Come eravamo - Campo de`fiori
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Come eravamo - Campo de`fiori
2 Campo de’ fiori SOMMARIO Editoriale: “Non ci indurre in tentazione”..................3 Intervista: Paolo Villaggio - “Serata d’addio”..........4-5 Collezionismo: Questa volta parliamo di maschere ......6-7 Suonare Suonare: L’”orrore” a Roma ...............................8-9 Come eravamo: Regazzino Pallonaro .............................10 Roma che se n’è andata: Osti e Osterie ......................................12 Cinema News: Wanted ...............................................13 Eventi: Afmal e Aeronautica militare ................16 Numero Unico: Dieci giorni di campeggio .....................17 Una “Fabrica” di ricrdi: Lucia Francola, mani di fata .................18 Arte: Eraldo Bigarelli ...................................20 Antonio Panunzi .................................28 Tradizioni: Il miracolo della Madonna di Uliano .....21 Le guide di Campo de’ fiori: Selci .............................................22-23 Ceral: Un’avventura chiamata adolescenza ....24 Il diario dei Girasoli ........................25 Storia di un sogno chiamato Tele Radio Punto Zero .......................26-27 Il Fumetto: Claymore ...........................................29 Vecchia storia di un carabiniere ....30 Acqua di Nepi ..................................31 L’angolo dell’avvocato: Strisce blu .........................................32 Edoardo Vianello ............................33 Le storie di Max: Rita Pavone .......................................34 Civita Castellana - Ulderico Midossi.............................................35 Occhio sulla città ............................36 Oroscopo .........................................37 Il mondo del Jazz: IL jazz di Chicago ...............................38 Album dei ricordi.............40-41-44-45...........................................48-49-58-59 Messaggi ....................................42-43 Giochi Antichi - Sosia .....................46 Rubrica dei perchè: Perchè l’acqua spegne il fuoco ............47 Campo de’ fiori dà i numeri ...........50 Giochi ..............................................51 Quella forza silenziosa chiamata ...52 Ecologia e ambiente: L’acqua e le faraoniche opere ..............53 L’angolo Cin Cin: Collezionare il vino .............................54 Noel.............................................55-56 Annunci Gratuiti ........................60-61 Selezione Offerte Immobiliari .......62 foto di copertina Sefano Santi VISITA IL NOSTRO SITO COMPLETAMENTE RINNOVATO WWW.CAMPODEFIORI.BIZ Campo de’ fiori di Sandro Anselmi “Non ci indurre in tentazione” Se analizziamo questa frase del Padre nostro, possiamo cadere nell’errore di credere che preghiamo il Signore perché non ci induca in tentazione. Ho sempre avuto, comunque, la più profonda convinzione che il vero significato di queste parole fosse “non farci cadere in tentazione” e che, magari, quel passo fosse stato frutto di una errata traduzione. Tutto ciò genera comunque perplessità! Non vorrei aver commesso peccato nell’aver usato questo titolo e questo prologo, ma voglio dire che oggi, più che mai, andrebbe seguito l’insegnamento del Signore, e cioè quello di non cadere in tentazione. Di fatto tutti veniamo tentati ogni giorno da mille cose, ma la saldezza morale ci può sempre salvare da pericolosi fuorviamenti. I soggetti più deboli, però, sono i giovani: la loro inesperienza è la loro vulnerabilità! Essi debbono costruire e affinare le loro autodifese! Troppe morti, troppe stragi! Quale tributo deve pagare ancora questa generazione per gli errori dei padri? Hanno ereditato un mondo corrotto, ed aiutarli ad edificare ora il proprio carattere, vale più che dargli una lodevole laurea. Bisogna insegnare loro ad apprezzare le piccole cose e a non avere fretta, ad usare pazienza e a costruire, pian piano, il loro futuro. 3 4 Campo de’ fiori Campo de’ fiori di Sandro Alessi Non è facile incontrare Paolo Villaggio, maestro di vita e di spettacolo, uno sempre restio alla vita mondana ed alla comunicazione. E per questo, come ci accorgiamo che il suo spettacolo “Serata d’Addio” fa tappa a Roma ci adoperiamo per avere un appuntamento con lui. Nel foyer del Teatro della Cometa ci accoglie disponibile come non mai. Maestro, attendavamo da molto tempo il suo ritorno a teatro! “Oggi il teatro è il mio mestiere, lo faccio per disperazione ed è la fine di tutti quelli che hanno avuto molto successo al cinema! Gassman mi minacciava da 50 anni: Paolo, devi fare il teatro! Ed io non l’ho mai fatto. Ora sono qui e questo è per me un inizio più che un ritorno!”. E’ già pronto per l’ennesima replica di questo spettacolo fatto di tre monologhi attinti dalla produzione di Cechov e Pirandello con quei suoi pantaloni patchword per metà arlecchino ed il sorriso di chi è forte della propria personalità. Tutto il contrario del suo mitico personaggio Fantozzi, ragioniere mediocre in un mondo di furbi. “Quando un attore comincia a zoppicare per via dell’età, che fa? Bara! Comincia a raccontare che questa è l’ultima serata della sua vita sperando di attirare il pubblico con nomi di autori quali Cechov e Pirandello ed il pubblico riempie il teatro con la speranza di veder morire il protagonista oppure viene consapevole del fatto che si ritira…Questo è il motivo del titolo!” Si narra che a scoprirlo come comico fu addirittura Maurizio Costanzo che nel 1967 gli consiglia di esibirsi in un cabaret di Roma e di partecipare al programma televisivo Quelli della Domenica con i suoi personaggi aggressivi, vili e sottomessi quali il Professor Kranz, Giandomenico Fracchia e Fantocci che in seguito diventerà Fantozzi e di cui comincerà a narrarne le disavventure sulle pagine de L’Espresso e de L’Europeo. Nel 1971 la casa editrice Rizzoli pubblicherà il libro “Fantozzi” raccogliendo i racconti e le gesta del ragionier Ugo, uomo dal carattere debole, perseguitato dalla sfortuna e dal megadirettore. Il successo di questi scritti (ne usciranno tre) lo lancerà nel mondo del cinema. 5 Per la verità, Villaggio aveva già lavorato in alcuni film tra cui Brancaleone alle Crociate, di Mario Monicelli, del 1970, ma si deve attendere il 1975 per la consacrazione con il celebre film diventato cult “Fantozzi” di Luciano Salce a cui ne seguiranno ben nove sul mitico ragioniere. Ma l’attore genovese non è solo Fantozzi, di lui ricordiamo interpretazioni mitiche accanto a maestri del cinema in La Voce della Luna di Fellini (1990), Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmuller (1992), Il Segreto del Bosco Vecchio di Ermanno Olmi (1993), Cari fottutissimi amici di Mario Monicelli (1994). Ed altri meno impegnativi: Il Belpaese (1977), Dove vai in vacanza (1978), Fracchia la belva umana (1981), Pappa e Ciccia (1982), I Pompieri (1985), Rimini Rimini (1987), Le Comiche (1990), Camerieri (1995), Banzai (1997), Azzurro (2000), Hermano (2007), Torno a vivere da solo (2008). E questi sono solo alcuni titoli degli oltre 70 film interpretati in carriera. Dal punto di vista teatrale dobbiamo ricordare l’incontro con Giorgio Strehler che nel 1996 lo ha voluto Arpagone nell’Avaro di Moliere ed il grande successo del “Delirio di un povero vecchio” nella stagione 2000/2001. Dalla scorsa stagione porta in scena “Serata D’Addio”, monologo diviso in tre atti: Il fumo uccide, ispirato a “Il tabacco fa male” di Anton Cechov; Una vita all’asta, da Il canto del cigno di Anton Cechov e L’ultima fidanzata, da L’uomo dal fiore in bocca di Luigi Pirandello. Prima di lasciarci vogliamo chiedere perché nei suoi spettacoli e nei suoi pensieri esiste questo tema della fine? “Sicuramente per tutti, ad una certa età, arriva la paura della morte. L’uomo religioso si è inventato l’aldilà…. La preoccupazione, alla fine della vita, è capire se esiste o no una prosecuzione, ed io sono molto scettico, anzi non credo assolutamente che ci sia qualcosa dopo la vita. Pensate all’universo. E’ composto da miliardi di galassie e come possiamo credere che di fronte a tutto ciò esista un qualcosa chiamato aldilà ?” Lasciamo Paolo Villaggio con questo ennesimo dubbio e gli auguriamo una splendida estate di successi. 