Come eravamo - Campo de`fiori
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Come eravamo - Campo de`fiori
Campo de’ fiori 2 SOMMARIO Editoriale:.................................... ........2 Intervista: Pablo e Pedro ................................ .....5 Marco Claderini Nannerini e i ludi borgiani..................................................41 Ludovica Cenci......................................61 Collezionismo: Collezionare Cravatte.................... ...6-7 Roma che se n’è andata: L’osteria romana......................... . .....8-9 Suonare Suonare: Rondellus “Sabbatum”................10-11-12 Cinema News: Persona................................................14 Monumenti: vita, vicende, restauri: L’arco di Costantino..............................19 Vita Cittadina.......................................53 Attualità: Roncio d’Oro..........................................21 11° Mini Festival di Viterbo....................56 Calcata, città di Halloween....................25 Tarquinia, innaugurazione parco...........39 Alla memoria di Ivan Rossi...................57 Nasce a Vignanello l’Istituto Midossi....57 Ecologia e ambiente: Chi produce le polveri sottili.................50 Neuropsichiatria, Psicologia, Logopedia, Psicopedagogia: L’abuso sessuale..................................30 Le guide di Campo de’ fiori: Canepina..........................................22-23 Come eravamo: Peppe Rossi - una voce, poco fa..........28 Civitonici illustri: Arcangelo Carabelli...............................33 Info Pubblicità Arte: Maria Gabriella Coaccioli.......................18 Antonio Aballe........................................26 Francesca Giustini.................................27 Messaggi:....................... 34-35-36-37 Una “Fabrica” di ricordi: Cinema Smeraldo..................................48 Il Fumetto:............................................42 L’angolo CIN CIN:................................45 Album dei ricordi.......................46-47-49 Le storie di Max: Mina.......................................................40 Noel.......................................................52 Annunci Gratuiti.............................58-59 Selezione offerte immobiliari:............62 www.accademiainternazionaleditalia.it www.campodefiorionline.it P.za della Liberazione 2 01033 Civita Castellana T. 0761.513117 www.campodefiori.biz [email protected] Campo de’ fiori 3 Caro pane la casta degli onorevoli prìncipi di Sandro Anselmi Un pensionato sorpreso a rubare pane e formaggio in un supermercato, perdonato dal proprietario! Questa notizia è rimbalzata su tutti i giornali e le televisioni, lasciando sgomenta tutta quella gente che, ancora oggi, non ha aperto gli occhi sulla situazione disastrosa in cui versa la nostra economia. La manipolazione delle notizie trasmesse dai mass media, per un buon novanta per cento, svia l’attenzione del cittadino dagli enormi problemi che affliggono oggi il nostro paese e lo prepara ad una fine indolore, rendendolo ignaro, quasi irresponsabile. Il tempo è scaduto e stiamo vivendo un momento epocale! Le insoddisfazioni si sono cupamente addensate e stanno oramai esplodendo! C’è disagio, malessere, rabbia, insofferen- za verso una classe politica logora, corrotta ed il popolo è sempre più fermamente antipolitico. La satira è consunta, non produce più effetti, ora occorre fare di più. Non c’è mai stato nella storia, relativamente recente, un tale degrado, una così evidente sperequazione sociale! Si passa dai 242,00 Euro mensili della pensione di invalidità di un disabile, unico reddito con il quale dovrebbe vivere, agli 11.083 Euro al mese di un barbiere del Senato, ai 19.833 Euro al mese di un ragioniere della Camera, ai 35.000 Euro al mese di un nostro deputato europeo, tra stipendio, indennità aggiuntive e benefit vari.Un dirigente prende circa 700 volte lo stipendio di un operaio!!! E’ l’indigenza per tanti, troppi, e la ricchezza smodata per pochi altri. Sofferenze, sacrifici, guerre, sono solo serviti a consegnare il “bel paese” a questi “signori”, a questa “casta di principi”! Sempre più persone non arrivano alla quarta settimana. I discount fanno affari d’oro e qualche pensionato si è già organizzato per la raccolta dei cartoni, per arrotondare. Le mense della Caritas sono sempre più affollate ed il Banco alimentare sfama tanti altri poveretti. Il problema è enorme e, anche se sembra un paradosso, non è auspicabile che questa classe politica vada a casa in questo momento, perché il popolo, che deve essere legittimo detentore di una sana democrazia, non è pronto ed il potere ora, andrebbe in mano ai soli ricchi. Non basta un Grillo a canta- re per risolvere, anche se bisogna riconoscere che ha dimostrato, con inquietante preoccupazione dei “prìncipi”, che si può uscire dal circuito dell’informazione tradizionale, scavalcarla e, usando la rete libera di internet, arrivare rapidamente alle masse. Le sue accuse dirette, il suo linguaggio colorito, piacciono molto, sono liberatori e incontrano il favore incondizionato dei giovani che accorrono sempre più numerosi alle sue adunate. D’altronde basta leggere semplicemente La Casta per avere idea di cosa non possa accadere nei palazzi del potere. Nel teatrino politico, ospiti di tutte le trasmissioni della TV serva di partito, gli onorevoli partecipanti hanno abbassato i toni e si dichiarano, ora, tutti d’accordo a diminuire il numero di parlamentari, ridursi gli stipendi, a rinunciare ai loro privilegi… ma sarà vero? Oppure sarà solo l’effetto Grillo? Sta di fatto che nel 2006 la camera dei Deputati costava 981.020.000 Euro, nel 2007 si è passati a 1.011.050.000 Euro e sono previsti aumenti, nei prossimi tre anni, del 9,2 %. Per il costo dei viaggi si è passati dai 6.000.000 di Euro dello scorso anno ai 7.500.000 di Euro di quest’anno. Povera Italia sommessa e sottomessa, poveri giovani, quale futuro? Rimando il pensiero a quel povero vecchietto che ha dovuto umiliarsi per fame…lui, che magari ha consumato la vita per dare un futuro migliore ai suoi figli e che si sarà privato di tutto per arrivare a prendere una pensione da fame… lui, che non vuole chiedere niente a nessuno… povero uomo come deve aver sofferto a sentire il suo caso riportato su tutti i giornali e telegiornali! Non t’avvilire, chissà quanti si trovano nelle tue stesse condizioni! Si vergognino coloro che ci hanno ridotto così! Campo de’ fiori 5 Pablo e Pedro di Sandro Alessi La fantasia è una dote che non manca a Nico Di Rienzo e Fabrizio Nardi, meglio conosciuti come Pablo & Pedro, veri dominatori dell’estate romana, che abbiamo il piacere di incontrare proprio in occasione della loro ultima serata, nella suggestiva cornice della manifestazione “All’Ombra del Colosseo”. “Siamo molto soddisfatti perché, a partire dal Luglio scorso, siamo stati tutti i martedì ospiti di questa splendida manifestazione riuscendo a realizzare quasi ogni sera il tutto esaurito. La nostra comicità è stata premiata dal pubblico che ci è stato sempre vicino. E pensare che eravamo un po’ titubanti quando l’organizzazione ci offrì questa occasione, perché comunque sapevamo che poteva essere un rischio. Rischiavamo di ripeterci e perciò abbiamo improntato il nostro spettacolo, oltre che su quello che è il nostro repertorio, anche sull’improvvisazione, sul contatto col pubblico e con lui interagivamo creando ulteriori situazioni comiche.” D: Ormai dal lontano 1994 il vostro repertorio è molto cambiato. Dai piccoli locali, alla notorietà grazie al programma televisivo “Seven Show”, dove portavate in scena numerosi personaggi e sketch, per arrivare alle partecipazioni a “Scherzi a parte”, “Beato fra le donne”, “Maurizio Costanzo Show”… R: “Siamo consapevoli che la strada è lunga e bisogna lavorare molto per riconfermarsi anche nella prossima stagione. Cercheremo di cambiare, di trovare nuove cose, nuovi stimoli… Vi anticipiamo che quest’inverno saremo a teatro da gennaio a marzo… tre mesi in una piccola sala, il Teatro Testaccio, ma molto carina ed accogliente e questo ci darà modo di essere ancor più vicini al nostro pubblico” D: Sono passati tanti anni e siete ancora insieme… le coppie scoppiano, ma voi ancora non ci siete riusciti… qual’è il segreto che vi tiene uniti? R: “Facile a dirsi: litighiamo tutti i giorni come ogni coppia che si rispetti! …e quindi dopo aver litigano facciamo pace e così via tutti i giorni…” D: Tanti programmi televisivi, piccoli e grandi spettacoli, insomma qualche soddisfazione ve la siete tolta…. R: “Vorremmo ricordare una serata indimenticabile all’Olimpico per Papa Woitylia… per noi romani tutto quel pubblico… stare insieme ad ospiti molto più importanti di noi… un’emozione bellissima, come quando, lo scorso anno siamo stati ospiti a Osha’ di Claudio Baglioni, a Lampedusa, un’altra esperienza meravigliosa…” D: Uno dei vostri primi sketch era quello in cui un contadino, tutte le volte, pensava di entrare in un club privè, ma invece capitava sempre in un circolo sportivo diverso: tennis, golf, nuoto, ippica…. Cosa è cambiato da quei tempi? R: “A parte il fatto che siamo invecchiati…. Fabrizio ha perso i capelli, ha messo la pancia ed ha avuto una bambina! Devo ammettere – dice Nico - che siamo maturati, è cambiata un pochino anche la comicità e ci siamo adeguati a quelli che sono i tempi.” D: Fabrizio, se ti dico Roma che mi rispondi? R: “Forza Roma! Siamo molto legati alla nostra città e crediamo che la comicità romana debba avere più spazio e crescere anche un pochino di mentalità, perchè abbiamo le doti per stare al passo dei grandi comici di tutti i tempi Insomma, crediamo nel gioco, nello scherzo, nel “rugantinaggio” romanesco… e poi Roma rappresenta il tutto, è la famiglia, il tifo calcistico, la mamma…” Non sono uguali caratterialmente, Pedro si definisce generoso, impulsivo, estroverso e permaloso, mentre Pablo è solare e lunatico, ma li unisce la grande comicità, che solo insieme riescono ad esprimere con energia e generosità. Invitiamo i nostri lettori a seguirli quest’inverno nei loro show e salutiamo i nostri due amici con un forte abbraccio e l’augurio di ritrovarli in scena più forti e più grandi di prima. 103.900 Campo de’ fiori 6 COLLEZIONAR Raccolta fascinosa, stravagante, moderna ed prerogativa di r Fra le collezioni esclusive, bizzarre o semplicemente curiose, non poteva mancare quella relativa alle cravatte, considerata fondamentale nella storia del collezionismo ed in queldi Alfonso Tozzi la del costume. Gli studiosi del settore concordano nel ritenere che fu Luigi XIV, il Re Sole, ad “inventare” la cravatta. Il sovrano, infatti, nella sua opera di riorganizzazione dell’esercito, costituì, nel 1686, un reggimento di cavalleria, formato esclusivamente da mercenari croati: uomini di alta statura, valorosi, molto resistenti alle fatiche. Dotò questi soldati di una divisa marziale, ben curata e, come contrassegno innovativo, impose una fascia di lino bianca intorno al collo fermata con un nodo: emblema dell’unità militare. I soldati combatterono con ardimento, si coprirono di gloria nella famosa battaglia di Steinquerke del 1692, vinta dai Francesi contro Guglielmo III d’Orange ed il re Luigi, per onorare il successo bellico dei suoi uomini, si cinse il collo con la fascia di lino bianca. Questo episodio avrebbe decretato la nascita ufficiale della cravatta. A proposito di questa viene tramandato che, tra i numerosi nobili cavalieri che frequentavano la corte, figurava un certo monsieur di Miramond “cravater” di Sua Maestà, il quale aveva il compito di presentare quotidianamente una cesta piena di cravatte, onde permettere al Sovrano di scegliere quella da indossare. Secondo un’altra versione, sostenuta dalla giornalista Renata Molho, la cravatta avrebbe origini ancora più antiche: sarebbe nata in Oriente e arrivata in Europa grazie alle correnti migratorie che dalla Mongolia, attraverso le steppe dell’Asia, la fecero conoscere ai Daci, da cui i Romani l’avrebbero presa a prestito, chiamandola “focale”. Qualunque sia l’origine, sta di fatto che la cravatta fu considerata, nel corso dei secoli, come indumento indispensabile dell’abbigliamento maschile. Inizialmente l’accessorio non subì modifiche sostanziali, solo durante il Romanticismo esplose in tutto il suo splendore ed inizia ad essere considerato un segno distintivo di eleganza, di raffinatezza, strumento di seduzione. Il modo, poi, di annodare la cravatta viene considerato, ancora oggi, una vera e propria arte, sembra addirittura che ne esistano oltre cento diversi per poterlo fare. Eloquente, a questo proposito, un refrain degli anni “trenta” che dice: “sapeva cavalcare / andare in bicicletta / ma il nodo alla cravatta / non lo sapeva fare!” In linea di massima, si possono distinguere tre tipi di cravatte: la “lunga”, universalmente conosciuta, quella “a farfalla”(papillon), bianca per il frac, nera per lo smoking, a “plastron”, senza nodo per il tight. Non è ben definita l’epoca in cui la cravatta diventa oggetto di collezione; tuttavia le prime raccolte di cui si ha notizia risalgono alla fine dell’Ottocento e si riferiscono, essenzialmente, alle cravatte reggimentali a strisce, di colori alternati o a tinta unica, con piccoli fregi. Questo tipo di collezionismo è seguito soprattutto in Gran Bretagna, dove ogni reggimento reale è contraddistinto da cravatte con colori diversi e particolari, così come costituiscono anche un segno distintivo ufficiale all’interno dei vari club. Il più grande collezionista italiano di questo settore è Giuseppe Sabini, il “conte” del golf nazionale, con oltre 200 simboli di circoli diversi. Con l’epoca moderna la cravatta si trasforma e domina, spesso, in tutta la sua stravaganza. Agli inizi degli anni Quaranta si notano cravatte con soggetti western, floreali, surreali, con pennini, biglie, animaletti o richiamatesi all’arte primitiva africana, americana, indiana, con pubblicità e via dicendo. Anche il materiale con cui sono confezionate si diversifica: non solo più seta, ma pelle, rafia, materie plastiche, raso, cotone, rayon, ecc. Famose le cravatte americane del 19481950, con le meravigliose pin-up firmate da Vanheusen, oggi molto ricercate dai collezionisti e molto quotate, così come lo sono quelle firmate da Salvador Dalì, Veronesi, Jacchetti, Marinella, Moschino, Anselmo Dionisio, Paolo Da Ponte, Hubert, MacMillan, tanto per citarne alcuni. Richiestissime le cravatte d’autore: Hermés, Byblos, Montana, Balmain, Pancaldi e quelle esclusive di Stefano Ricci, autore della cravatta più costosa del mondo, un pezzo unico valutato intorno Campo de’ fiori RE CRAVATTE d elegante, eccentrica, ma sempre originale, raffinati cultori alle 500 mila delle vecchie lire. I maggiori “focalofilis” (dal latino focale/focalis per indicare i cultori di cravatte) sono gli americani, seguiti dagli inglesi, i quali riescono a trovare “pezzi” per le loro raccolte non solo nelle numerose aste, ma in speciali negozi di Londra e di New York. Anche il nutrito stuolo di italiani riesce ad approvvigionarsi presso negozietti particolari e tiene testa al collezionismo internazionale. Fra i maggiori del nostro Paese ricordiamo Gianfranco Liverani di Ravenna, Vittorino Pia di Asti e Antonello Grimaldi di Milano, il quale ricerca cravatte molto lunghe. E’ opportuno segnalare che Alberto Moravia aveva oltre trecento cravatte e sosteneva che “l’uomo moderno possiede un solo accessorio che gli permette di rivelare la sua visione del mondo: la “cravatta”, mentre Luca Goldoni era convinto che la cravatta “è la spia del nostro umore e della nostra creatività. L’ultimo gesto di follia che ci rimane”. Per finire, qualche curiosità relativa alla cravatta: quella più lunga del mondo venne realizzata negli anni Novanta dagli studenti dell’ Istituto Tecnico di Lilla (Francia), misurava 195 metri e 74 cm e venne annodata intorno al campanile del comune. Alla fine dell’Ottocento veniva pubblicato a New York un particolarissimo quotidiano, composto da un solo foglio stampato su seta, “The World” che, al termine della lettura, poteva essere annodato al collo. Dulcis in fundo: le Poste Croate, nel 1995, emisero un foglietto filatelico per celebrare le grandi date della storia della cravatta. 1995 - Poste Croate foglietto filatelico celebrativo storia della cravatta 7 8 Campo de’ fiori Roma che se n’è andata: luoghi L’OSTERIA ROMANA: un monumen L’Osteria romana, a mio modesto e del tutto trascurabile parere, è un luogo che, riuscendo a trasmettere un messaggio di cultura e buongusto, andrebbe tutelato come fosse un monumento storico e, mentre continuano senza soluzione i troppi discorsi sulla cucina e sui vini, è forse questa un’occasione per tentare un sia pur piccolo bilancio dell’Osteria romana che, nel passato e ancora nel presente, comprendendo tutta una vasta gamma di locali che vanno dalla semplice trattoria al ristorante, costituisce uno straordinario punto di osservazione dei costumi e delle abitudini di questo popolo: è questa la fonte diretta delle tradizioni più genuine. Inizialmente in quelle Osterie, che potevano vantare almeno mezzo secolo di vita, gli avventori andavano a bere un buon bicchiere di vino e giocare a carte. Successivamente, bastò aggiungere un fornello per autorizzare l’Oste ad esporre un’insegna con la scritta Osteria con cucina. L’Osteria romana, un luogo che da sempre è riuscito a sedurre artisti, poeti e scrittori ma non solo, tant’è che una semplice e modesta Osteria, che sorgeva in prossimità del Teatro di Marcello, nel cuore del Rione Campitelli, venne immortalata da Wolfgang Goethe nelle sue “Romische Elegien” e lo scrittore tedesco Hans Barth, nell’ormai lontano 1910, dette alle stampe, tradotta in italiano, una attenta “Guida delle Osterie italiane da Verona a Capri”, nella quale si soffermava, in particolare, sulle Osterie romane, pubblicazione che, come ricordato in altra occasione, ricevette l’incondizionata approvazione e ammirazione di Gabriele D’Annunzio. L’Osteria romana è sempre stata il posto d’incontro ideale per innumerevoli personalità della cultura, molte delle quali, furono costrette a separarsi a causa delle due guerre mondiali del secolo scorso, ma, subito dopo gli anni ‘50, puntualmente si ritrovarono e nuovamente qui si riunirono, sia pure nel contesto di una atmosfera completamente sovvertita. In quegli anni, correva il febbraio del 1958, per lodevole iniziativa di alcuni redattori della rivista Fiera Letteraria, sorgeva il “Premio Tor Morgana”, con riferimento alla Piazza Morgana, nato con la finalità di premiare, naturalmente in Trattoria (quale luogo sarebbe stato più adatto?), rappresentanti della cultura e dell’arte, tra cui: Jean-Paul-Sartre, Giuseppe Ungaretti, Anna Magnani, Giacomo Manzù, Raphael Alberti, Eduardo De Filippo e ancora Giorgio Strehler, Severino Gazzelloni, Giorgio De Chirico. Ti sembra poco? In un’altra nota Osteria romana di Trastevere, come già ricordato altrove, fa bella mostra un ormai storico pannello fotografico, che ritrae i “Romani della Cisterna”, ossia i progenitori più spassosi e maggiormente dotati fra i cosiddetti “Romanisti”; qui siedono Trilussa e Petrolini e ai lati, in piedi o seduti, altri noti personaggi tra i quali spiccano Augusto Jandolo, Ettore Voe, Ceccarius - al secolo Giuseppe Ceccarelli - Silvio D’Amico e, fra il poeta e l’attore, per acquisito diritto politico, Giuseppe Bottai, all’epoca Ministro, Gerarca e Governatore di Roma. Voglio ancora ricordare come nel 1949, in un dopoguerra ancora ricco di fermenti e speranze, in questa stessa Osteria si riuniva la sezione romana del “Comitato permanente per la pace”, a cui parteciparono, tra gli altri, Pablo Picasso e Renato Guttuso. Vero è che, per parecchio tempo ancora, in quei mitici locali la principale attività continuò ad essere quella originaria, ma, è pur vero che, un po’ per volta, cominciarono ad affermarsi le varie specializzazioni culinarie, che avrebbero in seguito contraddistinto e caratterizzato ogni singolo locale. Nascono così le fettuccine al sugo, all’amatriciana o alla carbonara; nasce la zuppa di pesce preparata con maestria in alcune Osterie di Trastevere; nasce quell’impareggiabile