciano lo stesso portale. L’Architetto Sebastiano Cipriani è, dunque, un tecnico della cerchia dell’Imperiali. Buon architetto ed erede della tradizione architettonica barocca romana, tra il 1705 e il 1730 è particolarmente attivo nei centri dell’alto viterbese: nel 1705 collabora dapprima con Filippo Barigioni nelle opere di costruzione del Ponte Clementino a Civita Castellana e successivamente, tra il 1706 e il 1727, nella realizzazione della Fontana e dell’Acquedotto di Nepi. A Ronciglione è opera autografa il Campanile del Duomo e il restauro, sempre con il Barigioni, della Fontana di Piazza del Comune. A Roma tra il 1727 e il 1730, è architetto del Tribunale delle Strade, importante carica pubblica del tempo. Di alto livello tecnico ed artistico i rilievi eseguiti nel 1728/’30 delle principali piazze di Roma per il Tribunale delle Strade. Nel 1727 elabora e realizza con Filippo Barigioni il progetto di restauro della Chiesa di San Gregorio a Ponte Quattro Capi, in prossimità della sinagoga di Roma e di fronte all’Isola Tiberina. La realizzazione dell’Orologio Comunale di Ronciglione è un episodio marginale e secondario, ma il suo alto livello artistico è una valida chiave di lettura per capire e conoscere l’azione culturale e tecnica svolta dallo Stato Pontificio tra il 1700 e il 1750 nei territori a nord di Roma dove promosse ingenti opere pubbliche di alto livello formale ed esecutivo, tuttora inesplorate e dimenticate dagli storici dell’arte. Prof. Arch. Enea Cisbani Campo de’ fiori 34 Cari amici la storia di Noel si arricchisce sempre più di nuove avventure. Conservate gli inserti e... buona lettura dai vostri Cecilia e Federico soggetto e testo Sandro Anselmi continua sul prossimo numero Lettera di una mamma Sarei molto felice se pubblicaste questa mia lettera nel prossimo numero del vostro giornale perché fosse di stimolo alle persone che si trovano nelle nostre condizioni, il tanto coraggio viene premiato da tante soddisfazioni. Tutti noi dalla vita vogliamo il meglio: un buon lavoro, tanta salute, una bellissima famiglia, una casa e dei bambini. I “Bambini” per una mamma, penso siano la cosa più importante. Quando sai di essere incinta, la prima cosa che ti chiedono è “preferisci maschio o femmina?” e tu rispondi che l’importante è che sia sano e libero. Anche a me hanno fatto questa domanda, ma, pensando che era il terzo figlio che aspettavo, ed essen- do giovane, tutto sarebbe andato per il meglio; invece fin dall’inizio sono iniziati i problemi. I primi tre mesi, a differenza delle altre gravidanze, sono dovuta stare a letto e, per maggior sicurezza, avevamo deciso di fare l’amniocentesi ma, per il distacco della placenta, non è stato possibile farla. Quando è nato il bambino è stato meraviglioso, ma è durato pochissimo perché, subito dopo la nascita, ci hanno comunicato che dovevamo trasferirlo all’ospedale di Viterbo per controlli. Per non farmi preoccupare mi hanno detto le cose più banali, ma appena me lo hanno portato mi è bastato guardarlo negli occhi per capire la verità, il mio bambino aveva la “Sindrome di Down”. In quel momento ci è crollato il mondo addosso e, intanto, i dottori ci ripetevano che, nella sfortuna, dovevamo ritenerci fortunati perché il bambino stava bene, il cuore, i polmoni e tutti gli altri organi funzionavano alla perfezione. A distanza di due anni, possiamo dire che le cose vanno benissimo. Fin da quando è nato, Francesco ha lottato con tutte le sue forze per farsi rispettare in questo mondo, con i suoi fratelli, poi, ha un rapporto bellissimo. Non c’è giorno che non pensi a lui, a come sarà la sua vita, a come sarà il suo domani quando sarà grande, queste sono le domande che mi pongo in ogni minuto della giornata, ma ho capito che è inutile porsele, ma che bisogna vivere la vita giorno per giorno. Molto spesso penso che se avessi fatto l’amniocentesi e avessi deciso di abortire, oggi saremmo pentiti di questa scelta, perché le gioie e le soddisfazioni che ci sta dando Francesco sono immense e vi possiamo dire che siamo molto orgogliosi di essere genitori di un bambino down. Alessandra Grieco Per un sorriso...di venti bambini ! L’occasione che mi viene offerta dal Signor Anselmi e dalla Redazione è grande e preziosa, e mi preme quindi utilizzarla come meglio mi consentono i mezzi di cui dispongo. Prima di andare avanti e di creare confusione in testa a te che mi stai leggendo, permettimi una breve premessa. Chi scrive si chiama Roberto e lo fa a nome di un modesto, ma premuroso piccolo progetto di aiuto a venti Bambini indiani… È proprio di loro che voglio parlarti, ma forse lo avevi già intuito: del resto le immagini della pagina parlano da sole. Il progetto (“Per Un Sorriso”) ha preso forma qualche anno fa, per volontà e mano di una giovane donna che chiamerò Barbara (anche perché questo è il suo vero nome), mia amica e collega. Barbara, oltre a coltivare un vivo interesse per pratiche yoga e meditative, e aver studiato per insegnarle, è, come me, anche una “navigante” come si dice in gergo, o hostess, se preferisci: una persona, insomma, che ha molte occasioni di viaggiare per lavoro, piacere, curiosità intellettuale… E proprio in occasione di uno dei suoi numerosi viaggi in India (paese del quale ha accumulato una sconfinata conoscenza), ha incontrato Raja, un ragazzo indiano appena trentenne, Maestro di yoga, che le ha parlato del proprio desiderio di prendersi cura di alcuni bambini orfani o semiorfani del piccolo villaggio di Serupatthu, sperso tra le alture dell’India meridionale, in una regione a prevalenza tribale, raggiungibile dopo ore e ore di viaggio a bordo di una jeep, inerpicandosi su stradine assai poco sicure ma “periodicamente” battute da strombazzanti autobus che sfrecciano, carichi di passeggeri, a velocità folli sul ciglio di pericolosi dirupi. Barbara ci ha riflettuto, ha fatto domande, ha avuto risposte (e credimi, in quel bellissimo ma bizzarro paese è cosa ardua!), ha voluto conoscere i Bambini e la loro realtà di vita. Non le è servito molto tempo per convincersi che qualcosa andava fatta. Dopo un primo periodo di prova, assieme a Raja ha organizzato un trasferimento dei Bimbi in una cittadina più facilmente raggiungibile e che poteva garantire più servizi (e con “servizi” intendo soprattutto quelli primari: ospedale e scuola, che sul cocuzzolo della montagna non sanno neanche cosa siano! Molti, infatti, sia adulti che bambini, se colpiti da malattia, muoiono prima che arrivi un “medico” o prima che possano essere trasportati in un luogo in cui ricevere cure). Da otto che erano in origine, i Bambini oggi sono diventati venti e chissà, forse non ci fermeremo qui. Parlo al plurale perché da qualche tempo anch’io ho deciso di unirmi a Barbara e lo scorso Ottobre con Lei sono giunto a Tiruvanamalai, la città dello stato del Tamilnadu, in cui vivono i Bambini. Esserci di persona significa calarsi nella vita, annusare gli odori e “sentire” lo spirito di luoghi che, magari, hai sempre e solo osservato a debita distanza da telespettatore. I Bambini, però, quelli sono come li conosci anche tu: veri, bellissimi, allegri, ma meno fortunati di altri (anche se la fortuna rimane sempre un concetto molto relativo). Si impara presto a voler bene a Suly, a Sangeeta, a Saktivel, a Ranjith, a Reka o a Ponkumar e a tanti altri loro “fratellini e sorelline” (perché tali hanno imparato a essere gli uni con le altre!). Scusami se non li nomino tutti, ma i loro nomi sono enormemente complicati e la memoria, ahimè, non mi assiste… Questo, però, non ha importanza, perché se chiudo gli occhi e penso a loro, li rivedo tutti, nessuno escluso, mentre ci si stringono attorno, contenti di trovarci a casa al loro rientro da scuola... contenti perché una Domenica, muniti di guanti e polverine puzzolenti, li abbiamo liberati di quei “fastidiosi animaletti” che gli infestavano la testa, dando vita a un’allegra doccia comune a colpi di secchi d’acqua di pozzo... contenti perché dopo una giornata di scuola potevano fare con noi lezione di inglese (a essere sinceri: venti minuti di “this is the dog” e “I like the cake” e un’ora di divertito e inarrestabile caos in tamil, la loro lingua!)