6 Campo de’ fiori Questa volta parli Fra coriandoli e stelle filanti, fiorisce un collezion La maschera, dall’arabo MASKHARA: caricatura, beffa, ha origini lontanissime: si tratta, come è noto, di un viso finto, di cartone, di stoffa, di seta, di cuoio, di lattice, di cartapesta o di Alfonso Tozzi d’altro materiale, con cui ci si copre il volto per nascondere la propria identità o per simularne un’altra. Il suo uso risalirebbe alla consuetudine con cui gli abitanti del Paleolitico amavano dipingere i loro volti per riti tribali o di caccia. Con il passare del tempo ci si accorse che i colori sbiadivano e l’effetto scemava e fu allora che si ebbe l’intuizione che era possibile applicare sul volto un qualcosa di più duraturo e più valido: nacque la maschera, subito adottata dagli stregoni i quali se ne servivano per meglio invocare gli spiriti del bene e del male; ancora oggi, esistono in Africa come in Papua Nuova Guinea, tribù che utilizzano maschere propiziatorie enormi, destinate a non essere mai indossate, ma che vengono semplicemente tenute appese nelle capanne per tenere lontani gli spiriti maligni. I Dogon del Mali ritengono addirittura che, ogni volta che un uomo muore, il suo spirito vada a vivere in una maschera della sua famiglia o del suo villaggio. Il camuffamento ha quindi indubbie origini religiose e rituali: veniva usato generalmente dai sacerdoti del culto, stregoni, maghi, esorcisti, per rappresentare in modo antropomorfico l’essenza divina o demoniaca od anche per spersonalizzare l’officiante e distinguerlo dalla folla di coloro che assistevano al rito: l’uomo mascherato diventa l’essere che egli vuole rappresentare ossia divinità, spirito, antenato o demone e tale egli appare agli spettatori. La consuetudine di utilizzare travestimenti durante le cerimonie religiose esisteva anche presso i greci dove queste rappresentazioni si trasformarono gradatamente in spettacoli teatrali: infatti, grazie alle maschere, un attore poteva interpretare diverse parti e i maschi potevano sostenere ruoli femminili, dato che alle donne non era permesso recitare nei teatri: i lineamenti della maschera erano adattati al personaggio che l’attore doveva rappresentare aiutando in questo modo lo spet- tatore a distinguere gli interpreti e a capire meglio la trama. L’uso della maschera ebbe in Grecia la sua massima espressione nelle rappresentazioni teatrali: le tragedie di Eschilo ed Euripide diedero libero accesso ad ogni tipo di maschera, atta a rappresentare i vari personaggi, così come quando passò, senza sensibili variazioni, dalla Grecia a Roma. Nell’età classica la maschera viene adoperata quasi esclusivamente nel teatro e nelle cerimonie, ma nel medioevo si accentua il suo impiego tra la gente: le mascherate medievali sono testimoniate dai numerosi interventi dell’autorità che si sforza di limitarne l’abuso, essendo esse passibili di intrighi, scandali, violenze. Nel XIII secolo Venezia diventa il maggior centro di diffusione delle maschere tanto che queste vengono adottate anche come abbigliamento di certi magistrati nell’esercizio di pubbliche funzioni (esecutori di giustizia, consiglio dei dieci, inquisizioni) o utilizzate per festeggiare ogni occasione come l’elezione del doge, l’arrivo di un ambasciatore o una vittoria in battaglia. Nel Medioevo si diffuse in tutta l’Europa l’uso di fare grandi e festosi cortei mascherati che percorrevano le vie della città, cortei che raggiungevano il massimo del loro folklore durante il carnevale in cui era permesso, fra l’altro, di abbattere le barriere sociali della ricchezza e del rango, così che il ricco poteva mascherarsi da povero e questi poteva permettersi certi comportamenti a lui non concessi nella vita quotidiana, come accedere a luoghi di solito a loro proibiti. Verso la fine del XVI secolo in Italia si diffuse e si perfezionò la commedia dell’arte che utilizzava maschere italiane, cioè personaggi che ricomparivano in ogni commedia con lo stesso nome, lo stesso costume, lo stesso trucco, lo stesso linguaggio e soprattutto lo stesso carattere. Questi personaggi popolarono il teatro italiano e divennero icone immortali, regionali e nazionali come il lombardo ARLECCHINO, stravagante, eternamente pigro, scapestrato che impersonifica il servo vivace e scanzonato in continuo contrasto con il padrone o il vecchio veneziano PANTALONE, nervoso, rompiscatole, brontolone e testardo cui fa riscontro la corregionale COLOMBINA, allegra, maliziosa, civetta e pettegola e anche il dottor BALANZONE, emiliano, pedante, dotto o il napoletano per eccellenza PULCINELLA, indolente, malinconico, buono, egoista, grande mangiatore ed ubriacone o il linguacciuto romano RUGANTINO, protestatore di professione, protagonista indimen- ticato ed indimenticabile anche di commedie musicali. Il declino del teatro delle maschere iniziò nel XVIII secolo, quando, autori come Carlo Goldoni, abolirono le loro avventure grottesche e ne ridimensionarono il ruolo, riducendole a figure di contorno. Scomparse, col tempo, dalle scene dei teatri, le maschere sono sopravvissute soltanto nelle feste e nelle mascherate di carnevale ed ogni anno fanno la loro comparsa nuovi tipi nati dalla satira del momento: tutte insieme concorrono a garantire allegria! In merito alle mascherate di carnevale è appena il caso di ricordare quelle famose di Viareggio, di Ivrea, di Venezia e, perché no, anche le manifestazioni della Tuscia, come quelle di Civita Castellana diventata fra le più celebri e folcloristiche della regione con la sagra del frittellone, rassegna del piatto tipico a base di acqua e farina. Il collezionismo italiano si occupa essenzialmente delle maschere di cartone, quelle che, fino alla metà del secolo scorso, rappresentavano Zorro, la Fatina, il Pirata, la Ballerina, la Principessa, l’Indiano, il Pellerossa, lo Scimmione, il Clown ed altre che, ancora oggi, rivivono nei ricordi di coloro che hanno superato gli “anta” e che sono legati ai loro giochi infantili. Con il termine HUPOKRITES, i greci indicavano il mestiere di attore, di cui la maschera è parte integrante ed il collezionismo minore definisce ipocritofili coloro che si dedicano alla raccolta di maschere, particolarmente di quelle di cartoncino colorato che, con gli elastici laterali, si applicavano sul volto nel periodo del carnevale: fruitori massimamente i bambini, almeno fino agli anni Cinquanta. Molti sono gli appassionati di questo genere, ma la più grande collezionista italiana, con un numero impressionante di esemplari, è, senza dubbio, la giornalista romana Roberta Maresci, già nota al pubblico dei collezionisti, e non solo a questo, per aver pubblicato diversi volumi sull’argomento fra i quali “Il grande libro del collezionismo” (Newton), ed aver condotto su RAI DUE, per un lungo periodo di tempo, la fortunata trasmissione “La stanza delle meraviglie”, diventata poi anche un best seller di successo (RAI-ERI) di pubblico e di critica. Accanto alla numerosa schiera di ipocritofili di maschere è doveroso citare anche coloro che, avendo possibilità di spazio oltre che risorse economiche, collezionano maschere intere, nonché burattini e marionette, ma questo è un altro discorso. Campo de’ fiori iamo di maschere nismo esclusivo, seducente, policromo e divertente. La giornalista Roberta Maresci, collezionista di maschere Visita il nostro sito www.campodefiori.biz Scoprirai tante cose interessanti 7 Campo de’ fiori 8 L’ “ORRORE “ a Roma 24-25 maggio 1968 : Jimi Hendrix “le suona a Roma “….le sue canzoni ! (prima parte) Prologo <E’ lui…no, non è lui……ora è lui ….no, no …..no è lui…...beh ,questo non è lui…si ..si è lui….. Jimi Hendrix ! ….3/4 di sangue “negro” e ¼ di sangue “indio”….