piatto, ricompreso tra le minestre, che è la stracciatella, da consumarsi rigorosamente dopo gli antipasti e prima delle paste asciutte, sul quale Elio Spasiano scriveva: “ … a fa’ la stracciatella è come un gioco / Campo de’ fiori 9 i, figure, personaggi nto storico da salvaguardare pija du’ litri e mezzo de brodino … / sbatti quattr’ova assieme ar semolino / e ar parmiggiano … un po de noce moscata … / mò la pila arza er bollore / sverzece tutto, mischia e falla coce / per tre minuti boni e hai già finito. / La stracciatella è pronta e un bòn odore / vedrai che te risveja l’appetito … “ Nascono ancora i maccheroni alla chitarra, l’abbacchio al forno, i saltimbocca e la trippa alla romana, la coratella con i carciofi e, volendo qui interrompere quella che sarebbe una troppo lunga elencazione, non posso non citare il pollo al tegame che, pare fosse molto gradito a Trilussa: “ … a la gallina, povera bestiola, / j’hanno ammazzato er pollo. Un vecchio gatto, / che s’è trovato ar fatto, / je porta la notizia e la consola: / nun ha fiatato, nun ha detto un’à! / Da si che monno è monno, nessun pollo / s’è fatto tirà er collo / co’ tanta dignità … “ “ … La vedova sospira e se commove: / Chi è stato! Er coco? Sempre quell’infame! / e dove me l’ha cotto? Ner tegame co’ le patate nove … “ Ma ripercorriamo il centro storico per ricordare come, in epoca antecedente, gli storici sventramenti, in una Roma ancora papalina, si nascondevano in un ammasso di vicoli e di casupole, tra le quali si trovava qualche piccola Osteria dalle caratteri- di Riccardo Consoli stiche stanze affumicate e le pareti dipinte. Non è difficile immaginare questi tipici locali, provvisti di tavoli e sedie di legno, che ospitavano assidui frequentatori, i quali, dopo aver consumato il loro pasto, si impegnavano al gioco delle carte o della passatella. E’ esistito un tempo durante il quale le strade che collegavano la città ai Castelli, piuttosto che alle località dell’alto Lazio e della vicina Umbria, erano costellate da Casali Osterie, autentici caposaldi, luoghi dove si potevano consumare ottimi pasti e che assolvevano anche alla funzione di locanda. Numerose le Stazioni di Posta, storici luoghi d’incontro, passaggi obbligati, sempre affollati da mercanti e viaggiatori, locali che per un lunghissimo periodo hanno mantenuto intatti l’originaria insegna, il portone d’ingresso delle carrozze, gli anelli fissati ai muri, le cosiddette cincinelle, alle quali venivano attaccate le briglie dei cavalli e, in alcuni di questi locali, potevi anche trovare un’edificante insegna con la scritta Albergo e Osteria per cavalli, vetture e carretti, con annesso spaccio di fieno, un distributore di quell’epoca in buona sostanza. Cosa rimane ai giorni nostri di questi mitici locali? Molto poco per la verità! Nella maggior parte dei casi quelle vecchie Osterie, i Casali e le Stazioni di Posta hanno subito radicali trasformazioni, divenendo moderni ristoranti che, adeguatamente attrezzati, riescono a sostenere gli assalti domenicali di centinaia di persone. Eppure, anche ai giorni nostri, sopravvive qualcosa di quelle che furono le vecchie e gloriose Osterie! La figura dell’Oste, per esempio, che, quasi sempre coadiuvato dalla propria moglie, è riuscito a conservare quella tradizionale riservatezza e simpatia, che gli consente di mantenere una misura umana, pur in un’epoca di notevoli cambiamenti. Alla sua persona è affidata la gestione di questi ancora mitici locali, al cui interno egli agisce in maniera esclusiva, come una sorta di moderno castellano, autentico e perfetto amministratore di quello che costituisce il suo piccolo regno. La figura dell’Oste mi riporta alla memoria la Sora Lella, ossia la Signora Elena Trabalza, sorella di Aldo Fabrizi, che ha tenuto la scena per più di mezzo secolo, occupando, per più di venticinque anni, il pianoterra della Torre dei Caetani, sull’Isola Tiberina, quella stessa Torre dove, nell’anno mille, soggiornò la Contessa Matilde di Canossa, la quale, nell’adiacente Convento di San Bartolomeo, riuscì a proteggere i Papi Vittore III, Dauferio di Benevento, 1086 - 1087 e Urbano II, Ottone di Lagery, 1088 - 1089, che non se la passavano molto bene essendo quello un periodo ricco di antipapi. La Sora Lella ha rappresentato un pezzo della storia di Roma del secolo scorso, essendo stata una delle poche persone che, assieme al fratello Aldo, è riuscita a farci ancora rivivere quelle atmosfere del tutto particolari, che spero di essere riuscito a descrivere, un’aria di dignitosa convivialità, destinata ormai a scomparire. Quale il possibile legame con la famosa Osteria romana del passato? Probabilmente soltanto qualche tipica Fiaschetteria dove, ancora oggi, puoi consumare alcuni piatti della trazione accompagnati naturalmente dal vino dei Castelli. Campo de’ fiori 10 rondelluS SaBBatum Strumenti e voci antiche co “Col sapor di cioccolato rende il latte prelibato!” C’era scritto ancora così sulla consumata etichetta di un barattolo giallo di plastica, nascosto, insieme ad altri recipienti di forme e grandezze varie, dietro un “muro” di cd. Era stato il contenitore di un famoso preparato in polvere al gusto di cioccolato ed un coniglio “cartoon-style”, suo testimonial per stampa e tv, mi faceva “Ok” dalla sagoma impressa sul tappo. Esaurita, molti anni fa la prioritaria missione di contenitore alimentare, quella scatola evitò la brutta fine nel bidone della spazzatura, grazie al suo aspetto: la forma di un mattoncino il minimo ingombrante, dal colore sgargiante … un giallo senz’altro “acchiappabimbi”, un odor residuo … ancora invitante! Era fatta! All’epoca, parliamo del 1984/5, senza troppa burocrazia, lo riciclai come “soffitta pocket”! E mi spiego. Ho da molti anni l’abitudine di conservare piccoli oggetti, ricordi di qualche viaggio o circostanze particolari, articoli interessanti e notizie curiose … ma dove riporli? Iniziai, per caso, forse spinto da un momento di fretta, ad utilizzare barattoli precedentemente usati … che so … per contenere mozzarelle, salviette igieniche, orzo, etc … e giù ad ammonticchiarli in un nuovo, speciale “supermercato”: gli scaffa- li della mia libreria! Riaperti a distanza di anni (almeno 20!), quei contenitori hanno il fascino che per un archeologo ha un terreno sul quale condurre un’indagine stratigrafica. Così, a partire dallo “strato” più recente, quello più prossimo all’apertura del barattolo per intenderci, andavo a estrarre ritaglietti di giornali, una scheda telefonica emessa dalla compagnia dei telefoni Belga, un frammento di ammortizzatore di un vecchio locomotore, trofeo derivato dallo smantellamento di una stazione ferroviaria, una vertebra umana … la settima … ricordo di studi intrapresi e naufragati in medicina, ed ancora, un glorioso gettone telefonico dell’era del bronzo della Sip, una moneta con foro centrale dall’estremo Oriente … un biglietto di un concerto a Roma dei Black Sabbath … AAALT, fermate quelle mani!!! E chi se lo ricordava di averli visti? Qui lo “scavo” nelle profondità del barattolo si arrestava e scattava la fase di recupero dei ricordi, in verità lacunosi! Con qualche contributo dal web e un “gira e rigira” fra le mani del biglietto repertato … profumato al cioccolato, potevo esser certo che era stata la sera del 12 dicembre del 1987, faceva freddo e pioveva a catinelle … ma che dico a bidoni, quando ebbi la “visione” dei mitici BLACK SABBATH, formazione seminale dell’hard rock, attiva dalla fine dei ’60 ed ispiratrice di tanti e tanti gruppi nei decenni successivi. Per la verità del glorioso quartetto di Birmingham era rimasto solo il chitarrista Tony Iommi e i grandi album, gli hits della band erano stati già abbondantemente pubblicati nel corso degli anni ’70, dalla formazione storica che allineava oltre al già citato Iommi, il bassista Geezer Butler, il batterista Bill Ward e il carismatico “Mr Madman” Ozzy Osbourne alla voce (quello per intenderci reso arcinoto a tutti dal reality show di MTV “The Osbournes” … ma questa è un’altra storia, davvero trascurabile per il nostro “benessere” intellettuale!). Nonostante i “ranghi ridotti”, il sol marchio “BLACK SABBATH” bastò per far convergere duemila o poco più spettatori (così riporta il ben fatto “fans sito” Italiano www.blackbloodysabbath.it nella sezione “curiosita”) in uno sperduto ed angusto cinema–teatro di Casal Palocco (ndr: è una zona residenziale tra Roma e Ostia), scelto all’ultimo momento (davvero!), da un improvvido promoter che scorrazzava all’epoca sulla piazza romana, come alternativa al PalaEur, in considerazione dei dati di prevendita, economicamente insufficienti per giustificare l’impiego della più ampia struttura Romana! Ricordo uno spostamento “biblico” effettuato con i mezzi pubblici stazionanti nei pressi del laghetto dell’Eur, letteralmente presi d’assalto da una folla giustamente inferocita per l’improvviso e poco assistito cambio di programma. Una “fossa infernale” all’interno del locale, un concerto disturbato dallo scompiglio, all’interno e all’esterno, causato dal malumore di tutti i convenuti che, entrati o rimasti fuori per ovvi motivi di capienza della nuova “location” (400/500 posti), facevano i conti con forze dell’ordine allo sbaraglio, prese alla sprovvista dalla mala piega assunta dall’evento. Nel pesante parapiglia di quella sera, la possente musica dei Black Sabbath costituì un rumore di fondo al vero concerto inscenato dalle sirene, dal fuggi fuggi di strada e dal frastuono determinatosi in sala. “Sfrega di qua, sfrega di là” il biglietto avrebbe continuato a “parlare” e la mia testa a rimuginare sull’appassionata “militanza hard & heavy …. vabbè metallara” in quegli anni ‘70 ed ‘80, quando due squillanti scampanellate all’uscio di casa mi riportarono alla realtà … era l’abituale postino che, con fare svelto, mi sottopose il suo blocchetto e sollecitò <una firmetta qui … qui… e qui …. ed ecco a lei i pacchetti signore … ci vediamo …>, dileguandosi in un batter d’occhio! Ripresomi da quella fugace apparizione del portalettere, iniziai a scartare quei pacchetti Campo de’ fiori 11 di Carlo Cattani onvertono i Black SaBBath! Uomini, donne e strumenti... tipici del Rondellus ancora a porta aperta, tanto era stata l’attesa del loro arrivo e, il pensiero del loro contenuto, cds “of course”, organizzò i successivi momenti di ascolto a “porte chiuse”! Diverse nuove “attese” per le mie orecchie, ma su tutte aspettavo al varco con grande curiosità mista a perplessità, un cd particolare … moltoooo particolare: “SABBATUM” dell’ensemble Estone “RONDELLUS”, un’opera concepita come un tributo del tutto … ANTICO ai grandi Black Sabbath! 12 imprescindibili brani dal repertorio “Sabbathiano” degli anni ’70, denudati delle loro dirompenti sonorità, delle memorabili sequenze e ritmi, sono stati scritti “a nuovo” immaginandoli “antichi”, come fossero stati ispirati direttamente in piena epoca medioevale e rinascimentale, con i testi “Sabbathiani” tradotti in Latino e le linee vocali quali fondamentali ponti di relazione con gli originali! “RONDELLUS” dalla Repubblica di Estonia, creatura musicale dei “sister & brother” pluristrumentisti Staak, Maria e Robert, è una formazione sorta nel 1993 e dedita alla divulgazione della musica cosiddetta “antica”, quella prodotta nel medioevo e nel rinascimento. Altri validi musicisti collaborano, dal vivo e nelle registrazioni, con gli Staak, ampliando così le possibilità sonore e vocali, gli arrangiamenti derivanti dagli utilizzi dei diversi affascinanti strumenti d’epoca. In quasi 15 anni di attività professionale, “RONDELLUS” vanta molti concerti, anche a livello internazionale, e diverse produzioni discografiche, talvolta edite in collaborazione con la radio pubblica Estone: “CARMINA SANCTORUM”, una raccolta di musica medioevale di autori vari, di ispirazione sacra dedicata al culto dei Santi; “SECULAR MUSIC IN FRANCE FROM THE XIVth-XVth CENTURY”; “SANCTUM ROSARIUM” - canzoni sacre medioevali ispirate alle “decine” del Santo Rosario … e poi, nel 2003, arriva “SABBATUM”, il tributo musicale più originale che (non) si poteva immaginare verso i grandi rockers BLACK SABBATH! AFFASCINANTE, tanto che, “sic et simpliciter”, ho raggiunto “messer” Robert Staak per comprendere meglio la genesi del progetto “SABBATUM”. …….. e via con le “interrogatiunculas”. Carlo: Ciao Robert, grazie per la tua ampia disponibilità! Vorrei far conoscere ai lettori di CAMPO DE’ FIORI come è scaturita l’idea di realizzare un tributo alla vostra maniera nei confronti dei grandi Black Sabbath? Robert: L’idea, in verità, è da attribuire al 37enne produttore e musicista Mihkel Raud, anche lui come noi Estone … inizialmente la sua proposta ci sembrò un po’ stramba e gli chiedemmo tempo per rifletterci; in quel periodo, era il 2002, non avevamo impegni particolari e insieme al resto dei ragazzi dei “Rondellus” riflettemmo e maturammo la decisione di accettare la proposta di Mihkel, che avrebbe potuto rappresentare un’interessante opportunità a livello internazionale per il nostro ensemble. Devo dire che, superato lo shock iniziale, accettammo le “intenzioni” di Mihkel con grande entusiasmo e il nostro preventivo giudizio di un disegno “folle”, si trasformò in una visione sicuramente originale della musica dei Black Sabbath! Ecco, “SABBATUM” è stato, sin dall’inizio, concepito e perseguito come un progetto che doveva suonare originale, seppure sarebbe stato etichettato come un tributo! Carlo: Illustrami i criteri di scelta dall’ampio repertorio dei Black Sabbath, che vi hanno portato a “stringere” l’interesse sui 12 brani del vostro cd “SABBATUM”: quali entusiasmi nelle scelte e quali difficoltà nella loro “investitura medievale”? Robert: Avendo tutti noi molti anni di attività musicale professionistica alle spalle, soprattutto nel settore della musica antica, la scelta dei brani è stata orientata da due motivi principali: la convinzione che alcune composizioni dei Black Sabbath erano già musicalmente predisposte ad una reinvenzione in chiave medioevale; l’analisi dei testi originali delle 12 canzoni selezionate; poichè si prestavano al progetto di un “back to the middleage” … mi spiego: le melodie di diverse canzoni dei grandi “Sabbath” si adattano a quelle tipiche nel XIV secolo … nel lavoro di studio del repertorio della band di Birmingham il nostro approccio è stato come quello che normalmente abbiamo con la “musica antica”: ci siamo avvicinati ai brani immaginandoli reperiti da antichi manoscritti dell’epoca medioevale e, così operando, gli arrangiamenti ci sono venuti “spontanei”… come il lavoro normalmente effettuato nel nostro settore musicale specifico. continua a pag. 12....... Maria Staak Campo de’ fiori 12 Robert Staak C’è da aggiungere che nelle partiture medievali non ci sono schemi rigidi per quanto attiene i valori delle note e il ritmo, cosicché è lasciato ampio margine di interpretazione quando si rappresentano queste melodie … per questo motivo, inizialmente, potrebbe esserci qualche attimo di perplessità nel riconoscere il brano originale dei “Sabbath”, cito ad esempio la versione di “Symptom of the universe”, da noi tradotta in Latino come “Symptoma mundi” e di “After forever”, tradotta in “Post aeternitatem” … ma per chi volesse controllare, la linea melodica originale … c’è tutta! Abbiamo scritto le partiture definitive di queste rielaborazioni “Sabbathiane” senza definire il ritmo e valori alle note, interpretando i brani alla maniera dei canti Gregoriani. Per alcune composizioni, mi riferisco a “WAR PIGS” - la nostra “Verres militares”, “AFTER FOREVER” / “Post aeternitatem” e “WHEELS OF CONFUSION/”Rotae confusionis”, abbiamo aggiunto dei controcanti, composti nello stile della musica medievale. Per altre, abbiamo introdotto alcuni strumenti d’epoca per creare la base alla linea canora. Di volta in volta, nell’affrontare la progettazione dei brani, abbiamo dibattuto sull’impiego degli strumenti e sugli specifici arrangiamenti, perché tutto suonasse naturale e cogliesse, comunque, l’atmosfera emanata dai testi originali dei Black Sabbath … ma siamo stati attenti anche a non standardizzare i “principi della musica antica”, per conferire particolarità ad ognuno dei brani presi in considerazione … insomma un lavoro di fine cesello per seguire i canoni di scrittura musicale in voga nel XIV secolo. …. Unica eccezione al metodo descritto è stata fatta per “SPIRAL ARCHITECT” /”Architectus urbis caelestis”, dove la linea canora che riprende il verso originale è stata sostenuta da un suono ed un arrangiamento di liuto, tipico del XVI secolo. Carlo: Robert , vi ha contattato qualcuno dei Black Sabbath per darvi un giudizio sul lavoro pubblicato? Robert: Si, terminato il lavoro, quando eravamo prossimi alla pubblicazione ufficiale del cd “SABBATUM”, ne abbiamo spedito una copia a ciascuno della formazione storica della Band: Ozzy Osbourne,Tony Iommi, Bill Ward, Geezer Butler … tutti ci hanno espresso il loro favore al progetto, in particolare Bill Ward ha scritto al produttore Mihkel Raud e ti riporto fedelmente quelle righe, per noi, di grande orgoglio … dunque, Bill Ward ci scrisse: “Hey Guys/Ladies”: I love your translations of the Sabbath songs. Please excuse my tardy response. I feel you’ve taken the music to a whole new place. Full of surprises. I find your renditions very interesting and excellently played. You have a great sound. I will air a couple of tracks on a radio show I do here in Southern California, it’s Rock 50, available on the Internet. All the best in the future, Very sincerely, Bill Ward mo progetti in tal senso ma “Never say ….never” Carlo: Mi racconti un aneddoto legato a questa realizzazione … Robert: Vediamo un po’ … si, eccolo … ad Helsinki durante l’esecuzione di “PLANET CARAVAN”/la nostra “Planetarum vagatio”, nel bel mezzo del brano, abbiamo sentito provenire dal pubblico un distinto fischiettio della melodia del pezzo … senza ombra di dubbio un “Sabbath fan” ... non ci era mai accaduto un fatto del genere per brani di musica antica … la forza del rock!!! Carlo: Ritenete di aver ottenuto un incremento di pubblico a seguito di “SABBATUM”? Robert: Senz’altro, abbiamo portato dalla nostra parte più di un fan dei Black Sabbath e il loro entusiasmo si sente ai concerti! Carlo: Avete mai suonato nel nostro Paese? Robert: Si, in due occasioni: un festival di musica antica nella cittadina di Anagni e a Roma per una manifestazione denominata “European Day” dove rappresentavamo l’Estonia quale uno dei paesi membri dell’EU. Carlo: Visto il successo di critica e di pubblico suscitato da “SABBATUM”, è ipotizzabile un vostro nuovo lavoro “osservando” altre bands? Robert: Sinceramente, ad oggi non abbia- (Riferimenti per contatti e acquisto del cd al prezzo di $ 16,95 tutto compreso: www.rondellus.ee; e-mail: [email protected]) La “singolare” realizzazione dei “RONDELLUS” può offrirvi un varco per accedere ad un periodo della storia della musica relegato ad una ristretta cerchia di cultori e scoprire strumenti dalle sonorità affascinanti quanto distanti dai nostri tempi … traghettati dai BLACK SABBATH, perché no? RONDELLUS in concerto 14 Per onorare la memoria di un genio della cinematografia moderna come Ingmar Bergman, morto lo scorso 30 luglio, desideriamo analizzare una delle sue opere più celebri e più controverse: Persona. di M. Cristina Caponi Per la prima volta nel 1966, il pubblico non svedese poté finalmente apprezzare un film di Bergman in versione integrale. Era Persona. Tale opera non subì il linciaggio dei censori, come invece era avvenuto al precedente Il silenzio, implacabilmente sforbiciato nell’edizione italiana (vedasi a tal senso la manipolazione dei dialoghi). In latino, il vocabolo dramatis persona rinvia ad un significato implicitamente collegato al mondo teatrale. Infatti, tale termine era in uso presso gli antichi per designare la maschera dell’attore, che copriva tutto il volto dell’interprete e cangiava secondo i ruoli e i personaggi. Ma, in altra accezione, denotava altresì l’individuo umano, il suo carattere e la sua parte. Il tema della maschera è sempre stato caro all’autore de Il settimo sigillo, sin dalla sua prima infanzia. In