... o contenti perché il programma “serale” prevedeva disegni e balli... o, ancora, più semplicemente contenti perché potevano impossessarsi dei nostri piedi e lanciarsi in convintissimi massaggi, attività di cui vanno letteralmente pazzi e, con appena quattro piedi a disposizione, puoi immaginare quale bagarre scoppiasse per essere il fortunato detentore di uno di essi! Grazie alle nostre attività parallele (Barbara come insegnante di yoga, io come traduttore per case editrici, e altri amici in modi a loro congeniali) cerchiamo di dare respiro al progetto (che significa una vita più sana e dignitosa per i Bambini) con iniziative di vario genere (il fatto che tu stia leggendo questo articolo ci fa sentire meno soli), e una volta che la tasca si è “gonfiata” di qualche soldo, ci carichiamo lo zaino in spalla e via: saliamo sull’aereo che ci riporterà dai Bambini di Tiruvanamalai! Considera che uno di noi va da loro circa ogni sei mesi. È una vera emozione rivedere, di sera, tutti quei minuscoli occhi bianchissimi e accesi di gioia che ci corrono incontro! Lì, poi, inizia la seconda fase del progetto: il soldo della tasca, di cui sopra, va per le spese di affitto della casa, per il cibo (riso, essenzialmente) e altri prodotti a completamento dell’alimentazione dei Bambini, oltre a qualche coloratissimo dolcetto perché si tratta pur sempre di Bambini! Ti ricordo che la stragrande maggioranza degli indiani è vegetariana e fa ampio uso di riso, tapioca – principale risorsa agricola della regione – ceci, spinaci, “lady fingers” o “dita di dama”, una sorta di gustoso fagiolino triangolare, pomodori, melanzane, tutto condito con salsette talmente piccanti da stendere un cavallo, e il “chapati”, pane non lievitato a forma di grossa frittella); inoltre controlli dal dentista, paga delle donne che li accudiscono… spese vive, insomma. Forse se li osservassi mangiare il riso per il pasto della sera, potresti obiettare: ma non usano forchettine? Perché li fate mangiare con le mani? Beh, potrei risponderti che è così che si mangia da quelle parti, e che anch’io e Barbara lo facciamo quando siamo lì e che pensiamo che i Bambini debbano crescere sì in salute, ma mantenendo le tradizioni e i costumi del loro paese, senza introdurre elementi estranei che soddisferebbero solamente la nostra visione occidentale. E poi dovresti veder che manualità! Del resto, proprio questo significa adottare “a distanza”: prendersi cura di qualcuno senza allontanarlo dal proprio paese di origine. continua a pag. 43...... 36 Campo de’ fiori CIAK SI GIRA Era l’autunno del 1990 quando mio padre, che conosceva la mia giovane passione per il cinema, mi informò che, in Piazza Matteotti, stavano girando un altro film; dico un altro perché, fra la fine degli anni ’80 e l’inizi del ‘90, molti registi scelsero Civita Castellana come di scenario nel quale ambientare alcune Roberto scene dei loro film, e fu grazie a questi Moscioni film che iniziai a sognare di poter lavorare, un giorno, in questo mondo. Il film di cui vi parlerò è YEAR OF THE GUN , uscito nelle sale cinematografiche italiane nel 1991 con il titolo L’ANNO DEL TERRORE, diretto da John Frankenheimer, grande regista Hollywoodiano morto nel 2002 all’età di 72 anni. Suoi i film “IL BRACCIO VIOLENTO DELLA LEGGE 2” con Gene Hackman e il recente “RONIN” con Robert De Niro, tanto per citarne alcuni. L’ANNO DEL TERRORE è un thriller che racconta la storia di uno scrittore americano (Andrew McCarthy) che, nel 1978, arrivando in Italia per scrivere un romanzo sul sequestro di Aldo Moro ed i suoi rapitori, scopre cose che metteranno seriamente a rischio la sua vita. Nel film viene raccontato uno spaccato della nostra storia, fatto di intrighi ed attentati che hanno terrorizzato l’ Italia, fino alla fine degli anni ‘80. Per questa pellicola, girata in gran parte a Roma e Venezia, Frankenheimer scelse ben due piazze selezionate fra le cittadine del viterbese. Una fu Piazza Matteotti a Civita Castellana, la quale doveva rappresentare una piazzetta di Roma, con tanto di presenza delle caratteristiche carrozzelle turistiche romane. Quì venne girata la scena di una rapina in banca, con tanto di conflitto a fuoco a colpi di mitra tra i malviventi e un poliziotto, tutto sotto gli occhi di una fotografa interpretata da un’ allora sconosciuta Sharon Stone, attrice che di li a poco diverrà una star di Hollywood. Ricordo ancora i colpi assordanti delle armi dei rapitori che, con il volto coperto da un passamontagna, in sella ad una moto che correva a grande velocità, sparavano colpi di mitra sulle auto e su un poliziotto che cadeva a terra crivellato dai colpi, morendo sotto i miei occhi. Fu un’ esperienza terribile.... ma per fortuna ad un certo punto, una voce urlò “ STOP.....DA CAPO.....” e fu così che il poliziotto si rialzò, i malviventi ritornarono ai loro posti, pronti per un’altra sparatoria, ed io, insieme a tutti gli altri curiosi dietro le corde che delimitavano il set, tirammo un respiro di sollievo...Che bello sarebbe se la vita, potesse delle volte essere un film, offrendoci l’opportunità di rialzarci ad ogni sbaglio e in ogni momento di difficoltà.....ma questa è un’altra storia. La seconda piazza scelta quale set del film, fu Piazza del Comune a Bassano Romano dove, anche qui, venne girata la scena di un assassinio: Due sicari, a volto coperto, in sella ad una moto, uccidono a colpi di pistola un agente segreto della CIA, in missione in Italia nelle vesti di un direttore di una testata giornalistica. Nel film, tra le tante scene di violenza, quella della rapina, girata a Civita Castellana, e quella dell’assassinio dell’agente della CIA, rimangono bene impresse nella mente, sarà per la bellezza di Sharon Stone o per l’eleganza di queste piazze, ma una cosa è certa, che la Tuscia, anche questa volta, ha bussato alle porte di Hollywood. YEAR OF THE GUN L’anno del terrore Campo de’ fiori 38 Brevi note sulla vita, sulle intenzioni, sui sogni e sulle utopie di Gianfranco Santi Gianfranco Santi Vasta e complessa la sua formazione artistica e culturale. Nasce a Civita Castellana nel 1936, da padre ceramista faentino e da madre di origini viterbesi. La sua