…..Per quelli che non lo sanno , spieghiamo che è un cantante rock che ,con un solo disco ,” Jey Joe” , ha conquistato un enorme popolarità prima in Inghilterra e in America e poi in tutto il mondo ….Jimi Hendrix è Americano ,ha ventuno anni* e ,come si conviene,ha esercitato tutti i mestieri : dal cuoco al paracadutista …...ma come faranno questi in ventuno anni a fare tante cose ? I giovani impazziscono per lui e hanno ragione : è veramente bravo ! Purtroppo ,non possiamo farvelo vedere più di così: infatti, ci sono corsi dietro ! Per farsi riprendere, Jimi Hendrix vuole 20 milioni e dieci ne guadagna a sera ! > (commento tratto da un cinegiornale del 1968 in occasione dello sbarco all’aeroporto di Fiumicino di Jimi Hendrix ,venerdì, 24 maggio 1968 ,che potrete trovare ,insieme ad altri interessanti frammenti video di Hendrix , al seguente indirizzo : “www.youtube.com/comment_servlet?all_ comments&v=9MHQyCfNr10&fromurl=/w atch%3Fv%3D9MHQyCfNr10” 1968! Avessimo guardato il “mondo da un oblò” quell’anno lì……non ci saremmo di certo annoiati ! I “moti terrestri” , intesi non come movimenti astronomici quanto riferimenti alle turbolente dinamiche politiche e sociali a livello planetario , tracciavano le traiettorie del dissenso e della protesta dei giovani dell’epoca ,in particolare e prevalentemente dei “corpi” studenteschi , “in rivoluzione” ,a varie latitudini . 24 maggio 1968 ! Jimi Hendrix mette piede nella “Città Eterna” ! Si avvia , con la discesa dalla scaletta di un aereo Alitalia , il breve soggiorno Romano di Jimi Hendrix , mitico chitarrista e compositore , Americano da Seattle, quasi 26enne * (era nato il 27/11/1942). Proveniva da Milano dove aveva suonato il giorno prima al Piper club ( nda: locale omonimo ma molto meno mitico di quello Romano); si esibì al Teatro Brancaccio di Roma il 24 e il 25 e concluse , a Bologna , quello che costituì il suo primo ed unico tour (“de force”) Italiano : 6 MEMORABILI concerti su 8 programmati , con annullamento della prima esibizione pomeridiana di Milano del 23 maggio , a causa di alcuni ritardi delle procedure di sdoganamento della strumentazione e disdetta dell’ultima , serale, al palasport di Bologna ,del 26 maggio , cancellata per la scarsa prevendita . Pochi frammenti di pellicola, diverse immagini fotografiche , alcune registrazioni audio amatoriali gelosamente detenute da una strettissima cerchia di collezionisti, molteplici testimonianze scritte e verbali, hanno consegnato ai posteri “i passi di Hendrix“ sul suolo Italico : tanto rapidi quanto profondi e persistenti nella memoria del manipolo di quei ragazzi che nel maggio ’68 , disimpegnatisi per qualche ora da “affanni sociali” del periodo , assistetterò alle furiose esibizioni dell’ “ORRORE” ….di Jimi Hendrix ! Una parte della stampa Inglese (…ma da noi qualcuno non fu da meno quanto a disprezzo ) aveva affibbiato ad Hendrix l’appellativo dispregiativo di “The Orror” per via delle sue movenze sul palco e per il suo aspetto :capelli “cespugliosi” , vestiti “ultracolor” e sfrangiati , atteggiamenti scenici e volumi delle sue emissioni musicali…. decisamente NUOVI rispetto a quanto fino a quel momento erano stati abituati i ragazzi al di là della “Manica” ,dove le faville del talento di Hendrix si erano innescate dilagando in successivi “roghi“di consenso nel resto del Mondo . Quando arriva in Italia , Hendrix o meglio la “The Jimi Hendrix Experience” , trio di eterogenea estrazione musicale e diversa cifra tecnica, costituito da Hendrix (chitarra,ovviamente) ,Noel Redding (al basso) , Mitch Mitchell (alla batteria) , cavalcava l’onda del successo riconosciuto , da critica e pubblico, ai primi due lp , ”Are you experienced ? ” e “Axis : bold as love” ,usciti nel ’67 , a pochi mesi l’un dall’altro e ad alcuni singoli “apripista”, su tutti “HEY JOE “ ; in verità,questo brano non era stato scritto da Hendrix ma la sua versione oscurò l’originale ; si dice che , nel ’66, quando Jimi “sfuriava” nei “bassi club” di New York, proprio la sua esecuzione di “HEY JOE” fu fatale per Chas Chandler , bassista degli Animals e aspirante manager ,che ne rimase a tal punto colpito da proporre al ventenne Jimi , qualche settimana dopo ,di lasciar tutto e trasferirsi a Londra con lui , divenendone,così, il “deus ex machina” per alcuni anni ……era il 23 settembre del 1966 ….iniziò così ,in terra d’Albione,la davvero intesissima ma breve stagione artistica ….in vita , di “Johnny Allen” Hendrix, ri-denominato “James Marshall” Hendrix …..per la storia della musica : “JIMI” HENDRIX ! 2 ,le giornate di esibizione Romane , 4,i concerti previsti ,2000 , i posti del Teatro Brancaccio , 2.500…..le Lire necessarie per il biglietto d’ingresso (oggi , circa 40 € ) , diverse centinaia ,i watt erogati dalle valvole delle diverse testate “in cascata” Marshall , molteplici, gli effetti personalizzati presenti sul palco per i diversi “make up sonori” delle chitarre di Jimi , 3 i musicisti sulle assi del Brancaccio …… 1 il “guitar hero” per antonomasia della storia della musica pop-rock : JIMI HENDRIX ! Il 1968 è ritenuto l’anno del consolidamento artistico di Jimi Hendrix che ,in apparenza instancabile , si divideva ,in Campo de’ fiori 9 di Carlo Cattani quei pochi anni di attività , tra i palchi di mezzo pianeta (arrivando a realizzare fino 200 concerti all’anno) e sedute in studi di registrazione , riuscendo ad incidere ore ed ore di nastri con materiale, per qualità, composito , che costituirà , dopo la sua morte, avvenuta il 18 settembre del 1970 ,in circostanze “chiarite a metà” ,in una stanza del Samarkand Hotel di Notting Hill a Londra , un “giacimento sonoro” da sfruttare per innumerevoli pubblicazioni . Molti “sciacalli” si sono radunati nel corso degli anni intorno alla “polpa musicale Hendrixiana” e non lasceranno “R.I.P.osare “ per un paio di decenni il nostro Jimi , fino a quando , nei ’90 ,la famiglia Hendrix , il padre Al e la sorellastra Janie in testa , fonda la società “Experience Hendrix” , che ,contando anche sulle collaborazioni del fedelissimo tecnico del suono di Jimi , Eddie Kramer, e di un giornalista e storico della musica pop/rock , John McDermott , inizia un’opera puntuale di difesa , catalogazione , restauro,acquisizione di documenti, intentando non poche controversie legali per la tutela del patrimonio artistico ed economico del proprio congiunto. Le diverse centinaia di ragazzi che accorsero al teatro Brancaccio per assistere alle 4 esibizioni della “The Jimi Hendrix Experience” , distribuite tra pomeriggio e sera di venerdi 24 e sabato 25 maggio ,ebbero modo di conoscere molto di ciò che il “vento anticipatore “dei resoconti della stampa aveva “ soffiato” quanto a tenuta musicale e scenica di Hendrix ,come ad esempio il suo repertorio di “trucchi” con la sue diverse chitarre , ora suonate con i denti o al di sopra della testa , battute sul palcoscenico a “concluderne l’esistenza” , sfregate contro l’asta del microfono ad ottenerne stridori lancinanti ,con emissioni ritoccate dalle circuitazioni dei tanti effetti “sottomessi” ai suoi piedi ; e , non ultime , le espressioni facciali di Jimi ,solidali,per intensità , con le pressioni canalizzate giù per le