L`uomo che... - Campo de`fiori
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L`uomo che... - Campo de`fiori
Campo de’ fiori AGOSTO Sandro Anselmi Il Coraggio di Costanzo (NON) TUTTI IN VACANZA Le immagini proposte dalla TV e dai giornali in questi giorni, ci fanno vedere un popolo di vacanzieri che affolla località di mare, di collina e di montagna in Italia e all’estero e comunica spensieratezza e voglia di evasione, ma se riuscissimo a fare una ripresa panoramica su tutti i nostri connazionali, vedremmo uno stuolo enorme di esclusi, di assenti ingiustificati. Dove sono quei nonni che hanno corso tutto l’anno dietro ai capricci dei nipotini, quelle vecchie coppie sempre pronte ad aiutare ora un figlio ora l’altro, le persone indigenti, i ragazzi disabili che sono stati il vessillo da sbandierare tutto l’anno e tutte quelle persone che per molto meno sono definite comunque diverse, bordline? Sono proprio questi gli esclusi dalle interviste e dalle statistiche! Sono l’isola che non c’è! Nel mese del divertimento ad ogni costo, anche i giovani più sensibili abbandonano gli amici meno fortunati per non avere zavorra alla loro euforica irrequietezza. Ecco allora che un popolo di emarginati si cimenta con la solitudine che li trascina nella disperazione, nell’apatia, nella depressione, con la tristezza ed i disagi di un interminabile Agosto e, tanto più vengono proposte immagini di vacanzieri spensierati ed allegri, tanto più la frustrazione cresce e cresce la tentazione di arrendersi. Tra queste categorie anomale, improduttive, quasi ingombranti, i vecchi stanno probabilmente realizzando il sogno del Dott. Faust, avendo allungato la vita media a settantotto anni, per l’uomo e ottantatre, per la donna, ma non sono presi per niente in considerazione e, nonostante la denatalità, che dovrebbe indurre ad un rapido rimodellamento dello stato sociale, essi entrano in una fase di limbo, senza peso, senza scopo, vuota, che inizia dal giorno del pensionamento e finisce con l’ultimo viaggio. Gli altri undici mesi dell’anno non promettono poi molto di più, ma Agosto è il peggiore ed allora, anziché parlare solo delle avventure rosa dei calciatori e delle veline, di Briatore e del suo Billionaire, dei matrimoni della Falchi, della De Grenet e della separazione di Sabrina Ferilli, non possiamo invece parlare dell’isola della felicità dove tutti, proprio tutti, ricchi e poveri, padri e figli, nonni e nipoti, ragazzi diversi, scherzano, ridono e si divertono insieme ? Sandro Anselmi 3 Tra tanti gossip e favole d’estate, ho letto con il magone un articolo di Maurizio Costanzo sul Messaggero di Domenica 21 Agosto che titolava in prima pagina: “Quanto è duro Agosto con un figlio depresso”. Premetto di essere affascinato dalla insuperabile professionalità del grande Costanzo, ma non meno dalla sua profonda sensibilità nei confronti dei diversi in genere. Ho sempre seguito con interesse e commozione le tante trasmissioni che ha dedicato interamente a loro. Ero stato anche tentato di contattare le redazioni dei suoi programmi per essere invitato assieme ai miei ragazzi dell’ A.N.F.F.A.S. e coronare così un loro grande sogno, ma poi, un po’ per mancanza di coraggio, un po’ forse per la povertà degli argomenti che avremmo potuto portare, non l’ho ancora fatto. L’articolo racconta della storia di una madre che rivolge a Costanzo la sua disperazione per il figlio caduto gravemente in depressione e verso il quale la poverina si sente impotente e, oramai sola per aver perso anche il marito, cerca disperatamente aiuto. Il coraggio di aver inserito un articolo così profondo in mezzo a tanto “rosa” e “minestra riscaldata” di tutta la stampa vacanziera, fa molto onore alla testata giornalistica ed ancor più al grande Maurizio Costanzo. Sandro Anselmi Non ho ancora fatto la pubblicità su Campo de’ fiori !!! Campo de’ fiori è distribuito a Civita Castellana, Corchiano, Fabrica di Roma, Vignanello, Vallerano, Canepina, Vasanello, Soriano Nel Cimino, Vitorchiano, Bagnaia, Viterbo, Montefiascone, Carbognano, Caprarola, Ronciglione, Sutri, Capranica, Cura di Vetralla, Blera, Monte Romano, Tarquinia, Civitavecchia, Orte, Gallese, Magliano Sabina, Collevecchio, Tarano, Torri in Sabina, Calvi nell’Umbria, Stimigliano, Poggio Mirteto, Otricoli, Narni, Terni, Amelia, Nepi, Castel Sant’Elia, Monterosi, Anguillara, Trevignano, Bracciano, Canale Monterano, Mazzano, Campagnano, Sacrofano, Olgiata, Faleria, Calcata, S.Oreste, Nazzano, Civitella San Paolo, Torrita Tiberina, Rignano Flaminio, Morlupo, Castelnuovo di Porto, Riano, Ostia, Nettuno, Anzio, Fregene e nei migliori locali di Roma, in tutte le stazioni MET.RO. Spedito a tutti gli abbonati in Italia e all’estero, inviato ad Istituzioni Culturali e sedi Universitarie italiane e straniere, a personaggi politici, della cultura, dello sport e dello spettacolo. Campo de’ fiori 4 Gabriele Lavia: maestro del teatro italiano Una vita “spesa” per l ‘ arte in ogni sua forma Gabriele Lavia è nato a Milano nel 1942. Attore e regista di straordinario talento, tra i più importanti e conosciuti, vivifica l’arte fisicamente, nella recitazione del teatro impegnato e drammatico. Bisogna ricordare della Dott.ssa la sua collaborazione Loredana Filoni con Giorgio Strehler per “Edipo re” di Sofocle e “Re Lear” di Shakespeare. Ha diretto e interpretato testi di Schiller, Kleist, Cechov e Dostoevskij. Il suo debutto cinematografico si è avuto con “Metello” nel 1970, mentre nel 1983 ha diretto il suo primo lungometraggio “Il Principe di Homburg” per il quale ha vinto il Nastro d’ Argento come migliore regista esordiente. Il pezzo è stato, in seguito, trasposto anche in teatro. Ultimamente recita, talvolta, a fianco del figlio Lorenzo, talento recitativo promettente. Seguo questo straordinario attore dal lontano 1982, quando lo vidi, per la prima volta, a teatro, con “I masnadieri” di Schiller, affiancato da Monica Guerritore e Umberto Orsini. Rimasi particolarmente affascinata dalla sua interpretazione di un personaggio, Franz Moor claudicante e gobbo. Da non tralasciare che il pezzo durava la “bellezza” di quattro ore, che, peraltro, non sentii affatto! Sempre incredibile ed eccezionale, il grande attore che diventa un tutt’uno con ogni suo personaggio. Ha una spiccata capacità mimica e vocale, che lo porta, di volta in volta, a “trasfigurarsi” nei più svariati individui che popolano il mondo letterario. Anime torve, lacerate nello spiri- Monica Guerritore e Gabriele Lavia to, malvagie, sofferenti, ciniche, vendicative. E’ una sorta di resistenza fisica oltre che di maestosità recitativa. Una delle caratteristiche dei pezzi messi in scena da Lavia è che sul palco, spesso, ritroviamo i medesimi oggetti come carillon, cavallucci, ed altri ancora, già usati in precedenti rappresentazioni. L’ultima “fatica” della stagione teatrale 20042005, che lo ha visto protagonista è stato “il sogno di un uomo ridicolo” di Dostoevskij. Lavia ha deciso di reinterpretare questo soliloquio, dopo essere stato impossibilitato a recitare con Mariangela Melato in “Chi ha paura di Virginia Woolf?”, per un infortunio dell’attrice. Eccezionale e grande questa straordinaria rappresentazione, considerando che l’attore recita, per un’ora e quaranta, scalzo e legato con una camicia di forza. “Il sogno di un uomo ridicolo” analizza quelle che sono le tematiche del pensiero di Dostoevskij, la lotta irrisolta tra “brama di credere” e le “ragioni contrarie” un tormento verso la religione, un percorso introspettivo, umano e sociale. Frattura fra realtà, spesso meschina e malvagia, e il mondo ai primordi, come l’attore lo rivede, dominato dalla purezza, dalla morale, dall’incanto per la bellezza della natura. C’è un alone, una forza demoniaca che contamina questo mondo surreale. Lotta tra il bene e il male, privazione della perfezione. Fisicamente dolore, sofferenza e morte. Moralmente trasgressione e peccato. Il bene e il male è legato all’agire dell’uomo, alla sua capacità di scelta. Il male è imputato all’uomo che lo favorisce coscientemente, perché a prima vista è più allettante del bene. Nell’opera ogni moto dell’animo suscita il proprio opposto, ansia di sublime e fascino dell’abiezione, orgoglio e umiltà, volontà di ferire e brama di ferirsi. Lavia esalta in maniera sublime gli stati di una coscienza lacerata. La scenografia esalta il tormento: grigia, livida, tetra, dove si aggira un essere umano straziato dalla fatica di vivere. E’ sempre un’emozione profonda assistere alle sue interpretazioni! Ogni volta si ricevono sensazioni nuove da parte di questo artista, che ha saputo dare, al teatro italiano, un grande “salto” di qualità. Ho, inoltre, avuto modo di conoscere, personalmente, il grande interprete e , seppur “provato” da questo pezzo così singolare, aveva ancora lo spirito e la voglia di scherzare con i suoi numerosi ammiratori che erano ad attenderlo fuori dal camerino. Nonostante il tempo a disposizione scarseggiasse, si è perfino fatto scattare una foto in accappatoio! 6 Campo de’ fiori Antonio Giuliani un comico dal cuore tenero intervista con lo show-man romano in tourneè estiva con lo spettacolo “Sono stato nominato” della Dott.ssa Loredana Filoni Il “Villaggio Italia” si trova a Roma nei pressi del Parco dell’ Aniene. E’ immerso nel verde e possiede un grazioso laghetto. E’ una delle tante strutture adibite ad ospitare le innumerevoli serate dell’ “estate romana”. Qui, tra ristoranti etnici e stands, si alternano, per il quarto anno consecutivo, cantanti, attori, cabarettisti. E’ durante una di queste serate che incontro il noto attore comico romano, Antonio Giuliani. Da una quindicina di anni calca le scene dei teatri, con un consenso sempre maggiore. A testimoniare questo, il “tutto esaurito” dei suoi spettacoli e, in particolare di questo show “Sono stato nominato” in uno spazio pensato per circa 5000 persone! Lui se lo merita! E’ un one-man show di circa due ore e mezza , senza intervallo. Prima di iniziare lo spettacolo mi ha concesso questa simpatica intervista. Signor Giuliani, dov’è nato? Sono nato a Roma, l’ 11 Gennaio 1967. E’ sposato? Si. Da quattro anni, con Alessia e non abbiamo ancora figli. Come è iniziata la sua carriera? Le rispondo come generalmente faccio con tutti i suoi colleghi: con la verità. Fin da bambino avevo questa sorta di predisposizione per la battuta, la comicità, i travestimenti. Poi, con il crescere, solo “d’età”, perché la gente non vede, dato che è un’intervista, che l’altezza è quello che è, ho iniziato a lavorare in un cantiere. Ogni tanto facevo delle imitazioni e, la cosa curiosa è che la pausa, prevista dalle 12:00 alle 13:00, si era “allungata” dalle 12:00 alle 15:00., cioè non lavorava più nessuno! Io mi mettevo lì, mi travestivo, facevo delle gags, imitazioni, finché gli architetti mi licenziarono. Allora ho dovuto decidere se continuare quel lavoro, che era diventato un po’ “difficile” dato che si era sparsa la voce di questo ragazzo che faceva il comico sul cantiere, nonostante fossi molto bravo in quel mestiere. Così ho deciso di fare il comico. Si è ispirato a qualcuno? Diciamo che io non ho avuto maestri. Non per vantarmi, ma perché ho iniziato con delle imitazioni di Alberto Sordi, Aldo Fabrizi e Peppino De Filippo, i miei miti da ragazzo. Crescendo però, penso che se hai un maestro e cerchi di copiarlo, si faccia poca strada, anche perché il pubblico lo vede e lo capisce. Quando scrivi e inizi a inventarti le battute, capisci se sei “surreale”, “demenziale” o altro. Così se imiti un comico “surreale” e tu hai un diverso genere di comicità, non ha senso. Questo lo capisci con il tempo. Diciamo che i miei maestri “virtuali” sono i tre che ho nominato. Attualmente, oltre questa tournée estiva, sta lavorando anche ad altro? Questo è uno spettacolo che và in tournée ogni estate, ma ogni anno viene completamente rinnovato. Sarò in tournée fino al 20 Settembre. Toccherò tutto il Lazio, la Calabria, la Puglia, la Toscana e la Sardegna. Inoltre sto girando un film, con la regia di Pingitore, dal titolo “Domani è un’altra truffa” con Leo Gullotta, Aida Yespica, Eva Grimaldi, Paolo Triestino e tanti altri, che uscirà a metà Gennaio. Poi sto iniziando a scrivere una nuova commedia. A Novembre, per tre settimane, al ‘Parioli’, riprenderò la commedia dello scorso anno “Bravi a letto” che è andata molto bene. Lei cosa preferisce, cinema o teatro? Sicuramente il teatro, perché il contatto con la gente è totalmente diverso. Io non ho fatto tantissimo cinema, però quello che metti sul set, la voglia di fare, o una piccola battuta, uscita all’improvviso, che ha fatto ridere tutti e ti ha reso contento, tutto questo ha un tempo determinato. E così quella battuta, nella quale avevi messo l’anima, non c’è più, perché il film deve durare non più di due ore. Questo è il problema di cinema e televisione. In tea- tro, invece, una commedia ha, si un inizio ed una fine, ma, come si dice a Roma, ‘me la canto e me la sono’, l’ho scritta io e posso farla durare anche qualche minuto in più. Ha un aneddoto da raccontare? Ricordo un episodio che ora, a ripensarci, ci rido su, ma, all’epoca, fu molto imbarazzante. Nei primi tempi della mia carriera, le mie serate consistevano in una esibizione di venti minuti. Salivo sul palco con una valigetta, nella quale c’erano occhiali e parrucche per fare dei piccoli travestimenti. Al termine di una di queste serate, che si era svolta a Passoscuro, vicino Roma, quattordici o quindici anni fa, presi l’Aurelia per tornare a casa. Era l’una di notte. Ad un certo punto mi fermano i carabinieri. Scendo e mi chiedono di aprire il cofano. Vedendo la valigetta mi dicono di aprirla. Notando quattro parrucche, una decina di paia di occhiali scuri e, in più, una pistola giocattolo, che usavo per imitare un personaggio di Verdone, mi intimano di alzare le mani e mi perquisiscono. ‘Morale della favola’, per convincerli che non ero un delinquente, ho dovuto fargli venti minuti di spettacolo sull’Aurelia. Questi due carabinieri che, inizialmente avevano appoggiato me sul cofano della macchina, si sono poggiati a loro volta perché ridevano come pazzi. continua a pag. 45... la Dott.ssa Filoni con Antonio Giuliani foto: Francesco Antenore Campo de’fiori 9 ALGOL 3 Il fascino della stella variabile Il mese di Agosto è un periodo dell’anno particolarmente propizio per l’osservazione delle stelle….naso all’insù , dai primi al 20 del mese, il cielo è tracciato da traiettorie luminose definite da frammenti di meteoriti in uscita dalla costellazione di Perseo che la tradizione popolare appella in vario modo ma ci piace ,in particolare,la descrizione romantica che le indica come le “lacrime di San Lorenzo”. Nello stesso cielo, a ore 3 minuti 8, gradi 40 e minuti 57, 93 anni luce da noi ( ! ! !) , compresa nella costellazione di Perseo a sua volta disposta tra quelle di Andromeda e Cassiopea, c’è una “piccola grande stella” o meglio due stelle che “giocano” ad occultarsi creando un effetto di luminosità variabile : ALGOL ,la “testa del demonio”, la stella del “fantasma”, il “demone luccicante” , la “stella di satana”….una stella da temere piuttosto che da osservare ! Un astro che minava il radicato concetto dei nostri avi relativamente all’ eterna staticità dell’universo….oggi, è conclamato che tutto l’universo è in evoluzione…Algol resta nella sua “duale” composizione ,la stella “variabile” per eccellenza ! Molto più prossimi alla nostra quotidianità ci sono cinque ragazzi provenienti dalla terra di Basilicata,precisamente dalla provincia di Matera,che hanno tratto ispirazione dal suddetto astro per identificarsi nel firmamento musicale : ladies & gentlemen, ecco a voi ,dunque ALGOL 3 ! “Il gioco è iniziato….il suono è arrivato ! ….è l’incipit d’assalto contenuto nei primi secondi di “rotazione” del loro esordio musicale……..gli ALGOL 3 principiano a “pulsare” la loro musica nell’universo discografico con la realizzazione,alla fine del 2002, di un cd di 35 minuti dal titolo “IL SUONO”, un lavoro costituito da 7 composizioni cantate in Italiano , registrato in regime di autoproduzione a bassissimo budget ed in tempi strettissimi, anzi di più : soli 4 giorni per completare tutte le fasi classiche di una produzione discografica (!) ……..ma con evidenti benefici effetti sulla prestazione artistica finale della band! Questi ragazzi pestano d u r o ….D a v v e r o un buon debutto, caratterizzato da una selezione composita, frutto di una “contaminazione creativa”, in fase di scrittura, generatasi dal contributo delle idee provenienti da tutti i componenti della band, titolari,ciascuno, di proprie esperienze in termini di ascolti musicali e precedenti partecipazioni in altre formazioni…...in dipendenza di ciò, una produzione rock “screziata” di heavy rock/power metal -rock progressivo ad ampio spettro , con segni di prog. Italiano degli anni ’70 e accenni di “arie” dall’aroma “folk”, tracce di pop music, caratterizzano, con preziosi risultati, il “sideralproject” ALGOL 3 ! La testa d’ariete per l’inizio dell’ arrembaggio degli “ALGOLIANI” alle nostre orecchie è rappresentato dal brano “IL SUONO”, introdotto da un enfatico preludio di voce con sottofondo di tastiera che sfocia in un vigoroso attacco che potrebbe ricordare “Tie your mother down” dei Queen (annata ’76) ………. ma il brano prende altre strade, con un alternanza di tempi, qualificati ora da brevi passaggi quasi alla maniera di danza popolare ora da un ritmo pesantemente scandito da batteria e basso quasi fossero il complesso meccanico di “ biella-,manovella e pistone” a pieno regime …. il tutto reso con suoni ad alto contenuto “ferroso”, duri, abilmente sovrastati dalla espressiva, potente, melodiosa voce di, o meglio del …GRANDE, Mr. TONY MINERBA ,superbo “segnale vocale” di ALGOL 3 ! “ Ormai è la fine “… scandisce Tony nel refrain di “ L E T T O FREDDO ” ma siamo solo al secondo round di questo interessante cd ……ancora un brano variegato nei tempi, con una strofa sorretta da un drumming serrato ed un’ apertura anthemica sul ritornello che mi stuzzica un ricordo di Carlo Cattani degli “slanci” dei CULT /Ian Ashbury ….ma anche qui è solo un microepisodio, perché il pezzo è interessante per la struttura d’insieme …..pre finale pirotecnico con la chitarra solista spiegata e sorretta da una ritmica incalzante, finale arpeggiato dal tono malinconico . La varietà di idee ed intriganti soluzioni negli arrangiamenti sono la caratteristica dei brani di ALGOL 3 e, quindi ,giù ancora da “L’ISTINTO” (3.a traccia) in poi orecchie tese a cogliere le “trame musicali “ tessute da questi ragazzi che dimostrano una caratura tecnica e una forza compositiva di squadra…..rimarchevoli ! Mostratetevi, dunque, “ALGOLIANI”, abbassate le vostre emissioni per il breve volger di 4 righe e forniteci le coordinate …..Marcantonio Quinto e Gianfranco Caruso, “addetti alle pulsazioni”,rispettivamente alla batteria/percussioni e al basso, Gianluca Marcantonio e Tony Miolla, “indefessi