esperienza ceramica, sempre assistita e sorretta da una viva curiosità per l’innovazione e la creatività, trova occasione di stimoli e di verifiche nell’esperienza paterna, oltreché nel fervido periodo di rinnovamento artistico degli anni ‘50/60. Il frequente e precoce contatto con i tanti ceramisti, sia operanti all’interno dell’azienda del padre, sia all’esterno di essa, tutti comunque ricchi di esperienza e di vita, arricchisce il suo bagaglio culturale ed alimenta la sua conoscenza del processo ceramico. Dopo un biennio di studi a Roma, si trasferisce a Rimini nel 1952 con la sua famiglia, dove suo padre ha intanto fondato una azienda ceramica. Dopo il diploma, decide di dedicarsi completamente allo studio ed alla pratica dell’attività artistica ceramica, sia in un processo avanzato di produzione, sia nella ricerca di nuove e più originali espressioni. Attiva così una sua originalissima attività, nella quale si realizza un approfondimento costante della materia ceramica e del suo aspetto formale, in una congiunzione ideale e reale assieme con i movimenti artistici e le idee più avanzate e di ricerca. Nel 1967 collabora prima in modo esterno con il Colorificio Romer di Firenze, poi dal 1970 entra a far parte di quella azienda. In un percorso esaltante di esperienze tecniche e commerciali, percorre, assiste ed interpreta i sentimenti, il gusto, la ricerca e l’innovazione che caratterizzano la ceramica italiana di quegli anni. Il Colorificio Romer, antica e gloriosa azienda, leader nel suo settore, cede nel 1972 l’attività alla Degussa di Francoforte, che sapientemente innesta la conoscenza tecnico scientifica tedesca nella fantasia e nella creatività italiana. Sono anni di grande fervore che consentono a Santi di arricchire notevolmente le sue esperienze tecniche, anche attraverso i frequentissimi viaggi all’estero – Francoforte, Limoges e Valencia – dove la Degussa possiede stabilimenti di produzione e di ricerca ceramica. Il pensionamento per raggiunti limiti di età nel 2001 non segna la fine delle sue esperienze, ma l’inizio di una nuova attività di studio, ricerca, servizi, e corsi di formazione ceramica. A Faenza fonda una sua azienda, la Ceramic & Colours che in breve diventa il centro riconosciuto di supporto alle varie attività ceramiche italiane. Parallelamente alla sua attività lavorativa, alimenta una ricerca artistica, che si traduce in esperienze di tipo formale, quali la pittura, la fotografia, la scultura, la letteratura che, senza pregiudizio per alcun mezzo ed alcun supporto di tipo pratico, rappresentano un processo in divenire di una ricerca senza soluzione di continuità, tutta rivolta ad indagare nel mistero della vita, nella funzione e nel significato della nostra presenza all’interno della comunità umana. All’interno delle sua attività, inserisce come momento di arricchimento e di consolidamento dei suoi principi e delle sue esperienze, corsi di insegnamento e di formazione artistica con particolare riferimento alla ceramica, alcune mostre d’arte, conferenze sulla tecnica ceramica, sulla storia dell’arte, sulla fotografia. Vive a Rimini in via Oliveti 56 dove ha sede anche il suo atelier, lavora a Faenza in via Pana 34, dove si reca giornalmente in auto, con sempre maggiore pervicacia e determinazione, convinto com’è che la vita, così articolata e complessa, deve essere riempita non solo del pane quotidiano che sostiene il nostro corpo, ma di sogni, ebbrezze, speranze, fatiche e quant’altro dovrebbe servire al genere umano per sopravvivere alla monotonia ed alla ignavia del nostro tempo. Dice Gianfranco Caastellana: Santi di Civita “......Civita, per me, non è solo un’antica città, non è solo il mio luogo di nascita, la mia origine, ma qualcosa di più profondo e viscerale, un sentimento metabolizzato dell’anima, un luogo di memorie, di emozioni e di mestizia insieme........... ....Ma Borghetto è per me il primo segno autenticamente amico. Sono già a casa mia. E’ come il ritorno dell’emigrante, un’abbracciar le membra della propria madre, riascoltare l’appassionato palpito del suo cuore, condividere le sue lacrime e le sue emozioni....... ....E la speranza di tornarvi si rinnova oni giorno, ogni ora, mai completamente appagata. Negli occhi di tanta gente amica, nei segni che il tempo rimarca ferocemente sul loro volto, nelle vicende alterne della vita, nella trasformazione lenta ed inesorabile delle cose, c’è anche il sentimento della mia condizione, dell’esser figlio di questa città tanto cara e tanto amata.” Campo de’ fiori 39 Grande età e movimento Via Donatello - Loc. Fontana Matuccia Civita Castellana (VT) - T. 0761.514016 Inizia, da questo numero, una nuova rubrica di informazione per affrontare, di volta in volta, i principali temi che riguardano il movimento e la ginnastica per i meno giovani; una guida per confrontare quello che si fa e quello che si potrebbe fare; un breve viaggio per individuare motivazioni ed esigenze degli anziani riguardo al movimento. Vent’anni fa, intravedendo all’orizzonte il confine “terza età”, incominciai ad interessarmi di tutto quanto era attinente al movimento in quella fase della vita: letteratura scientifica, seminari, corsi, statistiche, articoli da tutto il mondo. Proposi, così, ai sessantenni di allora un programma di ginnastica che mi sembrava giusto e anche piacevole. Non ottenni nessuna adesione! Delusa, chiedevo a qualche conoscente anziano. Per le donne la risposta era quasi sempre: “ah, io di movimento ne faccio tanto, spolvero, lavo i pavimenti…” e via tutto l’elenco dei lavori domestici. Per gli uomini solo un sorriso imbarazzato come a dire “guarda che anche se non sono più giovane sono un uomo; per gli uomini c’è solo lo sport (cioè la competizione) oppure meglio niente, la palestra non fa per noi”. Passarono altri dieci anni; insegnavo aerobica ma non abbandonavo il mio percorso di conoscenza con lo studio delle varie scuole di ginnastica dolce: Alexander, Feldenkrais, Mèziere. Affascinata da queste tecniche, mi impegnavo per superare gli stereotipi di movimento derivanti dalle mie precedenti esperienze professionali. Poi, ancora una volta, mi prese il desiderio di farne partecipi altri. Questa volta ci fu una risposta! Non una risposta di massa, s’intende, ma i tempi cominciavano a cambiare: piccoli gruppi a cui io davo tutto, poco o tanto che fosse, di quanto era entrato nella mia vita attraverso il movimento fisico. E da cui ho ricevuto molto. Ricordo l’armonia di tante persone in movimento senza nessuna guida né di voce, né di musica; coreografie incantevoli create da corpi di ogni età nella totale libertà di fisico e mente, unificati da un ritmo silenzioso e comune. Ricordo le confidenze, qualche ringraziamento, ma soprattutto i momenti di conoscenza condivisa. Sono passati ancora anni; ora forse è il tempo di completare con l’informazione il percorso iniziato tanto tempo fa. Dalla prossima volta entrerò nello specifico affrontando di volta in volta i seguenti argomenti: coltivare l’abilità motoria, osteoporosi, come dire “no grazie” alle etichet- te, il fitness e il welness, posturologia e osteopatia, psicologia ed esperienze oltre la ginnastica, ginnastica in