Persona, Bergman si giova della polisemia di tale lemma (precedentemente esaminata) per connotare il suo film sin dal titolo, essendosi accorto che il soggetto della sua opera è la maschera che gli individui indossano quotidianamente1. Non stupisca, quindi, che fra le protagoniste del suo ventiseiesimo lungometraggio figuri un’attrice dalla fama internazionale, ovvero Elisabeth Vogler (Liv Ullmann). È proprio lei a reagire al mondo esterno, brandendo, come arma, il suo impenetrabile silenzio. Il tacere è la sua personale forma di protesta. Invero, la sua presa di coscienza radicale si manifesta in un’alienazione mostruosa, che manda irrimediabilmente in frantumi qualsiasi forma di speranza e illusione. Elisabeth perviene alla soglia di un egoistico nichilismo, esattamente nel momento in cui calca le assi del palcoscenico nelle vesti de l’Elettra di Sofocle; in quell’istante, la commediante interrompe le sue battute e si guarda intorno con aria spaesata. Il giorno dopo non si recherà alle prove. Ma un’altra recita, più intima e ostinata, la giovane donna continuerà a portare avanti: la messinscena di un mutismo ostinato ed intransigente. A costei Bergman oppone, accomunandone i destini, la disponibile infermiera Alma (Bibi Andersson). Quest’ultima, seppur irrimediabilmente pigra, è sempre disponibile ad evolversi, a cambiare. Intorno al tema del silenzio, il desiderio di Campo de’ fiori comunicare d’Alma si evidenzia in varie battute del film: in una scena chiave, l’infermiera sollecita la sua paziente a bofonchiare qualche parola (“Vorrei che tu parlassi, non c’è bisogno che tu dica niente di speciale. Non possiamo parlare alcuni minuti, oppure solo un minuto?”) perché, afferma, è snervante rapportarsi con chi è chiuso nel proprio oblio. Alla fine con un sussulto d’amarezza, lo spettatore potrà udire Elisabeth pronunciare un solo, distinto termine: “Nulla”, a cui fa seguito quel “Così va bene, così deve essere” detto da Alma, che chiude il monologo. L’assunto nichilistico finale è del tutto spiazzante. La lezione che Bergman impartisce al pubblico europeo è quella liberazione del dialogo a vantaggio della rivelazione illimitata della vita psichica segreta, per cui Alma parla in prima, seconda e terza persona: è insieme il soggetto parlante e l’oggetto di cui si parla. Tutto si riduce a monologo, su cui giganteggia l’immagine visiva, un’immagine studiata in maniera esemplare dal cineasta svedese, che usa con gran maestria il bianco e il nero come se si trattasse di un film a colori. Dalla visione della pellicola si arguisce come fra le due protagoniste si sviluppi un larvale legame umano, tanto che Alma giunge addirittura a confidare all’attrice un orgiastico amplesso in riva al mare, insieme ad uno sconosciuto. Da tale peccaminosa passione ne deriverà la minaccia di un’imprevista maternità, presto dileguatasi grazie ad un aborto spontaneo. In seguito a ciò, entrambe proveranno una reciproca attrazione l’una verso l’altra, a cui faranno seguito attimi di violenta repulsione: Elisabeth giungerà a schiaffeggiare Alma, mentre costei si graffierà sul braccio e le farà succhiare il proprio sangue. Totalmente inutile l’istantaneo rimorso dell’infermiera. Fra loro, quindi, non s’instau- a n o s Per ra un clima basato sul rispetto reciproco, piuttosto un latente istinto di sopraffazione, scatenato dall’incidente della lettera provocatoria. Nel corso del film, Alma diverrà la proiezione soggettiva d’Elisabeth: le loro personalità si sovrapporranno, fino a fondersi in un unico eidos. Con Persona, perciò, l’artista svedese approda ad una cosiddetta drammaturgia dell’Io, le cui radici risalgono ad autori teatrali del calibro di Strindberg e Ibsen. Quello che il regista imprime sulla pellicola non è altro che lo scontro dialettico fra due aspetti di una stessa personalità, concretizzatisi in due differenti personaggi. Per indicare il rapporto che si sviluppa tra le due protagoniste del lungometraggio datato 1966, la critica ha coniato l’espressione: “Vampirismo intellettualizzato”. Nella sua lunga carriera di cineasta, Bergman ha dapprima confezionato prodotti filmici in cui si alternano i destini di numerosi soggetti, per poi passare ad opere con pochissimi characters (l’esempio più eclatante è Il silenzio), fino a giungere con Persona ad un unico protagonista; ad un unico grande volto che fagocita in sé la parte destra del viso d’Elisabeth e quella sinistra d’Alma. A tale astratta effigie, tende invano la mano il bambino del prologo. Egli è il figlio non amato della grand’attrice Elisabeth Vogler. Gli esterni di Persona, insieme ad uno sparuto gruppo di film quali: Come in uno specchio, L’ora del lupo, La vergogna e Passione, sono stati tutti girati sull’isola di Fårö. L’atmosfera selvaggia e solitaria che questa landa emana si uniforma perfettamente allo stato mentale e sentimentale delle due donne; in tal guisa il merito di Bergman è stato quello di ritagliare uno spazio scenografico adatto ad amplificare la loro condizione di profonda solitudine e irrealtà. Per concludere, le emozioni che il regista svedese ci ha trasmesso attraverso i suoi film rimarranno sempre vive nei nostri cuori e di ciò lo ringraziamo. Un marchio registrato anche presso l’ufficio brevetti della camera di commercio, proprio per tutelare la professionalità dell’unica vera scuola di danza a Civita Castellana e nella provincia di Viterbo, e per la necessità di sottolineare la profonda differenza strutturale e didattica che fa una vera scuola di danza. In una scuola di danza, per statuto, si insegna solo ed esclusivamente la danza. L’unico scopo di una scuola di danza è quello di promuovere l’arte della danza, in maniera professionale, in tutte le sue varianti e discipline. Tutte le risorse, sia economiche che commerciali, sono rivolte a questo unico e mirabile obiettivo. L’ambiente deve essere riservato e silenzioso, perché la danza comporta disciplina. I pavimenti debbono essere tecnici, atti allo studio della danza: IN LEGNO DI BETULLA, RIALZATI DA TERRA E MOLLEGGIATI PER ASSORBIRE LE VIBRAZIONI ED IMPEDIRE IL RIPERQUOTERSI DELLE STESSE SULLE OSSA, SULLA MUSCOLATURA E SULLA SPINA DORSALE. Devono essere, altresì, antiscivolo, con un particolare trattamento che va, di norma, ripetuto ogni anno. Specialmente quando si parla di bambini piccoli, che non hanno ancora la muscolatura completamente sviluppata, ogni mamma dovrebbe informarsi a riguardo del pavimento, perché potrebbero insorgere dei problemi molto seri. Inoltre in una vera scuola di danza insegnano Maestri Professionisti, in possesso di diplomi o lauree rilasciate da Accademie della Danza italiane o straniere. Questo dimostra e attesta una profonda conoscenza, oltre che della disciplina della danza e della storia della danza, dell’anatomia del corpo umano, importantissima quando si parla di bambini, i quali hanno una muscolatura diversa ad ogni fascia di età e ad ogni tappa del personale sviluppo fisico. Dimostra, inoltre, una profonda conoscenza della grammatica musicale e del solfeggio, necessari nello studio della danza perché insegna a capire il tempo ed il ritmo della musica, creando nell’allievo la capacità di muoversi ed esprimersi sulla musica, diventando musica, senza il diseducativo bisogno di contare i passi…. Una scuola di danza deve avere un Direttore Artistico e Tecnico che segua costantemente il percorso didattico degli allievi, decidendo e variando il percorso di studio nella lezione, e svolgendo il delicato compito di controllare periodicamente l’impostazione della postura. Il Direttore Artistico deve avere un curriculum che ne dimostri il valore artistico per poter presenziare questa importante carica. Oggi è molto facile controllare la veridicità dei curriculum proposti grazie ad internet e agli Enti della danza preposti allo scopo della tutela dei meriti professionali. L’insegnante affidato al corso deve seguire il percorso dell’allievo per tutto l’anno accademico, avvalendosi anche, se si ritiene necessario e formativo per l’esperienza dell’allievo, di stage di approfondimento delle tecniche acquisite. Lo stage è importante (infatti esso stimola, appassiona e arricchisce la curiosità dell’allievo) ma non quanto la professionalità del Maestro che ne segue l’insegnamento costantemente. La formazione è un percorso di studio molto delicato. La danza classica ha tempi lunghi e lunghi anni di studio. Oggi, nella società che ci contraddistingue, per facilitare le iscrizioni di inizio anno, si fanno calzare alle bambine le scarpe da punta in modo prematuro. Le scarpe da punta sono il sogno di ogni bambina, ma le lesioni alle ossa del piede, se non ancora formate in ogni sua parte, possono essere molto gravi e perenni. Dubitare delle offerte è sempre lecito, quindi basta informarsi da un ortopedico di fiducia per ovviare sgradevoli sorprese. La Scuola Superiore Di Danza Honey, nell’interesse primo degli allievi, rispetta tutte le norme didattiche e professionali, sopra elencate, nell’insegnamento vero dell’arte della danza. Il programma didattico segue parallelamente quello dell’Accademia Nazionale di Danza. Per quanti desiderino fare della danza la propria professione, nella Scuola di Danza Honey è possibile frequentare corsi giornalieri e sostenere l’esame di fine corso. Per la grande serietà della Scuola, la Commissione chiamata a valutare il lavoro dell’allievo a fine anno accademico è sempre una Commissione Esterna, cioè composta da Maestri che non praticano l’insegnamento nella scuola. L’insegnante del corso viene chiamato solamente a tenere la lezione durante l’esame. Questo garantisce enormemente l’allievo, in quanto la valutazione sarà obiettiva e non di comodo o per conoscenza personale dell’individuo; Garantisce le famiglie che possono controllare personalmente, in base ai giudizi ricevuti, se l’allievo è veramente portato per la danza. Garantisce, inoltre, la scuola che può attestare se il lavoro svolto dagli Insegnanti è stato buono e proficuo, facilitando il compito di decidere, di conseguenza, la rinomina all’insegnamento all’anno successivo. Per gli allievi dei corsi più avanzati, nella Scuola Superiore di Danza Honey, esiste, inoltre, la grande possibilità di fare esperienza formativa e lavorativa con la Compagnia di Balletto “La Maschera D’avorio”, che debutterà, nel mese di Ottobre, nei teatri romani con lo Spettacolo “Nenius”, con le coreografie di Jvan Bottaro e la regia di Sara Re. Per questo spettacolo sono state selezionate, con nostra grande soddisfazione, due giovani allieve Honey. Per gli allievi Honey, questa tangibile possibilità, è di importanza estrema, perchè lavorare in una Compagnia, a stretto contatto con ballerini professionisti, coreografi e scenografi, oltre che essere molto costruttivo a livello formativo, risulta essere gratificante per tutti gli anni di studio e di sacrificio che comporta lo studio della danza . Tutto lo staff degli insegnanti è di elevatissimo livello artistico ed in possesso di laurea o diploma di insegnamento, conseguiti in accademie nazionali o straniere. La Direzione Artistica e Tecnica è affidata al Maestro Fabrizio Bartoli, considerato uno dei più grandi Maestri di danza che abbiamo in Italia. Proprio per il suo valore e per la sua autorità artistica, è stato scelto dall’ANAD a scrivere e redigere un manuale sull’insegnamento della danza rivolto, esclusivamente, agli insegnanti. Un libro che verrà pubblicato in questi giorni e che delinea e cataloga il metodo di insegnamento della danza dal 1° all’ 8° corso. La Scuola Superiore di danza Honey è fiera di poter dare un servizio così prestigioso e completo ai propri allievi, con un percorso di studio monitorato costantemente sia dai Docenti Honey, che dai Maestri Ospiti che vengono chiamati, periodicamente, a tenere lezioni di perfezionamento e approfondimento delle varie tecniche della danza. …. Per questo è importate affidare i propri figli ad una vera scuola di danza, dove nulla è lasciato al caso e all’improvvisazione…. È così difficile dire ad una giovane ballerina desiderosa, che non è pronta per andare sulle punte, ma a volte è necessario. Le ossa del piede non sono pienamente sviluppate, rinforzate ed indurite fino all’adolescenza. Naturalmente c’è moltissima variazione tra una bambina e l’altra. Se una giovane ballerina tenta il lavoro sulle punte senza la forza e la tecnica adeguata, è possibile che danneggerà permanentemente quelle ossa non sviluppate. Il movimento e il peso corporeo generano moltissima forza. Se l’allieva ha abbastanza resistenza e tecnica, e se l’introduzione al lavoro sulle punte è graduale, e fatto sotto il controllo dell’insegnante, tutto andrà nel migliore dei modi. Per essere sufficientemente allenata per affrontare il lavoro, deve studiare con disciplina e costanza. Deve sapere mantenere la corretta postura e avere forza nell’en dehors. Dovrebbe sapere usare il plié, fare relevées in quinta in centro e mantenere l’equilibrio in relevé passé sulle mezze punte. L’anno prima che le allieve andranno sulle punte, un insegnante attento, dedicherà un certo tempo all’interno della normale lezione di danza classica agli esercizi specifici per i piedi e le punte. Servono per fortificare le caviglie e il metatarso. Una volta che le allieve hanno imparato perfettamente gli esercizi, calzano le scarpe da punta ed effettuano alcuni brevi e lenti esercizi alla sbarra. Quando hanno acquisito più sicurezza useranno le scarpe da punta per l’intera lezione. Quando s’inizia ad andare sulle punte, è molto meglio lavorare nella sala di danza sotto la supervisione dell’insegnante. Altrimenti è facile prendere delle abitudini sbagliate che sono difficili da correggere, oppure farsi male. La cosa più importante da ricordare è: al New York City Ballet non dicono “punta il piede”, dicono “punta la caviglia”. Per fare la mezza punta si muove solo la caviglia, e quando passi in punta, soltanto le dita del piede si muovono, se lo fai correttamente. Campo de’ fiori 18 Associazione Artistica Ivna Artisti di Vignanello, Vallerano, Corchiano, Civita Castellana condividono l’arte Quiete e bellezza interiore nell’arte di Maria Gabriella Coaccioli L’esperienza artistica di Maria Gabriella Coaccioli risale all’adolescenza. Negli anni assume la fisionomia di pittrice figurativa, la cui tecnica è olio su tela e su tavola. La realtà che della Prof.ssa la circonda la attrae ed M.Cristina ella, con abilità, riproBigarelli duce paesaggi immersi in uno spazio dalle variate armonie evanescenti, che impallidiscono e combaciano con gli attimi di vita echeggianti una malinconica gioia di abbandonarsi alla calma delle giornate estive, in un’ esplosione ben marcata del colore. Quando ella dipinge i fiori, gli alberi intuisce l’intensa bellezza del creato, percependo quasi il senso Divino, supremo principio di unificazione con la natura, dando eloquente voce interiore alle “membra” floreali, ai filamenti, ai pistilli, ai petali, alle fronde, ai rami, ai tronchi e alle cortecce, ad una intima struttura esuberante e nel contempo mite, vivacizzata da fremiti spirituali, in una continua scoperta della varietà della bellezza. Così ella, abilmente, assurge i suoi fiori a gioiose meraviglie nello sbocciare del verde e del colore, identificandole con la purissima intimità della grazia, che va al di là del tangibile, tentando di ergersi, infatti, verso una poetica celestiale in una sublimazione dei meritevoli sentimenti umani. Come ogni artista autentico, ciò che conduce Maria Gabriella Coaccioli a dipingere è l’esigenza di rappresentare i fiori, i paesaggi, i vicoli ed i soggetti a lei familiari, spinta da una intensa energia, sviluppatasi, adeguatamente, nel tempo e nello spazio. Guardando le sue tele e le sue tavole, sulle quali stende i colori plasmando il suo ambiente d’arte, si può rimanere contagiati dall’entusiasmo della vivacità dei toni cromatici, che la contraddistingue, dalle composizioni gioiose e solari, che le appartengono e che sono proprie di chi vuole trasmettere la freschezza della natura e il piacere di affidarla alla composizione artistica. La sua pittura ci incoraggia a guardarci dentro e intorno con benevolenza e mitezza, afferrando l’aspetto umile e dolce della realtà umana e naturale come fonte di conforto e di rinascita, attraverso il folto verde dei suoi viali alberati, dove la figura umana non appare, perché rappresenta il simbolo del mondo nascosto dentro ciascuno. La necessità di comunicare il “bello delle cose” è rivolto a sé stessa ed agli altri con spontaneità, supremo momento di trasformazione e rifiorimento interiori, con lo slancio vitale che la identifica come rappresentante di un’arte silenziosa, ma emotivamente coinvolgente. Maria Gabriella Coaccioli Campo de’ fiori 19 L ARCO DI COSTANTINO: gLI eLemeNTI DeCORATIvI ...continua dal n. 41 Ciò che più colpisce dell’Arco di Costantino è la genialità con cui elementi architettonici e scultorei, appartenenti a periodi storici e stilistici differenti e di distanti nel tempo, Cristina vengono inglobati e Collettini accostati ad altri, fatti realizzare appositamente, secondo una logica decorativa unitaria, basata sull’accostamento di tematiche omogenee e su voluti rimandi simmetrici e simbolici. Il lato meridionale dell’arco rappresenta episodi bellici, mentre quello orientale riporta scene di pace e di vita pubblica. E’ probabile che, per realizzare il suo arco trionfale, Costantino abbia utilizzato un monumento preesistente, ovvero un arco ad un solo fornice di età presumibilmente flavia, trasformato poi a tre fornici e decorato con elementi scultorei provenienti da monumenti di epoche precedenti, dell’età di Traiano, di Adriano e di Marco Aurelio. La parte centrale di ambo i lati dell’attico è occupata dall’iscrizione dedicatoria, ai cui lati sono inseriti 8 rilievi rettangolari, di circa 3 metri di altezza, rappresentanti scene delle battaglie di Marco Aurelio contro i Quadi ed i Marcomanni, in cui le teste dell’imperatore sono state riadattate con quelle di Costatino e di Licinio, benché quelle attualmente visibili, frutto di un restauro del XVIII secolo, raffigurino l’imperatore Traiano, alla cui epoca erano stati attribuiti i rilievi in questione. Le scene della facciata settentrionale, da sinistra a destra, rappresentano l’arrivo in trionfo a Roma dell’imperatore, la sua partenza da Roma, la distribuzione di donativi (pane e denaro) al popolo romano e la sottomissione di un capo barbaro. Sulla facciata meridionale: la presentazione all’imperatore di un capo barbaro vinto, dei prigionieri di fronte all’imperatore, un discorso ai soldati ed un sacrificio nel campo. I rilievi dell’età di Marco Aurelio probabilmente facevano parte dell’Arcus Pani Aurei, un arco posizionato sul Campidoglio, commemorativo delle vittorie dell’imperatore Marco Aurelio sulle popolazioni germaniche, o forse appartenevano al complesso fatto erigere dal figlio Commodo, nel Campo Marzio, in onore del padre. Incorniciano i rilievi dell’età di Marco Aurelio 8 statue di Daci, in marmo pavonazzetto, su basamenti di marmo cipollino, le cui integrazioni in marmo bianco risalgono al restauro settecentesco e si ritengono provenire dalla Basilica Ulpia, nel Foro di Traiano, così come i 4 pannelli, due internamente al passaggio centrale e due sui prospetti minori dell’arco, rappresentanti scene di battaglia. Tali lastre di marmo pentelico facevano parte di un unico fregio, ben più grande, raffigurante le imprese dell’imperatore Traiano nelle campagne della Dacia. Anche qui le teste, originariamente rappresentanti l’imperatore Traiano, sono state adattate alle sembianze di Costatino. Gli 8 tondi nella zona mediana sopra i due fornici minori, sui prospetti frontali, disposti a due a due ed alti circa 2 metri, appartengono all’epoca di Adriano e alternano scene di caccia a scene di sacrificio in onore di divinità pagane, ognuna collegata ad una delle cacce. Nel lato settentrionale si alternano la caccia al cinghiale ed il sacrificio ad Apollo, la caccia al leone ed il sacrificio ad Ercole; invece nel lato meridionale la partenza per la caccia ed il sacrificio al dio Silvano, la caccia all’orso ed il sacrificio a Diana. Curioso