disboscatori cosmici” con i loro “raggi stringati”, le loro ascie... insomma chiamiamole semplicente…chitarre, Ivano Greco , “cerimoniere”, addetto alla creazione – gestione-mantenimento delle “atmosfere musicali d e l l ’ a s t r o ” in dipendenza delle sue manipolazioni tastieristiche. continua a pag. 22 01100 Viterbo P.zza Verdi, 2/A - Tel./Fax 0761.347651 e-mail: [email protected] Centro Commerciale Tuscia - Tangenziale Ovest - Tel. 0761.390013 e-mail: [email protected] 01030 Vallerano (VT) Via Don Minzoni, 58 - Tel./Fax 0761.751551 e-mail: [email protected] 01033 Civita Castellana (VT) Via Giovanni XXIII, 28-28A - Tel./Fax 0761.517951 e-mail: [email protected] 00169 Roma Centro Commerciale Casilino - Via Casilina, 1011 - Tel. 06.23260306, Fax 06.23279988 e-mail: [email protected] 63037 Porto D’Ascoli (AP) Centro Commerciale Portogrande - Via Pasubio, 144 - Tel./Fax 0735.753665 e-mail: [email protected] 70124 Bari Centro Commerciale Carrefour - Viale L. Pasteur, 6 - Tel./Fax 080.5382652 e-mail: [email protected] Campo de’ fiori 11 SIN CITY USA, 2005; regia di Robert Rodriguez, Frank Miller; interpreti: Bruce Willis, Jessica Alba, Cliwe Owen, Benicio Del di Toro, Rosario Maria Cristina Caponi Dawson, Mickey Rourke; sceneggiatura: Frank Miller; fotografia: Robert Rodriguez; produzione: Frank Miller, Robert Rodriguez, Elizabeth Avellan; produzione: Buena Vista; durata: 2h e 4’. Il background della truculenta metropoli Sin City è contrassegnato da un iperbolico chiaroscuro che sferra scudisciate di cruda violenza verso lo sguardo voyeuristico dello spettatore, inchiodato atterrito alla sua poltrona. Lo stile contrappuntistico dell’intero lungometraggio reca in calce la firma del disegnatore americano Frank Miller, autore dell’intera saga che dal 1991 miete successi di vendita nell’ambito del mercato fumettistico. Nel seguente film d’effetti speciali, il regista texano Robert Rodriguez ha fatto confluire tre dei sette volumi che compongono l’intera epopea di Sin City (per la precisione Sin City, Big Fat Kill, That Yellow Bastard. L’episodio All’inferno e ritorno, in primis affibbiato alla verve attoriale di Johhny Depp, è stato successivamente cancellato dalla sceneggiatura e vedrà possibilmente la luce solo nel sequel). Nella fumosa città del peccato, perfetto archetipo scenico di film noir anni ’40, seppure con succulenti spunti di derivazione espressionistica, si aggirano le bieche esistenze di disillusi eroi, consapevoli della loro condizione di perdenti. Infatti, il pubblico si trova di fronte: al poliziotto generoso afflitto da disfunzioni cardiache (Bruce Willis), al playboy dal volto tormentato (Cliwe Owen), al galeotto deviato psichicamente, ma risoluto a vendicare l’unica donna che lo abbia amato (Mickey Rourke), e, infine ad una banda di sadiche prostitute rivestite di pelle. Scintillante il cast costituito da star e starlette, in bilico fra un polveroso declino e una rapida ascesa. Vibrante l’interpretazione del redivivo Mickey Rourke, che per guadagnarsi la sua parte ha dovuto sottostare quotidianamente a due ore e quaranta minuti di seduta al trucco prima delle riprese, in modo da valorizzare un profilo più mascolino. Strabiliato dai miracoli del make up, anche l’attore Benicio Del Toro si è prestato allo stesso trattamento per l’applicazione dei due pezzi principali: la fronte-naso e la mascella-mento. Per quanto riguarda le protagoniste femminili della pellicola, queste donne si pongono decisamente agli antipodi rispetto alle angeliche presenze decantate nella Vita Nuova di Dante; anzi, sono per lo più attrici adolescenti appropriatamente poco vestite, in modo da evidenziare le loro giunoniche curve. Decisamente efficace la tecnica utilizzata dal filmaker Rodriguez per riprendere il lungometraggio. Infatti, egli si avvale di un digitale ad alta definizione, che oltre ad essere in grado di assecondare la sua fantasia, gli permette di ridurre considerevolmente le spese di produzione (per altro, immediatamente recuperate già a partire dal primo week end di programmazione, sugli schermi americani). Inoltre, bisogna anche menzionare un altro artificio scenico a cui il regista ha fatto ricorso: bandendo le panoramiche sensazionali, ha diretto la recitazione degli attori, imponendo ai divi patinati di Hollywood di masticare le loro battute, avendo alle spalle unicamente un green screen; vale a dire un anonimo telo monocromo, sostituito, in fase di montaggio, da uno sfondo adeguato. A rendere ancora più preziosa ogni filigranata inquadratura di Sin City ha concorso anche un preciso gioco di luce-ombra, teso ad isolare ogni oggetto, indispensabile nel tratteggiare la psiche del personaggio, come ad esempio le cicatrici di cui si fregia il lurido volto di Mickey Rourke. Naturalmente, sia la critica nostrana, che quella d’oltreoceano ha puntato sull’identità iperviolenta di quest’opera, cercando moralisticamente di mettere al bando il seguente film; ma, sarebbe forse più utile e indubbiamente più doveroso, verso l’autore Frank Miller, estrapolare il lungome- traggio dal contesto dei tipici film d’intrattenimento a base di testosteroni e, calarlo nella dimensione extratemporale e finzionale, tipica dei racconti a fumetti. Certamente non è possibile catalogarlo come un prodotto adatto a qualsiasi target; unico consiglio per lo spettatore che si accinge a recarsi al cinema: munirsi di una buona dose d’ironia e lasciarsi travolgere dai personaggi del plot per due ore e quattro minuti. Tranquillizzatevi, vi aspetta poi un sereno ritorno alla realtà. Campo de’ fiori Roma che se n’è andata: luoghi, figure,personaggi 13 Trastevere e la festa de noantri Soltanto alla fine dell’Era Repubblicana Trastevere comincia a coprirsi di edifici e case di abitazione destinate, prevalentemente, a lavoratori e piccoli commercianti quì attirati dalle attività economidi Riccardo Consoli che collegate al Tevere ed è in quest’epoca che il Rione si trasforma in un immenso quartiere abitato da vasai, operai delle manifatture del cuoio e dell’avorio, ebanisti, mugnai dei molini ad acqua, fornaciai delle fabbriche di laterizi, facchini dei numerosi magazzini e depositi. La viabilità sulla sponda destra del Tevere era garantita da due strade assai antiche entrambe dirette al Ponte Sublicio, il primo ponte che la Storia dell’Urbe ricordi e, a partire da questo punto, divergevano la Via Campana in direzione sud e la Via Aurelia in direzione ovest. La prima di queste strade dirigeva verso le saline alla foce del Tevere per costituire, più tardi, il primo tratto della Via Portuensis; assai meglio riconoscibile è oggi il tracciato della Via Aurelia poichè corrisponde esattamente all’attuale Via della Lungaretta. Questo Rione ha conservato nel corso dei secoli le sue originarie caratteristiche, ovverosia l’aspetto e il carattere di povertà e di provvisorietà che lo ha sempre distinto dal resto della città e che ne ha determinato anche la tipologia delle costruzioni e la disposizione della rete viaria; un ammasso disordinato di case e casupole distribuite lungo un groviglio di vie e viuzze con, in mezzo, le primitive Chiese di Santa Maria in Trastevere e San Crisogono. Con l’avvento di Papa Giulio II, Giuliano della Rovere, 1503 - 1513, vennero ultimati due assi viari la cui costruzione era stata iniziata da Papa Alessandro VI, Rodrigo Borgia, 1494 - 1503, corrispondenti all’attuale Via della Lungara e Via della Scala; con l’apertura di queste strade il Rione si trasforma e Santa Maria in Trastevere, su cui esse convergono, diviene il centro dello stesso. Caratteristica questa, che si accentua con la costruzione di un ulteriore asse viario corrispondente Via San all’attuale Francesco a Ripa voluto da Papa Paolo V, Camillo Borghese, 1605 - 1621. Malgrado l’apertura di queste nuove strade il Rione mantiene, nel corso dei secoli successivi, quel carattere popolare poiché non diviene mai residenza di Cardinali, non vengono edificate chiese sontuose nè palazzi per la grande aristocrazia papalina, tutto ciò fino a quando, nel corso del XIX secolo, viene costruito Ponte Garibaldi e realizzato il Viale di Trastevere per congiungere Via Arenula con la Stazione ferroviaria. In questo, che è uno dei più bei quartieri di Roma, nel mese di luglio si celebra una festa dedicata alla Madonna che, a partire dagli anni venti del secolo scorso, diventa la Festa de noantri in contrapposizione a voantri che abitate in altri quartieri. Le origini della festa sono avvolte nella leggenda si racconta, infatti, che dopo una furiosa tempesta nei pressi della foce del Tevere alcuni pescatori, a metà di luglio di un anno imprecisato, pescando sulle rive del Tevere, raccolsero nel fiume una cassa al cui interno giaceva una preziosa Statua della Madonna in legno di cedro ed estasiati dalla bellezza della Vergine, si affrettarono a trasferirla nella Chiesa di Sant’Agata dove ancora oggi risiede. Da quel giorno, il sabato successivo alla festa del Carmelo, viene celebrata quella che è la maggiore festa religiosa e popolare superstite a Roma; la Statua della Madonna fiumarola viene portata in processione dalla chiesa in cui risiede attraverso le strade del Rione fino a raggiungere la Chiesa di San Crisogono dove rimane esposta per otto giorni per poi fare ritorno, con un’altra solenne processione, nella Chiesa di Sant’Agata. La processione era organizzata anticamente dalla Compagnia dei Vascellari, artigiani che plasmavano i boccali di coccio e le brocche per servire il vino nelle osterie; oggi è appannaggio di trenta confratelli dell’ Arciconfraternita del SS. Sacramento e di Santa Maria del Carmelo che, con un tradizionale saio bianco, portano la Statua della Vergine attraverso le strade del quartiere. L’impronta festaiola della celebrazione, un tempo caratterizzata dalla presenza dei Vascellari e dai loro boccali colmi di vino, non è andata perduta infatti alla festività della Vergine si affianca la Festa de noantri alla quale partecipa tutto il quartiere con bancarelle, mercatini e Osterie che dispongono i tavolini lungo le strade aperte a tutti i visitatori, manifestazioni e teatri ambulanti capaci di attirare l’attenzione dei turisti molto spesso ignari della ricorrenza cristiana, numerosi i venditori di cocomeri e grattachecche. Un giornale inglese ha recentemente pubblicato un articolo con il quale avverte il lettore che qualora avesse voglia di vedere qualcosa di eccitante ed originale non può che assistere alla festa religiosa che si tiene in un quartiere di Roma nota anche con il nome di Festa de noantri; in questa occasione Trastevere si trasforma in un gigantesca Trattoria all’aperto dove si consumano quintali di alimenti ed ettolitri di bevande e dove cantanti e stornellatori forniscono l’intrattenimento. Peraltro, è bene ricordare come questo Rione sia passato alla storia anche per la presenza delle sue antiche Trattorie divenute sempre più conosciute e frequentate pur non potendo, molte di queste, vantare illustri origini in quanto sorte come semplice ricovero per i marinai del vicino Porto di Ripa Grande che vi si recavano per mangiare qualcosa in tutta semplicità. E’ ancora doveroso ricordare la figura dell’Oste trasteverino che, con la sua costante presenza, l’innata simpatia e, naturalmente la sua cucina, ha contribuito non poco ad incentivare la presenza di gran parte degli Artisti la cui frequentazione, nello scorso secolo, è testimoniata dai loro nomi che fanno bella mostra sulle pareti di questi locali inorgogliendo, va da sè, gli attuali proprietari. Dice il Poeta: “…qui è dove l’òmo se conosce, ar foco / qui ar fornello un talento che scutrina / la prima scola in terra è la cucina / er più stimato personaggio è er coco…” Molte di questi locali hanno avuto l’onore e il privilegio di essere citati da quell’innamorato di Roma in generale e delle Osterie in particolare, che fu Hans Barth; dopo le alterne fortune degli inizi del 900’, anche grazie alla sensibilità e lungimiranza di quegli Osti queste Osterie perdettero via via quella loro particolare trasandatezza per acquisire nuova dignità derivante, in alcuni casi, dall’essere divenuti privilegiati luoghi di ritrovo di Artisti e Intellettuali. Peraltro questa festività, proprio per il modo come è oggi gestita, si è nel tempo trasformata, tanto che, accanto agli eventi religiosi, si alternano spettacoli, iniziative culturali e passeggiate tra banchetti di dolciumi, giocattoli e piccole curiosità, viene criticata da una parte degli stessi romani. Si è osservato, che non interessa che la festa sia una esposizione di bancarelle con i soliti articoli da festa paesana, o che si tenga il pur elettrizzante concertino della fanfara dei Bersaglieri o che sia, insomma, una fiera di paese piuttosto squallida. Piacerebbe, invece, che a tutto ciò si potesse unire la rievocazione delle belle feste romane di non molto tempo addietro quali, per esempio, il Lago a Piazza Navona o a Piazza Farnese oppure qualche bella Processione con i Sacconi o il Palio delle bufale o qualunque altra cosa che possa servire per fare risorgere la Roma de ‘na vorta, sia pure per pochi giorni o, addirittura, per lo spazio di un mattino. Campo de’ fiori 14 il KARATE e i bambini Il Karate-Do offre al giovane praticante l’opportunità di raggiungere un armonico equilibrio tra corpo e mente; in esso ritroviamo infatti tutte le comil M.Carlo Mercuri ponenti psicomotorie essenziali. La grande ricchezza del bagaglio tecnico comprende, oltre alla razionale ginnastica preparatoria (taiso), esercizi individuali (Kihon e Kata) e a coppie (Kumite). I primi insegnano al bambino come sfruttare al meglio le potenzialità del proprio corpo e gli permettono di acquisire fiducia in se stesso grazie al continuo superamento di quelli che considerava limiti invalicabili. Con i secondi il bambino impara a gestire i rapporti interpersonali, a riconoscere nel compagno una persona a lui uguale e diversa, a creare con una combinazione di solidarietà e collaborazione un clima di amicizia e profondo rispetto. Con il passare del tempo la mentalità acquisita durante le sedute di allenamento viene fortemente interiorizzata fino a diventare regola di vita. E’ facile quindi comprendere come i valori enfatizzati nella pratica di questa disciplina possano essere sfruttati in ogni momento della propria vita per affrontare lo studio, i rapporti interpersonali e ogni tipo di ostacolo con la serenità che deriva dalla fiducia nei propri mezzi e con il rispetto per se stessi e per gli altri, sicuro indice di una profonda maturità interiore. La lezione per bambini, si svolgerà in un clima in cui tutte le opportunità di apprendimento sono inserite in un contesto di gioco e di divertimento; il bambino in tal modo non è forzato ad acquisire comportamenti che non siano quelli propri della sua età, per cui l’apprendimento è gioioso e solo in minima parte indirizzato ad un fine strettamente specifico. Il bambino che pratica Karate percepisce gli aspetti esteriori, gioca sostanzialmente, non si pone particolari obiettivi, così noi utilizzeremo il Karate per fargli acquisire una perfetta padronanza del corpo, sviluppando la propriocezione, le capacità coordinative, ma soprattutto per favorire il rapporto con gli altri e lo sviluppo della capacità di socializzazione. Il Karate è dimostrato da tempo che allena le doti di autocontrollo, di volontà e di correttezza. E’ una disciplina che valorizza i principi morali e fisici, affina l’educazione, l’irrobustimento del corpo e sviluppa le capacità di concentrazione e volontà. Ai bambini viene insegnata, inoltre, la corretta postura del tronco, che previene e cura processi di deformazione della colonna vertebrale; non vengono forzate le articolazioni e, nonostante l’acquisizione di un’ottima elasticità, non vi è mai prevalenza di alcuni gruppi muscolari su altri (premessa indispensabile per una crescita fisica corretta). Dal momento che le capacità di coordinazione e la rapidità si sviluppano fortemente in questo primo periodo di vita, risulta di fondamentale importanza favorirne lo sviluppo con programmi adeguati. Ciò acquista un significato educativo primario poiché è stato dimostrato che un bambino ben coordinato ha un rapporto con l’ambiente molto più sereno ed equilibrato ed una sicurezza e fiducia in se stesso, che l’accompagneranno per tutta la vita. CARTA DEI DIRITTI DEL BAMBINO SANCITA DALL’UNICEF …il Bambino ha il diritto … -Di divertirsi e giocare come un bambino -Di fare sport -Di beneficiare di un ambiente sano -Di essere trattato con dignità -Di essere allenato e circondato da persone qualificate -Di eseguire allenamenti adatti ai propri ritmi -Di misurarsi con giovani che abbiano le stesse probabilità di successo -Di praticare sport nella massima sicurezza -Di partecipare a competizioni adeguate -Di avere tempi di recupero -Di non essere un campione DAL 1° SETTEMBRE SONO APERTE LE ISCRIZIONI PER L’ANNO 2005/2006 Campo de’ fiori Capranica, antico centro del Viterbese sulla Via Cassia, in direzione di Viterbo, conserva poco fuori del centro urbano antico, una chiesa di rara e suggestiva bellezza nota come Madonna del Piano, perché l’area si cui sorge fu sede di grazie e miracoli avvenuti nel lontano 1558. Di tutte le realizzazioni poste nei vari centri del viterbese e attribuite al Vignola, la paternità dell’opera in esame è stata scientificamente accertata grazie a dei documenti rinvenuti in importanti archivi. Il primitivo nucleo originario della chiesa mariana, di impianto e derivazione francescana – una vasta aula rettangolare ad unica navata absidata edificata dalla Confraternita Laica dei Cacciatori, diventa famosa nel 1558 “per grazie e miracoli”, tanto che il Cardinale Ranuccio Farnese, governatore di Capranica, visita la chiesa e la affida ai Padri Agostiniani, che decidono di ricostruire l’edificio religioso con nuove forme e vestigia, affidando il progetto al celebre architetto Jacopo Barozzi detto il Vignola, già al servizio dei Farnese. Il 6 Agosto 1559, il priore della Confraternita presenta alla comunità di Capranica il primitivo progetto del Vignola: una chiesa a pianta centrale, a doppia abside, con una grande cupola centrale e collegata ad un convento. I lavori della chiesa iniziano nel 1560, mentre le opere di realizzazione del complesso conventuale inizieranno soltanto nel 1589. I lavori di edificazione si protarranno dal 1560 al 1585, non senza difficoltà tecniche e di finanziamento, secondo una consuetudine tipica della fabbriche del tempo. Nell’Aprile del 1630, compaiono delle pericolose lesioni sulla volta della cupola e del cornicione esterno, ma non vengono presi alcuni provvedimenti. Il 3 dicembre 1631, l’edificio vignolesco crolla definitivamente e la ciesa viene comunque prontamente ricostruita nella forma attuale, certo in tono e forme minori, ma conservando la facciata, l’unico elemento superstite della fabbrica vignolesca, rimasta intatta nel crollo del 1631. Nella composizione della facciata, il Vignola utilizza tre campate, di cui quella centrale più grande, intervallate da quattro paraste joniche, sorreggenti un cornicione a doppia fascia modanata, con scritta centrale, e sormontato da un timpano triangolare, di chiara derivazione classica. Presenta, inoltre, il vano rettangolare con timpano triangolare del portale di accesso con finestra inginocchiata superiore e due finestre cieche negli specchi laterali. L’intero sistema poggia su di un modesto stilobate. 