acqua, mantenimento dell’efficienza muscolare e articolare, equilibrio da mantenere e affinare, resistenza cardio vascolare, le ginnastiche dolci. A presto. Carla Bonafede Di Donato Coordinatrice Programmi Fitness Centro Blu Life di Loredana Filoni “L’Harem e i suoi segreti” è un modo innovativo di fare teatro. E’ una rappresentazione gradevolissima, con una peculiarità, la presenza, in scena, di venticinque donne. Il pezzo è stato ideato e scritto da Piera D’Agostini, che abbiamo intervistato. La regia e le coreografie sono di Valentina Colagrossi. Lo spettacolo si svolge in due tempi. Nel primo, ammiriamo l’interno di un harem, dove venti odalische, di tutte le età, trascorrono il tempo in modi diversi: chi danzando, chi cospargendosi di olii e unguenti. Tutte in un’unica attesa, quella di essere scelta come Favorita. Una voce narrante sottolinea i pensieri, le paure, le gioie, le nostalgie. La seconda parte è, invece, una vera e propria rappresentazione di danza del ventre: danza dei veli, del candelabro, delle spade, dei bastoni e percussioni. Lo spettacolo dell’ 8 Dicembre è stato arricchito dalla presenza di due ospiti d’eccezione: il ballerino e coreografo Saad Ismail e la ballerina Marie – Aude Cornuel che, in coppia, hanno presentato una coreografia in omaggio al maestro Mahomoud Reda. Un’ultima curiosità, la presenza, per qualche minuto, dell’unico ruolo maschile, l’eunuco, interpretato da Leonard Madier. Attore “prestato” dal teatro classico. Ha già al suo attivo la partecipazione in rappresentazioni di Ionescu, Checov e Pirandello. Ora diamo la parola alla nostra intervistata, Piera D’Agostini. D: Come è nata l’idea di questo spettacolo tutto al femminile? R: Noi abbiamo una scuola di danza del ventre, quindi è stata quasi una conseguenza logica. Volendo rappresentare al meglio un harem, ho pensato a come poteva veramente esse- re e quali sentimenti animavano queste comunità. Mi sono immedesimata in queste donne che vivono in un posto dove ci si deve dividere lo stesso uomo, dove si convive in una situazione di agio e di lusso ma, pur sempre, in una “prigione dorata”. Ho pensato di dar voce ad una vasta gamma di personaggi. D: Quanto tempo occorre per imparare la danza del ventre? R: Dipende a quale livello si vuole arrivare. Comunque, dopo un anno, si fa il primo saggio e si eseguono cose già gradevoli. Chiaramente, andando avanti la tecnica si perfezione e si ottengono risultati notevoli. D: E’ la prima volta che fate questo tipo di spettacolo? R: Questo dell’harem lo abbiamo già rappresentato a Giugno. Visto il grande successo, abbiamo deciso di riproporlo qui al Teatro dell’Orologio. R: Magari ci invitassero! Il problema è trovare gli agganci giusti. D: L’8 Dicembre c’era la presenza di due ospiti, ce ne parla? R: Marie – Aude Cornuel è una ballerina di nazionalità francese che dal 1996 studia con maestri di livello internazionale. Saad Ismail è il nostro insegnante. E’ un grandissimo coreografo e ballerino. E’ la persona che ha portato in Italia la danza del ventre. Quando è arrivato, diciotto anni fa, della danza del ventre non si sapeva assolutamente nulla. Lui ha cominciato ad insegnarla. Noi impariamo sempre tecniche nuove da lui, perché non si smette mai di studiare. E’ proprio un bel percorso. D: Quante volte a settimana vi allenate? R: Con lui una volta a settimana. Fra noi un paio di volte, per ottenere dei risultati soddisfacenti. D: Farete una tournèe? Al Teatro dell’Orologio di Roma, un originalissimo spettacolo, tutto al femminile, con un ampio spazio dedicato alla danza del ventre Campo de’ fiori 42 Anche quest’anno ci risiamo. Nell’ultima settimana di Carnevale, per intenderci quella che và dal 20 al 26 febbraio (la famosa settimana “Grassa”), dopo un periodo di lungo silenzio durato più di due anni, ecco ricomparire “Inunseponnoguardà”. La compagnia teatrale civitonica, che per anni aveva divertito, nel periodo carnevalesco, i suoi concittadini, con “pièces” esilaranti ispirate alla semplicità dell’avanspettacolo popolare dell’immediato dopoguerra, ritorna con un lavoro completamente nuovo e con un genere diametralmente opposto: la “Commedia dell’Arte”. Di che cosa si tratta? Presto detto: “Inunseponnoguardà” si cimenteranno nell’ “Arlecchino servitore di due padroni” di Carlo Goldoni. Loro, su questo lavoro, non si sbilanciano: - preferiamo far giudicare il pubblico – dice un componente della compagnia – dovranno essere gli spettatori i giudici e gli arbitri del nostro operato! – E alla nostra richiesta di maggiori informazioni ci viene semplicemente risposto: - venite a vedere. – Insistiamo per cercare di tirar fuori un articolo più vario, ma loro non si vogliono sbottonare. Vogliono restare sul vago. Tentiamo anche la carte delle lusinghe, ma loro rispondono con fermezza : - Non vogliamo articoli pomposi, tutti all’insegna del “grandioso, bellissimo, spettacolare, insuperabile..”. Noi vogliamo che il pubblico si diverta, passi una serata diversa e all’insegna del buon umore, e che sia lui, alla fine, l’autore di questi complimenti, se ce ne saranno, o di spietate critiche, che Intorno all’albero continua a girare, ma dentro non riesce ad entrare. Che cos’è. I primi cinque che telefonando in redazione daranno la soluzione dell’indovinello, riceveranno un simpatico omaggio offerto da L’ANGOLO DEI DESIDERI siamo già da adesso pronti a sopportare, perché anche noi sappiamo di aver fatto una cosa completamente nuova, fuori dai soliti schemi della compagnia “Inunseponnoguardà”. A questo punto ci arrendiamo. Prendiamo atto della loro riservatezza, ma noi, qualche pettegolezzo qua e la, lo abbiamo carpito e ve lo ripassiamo con piacere (altrimenti che pettegolezzo sarebbe). Dunque dovete sapere che “Inunseponnoguardà” per allestire questo spettacolo hanno fatto….Beh, ma tutto sommato hanno ragione loro. Se volete sapere tutto sulla commedia… andatela a vedere. Giovedì 23, Venerdì 24 e Sabato 25 Febbraio alle ore 21 al Cimena Teatro Florida. Non mancate e buon divertimento......... speriamo! Campo de’ fiori ...... continua da pag. 35 Con queste poche parole ci piacerebbe dare visibilità al nostro affetto per i Bambini di Tiruvanamalai! Magari, se vuoi, puoi darci una mano anche tu, come stanno già facendo molte altre persone… come la mamma di Barbara, che non vede l’ora di ripartire… Sappiamo che non è sempre facile provare affetto per chi non si conosce neanche, ma spero – speriamo – che leggere queste righe ti abbia almeno fatto trascorrere qualche istante di benessere, o che ti abbia fatto sorridere, o che ti abbia, magari, anche commosso! I sentimenti possono essere una preziosa fonte di energia positiva se si ha il coraggio di coltivarli, curarli e farli sbocciare senza vergogna... ma di soli sentimenti non si riempie la pancia! Solo qualche cifra e informazione per essere pratici: -venti Bambini (liberi di tornare dai parenti, se ne hanno, in qualsiasi momento: molti di loro lo hanno fatto nei primi giorni di Novembre, quando in India si celebra la grande festa di Dhiwali, una sorta di Capodanno, per intenderci); -3 - 11 anni: è la fascia di età dei Bambini; -15 euro appena, al mese, sono suffi- Barbara De