è il fatto che, nella facciata meridionale le teste dell’imperatore Adriano sono state adattate alla fisionomia di Costatino, nelle scene di sacrificio, e di Licinio e Costanzo Cloro nelle scene di caccia, mentre nella facciata settentrionale i riadattamenti delle teste sono invertiti nelle rispettive scene. Incerta è la provenienza di questi tondi: inizialmente si supponeva che provenissero dall’arco di accesso di un santuario dedicato al culto di Antinoo, il giovane prediletto dall’imperatore Adriano morto in tenera età, ma alcune indagini sui materiali di reimpiego hanno dimostrato come i tondi presenti sulle facciate sembrerebbero appartenere al monumento stesso e non inseriti in età costantiniana, ma forse risalenti ad una seconda fase dell’arco originario, presumibilmente di età adrianea. I due tondi presenti sui lati corti dell’arco sono stati, invece, scolpiti appositamente per questo monumento commemorativo: la scena sul lato orientale rappresenta il dio Sole Apollo che sorge dal mare guidando una quadriga; sul lato occidentale è invece la dea Luna Diana che, guidando una biga, si immerge nel mare. I due rilievi sembrano dare alla figura dell’imperatore Costantino una dimensione cosmica. Ma l’elemento scultoreo più significativo della decorazione di età costantiniana è, indubbiamente, il bellissimo fregio continuo, alto circa 1 metro e che corre sopra i due fornici laterali, al di sotto dei tondi adrianei, e che prosegue sui lati corti. Scolpito direttamente sui blocchi della muratura, il fregio racconta gli episodi più significativi della vittoria di Costatino su Massenzio. Partendo dal lato corto ad ovest e girando in senso antiorario lungo l’arco, le scene rappresentano: la partenza dell’esercito da Milano; l’assedio di Verona e la battaglia di Ponte Milvio; il ritorno in trionfo a Roma; il discorso tenuto dall’imperatore alla folla dai rostra del Foro Romano e la distribuzione di denaro al popolo. I monumenti rappresentati nelle scene sono quelli esistenti all’epoca, ma sono allineati sullo sfondo, senza rispettare la loro effettiva collocazione spaziale. Nella sua logica di narrazione continua, il fregio si lega alla tradizione romana del rilievo storico, ma, sostituendo al naturalismo ellenistico un forte simbolismo, presenta comunque dei caratteri marcatamente innovativi, che saranno poi caratteristici dell’arte tardo-antica. All’interesse per la figura centrale, isolata, tipica dell’arte greca, si sostituisce quello per le scene di massa, con le figure più tozze dai tratti leggermente sproporzionati, con una gerarchizzazione delle figure rappresentate non secondo la loro effettiva posizione nella scena, ma in relazione alla loro importanza ed al messaggio che si vuole comunicare. All’età costantiniana si fanno risalire anche i rilievi sui piedistalli delle colonne; i busti relativi a figure imperiali e di divinità, presenti nelle pareti interne dei fornici laterali, non molto ben conservati; le Vittorie alate e le Stagioni sui pennacchi del fornice centrale e le personificazioni di fiumi su quelli dei fornici laterali; le figure di divinità scolpite sulle chiavi degli archi, purtroppo molto rovinate. Nel XII secolo, proprio come il Colosseo, anche l’Arco di Costantino fu inglobato nella fortezza dei Frangipane, fino al 1804. E’ con il Quattrocento che iniziano gli studi su questo emblematico monumento dell’arte tardo-antica e conseguentemente i relativi restauri, particolarmente quello del Settecento, che si sono susseguiti fino ai giorni nostri. Una piccola curiosità: sembra che nel 1530 Lorenzino de’ Medici sia stato cacciato da Roma, per aver tagliato, per puro divertimento, alcune teste dei rilievi dell’arco, in parte reintegrate nel restauro del XVIII secolo!!! Viterbo - Roma - Civita Castellana Vallerano - Porto D’Ascoli - Teramo www.lisi-bartolomei.com Campo de’ fiori e n o i l g i Ronc 21 Incontro tra storia e presente: il Roncio D’Oro Anche quest’anno le rovine dell’ ex Chiesa di Sant’Andrea sono state impreziosite dal più importante evento culturale ronciglionese: il Roncio D’Oro, che, grazie all’impegno del Centro di Erminio Ricerche e Studi di Quadraroli Ronciglione, alle istituzioni locali e all’insostituibile dedizione della Signora Maria Cangani è giunto oramai alla quattordicesima edi-zione. Questo momento, in cui la storia e la tradizione si mescolano al presente, è seguito ogni anno da un numero sempre crescente di persone, che, tra fragorosi applausi e compiaciute risate, fanno da colonna sonora alle opere lette da artisti locali e non... Davanti al Sindaco di Ronciglione Massimo Sangiorgi, all’Ass. Trappolini ed altre autorità, rappresentati delle diverse associazioni paesane, Armando Cianchella ha dato voce alle migliori opere in lingua italiana. Tra queste ricordiamo: per la sezione giovani Anastasia Rizzo, che ha vinto il Roncio d’oro con “Che bontà” e il Roncio d’argento assegnato a Elisa Verduchi per l’opera “Lettera di una preadolescente”. Nella sezione in italiano riservata agli adulti si sono distinti Tommaso Torsello, che ha vinto il Roncio D’oro per l’opera “Alla vita” e Tania Piferi, che con “Risvegli” si è aggiudicata quello d’argento. Mario Palozzi e i Ragazzi del Collegio hanno poi dato vita a dei veri e propri momenti di puro divertimento, leggendo le opere in dialetto. In questa categoria, che riporta indietro con gli anni gli anziani presenti e dà consapevolezza di qualche cosa che oramai sta scomparendo ai giovani intervenuti numerosi, sono emerse le opere di Quinto Chiricozzi, che con il componimento “’O patentino” ha vinto il Roncio d’oro e Giuseppe Lorusso, che si è aggiudicato quello d’argento con “Via Monticavallo nummoro 24”. Anch’io ho ricevuto una mensione speciale per il testo in dialetto, “’O futuro che nun avaria mmai da essa”, interpretato con bravura dai Ragazzi del Collegio. In questa opera tragicomica ho voluto far riflet- tere il pubblico presente sui cambiamenti radicali che la nostra società sta subendo, portando così all’estinzione di molte piccole attività commerciali. Questo mescolarsi tra passato e presente sembra essere la formula giusta per un successo sempre crescente di una manifestazione che sta assumendo la connotazione di un evento portante della cultura e della tradizione ronciglionese. Info pubblicità 0761.513117 Campo de’ fiori 22 a n i p e Can STORIA Il piccolo paese di Canepina, con i suoi 2.096 ettari di superficie e i 3.095 abitanti, nel cuore dei Monti Cimini, è incastonato nei secolari castagneti, sul declivio di una di Ermelinda Benedetti foto Mauro Topini conca boscosa, dove confluiscono due dei numerosi corsi d’acqua che solcano il territorio. E’ a 501 m sul livello del mare. Alcuni ritrovamenti archeologici, fanno presumere che il territorio sia stato abitato già in epoca etrusca, ma la vera storia della Canepina che è giunta fino ai nostri campanile comunale giorni risale al Medioevo ed è, per lo più, legata alle vicende dello Stato Pontificio, a cui apparteneva già dall’VIII secolo. Nell’XI secolo, passò alla famiglia Di Vico, Prefetto di Roma, che dominava diversi altri paesi della zona. Vi fecero costruire, su di un dirupo inaccessibile, un castello, per tenere sotto osservazione la piana del Tevere, soggetta ad attacchi nemici. Ben Le guide di C presto, intorno ad esso, si formò un nucleo abitativo di pastori e contadini, che, per evitare i soprusi di briganti e soldati che passavano di lì, chiesero protezione ai comandanti del castello. Nel 1154 divenne, nuovamente, patrimonio di San Pietro, acquistato, insieme ad altri territori locali, da Adriano IV. Nel 1170 i viterbesi, che avevano vinto su Ferento, Corneto e Orvieto, si assicurarono la dedizione di alcune rocche e castelli, tra cui la stessa Canepina, che, nel 1332, cedono, come garanzia di fedeltà, alla Santa Sede, senza, tuttavia, rompere quel rapporto di imposizione che avevano stabilito più di due secoli e mezzo prima. Nel 1544 il paese entrò a far parte del Ducato di Castro, il nuovo stato costituito, per i suoi discendenti, dal Cardinale Alessandro Farnese nel 1537, dopo essere divenuto Papa, col nome di Paolo III, nel 1534. Il figlio Pier Luigi fece costruire un palazzo nobiliare (oggi sede comunale), ma l’odio delle altre famiglie locali, portò Ferrante Gonzaga, appoggiato da Carlo V e da alcuni traditori, ad assalire il palazzo nel 1547 e uccidere Pier Luigi, gettandolo dalla finestra. Nel 1649, dopo poco più di un secolo di dominio farnesiano, il Ducato di Castro venne distrutto per ordine di Papa Innocenzo X, con il conseguente ritorno di quei territori sotto la diretta giurisdizione della Camera Apostolica. Canepina seguì, poi, le sorti del resto del territorio viterbese. ITINERARIO TURISTICO Passeggiando per le vie del centro storico si può ammirare ancora intonsa impronta medievale. A testimonianza di ciò è possibile visitare il Castello degli Anguillara, risalente al XIV secolo, ai cui angoli furono poste delle belle e robuste torri cilindriche e il Palazzo Farnese, del XVI secolo, che, continuamente rimaneggiato, ospita attualmente gli uffici comunali. Per quanto riguarda gli edifici religiosi, se ne annoverano diversi, spesso incastonati tra una abitazione e l’altra. La chiesa di Santa Maria Assunta risale, nella sua forma attuale, divisa in tre navate da archi e colonne, al 1517. Fu costruita su una preesistente chiesa di dimensioni assai inferiori e, in epoca barocca, fu profondamente trasformata con l’aggiunta di pilastri, di volte e del campanile. L’armoniosa facciata è caratterizzata da Campo de’ fiori 23 Campo de ’ fiori li, la statua del Santo viene trasportata processionalmente per tre volte intorno al paese e assegnata ad un tutore, che dovrà occuparsene per un intero anno. Carnevale Canepinese Sfilata di carri allegorici e mascherate, al ritmo di musica e lancio di coriandoli colorati. Festa di Santa Corona Festeggiamenti in onore della Santa Patrona del paese. La parte religiosa, con la processione e il trasporto della macchina di Santa Corona, è affiancata da quella più folclorica, ricca di giochi popolari, gastronomia e spettacoli musicali che animano la serata, il 17 di maggio. Sagra della castagna Festa per il prodotto più significativo dell’economia di Canepina. Ogni fine settimana del mese di ottobre vengono aperte cantine per la degustazione della cucina locale e offerti gratuitamente i marroni. Manifestazioni musicali, culturali, sportive e folcloristiche vengono organizzate per l’importante occasione. San Michele Arcangelo una finestra centrale affiancata da due fori circolari. I blocchi di pietra rosa, con i quali è costruita, al calar del sole danno una variazione cromatica di spettacolare bellezza. La sua costruzione è da attribuire alla scuola di Antonio Cordini da Sangallo, detto il Giovane, nipote di Antonio il Vecchio. La chiesa di San Pietro e Paolo, in Via XX Settembre, di fronte al Comune, dal quale è separato per mezzo dell’antistante piazzetta, fu fatta erigere, probabilmente, in ricordo di Pier Luigi Farnese, morto defenestrato. La chiesa della Madonna delle Grazie è una caratteristica chiesetta di campagna, addossata allo scosceso pendio, che si trova di fronte all’abitato. Risale ai primi anni del XVII secolo e fu edificata con il materiale ricavato dall’ormai decadente roccaforte dell’Arcella. Molto insolita risulta essere la sua architettura a pianta quadrata, sormontata da una cupola con sovrapposto un cilindro. La chiesa del Carmine è riccamente decorata con stucchi, dipinti e affreschi del XV secolo. La chiesa di San Michele Arcangelo fu costruita, nella metà del XVII secolo, come prolungamento della suggestiva chiesetta di Santa Maria della Fossatella, che rispecchiava le acque del Rio Grande, a cui fu fatto demolire il muro di sinistra, lasciandola come spazio dell’altare maggiore e del coro, diviso da una ampia transenna, in posizione più elevata e raggiungibile grazie ai gradini. Il Museo delle tradizioni popolari, allestito nei locali del vecchio convento dei Carmelitani, dal Gruppo Interdisciplinare per la Cultura dell’Alto Lazio, attraverso l’esposizione di oggetti del quotidiano, attrezzi, manufatti e immagini, vuole recuperare la storia e tutto il complesso modo di vivere della comunità canepinese, da più di un secolo a questa parte. TRADIZIONI E FESTE Festa di Sant’Antonio Festeggiamenti in onore del Santo Protettore degli armenti, il 17 gennaio. Dopo la benedizione degli anima- SAPORI TIPICI Le specialità culinarie tipiche della zona sono il fieno, un particolare tipo di pasta lunga e piuttosto sottile e i ceciliani, pasta lunga e bucata all’interno. CURIOSITA’: Ma lo sapevate che… L’origine del nome è legato alla lavorazione di canapa, che in passato rappresentava una fonte di ricchezza per la comunità. Dall’iniziale Canapina, probabilmente per un errore di trascrizione su antichi documenti, nel XVIII secolo si passò all’attuale Canepina. Campo de’ fiori Settembre 1997, una sera qualsiasi in cui un gruppo di soci della “Grotta dei Germogli” si chiedeva come vivacizzare la vita di Calcata. Fummo io e Pancho Garrison, il gestore del circolo, a pensare di Debora Attanasio che Calcata sembrava l’ambientazione adatta a girare un film gothic: da lì, decidemmo di lanciare la prima festa di Halloween. Oggi, Halloween è una moda che tutti seguono, ma allora in pochi conoscevano le origini di questa festa che affonda le sue radici nei miti pagani degli antichi romani, in particolare il mito di Cerere e della figlia Proserpina, rapita da Ade il dio degli inferi, con la licenza di tornare dal mondo dei morti una sola volta all’anno, alla fine di Ottobre. Il mito, da allora, ha viaggiato per tutta Europa e si è arricchito strada facendo, soprratutto nel paesi celtici come l’Irlanda, e poi ha preso la connotazione attuale negli Stati Uniti, dove i pionieri avevano zucche in abbondanza e le sfruttavano per farne delle lampade festive (originariamente venivano invece svuotate delle grosse rape). Gira che ti rigira, la tradizione è tornata a casa sua. Sbagliano quelli che la snobbano pensando che si tratti di un’ “americanata”, e Calcata, abitata da un gran numero di stranieri, ha il vanto di essere stata la prima città italiana a celebrarla di nuovo. Quella prima festa, nel ’97, superò ogni aspettativa degli organizzatori: nel piccolo locale si avvicendarono oltre trecento persone, perfettamente truccate e mascherate da mostri di tutti i generi e non fu possibile chiudere i battenti del circolo se non all’alba, l’ora in cui si ritirano anche i vampiri più tenaci. L’anno dopo, l’affluenza era praticamente raddoppiata, ma per fortuna anche altri locali diedero la loro adesione all’iniziativa. Nel ’99, le centinaia di ragazzi arrivati da Roma e dintorni cominciavano ad avere problemi di parcheggio, ma tutto andò, come al solito, per il verso giusto. Nessun disordine, tutti semplicemente felici di immergersi in un’atmosfera che sembrava creata da scenografi cinematografici, ma che è invece quella che offre spontaneamente Calcata, suggestiva ogni giorno dell’anno. Nel 2000, grazie ad un lungo ponte festivo, la festa durò ben tre notti e, grazie al passaparola, iniziarano a fare capolino le prime celebrità in incognito. Ma è stato nel 2001 che anche i mass media hanno cominciato ad accorgersi di questo fenomeno spontaneo: le troupe di Raitre e di Rete 4 realiz- 25 zarono due ampi servizi sul paese, che si trasformava in un tunnel degli orrori per una notte e le mandarono in onda il giorno dopo. Nel frattempo, all’apertura notturna dei locali si era aggiunta quella di molti negozi e l’organizzazione di mostre d’arte a tema. Ma una delle edizioni più belle è stata quella dello scorso anno, per la prima volta con il patrocinio del Comune. Molte iniziative: proiezioni di film horror, cene a tema e il concorso per la maschera più bella, vinto da una coppia di residenti, che si sono presentati vestiti di tutto punto come due demoni, uno nero e uno rosso, con tanto di ali larghe tre metri. Quest’anno la magia si ripete, ed è un peccato non esserci. Un solo, vivissimo consiglio: se volete anche cenare nel paese, prima di godervi i festeggiamenti, prenotate un ristorante altrimenti, in coda per un tavolo, potreste patire una fame… da paura! 26 Scopri l’Arte Campo de’ fiori Antonio Aballe Antonio Aballe Antonio Aballe nasce e vive a Civita Castellana e anche lui, come altri in passato, è stato per noi una grossa rivelazione nel campo dell’arte. Antonio, per gli amici Tonino, ha sempre svolto il lavoro di ceramista ma, nel tempo libero, si è dedicato, negli anni, a coltivare una sua grande passione: il disegno. Pur non avendo frequentato scuole specifiche, Tonino scopre in sé questa magnifica dote e, nel tempo, realizza disegni man mano sempre più perfetti nel tratto e nel chiaroscuro. I suoi strumenti sono la matita e la china e da questi nascono vere e proprie opere, copie di cartoline o di disegni famosi. Fra tutti i disegni mostratici da Tonino, quello che più mi ha colpito è quello che ritrae la bellissima Piazza Matteotti di Civita Castellana. La minuziosa cura dei particolari, la padronanza del chiaroscuro e la delicatezza del tratto, rendono così vivo e pulsante il disegno da poterlo paragonare ad una foto d’epoca. Oggi, la grande aspirazione di Tonino è quella di poter colorare i suoi disegni e, per il momento, ne sta realizzando alcuni con le matite colorate. Noi gli auguriamo, in futuro, di poter compiere il grande passo: quello di impugnare un pennello. Cristina Evangelisti Cattedrale di Norimberga Piazza Matteotti - Civita Castellana Ponte Clementino - Civita Castellana Campo de’ fiori 27 Francesca Giustini echi di poesia Greca Francesca Giustini di Ermelinda Benedetti Conosco la signora Francesca Giustini solo telefonicamente, a causa della distanza fisica che ci separa, io qui, a Corchiano, lei a Milano. E’ il padre, Edmondo, mio vicino di casa, nonché appassionato lettore ed estimatore di Campo de’ fiori, insieme alla moglie Giusy, a parlarmi di lei e delle sue poesie. Me la descrive immediatamente con una parola: nuvola. “Francesca è una nuvola, senza spigoli, leggera, con la testa per aria, al contrario della sorella Federica, che è sicuramente più quadrata. Ma entrambe sono molto intelligenti”, mi dice sorridendo. Il paragone con una nuvola fa pensare a tante cose, ma, quando parlo al telefono con lei, capisco cosa voleva intendere. La nostra chiacchierata, infatti, è una serena passeggiata. Le chiedo, prima di tutto, come sia nata questa sua passione e mi risponde dicendo che, in realtà, è sempre stata orientata verso la scrittura. Ama comporre in versi, ma le riesce spontaneo scrivere anche degli splendidi stralci di prosa poetica, soprattutto in particolari stati d’animo. Non se l’è mai prefissato e mai pensava di raccogliere e far conoscere questi scritti così personali, fino a quando non le capita tra le mani un quotidiano milanese, sul quale legge l’annuncio di un concorso per nuovi poeti, bandito nel viterbese, la terra della sua infanzia, ma dove è tanto che non mette più piede. Una strana coincidenza, quasi un segno! Nonostante le pressioni dei familiari, infatti, che la spingevano a fare di questa inclinazione una professione, lei è rimasta con i piedi per terra e si trova, oggi, ad essere una donna in carriera. Numerose sono le sue poesie, delle quali però, lei predilige le ultime, perché più autobiografiche, più vicine a sentimenti e situazioni che ha appena vissuto o che sta vivendo. Del resto, si sa, il tempo offusca i ricordi passati e non lascia loro molto spa- zio. Crede profondamente in un’esistenza universale, in una forza cosmica, e questo, forse, spiega il fatto che molti dei suoi componimenti traggono spunto o si rivolgono ad entità astratte, immaginarie: L’irripetibile, Il silenzio, Sguardo, Memorie, L’impossibile, Il vuoto, Irrealtà, Incantesimo, La voce del mare, Assenza, Libertà, Carta di luce, Interiorità, Sogni e realtà, Pensiero, Un istante e tante, tante altre ancora. A tale proposito, le chiedo se sente di potersi classificare in una precisa corrente poetica e letteraria. “No, non saprei proprio, anche perché non mi sono mai troppo dedicata