15 Capranica - la chiesa della Madonna del Piano (1559) Architetto Jacopo Barozzi detto Il Vignola (1507-1573) Nel timpano sommitale troviamo un finestrone circolare, in asse con la croce superiore, che conclude visivamente l’intero sistema. Il Vignola utilizza, dunque, nella progettazione della facciata un modello classico, quello del fronte di un tempio greco, secondo una consuetudine tipica delle chiese del rinascimento maturo. Nella stessa si rivela, inoltre, il magistrale utilizzo del tufo a faccia-vista, composto a blocchi rettangolari su letti di malta cementizia esigua e lineare. Se la facciata, opera autografa del Vignola, è l’elemento chiaro e leggibile, di difficile ricostruzione risulta l’impianto tipologico originario, purtroppo andato distrutto nel crollo del 1631. Nell’articolazione tipologica originaria, secondo alcuni rilievi della chiesa eseguiti nel XVI secolo, il Vignola utilizza una pianta centrale ad asse longitudinale, chiaramente costituita da un quadrato di base con due absidi semicircolari poste lungo una delle mediane e con lo spazio architettonico interno che si caratterizza all’esterno con quattro pronai nelle facciate, formati da quattro e sei paraste joniche, rispettivamente sui lati corti e lunghi. Altra caratteristica formale della facciata è la presenza di due piedistalli rettangolari, posti in corrispondenza delle due paraste laterali, tanto da far pensare a un Attico superiore, forse andato distrutto nel 1631 e non più ricostruito, oppure basi di sculture dedicate a Santi della chiesa. Con il crollo della chiesa nel 1631, la pianta circolare viene sostituita con un impianto, quello attuale, ad un’unica navata con sei cappelle rettangolari, non comunicanti – tre per ogni lato – con un’abside terminale su cui si colloca l’altare maggiore. L’unica navata presenta il mirabile soffitto ligneo a cassettoni, con rilievi in oro e riquadri dipinti con motivi a grottesca. La chiesa della Madonna del Piano è con Palazzo Farnese, il massimo capolavoro del Vignola, che tante opere ha lasciato nel viterbese che attendono di essere scientificamente studiate. Simbolo di devozione religiosa, con il Santuario della Madonna del Ruscello a Vallerano, e’ il più importante centro mariano dell’area dell’ Alto Lazio. Prof. Arch. Enea Cisbani Via della Repubblica, 6 Civita Castellana (VT) Tel e Fax 0761.51.32.17 e-mail: [email protected] Campo de’fiori E arrivata una scuola di danza Tuccio Rigano Con l’entusiasmo di dare ai giovani la possibilità di studiare la danza, nelle varie tecniche e discipline, in modo professionale e qualificato, il 15 Settembre aprirà a Civita Castellana la Honey Dance, un’autentica scuola di danza, diretta dal Maestro Tuccio Rigano e che vedrà, come insegnanti, nomi illustri del mondo ballettistico, quali lo stesso Tuccio Rigano, Fabrizio Bartoli, Annamaria Perilli e Roberto Procaccini. La scuola ha come scopo di promuovere la vera danza, arte del movimento e dell’espressione del corpo, e di insegnare agli allievi i valori della perseveranza, concentrazione e disciplina, sempre fondamentali e necessari in ogni campo. L’ambiente scolastico è nato e pensato esclusivamente per la danza, con una pavimentazione tecnica adatta al tipo di studio, con grandi sale climatizzate, angolo biblioteca e cineteca, dove gli allievi potranno studiare teoria guardando video di repertorio ballettistico e discutendo le varie fasi e le varie tecniche con l’insegnante. Nel corso dell’anno lavoreranno al fianco degli insegnanti e degli artisti ospiti, come i ballerini professionisti dell’ AID – Roma. All’interno della scuola è stata, inoltre, costituita una compagnia di balletto, Comapagnia di Balletto Honey, formata da insegnanti ed allievi dei corsi avanzati, che porterà in scena rappresentazioni ed opere di danza e che darà la possibilità agli allievi di danzare con ballerini professionisti, con lo scopo di dar loro una valida formazione professionale. La scuola Honey Dance, associata con la FEDERDANZA A.I.D.A.F. AGIS, potrà rilasciare regolari diplomi, validi anche per un eventuale futuro lavoro. Ogni anno verrà inoltre assegnata una borsa di studio. Dal 19 al 30 Settembre la Honey Dance offrirà lezioni gratuite di prova di classico, pas de deux, moderno, Hip Hop e propedeutica. Il fatto che a Civita Castellana nasca una vera scuola di danza, con docenti professionisti e di chiara fama, è affascinante e stimolante soprattutto per quei bambini che vogliono incontrare, per la prima volta, il mondo della danza e che, con un’ottima formazione e disciplina, scopriranno, nei virtuosismi dei loro corpi, l’eleganza dei movimenti e le più intime emozioni che solo questa disciplina può dare. Ci auguriamo che la scuola possa ottenere un forte consenso e che, negli anni, porti lei stessa un contributo alla cittadina di Civita Castellana: … la nascita di una stella della danza. Calendario lezioni dimostrative: -Lunedì 19 e 26 Settembre Lezione di Classico e Popedeutica -Martedì 20 e 27 Settembre Lezione di Pas de Deux -Mercoledì 21 e 28 Settembre Lezione di Modern Jazz -Giovedì 22 e 29 Settembre lezione di Hip Hop si è diplomato ballerino professionista nel 1970 dopo aver frequentato corsi alla scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma. A soli quattordici anni già esordiva in ruoli solistici nel corpo di ballo dello stesso Teatro e a diciannove anni diveniva Primo ballerino. Dal 1972 ha sempre interpretato ruoli da protagonista in tutto il repertorio ballettistico del Teatro della Capitale. Tra i balletti interpretati con grande successo di critica e di pubblico ricordiamo: Don Chisciotte, Schiaccianoci, Il Lago dei Cigni, Carmen, Giselle, La Bella Addormentata, Cenerentola, La Fille mal gardée, Romeo e Giulietta, Coppelia, Les Silphides, Excelsior. Inoltre ha danzato ruoli principali anche in balletti del repertorio Blanchiniano: Apollon Musagete, Sinfonia in Do, I 4 Temperamenti e in tutto il repertorio moderno, neoclassico e contemporaneo. Dal 1977 ha iniziato la carriera di libero professionista danzando in quasi tutti i teatri italiani e come Etoile ospite in grandi compagnie straniere, tra le quali: London Festival Ballet (19761977), American Ballet Theatre of New York (1978). Tuccio Rigano ha lavorato con grandi coreografi e maestri come A.M. Molloss, L. Massine. S. Lifar, Y. Grigorovich, M. Renault, Y. Kalijusny, Z. Prebil ed altri. Ha danzato in coppia ed in cast con grandi danzatori di fama mondiale: R. Nurejev, V.Vassiliev, F. Bujones, E. Maximova, N. Makarova, C. Fracci, P. Bortoluzzi, E. Terabust e tanti altri. Per la sua carriera ha ricevuto svariati premi e riconoscimenti, tra i più importanti: Premio A. De Curtis, Premio Davide di Donatello, Il Sagittario d’oro, Il Premio Positano per la danza ed altri. Dal 1981 si dedica all’insegnamento ed alla coreografia e nel 2000 ha ottenuto la cattedra di Pas de Deux all’ Accademia Nazionale di Danza a Roma. Roberto Procaccini ha studiato danza all’Accademia Nazionale di Danza a Roma, alla Scuola di Ballo Teatro dell’Opera, alla Scuola di Ballo di Franco Miseria ed infine si dedica ad un lungo perfezionamento di Hip-Hop. Partecipa a trasmissioni televisive come Casaraiuno, Mattina in Famiglia e Nessun Dorma (un programma con Paola Cortellesi); è presente in Videoclip per Paola Cortellesi e in un Video per Celine Dion; è solista nel corpo di ballo in Tour con Massimo Ranieri e in serate con la cantante Anna Betz. Gira dei Video negli Stati Uniti per il cantante Lionel Ritchie con coreografie di Luca Tommasini, partecipa a tour di Claudio Baglioni, Mara Venier e Fiorella Mannoia. Ottiene il primo posto in diversi concorsi nazionali ed internazionali di Hip-Hop ed è vincitore del premio “Migliore promessa 2004 settore professionisti”. 17 Fabrizio Bartoli intraprende gli studi di danza classica, dall’età di undici anni, presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma. Nel 1987 incontra il Maestro Victor Litvinov che ne intuisce le potenzialità e, sotto la sua guida, lo induce a proseguire gli studi ed il perfezionamento presso il National Ballett of Canada. L’esperienza canadese e l’insegnamento del Maestro Litvinov consentono a Fabrizio Bartoli di entrare a far parte del Ballett de Marseille diretto da Roland Petit, che in quegli anni presentava la sua nuova versione della Bella Addormentata che venne poi rappresentata in tutta Europa. Vince il premio del Concorso Internazionale Vignale Danza, entra a far parte della compagnia Teatro Regio di Torino, in qualità di primo ballerino. Nel 1993 viene chiamato dal coreografo Franco Miseria e partecipa al programma televisivo di RAI 2 “Serata d’Onore” dove riscuote un grande successo. Per tutto il 2004, viene invitato da Lorca Massine, autore e coreografo del celebre balletto Zorba il Greco, a far parte della compagnia Teatro Wielki dell’Opera di Varsavia. Nella compagnia Bartoli interpreta in qualità di “etoile” tutti i ruoli del repertorio classico e partecipa al tour internazionale di “Zorba il Greco”, interpretando il ruolo di “John” a lato di figure come lo stesso Massine, Raffaele Paganini e una serie di storiche performances a Parigi (Palais de Congres), Rio de Janeiro (Teatro Municipal), San Paulo (Teatro Central) e Buenos Aires (Luna Park Palacio) con Vladimir Vassiliev e la conduzione del grande Maestro e Direttore Mlkis Theodorakis. Nel 1995 riceve il premio “Danza Si” come nuova promessa della danza italiana. Nel 1997 entra, come primo ballerino stabile, al Grand Theatre de Genève, dove rimane per tre stagioni. Nel 2000 Fabrizio Bartoli inizia la sua attività di insegnante di danza classica e apre, a Roma, un suo spazio del quale è Direttore e responsabile del settore classico. Nelle ultime due stagioni è stato maestro ospite della compagnia “Notre Dame de Paris” durante il periodo di permanenza a Roma della compagnia stessa. Dal 2005 è impegnato come primo ballerino in coreografie di Tuccio Rigano ed insegna presso l’ AID di Roma (corsi per professionisti). Anna Maria Perilli ha studiato danza classica e jazz presso la scuola di danza “Balletto Oggi”, diretta da Mariella Rana. Ha poi perfezionato i suoi studi con Bryan Poer e Tuccio Rigano per la danza classica, Susanna Feltrami per il contemporaneo e Silvio Oddi per la danza jazz. Ha partecipato a diversi stages con maestri di dichiarata fama mondiale. Vince il premio per il miglior livello tecnico nella categoria jazz al Concorso Nazionale “Star of Tomorrow” a Bari ed una borsa di studio presso il Music Art & Show di Milano. Nel Dicembre 1998 ha vinto il Concorso Nazionale “Stars-Print” a Fiuggi ed il premio per la migliore Coreografia da lei eseguita al Concorso Nazionale “Trofeo Stefania Rotolo” a Palermo. Ha partecipato ad alcuni programmi televisivi tra i quali “Uno Mattina”, su Rai Uno, è stata solista nella Compagnia di Silvio Oddi nello spettacolo “Odissea” nelle stagioni 20012002, nella Compagnia Euroballetto nel 2003-2004, nella Compagnia Nazionale del Balletto dal 2003 ad oggi e nella Compagnia Danz’Art diretta da Franco Franchi nella stagione 2004-2005. Anna Maria Perilli si dedica all’insegnamento in alcune importanti scuole di danza, tra le quali l’ AID di Roma. 18 Campo de’ fiori Amarcord In una delle tante forre che circondano Civita Castellana, nel punto in cui si congiungono i due piccoli fiumi Rio Purgatorio e Rio Maggiore, dove ora a far da padrona è una ricca ed intrecciata vegetazione, che custodisce gelosamente i ricordi ed i vissuti di un tempo lontano, esiste una vecchia mola, una volta fonte di vita di una grande famiglia. Per accedervi bisogna uscire dal centro storico, scendere per Via Porta Posterula, una delle quattro vecchie porte d’accesso alla città e, superata la stessa, percorrere una breve “tagliata” etrusca, fino alla congiunzione dei due fiumi. L’antica mola apparteneva alla famiglia Midossi, ma era più nota come “La mola de’ Biscotto”, soprannome attribuitogli dagli abitanti civitonici a riprendere quello della fami- ‘a mola de’ Biscotto glia stessa. Essa era composta dai fratelli Francesco e Umberto e dalle loro rispettive famiglie. I figli di Francesco erano Ilio, Celeste e Liliana, quelli di Umberto erano Felice (che da sempre, insieme ai suoi figli, esercita l’attività di panettiere nel centro storico), Ulderico e Edgarda e per tutti, indistintamente, perfino per i figli di quest’ ultimi, esiste un segno di riconoscimento … … quello di appartenere alla “casata dei … Biscotto”. La mola sembra sia stata costruita dai nonni di Francesco e Umberto ed aveva varie funzioni. L’attività principale era quella della macina del grano, ma esisteva un’altra piccola mola in cui venivano macinati i colori che sarebbero serviti per i prodotti ceramici delle industrie civitoniche. Infine veniva svolto il lavoro di torchiatura delle olive per la produzione di olio. Lungo la forra che ospitava la “mola de’ Biscotto” si aprivano profonde grotte che, in tempo di guerra, furono il rifugio di questa famiglia per scampare ai bombardamenti. Il ricordo della guerra è ancora vivo nella mente di Ilio, il figlio di Francesco. Egli ricor- da benissimo quando le bombe riuscirono a raggiungere la forra e la paura gli stringe ancora il cuore nel ripensare al giorno in cui una di esse, scoppiandogli vicino, lo riempì di terra e ne restò quasi soffocato. I fiumi che alimentavano la mola, seppur piccoli, erano ricchi di pesce e questo, insieme al ricavato della mola e a quello che riuscivano a scambiare con la farina, era il sostentamento di tutta la famiglia. Spesso le famiglie più povere del paese, distrutte dalla miseria e dalla guerra, si recavano presso la mola a chiedere un po’ di farina, che non veniva mai negata, nonostante ci fossero già tante bocche da sfamare all’interno della famiglia stessa. Ma il componente più importante della famiglia Midossi era l’ asino. Questo serviva a svolgere tutti i lavori di fatica e, per la lunga salita che conduce al paese, veniva caricato di sacchi pesantissimi di farina, tanto che la povera bestia si fermava spesso, ostinandosi a non voler più proseguire il suo cammino, nonostante fosse sollecitato continuamente per mezzo di un frustino. Ancora oggi, quando si vede una persona piagata per qualsiasi motivo gli si dice “hai 99 piaghe come l’asino di Biscotto”, proprio in riferimento alle sollecitazioni fisiche che l’asino doveva subire. Lungo questa forra si viveva la vita quotidiana, i bambini vi andavano a giocare, gli uomini vi coltivavano i loro orti. Oggi non esiste più niente di ciò che era un tempo, la forra è divenuta ricettacolo di immondizia e sporcizia. Eppure in questi luoghi c’è tutto il nostro passato, tutta la nostra cultura. Peccato che non si sia mai pensato di recuperare questi bellissimi spazi immersi nella natura, per creare percorsi che potrebbero essere molto educativi, anche per le nuove generazioni, per evitare che la nostra storia rimanga sepolta nel passato. Cristina Evangelisti Campo de’ fiori 19 Una vacanza particolare Ma si, nella vita quotidiana quante volte vorremmo dare un calcio a tutto e a tutti, liberarci dai “lacci” che ci costringono (co…stringono) ad una esistenza sempre più programmata, lontana da quell’improvvisazione che la renderebbe più appetibile alle papille gustative così nascoste, ma così presenti nella nostra lingua. E allora, giunti alla tracimazione inevitabile di questo contenitore arrugginito, raccogliamo tutte le rimanenti energie, ed apriamo le paratie di quella diga così particolare nella sua struttura, che è la nostra vita. Voglio andar via, andarmene per una settimana, lontano dalla pazza folla, riscoprire me stesso, fare come mi pare. Chi di noi non lo ha mai pensato? Tutti, ma chi lo ha fatto veramente? Pochi… Non è facile, perché il trovarsi all’improvviso fuori dai canoni che da sempre regolano e scandiscono il ritmo della nostra quotidianità, ci fa sentire impauriti e spaesati. Ma ecco che, dopo l’incertezza iniziale, prendi il coraggio a due mani, ti abbandoni al tuo istinto e……, cominci a guardarti intorno. Metti uno zoom davanti ai fenomeni che la natura ti propone: ti emozioni all’alba, quando vedi spuntare la palla di fuoco che viene ad illuminare la tua giornata che si era persa nel buio della notte. Ti rattristi al tramonto quando quella palla, calando all’orizzonte, lascia spazio alle antiche paure di ogni essere vivente. Ti stai liberando dall’ingranaggio che per troppo tempo ha stritolato i tuoi sentimenti, stai riscoprendo (ri…scoprendo) il valore della tua vita. Una vita finora etichettata, marchiata dal codice a barre del consumismo, come un prodotto da supermercato, che prelievi direttamente dallo scaffale. Poi, vai direttamente alla cassa veloce, dove non fai la fila, e non paghi nulla perché porti tra le mani un prodotto senza prezzo. Alessandro Soli Il personaggio misterioso Vi invitiamo ad indovinare il personaggio misterioso riprodotto nella foto sotto. I primi cinque che lo identificheranno e ne daranno comunicazione in redazione, avranno diritto a ricevere un premio offerto dalla Profumeria Paolo e Concetta: Bar Alessandrini snc di Alessandrini B.e C. Via Vincenzo Ferretti, 86 Civita Castellana (VT) Tel. 0761.518298 Protegge i tuoi valori Silvia Malatesta - Via S. Felicissima, 25 01033 Civita Castellana (VT) Tel.0761.599444 Fax 0761.599369 [email protected] 20 Campo de’ fiori Una gloriosa tradizione gastronomica chiamata Il Ferro di Cavallo Nel varcare la soglia del delizioso ristorante di Monterosi (VT), sorto il 1° Agosto 1994, si ha la sensazione di essere a casa propria. Candele su ogni tavolo, un meraviglioso camino, un bar, vari “ricordi” di viaggio dei signori Roberto Lippi e Maria Gabriella Aita (i proprietari), la cura di ogni minimo particolare ce la rendono davvero a cura di amabile. La cosa che Loredana Filoni e più aggrada il nostro Francesco Antenore palato è il tipo di cucina che la signora M.Gabriella cura personalmente, in ogni suo aspetto, sia dal punto di vista salutistico, sia da quello “visivo”, che non guasta. Qui si servono piatti sempre nuovi, di volta in volta ed a seconda del periodo dell’anno. E’ una cucina di alta qualità e genuinità. I prodotti sono tutti di primissima scelta: pomodori, olio extra vergine di oliva, sale iodato. Inoltre, i signori Lippi, hanno eliminato le tradizionali friggitrici, sostituendole con il forno a raggi infrarossi (da non confondersi con il forno a microonde): si bagnano i prodotti con l’olio e si cucinano in questo forno. Il risultato è ottimo! Le varie specialità hanno spesso, come