Danieli con i bambini di Tiruvanamalai Roberto Lanzi ... per un sorriso per ulteriori informazioni o per chi vuole partecipare attivamente al progetto: Barbara De Danieli 347.2725122 sede legale: Via C. Troiani 35 (int. C19) - 00144 Roma ANNUNCI ECONOMICI GRATUITI PER PRIVATI a pagamento per ditte o società Tel. Fax 0761.513117 Cedola da ritagliare e spedire L’annuncio sarà ripetuto per 3 uscite, salvo diversa decisione della redazione TESTO 43 cienti per un Bambino (per cibo, vestiti, igiene, cure, istruzione e, con qualche piccola aggiunta, anche per la costruzione di una nuova casa in un piccolo appezzamento di terra regalato ai Bambini dal papà, contadino, di Raja!); -siamo in attesa che “Per Un Sorriso” possa diventare una “Onlus”, il che ci faciliterebbe notevolmente il lavoro (tipo, un conto corrente in banca sul quale poter fare versamenti, o la possibilità di darti una ricevuta di donazione se ce la richiedi…). Noi ci crediamo… e speriamo che, nel tuo piccolo, possa crederci anche tu! Se vuoi metterti in contatto con noi e diventare amico di “Per Un Sorriso”, la redazione potrà aiutarti, oppure puoi scriverci direttamente a [email protected]: risponderemo a tutte le tue domande e curiosità, e ti faremo avere notizie dei Bambini e delle iniziative che via via organizzeremo. Fa’ che i SORRISI dei Bambini di Tiruvanamalai continuino a brillare!!! Compilate qui il vs annuncio gratuito e speditelo in busta chiusa a Campo de’ fiori P.za della Liberazione n. 2 - 01033 Civita Castellana (VT) oppure mandate un Fax al n. 0761.513117 o una e-mail a [email protected] (scrivere in stampatello e senza abbreviazioni)........................................................................................................................................ ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. 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Tel....................................................................Firma................................................................ 44 Campo de’ fiori Album d Civita Castellana - Anno scolastico 1976/77 - Maestro Cancilla 1982 - Giovanissimi di Civita Castellana Campo de’ fiori dei ricordi 45 Fabrica di Roma - scuola media - anni ‘70 Anni ‘60 scuola elementare di Civita Castellana 46 Nel 1936 il Fascismo è al culmine del suo potere: la Guerra d’Etiopa e la successiva partecipazione alla Guerra di Spagna, consolidano il regime sia a livello internazionale che nel Paese. Civita Castellana è uno dei tanti comuni Italiani: la popolazione conta circa diecimila abitanti, il tessuto economico è costituito dall’agricoltura attraverso le varie aziende agricole presenti e dalle numerose ceramiche artistiche e di apparecchi igienico-sanitari attive ed operanti. I rapporti e i documenti del tempo ci offrono l’immagine di una cittadina tranquilla ed operosa, con i suoi punti di riferimento come le istituzioni religiose e comunali. La realtà è comunque ben diversa. Tra il 1934 e il 1935, coordinata dall’azione politica del Senatore Enrico MINIO, (1906-1973), opera una rete clandestina del Partito Comunista di opposizione al regime che contava in quel periodo un centinaio di appartenenti. Nel 1935 la rete viene smantellata da una azione della polizia, coordinata dalla sede centrale di Roma e lo stesso Senatore Minio, con altri civitonici, viene arrestato e condannato. L’O.V.R.A., organizzazione per la vigilanza e la repressione dell’antifascismo, organizza allora una fitta rete di agenti e confidenti attiva dal 1931 al 1943, che accuratamente registra ogni episodio della vita sociale e politica cittadina e i cui rapporti offrono uno spaccato della vita a Civita Castellana negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Il 9 Settembre 1936 ad opera del civitonico Alfredo FOGGI, (1904-1985), viene fondata e costituita la sede della CROCE ROSSA, con una ambulanza pubblica per i servizi di assistenza e la cui sede era posta nell’attuale via Ulderico Midossi al piano terra di uno stabile poi distrutto in un bombardamento del Giugno del 1944. La costituzione della Croce Rossa cittadina è un evento epocale per Civita Castellana: un mezzo, l’ambulanza, fondamentale per il presidio ospedaliero cittadino e che durante il periodo bellico si rivelerà cruciale. Il 10 Giugno 1940 l’Italia entra in guerra: numerosi cittadini vi partecipano e per alcuni sarà un viaggio senza ritorno. Africa Settentrionale, Mar Mediterraneo, Russia e isole dell’Egeo: in questi contesti territoriali numerosi sono i giovani civitonici che vi hanno perso la vita. Tra il 1942 e il 1943 la vita a Civita Castellana è particolarmente dura per le numerose restrizioni alimentari e per il conseguente razionamento alimentare, di cui i bambini sono i primi a soffrirne. Dopo il 25 Luglio 1943, caduta del fascismo, cade il Podestà a Civita Castellana e si insedia una amministrazione retta da esponenti badogliani e nominata dal Prefetto di Viterbo. Il 25 Settembre 1943 entrano in città le Campo de’ fiori 1936 Ambulanza della Croce Rossa di Civita Castellana prime truppe naziste: dalla lettura dei rapporti militari si tratta di una compagnia del 65° Reggimento di Fanteria della Divisione Corazzata “Ermann Goering”, proveniente dal fronte russo e dislocata sul Lago di Bolsena e di Vico. I documenti non riportano la presenza di reparti “SS”. L’unità tedesca aveva il comando in una villetta, tuttora esistente, in via Vincenzo Ferretti e poco distante dalla Chiesa di Sant’Antonio. La popolazione tollera la presenza militare e non si registrano episodi di violenza. Tra il Gennaio e Giugno 1944 la vita si presenta particolarmente dura. Civita Castellana era, ed è tuttora, uno snodo viario di fondamentale importanza in quanto al centro di due importanti vie consolari come la Cassia e la Flaminia. I nazisti realizzano a Sant’Oreste il grande centro logistico e militare nelle gallerie del Monte Soratte, realizzato grazie al lavoro coatto di numerosi cittadini, inglobati nell’Organizzazione “Todt”. Tra il Settembre-Dicembre 1943, grazie alla rete di agenti segreti alleati presenti nel territorio, la R.A.F. inglese compie numerosi voli su Civita Castellana, monitorando accuratamente il territorio e in particolare il Ponte Clementino, che doveva essere distrutto, l’ex Convento Francescano al cimitero trasformato in deposito bellico e la ferrovia della Roma Nord. Le incursioni aeree su Civita Castellana e i comuni limitrofi come Ronciglione, Caprarola, Fabrica di Roma, Vallerano, si registrano nelle date del 1 Gennaio, 6 Febbraio, 11 Marzo, 8 Maggio e 3/6 Giugno 1944. I bombardamenti a Civita Castellana distruggono l’ex Convento ai Cappuccini, alcuni edi- fici in Via Midossi, in Via Regina Margherita, l’attuale Don Minzoni, in Via Rosa, in Piazza San Gregorio e in Via della Corsica. Particolarmente interessate furono le aree di Via dello Scasato, dove aveva sede il comando tedesco, e della Via Flaminia, dove nei giorni del 2 e 3 Giugno 1944 era particolarmente intenso il passaggio delle truppe tedesche dirette verso nord. Nei bombardamenti perdono la vita i Civitonici: CALAMANTI OSVALDO (1923-1944), CECCANI GIUSEPPE (1906-1944), COLAMEDICI OTTORINO (1888-1944), CONTENTI GIOACCHINO (1878-1944), DEL FRATE FRANCESCO (1867-1944), FEDERICI DECIO (1889-1944), MASCIOLI ANTONIO (1878-1944) e ZUCCHETTI ERCOLE (1931-1944). Il 15 Giugno 1944, “in una calda ed assolata giornata”, una pattuglia di ricognizione della 82^ Divisione Aviotrasportata Americana, dalla Via Roma, entra in città arrivando in Piazza del Duomo. di Enea Cisbani Campo de’ fiori 47 Una “Fabrica” di ricordi A Carnevale ogni scherzo vale...... I vecchi Carnevali e le maschere povere Se conduco il mio pensiero agli anni della mia fanciullezza, riaffiorano, tra vecchi ricordi, anche quelli legati al periodi Sandro Anselmi do carnevalesco e così si materializzano, pian piano, immagini sbiadite e un po’ confuse, di fatti e personaggi di allora. Il Carnevale, in quei tempi, veniva festeggiato poveramente, e poche erano le persone che si mascheravano, perchè non c’erano neanche le possibilità materiali per poter sfoggiare costumi particolari, e così, rimediando un abito vecchio e tingendosi il viso con il carbone, i più coraggiosi animavano il Martedì grasso. Passavano, verso l’ora di cena, Nella foto: Ermanno Rattini, Enrico Capitoni, Fernando Cianchi, Otello Narduzzi, Remo Morelli, Francesco Alessandrini per le case per rimediare due Valerio Giovagnoli, Guerrino Capitoni frittelloni caldi ed un buon bicchiere di vino e, per non farsi riconoscere, vano, ma erano comunque tanto buoni. I D’altronde “a Carnevale ogni scherzo camuffavano buffamente la voce per chiedolci caratteristici erano gli “strufoli”: delle vale”. Veniva organizzato il veglione nell’udere “chi sono io?”. Domanda scontata palline dolci condite con il liquore e fritte nica sala grande del paese e cioè quella che faceva, per il tono con cui veniva nella padella, ed erano, per i tempi, una della sezione locale dei Combattenti e posta, impaurire i bambini e divertire i vera prelibatezza. Un tenero ricordo va a Reduci e, poche coppie coraggiose, si grandi. mio padre, al quale veniva, immancabilcimentavano nelle polke e mazurche che Erano necessariamente tutti ragazzi e fra mente servito per cena, il frittellone finto uscivano dalla fisarmonica di zio Paolino e loro non c’erano mai donne, perché la sera e cioè, un frittellone doppio, con dentro un dal mandolino di Matteo “o palefierro”. La non sarebbero di certo potute uscire. foglio di carta. L’abilità di mia nonna sera del Martedì grasso, ad un’ora per l’eSpesso i frittelloni che le donne avevano riusciva a beffarlo ogni anno ed allora, al poca tarda, cioè intorno alle nove e mezzo, cotto nella padella, poco unta per risparprimo boccone, erano risa a non finire nel una piccola folla girava intorno alla piazza, miare il lardo, si bruciacchiavano e bucavedere la faccia del malcapitato. per accompagnare il re carnevale al rogo. Il fantoccio di paglia, sdraiato su una barella, vestito con un abito vecchio, veniva portato a spalla dalle maschere e l’orchestrina, allora, intonava l’inno del carnevale e la gente cantava: “carnevale è morto, carnevale è morto, carnevale è morto, chi lo sotterrerà?”. Questa nenia andava avanti finchè le ultime scintille del fuoco di paglia, avevano consumato il fantoccio. La soddisfazione di aver partecipato a questo rito pagano, che veniva dai secoli dei secoli, era tanto inutile, quanto l’essenza stessa del carnevale. Protegge i tuoi valori Silvia Malatesta - Via S. Felicissima, 25 01033 Civita Castellana (VT) Tel.0761.599444 Fax 0761.599369 [email protected] Campo de’ fiori 48 ... e le città respirano meglio Immaginate di essere a Roma, in una giornata di intenso traffico. Dovete raggiungere il vostro ufficio e, non trovando il posto per la macchina, arriverete sicuramente in ritardo. Le auto incolonnate, lo smog che si stringe attorno alla gola con una morsa asfissiante, i parcheggi sempre occupati. Per contribuire a risolvere il problema della mobilità e dell’inquinamento nei centri urbani, un team di cinque persone, nei primi mesi del 2005, a Fabrica di Roma (VT), ha pensato di dover lavorare alla realizzazione di un progetto per un prototipo di un veicolo ad energia solare. Del gruppo, capeggiato dall’ideatore e coordinatore del progetto, Giovanni Francola, fanno parte l’Ingegnere Ambientale Domenico Iacurto, che si occupa delle energie rinnovabili e delle relative applicazioni; il Dott. Domenico Riucci, che si occupa di tutto il materiale informativo e della parte commerciale; il Sig. Manolo Cogoni, responsabile dell’assemblaggio e della messa a punto del prototipo del veicolo di cui parleremo; il Sig. Gianni Testa, supervisore di tutte le parti elettroniche. SUNNY è il nome che i cinque hanno dato al prototipo; si tratta di un mezzo di locomozione alternativo con motore elettrico, con una velocità massima di 20 km/h e un’autonomia sufficiente per affrontare un giornata di spostamenti cittadini. Con SUNNY ci si muove all’interno dei centri urbani e, una volta arrivati a destinazione, si chiude e si traina (proprio come un trolley), in quanto dotato di comode maniglie, per poi essere riposto in un angolo del proprio ufficio o della propria casa, o all’interno del portabagagli della propria auto. Immaginate quindi ora di essere a Roma, in una giornata di inteso traffico. Dovete raggiungere il vostro ufficio e … anziché entrare nel cuore della città, parcheggiate la vostra auto in un parking di interscambio, tirate fuori SUNNY dal portabagagli, lo apri- te e vi recate comodamente in ufficio, oltrepass a n d o tutte le file ed in perfetto orario. Inoltre SUNNY ha costi di mantenim e n t o inesistenti e, soprattutto è non inquinante essendo alimentato dal sole per mezzo di un modulo fotovoltaico curvo, inserito nel frontale, che permette di caricare i due accumulatori sistemati nella sua scocca, sia quando è fermo, che quando è in marcia. Ridurre l’inquinamento nelle città, gli spazi riservati ai parcheggi a beneficio di parchi e zone verdi, le malattie conclamate gravi o episodiche, o le affezione periodiche a vari sistemi e apparati, dovuti all’inquinamento atmosferico è possibile … … … Cristina Evangelisti basta volerlo. Campo de’ fiori 49 La rubrica dei perchè Perchè quando va tutto bene si dice che è tutto OK ? Ormai “tutto ok” è diventata una espressione che è entrata completamente nei nostri modi di dire. Anche gli ultranovantenni la capiscono perdi Arnaldo Ricci fettamente. È una espressione di lingua inglese ma di nascita USA. In Italia, questo modo di dire americano, si è diffuso solo dopo la 2° guerra mondiale per ovvie ragioni. Quando questo modo di dire “ tutto ok” iniziò la sua diffusione da noi, negli Usa si utilizzava già da una ottantina d’anni. Tutto nacque durante la guerra di secessione americana, dove gli stati del nord, entrarono in conflitto con quelli del sud in una guerra sanguinosa e spietata, senza esclusione di colpi che il cinema dì oltre oceano ci ha raccontato minuziosamente in numerosi film. Le vittime di entrambi gli schieramenti furono numerose come lo furono le battaglie combattute. Quando i soldati del nord, rientravano nei loro accampamenti dopo la battaglia, venivano immediatamente contate le perdite per ordine del comandante in capo. Una volta che si era accertato