alla lettura di poesie”, è la sua risposta. Così, io azzardo una mia personale valutazione, definendola una “Saffo del duemila”. Lei rimane meravigliata e compiaciuta dalla mia osservazione, che le fa ricordare che, effettivamente, l’unico volume di poesie che abbia mai letto è stata l’Antologia Palatina, la quale, involontariamente, ma con tutta probabilità, ha influito sul suo modo di scrivere, piuttosto ricercato ed erudito, ma allo stesso tempo molto intimo, tipico del mondo clas- FANTASIA Sei qui signora aliena! Io ti aspettavo… Negli spazi di una lunga fantasia emersa dai tuoi occhi rosa… e cresci, ti formi oltre l’attesa strana… e appari, scompari lenta e veloce come una fame… eccoti, ed io ti chiamo casa, e mentre bruci, brucio in un giorno tutti i miei giorni, “somma”! eccomi, sono in un flash ma tu signora, dove? SGUARDO SIAMO UN RACCONTO Siamo un racconto ciò che si scrive La copia di un pensiero ripetuto, il destino che ci unisce. Tutti quelli che hanno amato, il riflesso dello specchio. Il sogno dell’amore il tempo che proviene dal futuro, E materia del nostro passato, siamo il presente! Siamo quello che noi siamo, realtà e illusione. Desiderio e volontà! Siamo quello che già ci appartiene Siamo il bene ed il male, siamo il sussurro lontano che ci racconta! Sguardo che avvolge, che imprigiona con accenti di luce! Riflessi iridati giocano Per divenire sensazioni sulla pelle; Sguardo che diviene, a un tratto, l’eco d’inaspettati, seducenti accordi! Eco fatta di sogno e desiderio Di silenzio e bellezza, Quella che è lì In attesa di essere rivelata, quella che dona la passione quando è condivisa, Quella che genera un’intreccio Ricco di sfumature ed inflessioni; la tua bellezza semplice che stupisce il mio sguardo e l’immaginario! Posso arrendermi alle sue visioni Fantasticando in questo stato di suggestione Generato dai tuoi occhi! Nel tuo sguardo intenso, si realizza la luce Che permane nel mio, evocando immagini cariche di fantastiche evoluzioni! Campo de’ fiori 28 Come eravamo Peppe Rossi: una voce, poco fa Sono passati pochi giorni dalla sua scomparsa, eppure la sua voce, cupa e profonda, riecheggia nella mia mente, unitamente alla sua risata solare, aperta, in mezzo ai suoi “baffetti”, e a quel di “pizzetto” che ogni Alessandro Soli tanto riproponeva. Come faccio, caro Peppe, a far capire ai lettori le sensazioni che insieme abbiamo provato negli ambienti i più disparati: dalla preistorica RADIO PUNTO ZERO, alla floreale RADIO ORCHIDEA STEREO, dal sito internet, che tu hai fortemente voluto, alla tribuna dello Stadio Madami, dove tifavi per il tuo paese, pur avendo la Roma nel cuore. Quante volte, molti anni fa, specialmente nelle fredde serate invernali, precisamente al Martedì sera, sono stato tuo ospite nella trasmissione radiofonica “Sotto ar cielo de Roma”. Eravamo in diretta, tu ad accontentare le dediche delle persone che telefonavano, io con le mie poesie. Che bello il contatto con la gente! Si parlava, si dava voce a chi, in quei momenti, aveva bisogno di comunicare, a persone anziane, sole, malate. Forse non ce ne rendevamo conto, ma avevamo a disposizione un mezzo unico, un mezzo irripetibile, che dispensava “briciole di felicità”. Ti rivedo con la cuffia e il microfono a dialogare con Egidia, che proponeva in continuazione le sue lunghe poesie, o a canticchiare, fuori onda, gli stornelli del “divino” Claudio Villa, quando mettevi sul piatto il long play o i vinilici 45 giri (a quei tempi i cd erano ancora fantascienza). Poi, quando toccava il mio turno ed iniziavo a declamare le mie poesie, riuscivi, ogni volta, a mixare un sottofondo musicale appropriato, che arricchiva la mia esecu- Civita Castellana 1995 Presentazione IX torneo calcistico giovanile Romani Stradonico. Da sx Fedele La Sorsa (redattore TG1 SPORT), Alessandro Soli e Peppe Rossi zione. Che dire della Domenica mattina, sempre con dediche e sempre in diretta. Mi ospitavi saltuariamente, e quando venivo, ti trovavo immerso nell’evidenziare le notizie dei quotidiani locali, che tu, da buon “giornalaio” e non giornalista (come preferivi etichettarti), proponevi nel tuo radiogiornale. Ti rivedo seduto sulla tribuna dello Stadio Madami, qui a Civita Castellana, armato di tutto punto: taccuino, penna, agenda, radiolina e auricolare. Quando arrivavi ti salutavo scherzosamente, dicendo: “Ecco la voce della Tuscia”, e allargavo così i confini del tuo raggio di azione, ben sapendo, però, che collaboravi con vari giornali di Viterbo. Eri il punto di riferimento, per i risultati parziali che arrivavano dagli altri campi, perché il tuo auricolare era sempre inserito alla radiolina. Poi, al pomeriggio, quando ti incontravo in giro per Civita, tu indossavi sempre qualcosa di “giallo-rosso”, allora giù battute e sfottò tra la tua grande Roma e la mia, non tanto piccola, Fiorentina. Sei sempre stato in mezzo alla gente, sei stato la voce della gente, amato e odiato, perché il tuo mestiere di vigile urbano e di uomo pubblico ti imponeva un certo comportamento. Non ti dimenticheremo mai, anzi ci mancherai, mancherai a tutta Civita Castellana, ma mancherai soprattutto a me, caro amico! Ciao Pe’ ... Info Pubblicità 0761.513117 Campo de’ fiori Ciao Peppe Mi sento in dovere di aggiungere anch’io un pensiero per Peppe, che è stato mio amico e valido collaboratore di questa rivista, quando essa era ancora agli inizi. Ho apprezzato la sua passione, la sua puntualità ed il suo modo semplice di calarsi in mezzo alla gente, per catturare quelle impressioni che traduceva nel suo linguaggio chiaro ed immediato. Ricordo quando fungeva da centralinista nelle mie vecchie, gloriose trasmissioni quotidiane in diretta sul canale televisivo di Tele Radio Punto Zero. Ma l’aspetto di Peppe che più ho apprezzato, nonostante i suoi modi esuberanti e la sua fragorosa ed inconfondibile risata, era l’attenzione ai problemi dei più deboli. Insieme con altri amici abbiamo organizzato e condotto serate di beneficenza a favore di organizzazioni di volontariato, come quella presso la parrocchia di San Lorenzo e il teatrino della Chiesa di San Giuseppe per l’A.N.F.F.A.S., o presso la Sala Cicuti per la Croce Rossa Italiana, a Civita Castellana o, ancora, a Vignanello in occasione della festa del vino. Mi commiato da Peppe con un saluto corale di tutti i suoi amici di Campo de’ fiori. Sandro Anselmi In alto: Peppe Rossi (secondo da sx) in una manifestazione al Campo Madami di Civita Castellana, insieme al giocatore Bruno Conti. Di lato: Sandro Anselmi, Peppe Rossi e Tonino Menichelli in una serata di beneficienza per la Croce Rossa Italiana Ciao big Luciano Non potevamo non ricordare una figura così imponente della “musica” e, credendo di interpretare il volere dei nostri lettori, sottolineiamo solo alcuni dei tanti pregi del grande maestro. Dopo l’ondata emotiva seguita alla sua morte, l’attenzione si è spostata sui problemi della vita personale ed i rotocalchi hanno rovistato, senza rispetto, nella vita coniugale e negli interessi patrimoniali dell’artista, unicamente per far crescere la tiratura delle copie dei giornali e l’odiens televisivo. A noi poco importa che, anche lui, come gran parte degli uomini, possa avere avuto problemi nei rapporti familiari, ma vogliamo mettere in evidenza la grandezza, l’unicità dell’artista, che ha dato lustro, con la sua voce immensa, all’Italia nel mondo. Non solo la sua voce imparagonabile, ma anche la sua forte personalità, la sua autoironia, il suo sorriso sempre aperto, la sua giovialità ed il suo buon cuore, visto l’impegno profuso a favore dei popoli disagiati, con i suoi Pavarotti and friends, hanno fatto di lui un grande uomo, un uomo indimenticabile, che ha sempre guardato con ottimismo ad ogni situazione, ripetendosi, molto probabilmente, proprio come quando cantava, vincerò. La vita presa come un do di petto, sempre e comunque. Arduo sarà trovare un erede, non del suo patrimonio materiale, ma di quello artistico, essendo stato lui il tenore più grande di tutti i tempi. 29 Campo de’ fiori 30 CENTRO DI CONSULENZA Neuropsichiatrica, Psicologica, Logopedica, Psicopedagogica Via T. Tasso 6/A - Civita Castellana (VT) Tel. 0761.517522 Cell. 335.6984281-284 www.centroceral.com [email protected] L’abuso sessuale a cura della Dott.ssa Nada Loffredi Psicoterapeuta, Esperta in Sessuologia Clinica Ormai tutti, purtroppo conosciamo cosa significa il termine “pedofilia”. Non passa settimana in cui i giornali o la televisione non riportino casi di abuso sui minori. Un aspetto che, però, fatica ad entrare nella nostra percezione sociale della violenza sui bambini è il fatto che la maggior parte degli episodi violenti avvengono entro le mura domestiche. Questo significa che il pedofilo nella maggioranza dei casi non è un estraneo per il bambino. Il pedofilo che assale il bambino sconosciuto per la strada esiste, senza dubbio (in una percentuale di 2 su 10), e in quel caso abbiamo a che fare con comportamenti molto frequentemente di tipo “psicotico”. Quando ci troviamo di fronte a casi in cui il bambino è stato seviziato, ferito o addirittura ucciso abbiamo a che fare con una struttura di personalità di tipo psicotico dove il senso del suo agire può trovare spiegazioni riferendosi ad altre categorie diagnostiche psichiatriche specifiche. In una ricerca francese degli anni Sessanta, su una trentina di persone imprigionate per atti di pedofilia, risultò che il 76% erano psicotiche e soffrivano di un disturbo schizofrenico. Si trattava, quindi, di un atto criminale, imprevedibile e casuale, dato che l’agire psicotico poteva prendere altre strade e l’oggetto della violenza sessuale avrebbe potuto essere anche un adulto. Esistono quindi diverse tipologie e comportamenti pedofilici. In linea di massima, il pedofilo sceglie accuratamente le sue vittime tra i bambini più soli, tra quelli che non dispongono di relazioni con adulti basate sulla benevolenza, sulla comunicazione e sulla fiducia. All’autore dell’abuso è indispensabile il silenzio e per questo deve conquistarsi la fiducia del bambino, anche perché l’abuso non è quasi mai un episodio isolato, ma continuo e ripetuto nel tempo. Spesso è proprio la persona di cui il bambino si fida di più ad abusare di lui; ecco allora che, al di là della violenza subita, il bambino si trova in quell’empasse emotivo devastante che lo condizionerà tutta la vita, in quell’associazione tra amore e violenza, dato che, chi abusa di lui, è anche la stessa persona che lo ama, che segnerà tutte le relazioni future. Ecco perché è molto più plausibile che gli abusi vengano compiuti da persone conosciute dal bambino. Ed ecco perché ci spostiamo sulle famiglie. Ma c’è anche un altro elemento che ci orienta di nuovo verso la famiglia. Un elemento che ritorna spessissimo nel momento in cui si ha la possibilità di conoscere la storia dei pedofili, una storia difficile da ricostruire, in quanto il pedofilo molto difficilmente cerca un aiuto, essendo il suo comportamento ‘egosintonico’, ossia non gli crea nessun senso di colpa e nessun conflitto interno. Queste azioni vengono di solito giustificate sostenendo che esse hanno valore educativo per il bambino o che il bambino ne ricava piacere. I pedofili che utilizzano “l’arma” della seduzione hanno creato, come sappia- mo, delle associazioni per difendere “il diritto alla libertà sessuale” del bambino, a loro dire, oppresso da una società sessuofobica e moralista. In realtà, la convinzione di procurare piacere all’altro consente di non prendere coscienza delle componenti conflittuali e distruttive del proprio comportamento sessuale, attraverso un processo di totale negazione della realtà. Leggendo gli scritti dei pedofili si può constatare come essi si considerino completamente dalla parte dei bambini, in una visione aproblematica del rapporto adulto-minore, riuscendo, grazie al ricorso di meccanismi difensivi della scissione, della proiezione e della razionalizzazione, ad imputare alla società qualsiasi possibile conseguenza negativa per il minore coinvolto nel rapporto pedofilo. Viene affermato che gli unici effetti dannosi per il bambino, attirato in un’esperienza sessuale con un adulto, sono esclusivamente provocati dal dover mantenere il segreto e dalla reazione di stigmatizzazione sociale, che si verifica all’eventuale scoperta della relazione pedofilica. Il male quindi è tutto attribuito agli altri. L’unico motivo per cui un pedofilo si può rivolgere ad una terapia riguarda esclusivamente le conseguenze sociali del suo atto: la paura di essere lasciato dalla moglie, il perdere prestigio, ecc., ma non per una motivazione interna, che, invece, è alla base per una buona riuscita terapeutica. Un ele- mento, quindi, che ritroviamo indagando la storia personale del pedofilo, la sua infanzia, è quello di aver subìto traumi o abusi sessuali, di essere stato oggetto sessualizzato da parte dei genitori e che, una volta adulto, ripeta il trauma subito, diventando, a sua volta, ‘abusatore’, con l’obiettivo di trasformare la sua sconfitta in vittoria e di attivare la fantasia di recupero di una vitalità perduta o mai posseduta del mondo infantile. E’ come si ci fosse una ciclicità, una specie di trasmissione di questo trauma che passa da una generazione all’altra. Anche se nella pedofilia spesso non c’è violenza fisica, l’oggetto sessuale viene comunque deumanizzato, diventando attraente ed eccitante, non tanto per quello che è, ma per quello che rappresenta, cioè un oggetto su cui prendersi la rivincita, rispetto al trauma subìto nell’infanzia. Il bambino diviene l’oggetto sessuale solo se mantiene le caratteristiche proprie dell’infanzia: innocenza, giovane età, corpo impubere. Il pedofilo non ha nessun interesse che il bambino cresca e cercherà di mantenerlo nella più completa dipendenza emotiva; nel momento in cui il bambino cresce viene abbandonato per cercare partner sessuali che corrispondano alle caratteristiche richieste per soddisfare l’atto perverso. Nelle parole dei pedofili traspare una tendenza a reificare il bambino, cioè a trattarlo come se fosse una cosa. Le uniche qualità apprezzabili sono la bellezza fisica e la giovane età, qualità appartenenti quindi ad un oggetto più che a una persona. E’ lecito ipotizzare quindi che la perversione pedofilica possa originare nella prima infanzia in bambini abbandonati, carenziati e isolati che hanno subito un trauma. E’, a questo punto, che vittima e carnefice si trovano spesso all’interno di una stessa spirale, che è difficile spezzare. Quindi capire come si struttura la relazione violenta, o meglio la famiglia violenta, diventa determinante per chi si occupa di abuso sessuale, in quanto propone una visione della violenza non più parcellizzata in episodi specifici, ma molto più ampia e articolata, che non si esprime come ‘acting out’ isolato, ma piuttosto come modalità di relazione. Crescendo in una famiglia violenta, subendo abusi continui, è come se si imparasse una modalità di relazione fortemente asimmetrica, dove uno dei due ha un potere e l’altro subisce, e si associ affettività e violenza, come variabili indiscindibili di una stessa modalità di relazione, e, appresa tale modalità, si ripete nelle relazioni future, riproponendo lo stesso schema relazionale anche da adulti. Campo de’ fiori 33 Civitonici Illustri Arcangelo Carabelli di Enea Cisbani Operai della ceramica Sbordoni Arcangelo CARABELLI, tecnico e ceramista civitonico di chiara fama ed importanza, nasce a Civita Castellana il 4 Aprile 1921, nel palazzo di famiglia in Via della Tribuna. Ripercorrere la vita e le vicende umane di questo illustre concittadino, significa ripercorrere un secolo di storia della ceramica locale, dalle primordiali origini per arrivare alle moderne industrie attuali. Una famiglia di ceramisti di rara abilità: il capostipite FRANCESCO CARABELLI (1892-1981), i figli ARCANGELO e CORRADO, e FRANCESCO, il figlio di Arcangelo, attualmente tecnico in una importante ceramica. Il capostipite Francesco Carabelli, dal 1932 al 1960, è il direttore tecnico della Ceramica Sbordoni, sita in via della Repubblica, fondata nel 1906 dall’Ingegnere ALESSANDRO SBORDONI, personaggio di spicco, insieme con Casimiro MARCANTONI, dell’imprenditoria locale e nazionale in genere. La “Sbordoni” e la “Marcantoni” sono le grandi industrie che hanno fortemente condizionato la storia economica di Civita Castellana. Compiute le scuole elementari presso la Regia Scuola Elementare “Tommaso Tittoni” in via Antonio Gramsci, Arcangelo Carabelli nel 1935 si iscrive presso il Regio Istituto Tecnico Industriale di Viterbo, per il conseguimento del diploma di perito meccanico. Nel Giugno del 1940, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, come tanti giovani della sua generazione, viene chiamato per il servizio militare, interrompendo, purtroppo, gli studi superiori. Italia, fronte orientale e russo, sono alcune delle sue tragiche tappe che culminano nel 1943, quando viene fatto prigioniero dai tedeschi e condotto nel campo di prigionia di Berlino-Spandau, dove nel Maggio del 1945 viene liberato dagli americani, per poi fare ritorno a Civita Castellana. I momenti più significativi della carriera professionale di Arcangelo: 1945-1966, tecnico presso la Ceramica Sbordoni; 1966-1977, direttore tecnico della Ceramica Vincenti in via Roma; 19771981, tecnico della manifattura Ilca-Globo. Muore a Civita Castellana il 23 Dicembre 1993. Oggi, il tecnico di una moderna manifattura ceramica è, generalmente, un Ingegnere Chimico o Industriale, coordinatore di tutta l’attività produttiva, con particolare riguardo alla formulazione degli impasti e degli smalti, che si avvale dell’aiuto di una equipè interna, fornita di un laboratorio chimico, per mettere a punto ogni aspetto o fase particolare del processo produttivo. Fino agli anni ’60, prima dell’avvento dei moderni manager, in ogni ceramica civitonica operava il tecnico interno, la cui formazione era stata conse- guita sul campo, attraverso l’esperienza e con un bagaglio formativo maturato dal contatto continuo e diretto con i problemi tecnici, che la lavorazione ceramica pone continuamente. E’ una figura tipica della ceramica locale: un tecnico versato in ogni fase della lavorazione ceramica, che risolve i “problemi” attraverso la personale esperienza formativa e la cultura tecnica conseguite sul campo. La figura di Arcangelo Carabelli si ricollega, dunque, a quella fase “pioneristica” della ceramica locale, che tanto ha contribuito all’evoluzione industriale della zona. L’archivio privato di Arcangelo e della famiglia Carabelli è di fondamentale importanza, in quanto costituito da una serie di quaderni dove, con calligrafia attenta e minuta, sono riportate e classificate ricette di smalti e impasti ceramici, annotati sia dal capostipite Francesco che dai figli Arcangelo e Corrado, con estrema precisione. Un bagaglio di formule e conoscenze ceramiche di grande importanza e valore storico e documentario. Un’attività di famiglia che tuttora prosegue: Viola Carabelli, figlia di Francesco, nel Luglio del 2007 si è diplomata in Arte della Ceramica presso il locale Istituto d’Arte di via Gramsci e, subito dopo, è stata impiegata presso una azienda locale che si occupa di impasti e smalti ceramici. 34 Campo de’ fiori Tanti Auguri a Aurora Antonelli che l’8 Settembre ha compiuto 1 anno, da: mamma gabriela, papà Claudio, sorella viola, i nonni, gli zii e cugini. Tanti auguri di Buon Compleanno a Silvia e Sofia Piacitelli di Corchiano che compiono 4 anni il 16 Ottobre, da mamma, papà, gli zii e i nonni. Tanti auguri a Giovanni Munzi e Natalina Mosolo che il 23 Ottobre compiono 60 anni di matrimonio, dai figli, i nipoti e la piccola Giulia. Tanti auguri di Buon Compleanno a Francesco Marchetti che il 28 Settembre ha compiuto 11 anni. Tanti baci dalla sorella Ilaria. SORPRESA !!! Un augurio speciale a Piero, da parte di Melissa, che il 21 Ottobre compie gli anni e il 3 Ottobre festeggiano 4 anni insieme. Ti amo tanto. Tanti auguri a Marco e Tanti auguri Lorella di Caprarola che il 24 di Buon Compleanno a Ottobre festeggiano il loro 14esimo anniversario di Claudio Tullo che ha compiuto gli anni il 21 Settembre, da Maria, matrimonio, dai figli Serena, Mirko e Luca. Assunta e tutti gli amici. Tanti auguri a Alessandro Guglielmo che il 20 Ottobre compie 5 anni, dai genitori, i nonni e la zia Patrizia. La redazione di Campo de’ Campo de’ fiori 35 Tantissimi auguri a Roberta Anselmi che ha compiuto gli anni il 2 Ottobre, dai figli Cecilia e Federico, dal marito Sandro, dai parenti e tutta la redazione di Campo de’ fiori. 