base, i funghi porcini dei vicini Monti Cimini ed il tartufo di Norcia. Da provare i “cuori, baci e abbracci”: ravioli di formaggio con aggiunta di miele e gorgonzola, il tutto guarnito con spinaci freschi. E che dire delle “Spianarelle del Ferro di Cavallo” con funghi porcini e pancetta affumicata…!?! Una vera delizia! Per quanto concerne le carni, sono tutte nazionali, maremmane per la precisione, eccezion fatta per l’entrecote che è argentina (ottima anche questa). Chi optasse per la pizza qui trova il suo regno! Vari tipi, ma, soprattutto, “taglie forti”: la pizza “normale” è già più che abbondante, se poi si vuole “esagerare” c’è la maxi-pizza (tre volte il peso di quella normale). Da sottolineare che i piatti vengono preparati tutti al momento! Ottima carta dei vini, circa settanta, per tutti i gusti e tutte le tasche. L’ambiente è tranquillo e fresco, d’estate. I signori Lippi molto cordiali e ospitali. Si cena al lume di candela. I coperti sono sessanta. Il riposo settimanale si effettua di Mercoledì e Giovedì. Il ristorante è provvisto, a pochi metri, di un ampio parcheggio. Per una cena romantica, fra amici, di affari, ricorrenze varie, è un luogo da “gustare” fino in fondo! i signori Roberto e Maria Gabriella Campo de’ fiori 21 Una stella appena nata è già piena di luce di Sandro Anselmi L’associazione Una mano al tuo ospedale onlus, è nata il 10 Marzo 2005 su lodevole iniziativa di alcuni promotori medici di base, medici ospedalieri, personale paramedico e semplici cittadini. I suoi soci fondatori sono: Donato Di Donato, Gino Giuseppe Giuri, Comincio Faggiani, Marco Granatelli, Andrea Brunelli, Calogero (Carlo) Drogo, Enrico Simoni, Mara Sprega, Adalgisa Ricci, Rocco Fersini, Fabrizio Pinardi, Gaspare (Guido) Milazzo, Costante Patrizi, Mario Sardi, Ugo Baldi, Luciano Caregnato. Il Presidente è Luciano Caregnato, il Presidente Onorario Sua Eccellenza Mons. Divo Zadi Vescovo, il Vicepresidente Carlo Drogo. Gli scopi dell’associazione sono: 1) promuovere ogni tipo di iniziativa finalizzata a migliorare l’assistenza degli utenti che si rivolgono all’ospedale di Civita Castellana; 2) promuovere iniziative per il miglioramento della struttura alberghiera, della diagnostica strumentale e di laboratorio. Come mi riferisce l’amico Carlo Drogo, attivissimo vicepresidente, la campagna di sensibilizzazione verso la cittadinanza, fra l’altro arricchita da riuscitissimi eventi-spettacolo, ha dato già numerosi e tangibili risultati, e la prodigalità di diverse aziende locali ha già arricchito l’ospedale di preziose attrezzature. E’ doveroso ricordare nella catena di solida- rietà, il primo e secondo circolo didattico, la Coop Tirreno, L’UPAV-CNA, la Ceramica Cielo, la Ceramica Sanitas, la Mobil10, la ditta Zeppilli Luciano, la Ceramica Catalano con la sua donazione di ottantaquattro comodini porta vivande, la Ceramica Simas con i ventiquattro letti a snodo regolabili e la ditta Colavene con i quarantotto letti sempre a snodo regolabili completi di accessori. Vanno aggiunte le centinaia di cittadini che hanno contribuito all’acquisto di varie attrezzature ed arredi per alcuni reparti dell’ospedale. Drogo aggiunge che la disponibilità e la collaborazione degli operatori dell’Andosilla, ha reso fin d’ora possibile un miglioramento dell’assistenza ai malati ed agli utenti dell’ospedale stesso e mi confida che le prossime sfide saranno l’acquisto dell’apparecchiatura per la risonanza magnetica, l’istallazione di condizionatori d’aria nel pronto soccorso e degli apparecchi TV nelle sale di attesa nei vari reparti, oltre il completamento dell’arredo delle camerette (costo di un solo letto € 830,00 più IVA !!). Tutti questi miglioramenti possono scongiurare la chiusura o il ridimensionamento del nostro ospedale, attorno al quale ruotano ben tredici comuni che, perciò, dovranno essere coinvolti. Una mano al tuo ospedale continuerà a lavorare per raggiungere sempre importanti obiettivi grazie alla solidarietà delle aziende, delle istituzioni, delle attività economiche e di tutti i cittadini. La sede è a Civita Castellana Piazza Matteotti n. 26, nei locali gentilmente concessi da Sua Eccellenza Mons. Divo Zadi Vescovo e aperta nel pomeriggio dalle ore 18 alle ore 20 , Tel. 0761.513273. Auguriamo tutto il meglio ad Una mano al tuo ospedale e ringraziamo il suo vicepresidente Carlo Drogo. 22 ...continua da pag. 9 Con “OSSESSIONE” ……..la “Stella” accentua la sua emissione ; un brano di presa ,che si “infila” nelle circonvoluzioni cerebrali , con un riff iniziale di chitarra ben affilato ,la successiva entrata dell’ugola, dal tono graffiante, di Mr .Minerba , emittente di un immaginario arco vocale in dissolvenza sull’entrata della “cavalcata forsennata “ che caratterizza l’intero brano , chitarre a sostegno ritmico , tastiere a diffondere profondità ,batteria e basso a pieni giri …….visualizzo, come fosse un video clip , un Tony Minerba ,capelli al vento ,abile “surfer spaziale” , intento a virare stretto e a dribblare asteroidi : bella discesa….. sonora ! Seguono “UOMINI” , un brano dall’avvio lento e severo , dalla sofferta introduzione della parte vocale , che ,a breve, decolla ed è , al solito , sospinto da tutta la “mercanzia creativa multitempo ” strutturata dalla “formazione Lucana” ! Un apertura affidata al piano –chitarra e voce, un’atmosfera tesa ,in crescendo , segna l’avvio della penultima traccia , “SALITA” . Conclude la prima fatica di ALGOL 3, una nostalgica ,intensa,minimale ballad , piano e voce , “JANNEY “ , dedicata a una “LEI” persasi nelle orbite del “pianeta droga” . Di seguito all’uscita de “IL SUONO ” aumentano le occasioni per ascoltare dal vivo la band ma si inseriscono situazioni di crisi a destabilizzare la line-up che sarà soggetta a degli avvicendamenti . La vigilia delle registrazioni del secondo capitolo musicale di ALGOL 3 , si presenta , pertanto , inquieta .Tuttavia , in pochi giorni ,tra settembre e ottobre del 2004, i ragazzi risolvono i loro problemi di for- L’Angolo misterioso Nella foto sopra è riprodotta una via di Civita Castellana. I primi tre che la identificheranno e ne daranno comunicazione in redazione, avranno diritto a ricevere un premio offerto dalla Vinicola Mancini Via M.Masci,19 Civita Castellana (VT) T.0761.513182 Ab.T.0761.517601 Campo de’ fiori mazione e si chiudono in studio per effettuare le sessions di registrazione di quello che sarà il nuovo cd dal titolo “EMOTIVAMENTE” …… sempre all’insegna di un’autoproduzione e autofinanziamento. La realizzazione che ne consegue , conferma ed amplia i motivi di interesse del loro progetto musicale .Cinque brani ,30 minuti di “nuove emissioni” , che stigmatizzano la qualità dell’esecuzione strumentale , le capacità canore di Tony Minerba , la meticolosità profusa negli arrangiamenti, gli influssi di generi già avvertiti nel “SUONO” , la descrizione di melodie a “presa rapida” che consentono un più facile approccio anche da parte di un pubblico a “ gradazione metallica moderata ” ma voglioso di “sollecitazioni sonore” dalla dinamica più ardita e di classe ….. testi ….. da “gente con la testa” che,come nel precedente cd testimoniano un impegno della scrittura da parte di Tony Minerba , verso i territori del disagio e del malessere sociale ,con racconti “sui generis” o riferibili a situazioni “vicine” . Come diceva SENECA …”non c’è una via facile dalla terra alle stelle” ……. ma i ragazzi di ALGOL 3 hanno piazzato ,con la loro “sporca dozzina di brani” , degli ottimi catarifrangenti ai bordi della “long way to the top” ! Formazione attuale : Tony Minerba : voce. Gianluca Quinto : chitarre. Marco Santarcangelo : basso. Ivano Greco : tastiere Marcantonio Quinto: batteria Per contatti : belf [email protected] Cd pubblicati : “IL SUONO” – 2003 (autoproduzione) “EMOTIVAMENTE” – 2005 (autoproduzione) Pillole di sapienza popolare Perché si dice: “…consolarsi con l’aglietto” ? Questo detto è di chiaro stampo contadino e…le sue origini sono da ricercarsi nel medioevo, quando peste e carestie scandivano il trascorrere del tempo. Alle porte dell’anno mille, i popoli italici vivevano per lo più di pastorizia ed agricoltura e non era raro vedere i raccolti devastati dalle intemperie o dalle feroci scorribande dei predoni, molto frequenti in quel periodo. I contadini, a causa della loro naturale vulnerabilità, erano i primi a pagare le conseguenze di questa “epoca buia” e, spesso, ridotti alla miseria, non avevano nulla da mangiare. Gli unici prodotti di cui la terra non risultava essere avara, erano il grano, da cui ricavavano il pane e l’aglio, pianta molto resistente alle condizioni meteorologiche estreme. Questa povera gente, spesso, per rendere gustoso quel pane che non lasciava tracce del suo sapore nei palati affamati, usava strofinarlo con dell’aglio. In questo modo sembrava di mangiare qualcosa di “diverso”. Anche oggi questo detto indica il rassegnarsi ad una disgrazia pensando che sarebbe potuto andare peggio. Dott. Ing. Erminio Quadraroli Campo de’ fiori 23 Cari amici la storia di Noel si arricchisce sempre più di nuove avventure. Conservate gli inserti e... buona lettura dai vostri Cecilia e Federico Soggetto e testo: Sandro Anselmi continua sul prossimo numero ... ... Campo de’ fiori 24 Due grandi scienziati italiani di origine civitonica Gli studi pionieristici nel settore della farmacologia in Italia devono molto a due illustri figli di Civita C a s t e l l a n a : Giuseppe Colasanti ed Attilio Bonanni. Il primo è a cura del stato uno scienziato Prof. Michele Abate di chiara fama, un grande studioso e ricercatore, un docente universitario di prestigio, il fondatore e il Direttore dell’Istituto di Farmacologia Sperimentale dell’Università di Roma. Il secondo, prima di diventare anche lui uno studioso e un ricercatore di notevole rilievo e un prestigioso docente universitario, è stato un’allievo tra i più promettenti di Giuseppe Colasanti. Ma Attilio Bonanni, oltre ad essere un suo validissimo allievo, era anche un suo concittadino, provenendo come il suo maestro da quella stessa terra falisca. Giuseppe Colasanti fu anche il fondatore della rivista “Archivio di Farmacologia Sperimentale “ sulla quale pubblicò un numero altissimo di studi, sia suoi quanto dei suoi allievi, tra i quali figurava per l’appunto quel brillante giovane originario come lui di Civita Castellana. Di quest’ultimo, a differenza del suo maestro, forse tra i civitonici c’è un qualche ricordo maggiore, in quanto sulla Piazza del Duomo, in pieno centro storico, si affaccia Palazzo Bonanni, mentre una strada, situata in una delle primissime zone di espansione urbana, porta da oltre mezzo secolo il suo nome. Invece di Giuseppe Colasanti i civitonici, con tutta probabilità, hanno un ricordo più sbiadito o, addirittura fino a qualche tempo fa, nessun ricordo . Infatti, se non fosse stato per un suo profilo biografico, scritto dal dottore Valerio Conti di recente per il grande pubblico e perché alcune Scuole Superiori di Civita Castellana sono state a lui dedicate, quasi sicuramente la grande maggioranza dei civitonici avrebbe continuato ad ignorare l’esistenza di questo suo illustre concittadino. Per tali ragioni, pertanto, vediamo di tracciare un breve profilo di questo, in parte, ancora sconosciuto Giuseppe Colasanti, mentre di Attilio Bonanni, ne parla, in questo stesso numero, il Prof. Arch. Enea Cisbani. Giuseppe Colasanti vide i suoi natali a Civita Castellana il 20 Gennaio 1846. Ad appena ventidue anni si laureò in medicina e chirurgia ed iniziò subito con successo la sua attività medica, diventando presto aiuto in ambito ospedaliero. Nel 1871, a soli venticinque anni, divenne assistente di Anatomia Umana. Dal 1874 al 1880 fu assistente di Fisiologia Comparata sotto la direzione del Professor Francesco Boll che divenne suo grande estimatore ed amico. Come sottolinea Valerio Conti nel suo interessante profilo biografico del grande scienziato, “la sua vera passione era la ricerca scientifica e in particolare gli studi biologici”. Infatti, fu proprio in questo campo che acquistò una grande fama non solo in Italia ma anche all’estero. La farmacologia sperimentale compì grandi passi in avanti dalla metà dell’Ottocento ai primi decenni del Novecento. Non a caso, questo era il periodo in cui egli perfezionò i suoi studi e si impegnò a fondo in ricerche e attività di alto livello scientifico. Soggiornò per diversi anni a Vienna, a Bonn ed a Strasburgo e la sua opera ed i suoi studi ben presto, nel settore della farmacologia sperimentale, si rivelarono di grande importanza. Notevole fu l’attività di studio e di ricerca compiuta a Strasburgo nei suoi due anni di permanenza presso l’Istituto di Farmacologia Sperimentale, nel quale fu a lungo direttore il grande scienziato e ricercatore Osvald Schmiedeberg. Qui venivano studiosi da tutto il mondo e quando ritornavano nelle sedi di loro appartenenza, vi portavano i risultati preziosi delle sue idee e delle sue intuizioni. Tra questi c’era Giuseppe Colasanti che, attraverso i suoi studi sperimentali e le sue ricerche, ben presto divenne famoso nel mondo scientifico a livello internazionale. Indubbiamente, la sua permanenza a Strasburgo fu decisiva per i suoi lavori di ricerca. Tra questi grande risonanza ebbe la sua scoperta della formazione dell’acido urico nell’organismo umano. Quando rientrò in Italia Giuseppe Colasanti diventò Giuseppe Colasanti Professore Ordinario di Fisiologia e Farmacologia a Camerino e, successivamente, primo Professore Straordinario di Biochimica, allora denominata “Chimica Fisiologica”, una cattedra nuova ma rilevante che tenne per oltre un decennio. Tutte le sue ricerche furono originali e creative e segnarono una tappa importante nell’evoluzione della scienza farmacologica. Grande suo merito fu quello di sperimentare i nuovi farmaci di sintesi con metodologia moderna. Nel 1900 veniva chiamato ad inaugurare l’anno accademico all’Università di Roma, privilegio riservato solo ai professori più famosi ed illustri. Questo stava a dimostrare gli alti traguardi raggiunti come scienziato. Giuseppe Colasanti morì a Roma il 2 Gennaio 1903 e lasciò tutti i suoi beni ai giovani ricercatori dell’Istituto da lui fondato e diretto per poter continuare gli studi da lui iniziati. Giuseppe Colasanti nutrì un grande affetto per Civita Castellana, la sua città natale dove ritornava nei momenti liberi dai suoi tanti impegni di studio, ricerca ed insegnamento. A volte vi veniva in compagnia di quell’Attilio Bonanni, anche lui originario di Civita Castellana, suo allievo di grandi capacità e talento che – a sua volta – sarà un notevole ricercatore e un apprezzato docente universitario, nonché maestro di Pietro Di Mattei, scomparso nel 1994 all’età di novantotto anni, un altro grande scienziato nel campo della farmacologia in Italia. Campo de’ fiori 25 L’angolo ... cin cin ..continua dal n. 19 di Campo de’ fiori Sangiovese di Aprilia Questo vino è un caratteristico “rosato” della zona Pontina che deriva da uve Sangiovese per il 95%, con piccole aggiunte di vitigni complementari locali. La zona di produzione comprende l’intero territorio di Aprilia e, in parte, di Cisterna, Latina e Nettuno. Nel bicchiere il vino si presenta di colore rosato limpido, l’odore è caratteristico dell’uva Sangiovese, il sapore è secco ma alcolico e di buon corpo. E’ un vino assai duttile, largamente usato, da tutto pasto. E’ consigliabile in particolare sugli antipasti anche robusti e sulle minestre in brodo o asciutte, ma va anche sul pesce in umido, oppure sui fritti di mare. Trebbiano di Aprilia Questo piacevole bianco completa la triade dei vini di Aprilia. Si ottiene da uve Trebbiano Toscano e Trebbiano Toscano Giallo, più altre qualità di uve minori. Al bicchiere si presenta di colore giallo paglierino piuttosto scarico, l’odore vinoso è caratteristico del trebbiano laziale. Al gusto è delicato, armonico e alcolico, tendente talvolta all’amabile. E’ indicato con i frutti di mare e le insalate di pesce, con le zuppe di pesce, le uova e le omelettes; si adatta inoltre alle minestre asciutte non troppo salate. Castelli Romani Ci troviamo nella zona attorno a Roma e parte della provincia di Latina. Questi vini incarnano la tipica produzione di queste zone che ci regalano vini piacevoli e freschi. Le tipologie che possiamo trovare sono i Castelli Romani Bianco, Rosso e Rosato, l’Amabile e il Frizzante, che servono per esaltare al meglio le doti del vino semplice e serbevole, con profumi fruttati abbinati quindi, a preparazioni di cucina locale, magari durante una spensierata gita fuori porta con l’occhio che si perde tra le bellezze dei Castelli Romani. Colli Albani Ci troviamo in provincia di Roma. Le tipologie sono Secco, Abboccato, Amabile, Dolce, Novello, di Letizia Chilelli Spumante e Superiore. Quindi come vediamo la produzione avviene su larga scala. Al bicchiere si presenta di colore giallo paglierino, al naso è poco intenso e fruttato, con gusto fresco, poco caldo e debole di corpo. Lo possiamo abbinare ad antipasti di mare, fritto misto e lumache di San Giovanni. Colli Lanugini La zona di produzione comprende il comune di Genzano e parte di Lanuvio in provincia di Roma. Le tipologie sono Secco o Amabile e Superiore. Il colore è giallo paglierino, intenso e fruttato. Al gusto è fresco, di buona struttura che lascia sul finale un retrogusto ammandorlato che lo rende adatto ad abbinamenti con primi piatti della cucina di mare, verdure e pesci di lago o a ravvivare la colorata e famosa festa dell’Infiorata. Frascati La zona comprende il comune di Frascati e zone limitrofe, tutte in provincia di Roma. Questo vino è tra i più famosi del mondo ed è stato rivalutato negli ultimi anni. Ha un colore giallo paglierino più o meno intenso con sfumature dorate. Al naso è fruttato e floreale. Al palato è equilibrato con note di freschezza, discreta struttura ed adeguata persistenza gusto olfattiva. Si abbina a piatti della cucina locale. Marino Si produce a Marino, Castel Gandolfo e Roma. Questo vino è famoso poiché durante la festa dell’uva che si tiene proprio a Marino, la prima Domenica di Ottobre, esce dalla Fontana dei Mori come se fosse acqua. Al bicchiere si presenta di un colore giallo paglierino, al naso mostra profumo poco intenso, floreale e fruttato. Al palato è abbastanza fresco, poco caldo e di media struttura. Si abbina ai carciofi alla giudia, filetti di baccalà fritti e crostini con provatura e alici. Velletri Ci troviamo nei comuni in provincia di Roma e di Latina. In questa denominazione si trova il Rosso più importante delle zone dei Castelli Romani, ottenuto da Sangiovese e Montepulciano. Il colore è rosso rubino, tendente al granato nel tipo Riserva, con profumo intenso e fruttato che con l’invecchiamento raggiunge note speziate. Al gusto è secco, caldo e abbastanza tannico e di corpo, con una lunga persistenza gusto olfattiva. Il Velletri Rosso si abbina con salumi MELONE GOLOSONE vari, abbacchio e capretto, sia al forno