il numero dei morti, veniva esposta una lavagna dove si scriveva a grossi caratteri, visibili in tutto l’accampamento, la cifra riscontrata. Quando la fortuna era favorevole , episodio che si verificava raramente, sulla lavagna si scriveva zero killed che tradotto in italiano significa zero uccisi. Quando compariva questa dicitura, ovviamente vi era un grido unanime di gioia. Gli americani come tutti sanno cercano di abbreviare tutte le parole, così trasformarono” zero killed” in” ok “ utilizzando solo i caratteri iniziali. Si deve sapere poi che molto spesso gli americani utilizzano il carattere ò come Otranto per pronunciare zero. Praticamente il carattere numerico zero lo trasformano nella lettera vocale o come Otranto. Concludendo, questo modo di dire è entrato poi nel linguaggio comune di tutti gli USA e trasferito anche in Italia ed Europa dopo le vicende della 2° guerra mondiale che tutti conosciamo. Ecco, perché per dire “tutto bene” si dice “ tutto ok”. La redazione di Campo de’ fiori si associa agli auguri Tantissi auguri a S.E. Mons. Divo Zadi Vescovo, che ha compiuto gli anni il 25 Gennaio dalla redazione di Campo de’ fiori Tanti auguri di Buon Compleanno a Cecilia Anselmi che compie gli anni l’11 Febbraio dalla mamma, il papà, Federico e da tutti gli amici della redazione di Campo de’ fiori Tantissimi auguri alla piccola Giulia Stinchelli che il 15 Gennaio ha compiuto 4 anni. Da tutta la famiglia e dal cuginetto Giuliano. Auguri di Buon Compleanno a Mauro Anselmi che ha compiuto gli anni il 7 Gennaio, dai suoi familiari. Buon Compleanno a Giada Mariantoni che l’8 Febbraio compie 12 anni. Da mamma Roberta, papà Mario, la sorellina, i nonni, gli zii e le cugine Congratulazioni a Alessio Foglietta che il 21 Dicembre ha conseguito la laurea in biologia. Tantissimi auguri per una brillante carriera da mamma Marcellina, papà Franco, il fratello Andrea e la fidanzata Stefania. Tantissimi auguri di Buon Compleanno a Elisa Ridolfi di Corchiano, che il 16 Gennaio ha compiuto 23 anni, da tutta la famiglia e dai ragazzi del coro e del teatro. Tanti auguri a Giulia Genovesi che compie gli 12 anni il 1 Febbraio da Giada e Beatrice Tantissimi auguri di Buon Compleanno a Agnese Chilelli che compie 15 anni il 26 Gennaio dalla sorella Letizia, che le vuole un mondo di bene e dai genitori Tantissimi auguri a Chiara Bruzziches che il 9 Gennaio ha compiuto 3 anni, dalla mmamma, il papà, gli zii e i nonni. Tantissimi auguri di Buon Compleanno al nostro amico Sandro Soli che compie gli anni il 4 Febbraio. La redazione Auguri di Buon Compleanno a Emanuela e Elisabetta Martini che compiranno gli anni il 18 e il 22 Febbraio, dalla loro amica Cristina. Tantissimi auguri di Buon Compleanno a Roberta Armagno che ha compiuto gli anni il 16 Gennaio, dai genitori, Alessandra, Luca e le amiche Tantissimi auguri e congratulazioni ai fratelli neo laureati Valentino e Chiara Fantera, rispettivamente in Economia Aziendale (14 Ottobre) e in Biotecnologie Industriali (20 Dicembre) dalla mamma Rita, le nonne e gli zii. Edoardo Vettori, di Ronciglione, il 6 Dicembre scorso ha spento la prima candelina. Agli auguri del papà Maurizio, della mamma Caterina Sardi, si uniscono quelli dei nonni Stefano e Edda, Mario e Franca, della zia Monica e della cuginetta Elettra. Con immensa gioia il 3 Dicembre 2005 è nato il piccolo Pier Francesco Rossi che ha colmato di felicità mamma Roberta e papà Dante. Auguri dai nonni e dalle nonne. guri a simi au ennaio Tantis e il 4 G l piano h c o r a e c Vizzac amici d Serena gli anni, dagli a. piuto di sopr ha com nno a i omplea C n o gli ann u di B mpiuto o c a Auguri h i ta che zione d Fogliet a reda ll a d , Angelo nnaio ri il 4 Ge de’ fio si che Campo i Anne m e o io N Un bac guri a braio. simi au b e is ,i t F ii n z a 0 T , gli i il 1 il papà 15 ann , a ie m p m m co la ma ette. orella, le cugin dalla s e i n n no La redazione si scusa con il piccolo Valerio Sebastiani perché, nei “Messaggi” di Campo de’ fiori n. 23, è stato erroneamente chiamato Alessio. Tantissimi auguri di Buon Compleanno a Leonardo Righini, che ha compiuto 12 anni il 7 Gennaio, da mamma, papà, nonni e cuginetti Tantissimi auguri di Buon Compleanno a Letizia Chilelli che compie gli anni il 21 Gennaio, da parte dei genitori, dalla sorellina e da tutti i colleghi di Campo de’ fiori SEAT IBIZA Colore Grigio Nuova TRATTATIVE IN SEDE FIAT PANDA VAN Colore Bianco Anno 1999 Km 58.000 benzina € 3.000,00 NISSAN PICK-UP TRATTATIVE PERSONALI FIAT TEMPRA 1.600 Benzina/GPL Colore Grigio Anno 1993 Km 178.000 € 700,00 OPEL ASTRA 1.800 Benzina 16V Colore Grigio Anno 1999 Km 82.567 Full Optional € 5.000,00 MEGANE STATION WAGON Colore Grigio full optional cerchi in lega autoradio antifurto clima. 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Certo che sua cognata Roberta l’aveva combinata grossa: si era separata dal marito e, convinta di essere perseguitata dalla sfortuna, si era convertita ad una religione curiosa, gli Hare Krishna. Hare Krishna, difficile persino a pronunciarsi. Viveva in una comunità, indossava una specie di saio avvinghiato alla cintola come un enorme pannolone, si dipingeva piccole strisce colorate su naso e guance, profumava di incenso che potevi sentirla sopraggiungere. Quell’odore, in realtà, era nauseabondo e attraente nello stesso tempo: aveva un potere vagamente inebriante per cui, fatalmente, ogni volta che Roberta varcava la porta di casa una lieve sensazione di benessere sembrava impadronirsi dei presenti. G era intimamente convinto che fosse mischiato a “cannabis” ma si guardò bene dal confidarlo a chicchessia: lo divertiva pensare a quella bigotta di sua suocera inalare beata uno spinello mentre si cimentava ai fornelli. Il signor G fondamentalmente dispezzava la televisione, ma amava fare zapping nella solitudine della tarda serata. Saltava velocemente da un canale all’altro, soffermandosi qualche minuto solo su programmi apparentemente interessanti, per ricominciare a pigiare il telecomando non appena una pausa pubblicitaria o una caduta di stile (per quello che erano i suoi gusti) facessero la loro comparsa. Una sera si imbattè in una cartomante, tale Osiride, che riceveva telefonate in diretta per risolvere i problemi esistenziali dei telespettatori. Svegliò immediatamente la moglie che, ancora assonnata, riprese a dormivegliare sul divano mentre lui componeva velocemente il numero della maga. Dopo aver atteso diversi minuti da due euro e mezzo l’uno, finalmente ottenne risposta. Poteva sentire l’eco della sua voce provenire dal televisore:“Dunque… è una cosa un po’ imbarazzante…siamo veramente preoccupati. Mia cognata, Roberta…. si è separata, è convinta di essere in preda alla sfortuna, ha abbracciato una religione stranissima …. insomma, a casa di mia moglie è scoppiato il caos ”. “Bene ! ” disse lei perentoriamente dallo schermo con l’autorevolezza di chi sa prendere in mano la situazione:“Mi dica la data di nascita di questa nostra amica”, continuò in tono confidenziale anche se non si erano mai visti e conosciuti prima. G guardò in modo interrogativo la signora Carla, che ancora faticava a capire bene cosa stesse succedendo. Mise