sue dita sulla tastiera ad architettare armonie-melodie …rumore per la realizzazione di quell’ alchimia musicale di blues , rhythm’n’blues ,psichedelia messa a punto in anni e anni di dura gavetta nei club del “chitlin circuit”: locali sparsi negli States ,frequentati in prevalenza da gente di colore,con ribalta offerta alla musica e a piatti di “raffinata gastronomia” a base di ….. frattaglie di porco ! Due giorni intensissimi per Hendrix e soci che , tra un concerto e l’altro ebbero modo di visitare il Colosseo e far tardi al …proprio concerto (!) , partecipare ad una jam session “all night long “ memorabile coinvolgendo diversi musicisti del “giro Romano e non “ , al Titan ,il club Romano che con il suo promoter , Massimo Bernardi , aveva organizzato , fondamentalmente con (e per) grande passione , il tour Italiano del “Chitarrista” ; la platea si tentò di “preriscaldata” con esibizioni di artisti nostrani che ,per la verità, furono mal sopportate dal pubblico già ampiamente “fuori giri” per l’ aspettativa della materializzazione di Hendrix: Jimi stesso ,nel corso di uno dei suoi show ,dovette fermarsi e chiedere al pubblico di…tacere , tanto era sovrastante sulla musica l’eccitazione della pla- tea ! < Che emozione quella volta che ballai al Brancaccio di Roma prima di un concerto di Jimi Hendrix e lui mi passò a due millimetri di distanza: se uno non è stato fan, figurarsi se può capire i bisogni dei suoi fans ! > …..Sono affermazioni di un Renato Zero , all’epoca quasi diciottenne e ai “primi metri ” della sua “long way to the top”, che figurava , come ballerino, nel cast di quegli artisti ingaggiati dall’organiz- zazione del Titan a far da “antipasto” alla platea rumoreggiante . Sotto il palco del teatro Brancaccio , un luogo dimostratosi poco adatto alla “fame di energia” di Hendrix ,tanto da dover spegnere luci e lucette, finanche quelle dei bagni , per “far fare merenda e cena“ ai suoi amplificatori , tra i ragazzi ,arrivati anche da fuori Roma con viaggi “traversi” pur di non mancare all’evento,c’era un allora quattordicenne Roberto Ciotti ,il “NOSTRO” ChitarrAutore in Blues , che ,come si apprende dalla sua recente autobiografia ; ”UNPLUGGED-una vita senza fili” (Castelvecchi editore ) : <rimasi letteralmente folgorato da quel concerto al Brancaccio…..ed iniziai ad ingurgitare musica ….> . Ritroveremo Hendrix e Roberto Ciotti ,di cui nel frattempo sarà uscito in edicola il primo DVD+ CD “Live in Rome “ , sul n° 52 . < Jimi era capace di frantumare una chitarra nuovissima senza nessun indugio.Ma Jimi amava le sue chitarre,e quelle più vecchie non le rompeva mai >(Eric Barret ,tecnico di palco di Hendrix) . 10 Campo de’ fiori Come eravamo Regazzino pallonaro Voglio chiudere questo mio excursus sul calcio, mia grande passione, con una analisi sul movimento giovanile in genere, e sui valori che lo sport in particolare, riesce ancora a tradi Alessandro Soli smettere ai nostri ragazzi. Oggi tutto è organizzato, preparato minuziosamente dagli addetti ai lavori. Chi si avvicina allo sport trova un mondo pronto ad accogliere tutto e tutti, perché è un mondo che vede già il suo tornaconto, sia in termini economici, che nell’immagine mediatica che potrebbe derivare dal futuro campione. Quanti sogni, quante speranze, ho visto sfumare su quei campetti di calcio, dove ragazzini vocianti rincorrono ammucchiati un pallone, che in quel momento rappresenta lo scopo principale della loro giovane vita. Quante volte ho visto sui loro occhi la delusione derivante dal non giocare tra gli undici, lo stare in panchina, e magari non capire la difficile e ingrata scelta fatta dall’allenatore, che mai ti dirà, a quell’età, che sei più scarso di chi sta in campo. Quante volte ho sentito le critiche inopportune dei genitori,sempre pronti a difendere a spada tratta il proprio figlio, che è sempre e comunque il più bravo di tutti. I genitori appunto, quelli che spinti dalla morbosità di un bene genetico, riescono quasi sempre a rovinare, prima il ragazzo, poi l’intero ambiente, rendendo vani tutti gli sforzi di chi cerca di inculcare in quei ragazzini, i valori primari dello sport, che poi rimarranno viatico da seguire per la loro vita. Valori importantissimi quali: l’educazione, il rispetto verso gli altri, soprattutto se avversari, il saper perdere, riconoscendo il merito di chi è più bravo, e la consapevolezza che per diventare un campione occorre serietà, tenacia, dedizione e … tanta, tanta fortuna. Quando scrissi la poesia qui riportata e dedicata appunto a tutti i “ragazzini pallonari”, nell’ambito del Torneo Giovanile Romani Stradonico, qui a Civita Castellana, ricordo che un allenatore di una squadra romana mi disse testualmente: “Appena torno, sta poesia la attacco negli spogliatoi, anzi, a sti ‘mpuniti, je la faccio ‘mparà a memoria.” Civita Castellana anni ‘90 gli esordienti dell’A.S. Roma al decimo torneo giovanile Romani Stradonico REGAZZINO PALLONARO Quanno felice cori dietro a ‘n pallone, quanno te disperi e piagni doppo un’espurzione, quanno t’alleni e sudi co’ la speranza de gioca’, penza a quanti nun lo ponno fa’. Tu sî fortunato, l’occasione tocca spettalla, gioca a testa arta, e passa sempre la palla. Hai da esse’ leale, grintoso, ma coretto, nun te scorda’ der core che ci hai ‘n petto. Abbraccia sempre tutti, quanno vinci e quanno perdi; tiette stretti ‘sti momenti, perché so’ li più verdi. Solo allora t’ariconosco, regazzino pallonaro; ma se lassi li libbri da scolaro e te credi d’esse’ bravo, senti a mme: nun penza’ de diventa’ come Pelè. Aprili ‘sti libbri; anzi, nun li chiude’ mai, tanto a pallone, sai quanto ancor ce giocherai Alessandro Soli Campo de’ fiori 11 12 Campo de’ fiori Roma che se n’è andata: luoghi, figure, personaggi. OSTI E OSTERIE ... continua dal n. 51 I romani hanno la lodevole abitudine di mangiare spesso, specialmente la sera, fuori casa e, in compagnia di di Riccardo Consoli donne e bambini, affollano le Osterie di Trastevere o di Testaccio perpetuando così quella vecchia tradizione già appartenuta alle “ottobrate romane”; qui si mangia si beve, si cantano stornelli, si declamano le poesie di Giuseppe Gioachino Belli, di Trilussa o quelle di Cesare Pascarella, tutto ciò per rendere spensierati quei pochi momenti, quei pochi ritagli di tempo, che la vita moderna ci concede. Può anche verificarsi che all’Osteria si ritrovino amici che si rivedono dopo tanti anni, altri che tendono a conservare la vecchia stima e la consueta cordialità nei confronti dell’Oste e di quell’ambiente, altri ancora li si ritrovano per festeggiare qualcosa; in buona sostanza per i romani esiste il piacere dello stare insieme e, del resto, ben sappiamo, come il senso della compagnia e quello della sincera amicizia sono cose che più facilmente si esaltano se si sta seduti attorno alla tavola tra le specialità preparate con impegno dall’Oste medesimo. Scrive Giorgio Roberti: “… perché parlà de cucina romana e come raccontà na favola…” “…tutti conosceno er fatto, tutti ciancichino la concrusione, ma in fonno, a risentilla, nun c’è morale più nova che possa tinticatte la conchija dell’orecchia o, magara… l’anfiteatro der palato…” “…puro qua se parla d’un regno (quello de li fornelli), d’un principe (er popolo), d’una cenerentola (la cucina), e d’un sacco d’antri elementi primari…” “…ar dunque, puro sta favola porta er distintivo de la semplicità e cià la conclusione che se merita…” “…pe sapella… abbasta ruzzà un tantinello cor tempo, riportasse indietro di qualche annetto, e appizzà l’occhi sur pranzo de li muratori…” “…poi, imprigionato sto ricordo, bisogna rifionnasse ner presente fra li tavolini d’un locale de moda… pe sperà in d’una mezza porzione de