25 anni!!! Di storia, d’amore, di lotte, di liti, di letto, di presenze, di assenze, di cose dette e non dette, di gioia, di sorrisi, di lacrime, di musi, di pace, di carezze. E’ tutto qui? Altri 25… di viaggi, grandi alberghi, gioielli, macchine, pellicce, e un letto di seta… in cui resti intatta sempre la vostra giovinezza. Con affetto sincero a Paola e Franco Sciarrini, da Loredana, Ferdy, Rita, Nicola. Auguri a Lia Brocchi che il 21 Ottobre compie 16 anni... ... il tempo passa troppo in fretta ma tu sei e rimarrai sempre la nostra bambina. Buon Compleanno piccola, mamma e papà !! Tanti auguri a nonno Giovanni e nonna Laura di Civita Castellana che il 22 Settembre hanno festeggiato il loro anniversario di matrimonio, da Mirko e dalle famiglie Valeriani e Mariangeli di Caprarola. Auguri a Laura Toni che il 2 Ottobre festeggia il compleanno, da Mirko. Tanti auguri a Ilaria Lucentini che il 20 Ottobre compie 6 anni, dalla mamma, il papà, il fratellino Fabio, i nonni e gli zii. fiori si associa agli auguri Auguri !!! Il 25 Ottobre spegne 4 candeline Viola. Tanti baci dai nonni Peppino e Pina, zio Giorgio, papà Adriano, mamma Simona e la sorellina Flavia Tanti auguroni per i suoi primi 10 anni a Eleonora Alberini, con tantissimo amore dalla mamma Tamara, il papà Andrea e i nonni Maria, Adriana e Giovanni. “Smak”. Campo de’ fiori 36 Tanti auguri a Elena Tanti Crescenzi che auguri al riceverà nostro il battesimo il grande amore Massimo Zia 6 Ottobre, che il 2 Ottobre ha compiuto dalla 9 anni, da papà Andrea, sorellina Elisa, mamma Vittoria, dai nonni, lo papà Candido zio, le zie e dai cugini e mamma Stefano e Federico. Daniela. Tanti auguri al piccolo Federico Berto che il 29 Settembre ha compiuto 1 anno, da papà Luca, mamma Simona, nonno Franco, nonna Iolanda, zio Andrea, zia Vittoria, zia Antonella e dai cugini Stefano e Massimo. 19 Ottobre 1957 – 19.10.2007 Tanti auguri a Vincenzo Nardi e Pasqualina Grossi per i loro 50 anni di matrimonio da parte delle figlie Loris e Cristina, dei generi Claudio e Luciano e dei nipoti Raffaele e Marcello. Tanti auguri a Chiara Piacente che il 30 Settembre ha compiuto 5 anni, da mamma Cinzia, papà Marco, i nonni, i cuginetti, gli zii e da Martina. Tanti Auguri a Daniele Bevilacqua che il 17 Ottobre compie 18 anni. Auguri da mamma, papà, Valentina, Fabrizia, Stefano, dagli zii, i nonni e un bacione grande grande da Manuel. Tanti auguri a Chiara Santini che ha compiuto 6 anni il 2 Ottobre, da mamma, papà e tutti coloro che le vogliono bene. La redazione di Campo de’ fiori si associa agli auguri Campo de’ fiori 37 Tantissimi auguri a Maila Pistola (Letta) che il 9 Ottobre compie 18 anni, da Ares e i suoi genitori. Tanti auguri di Buon Compleanno a Giorgio Dei che ha compiuto 3 anni il 14 Settembre, dalla mamma, il papà, i nonni, gli zii e i cuginetti. Civita Castellana La classe 1947 festeggia i suoi “primi” 60 anni I nonni Giuseppe e Mirella, le zie Valentina e Federica festeggiano il 2° anniversario del nipotino Lorenzo Stefanelli di Corchiano. 38 Campo de’ fiori o n a i h c Grazie Cor Mister, addio... di Ermelinda Benedetti Luigi Bernardini e i suoi piccoli campioni Spesso si dice che ad una gioia segue un dolore, forse perché è proprio la vita ad essere fatta di un continuo susseguirsi di gioie e di dolori, e questa volta, credo, sia proprio il caso di dire così. Il 6 settembre scorso, infatti, la squadra di calcio dell’oratorio San Luigi Gonzaga di Corchiano, dopo aver brillantemente vinto il campionato regionale A.N.S.P.I., parte per Bellaria, cittadina in provincia di Rimini, dove sfida le squadre vincitrici delle altre regioni, diventando Campione d’Italia. I tredici ragazzi, tutti tra i dieci e i dodici anni, accompagnati dai loro genitori e seguiti passo passo dall’allenatore Maurizio Prosperi e dai suoi collaboratori Alessandro e Enrico Cioccolini e Enrico Menicacci, si sono impegnati molto e ci hanno creduto fino in fondo. Emozione, gioia, euforia, hanno caratterizzato il momento della tanto desiderata vittoria. Grida, salti, abbracci, queste sono le immagini che, il 15 settembre, in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna delle Grazie, sono state proiettate sul maxi schermo, prima che i ragazzi ricevessero un attestato di riconoscimento da parte del Comune di Corchiano, che hanno ben rappresentato. Parte del merito di questa vittoria, però, è da attribuire al responsabile del settore giovanile della U.S. Corchiano, di cui i ragazzi fanno parte, che li allenava con grande passione: Luigi Bernardini. C’era anche lui sul palco quella sera, benché non li avesse accompagnati in quell’ultima trasferta, e nessuno poteva immaginare che, solo qualche giorno dopo, li avrebbe lasciati, ci avrebbe lasciati. Martedì 25 settembre, dopo aver allenato i suoi ragazzi, come ogni settimana, decide di andare a Vignanello per seguirne altri, mai stanco di vedere i giovani giocare a calcio, ma improvvisamente si accascia, lasciando confusi e attoniti i presenti. La notizia corre immediatamente a Corchiano, dove tutti rimangono increduli, senza parole. Un velo di tristezza e di amarezza copre il paese. Tutti lo conoscevano, chi per un motivo chi per un altro. Centinaia di persone si sono radunate in chiesa per l’estremo saluto, a testimonianza dell’affetto, della stima e della riconoscenza per Luigino. C’è stata grande commozione quando la bara ha fatto il suo ingresso. Tutti hanno versato almeno una lacrima, perché tutti avevano un buon ricordo di lui. Altrettanta commozione nel momento finale della celebrazione, quando sono state lette alcune testimonianze che hanno fatto scoppiare dei lunghi, sentiti applausi. Sull’altare, da un lato i suoi ragazzi, in divisa, con una rosa bianca in mano, ciascuna con un petalo su cui era stato scritto in rosso “grazie mister”, dall’altro i suoi compagni ex bersaglieri, con il cappello di piume in testa, e lo stendardo della Contrada Castiglione, alla quale apparteneva con orgoglio. Il suo negozio era diventato un punto di riferimento importante per coloro che, ogni mese, cercavano il nostro Campo de’ fiori. Proprio lo scorso anno, pubblicammo l’articolo di una conferenza sullo sport e la famiglia, da lui stesso organizzata, tanto credeva nell’at- tività sportiva e tanto si adoperava per i suoi ragazzi. Quanti ne ha allenati in questi anni! Sarà difficile non vederlo più dietro il bancone della sua macelleria, dove si dava tanto da fare, insieme con la moglie, veloce per gli anni di esperienza, dove si parlava sempre del più e del meno, dove si scherzava e lui sorrideva sotto quei folti, immancabili baffi, che iniziavano, appena, a tingersi di argento. Tanto aveva fatto, in questi anni, in particolar modo per la società sportiva di Corchiano e tanto, ancora, nel pieno delle sue forze, energico ed atletico, avrebbe voluto fare. Una morte precoce e soprattutto inaspettata. Sono certa che da lassù continuerà ad allenare i suoi ragazzi, incitandoli, come sapeva fare lui. Mi auguro che anche loro siano in grado di ascoltare la sua voce, perché di certo non lo dimenticheranno mai, non lo dimenticheremo mai. Campo de’ fiori 39 Inaugurazione del nuovo parco giochi per ragazzi diversamente abili ia n i u q r Ta Il 12 Ottobre alle ore 15,30 presso la “Cittadella dei Giovani” a Tarquinia, verrà inaugurato il Parco Giochi Per Ragazzi Diversamente Abili, realizzato grazie ai proventi della “Partita del Sorriso” disputata il 17 Marzo dalla Nazionale Italiana Cantanti contro la Regione Lazio Solidarietà. Saranno presenti S.E. Mons. Carlo Chenis, Vescovo di Tarquinia e Civitavecchia, il Sindaco di Tarquinia, Mauro Mazzola, assessori ed autorità politiche del comune di Tarquinia, del comune di Tuscanica e della provincia di Viterbo, rappresentanti delle Forze dell’Ordine, nonché una delegazione della Regione Lazio e Marco Morandi in rappresentanza della Nazionale Cantanti. L’evento vorrà sottolineare l’importanza di questa nuova struttura, all’interno della Cittadella, unica sul territorio di Tarquinia, non solo per i ragazzi diversamente abili, ma per tutti i bambini. La Cittadella si trasformerà, come del resto già è, in un punto di incontro gioioso per grandi e piccoli, dove non si baderà al colore della pelle o alla diversità, ma sarà un’armoniosa unione di pensieri. Durante il corso della manifestazione i bambini verranno intrattenuti da diverse attività promosse dall’Associazione Ludica “Dado da sei” di Civitavecchia, attraverso giochi da tavolo, caccia al tesoro, uno spazio dedicato all’illusionismo con la magia del Mago Frank. Sarà messo a dimora un albero, come forma di ringraziamento per la Nazionale Cantanti, che tanto si è adoperata per giocare la Partita del Sorriso. Orari treni CO.TRA.L. Orari autobus CO.TRA.L. Civita Castellana - Viterbo 6:33 - 7:00 - 8:30 - 14:53 - 15:50 - 17:40 - 18:58 - 20:28 Civita Castellana - Viterbo 6:35 - 7:10 - 10:45 - 12:20 - 14:05 Viterbo - Civita Castellana 6:40 - 8:50 - 13:45 - 18:00 Civita Castellana - Roma Lepanto 4:10 - 4:40 - 4:55* - 5:20 - 5:35* - 5:50 - 6:00 - 6:05* - 6:25 - 7:40 9:05 - 10:30 - 14:45 - 16:10 - 17:40 - 18:45 Civita Castellana - Roma Saxa Rubra 4:55 - 5:10* - 5:45 - 6:20 - 6:30 - 8:00 - 9:25 - 10:35 - 13:30 - 13:45 14:20 - 14:25 - 16:35 Roma Lepanto - Civita Castellana 6:00 - 6:45* - 7:05 - 7:25 - 8:10 - 9:00 - 9:15* - 9:45 - 11:00 - 13:00 13:15 - 13:50 - 14:10* - 14:30* - 14:45 - 17:05* - 17:35 - 17:50* 18:55 - 20:30 - 21:45 Roma Saxa Rubra - Civita Castellana 6:45 - 7:50 - 9:35 - 10:40 - 11:25 - 12:15 - 14:25 - 15:20 - 20:30 - 21:35 Viterbo - Civita Castellana 5:00 - 6:00 - 11:20 - 13:45 - 14:20 - 16:30 - 19:20 - 20:25 Civita Castellana - Roma 4:50 - 5:15 - 5:40 - 6:07 - 6:40 - 7:07 - 7:35 - 12:28 - 14:53 - 16:20 - 17:40 - 20:28 Roma - Civita Castellana 12:25 - 12:55 - 13:25 - 13:50 - 14:18 - 16:10 - 17:30 - 18:12 - 19:00 - 19:55 - 20:30 Orari autobus VITERTUR Linea 1 Borghetto - P.za Liberazione - P.za Matteotti - Fabbrece - Via Masci - P.za Liberazione - Borghetto Borghetto 6:00 - 6:15 - 7:05 - 7:50 - 9:15 10:05 - 11:10 - 11:55 - 12:55 - 13:50 - 14:10 15:00 - 16:10 - 17:00 - 17:55 - 19:10 - 20:00 P.za Liberazione 6:05 - 6:25 - 7:15 - 8:00 - 9:25 - 10:15 . 11:20 - 12:05 - 13:05 - 14:00 - 14:20 - 15:10 - 16:20 - 17:10 - 18:05 - 19:20 - 20:05 P.za Matteotti 6:30 - 7:20 . 8:05 - 9:30 - 10:20 - 11:25 - 12:10 - 13:10 - 14:25 - 15:15 - 16:25 - 17:15 - 18:10 - 19:25 Fabbrece 6:35 - 7:25 - 8:20 - 9:40 - 10:30 11:30 - 12:25 - 13:25 - 14:35 - 15:25 - 16:35 17:30 - 18:20 - 19:35 Via Masci 6:40 - 7:30 - 8:25 - 9:45 - 10:35 11:35 - 12:30 - 13:30 - 14:40 - 15:30 - 16:45 17:35 - 18:45 - 19:40 P.za Liberazione 6:05 - 6:45 - 7:35 - 8:30 - 9:50 - 10:40 - 11:40 - 12:35 - 13:35 - 14:45 - 15:35 - 16:50 - 17:40 - 18:50 - 19:45 Borghetto 6:15 - 7:05 - 7:45 - 8:45 - 10:05 10:55 - 11:55 - 12:55 - 13:50 - 15:00 - 15:45 17:00 - 17:55 - 19:10 - 20:00 Linea 2 Capati - P.za Liberazione - P.za Matteotti - Fontana Quaiola - Via Masci P.za Liberazione - Capati Capati 7:25 - 8:15 - 9:05 - 9:50 - 10:20 - 11:10 - 12:10 - 13:05 - 13:50 - 14:40 - 15:20 - 16:00 - 17:00 - 17:50 - 18:55 - 19:45 P.za Liberazione 7:30 - 8:20 - 9:10 - 9:55 10:25 - 11:15 - 12:15 - 13:10 - 14:10 - 14:45 - 15:25 - 16:10 - 17:05 - 17:55 - 19:00 - 19:50 P.za Matteotti 7:35 - 8:25 - 9:15 - 10:30 - 11:20 - 12:25 - 13:15 - 14:05 - 14:50 - 15:30 - 16:15 - 17:10 - 18:00 - 19:05 - 19:55 Fontana Quaiola 7:55 - 8:40 - 9:30 - 10:45 11:30 - 12:40 - 13:30 - 14:10 - 15:00 - 15:40 16:25 - 17:25 - 18:15 - 19:20 - 20:05 Via Masci 7:55 - 8:45 - 9:35 - 10:50 - 11:40 12:45 - 13:35 - 14:15 - 15:05 - 15:45 - 16:30 17:30 - 18:35 - 19:25 - 20:10 P.za Liberazione 8:00 - 8:50 - 9:40 - 10:15 10:55 - 11:45 - 12:50 - 13:45 - 14:20 - 15:10 10:50 - 16:35 - 17:35 - 18:40 - 19:30 - 20:15 Capati 8:15 - 9:05 - 9:50 - 10:20 - 11:10 12:00 - 13:05 - 13:50 - 14:40 - 15:20 - 16:00 16:50 - 17:50 - 18:55 - 19:45 - 20:30 Linea 3 Quartaccio - Via Mazzini Ospedale - Via Mazzini - Quartaccio Quartaccio 8:05 - 8:55 - 9:40 - 12:25 -13:05 13:50 - 16:00 - 18:10 - 18:50 Via Mazzini 8:15 - 9:05 - 9:50 - 12:35 - 13.15 14:00 - 16:10 - 18:20 - 19:00 Ospedale 8:25 - 9:20 - 10:00 - 12:40 - 13:30 14:10 - 16:20 -18:30 -19:10 Via Mazzini 8:40 - 9:30 - 10:10 - 12:50 - 13:40 - 14:20 -16:30 - 18:40 - 19:20 Quartaccio 8:55 - 9:40 - 10:20 - 13:05 -13:50 14:30 - 16:45 - 18:50 - 19:30 Mina Campo de’ fiori 40 di e i stor e x L Ma Origini artistiche dei nostri cantautori e cantanti più famosi (seconda parte) Subito dopo il primo extendedplay della Italdisc, sempre nel 1959, compare il 45 giri che contiene La febbre dell’Hula hoop, da un lato, e Ho scritto col fuoco, dall’altro. Mina canta di strapazzando le note Sandro Anselmi e americanizzando i testi, ma solo questi primi due dischi le bastano per farsi amare dai giovani, che la ascoltano spesso nei juke-box e ancora poco alla radio, visto che a dare spazio ai nuovi cantanti c’é solo il programma di Vittorio Zivelli, Il Discobolo. Anche lei, come altri “urlatori” del tempo, tra cui Adriano Celentano e Giorgio Gaber, si lascia contagiare dalla moda dell’Hula hoop, dove il movimento del bacino, che serve a tenere in equilibrio orizzontale il cerchio di plastica, attorno ai fianchi, é solitamente accompagnato dal ritmo di un rock’n’roll. Ma questo e il successivo Proteggimi, presentato alla manifestazione milanese La Sei Giorni della Canzone, del 1959, non riscuotono così grande successo e il suo discografico David Matalon le fa incidere tre brani, scelti tra quelli del Sanremo di quello stesso anno: Nessuno, una canzone melodica, interpretata da Betty Curtis e Wilma De Angelis e trasformata da Mina in un rock’n’roll all’italiana, Tua, a cui la giovane cantante fa perdere la sensualità e l’audacia del testo originario, che avevano sollevato polemiche da parte della censura e Io sono il vento, resa famosa da Arturo Testa. La buona riuscita del disco spinge Mina a continuare su questa linea. Sono, però, i programmi televisivi di Walter Chiari, con Il Teatrino di Walter Chiari, di Mario Riva, con Il Musichiere, e di Mike Bongiorno, con Lascia e raddoppia, a farla conoscere a tutti gli italiani, che si dividono tra favorevoli, soprattutto giovani, e meno favorevoli, in particolare genitori e critici, abituati ad uno stile musicale più classico. Queste apparizioni televisive non le danno solo grande notorietà, ma le permettono anche di dettare la moda, diventando un modello per molte ragazze: capelli cotonati, scarpe con il cinturino all’altezza del collo del piede e sopracciglia completamente depilate. Il 1960 è l’anno della sua vera consacrazione, grazie, principalmente, alla canzone Il cielo in una stanza, dell’ancora sconosciuto Gino Paoli, nonostante Mina avesse già ottenuto soddisfacenti risultati con Folle banderuola di Gianni Meccia, E’ vero di Umberto Bindi, Coriandoli, Pesci rossi e Una zebra a pois di Lelio Luttazzi. Tradotta anche in lingua inglese, spagnola e tedesca, Il cielo in una stanza le permette di dimostrarsi interprete raffinata di canzoni melodiche e di rimanere per undici settimane in cima alla classifica dei dischi più venduti. Spopola anche in Giappone, dove si reca per varie tournèe, fino ad essere premiata nel ’64 per aver venduto il maggior numero di dischi, sca- valcando addirittura i Beatles. Mina é ormai un idolo in Italia e fuori. Nel 1962 Mina lascia la Italdisc, sua prima casa discografica, con la quale aveva inciso ben cinquantanove 45 giri, sei 33 giri ufficiali, dieci extended-play e flaxy realizzati come gadget per varie iniziative commerciali (Il Musichiere, la Nuova Enigmistica Tascabile, la Cera Gray, la Cera Fax), su etichetta Airone. Nelle copertine fotografiche delle prime uscite Italdisc, Mina è stranamente presente solo nel retro copertina, insieme ad altri artisti del catalogo (Colin Hickx e Franco Vicini), mentre sul fronte vi erano le foto di cantanti come Ray Scott, The Flairs e Benny Joi. Fatto particolare e piuttosto singolare. continua sul prossimo numero ... Campo de’ fiori 41 Ludi Borgiani Palio degli anelli XII edizione Durante i festeggiamenti dei Santi Patroni Giovanni e Marciano di Civita Castellana, si è disputato il XII Palio degli Anelli che ha visto vincitrice per la quarta volta consecutiva la Contrada Porta Lanciana capitanata da Marco Calderini Nannerini, detto il Marchese, contro le altre tre contrade: Porta Borgiana, Porta Rupi, Porta Posterula. In verità la contrada ha vinto in totale 6 pali, proprio quanti sono i cavalieri che la rappresentano: Luigi Peri, detto ‘o faggiano, Roberto Amoroso detto Mazza, Fulvio Floridi detto l’indiano, Paolo Gai detto ‘o buono, Stefano Mancini, detto fifì. Abbiamo intervistato Marco, il capitano, per conoscere i segreti di questo successo. “A parte lo spirito che anima i componenti del gruppo, il risultato è dovuto anche all’allenamento specifico che curiamo presso l’Agriturismo Forre del Treja, dove ha sede l’omonima associazione sportiva”. Quanto, secondo te, è sentita questa manifestazione dalla popolazione? “Nonostante i notevoli sforzi del Generale Pietro Pistola, vero inventore dei Ludi Borgiani, in sinergia con Anacleto Antonelli, presidente di Civita Cavalli, che di fatto organizza il palio, si potrebbe avere un maggior riscontro, se solo nelle contrade ci fossero più occasioni di incontro, maggior vita sociale e si facesse leva, principalmente, sulle nuove generazioni”. In quale altro modo pensi si possa arricchire la manifestazione? “Vorrei poter coinvolgere i bambini delle scuole di equitazione per realizzare figure e caroselli equestri. Azzarderei anche l’ipotesi della realizzazione di un duello simulato fra diverse contrade… Insomma, tutte quelle cose che attrarrebbero i “contradaioli” e richiamerebbero, anche, un pubblico extra cittadino”. Ci auguriamo che i buoni propositi di Marco possano realizzarsi, per dare sempre più lustro ai Ludi Borgiani, giunti già alla XII edizione. foto M. Topini Marco Calderini Nannerini UN SALUTO A FRANCO AZZARO Gli arcieri civitonici dell’Associazione Borgiana, vogliono ricordare un amico sempre presente nei cortei storici e nei tornei di tiro con l’arco, di cui è stato vincitore nella scorsa edizione. Vogliamo ricordarlo, soprattutto, come un amico socievole e discreto e come una persona sempre disponibile nel suo lavoro. Scocchiamo una freccia in suo onore… … un saluto nel vento… … CIAO FRANCO, TI RICORDEREMO SEMPRE CON AFFETTO. Alberto, Angelo, Ferdinando, Ferruccio, Luciano, Piero, Ugo. Cogliamo l’occasione per ricordare affettuosamente Peppe Rossi, sempre partecipe ai cortei storici dell’Associazione. Campo de’ fiori 42 Il Fumetto LETTERATURA PER IMMAGINI CHE EMOZIONA VIDEO GIRL AI Questo manga o si ama o si odia, non ci sono vie intermedie. Io lo ritengo uno dei più bei fumetti che abbia mai letto per gli intrecci amorosi che si incastrano al suo interno, per i di continui colpi di Daniele Vessella scena che si susseguono con un ritmo frenetico e per la graziosa veste grafica che si esalta nel dipingere le fanciulle. Infatti, il tratto di Katsura conquista per la sua morbidezza e delicatezza, ma è la poesia della trama a far innamorare tutti i lettori del mondo… una poesia dal sapore dolceamaro che, pur partendo da un presupposto fantastico, installa tutto il fumetto sulla quotidianità; questo ci fa sentire più vicino ai personaggi, facendoci ridere e commuovere con le loro vicende. A differenza di altre serie, qui i personaggi crescono e maturano sia psicologicamente che fisicamente; viviamo o riviviamo, grazie a loro, il passaggio più delicato di ogni essere umano: l’adolescenza. Ma lo godiamo con intensità sopraffina e in maniera estremamente potente. Infatti, i personaggi soffrono, sbagliano, imparano dai propri errori, si fanno mille paranoie per amore, come delle persone vere e questo ci regala emozioni fortissime, grazie a una sceneggiatura impeccabile capace di destreggiarsi tra di Masakazu Katsura i pensieri degli adolescenti. Preparatevi, quindi, a gustare una storia che trasuda sentimenti da ogni tavola che saranno la gioia per i vostri occhi. I primi numeri danno l’idea di un fumetto incentrato sulla spensieratezza e sulla comicità, ma con il proseguimento della serie Katsura cambia registro e impronta la sua opera sulla drammaticità, facendo compiere un notevole salto di qualità all’intero fumetto. Sin dal primo numero, si entra subito nel vivo della trama: Yota Moteuchi è un timido e goffo ragazzo, segretamente innamorato di Moemi, sua compagna di classe, che gli confida di amare Takeshi, il suo migliore amico. Un amore a senso unico che fa star male, anche perché Takeshi non è interessato alla ragazza. Nonostante ciò, Yota, che ha un animo gentile e altruista, si propone come confidente personale di Moemi per consigliarla e aiutarla a conquistare il cuore dell’amico. Ma un giorno accade l’imprevedibile: Yota, tornando da scuola con l’anima innamorata in frantumi, si imbatte in uno stranissimo videonoleggio, dove prende una VHS dal titolo “Ai Amano – Io ti consolerò”. Appena inserisce la cassetta nel suo VCR, Ai, la protagonista del filmato, sembra parlare proprio a lui… nel tentativo di consolarlo. Immancabile stupore da parte del ragazzo, ma le sorprese sono appena iniziate: la ragazza del video esce dallo schermo e prende vita, suscitando grande meraviglia in Yota. Ai Amano è una “videogirl”, una sorta di angelo con il compito di consolare i puri di cuore (in questo caso, Yota) dalle delusioni d’amore. Ma la piastra del videoregistratore di Yota è rovinata e Ai ne esce modificata fisicamente e, pur mantenendo una dolcezza unica atta a consolare il ragazzo, nel carattere da videogirl… Da qui, le vicissitudini dei protagonisti porteranno a un finale emozionante e toccante che resterà nei cuori dei lettori e farà commuovere i più sensibili... 