una mano sul ricevitore del telefono, le rigirò sottovoce la domanda e, ottenuta risposta, diligentemente riferì il dato anagrafico alla cartomante. Questa prendeva appunti e sembrava scrivere un sacco di cose, anche se loro veramente non gli avevano ancora detto granchè, quindi chiese: “Sua cognata ha figli ?” “Nò ! Nò, non ha figli” La cartomante Osiride con grande padronanza del mestiere cominciò a mischiare i taroc- chi, li girò sul tavolo, quindi sentenziò: “Ah ! Me lo aspettavo ! Sembravano una bellissima coppia, proprio due piccioncini, ma poi, dopo qualche anno di matrimonio, gli entusiasmi e la passione si sono spenti per cui adesso faticano a ritrovarsi in un progetto di vita comune. E’ vero ?” “Beh… in effetti è andata proprio così, anche se penso succeda più o meno a tutte le coppie” scappò detto a G, un po’ deluso dalla banalità di quella considerazione, un pò per giustificarsi, dato che anche per il suo matrimonio poteva dirsi la stessa, identica, cosa. Ma l’interlocutrice tagliò corto:“Guardi, lei è pregato di non commentare, io sto solo leggendo le carte: deve solo dirmi se corrisponde al vero o no ! Quindi: è andata così o no?” “Sì !” esclamò rassegnato. Il tempo passava e due euro e mezzo al minuto, per quanto volesse bene a sua cognata, erano pur sempre tanti. “Vedo un elemento di disturbo: uomo dall’aspetto intrigante nella vita di Roberta, le risulta ?”. G non poteva proprio saperlo. Guardò quindi speranzoso la moglie che però stava scuotendo sconsolata la testa. Gli sussurrò nervosamente: “Allora, vuoi sforzarti o no! Stiamo al telefono con questa cavolo di santona a due euro e mezzo al minuto per salvare tua sorella, fatti venire in mente qual- di Gianni Bracci cuno, che ne so: un amico, un conoscente, un parente, un tipo qualsiasi che potrebbe essersi messo in mezzo” La signora Carla provò a pensarci su, ma niente, Roberta aveva una vita apparentemente irreprensibile. “ Signora maga, scusi tanto può darmi un aiutino ?” provò a chiedere timidamente il signor G. “Buonanotte…..!” esclamo Osiride in modo irriverente. “Non sono mica Mike Bongiorno ! Vedo un uomo elegante, dai tratti somatici scuri, direi di colore, nella vita di sua cognata. E’ lei che deve darmi ulteriori elementi !” Silenzio. I due interlocutori si guardavano sempre più smarriti. Osiride allora provò a “decifrare” ancora i tarocchi, soprattutto per movimentare la diretta televisiva:“Aspetti un po’…. sì… sì…. vedo la costellazione del Toro che punta Pesci e tutti gli ascendenti: sua cognata ha ragione a ritenersi sfortunata, è stato un periodo nero e continuerà almeno per altri due anni” La signora Carla stava per svenire: non solo sua sorella si era separata e convertita ad una setta, ma molto probabilmente tradiva il marito con una specie di negro e, dal momento che il Toro era infuriato con i Pesci, sarebbe stata accompagnata dalla sfiga fino al 2008: un disastro. Un disastro annunciato in diretta televisiva. I minuti trascorrevano inesorabili. G non sapeva più cosa dire, affranto da quelle notizie e dallo sguardo inebetito della moglie. Fu colto da un lampo di orgoglio:” Signora maga, scusi ancora, ma si rende conto di quello che mi sta dicendo ? Secondo lei questa povera ragazza che non ha ancora quarant’anni ha fatto e farà una vita che è uno schifo: suvvia, le dia almeno una possibilità !” Osiride, visibilmente risentita, ribattè :“Non faccia la figura del sempliciotto in diretta ! Io non posso farci niente: è quello che dicono i tarocchi. Comunque non ha quarant’anni, ma cinquanta , è nata l’11 settembre del ‘58 !” “E no, è del 1968 !” “E allora guardi, ho capito male. Scusi tanto. Dunque: 1968, ricomincio la lettura delle carte”. Se l’avesse avuta a portata di mano l’avrebbe strozzata: non solo gli aveva raccontato un sacco di scemenze mettendo a dura prova la stabilità psichica della moglie, ma, soprattutto, l’aveva tenuto al telefono a due euro e mezzo al minuto per niente. Non era servito a niente. Attaccò immediatamente la cornetta, spense il televisore, guardò la signora Carla ancora stravolta commentando serio: “E’ meglio portare tua sorella da uno psicologo !” Campo de’ fiori 53 Via della Repubblica, 6 Civita Castellana (VT) Tel e Fax 0761.513217 e mail: [email protected] Il PERSONAGGIO MISTERIOSO Vi invitiamo ad indovinare il personaggio miserioso riprodotto nella foto accanto. I primi cinque che lo identificheranno e ne daranno comunicazione in redazione, riceveranno un simpatico omaggio offerto dalla profumeria Paolo e Concetta 54 Campo de’ fiori Album d Civita Castellana 1937 - alunni dell’Istituto Tecnico Rosa Maltoni Mussolini in gita a Faleri - foto del Sig. Vittorio Menichelli 1957 giovani civitonici al Campo I Maggio 1967 scuola media femminile con l’insegnante Don Giuseppe Bodini - foto della Sig.ra Rita Sorge Scuola elem. Don Bosco alle micro olimpiadi del 1966 foto del Sig. Alberto Chiricozzi 18 Maggio 1975 Lago di Turano - civitonici in una gara di pesca Campo de’ fiori 55 dei ricordi 1955 veglione presso l’Unione Sportiva Forti e Veloci di Civita Castellana - Foto della Sig.ra Romanina Camerlengo Anno 1964 - Civita Castellana - foto della Sig.ra Scavone Clara Civita Castellana anni ‘30 Fabrica di Roma - anni ‘40 Corchiano anni ‘60 - foto della Sig.ra Severina Iannoni Pranzo di battesimo nelle campagne di Corchiano anni ‘40 56 Campo de’ fiori Annunci LAVORO - LAVORI in ferro (box caldaie, porte, cancelletti, etc.) Montaggio zanzariere, veneziane, porte a soffietto, serrande plastica. Riparazioni serrande e infissi alluminio. T. 333.6991823 -TECNICO DEL MASSAGGIO esegue a domicilio massaggio generale e rilassante, chiedesi massima pulizia e igiene personale. Mi rivolgo anche ai centri estetici a cui manca un tecnico del massaggio. 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Presidente Fondatore: Sandro Anselmi Direttore Editoriale: Sandro Anselmi Direttore Responsabile: Stefano De Santis Errata Corrige Campo de’ fiori n. 23 : - pg. 50 “Messaggi”, è stato sbagliato il nome del piccolo Valerio Sebastiani riportando erroneamente il nome di Alessio. Lo Studio Legale dell’ Avv. Aldo Piras Patrocinante in Cassazione ha stipulato una convenzione con Campo de’fiori con la quale, tutti i lettori, avranno diritto a n. 3 consulenze gratuite. Per informazioni rivolgersi in redazione Campo de’ fiori è distribuito a Civita Castellana, Corchiano, Fabrica di Roma, Vignanello, Vallerano, Canepina, Vasanello, Soriano Nel Cimino, Vitorchiano, Bagnaia, Viterbo, Montefiascone, Carbognano, Caprarola, Ronciglione, Sutri, Capranica, Cura di Vetralla, Blera, Monte Romano, Tarquinia, Civitavecchia, Orte, Gallese, Magliano Sabina, Collevecchio, Tarano, Torri in Sabina, Calvi nell’Umbria, Stimigliano, Poggio Mirteto, Otricoli, Narni, Terni, Amelia, Nepi, Castel Sant’Elia, Monterosi, Anguillara, Trevignano, Bracciano, Canale Monterano, Mazzano, Campagnano, Sacrofano, Olgiata, Faleria, Calcata, S.Oreste, Nazzano, Civitella San Paolo, Torrita Tiberina, Rignano Flaminio, Morlupo, Castelnuovo di Porto, Riano, Ostia, Nettuno, Anzio, Fregene e nei migliori locali di Roma, in tutte le stazioni MET.RO. 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