facioli, in un piattino de trippa, in un rocchio de coda a la vaccinara…” “…solo allora se po’ capì che la cucina romana, cenerentola de la favola nostra, è diventata regina…” In epoca più lontana, siamo alla fine dell’ottocento, era nota la frequentazione delle Osterie romane da parte degli artisti e, alcuni di questi, erano soliti ritrovarsi presso la “Osteria di Zio” nella strada Tomacelli; tre cameroni al piano terra, il primo serviva quale sala convegno per i negozianti della zona che qui discutevano dei loro affari, il secondo e il terzo costituivano il “refettorio” degli artisti. Saloni affumicati e malamente illuminati, pareti perennemente imbrattate da disegni, alcune panche, biancheria di bucato; ma quanta vita tra quelle pareti e che copiosi piatti! L’Oste, che tutti chiamavano “Zio” era personaggio bonario coi suoi giovani clienti ai quali faceva anche credito, né senza rischio, atteso che quei clienti appartenevano alla classe più numerosa ma provvista di poco denaro, quella dei cultori dell’arte. Osteria romana rileggiamo Hans Barth: “…la corpulenta Ostessa al banco, l’Oste con la sua pancia dignitosa, ai tavolini i soliti frequentatori…” “…riguardo i camerieri, lo stesso Oste consigliava di non chiamarli col fischio, né col rumore dei bicchieri, vi sono camerieri, avvertiva serio, che portano nomi principeschi e discendono direttamente da famiglie di Papi, a cui tu, modesto plebeo, puoi dare tutt’al più la mancia…” “…quanto all’Oste, poi, trattalo sempre con grande rispetto!” Mi ritorna alla memoria una sera di parecchi anni or sono trascorsa in una tipica affollata Osteria di Trastevere, era luglio inoltrato e nel Rione si festeggiava la “Festa de’ Noantri”, diradatasi la clientela, alcuni avventori, già serviti e comodi seduti attorno alla lunga tavolata, estraggono dagli astucci i loro strumenti musicali dando vita ad un improvvisato gradevolis- simo concerto. Le finestre protette da inferriate danno direttamente sulla via e sono aperte, la gente, sentiti i suoni e intravisti i musicisti, si ferma a curiosare, si formano capannelli, dalle vicine Osterie escono altri avventori, codazzi di persone si avvicinano, la strada è ormai piena e tutti partecipano all’improvvisato concerto, dentro e fuori si ride e si applaude; vino, cucina e musica, a cui si aggiunge la presenza del gioioso, rubicondo Oste, una serata indimenticabile che si protrae fino a notte tarda . Altra Osteria di Trastevere usava richiamare l’attenzione del passante con alcuni versi messi giù alla buona: “ … Viemme a trovà, fratello, se sei fatto per magnà nostro e che te piace er vino … “, qui trovi: “…lunedì, la coda… na bontà …” “…er martedì, pe sta proprio ar listino, li facioli co’ le cotiche …” “…mercoledì, co’ un signor stufatino …” “…giovedì, li gnocchi da leccatte er piatto …” “…er venerdì, la zuppa de pesce… come s’aggusta in Paradiso …” “…sabbito, la trippa fatta come s’usa …” “…la domenica poi, ar coco je va da scapricciasse, … supplì ar riso da magnattene cento … e dico poco … ” Campo de’ fiori WANTED Wanted, Usa, 2008. Genere: azione; regia: Timur Bekmambetov; soggetto: Mark Millar, J. G. Jones, Michael Brandt, Derek Haas; sceneggiatura: Derek Haas, Michael Brandt, Chris Morgan; montaggio: David Brenner, Dallas Puett; interpreti: Angelina Jolie, James McAvoy, Morgan Freeman, Thomas Kretschmann, Terence Stamp; musica: Danny Elfman; distribuzione: UIP; durata: 110 minuti. Immagina. Immagina acrobazie mozzafiato, funamboliche corse sui tetti dei vagoni ferroviari, inseguimenti automobilistici con il piede inchiodato sull’acceleratore e proiettili sparati ad effetto, che nessuna perizia balistica riuscirebbe mai ad identificare. Elucubrazioni mentali di qualcuno psicologicamente represso ed insoddisfatto dalla vita? Sì e no. Almeno per l’inetto contabile Wesley Gibson (James McAvoy). Dopo esser stato cornificato su un tavolo Ikea dalla ragazza petulante con il suo miglior amico, strigliato a dovere dall’obesa capoufficio e schernito perfino dallo sportello del bancomat, altrochè se Wesley è depresso. Rassegnato ad una vita difficile, l’impiegato si aggrappa ad un tubetto di barbiturici, tirando avanti. È già tanto sopravvivere per lui, figuriamoci vivere! Eppure, un ciclone di letale sensualità sta per travolgere l’esistenza di questo perdente nato. Il suo nome è Fox (Angelina Jolie), la sua missione uccidere. Ma no, cosa avete capito? Non è il nostro scribacchino il suo bersaglio, tutt’altro. A mano a mano che la pellicola scorre, sappiamo tutto- o almeno così crediamo- di cosa le ronza nella testa. La donna dichiara di far parte di una confraternita di killer, un’organizzazione massonica nata con il fine di equilibrare il bene e il male sulla Terra; chi entra a farne parte deve operare da giustiziere ovvero eliminare futuri assassini. Attenzione: teniamo bene a mente che le vittime nel mirino di Fox e della sua banda non si sono ancora macchiati del sangue d’innocenti, ma il responso infallibile dell’oracolo (il cosiddetto “Telaio del fato”) lo ha già previsto in anticipo. Pertanto, non 13 di Maria Cristina Caponi rimane altro che evitare l’irreparabile, decretando la morte di un malvagio per salvare altre 10, 100, 1000 vite. Bisogna agire preventivamente e subito, così la pensano i sicari della confraternità e mai un dubbio o un attimo d’esitazione ha impedito a qualcuno di loro di premere il grilletto. Tuttavia, Gibson non può far a meno di chiedersi cosa c’entri uno smidollato come lui con questi “castigamatti”. La risposta è semplice: il nostro piccolo eroe si scopre l’eletto, l’unico in grado di freddare una “monade impazzita” che, uscita fuori dal gruppo, si è messa in proprio ed ora cerca di eliminare uno ad uno tutti i suoi ex compagni. Per Wesley, smanioso di dimostrare quanto valga veramente, l’offerta di aderire a questa spietata comunità rappresenta un’occasione da prendere al volo per tagliare tutti i ponti con la grigia realtà precedente. A questo punto, inizia il suo duro addestramento a base di pugni in faccia, mosse repentine per schivare pugnali affilati e bagni rigeneranti… Nel dicembre del 2003, lo scozzese Mark Millar iniziò ad ideare per la casa editrice Top Cow la graphic novel Wanted, che si protrasse per altre cinque puntate fino al febbraio 2005. Nel fumetto diversi gruppi di cattivi, dopo aver avuto la meglio sui vari Superman, Batman, Spiderman e Captain America, si spartiscono il pianeta in zone d’influenza. Il mondo è nelle loro mani e, per ottenere la resa incondizionata dei popoli che vi abitano, procedono ad una sorta di collettivo lavaggio del cervello. Tutto questo non trova riscontro nel film diretto dal regista russo Timur Bekmambetov, notissimo in patria- meno in Occidente- per I guardiani del giorno e I guardiani della notte (prossimamente uscirà in sala il terzo atto di questa trilogia ossia I guardiani del crepuscolo). Similmente, d’alcuni personaggi-cardine delle tavole di Millar come Succhione, Testa di merda o Atropa Belladonna se ne sono perse le tracce nella pellicola omonima. Peccato. Infine, seppure Fox e Wesley erano stati disegnati sulla carta strizzando l’occhio alle sinuose forme di Halle Berry e al volto noto del rapper bianco Eminem, Bekmambetov si è concesso una “licenza poetica”, scegliendo per quei ruoli una tatuatissima Angelina Jolie e il minidivo in ascesa James McAvoy, la cui rassomiglianza fisica con il nostro Silvio Muccino è a dir poco strabi- liante. La scelta degli interpreti si è dimostrata a dir poco azzeccata, soprattutto per quanto riguarda il protagonista maschile, già apprezzato in precedenza in opere come Espiazione e The last king of Scotland. Alla coppia micidiale si aggiungono, oltre ad un ritrovato