44 Campo de’ fiori La rubrica dei perchè Perchè quando si starnutisce si dice: Salute? L’origine, secondo alcuni esperti, và ricercata al tempo dei Romani secondo i quali uno starnuto eliminava dal corpo tutto ciò che era impuro. Secondo altre fonti, invece, l’origine risale al 1300 quando l’Europa fu devastata dalla peste che, come primo sintomo, dava quello del raffreddamento. In quel periodo si usava dire “salute” per esorcizzare la paura del male. Associazione Accademia Internazionale D’Italia (A.I.D.I.) www.campodefiori.biz www.campodefiorionline.it www.accademiainternazionaleditalia.it Campo de’ fiori è la più grande vetrina per i tuoi affari. La pubblicità su Campo dè fiori arriva e “porta bene” ed entra nelle case di milioni di lettori. TEL. 0761/513117 [email protected] SOSTENETE CAMPO DE’ FIORI CON IL VOSTRO ABBONAMENTO CARTOLINA DI ABBONAMENTO ANNUALE SI desidero abbonarmi a : Campo de’ fiori (12 numeri) a € 25,00 I miei dati Nome___ ____ __________________________________ Cognome________________________________________________ data di nascita_______________ __________Città________________________________________________________Prov._______ Via_______________________________________________________________Telefono____________________________________ Desidero regalare l’abbonamento a: Campo de’ fiori (12 numeri) a € 25,00 Il regalo è per: Nome_______________________________Cognome_________________________________________________________________ data di nascita___________________________Città______________________________________________________Prov.________ Via_________________________________________________________________Telefono__________________________________ effettuerò il pagamento con c/c postale n. 42315580 intestato alla Associazione Accademia Internazionale D’Italia - P.za della Liberazione n. 2 - Civita Castellana Data______________Firma__________________________________ Autorizzo il trattamento dei miei dati personali secondo quanto disposto dalla legge n. 675 del 31.12.1996 in materia di “Tutela dei dati personali”. 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Queste prove vanno fatte con più frequenza per i vini bianchi, che sono, come abbiamo più volte detto, i più delicati: salvo alcune eccezioni, infatti, ricordiamo che vanno bevuti da giovani e il prima possibile. Già in base all’osservazione del colore, c’è la possibilità di stabilire quanto tempo rimane a disposizione per un ulteriore invecchiamento. A meno che non sia un Marsala, un Porto, uno Sherry o un Moscato Passito, il vino bianco deve mantenersi sempre su toni chiari, o giallo brillante. Se presenta riflessi ambrati o marrone che prima non aveva, significa che sta maderizzando, cioè sta invecchiando troppo rapidamente rispetto alla sua tipologia e alla sua predisposizione naturale: in questi casi conviene, anzi è necessario berlo il più presto possibile. Chi ha una cantina modello, grande o piccola, deve aver l’accortezza di “far girare” il più rapidamente possibile le scorte di vino. E’ un grande errore (ma avviene più spesso di quanto si possa pensare) comprare una partita di Champagne o di Spumante a Natale per trovarsela in casa per le feste di fine anno successive: ricordate che quando le case mettono in commercio questi tipi di vino, significa che sono pronti da bere subito. I vini rossi di norma si conservano più a lungo, ma ce ne sono ugualmente alcuni da consumare rapidamente; Qualche nome: il Bardolino, il Merlot del Piave, il Dolcetto d’Asti, il Freisa, il Grignolino, il Sangiovese di Aprilia…. Stesso discorso per i vini rosati. Cosa importante, comunque, è sapere quando un vino ha raggiunto l’optimum e quando comincia a tramontare. Va anche tenuto presente che i vini cambiano da una vendemmia all’altra, anche se provengono da una stessa zona: un anno possono essere più resistenti, un altro meno. Perciò è meglio tenersi al corrente dell’andamento stagionale delle vendemmie sui luoghi di produzione e seguire le valutazioni delle annate fatte dagli esperti. I vini rossi possono anche invecchiare presso chi li ha acquistati, ma il risultato, cinquanta volte su cento, non è mai brillante. Il vino adatto alla lunga conservazione va fatto invecchiare presso il produttore. In realtà, l’aria natia si addice di più al vino, anche se già imbottigliato. Inoltre bisogna dire che le cantine delle grandi città, o dei centri intensamente abitati, sono poco favorevoli alla lunga conservazione dei vini. Le ragioni le abbiamo già dette: troppo smog, poca circolazione d’aria pura, troppo riscaldamento delle case. Anche le cantine ubicate lungo le coste marine sono poco propizie alla conservazione dei vini. L’aria di mare è nemica del vino, a causa della sua salinità; per non risentire di questi effetti, occorre che la cantina, se ci troviamo in un centro marino, sia scavata in profondità nel sottosuolo. Prima di acquistare una certa partita di vini e di portarsela a casa per farla maturare, occorre essere ben sicuri di disporre di un ambiente idoneo, per non rischiare uno spreco di denaro. I grandi vini da invecchiamento, ad esempio il Barolo e il Barbaresco, quando escono di cantina hanno già superato i requisiti minimi di invecchiamento, sono anche quelli che presentano meno rischi e si possono tenere in una buona cantina senza particolari problemi, per qualche anno: ma non per decenni! LA POSIZIONE DELLE BOTTIGLIE Le bottiglie con il tappo di sughero è meglio siano tenute coricate, per essere conservate nelle migliori condizioni possibili: il tappo rimane in tal modo a contatto col vino ed essendo inumidito continuamente non si restringe, garantendo quindi una perfetta tenuta. Mito da sfatare è che in questo modo il vino venga a “sapere di tappo”: sa di tappo, anche se non è a contatto con il sughero, il vino che è stato mal tappato o che è stato sigillato con un sughero di cattiva qualità. Con le bottiglie coricate si ha anche il vantaggio di poterne accatastare, in poco spazio, una maggior quantità. Non mi sento, comunque, di “rimprovera- re” coloro che conservano le bottiglie in piedi: in effetti questo sistema permette di leggere subito (in caso di ambienti bui o semi-bui) le etichette delle bottiglie. Questo facile metodo, permette la suddivisione “a vista” delle bottiglie e ne consente una facile maneggiabilità dei recipienti, anche se, come detto, è facile che il tappo si asciughi, specie se la temperatura della cantina tende a superare i limiti del “fresco,”cioè più di 12-14°C. Il tappo, seccandosi, si restringe e permette all’aria di filtrare, prima in modo impercettibile, poi sempre di più e questa non voluta ossigenazione, mette in atto un graduale processo di acetificazione: così c’è il rischio di mettere a tavola un vino “spunto”, cioè che sa di aceto. A questo punto, anziché indagare su cause remote (come ad esempio dare la colpa al produttore) conviene esaminare la dimensione del tappo e correre al riparo, cioè provare a mettere quella partita di bottiglie dalla posizione verticale a quella coricata, sperando che il tappo, bagnandosi, torni a rigonfiarsi di quel tanto che basta, in modo da impedire all’aria di continuare a filtrare. 46 Campo de’ fiori Albu Civita Castellana 1947 - foto del Sig. Bergamasco Varone Fiore (Gustavino). In piedi da sx: Alfredo Ricci, Enzo Caprioli, Luigi Rita. Seduti da sx: Zermiro Costanzi Varone Fiore Bergamaschi Civita Castellana 1947 - famiglia Mancini. In piedi da sx: Bruno, Armando, Erminio, mamma Marie, papà Angelo, Erminia e Antonio. Accasciati da sx: Giovanni, Teresa, Rodolfo. Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere Campo de’ fiori um dei ricordi Carbognano 12 Maggio 1956 - processione in onore di San Luigi foto del Sig. Luca Carosi Civita Castellana anni ‘70 - foto del Sig. Giuseppe Brandi e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite. 47 Campo de’ fiori 48 Una “Fabrica” di ricordi Personaggi, storie e immagini di Fabrica di Roma Cinema Smeraldo Era il 1956 e, dopo il disgelo tardivo della famosa nevicata, finivano, nell’estate, i lavori del cinema Smeraldo. A settembre dello stesso anno apriva al pubblico, con la proiezione del colossal di Sandro Anselmi I dieci comandamenti. Alla inaugurazione venne invitata come ospite d’onore Emma Danieli, presentatrice della Rai, che aveva un’abitazione a Faleri Novi. Quella sala cinematografica, nuova, ampia, con addirittura il bar accanto alla biglietteria, diventava un vanto per un piccolo paese qual era allora Fabrica. Il locale era su due livelli, c’era la platea e la galleria, con prezzi d’ingresso diversi. Tutte le poltrone erano di legno e il soffitto, alto, era coibentato in faesite per migliorare l’acustica. Appena aperto c’era, alla biglietteria, Marna Puri, Paesani Antonio strappava i biglietti e fungeva da maschera, e alla cabina di proiezione c’era Giovanni Costantini (Giovannino). Dopo un anno e mezzo circa, Marna partì per l’America e lasciò il posto alla sorella Tilde che lo tenne fino alla chiusura del locale. Nel frattempo ad Antonio si era avvicendato il figlio Simone. Le proiezioni avvenivano il martedì e giovedì sera, ed il sabato e la domenica anche il pomeriggio. Nello spettacolo pomeridiano della domenica, che era sicuramente il più affollato, una frotta di ragazzini, seduti sul muricciolo che dava sulla strada della Variana, aspettava già dal dopopranzo che arrivasse la bigliettaia per aprire. Altri, più vivaci, si stancavano a correre e giocare nei pressi della fontana all’ombra del grande pino. Alla domenica, poco prima dell’inizio dello spettacolo, arrivavano i proprietari a bordo della loro Citroen grigia, i signori Eraldo e Lino Scarpetta e l’avvocato Gastone Filippi, che, insieme al ragionier Licinio Valeri, sedevano abitualmente ad un tavolo del bar della sora Peppa, per giocare interminabili partite a carte. Io incominciai ad andare al cinema, bambino, con mio padre ed in seguito, però, non divenni mai un assiduo frequentatore, per non dover chiedere i soldi del biglietto ai miei, ma ogni volta che avevo occasione di farlo, restavo affascinato dalle storie, dagli attori, dalle musiche, dai colori, e quei film pian piano riempivano buona parte dei sogni e delle fantasie che affollano l’universo dell’infanzia e della gioventù. Quante volte, usciti dal cinema con i miei cugini Ivo e Roberto, andavamo su alla Rocca per imitare le scene dei film, come quando, dopo aver visto Kirk Douglas nel film Spartacus, fingevamo di combattere alla spada l’ultima tragica scena del film, quando l’eroe muore. I film che andavano per la maggiore, in quegli anni, erano storici e mitologici: I cavalieri della tavola rotonda, Ben Hur, Kirk Douglas Sansone e Dalila… e ci offrivano tanti modelli da imitare. L’interprete insuperato di tutti i film di Ercole era Steve Reeves (Le Fatiche di Ercole, Il Figlio di Spartacus, Gli ultimi giorni di Tutti Pompei). volevamo assomigliarli e, per farlo, incominciammo a fare culturismo, copiando gli esercizi fisici dal libro di Jhon Vigna. Questo volumetto, Giuseppa Crescenzi (sora Peppa) con la copertina nera e l’autore in bella mostra, in una posa plastica, ce lo prestavamo e girava a turno fra tutti noi, convinti che, con tanto allenamento, avremmo, poi, assomigliato ai protagonisti dei film. Steve Reeves Campo de’ fiori Album dei ricordi Civita Castellana - squadra di calcio 1970 - foto del Sig. Vasco Menichelli In piedi da sx: Roberto Fortuna, Mario Fantera, Franco Scarpetta, Sergio Gelanca, Domenico Tomei, Piero Capozucchi, Alfredo Marini, Riccardo Gentili, Nunzio Gazzellone, Sante Baglioni, Claudio Bruzziches. In basso da sx: Nando Mariani, Vincenzo Rossi, Claudio Fiori, Ugo Baldi, Vasco Menichelli, Ranucci, Mauro Giovannetti Civita Castellana 1982 - pranzo per i cinquant’anni 49 Campo de’ fiori 50 Ecologia e Ambiente Chi produce le polveri sottili? di Giovanni Francola Tutte le attività antropiche producono talmente tante di quelle polveri sottili difficili da quantificare, pur essendo vero che attività vulcaniche, e altri fenomeni naturali, contribuiscono all’emissione nell’atmosfera di tali polveri. Nonostante ciò l’uomo continua a bruciare un quantitativo di petrolio pari a circa 3,5 miliardi di tonnellate l’anno, 4,8 miliardi di tonnellate di carbone e altri 2,6 miliardi di metri cubi di gas naturale. La situazione si aggrava in prossimità di centrali elettriche, raffinerie, inceneritori, distretti industriali o dove c’è una intensa presenza di traffico veicolare. E’ ovvio che le attività dell’uomo devono pur continuare, ma occorre che questo avvenga nel pieno rispetto dell’ambiente. Conferenze, incontri tra Paesi industrializzati, servono a poco se non c’è una chiara e unitaria voglia di fare meglio, anche per la salvaguardia delle generazioni future. Infatti con la conferenza di Stoccolma, nel 1972, si passa da un “ambientalismo emozionale” ad un “ambientalismo razionale”, orientato più verso aspetti globali e politici. Anche in Italia inizia la fase del “CONSERVAZIONISMO-ECOLOGIA-POLITICA- AMBIENTALISMO”. Il primo si incentra sulla difesa delle risorse umane, il secondo sulla salute nelle fabbriche e in tutti i luoghi di lavoro e nei quartieri, il terzo su campagne di informazione mirate a specifici obiettivi. Negli anni ’80 si passa alla modernizzazione ecologica, crescita economica e tutela ambientale; infatti, i materiali più inquinanti vengono rimpiazzati con quelli più ecologici e inizia anche il riciclaggio dei rifiuti. Purtroppo, in questi anni, incidenti industriali hanno causato migliaia di morti, ad esempio: a Seveso, nei pressi di Milano (1976), ci fu una fuga di diossina; a Love Canal (1979), gli abitanti furono allontanati perché vivevano sopra una discarica di pesticidi; a Bhopal (India 1984), da una fabbrica di pesticidi una nube tossica provocò circa 2.500 morti, per non parlare dei disastri che hanno provocato reattori nucleari come quello di Chernobyl (1986). Inizia ad esserci una comunicazione del “rischio”, ma ciò non basta per fermare i più grandi emettitori di polveri sottili, perché, il più delle volte, dietro a queste realtà industriali ci sono poteri forti, duri da sconfiggere e tanto meno sensibili ad un radicale cambiamento imposto. Sarà proprio l’opinione pubblica a far forza su certi sistemi, ma occorre l’informazione per sensibilizzare più persone possibile, perché il fatto di tutelare e mantenere una qualità dell’aria accettabile fa parte di un diritto costituzionale, dal quale nessuno può essere escluso. Campo de’ fiori 51 Tommaso Gismondi e Civita Castellana di Enea Cisbani TOMMASO GISMONDI, importante scultore italiano, nasce ad Anagni, in provincia di Frosinone, nel 1906. Nel 1921 si trasferisce con la propria famiglia a Roma, dove entra in contatto con i cenacoli artistici della Capitale e scopre il meraviglioso mondo dell’arte e della scultura, con una passione e fervore artistico, che nel volgere di pochi anni, lo fanno diventare uno dei più importanti scultori della Capitale. Una grande figura di scultore “classico”, legata a Civita Castellana, in quanto nel 1978 realizza un monumentale portale bronzeo, originariamente previsto per la Cattedrale e non più collocatovi a causa di una serie di ingiustificati veti dell’allora Ministero per le Belle Arti, e posizionato nella chiesa di San Franceso, in Piazza Matteotti. Il portale bronzeo, con episodi della vita di San Francesco, è stato realizzato per volere di due importanti concittadini: Monsignor Goffredo Mariani e il Maestro Domenico Mancini, a cui si deve il grande merito artistico e culturale di aver portato, nel nostro centro, un grande e celebrato scultore come Tommaso Gismondi. La produzione scultorea di Gismondi è vasta e monumentale: portali per le chiese di Alatri, Sora, Paola, Lanciano, Sgurgola e Morolo, nel frusinate; una statua della Madonna a Venado Tuerto in Argentina; il grande Leone di San Marco a Città del Messico (1982); una statua del Papa Giovanni Paolo II (1985); una statua della Madonna a Roma (1980); una statua di Andrè Latrille in Costa d’Avorio (1986); una statua del Beato Luis Ruiz nelle Filippine (1981). Tommaso Gismondi Madre Teresa di Calcutta Il nome di Gismondi è legato alla sua attività per la sede del Vaticano per la cappella “Europa” in San Pietro, del 1980, con la monumentale Pala d’Altare bronzea con i Santi Benedetto, Cirillo e Metodio Patroni d’Europa; il Portale della Biblioteca e Archivio Segreto Vaticano; la Cattedra di Giovanni Paolo II; la Via Crucis e il cofanetto bronzeo per le chiavi delle Porte Sante di San Pietro, San Giovanni e Santa Maria Maggiore; la grande statua di San Giuseppe, posta nel Cortile della Biblioteca Vaticana, e infine le numerose monete, realizzate per sette anni consecutivi, per celebrare il Pontificato di Paolo VI. Le opere di Gismondi si trovano anche a Parigi, nella chiesa di Montmartre, dove nei tre Portali della più antica chiesa parigina sono raffigurati episodi della vita di Maria Madre di Gesù, la storia di San Dionigi Patrono di Francia e la storia di San Pietro. Ad Assisi, nella Basilica Francescana inferiore, realizza quattro formelle bronzee dedicate alla Madonna e con episodi significativi della sua vita. Nel 1992, prima della sua morte, realizza la statua in bronzo di Madre Teresa di Calcutta, ritratto in dimensioni naturali della Santa e omaggio alla sua opera di umanità e amore universale. Non soltanto il bronzo, ma anche il marmo statuario: nel 1971 realizza l’Ultima Cena per la Chiesa dei Servi a Marina di Massa. Nel 1988 realizza, per la Cattedrale di Nostra Signora Maria, il portale bronzeo di circa 40 metri quadrati di superfice, senza dubbio l’opera più monumentale realizzata dal Maestro. Le sue opere si trovano, inoltre, negli Stati Uniti, in Russia, conservate nel Museo dell’Ermitage a San Pietroburgo, in Polonia, in Romania, nel Perù, in Olanda. Una produzione scultorea sterminata, senza contare i ritratti in argento e oro massiccio realizzati negli anni ’80 per alcune importanti famiglie di Anagni. Tommaso Gismondi è, dunque, il grande artista e scultore che onora Civita Castellana. Porta della biblioteca Vaticana Santo Domingo Cattedrale de nuestra Sinora de la alta Gracia 