che brodettati e fegatelli di Quando il caldo è opprimente, maiale. mangia frutta per il corpo e per la mente. Il Velletri Bianco ha scarsa personaliE per renderla più gradita, tà con profumo poco intenso, floreanoi gli diamo una condita. le e fruttato. Il gusto è fresco, poco Or ora un melone affetta, caldo, di medio corpo che rende quee puliscilo senza fretta. sto vino gradevole in abbinamento a In un frullatore mettilo a dadini, minestre di verdura, carciofi alla mataggiungi di marsala pochi cucchiaini. tuccela e zucchine ripiene. Come ho Unisci del latte e ghiaccio senza abbondare, detto all’inizio del nostro incontro, metti due fragole e inizia a frullare. elencare tutti i vini è impossibile, Dopo che qualche minuto è passato, spero però di avervi dato dei buoni versa in un bicchiere tutto il preparato. suggerimenti per andare alla scoperta di queste meravigliose bottiglie e Tu sei rapito dal suo odore, perché nò, di “sperimentare” tutti i prova a sorseggiare e sentirai che sapore! vini che sa offrirci la nostra regione. Ora che lo stomaco è allietato e pieno, (per la descrizione dei vini, bibliograchiudi gli occhietti e dormi sereno. fia: “Il Vino Italiano” Edizioni Associazione Italiana Sommelier”) Dott. Ing. Erminio Qaudraroli Associazione Accademia Internazionale D’Italia (A.I.D.I.) www.campodefiori.biz www.campodefiorionline.it www.accademiainternazionaleditalia.it ATTENZIONE ci è stato segnalato, da alcuni operatori commerciali di essere stati contattati per l’inserzione pubblicitaria delle loro attività su Campo dè fiori, da persone a noi sconosciute. Comunichiamo pertanto che le persone incaricate a qualsiasi titolo, da Campo dè fiori, dovranno essere munite di autorizzazione su carta intestata, debitamente firmata dal direttore e contenente i dati anagrafici dell’incaricato stesso. L’incaricato dovra inoltre esibire un documento di riconoscimento. Campo dè fiori è la più grande vetrina per i tuoi affari. La pubblicità su Campo dè fiori arriva e “porta bene” ed entra nelle case di milioni di lettori. TEL. 0761/513117 [email protected] Sede, Direzione e Redazione: Piazza della Liberazione n° 2 - 01033 Civita Castellana (VT) 28 Campo de’ fiori La depressione post partum Centro di Diagnosi e Terapia Neuropsichiatrica, Psicologica, Logopedica, Psicopedagogica Via T.Tasso 6/a - Civita Castellana (VT) Tel. 0761.517522 Nel vissuto di una donna la maternità è un evento di enorme portata psicoaffettiva, dal momento che in maniera permanente modifica la sua vita aumentandone le responsabilità a cura della Dott.ssa (Cox,1996) e Emilia Grassetti comporta grandi Psicologa cambiamenti dal punto di vista fisico, emotivo e sociale. In particolare con la nascita del primo figlio, questa fase della vita implica una revisione della propria identità e la necessità di rispondere alle costanti richieste del neonato. Nella nostra cultura la maternità è considerata un evento esclusivamente gioioso; la madre è felice per definizione e in questo stato trova la forza per reagire ai problemi grazie all’amore verso il neonato e il suo compagno. E le immagini della maternità che ci vengono proposte sono immagini di madri sorridenti e riposate con in braccio un figlio angelico. I miti della nostra cultura sulle gioie della gravidanza perfetta hanno una forte influenza sulle donne, creando spesso aspettative irrealistiche sul parto e sulla maternità. Le madri che vivono questo tipo di aspettative si sentono delle “fallite” quando sono in difficoltà e questo facilita l’insorgere della depressione. Nella nostra cultura non c’è una grande preparazione, né sostegno per le neomamme; in altre culture, al contrario, il diventare madre viene sancito anche con riti di passaggio che assicurano il sostegno sociale e rinforzano l’autostima,valorizzando lo status di genitore e dando un riconoscimento a questa fase di transizione della vita:il più significativo cambiamento di ruolo che la donna vive. Perché quando nasce un bambino, nasce anche una mamma che necessita di sostegno e di contenimento affettivo allo stesso modo del piccolo che ha generato. Dal momento che si vengono a trovare in un momento molto delicato, molte donne dopo il parto attraversano momenti di scoraggiamento e di demoralizzazione e il 10-20% delle donne cade nella Depressione post partum. I sintomi di quest’ultima si possono presentare fin dalle prime settimane dopo il parto o nei 5-6 mesi successivi e la depressione pervade tutta la giornata. Ecco che allora accudire il proprio bambino sembra un compito immane per il quale non si è mai sufficientemente adeguati e ogni pianto del bambino è la conferma della propria incapacità. La depressione post partum si compone di una gamma di sintomi, ai quali le madri spesso non riescono a dare un significato, ma che trovano opprimenti. In generale esse riportano i seguenti sintomi: *instabilità o sbalzi emotivi * pianti frequenti * lamentele somatiche * mancanza di energie * senso di inadeguatezza e pensieri pessimistici * dubbi e timori circa le capacità di prendersi cura del bambino * sentimenti ambivalenti verso di esso * senso di colpa, autobiasimo * ansia * sentirsi prive di valore * disturbi del sonno e dell’alimentazione * paura dei contatti esterni,chiusura * perdita di interesse sessuale * pensieri sulla morte e a volte sul suicidio sintomi che cosi vengono descritti dalle donne: “ogni cosa ha perso il suo colore!…piangerei sempre….agli altri interessa solo il mio bambino, non come mi sento io!…..perché mi sento cosi male adesso che ho questo bellissimo bambino?….Sono stanca,cosi stanca, tutto quello che faccio è una fatica…..non voglio vedere nessuno… non voglio che nessuno mi tocchi…sono confusa e annebbiata, sento che sto per esplodere!” E’ importante sottolineare la distinzione fra Depressione post-partum, Maternity blues e Psicosi Post-Partum, cioè gli altri due disturbi che si collocano dopo la nascita del bambino, differenti per tipologia e gravità dei sintomi manifestati. Il Maternity blues è la cosiddetta “malinconia della puerpera”, un periodo transitorio e frequente: l’80% delle donne presenta infatti una certa instabilità emotiva durante le prime due settimane dopo il parto. Anche il maternity blues è caratterizzato da tristezza, crisi di pianto,stanchezza, irritabilità, ansia nei confronti del bambino e inadeguatezza, ma la tristezza non permane per l’intera giornata, lasciando spazi liberi di sollievo. Il maternity blues è del tutto fisiologico e passeggero e nel giro di pochi giorni i sentimenti negativi passano e la donna può godere appieno della vicinanza con il suo piccolo. La Depressione Post Partum, invece, presenta una maggiore gravità e durata dei sintomi depressivi tanto che la depressione può essere riscontrata ben oltre i 12 mesi dopo il parto e va affrontata con l’aiuto di uno specialista. La Depressione risulta, invece, essere meno grave della Psicosi post-partum che richiede un immediato intervento psichiatrico. La Psicosi postpartum insorge nella prima settimana dopo il parto e risulta essere più rara:2 casi su 2000 nascite. Le donne con psicosi post-partum hanno un umore e comportamenti gravemente disturbati e presentano in genere confusione, agitazione, allucinazioni, disorganizzazione estreme e pulsioni infanticide. Ma quali sono le cause della depressione postpartum? Che segnali fanno prevedere quali sono le donne più a rischio? Il modello eziopatogenetico della depressione post-partum proposto dal professore Milgrom e dai suoi colleghi è di tipo biopsicosociale: include infatti fattori biologici, come una predisposizione ai disturbi premestruali e marcati cambiamenti ormonali;fattori psicologici,come esperienze familiari infantili e lo stile di coping e i fattori sociali ,come il ruolo della relazione di coppia e le aspettative della società. Vengono identificati cosi numerosi fattori che entrano in gioco contemporaneamente, rendendo più probabile l’insorgere della depressione post partum:interagiscono fra loro fattori di vulnerabilità e fattori scatenanti. I fattori di vulnerabilità che rispecchiano il fatto che alcune donne sono più soggette di altre alla depressione post natale, possono essere identificati in episodi precedenti di depressione maggiore e|o nella sindrome premestruale,nelle esperienze familiari, in eventi di vita negativi (aborti, perdita di un genitore..), in una relazione di coppia inadeguata. Relativamente ai fattori che scatenano, facilitano l’insorgenza della depressione post partum,questi sono di tre tipi: fattori biologici come un improvviso e considerevole calo nei livelli di estrogeni dopo il parto, livelli di stress collegati a eventi difficili (quali travaglio durato a lungo o parto cesareo, eccessive variazioni di peso, problemi finanziari) e variabili moderatrici dello stress (sostegno sociale e abilità di coping). E’particolarmente importante tener presente il contributo della valutazione cognitiva ovvero della percezione e della risonanza che si ha degli eventi di vita. I fattori socioculturali relativi alle credenze irrealistiche e ai miti sulla maternità agiscono sulla depressione post natale anche loro come fattori scatenanti e aggravanti. Una delle caratteristiche più impressionanti della depressione post partum è l’impatto che essa ha non solo sulla donna, ma anche su suo figlio e sul padre. Dal momento che di fondamentale importanza risulta essere la prima relazione fra madre e bambino per il successivo sviluppo del bambino stesso, la depressione materna interferisce con gli scambi comportamentali ed emotivi. E’ grazie a un ambiente basato sull’affidabilità e su un adeguato adattamento della madre ai suoi bisogni che il figlio sviluppa un senso di sé positivo (Winnicott, 1974;Davis e Willbridge, 1981). Continua a pag. 51 Campo de’ fiori 29 Come eravamo ‘a tombola giù ‘n piazza Sono passati gli anni, il consumismo e il progresso hanno ormai cambiato anche le abitudini della gente, ma ci sono alcune tradizioni, per fortuna, che continuano imperterrite a radicarsi anche nelle nuove generazioni. Una di queste è l’estrazione della tombola nella piazza principale del paese durante le feste patronali. La tombola, qui a Civita Castellana è inserita da sempre nel programma dei festeggiamenti, unitamente alla processione delle reliquie dei SS Martiri Marciano e Giovanni, alla Fiera di merci e bestiame, ed allo spettacolo pirotecnico finale. Essa veniva estratta come da tradizione il giorno della fiera, il 17 Settembre, giorno scelto ad hoc, perché frequentato da una moltitudine di gente giunta nella nostra cittadina per quell’appuntamento di acquisti, che poche volte si potevano fare durante l’intero anno. Lo scenario è rimasto lo stesso : Piazza Matteotti , il palco sotto il Palazzo Comunale, il cartellone di legno con i numeri dipinti da 1 a 90, l’urna contenente le palline di legno con incise le cifre che la mano innocente di un bambino estrarrà e porgerà al funzionario comunale, che a sua volta incaricherà “la voce” che avviserà il pubblico. E qui iniziano ad affiorare i ricordi: primo fra tutti la “voce” che per decenni ha caratterizzato le estrazioni delle tombole civitoniche. Quella possente, chiara e argentina del sor Umberto Ciucani, titolare del ristorante “ Il bersagliere”, che senza microfono , dalla loggetta del comune scandiva i numeri in un modo così originale da renderli quasi unici e vivi nello stesso tempo. Anni addietro, circolava una leggenda metropolitana riguardo alla sua estensione vocale: che i numeri venivano addirittura sentiti fino giù all’Ospedale Andosilla, dove i malati potevano seguire l’evento, anch’essi muniti della fatidica cartella. Certamente non c’era il traffico caotico di oggi, la gente era tutta in piazza, e allora questa, credo, sia più che una leggenda.Ho finora tralasciato, quasi volutamente le emozioni del momento, perché le trovate nella poesia pubblicata accanto, da me composta in occasione della tombola del 2004, ma permettetemi di aggiungerne altre: la caotica compilazione a mano con tanto di carta carbone delle cartelle (ora sostituita dalla carta chimica, che le copia direttamente), la spasmodica attesa della folla, impaziente per l’estrazione che ritarda sempre a causa di errori manuali sui registri, consegnati in comune e riverificati, le giocate dell’ultimo minuto, che ritardano la consegna degli stessi. Insomma è sempre stato e sarà sempre così, perché questa è la tombola, è una cosa viva, non è la solita, moderna lotteria, che ti regala forse premi più ricchi ed interessanti, ma non ti fa vivere l’emozione e la rabbia di Alessandro Soli tipica di chi ha mancato una cinquina o una tombola per un numero, di chi ha urlato insieme ai vicini di piazza, per farsi sentire di aver vinto, prima dell’estrazione del numero successivo. E’ difficile anche per me descrivere quello che si prova, però mi auguro che anche le nuove generazioni, trovandosi magari per caso in un piccolo paese, durante l’estrazione di una tombola, pensino a quanto è bello divertirsi senza ricorrere ad un video o ad una tastiera, e comunicare la propria gioia urlando e non digitando il freddo messaggino sull’ormai superaccessoriato cellulare. ‘A TOMBOLA GIU’ ‘N PIAZZA ‘A tombola più che andro è ‘n’occasione pe’ festeggià, Giovanni co’ Marciano pe’ rivedè giù ‘n piazza le persone qui pronte co’ ‘e cartelle ‘n mano. ‘O cartellò de legno è sempre quello, co’ i numeri perfetti, scritti ‘n nero, sarà ‘n po’ vecchio, ma è sempre bello, ‘o guardi fisso e pensi: io ce spero! Poi, se ‘ncomincia, se va pe’ la cinquina: te ‘rrabbi si te scappa quello doppo, fai lo stesso si te scappa quello prima, -Forza, smucìna, te pijasse ‘n corpo! E’ stata fatta la cinquina… ce speravi e te dispiace ‘n po’, fiducioso guardi l’ottantina: -Mò co’ ‘a tombola, me rifò! Hanno fatto pure tombola, che jella, mò c’è rimasto solo ‘o tombolino, quasi quasi, vorresti buttà via ‘a cartella, poi ce ripensi, e butti via ‘o stecchino. Poi’a condanna: senti ‘no strillo de qualcuno, ‘a gente che se move da lundano, te ‘ncazzi, perchè ‘nnavi pe’ uno, evviva Giovanni co’ Marciano! Alessandro Soli- 5 Settembre 2004 Album d Campo de’ fiori 30 Anni 50-60 Giovani civitoniche in gita a Tivoli insieme a Frate Mariani 1932- Terzo Campeggio Dux anno X foto del Sig. Oscar Ammannato 1950 civitonici in vacanza a Passoscuro foto del sig. Bruno Fontana Civita Castellana 23.03.1963 - foto della Sig.ra Ivana Soli 1954 Fabrica di Roma - foto della Sig.ra Lucia Gisella Bianchini dei ricordi Campo de’ fiori 31 32 Campo de’ fiori parte qualche incidente di percorso sempre in agguato, si è cercato di curare tutto nei minimi particolari, a partire, ad esempio, dal nome stesso. Il termine sinfonia, infatti, indica l’insieme dei suoni che si compenetrano per formare un’unica melodia e, in questo caso, vuole richiamare metaforicamente un insieme di persone che collaborano per un unico obbiettivo: l’essere solidali. Si è cercato di coinvolgere tutti attraverso iniziative giornaliere come tornei di calcetto e ping pong, visite ad anziani e ammalati, pranzi di solidarietà, spettacoli di animazione per i più piccoli, oltre alle serate in musica, che hanno costituito, tuttavia, il fulcro della festa. I festeggiamenti hanno preso il via giovedì 23, con la presentazione dell’ultimo cd, “La vela e il vento”, di don Giosy Cento, che non ha potuto portare la sua graditissima presenza tra l’affezionato pubblico corchianese, per problemi personali. A Raffaella D’Ubaldi e Massimiliano Isidori, suoi stretti collaboratori, è toccato l’arduo compito di sostituirlo. L’affiatata coppia è stata, senza dubbio, in grado di tener alto il suo nome, con brillanti interpretazioni. Ad impreziosire la manifestazione è stata la prima rassegna del premio “Cuore d’oro d’Etruria”, di cui sono stati insigniti numerosi volti noti, che si adoperano da sempre ad offrire il loro aiuto ai meno fortunati. Presentatore ferito a personaggi di un certo calibro. Il primo a ricevere il riconoscimento, sotto gli applausi scroscianti del pubblico, è stato Pino Ferrara, attore e regista di varie commedie teatrali e di film accanto ai grandi del cinema italiano: Peppino de Filippo, Aldo Fabrizi, Antony Quinn e da ultimo Lino Banfi nella fiction “Un medico in famiglia”, dove grazie al ruolo di Fausto, amico di vecchia data di nonno Libero, interpretato per l’appunto da Banfi, è stato nominato vice nonno d’Italia. A seguire l’attrice regista di opere teaufficiale della rassegna è stato Fabrizio Bracconeri. Molti lo ricorderanno nei panni di Bruno Sacchi nel telefilm italiano “La III C”, che gli diede la popolarità. Da qualche anno, invece, è impegnato nella trasmissione televisiva di Rete Quattro “Forum”, accanto all’instancabile giudice Sante Licheri. I lettori di Campo de’ fiori lo ricorderanno per una rubrica che lui stesso curava, qualche tempo fa, al suo interno. Una serie di personaggi famosi si sono susseguiti nelle tre serate. Erika del Grande fratello 5 è stata la prima a salire sul palco per ricevere il premio e raccontare qualche curiosità sui suoi ex coinquilini. Dopodichè la Alex’s Big Band ha concluso questa seconda serata di venerdì. La serata di sabato invece è stata animata dalla compagnia teatrale dell’Oratorio di Bracciano, alle prese con il musical tratto da “Forza venite gente”, che ha accolto largo consenso tra il pubblico. Il premio “Cuore d’oro d’Etruria”, ormai collaudato, ha visto protagonisti altri personaggi famosi. Primo fra tutti il direttore del nostro giornale Sandro Anselmi, accompagnato sul palco dall’inseparabile figlia Cecilia. Secondo premiato della serata è stato Billo, direttamente dalla trasmissione televisiva di Teo Mammuccari “Mio fratello è Pakistano”. A chiudere in bellezza la passerella Anonimo italiano, famoso per la sua forte somiglianza con Baglioni, in ottima forma, che ha voluto ringraziare e salutare il pubblico con due i brani cantati dal vivo. Durante l’ultima serata “Cuore d’oro d’Etruria” è stato affiancato da un altro prestigioso riconoscimento: “Cuore d’oro d’Italia”. A ricevere il consueto premio, assegnato anche nelle sere precedenti, sono stati due colleghi e amici di Bracconeri: Marco Senise, anche lui nella trasmissione televisiva “Forum”, dove appoggia Rita Dalla Chiesa nella conduzione e gira fra gli spettatori a raccogliere giudizi e Fabio Ferrari, con cui Fabrizio ha iniziato la sua carriera nel telefilm “La III C”, dove l’attore interpretava Chicco, compagno di classe e di avventure di Bruno Sacchi. Dulcis in fundo, “Cuore d’oro d’Italia”, con- trali che spaziano dal teatro classico al teatro contemporaneo, compagna nella vita da 19 anni di Carlo Croccolo, Daniela Cenciotti. E ultimo in ordine di tempo, ma non di certo di importanza, l’attore Carlo Croccolo, che ha fatto divertire più di due generazioni con una miriade di film che lo hanno sempre visto protagonista a fianco di interpreti straordinari come Totò, di cui fu anche ottimo doppiatore, Aldo Fabrizi, Nino Taranto, Peppino de Filippo, Walter Chiari. Tutti questi vip, incantati dalla tranquillità che si respira a Corchiano, si sono ripromessi di capitare più spesso a far visita al paese. I corchianesi sono ben disposti ad ospitarli. Veramente divertente, subito dopo le premiazioni, il breve spettacolo di cabaret del Mago Alivernini, che ha fatto ridere proprio tutti, già conosciuto da molti per la sua partecipazione in tv con la Compagnia del Bagaglino. Il gruppo musicale Generazione Musica, con il concerto “Prospettive di Pace”, ha avviato la serata conclusiva, ricca di ospiti d’onore, alla chiusura. Fuochi d’artificio a decretare la fine e suggellare la buona riuscita della manifestazione. Più che soddisfatti, sono rimasti tutti gli organizzatori ed i collaboratori che si augurano di poter ripetere ancor più brillantemente l’esperienza il prossimo anno. Ermelinda Benedetti foto Giulio Bianca 4^ a inaspettato, giornat Unmasuccesso sicuramente sperato, ha riscosso la di manifestazione “Sinfonia di Soà t e lidarietà”, che si è i r a svolta, per la prima solid volta, a Corchiano tra a n u il 23 e il 26 giugno, r pe organizzata dal grupa po Caritas-Unitalsi, dal parroco sinfoni donguidato Claudio Monarca. A Ospiti d’onore, uniti da un solo intento, trasformano Corchiano in una piccola Cinecittà. Campo de’ fiori ANNUNCI ECONOMICI GRATUITI PER PRIVATI a pagamento per ditte o società Tel. Fax 0761.513117 Cedola da ritagliare e spedire L’annuncio sarà ripetuto per 3 uscite, salvo diversa decisione della redazione TESTO 33 Compilate qui il vs annuncio gratuito e speditelo in busta chiusa a Campo de’ fiori P.za della Liberazione n. 2 - 01033 Civita Castellana (VT) oppure mandate un Fax al n. 0761.513117 o una e-mail a [email protected] (scrivere in stampatello e senza abbreviazioni)........................................................................................................................................ ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. 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Ogni bambino possiede dei ritmi personali: i primi dentini possono rimanere nascosti sotto le gengive per settimane, prima di spuntare, in altri casi possono fuoriuscire repentinamente senza alcun segnale premonitore. In linea generale, il primo dentino appare fra i tre mesi e l’anno di età, con una frequenza maggiore intorno ai cinque-sei mesi. Quando il dentino sta per spuntare, la gengiva cambia aspetto: si gonfia ed è arrossata e, toccandola, si sente una piccola protuberanza dura, di colore biancastro. L’irritazione è fastidiosa per il piccolo e causa dolore, rendendolo irritabile. In questa fase il piccolo può diventare inappetente, presentare una salivazione abbondante che è causata da una sensazione fastidiosa ed un senso di prurito, dovuti allo stiramento delle mucose gengivali e sente quindi il bisogno di Campo de’ fiori L’angolo del bebè La dentizione masticare e mordere per lenire il disagio. I dentini da latte sono 20: 4 incisivi, 2 canini, 4 molari per arcata dentaria. Si inizia con l’eruzione degli incisivi centrali, poi quelli laterali. Tra i dodici e diciotto mesi spuntano i primi molari e fra i diciotto e ventiquattro mesi i canini. La dentizione è completa fra i ventiquattro e trenta mesi con l’eruzione dei secondi molari. I denti si formano già nel feto, nei primi mesi di gravidanza, e alla nascita sono già tutti presenti. Per alleviare un po’ i fastidi ci sono diversi rimedi. Innanzitutto, in questo periodo, è importante giocare molto con lui e coccolarlo in modo da distrarlo un po’. Deve inoltre avere sempre qualcosa da mordicchiare. Si può, inoltre, massaggiare delicatamente, le sue gengive, dopo essersi lavate molto bene le mani, oppure, in alternativa, offrirgli un anello gengivale in gomma, posto precedentemente in frigorifero a raffreddare, dato che la bassa temperatura ha un’azione disinfiammante. Se è già capace di tenere in mano il cibo, possiamo dargli, d’estate, un pezzetto di anguria fresca e, in altri periodi un po’ di banana. In casi gravi si può applicare sulle gengive del piccolo, una crema od un gel dentale, da acquistare in farmacia. Questi preparati hanno il compito di anestetizzare lievemente la zona e favorirne la normalizzazione. Le cose, invece da NON FARE, in questo periodo sono le seguenti: limitare al massimo il consumo di zuccheri, le tisane zuccherate ed i dolci sono quindi, nei limiti del possibile, da evitare. Anche il miele rosato, unguento che un tempo si spalmava sulle gengive irritate, è oggi considerato cariogeno per i denti. Per favorire la dentizione non vi sono alimenti più indicati di altri, l’importante è nutrire il piccolo con buon senso ed equilibrio. Quando il bambino ha già qualche dentino, è necessario lavarli tutti i giorni. Si può passare sui dentini e sulle gengive con una garza, sulla quale è stato spalmato un po’ di dentifricio per bambini. E’ utile somministrare una certa quantità giornaliera di fluoro, in gocce o compresse. Intorno ai tre anni, quando la dentizione decidua è completa, portiamo il bambino dal dentista. Prima di portarlo, possiamo rendere l’evento meno traumatico, giocando insieme ad esaminare le rispettive bocche. Infine, abituatelo, quando è in grado di farlo da solo, a lavarsi i denti dopo mangiato. Il modo migliore per iniziare, è quello di dare voi l’esempio, lavandovi più spesso possibile i denti davanti a lui. Certamente lui cercherà di imitarvi facendo gli stessi movimenti e, in questo modo, si abituerà velocemente, ad usare lo spazzolino. Comprategliene uno con le setole morbide ed arrotondate. Campo de’ fiori 35 L’uomo che... “d’Amore Visse” “C’era una volta…” recitano le favole del tempo che fu. Eppure posso raccontarne anch’io una contemporanea, ma non troppo. Era il lontano 1923, di Erminio Quadraroli l’estate bussava oramai alle porte e a Ronciglione stava per sbocciare un fiore meraviglioso: il 17 maggio nasceva Francesco Marini, da tutti i ronciglionesi ricordato come Checco. Un uomo semplice ma di spiccati sentimenti che ha saputo coniugare il duro lavoro con il dolce piacere di “verseggiare”. La sua prima poesia intitolata “Ronciglione sotto la neve”, scritta nel 1929 fu un successo. Questo componimento valse al giovane Checco un diploma e medaglia d’oro per meriti di Avanguardista. Sin dalla sua infanzia ebbe la gioia di dedicarsi alla scrittura, ma ben presto conobbe il crudo significato delle parole “sopravvivenza” e “ incomprensione”. Costretto dagli eventi a lasciare la scuola, dopo aver conseguito il diploma di quinta elementare, abbandonò il mondo fanciullesco fatto di divertimento e spensieratezza per iniziare a lavorare. All’età di quindici anni lasciò la sua cara Ronciglione e i suoi genitori, che da sempre si erano opposti alla sua passione per Francesco Marini all’età di 16 anni lo scrivere, per fare fortuna, insieme al fratello maggiore, nell’isola di Pantelleria. Da questa isola così vicina all’Africa, il giovane Francesco con cadenza giornaliera, mandava i suoi versi ai familiari. Il tempo che inesorabile continuava il suo corso, gli fece conoscere la fatica, il distacco dai cari, e soprattutto l’Amore nei confronti di una fanciulla a cui, per timidezza, comunicò i suoi sentimenti solo con fiochi sguardi e…con quasi tutte le sue poesie di gioventù e…non solo. Ben presto diventò uomo, e il suo estro creativo lo portò a scrivere una poesia per un caro amico: “ Il treno se ne va”. La fatica, il lavoro e la guerra non indebolirono la sua passione di creare dolci versi, unico strumento a sua disposizione per alleviare le sofferenze. Ritornato a Ronciglione, si sposò con Giuseppa Anitori che gli donò quattro gioielli: Mauro, Bruno, Norma e Olimpia. Arrivò il momento della pensione e la sua voglia di scrivere conobbe una nuova forza, amplificata da un avvenimento molto importante: nascosti in soffitta ritrovò dei rotoli legati con degli spaghi contenenti tutte le sue poesie, scritte nel periodo di lontananza da Ronciglione. In uno vi era un biglietto scritto con una calligrafia amica: “ Come vedi, ti ho conservato tutto! Tua madre”. Quella donna che tanto lo aveva ostacolato, l’aveva reso la persona più ricca del mondo dimostrandogli che non era stata lei ad opporsi alla sua passione, ma gli eventi di quegli anni che non avrebbero potuto regalargli una sorte migliore. Questo fu un periodo molto felice per la sua penna. Usando come studio un giardino e come poltrona una sedia di giunco intrecciato, scrisse poesie come “Cormorano del Golfo” e “Un giorno” con le quali vinse rispettivamente il “Premio del ceppo” a Pistoia nel 1991 e il “Premio Giacomo Leopardi” a Roma nel 1994. Nel periodo compreso tra il 1991 e il 1998 i successi si moltiplicarono, vincendo il “Roncio D’oro”, il “ Premio Grazia Deledda”, il “Premio Alessandro Manzoni” e ricevette menzioni per altri premi internazionali tedeschi e spagnoli. Poi un giorno…quel treno sul quale purtroppo nessuno può rifiutarsi di salire, portò via il nostro concittadino Checco che scrisse d’Amore per la sua donna, per i suoi cari, per la sua città natia Ronciglione e…. d’Amore visse. Vogliamo ricordare Francesco Marini riportando la sua prima poesia, scritta all’età di 7 anni. Ad essa seguirono altre seimila poesie circa e undici libri: Ridon dall’alto i merli della rocca Ormai vecchi dai suoi carnevali Non scordano la sorte che gli tocca Cader nel vuoto, in tempi originali Il verno ora l’è giunto, ecco le nevi Graziosi strati, canditi elementi Le torri tinte da quei manti lievi Invitano a mirar con passi lenti Ovunque è bianco, i balconcini, i vasi Nel freddo intenso, ormai seccati e spenti E immacolata nel candor ti posi. Campo de’ fiori 36 Le (dis)avventure del Sig. G. Il Casalingo I bambini si erano già addormentati dopo aver scorrazzato tutto il pomeriggio in bicicletta. Il cielo conservava un barlume di chiarore, roseo, che resisteva stoico all’incedere del buio, regalando pochi ulteriori minuti a quella lunga giornata primaverile, calda quanto basta per potersi definire piacevole. Le finestre aperte lasciavano entrare il profumo del primo sfalcio d’erba dalle campagne vicine e il silenzio nei dintorni veniva rotto, a tratti, dallo sfrecciare delle auto che si perdeva in lontananza, o dalle grida dei ragazzini che giocavano a pallone nel cortile della palazzina. Tra qualche minuto avrebbero trasmesso una partita di calcio che si preannunciava tiratissima. Il Signor G. guardava distrattamente la tv allungato sul divano con le mani incrociate dietro la nuca: la sua posizione di massimo relax. Era una bellissima serata di maggio, di quelle che prediligeva in modo particolare: gli ricordavano i tempi della scuola e la spensieratezza che accompagnava le ultime interrogazioni dell’anno, nell’imminenza delle lunghe, liberatorie, vacanze estive. C’erano tutte le condizioni per renderla speciale: non ne ricordava una simile da almeno due anni a questa parte, da quando era arrivato A., l’ultimo nato. Pensò di mettersi le cuffie, tanto per isolarsi dal resto del mondo e far capire all’ unica persona ancora in grado di spezzare l’idillio di quei momenti (sua moglie), che non aveva assolutamente voglia di rinunciarci. Stava proprio, furtivamente, infilando il cavetto alla televisione quando, dalla stanza limitrofa, una voce sbucò da dietro una montagna di panni spiegazzati, lamentando stancamente:“ Mah! Certo che… una volta era diverso..... eri diverso !” <<Porca………!>> bisbigliò G. per non farsi sentire: gli si era gelato il sangue. Alzò gli occhi al cielo biascicando sommessamente altre imprecazioni indicibili, ma si rendeva conto che ormai solo un miracolo poteva salvarlo da un’ incombente diatriba casalinga. Ogni tanto la Signora D. tentava di rimettere in discussione i ruoli che si erano andati definendo con l’evolversi delle esigenze famigliari, specialmente dopo la nascita dei figli: d’altronde a rimetterci era stata quasi esclusivamente lei. Il Signor G. lo sapeva bene, ma non l’avrebbe ammesso neppure sotto tortura, continuando a negare l’evidenza ogni volta che l’ argomento tornava inevitabilmente in gioco. Usava sempre la stessa dialettica: inizialmente la assecondava, riconoscendo le possibili difficoltà del compito di impiegata-moglie-mamma, poi però portava il ragionamento sulle peculiarità fisiche e caratteriali che distinguono i sessi. Divagava tra l’ antropologico e l’adulatorio, argomentando :<< Da che mondo è mondo sono le donne ad accudire la casa…. se non lo facessero cosa sarebbe della società, dei valori, della famiglia.....lo ha detto anche il Papa...... >> e via dicendo. Poi la buttava sull’esortazione, sull’incoraggiamento:<<Vedrai, tornerai in splendida forma >> Alla fine, solitamente, concludeva il patetico predicozzo con un perentorio richiamo al dovere: loro (lui e i figli) avevano bisogno di lei, non c’erano grosse alternative, bisognava tirare dritto. Questa volta però era diverso: non aveva proprio alcuna voglia di ricominciare la commedia, sforzandosi intimamente di escogitare uno stratagemma qualsiasi perché le affermazioni della moglie potessero non avere seguito. Inizialmente pensò di non risponderle. Se voleva essere certo di non finire a litigare (la discussione poteva sfuggirgli di mano), se voleva che la moglie continuasse tranquillamente a stirare i panni (il completo buono gli serviva assolutamente per il giorno successivo), ma anche - soprattutto - se voleva vedere in santa pace la finale di Coppa Uefa, doveva tacere. Forse. Fare finta di niente e sperare che lei, non ricevendo risposta, percepisse la sua ritrosia al dialogo evitandogli ulteriori menate ? Nò, non se la sentiva di rischiare, non poteva affidare le sorti della serata alla -presunta- perspicacia di sua moglie. Decise di prendere tempo, il pavido, facendogli eco con un innocuo quanto ipocrita: “Che… ?!” Lei rincarò, a voce più alta: “Una volta era diverso. Anche tu eri diverso. Nò, anzi, per alcune cose sei cambiato e per altre nò: ad esempio sei sempre il solito egoista. Sì, per certi versi sei sempre lo stesso.” <<Porca………!>> impre- di Gianni Bracci cò nuovamente, sempre sottovoce. Era un colpo al cuore. Un pugno nello stomaco. La Signora D. aveva alzato il tiro e avrebbe dunque, veramente, sviscerato tutto il suo malanimo di lì a qualche minuto. G. sbirciò di sottecchi tra i panni spiegazzati per controllare se avesse già sistemato il completo che gli serviva: niente, non c’era ancora arrivata. Guardò l’orologio: mancava ancora qualche minuto all’inizio dell’incontro. C’era abbastanza tempo per una risposta che non doveva suscitare astio (altrimenti poteva scordarsi giacca e pantaloni stirati) ma, soprattutto, non doveva dare spazio a repliche (in caso contrario addio finale di coppa). La situazione era disperata, ma il Signor G. non si rassegnò, aggrappandosi alla pur remota possibilità di salvare la serata, rimise velocemente in moto il cervello appannato dalla pubblicità e chiese alla sua sagacia il meglio di sé. Capì subito che la complicata questione non poteva risolversi solo razionalmente, ci voleva di più: un mix esplosivo tra arguzia, creatività e malizia. In quei pochi millesimi di secondo nella sua mente un turbinio di parole, immagini e pensieri si arrovellarono finchè istintivamente gli scappò detto: “Anche tu sei cambiata per alcune cose e per altre no, ma ti voglio bene proprio per questo !” Incredibile! Neanche lui capiva bene come cavolo avesse fatto a partorire una scempiaggine simile: gli era venuta così, di getto, anche se, dalla reazione della moglie, capì subito che doveva essere stata una battuta di grande effetto. Lei non rispose continuando a ripassare meccanicamente il ferro rovente, mettendoci anzi maggior vigore. << L’ho distrutta !>> si disse G., sempre guardandola di traverso per non farsi scorgere. La Signora D. era evidentemente lusingata dall’implicito complimento che, tra le righe di quella frase, era eccezionalmente sfuggito al marito, non se lo sarebbe mai aspettato così diretto, spontaneo, disarmante. Lo salutò prima di andare a dormire. << E’ di buon umore >>, gongolava lui, stravaccato sul divano. Avrebbe voluto saltare per la gioia, ma non aveva senso farlo, per due motivi: primo, perchè aveva solo temporaneamente segnato un punto a suo favore; secondo, più importante, perchè avrebbe senzaltro tradito i motivi più reconditi che sottendevano l’azzecatissima risposta. Preferì godersi beatamente quei momenti, che comprendevano il completo stirato per il giorno dopo e la finale di Coppa Uefa, commentando tra sé e sè:<<Per questa volta è andata, domani chissà !>> Campo de’ fiori 37 Anna Rita Montanari, estetista specializzata nella cura del corpo e del viso, da anni mette la propria professionalità al servizio della clientela. Apre in questo numero una rubrica dove troverete piccoli consigli e informazioni sulle novità nel campo dell’estetica. L’estetica oggi riveste un ruolo sempre più importante. Stare bene con se stessi, curare la propria immagine, è il biglietto da visita con il quale ci presentiamo agli altri. Per questo è di fondamentale importanza sentirsi bene e essere visti con un accento positivo. Ovviamente per far si che questo avvenga c’è bisogno dell’aiuto di persone qualificate che sappiamo sempre valorizzare la nostra immagine e che sappiano dare i giusti consigli. L’estetista è colei che sa migliorare l’aspetto della persona che ha davanti, a volte, con un piccolo gesto, magari cercando di valorizzare quei piccoli inestetismi, fino a farli diventare punti di forza. Al ritorno dalle vacanze, per esempio, l’abbronzatura perde vitalità e spesso ci ritroviamo con il corpo squamato. Per evitare ciò c’è bisogno di sfatare alcuni miti. Non è assolutamente vero che lo scrub toglie l’abbronzatura, anzi, la mantiene e la rende più brillante. Dovrebbe essere fatto al ritorno, sempre con i giusti prodotti e nel modo specifico. La cosa che bisognerebbe sempre fare è rivolgersi a persone qualificate che sappiano dare una risposta sensata e concreta ai dubbi, senza incappare nei credo popolari, che nella maggior parte dei casi sono falsi. Lo stesso discorso vale anche per le giovanissime. Non dovrebbero mai affidarsi al prodotto pubblicizzato che promette di risolvere ogni problema, per loro ci sono prodotti specifici, in base al tipo di pelle. Anche per questo dovrebbero rivolgersi a persone esperte che, prima di consigliare un prodotto, sappiano fare un’attenta valutazione della pelle. E’ importante, in questi casi, diffidare da chi promette un’immediata soluzione, non esiste un prodotto miracoloso. E’ l’insieme di tante piccole cose che, con i trattamenti, fanno si che il risultato finale sia più vicino a ciò che la cliente si aspetta. La pulizia, la detersione della pelle sono fondamentali, non è giusto lasciarle al caso o sotto l’azione di prodotti non adatti. Ultimamente nel campo dell’estetica stanno cadendo molti tabù, forse perché le donne, ma anche gli uomini, si prendono cura del proprio benessere. La cura del viso e del corpo, finora ritenuta prerogativa delle donne, sta prendendo piede anche fra i maschi. Sotto l’influenza della pubblicità, anche gli uomini hanno iniziato a rivedere il rapporto con il proprio corpo e con il proprio aspetto. Gommages, autoabbronzanti, copriocchiaie, tinture, sono prodotti che ormai gli uomini usano senza complessi. Il look e l’aspetto fisico hanno molta importanza nella società di oggi e i tabù, connessi all’idea di virilità al naturale, stanno vacillando, in particolare fra i giovani. Anche se i peli sono simbolo di mascolinità, quando sono eccessivi creano un’immagine negativa sia per gli uomini che per le donne. Oltretutto la depilazione maschile presenta tre vantaggi da non sottovalutare: è utile nella pratica sportiva, riduce gli odori corporei e solletica il lato narcisistico celato in ogni uomo. In fondo il piacersi, il sentirsi bene, è sempre stato un punto di forza di tutte le società e culture. Il simbolo del bello e del salutare è stato presente in ogni espressione artistica giunta fino a noi. 