Terence Stamp, un Morgan Freeman le cui ultime interpretazioni sembrano ricalcate sulla carta velina, per quanto affatto identiche fra loro. In questa estate all’insegna delle mega produzioni foraggiate dalla Marvel e Dc Company (basti guardare la trepidazione per l’attesissimo Il cavaliere oscuro), anche Wanted cattura il suo pubblico. Difatti, discostandosi abbondantemente dall’originale, può essere apprezzato altresì da chi neanche era a conoscenza delle trame e sottotrame tratte dalla dark graphic novel di Millar. Bekmambetov si destreggia con impareggiabile abilità e una dose massiccia di humour nero in un blockbuster dal montaggio adrenalinico, in grado di far sprizzare energia da tutti i pori: tanto che inquadrature da posizioni impossibili sono tagliate così velocemente da risultare a volte abbastanza caotiche, nonostante rimangano sempre spazialmente coerenti. Invero, anche l’orecchiabile colonna sonora dai toni incalzanti contribuisce alla giusta atmosfera. L’unica spina nel fianco di questo gioiellino della cultura pop, a metà strada tra un videoclip musicale ed uno spot pubblicitario, è una certa monotonia delle scene d’azione, visibile non tanto nelle spumeggianti trovate visive, quanto per il fatto che si susseguono in un continuum davvero ripetitivo. Qualcosa di simile negli intenti era stato tentato altresì nel recentissimo Shoot’em up, oggi ricordato solo per via della bollente scena di sesso aventi come protagonista Monica Bellucci e Clive Owen. Per quanto riguarda Wanted, sicuramente una trama meno esile e passaggi narrativi meglio articolati avrebbero potuto davvero fare la differenza ma, dagli sceneggiatori Derek Haas, Michael Brandt e Chris Morgan autori di Fast and Furios, in fondo non si può chiedere più di tanto. Accontentiamoci, sperando- una volta tanto- in un sequel. 14 Campo de’ fiori Insegnamento da una pianta Mi chiamo “pianta”, sono un essere vivente, non ho molte pretese, ma una semplice ambizione, che poi è la sola, come per te, che ti dici intelligente: voglio crescere e progredire in nome dell’evoluzione. E’ un processo molto lento, che iniziò con il creato, un sistema assai perfetto, che modella la natura. Ero seme, ora son pianta. Le stagioni ho trovato; per regalarti il mio splendore ho resistito. E’ stata dura! Ora la mano prepotente agisce in conto del progresso. Taglia, brucia, spiana e inquina, come fossi suo nemico. I miei doni non apprezza e non capisce, povero fesso, che le risorse che elargisco sono il tesoro più antico. di Massimiliano Pacelli Fabrica di Roma (Vt) Str. Falerina km 9,00 Tel. 0761 568622 Fax 0761 567951 www.verdeflora.it [email protected] Arredo giardino Esemplari di cycas Palmizi e Piante mediterranee Non ho orecchie per sentire, né la voce per parlare, non ho reazioni alle ferite, io cado senza lamentarmi. Uso altri sensi. “Le emozioni”, per poter comunicare, sa percepirle il cuor gentile, basta già solo guardarmi. Con le essenze dei miei fiori posso farti innamorare; nelle torride giornate la mia ombra ti rilassa; puoi scaldarti col mio legno e le tue case edificare. Quando ascolti i miei fruscii ogni angoscia, poi, ti passa. In autunno i miei colori, fonte di malinconia; fiori sgargianti in primavera arricchiscono i paesaggi; in inverno vesti bianche sanno infonderti armonia e l’ossigeno d’estate? Il più prezioso dei vantaggi! Certo è enorme il tuo potere, il tuo impatto sull’ambiente! Sei un essere capace, anche se, ti dico, in fondo, credi di essere il più forte, ma fra te e me chi è più imponente? Vorrei tanto insegnarti come si fa ad amare il mondo! Riccardo Pacelli Comune di Fabrica di Roma - Ass alla R Cultura e Proi d a c Loco mettono il loro i r Fab logo sulla piu’ vecchia rassegna cinematografica della Provincia “ Cinemaestate 2008” , giunta alla XXVI edizione partita il 10 luglio. La sede è la solita del piazzale antistante la palestra comunale ( P.le Dante Alighieri). Con due proiezioni settimanali come nel calendario allegato dal 10 Luglio al 21 Agosto per un totale di 13 films un po’ per tutti i gusti , un timbro non eccessivamente impegnato e rivolto comunque a tutti, con titoli tra i piu’ gettonati del momento. Il costo del biglietto d’ ingresso è di Euro 3,50 . Il phieghevole con il programma è esposto in diversi esercizi pubblici e commerciali della provincia e del luogo ed annuncia anche la decima edizione della Festa della Birra - Rassegna di musica giovanile- che come ogni anno si svolge a fine agosto. Le date di quest’anno sono per il fine settimana 29-30-31 Agosto con formazioni musicali di ottima levatura e con una partecipazione, al concerto piu’ importante, di un artista di grande richiamo nazionale. Tra pochi giorni il programma anche di questa manifestazione, che gode tra l’altro del patrocinio della Provincia di Viterbo. oma Aperto la domenica mattina Campo de’ fiori 16 AFMAL Associazione con i Fatebenefratelli per i Malati Lontani AERONAUTICA MILITARE Ufficio Pubblica Informazione AFMAL E AERONAUTICA MILITARE DI NUOVO INSIEME PER “RIDARE LA LUCE” IN AFRICA L’ AFMAL- associazione con i FBF per i malati lontani, il 10 luglio ha organizzato un evento a sostegno del progetto RIDARE LA LUCE. La location sono stati i giardini della Curia dell’Ospedale San Pietro, dove ha suonato per i numerosi ospiti la banda musicale dell’Arma dei Carabinieri composta da 85 elementi, diretta dal Maestro Massimo Martinelli. Con loro ha cantato il Soprano Anna Maria Albano accompagnata dalla Pianista Flavia Bolognesi. Gli ospiti hanno continuato la serata fra sapori e musiche romanesche in una atmosfera di ricercata semplicità e armonia, insieme per sostenere il progetto RIDARE LA LUCE. Portato avanti dal 2003 nell’Africa Sub Sahariana, con lo scopo di combattere il problema della cecità provocato da malattie degli occhi non curate. La cecità colpisce circa 2 milioni di persone. In molti casi a causa di patologie semplici come appunto la cataratta. Nell’ultima missione, partita lo scorso 29 maggio, l’AFMAL in collaborazione con l’Aeronautica Militare, ha potuto realizzare quasi 400 interventi di cataratta e oltre 1.000 visite ambulatoriali. Le due delegazioni,una coordinata da Fra Benedetto Possemato, Consigliere Nazionale AFMAL, l’altra dal Generale dell’Aeronautica Militare Manfroni, hanno avuto come basi operative l’ospedale San Giovanni di Dio fondato dai Fate bene fratelli nel 1956 nella città di Asafo in Ghana, e l’Ospedale del Buon Samaritano nella città di N’ojamanen in Ciad. Le due equipe composte da medici e infermieri volontari degli ospedali Fate bene fratelli di Roma, Napoli e Genzano nonché Ufficiali medici del Corpo Sanitario dell’Aeronautica Militare, sono rimaste in Africa fino all’11 giugno per effettuare il numero prefissato di interventi e visite, impegnandosi anche nella formazione di medici e infermieri africani per dare loro la possibilità di curare autonomamente, in futuro, le malattie degli occhi. Il progetto “Ridare la luce” ha anche una finalità sociale: in queste regioni africane il cieco non può lavorare e ad esso viene affiancato un “bambinoguida” che deve seguirlo fino alla maggiore età, sacrificando la propria infanzia e giovinezza. Grazie a questi interventi umanitari, molti bambini hanno l’opportunità di riacquistare la libertà di correre, giocare, andare a scuola. Finora sono state realizzate 17 missioni umanitarie per un totale di circa 2.200 interventi chirurgici e quasi 9.000 visite ambulatoriali. Nell’ambito del progetto, si colloca l’iniziativa “Occhiali per il mondo” che prevede in varie parti di Italia la raccolta di occhiali da vista in disuso. Dopo essere stati monitorati e catalogati, vengono spediti presso le missioni di “Ridare la