52 Campo de’ fiori Noel torner dal prossimo numero con tante nuove, affascinanti storie, per portarci ancora una volta nel suo fantastico mondo. Ciao da Cecilia e Federico Campo de’ fiori 53 Vita Cittadina 22 Settembre - Civita Castellana intitolazione della Piazza, antistante l’Ufficio Postale, ai martiri di Nassirya foto M. Topini 23 Settembre - Civita Castellana intitolazione dei giardini pubblici in Via Santi Marciano e Giovanni a Sir Robert Baden Powel, fondatore degli Scout. foto M.Topini 16 Settembre - Civita Castellana - feste Patronali SS Martiri Marciano e Giovanni - Ludi Borgiani - foto M. Topini 21 Settembre - Fabrica di Roma - corsa dei carrettini durante i festeggiamenti dei SS Matteo e Giustino - Foto Eleven Focus 15 Settembre - Corchiano - sfilata della “Frustica” di Faleria e concerto di Mariella Nava durante i festeggiamenti della Madonna delle Grazie - Foto Eleven Focus Campo de’ fiori 54 In punta di piedi Romolo se n’è andato ma o R i d Fabrica genza, tramandavano a tutti noi i più grandi valori della vita. Lasciata quella realtà adolescenziale, ci si rende conto che quei primi insegnamenti sono sempre vivi in noi. Ti accorgi che un uomo come Romolo, in un paese che cresce velocemente, è sempre un punto il suo inseparabile cappellino, che soltanto lui sapeva calzare in quel modo. In tutti quei linguaggi d’arte, Romolo metteva la vera passione, ed è per questo che io, come tanti altri, gli dico grazie, grazie per averci dato la capacità di guardare le cose da un altro punto di vista. Qualche tempo fa incontrai Romolo sulla strada del cimitero, dove era solito recarsi a far visita a sua moglie, e sotto l’ombra di un grande cipresso parlammo a lungo e mise in luce tutta la sua saggezza e conoscenza. Peccato che te ne sei appena andato in punta di piedi, ma non c’è dubbio che hai lasciato un immenso patrimo- di Giovanni Francola Fabrica di Roma inizia ad essere un paese in cui le cose, ogni giorno, vanno sempre più veloci, la gente non ha più tempo, si respira un malessere di quotidianità che è diventato quasi “normalità”. Nello stesso tempo rimane sempre un paese dove le persone sanno un po’ tutto di tutti. Quando muore qualcuno, la cosa difficilmente passa inosservata, soprattutto quando viene a mancare una grande persona come Romolo Malatesta. Un personaggio dai mille contorni, è indubbio. Chi ha avuto la fortuna di conoscere Romolo sa di aver ricevuto un’ impronta indelebile del suo carisma. Nei primi anni di scuola non era il mio maestro, ma il maestro dell’aula accanto. Il ricordo va a quando suonava la campanella della ricreazione: il mio maestro Silvano Polidori si incontrava sempre con Romolo, inseparabili amici, e sui loro volti trapelavano tutte le loro disavventure scolastiche. La cosa che è rimasta sempre viva nella mia memoria, è il fatto che quei due amici amavano insegnare e, con grande intelli- Fabrica di Roma - La maestra Linda con i ragazzi della I elementare del 1961 davanti ai lavori di Natale eseguiti dal maestro Romolo fermo, una risposta a tanti perché. Ancorato saldamente ai puri valori della vita, è riuscito a dare a dare alla comunità, tutta la sua creatività, manifestandola in vari campi artistici. Davanti a tale entità non rimane altro che ascoltare, osservare e apprendere. Ci mancherà molto quel personaggio, con nio artistico e umano, hai lasciato il ricordo di chi ha vissuto la propria vita con lealtà e umiltà, come fanno i grandi uomini. Si è dato inizio alla raccolta di firme per dedicare una via di Fabrica di Roma al caro Romolo. Per informazioni rivolgersi al Sig. Sandro Di Pietro presso la Coop di Fabrica di Roma. Campo de’ fiori 55 Info Pubb. 0761.513117 56 Campo de’ fiori Viterbo 11° Mini Festival “Città di Viterbo” Tornano i piccoli grandi cantanti del Mini Festival “Città di Viterbo”! La manifestazione, giunta alla sua undicesima edizione, avrà il suo epilogo – a Viterbo – domenica 2 dicembre p.v., dopo aver svolto le semi finali a Ronciglione (18 novembre p.v.) e Marta (25 novembre p.v.). Come il solito, l’organizzazione è a cura dell’Associazione “Omniarts”, in collaborazione con Corriere di Viterbo, Etrurialand, Il Messaggero, Melting Pot, Nuovo Viterbo Oggi, Radio Verde, Tuscia in Jazz Festival e www.viterbowebtv.info. Quest’anno la manifestazione avrà il patrocinio ed il contributo della Provincia di Viterbo e dei Comuni di Viterbo – Assessorato alle Politiche Giovanili –, Marta e Ronciglione, nonché della Pro Loco di Marta. Anche nel 2007, inoltre, il Mini Festival diventerà un grande contenitore di solidarietà, in quanto farà parte delle manifestazioni promosse da “Viterbo con Amore”. I vincitori del Mini Festival 2006 Circa 40 bambini/e e ragazzi/e, d’età compresa tra i 6 ed i 18 anni e provenienti da Viterbo, da paesi della provincia ed oltre, hanno partecipato alla passata edizione, i cui vincitori sono stati: Cat. 6 – 10 anni: Gian Marco Piccini (Blera), con il brano “Vorrei avere il becco”; Cat. 11 – 14 anni: Chiara Anselmi (Villa San Giovanni in Tuscia), con il brano “Lei ha la notte”; Cat. 15 – 18 anni: Francesca Romana Gabrielli (Monte Romano), con il brano “Fa che non sia mai” Fino al 20 ottobre p.v. è possibile iscriversi al Mini Festival; ogni partecipante sceglie il brano da cantare e, se non lo ha già, ne riceve il testo e la base musicale. Per le iscrizioni basta telefonare a Pierluigi Alberti (tel. 0761/305486 – 320/1435180) o Paolo Moricoli (tel. 0761/345610 – 328/7188646); a fine ottobre ed inizio novembre si svolgeranno le selezioni per le semifinali, presso il Porter Tavern di Viterbo. I partecipanti saranno, ovviamente, giudicati da una giuria di assoluta qualità che, quest’anno, sarà presieduta dal giovane tenore viterbese Antonio Poli – vincitore del Mini Festival 1998 – già apprezzatissimo cantante lirico in Italia e, soprattutto, all’estero. È possibile prendere visione del regolamento sul sito www.omniarts.it. Oltre ad un simpatico omaggio per tutti i partecipanti e ai premi per i primi tre classificati di ogni categoria (cat. 1 per i nati tra il 1997 e il 2001, cat. 2 per i nati tra il 1993 e il 1996, cat. 3 per i nati tra il 1989 e il 1992), il vincitore della sezione dedicata ai più grandi avrà la possibilità di incidere un CD in una sala di registrazione professionale. Inoltre, www.viterbowebtv.info offrirà, ai primi tre classificati di ogni categoria, un CD che darà la possibilità di effettuare un viaggio per due persone al prezzo di una; Tuscia in Jazz Festival, invece, offrirà ai primi tre classificati della cat. 3 la possibilità di partecipare, gratuitamente, ai suoi stage formativi estivi. Il nostro concorso canoro sta crescendo edizione dopo edizione; in questi anni abbiamo lanciato talenti come le già famose Anna Tatangelo (vincitrice della Sez. Giovani del Festival di San Remo nel 2002 e della categoria “donne” nel 2006: ormai è una star in ambito internazionale!) e Alina (seconda classificata della Sez. Giovani del Festival di San Remo nel 2003), abbiamo fatto fare una proficua esperienza internazionale ai migliori cantanti (nel 2004), inviato i partecipanti più giovani allo “Zecchino d’Oro” (terzo classificato) e, quest’anno, Beatrice Burchiani al Festival di Saint Vincent, dove è stata tra i pochissimi premiati. Altri giovani interpreti si stanno già mettendo in mostra (la qualità degli stessi cresce ogni anno di più) e, con un po’ di fortuna, contiamo di poterne annoverare altri – tra non molto – nella lista dei “viterbesi bravi e famosi”. p. Ass. OMNIARTS Paolo Moricoli Protegge i tuoi valori Silvia Malatesta - Via S. Felicissima, 25 01033 Civita Castellana (VT) Tel.0761.599444 Fax 0761.599369 [email protected] Campo de’ fiori 57 Etica nello sport - alla memoria di Ivan Rossi Il 28 Settembre 2007 si è svolto presso l’Aula Magna dell’ITIS, organizzata dalla sezione provinciale del CONI la prima edizione di “Etica nello sport – alla memoria di Ivan Rossi”. Alla manifestazione erano presenti: il sindaco di Civita Castellana Giampieri, il presidente della provincia Mazzoli, l’assessore provinciale allo sport Trappolini, l’assessore provinciale per la pubblica istruzione Fabbrini, il consigliere provinciale Miccini, il dirigente del CONI Treta, il dirigente della lega nazionale dilettanti sezione di Viterbo Lucarini, il Vescovo della diocesi di Civita Castellana Mons. Divo Zadi, la campionessa di motociclismo Letizia Marchetti e naturalmente i genitori e amici di Ivan Rossi. Durante la manifestazione è stata consegnata, da Letizia Marchetti, una targa ai genitori di Ivan Rossi e sono state premiate, inoltre, le seguenti società sportive: Basket ASD Ghost Tuscania, pallavolo femminile di Civita Castellana, calcio Valentano, Civita Rugby settore giovanile, Rugby Oriolo settore giovanile. Alla fine della manifestazione sono state premiate le prime quattro squadre del primo torneo Ivan Rossi. La mamma di Ivan Rossi e Letizia Marchetti premiano la squadra vincitrice del Torneo Ivan Rossi llo e n a n g Vi Nasce la sede dell’Istituto Artistico Ulderico Midossi L’11 Settembre è stata inaugurata, a Vignanello, la sede distaccata dell’Istituto Artistico Superiore Ulderico Midossi, presso i locali dell’edificio scolastico di Viale Vignola. Il Vicesindaco, Vincenzo Grasselli, e numerosi rappresentanti dell’amministrazione comunale hanno fatto gli onori di casa ai rappresentanti istituzionali (il Povveditore Dr. Romolo Bozzo, gli Assessori provinciali Angelo Cappelli e Aldo Fabbrini, il Preside Dr. Franco Chericoni), al personale docente e non docente e agli studenti che formano due classi. La sede di Vignanello è stata realizzata a seguito di un decreto emanato nel 2006 dal Ministero della Pubblica Istruzione; il comune di Vignanello ha concesso alla provincia di Viterbo (che ha investito circa 50.000,00 € per adattare i locali) il piano primo dell’edificio scolastico, dove sono allocate le classi, gli uffici amministrativi ed i laboratori. L’apertura della sede è importante per la zona perché lega una scuola di arti visive ed espressive al territorio, inoltre, la costituzione di due classi determina un segnale forte per l’interesse dei giovani verso il mondo artistico e della comunicazione. da sx: Angelo Cappelli, Vincenzo Grasselli, Romolo Bozzo e Aldo Fabbrini Farmacie Civita Castellana aperte nei giorni festivi di Ottobre 2007 07 Ottobre - Farmacia Filizzola 14 Ottobre - Farmacia Municipale Via Ferretti 21 Ottobre - Farmacia Municipale Via Santa Felicissima 28 Ottobre - Farmacia Filizzola - Farmacia Versace Sassacci Farmacie Corchiano e Fabrica aperte nei giorni festivi di Ottobre 2007 21 Ottobre - Farmacia Liberati di Fabrica di Roma 28 Ottobre - Farmacia Sangiorgi di Corchiano Benzinai Civita Castellana aperti nei giorni festivi di Ottobre 2007 07 Ottobre - Shell Via Flaminia - Erg Via Nepesina - Q8 Via Terni 14 Ottobre - Esso Via Flaminia - Total Via Terni 21 Ottobre - Tamoil Via Flaminia - IP Circonvallazione - Api Via Belvedere Faleri 28 Ottobre - Api Via Flaminia Borghetto - Enerpetroli s.s. 311 Nepesina - Api Via Corchiano 58 Annunci Campo de’ fiori LAVORO CERCO -LAVORO di muratura, pavimenti, rivestimenti, tinteggiatura massima serietà, prezzi modici, in regola, zona Civita Castellana pronto intervento. 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Tel. 33826600789 -LAUREANDA in lettere impartisce ripetizioni a studenti delle scuole medie inferiori e superiori, di italiano, storia, geografia, storia dell’arte, francese e inglese. Anche tesina per esami universitari e di maturità. Tel. 338.1032635 -RAGAZZA DI 32 anni, con esperienza, cerca lavoro come barista e/o commessa. Italiana. Massima serietà. Tel. 393.4952681 -CERCO lavoro come baby sitter zona Civita Castellana e dintorni. T. 320.0382107 OFFRO -HOTEL A FIRENZE CITTA’ assume addetto al ricevimento, con spiccate attitudini alle pubbliche relazioni, 2 lingue, uso pc. Curriculum al Fax 0761.567528 -CERCO elementi liberi e pensionati, dinamici, per compiti di fiducia. Ottimi compensi. Per appuntamento T. 0744.921074 -AGENTE PLURIMANDATARIO esclusivista NESTLE ITALIANA SPA: Motta, Alemagna, Perugina: divisione regali aziendali “STRENNE NATALIZIE”, per province VT-TR-RI-AR-SI-GR, cerca giovani collaboratori automuniti. 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Chi ha scelto la foto, avrà pur fatto una ricerca inografica approfondita, ma, per i fabrichesi, San Matteo resta comunque l’altro ANNUNCI ECONOMICI GRATUITI PER PRIVATI a pagamento per ditte o società- Tel. Fax 0761.513117 Cedola da ritagliare e spedire L’annuncio sarà ripetuto per 3 uscite, salvo diversa decisione della redazione TESTO Compilate qui il vs annuncio gratuito e speditelo in busta chiusa a Campo de’ fiori - P.za della Liberazione n. 2 - 01033 Civita Castellana (VT) oppure mandate un Fax al n. 0761.513117 o una e-mail a [email protected] (scrivere in stampatello e senza abbreviazioni)........................................................................................................................................ ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. 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Città......................................................Tel...................................Firma................................................................ INDOVINELLO Se lo vedi è molto brutto, se lo senti puzza tutto, se lo tocchi è un pò peloso, se lo assaggi è un pò gustoso, che cos’è? Avete risolto l’indovinello ?? Il primo che indovinerà e ne darà comunicazione in redazione, riceverà un simpatico omaggio offerto dalla GIOIELLERIA SPERANDIO Campo de’ fiori 61 Intervista a Ludovica Cenci Ludovica, quando è iniziata la tua passione per la danza? Fin da piccolissima, come quasi tutte le b a m b i n e , amavo danzare. A Sant’Oreste, dove vivevo, davanti allo specchio della mia cameretta, ballavo per ore e per me era un gioco meraviglioso. Poi mia madre mi iscrisse ad un corso di danza classica a Civita Castellana e fu allora che seppi, con chiarezza, che quello sarebbe stato il mio lavoro. Al Body Center, dove si teneva il corso, il mio amore per la danza continuò a crescere lezione dopo lezione. Quindi hai frequentato Civita Castellana a lungo? Per oltre quattro anni, poi, consigliata dalla mia insegnante, che riteneva avessi conseguito una buona preparazione, tentai l’esame per la scuola del Balletto di Roma. Fu una selezione spietata, con un esame che consisteva in valutazioni tecniche, artistiche e fisiche, ma fui ammessa! Sant’Oreste, Civita Castellana e quindi Roma? Si. A Roma la mia vita cambiò completamente: scuola alla mattina e al pomeriggio lezioni di danza per almeno quattro ore, dal lunedì al sabato. A fine anno poi, gli esami per accedere al corso successivo. La competizione era tremenda, ma i miei sforzi furono premiati da una borsa di studio. Dopo questo premio, conseguito con tanta fatica,e con il progressivo maturarsi delle mie aspirazioni, trovai il coraggio di affrontare i provini per il Teatro dell’Opera e per la Scala di Milano. Li vinsi entrambi! Allora avevo solo quattordici anni e mamma optò per il Teatro dell’Opera che non mi avrebbe portato troppo lontano da casa. Così iniziò la mia carriera professionale, non solo al Teatro dell’Opera, ma anche in tante tournèe e festival in Italia e all’estero. La mia prima esperienza professionale, che ricordo ancora con emozione, fu con la compagnia di Balletto Classico di due grandi ètoile : Liliana Cosi e Marinel Stefanescu, nei balletti di repertorio classico “Coppella” e “Don Chisciotte” . E a Civita non sei più tornata fino ad oggi ? Il mio ritorno è stato veramente casuale. Tre anni fa, davanti al Duomo di Civita Castellana, in occasione del Civita Festival, mi esibii, come prima ballerina, in “ Savor Mediterraneo”, con la compagnia Danza Prospettiva di Vittorio Biagi. A fine serata riconosco tra il pubblico la signora Carla Di Donato della mia prima scuola di danza e corro a salutarla. Pochi mesi dopo lei mi offre di collaborare come insegnante di classico e contemporaneo nella nuova scuola Blu Life di Civita Castellana. Come vivi il tuo ruolo di insegnante? E’ stato inizialmente un impatto traumatico. Mi ero formata, con anni di studio, una mentalità che male si coniugava con il nuovo ambiente. Per carattere sono porta- ta a parlare e cercare di capire i problemi di allievi e genitori, ma sono intransigente per quanto riguarda la “mia” danza. Oggi però sono estremamente soddisfatta perchè gli allievi, che mi seguono da tempo, hanno raggiunto un buon livello tecnico e mi apprezzano, indipendentemente dalla mia severità. Ho avuto anche la soddisfazione di vedere l’ammissione di una mia allieva all’Accademia Nazionale di Danza. Parallelamente continuo il mio lavoro di ballerina, sempre all’avanguardia in quelle che sono le nuove tendenze coreografiche e i nuovi stili contemporanei. Questo per me è un grande arricchimento personale e uno stimolo continuo anche nell’insegnamento. E invece le tue ultime esperienze come ballerina? Nella scorsa stagione ho potuto lavorare, dopo una dura audizione, con uno degli esponenti dei Momix, esibendomi con la compagnia a Roma per Amnesty International; uno stile unico ed entusiasmante, lontanissimo dalle mie precedenti esperienze. Poi ho partecipato al progetto “ Fusion d’Arte” per il Ministero dei Beni Culturali. Si tratta di una produzione in video sull’opera dello scultore Manzù, creata per il Museo di Arte Contemporanea. Ora sono appena rientrata dal Festival Nazionale Pucciniano, dove sono stata scritturata come prima ballerina. Di quest’opera sono già previste due turnèe a Nizza e Tokio. (Auguri per la tua doppia carriera professionale e di insegnante). NATI MATRIMONI DECEDUTI Corchiano Corchiano 10.06.2007 Yuri Marini 27.06.2007 Evelyn Karina Camachio Gomez 27.07.2007 Giulia Carrer 19.07.2007 Ahmed Khan Usman 24.07.2007 Irene Montini 24.07.2007 Filho Alexan Rodrigues Evangelista 24.07.2007 Christian Romano 03.08.207 Giorgia Cardinali 03.08.2007 Manuel Montini 23.08.2007 Sergio Anicito 07.09.2007 Francesco Moscioni 12.09.2007 Rosa Vessella 14.09.2007 Matteo Cidone 24.09.2007 Aurora Gentili Claudio Ricci/Ilaria Francescangeli Pierluigi De Angelis/Assunta De Carolis Maurizio Vessella/Barbara Campana Gaetano Piergentili/Loredana Ridolfi Daniele Caracuta/Roberta Ubertini Antonio Troncarelli/Emanuela Marini Paul Leon Joseph Ploumhans/Maria Grazia Ferri Fabio Gentili/Alessia Magrini Antonio Del Monaco/Antonina Valentini Maurizio Ermini/Giuseppa Gentili Alessio Romano/Anna Bracci Marco Stefanelli/Daniela Orefice Riccardo Petroni/Anna Lisa Frezza Marcello Narcisi/Simona Tomei Alessandro Siviglia/Sara Pedica Daniele Cau/Debora Ciarnese Fabio Ciani/Laura Febbraio Gianni Testini/Laura Marcomeni Corchiano 26.06.2007 Alvo Monfeli 04.07.2007 Angela Raffaela Ciuffreda 13.07.2007 Leonino Forti 13.07.2007 Mario Santoro 27.07.2007 Giulia Tempestini 28.08.2007 Elena De Angelis 28.08.2007 Maria Pia Bufacchi 30.08.2007 Secondo Poli 02.09.2007 Tommaso Campanelli 05.09.2007 Margherita Lucchesi 25.09.2007 Luigi Bernardini 27.09.2007 Argentina De Santis 01.10.2007 Adio Piergentili Campo de’ fiori 62 Sandro Anselmi P.zza della Liberazione, 2 - 01033 Civita Castellana (VT) Tel./Fax 0761.51.31.17 e-mail : [email protected] Da 40 anni al vostro servizio Pubblicizza una selezione di offerte immobiliari -AFFITTO a Civita Castellana Via della Repubblica, appartamento ad uso professionale di mq 110 circa, con 5 vani + servizi e balcone coperto. -AFFITTO a Civita Castellana 2 appartamenti di campagna di cui uno ammobiliato. 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Mazzini 140 Abbonamenti Rimborso spese spedizione Italia: 12 numeri € 25,00 Estero: 12 numeri € 60,00 Segretaria di Redazione e Coord: Cristina Evangelisti Campo de’ fiori seleziona ragazzi/e da inserire nel settore commerciale. Per informazioni 0761.513117 oppure [email protected] oppure Piazza della Liberazione 2 Civita Castellana Lo Studio Legale dell’ Avv. Aldo Piras Patrocinante in Cassazione, ha stipulato una convenzione con Campo de’fiori con la quale, tutti i lettori, avranno diritto a n. 3 consulenze gratuite. 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