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Qui si svolse uno dei duelli più divertenti della storia del cinema, quello in cui un intero campo di grano veniva falciato dai maldestri colpi di spada Luigi Sangiorgi con Alfio Cantalbiano inferti dai due duellanti, provocando anche l’abbattimento di un povero albero di quercia, a colpi d’ascia. Come promesso nella prima parte di questo articolo, consultabile su “Campo de Fiori” numero 18, voglio soffermarmi su uno dei personaggi del film, ovvero sul piccolo scudiero TACCONE, alias LUIGI SANGIORGI, cittadino di RONCIGLIONE (VT), che venne scelto quasi per caso, per interpretare questo ruolo. Mi sarebbe piaciuto fargli un’intervista personalmente, ma purtroppo non è stato possibile a causa della sua prematura morte, avvenuta nel da sx Luigi Sangiorgi (Taccone) - Folco Lulli (Pecoro) - Ugo Fangareggi (Mangold) - Carlo Pisacane (Abacuc) 1996. Cosi’ per ricordarlo ho incontrato sua figlia CRISTINA che gentilmente mi ha concesso una piccola intervista. Arrivato all’incontro con lei ho subito notato lo stesso sguardo profondo del piccolo “Taccone”, che ha suscitato in me un pò di imbarazzo, poi lei, timidamente, con gli occhi un pò arrossati dall’emozione, mi dice di essere felice di questa intervista e che per lei, tutte le volte che parla di suo padre, l’emozione si rinnova; come dargli torto. Allora Cristina, mi puoi dire come scelsero tuo padre per questo ruolo? Fu un caso, era il 1965. Mio padre in quel periodo, lavorava come cameriere in un ristorante vicino al lago di Vico; un giorno, si trovò a sua insaputa a servire al tavolo del regista Mario Monicelli e dello scenografo Piero Gherardi che si fermarono a mangiare in quel ristorante, durante i sopralluoghi per il film Brancaleone. Mio padre era un bambino molto vivace e quando nel pomeriggio, finito di lavorare, Monicelli lo vide saltare su un cavallo, senza l’ausilio della sella e delle redini, ebbe la conferma che quel ragazzino era proprio adatto per interpretare quel ruolo. Diventò così la mascotte del film. Dopo questo lavoro, tuo padre recitò per altri film? No, qualche anno dopo gli venne offerto di nuovo il ruolo dello scudiero, per il film “Brancaleone alle Crociate” ma la cosa non andò in porto. Ti raccontava spesso della sua esperienza di attore, oppure preferiva non parlarne? Si, era molto orgoglioso della sua esperienza di attore, basti pensare che ogni qual volta trasmettevano il film in TV lui era solito chiamare me e mia madre a qualsiasi ora del giorno; l’importante era sintonizzarsi sul film e raccontarci nuovamente le sue emozioni. Tuo padre, una volta finito il film, mantenne rapporti di amicizia con gli altri atttori? Si, mantenne contatti soprattutto con l’attore UGO FANGARECCI che nel film interpretava Mangold. Mi ricordo che veniva a trovare mio padre molto spesso, poi un giorno, arrivato qui a Ronciglione come di consuetudine, apprese dai miei famigliari, la notizia che il suo vecchio amico di” ventura” Luigi (Taccone) Sangiorgi, purtroppo era morto; fu un giorno molto triste. Mario Monicelli seppe della morte di tuo padre? Credo di no. Inconfondibili furono anche le musiche, firmate dal maestro Carlo Rustichelli il quale compose per questo film uno degli inni più famosi della storia del cinema, ovvero :BRANCA BRANCA BRANCA...LEON LEON LEON seguito da un forte fischio e un colpo di grancassa… impossibile non ricordarlo. Dovete sapere che il fischio che sentiamo nelle musiche del film, è il fischio uscito dalla bocca di Luigi Sangiorgi (Taccone). Voglio chiudere questo articolo immaginando quel piccolo gruppo di scalmanati, guidati da Brancaleone da Norcia in sella al suo ronzino Aquilante color giallo limone, destinato ancora oggi a vagare per sempre alla conquista di chissà quale altro feudo!!! Chissà se un giorno udiremo ancora urlare: .....AVANTI MIEI PRODI...... Campo de’ fiori 39 MESSAGGI Il 5 Agosto, per la gioia di mamma Cristina e di papà Sandro Fantini, è arrivata CHIARA tantissimi auguri dalle vostre famiglie e dalla redazione di Campo de’ fiori Tantissimi auguri di Buon Compleanno a Clementina Ricci che ha compiuto gli anni il 27 Agosto dal marito Giancarlo, la figlia Jessica e da tutta la redazione di Campo de’ fiori Mamma Clementina e papà Giancarlo augurano Buon Compleanno a Jessica Cosimo che ha compiuto gli anni il 14 Agosto. Anche noi della redazione ti facciamo tanti auguri Tantissimi auguri ad Alessandra Armagno che il 5 Agosto ha compiuto gli anni. Auguri da mamma, papà, Luca e Roberta e dalla redazione di Campo de’ fiori Sabato 6 Agosto 2005, presso la Basilica del Santuario della Verna, ha dato la Sua Professione di Fede Suor M.Elisa Spettich. Con gli auguri più grandi della famiglia, conoscenti ed amici e da tutta la redazione di Campo de’ fiori Tanti auguri da tutti i nipoti a zio Ermanno che il 2 Settembre ha compiuto il suo primo mezzo secolo di vita. Auguri a zio Ermanno da tutta la redazione Tantissimi auguri a Mario Raponi e Maria Zeppilli che l’11 Agosto hanno festeggiato 60 anni di matrimonio dai figli, il genero, la nuora, i nipoti e dal pronipote Stefano. Auguroni da tutta la redazione. 40 Campo de’ fiori Annunci -HOSTES DIPLOMATA operatrice turistica, offresi per Meeting, Congressi, Viaggi Città Nazionali - Esteri. Disponibile Shopping, Teatro e Tempo Libero. Pranzi e cene di lavoro. Max serietà, esclusi perditempo. 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La jeep è stata prodotta ( durante la 2° guerra mondiale) in centinaia di migliaia di esemplari; non si conosce la cifra esatta ma si aggira intorno ai seicentomila! Ma veniamo alla nostra domanda: perchè a questo mezzo è stato dato il nome di “Jeep”? La parola jeep non è nient’altro che la pronuncia in slang americano della sigla composta dalle lettere GP; se pronunciata in italiano diventerebbe gipi. Il dialetto civitonico l’ha poi trasformata in gippe. Adesso cercherò di spiegare perchè si è adottata la sigla GP. Fino a tutti gli anni settanta si è creduto che l’acronimo GP derivasse dalle specifiche di produzione del mezzo, dettate dal governo statunitense, le quali ordinavano che il mezzo militare doveva essere prodotto per scopi generali. Siccome in Inglese “ scopi generali” si traduce in “ general pourpose” la sigla GP è l’acronimo relativo. Da studi più approfonditi, emerse invece che le cose non stavano così. Infatti, a metà degli anni ottanta si scoprì la verità sull’origine della sigla in questione. Innanzitutto bisogna premettere che la Jeep non fu costruita da una sola casa automobilistica ma da tutte le industrie allora di una certa consistenza e negli USA se ne potevano già contare una decina. Tutte le case costruttrici si dovevano però attenere scrupolosamente alle specifiche dettate dal governo. All’occhio inesperto le jeep della 2° guerra sembrano tutte uguali, per gli esperti invece vi sono dei particolari che le distinguono. Non è difficile immaginare che l’industria automobilistica che ha prodotto più jeep sia stata la FORD, semplicemente perchè era la più grande negli USA. Ed è stata proprio la Storia e Geografia Qual’è il fiume più lungo d’Europa? i primi tre che la indovineranno e ne daranno comunicazione in redazione, riceveranno un simpatico omaggio offerto da SAMU Informatica VISITATE I NOSTRI SITI WWW.CAMPODEFIORI.BIZ WWW.ACCADEMIAINTERNAZIONALEDITALIA.IT WWW.CAMPODEFIORIONLINE.IT FORD che ha battezzato questo veicolo con la sigla GP. Ma perchè GP? Siccome la FORD costruiva veicoli per tutte le categorie di utenti, utilizzava delle sigle per identificare queste categorie. La sigla era composta da due lettere, e la lettera “G” era dedicata ad identificare i veicoli ordinati dal governo, “G” sta per GOVERNAMENT mentre la 2° lettera indicava le specifiche tecniche del veicolo. Il veicolo in questione veniva identificato con una “P” ecco pèrchè GP. Ovviamente anche le case costruttrici minori si dovettero uniformare al nominativo in sigla battezzato dalla FORD. Campo de’ fiori Omaggio ai bambini di Beslan Gentile redazione di Campo de’ fiori, chi vi scrive è una mamma di quattro bambini che si sta preparando ad affrontare un nuovo anno scolastico che comincerà tra un mese circa, ma non è per questioni scolastiche che vi scrivo. Lo scorso anno, il primo giorno di scuola, è stato rallegrato, per quanto riguarda le scuole elementari, da una festicciola con giocolieri e giochi per bambini, ricordo che l’atrio della scuola XXV Aprile era stracolmo di bambini sovreccitati, di genitori, di maestre e di animatori mascherati. In quel clima di festa, però, il mio pensiero è volato tristemente ad uno stesso primo giorno di scuola che pochi giorni prima si era svolto, o meglio si sarebbe dovuto svolgere, in una cittadina come la nostra, con dei bambini come i nostri, con una festa come la nostra, ma così non è stato a Beslan. Quel primo giorno di scuola si è trasformato in quella strage che tutti noi, atterriti, abbiamo seguito attraverso la televisione con immagini strazianti di bambini seduti su esplosivi, sotto gli occhi dei genitori disperati che li avevano accompagnati a scuola. Come andò a finire, purtroppo, lo sappiamo tutti: fu una strage. Non vorrei continuare a girare il coltello nella piaga, ma non posso non ricordarmi di quei piccoli angeli, ed è per questo che ho scritto questa piccola poesia per loro. Se vorrete pubblicarla sarà un omaggio per quei piccoli innocenti e per i loro parenti che, in questo periodo, sicuramente ripenseranno ancor più intensamente ai lori angeli scomparsi. 43 CI VOLEVA UNA MAMMA Ci voleva una mamma quel mattino che ti svegliasse presto e ti stirasse il grembiulino. Ed il profumo del dolce pronto per la maestra perchè era il primo giorno, un giorno di festa! Ci voleva una mamma che ti stringesse la mano che per strada sorridesse e ti portasse piano a ritrovare le facce dei tuoi amici sorridenti anche loro pronti, anche loro contenti... Ma poi tutto è cambiato, sono arrivati all’improvviso con le armi in mano e coperti sul viso, tutti vestiti di nero, vestiti di morte e urlavano tutti, troppo forte. Poi le lacrime, il caldo, la paura, il pianto e sperare che presto finisca tutto quanto, ma hanno portato le bombe e hanno chiuso le porte mentre il cuore batteva, batteva troppo forte Non è bastata una mamma a ripararti dall’urto mentre schegge impazzite spaccavano tutto bloccando la vita in quell’ultimo abbraccio, non è bastata una mamma, non è bastato il coraggio! Ci voleva una mamma per abbracciarli tutti liberarli dal male, liberarli tutti per portarli su in cielo, dove insieme agli angeli ora giocano felici i bambini di Beslan. F.POLEGGI Un grazie di cuore. F. Poleggi Indovina l’Artista Di lato è riportata una famosa scultura denominata “Mosè”. Sai dire chi l’ha scolpita? I primi tre che indovineranno e lo comunicheranno in redazione, riceveranno un simpatico omaggio offerto dal Centro Parati di Selli Vittorio Tessuti Via Rio Fratta, 11 Civita Castellana Tel. 0761.513946 44 Campo de’ fiori Civitonici illustri Il Prof. Attilio Bonanni (1869 - 1937) del Prof. Arch. Enea Cisbani Repubblica nella I^ legislatura che ha scritto la Costituzione. Un ruolo centrale e di primo livello spetta, senza dubbio, al Prof. Attilio Bonanni, nato a Civita Castellana il 31 Ottobre 1869, allievo del Colasanti, insigne scienziato e direttore dello Istituto di Farmacologia di Roma dal 1903 al 1937, anno della sua morte, allora collocato nella vecchia sede di via Panisperna a Roma. In quell’ideale Pantheon cittadino, semmai un giorno dovesse costituirsi, tante sarebbero le personalità che hanno dato lustro ed importanza a Civita Castellana: Mons. Francesco Maria Tenderini, promotore nel 1739 dei restauri del Duomo dei Cosmati, Mons. Roberto Massimiliani, Vescovo dal 1948 al 1976 in una fase politica delle più difficili come fu il dopoguerra, il Notaio Ulderico Midossi, il Prof. Giuseppe Colasanti, fondatore nel 1893 dell’Istituto di Farmacologia a Roma ed Enrico Minio, Sindaco di Civita Castellana dal 1948 al 1960 e Senatore della Nella figura del Prof. Bonanni è necessario distinguere due momenti: quello pubblico e cittadino vissuto a Civita Castellana nei momenti di pausa e riposo nel suo palazzo di Piazza del Duomo, antistante la Cattedrale e quello scientifico, come docente di Farmacologia Medica presso l’Università di Roma. Nei primi anni del novecento, insieme con il Notaio Midossi, è una figura morale e politica di riferimento per la vita cittadina. In particolare durante la Prima Guerra Mondiale, in una fase sociale cruenta e pericolosa, seppe sempre interpretare le istanze della popolazione e farsi portavoce dei problemi seppur notevoli presso le autorità governative del tempo. Quando sempre più numerose perveniva- no le lettere di scomparsa dei giovani civitonici nei fronti di guerra, il Prof. Bonanni era vicino alle famiglie e a tal proposito è necessario citare quanto scrisse alla famiglia del giovane Francesco Conti, morto a 18 anni nella I^ Guerra Mondiale: ……”la cara e dolce immagine di Francesco Conti sarà indelebile nella memoria di quanti sentono la gravità dell’ora che volge ed hanno il culto dell’ideale. Per i suoi concittadini oramai è il simbolo di quella forte e generosa gioventù italiana che si batte per la suprema vittoria della più alta umanità e lietamente muore con il nome dell’Italia sulle labbra, con la fede d’Italia nel cuore. Nei giorni belli, che i mille e mille eroi con romana virtù preparano, Civita Castellana non dimenticherà Francesco Conti, la cui nobile vita tutta dedita al dovere ed all’amore della famiglia fu troncata il 2 Giugno sul Grappa, il monte sacro degli italiani.” Fu il promotore del Comitato Cittadino per la realizzazione del monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale in via Gramsci, chiamando per la sua realizzazione tecnica ed artistica Silvio Canevari, uno dei più importanti scultori italiani del tempo. Il palazzo di Piazza del Duomo, con la sua ricca biblioteca era convegno di letterati, scienziati ed artisti, specie in estate, quando cessata l’attività accademica, rientrava a Civita Castellana per poi ritornare a Roma in Ottobre. Come scienziato, il Bonanni fu l’allievo prediletto del Professore Giuseppe Colasanti, nato a Civita Castellana il 20 Gennaio 1846, laureatosi a soli 22 anni in medicina e fondatore dell’Istituto di Farmacologia Sperimentale a Roma (vedi articolo Prof. Michele Abate a pag.24). Alla morte del Colasanti avvenuta nel 1903, il Prof. Bonanni ne raccolse l’eredita tecnica e scientifica come direttore dello istituto nella vecchia sede di Via Panisperna prima del definitivo passaggio alla città universitaria. Con la sua morte, avvenuta l’ 8 Marzo 1937, Civita Castellana perse una delle sue figure centrali e di maggior spessore, civile e culturale. Campo de’ fiori ...continua da pag. 6 Vuole dirci qualcosa riguardo lo spettacolo “Sono stato nominato”? Sono tre anni che punto molto sul contatto umano, sull’interagire fra le persone, che spesso manca. Non è che voglia fare il ‘Padre Pio’ della situazione, ma, facendo questo lavoro con successo, mi reputo un fortunato, un privilegiato, potendo avere questa “comunicazione” continua. Vedo che nella vita di tutti i giorni questo contatto si è un po’ perso. Con l’avvento dei telefonini, inizialmente, si interagiva, ora, con la moda degli sms ci “sbarazziamo” di tutto e di tutti. E’ come un “liberarsi” delle cose. Poi, noi italiani, popolo molto intelligente, parliamo con la televisione! Siamo assorbiti dalla TV in maniera allucinante. Qualunque reality o soap-opera ‘sforni’ la televisione, viene vista. Poi esce un tipo di film come “Imperia”, al quale ho partecipato, ambientato nel ‘500 e fa solo quattro milioni di spettatori. Questo sta ad indicare che la TV, fra una decina d’anni, verrà fatta esclusivamente dalle persone a casa. Già oggi, i telespettatori, hanno la possibilità di telefonare per far vincere o eliminare un personaggio. In un prossimo futuro non esisteranno più autori, né sceneggiatori. L’unica trasmissione che non avrà messaggini, né telefonate, sarà il telegiornale. Immaginatevi come tutto questo preoccupi un’artista, perché se non rientri in questo “calderone” e non passi da un reality ad un altro, non puoi lavorare in televisione. Me ne rendo conto quando faccio le “ospitate” in TV: mi dicono che ho tre minuti a disposizione, ma in tre minuti neanche si fa in tempo a presentarsi! Io mi sono fatto conoscere da Costanzo con quattro minuti a disposizione, ma in ogni puntata avevo tre monologhi, in totale dodici minuti. Conclusione: alla gente piace ascoltare i problemi degli altri nei reality-show, perché chi partecipa a questi programmi ha dei ‘problemi’, non lavora più, è finito, la gente non và più a vedere i suoi spettacoli. Emergono tutti i problemi di un’artista. Quindi, ‘tanto di cappello’ al teatro. Ho sentito dire che parte dei suoi guadagni vanno in beneficenza, a chi li devolve? Non è del tutto esatto. Io parlerei più di uno “scambio di merci”. Io mi faccio dare delle cose da alcune persone, senza pagarle, e io do la mia immagine. In una radio locale dò in prestito la mia voce per pubblicizzare un’azienda molto conosciuta, e con i soldi che gli dovevano, ho preso trecento panettoni, trecento pandori, trecento chili di zucchero e caffè e li ho mandati a Rebibbia nel periodo natalizio, perché i detenuti non vengono aiutati molto. Inoltre mi occupo di alcune associazioni infantili alle quali dono giocattoli, pasta, omogeneizzati. Una volta, casualmente, ho visto che, in un magazzino, gettavano degli alimenti per bambini sette mesi prima della scadenza, per rinnovare gli scaffali. Li ho presi e li ho portati a bambini bisognosi. Io sono testimonial dell’Associazione Peter-Pan da tre anni. A casa ho riempito un intero magazzino di giocattoli, che mia moglie non ne può più. A Natale li regalo ai bambini. Onestamente devo dire che, per i piccoli, tutti sono propensi ad aiutarmi, mentre per