luce” in Africa; qui, a seguito delle visite oculistiche, gli occhiali vengono dati alle persone che hanno bisogno di correzioni, che per la maggior parte sono bambini. Banda Musicale dell’Arma dei Carabinieri Ospiti alla serata per l’Africa Simona Carloni Fra Benedetto e Fra Gerardo per la missione in Africa Fra Pietro e Fra Gerardo alla serata per l’Africa Campo de’ fiori 17 10 Giorni di campeggio nella Repubblica dei Ragazzi A 4 km da Civitavecchia, sorge, palpitante di vita, la Repubblica dei Ragazzi, incorniciata a levare da leggiadre colline, e accarezzata a ponente dal Mar Tirreno. In questa singolare città, la vita dei giovani cittadini, trascorre in un clima dei libertà serena, opportunamente equilibrata dal progressivo senso di responsabilità, risultante dal personale esercizio dei molteplici incarichi, con cui essi stessi provvedono ad organizzare la loro attività comunitaria. In questa Repubblica vi sono linde casette, divise da vie, piazze e aiuole fiorite, vi sono scuole, officine, il bar, i negozi, la banca per la moneta interna, le aule delle assemblee popolari, la palestra e i campi sportivi, la Chiesetta. Il Sindaco, i consiglieri, il questore, vengono tutti eletti fra i ragazzi, che nelle assemblee discutono i loro problemi e, quando occorra, emanano le loro sanzioni. E’ stato un vero piacere, per i giovani di Civita Castellana, trascorre 10 giorni in un ambiente così accogliente e vario. Si è subito stabilito uno schietto cameratismo, si sono create amicizie, si è partecipato alla vita intensa e varia della piccola Repubblica. Dopo un arrivo alquanto movimentato, a causa del cambio dei mezzi di trasporto, l’arrivo del superciclista Macario, che ha percorso il tragitto di 100 km tutti di un fiato, ha suscitato un certo fermento nel campo, a causa dei soliti piccoli scherzi, concertati dalla Ditta Mario & C. Il pranzetto alla trattoria Rino, anche se salato, ha messo l’euforia in Di Lorenzi, definito immediatamente il Signoretto del campo. Bruno Fontana, in alto terzo da sinistra, con una comitiva di amici La prima visita mattiniera a Civitavecchia, mette l’Assistente Don Giacomo nella necessità di richiamare all’ordine l’intraprendente rubacuori Nelli Aldo, asso imperterrito dell’auto-stop. Gli inseparabili Fidaleo e Quirini pescano all’amo sul vecchio molo; al tipografo e al signoretto piace fare i lucertoloni sugli scogli, mentre qualcuno troppo spendaccione, risparmia facendo giretti intorno alla tenda…. Sono rimaste famose due serate, quella dello scoppio dei fuochi artificiali a Civitavecchia, in cui per fortuna non c’era nessuno dei nostri…mentre c’era pure gnaccheretta… E quella dell’incontro di Caprari, visto nel Salone della Repubblica; il simpatico Direttore del Villaggio, rimase entusiasmato dal tifo dei civitonici. 18 Campo de’ fiori Una “Fabrica” di ricordi Personaggi, storie e immagini di Fabrica di Roma Lucia Francola, mani di fata 1961 - In alto da sx: Maria Pia Pulcinelli, Rosanna Pulcinelli, Marilena Narduzzi, Laura Fortuna, Lucia Francola, Angela Alessi. In basso da sx: Silvana Pulcinelli, Nadia Ricci, Anna Grandi, Lucia Beccaccioli, Rina Tabacchini, Ione. E’ una storia d’altri tempi quella che vi voglio raccontare, una di quelle storie che spesso vengono pubblicate sulle pagine di questa rivista, sempre attenta ai ricordi del di passato, che possono Sandro Anselmi essere di grande insegnamento per questo nostro misero presente. La protagonista è una anziana signora di ottant’anni, di Fabrica di Roma, conosciuta da tutti per il suo mestiere di sarta, un mestiere oggi quasi completamente scomparso perchè affidato ai macchinari della tecnologia moderna. Lucia Francola aveva appreso l’arte del taglio e cucito a Roma, dove aveva vissuto per qualche anno insieme alla sua famiglia, prima di trasferirsi a Fabrica di Roma. Una volta stabiltasi qui, si crea intorno a lei una cerchia di giovani apprendiste, desiderose di imparare il mestiere per crearsi un proprio futuro. Lucia era ricercata in tutta la provincia e la sua specialità erano gli abiti da sposa. Accoglie le sue allieve nella propria casa e arriva ad averne addirittura una venticinquina, tutte munite di quella particolare borsetta legata in vita, che le caratterizzava, contenente tanti fili colorati e utilissima per appuntare gli immancabili spilli da sarta. Si inizia quasi per gioco, per passatempo. Prima una, poi due, poi tre, fino a che non si diffonde completamente la voce e si viene a formare una vera e propria scolaresca casalinga! C’è tanta allegria. Chiacchiere e risa per alleggerire quei momenti comunque impegnativi, dove bisogna mettere a frutto le proprie capacità mentali di apprendimento e stare molto attente a non tagliar male le stoffe, prendere bene le misure, non pungersi con l’ago...... ricorda con simpatia e nostalgia il nipote di Lucia, Giovanni, nostro fedele collaboratore, come, ancora bambino, di tanto in tanto, gironzolava tra le ragazze, in cerca di quelle piccole calamite nere, utilizzate per raccogliere gli spilli a fine giornata, che tanto lo attraevano. Già da allora si faceva avanti in lui la curiosità per questi fenomeni naturali, tutti da studiare! Quello di Lucia è stato un servizio veramente utile! Molte di quelle ragazze, cresciute sotto i suoi occhi, ancora oggi possono ringraziarla per aver messo a loro disposizione tutte le sue conoscenze, la sua maestria, la sua passione! 20 Campo de’ fiori LO STUDIO DELLA LUCE NELLA PITTURA DI ERALDO BIGARELLI DAGLI OCCHI DELLO STORICO DELL’ARTE DOTT. ANDREA ALESSI della Prof.ssa M. Cristina Bigarelli Pittore dal temperamento impetuoso, ma sereno nell’intuizione del reale, estrae alcuni angoli oscuri con il gioco della luce, che non è un mero tentativo di illuminare l’oggetto, il corpo, il volto, le figure o gli occhi del soggetto trattato, bensì “identificare e far luce sulla cerniera di una posta in gioco” rilevante e profonda. “Il solo atto di illuminare è già intervenire sulla realtà” in modo veramente vigoroso e gagliardo. Per Alessi, Eraldo Bigarelli si caratterizza fondamentalmente per la brillantezza e la calda luce dei siti, dei volti e delle immagini paesaggistiche africane cariche di remoti e profondi avvenimenti storici custoditi nei deserti sabbiosi, fortificati in quelli rocciosi e inumati nelle vaste e possenti foreste tropicali, nei misteriosi percorsi geo- grafici, nelle enigmatiche tradizioni etniche diversificate sul vasto territorio esotico, nei bagliori luminosi e negli acuti echi che si svelano e si nascondono nei volti dei suoi abitanti come attraversati dal silenzioso passaggio della sabbia su di essi o come l’intenso impasto del verde cupo delle foreste , il cui frusciare culla e risveglia la vita. La luce, che avvolge e illumina, sprigiona l’energia, la stessa che Bigarelli assorbe negli anni delle campagne africane, che non potrà mai più dimenticare e che illuminano il suo cuore, creando sintonia e complicità con questi ambienti. Dalla oscurità della notte nasce il giorno dei deserti sterminati del Sahara, con le sue dune le cui cime si modellano per la presenza di vento e assumono tonalità più o meno intense di colore, dipendenti dalla luminosa energia delle albe e dei tramonti. Non meno significativo lo studio della luce nel periodo che Alessi identifica come post caravaggista in una pittura alla maniera di George De La Tour che propone la luce in formule particolari, palesata dalla presenza di una candela che illumina, che plasma i corpi in modo vero perché i suoi modelli sono reali. Secondo recenti ed approfonditi studi su alcuni documenti, il prof. J.T. Spike ci informa sul fatto che nel periodo a cavallo tra il 1500 e il 1600, i pittori dipingono dal vero, studiando l’anatomia e tutto quello che concerne la figura nei suoi dettagli più esteriori o più intimi. Infatti Bigarelli studia le sue figure in modo minuzioso e anche l’ambiente in cui vivono viene riproposto come un vero e proprio spaccato della realtà.” “Si può intuire” dice il dott. Alessi, “quali saranno le novità di Bigarelli, un pittore che ama chiaramente l’arte figurativa con il vezzo di immortalare nei suoi volti, nelle sue nature morte esotiche,nei suoi reperti archeologici, nei suoi scorci e nei suoi ritratti e nei suoi paesaggi, un momento, un pensiero, un’emozione che invito ad osservare e, quindi a percepire nel profondo, nelle prossime proposte pittoriche di Bigarelli”. 