i carcerati no. Tutti mi hanno detto no ! Così ho colto l’occasione della pubblicità radiofonica di cui parlavo poco fa, per portare un po’ di sollievo anche a chi si trova in carcere. Noi 45 artisti guadagniamo abbastanza per poterci permettere una vita agiata, toglierci qualunque ‘sfizio’, acquistare anche due telefonini al mese, è un’assurdità, ma è così. Per chi queste cose non ce l’ha, per chi viene dalla ‘strada’ come me, da una zona un po’ particolare come Primavalle, che trenta anni fa era invivibile, uno come me può fare molto. Faccio queste cose perché mi vengono naturali. Sono un fortunato, nel senso che l’ottanta per cento dei miei amici ce l’ho ‘sotto terra’, è un’espressione brutta ma è così. Chi per AIDS, chi si è suicidato, chi si trova in galera, chi è stato ucciso. Io ed altri pochissimi, ci siamo salvati! Per questo non dimentico MAI le origini! Tutt’ora abito ancora in periferia e tanti mi dicono “perché non ti compri una villa fuori?” E’ vero, dico, sarà pure più bello e rilassante, magari senti gli uccellini cinguettare al mattino, ma io ho visto miei colleghi isolarsi completamente nella loro villa e ritrovarsi in un bar a dire: “mamma mia che casino in questo bar!” Ma se è un bar, si sa, è movimentato! Questo ti porta a cambiare un po’. Io, a Roma, ho persone che mi citofonano a tutte le ore, perché sanno che vivo li, le incontro per strada e tutto questo MI SERVE, non potrei mai cambiare. L’oggetto Misterioso Vi invitiamo ad indovinare l’oggetto misterioso riprodotto nella foto di lato. I primi cinque che lo indovineranno e ne daranno comunicazione in redazione, avranno diritto a ricevere un premio offerto dal negozio IL QUADRIFOGLIO di Foggi Antonella. Campo de’ fiori 46 Una “Fabrica” di ricordi storie e immagini di Fabrica di Roma Il lago di Vico - la nostra Copacabana no e, con la timidezza propria dei tempi e dell’età, si guardava di nascosto il corpo sognato delle amiche, finalmente in costume. Poi la voglia di divertirsi prendeva il sopravvento e, rigorosamente divisi, ma poco distanti dalle ragazze, incominciavamo a fare tuffi, piramidi umane, e poi, tutti in cerchio, si cantavano insieme gli ultimi successi. Al calar del sole si rientrava rossi e bruciati, perché non si usavano ancora le creme solari e nessuno sapeva dei raggi UV e del buco dell’ozono, e ti portavi a casa quel profumo di lago e lo sguardo rapito a quella ragazza che magari ti eri illuso t’avesse notato. Sandro Anselmi Qualche decennio fa, la maggior parte del tempo libero delle giornate estive si passava nel giardino dell’edificio scolastico, quello di Viale Iannoni Sebastianini dove c’è il monumento ai caduti. Era allora l’unico giardino del paese e lì non mancavano mai i ragazzi per parlare o giocare. La sera poi si riempivano tutte le panchine, ed anche quei muretti che dovevano essere stati probabilmente la base per una recinzione mai realizzata, venivano usati come comodi, lunghissimi sedili. Si suonava la chitarra e si cantava ed arrivavano ragazzi anche da altri paesi, cosa non usuale all’epoca per la scarsità di macchine o motorini disponibili. Si arrivava sempre a far tardi infastidendo quelle persone che abitavano lì intorno e che, all’indomani, si sarebbero alzate di buon mattino per recarsi al lavoro. Molte volte doveva intervenire personalmente il maresciallo Mario Tirittera che, grande amico dei giovani, assisteva per un po’ allo “spettacolo” e poi ci invitava a smettere. Ricordo che mi chiamava poi da parte per dirmi, in maniera scherzosa: “Se non smetti tu, non se ne va nessuno”. Delle storie dell’ “edificio”, dei tanti personaggi e degli amori nati e finiti, ne parlerò ancora, ma adesso voglio ricordare i bagni al Lago di Vico. Non vi si poteva andare spesso perché, quasi sempre, c’era da assolvere agli impegni di casa, ma quando era possibile, si organizzava magari con la Fiat 600 di Peppe, che portava almeno sette o otto di noi, e si partiva con le raccomandazioni dei genitori: “State attenti che il Lago di Vico ogni anno si fa un amico” , e poi “Attenti ai mulinelli”, e poi ancora “Aspettate di fare il bagno che avete mangiato adesso”. Si arrivava con l’immancabile chitarra ed un fisico nuovo da esibire, allenato per tutto l’inver- Campo de’ fiori 47 a Viterbo con Amore e Nostalgia La “macchina” di Santa Rosa Il 4 Settembre è la festa di Santa Rosa da Viterbo, patrona della città e, fra tutti gli eventi organizzati per i giorni dei festeggiamenti, c’è il più importante di Sandro Anselmi di tutti, il trasporto della “macchina” con la statua della Santa che si tiene il 3 Settembre. Questa processione di lunghissima tradizione, è una delle più singolari, importanti e belle del mondo alla quale hanno assistito negli anni varie personalità italiane ed estere, tra i quali anche i Reali d’Inghilterra e di Svezia, oltre a vari Pontefici. La “macchina” di Santa Rosa è un’altissima torre mobile, meravigliosa simbiosi tra arte e tecnologia, portata rigorosamente a spalla per tutto il centro storico dai devoti “facchini”. Sono questi degli uomini forti e robusti, per tradizione solo cittadini di Viterbo e Vitorchiano che, dopo essere stati selezionati con durissime prove di forza e resistenza, riescono, anche con l’aiuto della fede, a superare i limiti delle loro possibilità. L’onore di partecipare a questo “corpo speciale” li rende fieri ed uno dei sogni più grandi, è quello di poter tramandare ai loro figli il glorioso posto. Questo sodalizio nasce secoli e secoli fa ed ancora oggi conserva le stesse usanze e gli stessi costumi dell’origine. Dopo la benedizione in Articulo Mortis , s’infilano di corsa sotto il basamento della “macchina” e al “sollevate e fermi” si issano sulle spalle un peso non inferiore ai cinquanta chili pro capite e così percorrono le salite e le discese del centro storico viterbese, da Porta Romana alla chiesa di Santa Rosa. Da sottolineare l’enorme altezza e la flessibilità della “macchina” che contribuiscono non poco ad aumentare il carico ed il relativo sforzo. La parte più spettacolare ed anche la più pericolosa, è la salita che porta alla chiesa della Patrona che viene percorsa senza sosta e di corsa. Enorme l’emozione degli spettatori che sono ammassati ai piedi della salita, nel vedere correre questa torre piena di luci, che sembra cadergli addosso. Le spaventose oscillazioni mettono a dura prova la progettazione e l’esecuzione dell’opera che flette paurosamente ed alfine la “macchina” arriva nel piazzale antistante la chiesa con il boato dei facchini e l’applauso scrosciante della folla. Io nel 1957 ero proprio li, ai piedi della salita, cercando di farmi varco fra le teste della gente, vista la mia bassa statura per la giovanissima età, e rubare quell’emozione per sempre. Era la prima volta che vedevo il trasporto della “macchina” di Santa Rosa e potei farlo perché zio Mario, allora fidanzato con zia Urania, era venuto in licenza a Fabrica. Faceva allora il carabiniere a Montepescali, piccolissimo e bellissimo paese in provincia di Grosseto e lì si era fidanzato con mia zia, tuttora sua amatissima moglie. Io avevo passato quell’estate proprio a Montepescali, ospite dei genitori di mia zia, ed andavamo tutti i giorni, con il pulman, al mare a Castiglione della Pescaia. Tornerò a parlare di questi luoghi fantastici e di questo periodo meraviglioso della mia vita. Il mio viaggio di ritorno da Montepescali aveva coinciso con l’inizio della licenza di mio zio, così quei giorni di Settembre furono un’ inaspettata appendice alle mie vacanze. Mi ricordo che eravamo andati a Viterbo dalla mattina, per visitare la città in festa e, nel pomeriggio, c’eravamo già avvicinati a Piazza del Teatro, per prendere i posti proprio lì in fondo alla salita, da dove poter veder correre la “macchina”. Alla sera venne spenta l’illuminazione pubblica ed allora, provenendo dal Corso, il “campanile” comparve all’improvviso in tutta la sua maestosità e lo stupore fu enorme. La folla restò attonita e cercava con lo sguardo in alto, la sommità della “macchina”, per scorgere Santa Rosa. Dopo una breve pausa, i facchini affrontarono quell’ultimo sforzo e, con l’aiuto di corde e di spallette aggiunte, sembravano volare con la loro Piccola Santa in cielo. Campo de’ fiori 48 Sandro Anselmi P.zza della Liberazione, 2 - 01033 Civita Castellana (VT) Tel./Fax 0761.51.31.17 e-mail : [email protected] Da 35 anni al vostro servizio Pubblicizza una selezione di offerte immobiliari -VENDO locale di uso commerciale di mq 60 circa a Civita Castellana. -CEDO attività di parafarmacia a Civita Castellana. -VENDO garage di mq 22 circa. VENDO a Civita Castellana zona periferica, appartamento composto da camera, cameretta, sala, cucina, bagno. Secondo piano. Spazio condominiale. 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A prendere il comando dell’ormai collaudato gruppo, fu il maestro Santini Marcello (1867–1933), corchianese doc, come quasi tutti i suoi successori. La sua figura è molto sentita anche da coloro che non l’hanno conosciuto direttamente, ma lo ricordano come il padre di Eutizio, per meglio dire di “Biagio, il bidello della banda”, scomparso da poco più di due anni e a cui tutti ripensano con grande affetto per la sua simpatia e la sua semplicità. Contemporaneo di Santini fu il maestro Leoniddi Leonino (1876-1935). Le parole di coloro che lo hanno conosciuto lo ritraggono come un uomo solingo e piuttosto irascibile, ma molto colto e profondo conoscitore di teoria musicale. Nel suo periodo di carica compose un famoso Valzer, che volle intitolare “Maria Babanda”. Tra i due, causa la contemporaneità, iniziò subito a non scorrere buon sangue. Un forte spirito di competizione animò le pro- di Ermelinda Benedetti prie carriere di direttori musicali e si trovarono più volte l’uno contro l’altro. A tale proposito c’è un aneddoto molto curioso che vale la pena di raccontare. Nelle loro sfide i due non erano certo soli. Il maestro Santini era affiancato dalle sue agguerrite sorelle, disposte a tutto pur di difenderlo e farlo eccellere in bravura. Schierate accanto al maestro Leoniddi le sue di sorelle, pronte a tener testa. Quest’ultime, in preda alla vena satirica, caratteristica dei fescennini, non riuscirono a placare i loro animi e composero dei versi ironici molto pungenti, dove mettevano in ridicolo alcuni componenti del gruppo bandistico locale senza, ovviamente, dimenticarsi del maestro Santini. ‘Ntesi un tafano e mi parea un concerto Quello municipale di Corchiano E Prosperoni li sonava er piatti E la caturba la sonava Ernesto. Figlio di Pio lo sonava ‘rbasso Ersando amore co’ lo scallaletto. E mo parlamo di Santini er maestro Che più struvito di Torquato Tasso. Lasciando da parte questi simpatici episodi, Santini e Leoniddi vanno senz’altro ricordati per i loro insegnamenti che hanno permesso la formazione di numero- si allievi, grazie ai quali il prestigio della banda aumentava di anno in anno. Tra di loro si possono fare nomi di ottimi solisti per mezzo dei quali, sostenuti dall’aiuto degli altri bravi colleghi, è stato possibile eseguire pezzi, anche d’Opera, piuttosto difficoltosi: Crescenzi Vincenzo detto “Cencio”, suonatore di trombone tenore e per tanti anni capobanda; Sberna Marcello, flicorno soprano; Leoniddi Innocenzo, detto “Cifoletto”, suonatore di ottavino e anche lui capobanda per diversi anni; Spiriti Olivo, detto “Lecca”, addirittura suonatore di clarinetto, chitarra e mandolino e compositore di numerosi ballabili, giudicati dei veri gioielli. Dalla scuola dei maestri Santini e Leoniddi, dopo la Prima Guerra Mondiale, uscirono altri abili e preparati allievi: Benedetti Remo e Bigarelli Guglielmo, entrambi suonatori di flicorno basso; Piccioni Oscar, tromba solista e Giuseppe Giustozzi, flicorno baritono solista. Tutti seppero mantenere alto l’onore della “G. Verdi”, fino a che intorno agli anni Trenta, i due maestri in là con gli anni e ammalati, a distanza di poco tempo l’uno dall’altro, passarono a miglior vita, lasciando il gruppo orfano di un direttore. La mancanza venne però ben presto colmata. A rivestire la carica di nuovo direttore fu chiamato un Missionario, Padre Giovanni Piergentili, nativo di Corchiano. Lui, in realtà, si occupava principalmente di organizzare spettacoli teatrali di carattere religioso, ma allo stesso tempo era un ottimo organista, per cui capace di ricoprire quel ruolo. Il suo lavoro in ogni caso non durò molto poiché il suo primo dovere, quello di missionario, lo chiamò in Terra Santa. A quel punto Eraldo Massucci, un eccellente pianista proveniente da Roma, decise di prendere il posto di Padre Giovanni. Fu un ottimo direttore e si affezionò profondamente a questo paese, tanto da dedicargli una serie di marce e una canzone divenuta piuttosto popolare: ”Quando che si vendemmia l’uva bella”. Sotto la sua guida si formarono numerosi altri allievi che andavano a sostituire i loro colleghi ormai anziani o comunque ad incrementare il numero dei musicanti: Achilli Romano, Fiordelmondo Romolo, Spiriti Giuseppe, Giustozzi Dario, Crescenzi Torello e Arrincoli Biagio, per citarne solo alcuni. Ma ci fu lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e il conflitto non lasciò certo spazio alla musica! Qui mi voglio fermare, e saprete chi fu a rimettere in piedi tutto, dopo questa spiacevole interruzione, nella terza ed ultima parte, sul prossimo numero. Campo de’ fiori ‘a Carraccia Non è certo Central Park, dove i newyorkesi fanno il footing mattutino, o lo splendido scenario di Villa Borghese, presa d’assalto dai romani obesi, per smaltire grassi e tossine, ma è semplicemente la località di Alessandro Soli Carraccia di Civita Castellana. Personalmente ho riscoperto questo luogo dopo tantissimi anni, spinto anch’io dalla necessità di fare un po’ di movimento e, perché no, regalarmi un’ora di salutare relax. E’ un percorso agibile di circa 4 Km, immediatamente a ridosso del centro abitato. Ancora in aperta campagna, una campagna fatta di piccoli appezzamenti di terra coltivata con viti e ulivi, dove i proprietari sono via via passati dal casaletto per gli attrezzi agricoli a piccole casette, figlie di vari condoni, o a sobrie villette, privilegio di quanti possiedono aree più estese. Negli anni ‘60/’70 era un percorso sterrato, polveroso nel periodo estivo e solcato da rigagnoli e pozzanghere durante l’inverno. Ma per chi praticava atletica, come me, rimaneva pur sempre un posto dove potersi allenare, data la mancanza di piste ed impianti sportivi, a parte il campo Madami, da sempre tempio del calcio. Allora eravamo in pochi, quella zona era quasi disabitata e non recintata, e, correndo, dovevamo difenderci dai latrati minacciosi di innumerevoli cani sciolti che, vedendoci correre, ci si avventavano contro. Ora i tempi sono cambiati, un discreto manto di asfalto ricopre questo anello così caratteristico, che si snoda tra appezzamenti recintati e curati, ora l’abbaiare dei cani relega le nostre paure al di là delle reti e dei cancelli da cui proviene. E’ un footing, o meglio, una camminata ‘casereccia’, perché, a differenza dei cittadini di New York, o dei nostri vicini romani, qui ci conosciamo un po’ tutti e lo scambio dei saluti durante gli incroci, lungo il percorso, assume un valore particolare. Infatti ecco arrivare la casalinga mattiniera con le sue amiche, tutte appesantite da maternità a ripetizione, LA DEPRESSIONE POST PARTUM ... continua da pag. 28 La madre “sufficientemente buona” reagisce in maniera sensibile ai segnali del suo bambino, fornisce quindi uno spazio per giocare e per comunicare in maniera creativa e un “ambiente di contenimento” sicuro. Il bambino ha bisogno di sentire che la sua figura di riferimento principale è stabile e affidabile e cosi, mentre il bambino con attaccamento sicuro è curioso e socialmente competente, quello con attaccamento insicuro è ansioso. Un bambino sicuro è in grado di esprimere la rabbia, il dolore, la gelosia, il risentimento, fiducioso di ricevere dalla madre una risposta comprensiva. Il bambino insicuro non ha questa fiducia, perché ha avuto spesso esperienza di una madre incapace di gestire i suoi stessi sentimenti negativi e che spesso reagisce in maniera esagerata. Una madre presa dalla sua tristezza non riesce a rispondere in maniera pronta alle esigenze del 51 La pista di tutti Campo de’ fiori Periodico Sociale di Arte. Cultura ed Attualità edito dall’Associazione Accademia Internazionale D’Italia (A.I.D.I.) senza fini di lucro Presidente Fondatore: Sandro Anselmi Direttore Editoriale: Sandro Anselmi con problemi di cellulite non indifferenti, poi qualche giovane che invece di camminare, corre agile, con il suo look rigorosamente firmato e, grazie alla sua giovane età, desta l’invidia di chi invece correre non può e arranca trascinando il suo peso. Addirittura non è difficile incontrare qualche amministratore comunale, al quale vorresti sempre chiedere qualcosa, ma poi ci rinunci per rispetto al suo momento di relax e, in cuor tuo, speri che quei movimenti che fa all’aria aperta, gli giovino nelle decisioni che poi prenderà dietro la scrivania. Con passo lento e incerto avanza il cardiopatico per la sua camminata curativa, l’asmatico e il silicotico, costretti a interrompere il loro incedere per fare le varie compensazioni. Insomma è un mondo variegato, è un vero e proprio rito metropolitano, è, come si dice oggi, un avvenimento cult, che è entrato nella mentalità di noi civitonici, forse vedendo proprio le immagini di Central Park o di Villa Borghese, dove tutti corrono e fanno ginnastica in modo quasi maniacale, mentre noi, frequentatori della Carraccia siamo rimasti e ci sentiamo fieri di essere “ruspanti”. suo bambino, a instaurare un’interazione gioiosa e a stimolarlo adeguatamente. E’ importante che la neomamma, qualora si trovi in difficoltà, riceva insieme al suo compagno aiuto psicologico, consigli pratici e materiale educativo, in modo cosi da poter avere un sostegno fondamentale in questo momento estremamente delicato e per lei e per lo sviluppo del suo bambino. La neomamma deve essere guidata ad aumentare le attività piacevoli, apprendere le abilità di comunicazione, le tecniche di rilassamento, a contrastare le convinzioni erronee e i pensieri disfunzionali e identificare punti di forza e risorse. E’ possibile, comunque, porre quesiti relativi agli interventi terapeutici e diagnostici e ricevere chiarimenti in proposito, scrivendo all’indirizzo e-mail [email protected] o visitando il sito www.centroceral.com Direttore Responsabile: Stefano De Santis Direzione Amministrazione Redazione Pubblicità ed Abbonamenti: Piazza della Liberazione, 2 01033 Civita Castellana (VT) c/c postale n.42315580 Tel. e Fax 0761.513117 e-mail: [email protected] Redazione di Roma: Viale G. 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D: Trovandoci nel teatro della compianta signora Ghione, ha un pensiero per ricordarla?
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storditi. Era inimmaginabile!...