21 Campo de’ fiori Il miracolo della Madonna di Uliano Tratto da un antico manoscritto. “Nell’anno 1242 viveva in Magliano Sabino un nobile Signore per nome Giuliano Uliani. Egli erasi disposto ad una colta Dorotea, pia ed affezionata consorte. Dopo vari anni di matrimonio infecondo, come piacque a Dio, si ebbe un vezzoso bambino. Quando ne godesse l’animo dei fortunati genitori non è a dire. Si trovano allora per caso in campagna in una deliziosa casina che è tra Colledoro e Chiorano in quel di Magliano. A ben meglio solennizzare si avventuroso, Giuliano invita nella casina anzidetta a splendido convito i parenti e gli amici, che numerosi aveva in Magliano. Al dì posto andarono gli invitati. Si era nel meglio del convito, quando Dorotea, pregatane dai convitati, va a prendere il suo bambino e loro mostrarlo per appagarli. Miratela! Come si affretta!… E’ già presso la culla… Ahimè si arresta! Mette un grido straziante… Cade in terra svenuta!… Cosa era avvenuto?… La fantesca, sossopra dalla festa aveva gettato sul neonato bambino dei mantelli che i convitati messisi avevano su di una cassa alla culla vicina. Al grido straziante della povera Dorotea accorre subito Giuliano. Quale ne sarà stato lo schianto dell’anima sua in rimirar disteso morto in sul letto il suo caro figliolo? Tuttavia per non contristare la gioia dei convitati alle replicate incessanti istanze dei medesimi di voler vedere il bambino, risponde: “Non è bene destarlo, non avranno certo a mancare occasioni”. Usciti che furono i convitati, Giuliano, preso da un forte e cieco furore, che tolto presso, perché vi finisse miseramente la vita. Dorotea colaggiù ridotta, raccolse le poche forze che rimaste le erano, e dolorosa e fidente rivolge a Maria la consueta preghiera: “AVE MARIA!”… La Vergine accorse pietosa, e dalla chioma di una quercia antica così prese a dire: “DOROTEA, TUFFA LE MONCHE BRACCIA NELL’ACQUA CHE VICINA TI CORRE.” Dorotea ubbidisce, oh prodigi! Ve le ritrae con ambedue le mani. Con esse lava le fosse degli occhi e del seno e gli occhi e le mammelle tornano in men che non è detto. Non rimaneva che l’esanime corpicino del figliol suo. Ella senz’altro lo tuffa nell’acqua miracolosa, e vivo le torna a sorridere. Rapita in estasi rimase la buona Dorotea. Il dì seguente, Giuliano quasi a soffocare i rimorsi che gli trambasciavano in anima, se ne va a cacciare nella selva. Ode per entro di essa un fruscio… Tende l’arco… Va leggero sui passi, vede, oh vista bellissima! Vede la sua Dorotea interamente sanata e vivo pure il suo defunto figliolo. Si getta Giuliano ai piedi di Dorotea, glie li bagna di lacrime, le domanda perdono, bacia per più volte il bambino e risaputo poi da essa il prodigio volle che a perenne testimonianza del fatto si erigesse una chiesa, ove lì appunto era apparsa la SS.ma Vergine.” l’aveva di sé, stringe nella destra un ferro, e forsennato si scaglia sull’innocente Dorotea. Supplichevole la dolente gli si getta ai piedi. Egli afferra i capelli, glie li lacera, le cava, misera, gli occhi, le taglia di un sol colpo ambedue le mani e, ciò fosse poco, le recide, ahi strazio…, l’una e l’altra mammella! Cadde stramazzoni a terra la poverina, tutta lorda e brattata del proprio sangue. Ella però non è ancor morta. La Vergine della quale Dorotea era devotissima, voleva in essa far mostra della sua pietà, della potenza sua. Giuliano, così come ella è tra viva e morta, appeso che le ebbe al collo il morto bambino, la fa trascinaTarga posta sul luogo della polla miracolosa re da un servo in fondo alla selva colà Magliano Sabina (Ri) - Cecilia in visita al Santuario della Madonna di Uliano 22 Campo de’ fiori Selci Torniamo nuovamente nelle bellissime campagne della sabina, dove abbiamo già avuto modo di “visitare” il comune di Magliano Sabina. Ci fermiamo, stavolta, in un piccolo paese di Ermelinda Benedetti della provincia di Rieti, arroccato sulla cima di un’altura, a 204 metri sul livello del mare, nel cuore della bassa sabina: Selci, che conta poco più di mille abitanti. E’ raggiungibile tramite l’A1, uscita Ponzano Romano – Soratte, e tramite la S.S. Salaria, uscendo a Passo Corese. STORIA Sin dall’epoca romana Selci fu un centro di grande importanza strategica, grazie alla sua posizione, che gli permetteva di controllare il tratto viario che dalla Salaria conduceva a Forum Novum, il centro burocratico e religioso più attivo ed importante del circondario. Ma la nascita vera e propria del paese è da far risalire alle invasioni barbariche e saracene dei secoli VII-IX, che spinsero la popolazione del Castrum di Campolungo a trasferirsi nel vicino territorio che ha dato origine all’attuale Selci. Il particolare nome dovrebbe derivare da una strada romana che percorreva il territorio, lastricata con grossi basoli di selce nera. A poco a poco l’abitato fu fortificato con mura e l’agglomerato urbano divenne castrum, castello. In seguito a mutamenti Selci divenne comune. Quando la Chiesa di Roma si impossessò di tutti i castelli della sabina, anche gli abitanti di Selci gli giurarono sudditanza. In seguito allo spostamento della curia papale de Roma ad Avignone, Selci approfittò della confusione creatasi ribellandosi alla Santa sede, istigata dai Savelli, dagli Orsini e dai Colonna. Ma nel 1364, con l’aiuto di Giordano Orsini, il Pontefice ristabilì la sovranità papale e Selci fu nuovamente sottomessa alla Santa Sede. Tra il XIII e XIV secolo la gestione di vari castelli di questo territorio venne affidata ai Sant’Eustachio e a Ricardo di Pietro Iaquinti. Nel 1510 quest’ultimo si contese la podestà di Selci, con Le guide di C Tebaldo della famiglia dei Sant’Eustachio, fino a che non intervenne il Vicario del Rettore a porre fine alla disputa. Terminato il regime comunale si insediarono gli Orsini, che iniziarono un periodo di infeudazione, fino al 1596, quando morto Virginio Orsini, la Reverenda Camera Apostolica vendette il castello ai Cesi. Della loro presenza rimane una importante testimonianza: lo Statuto del 1455. Importanti innovazioni assicurò la famiglia dei Cesi alla sua popolazione: ristrutturarono il grandioso gruppo di fabbricati che circonda l’antica torre di Selci; emanarono i “Bandi generali”, un codice civile in favore del ben vivere civile; fondarono una “Cappellania” nella Chiesa di Santo Stefano, dove gli abitanti del contado potevano adempire gli obblighi della religione cristiana senza doversi recare in paese. Nel 1697 Angelo Federico Perdonato Cesi, pressato dai debiti, fu costretto a vendere il castello di Selci, per quattromila scudi, a Guido Vaini. Nel 1722, dopo tre secoli e mezzo di gestione feudale, Selci tornò sotto il controllo della Chiesa di Roma, la Il borgo cui dominazione era stata interrotta temporaneamente dalla dominazione napoleonica e venne ristabilita nel 1815, al termine di essa. Selci tornò ad essere comune autonomo nel 1818. Con la proclamazione del Regno d’Italia la provincia sabina fu aggregata a quella umbra di Perugia, fino a che il governo fascista non elevò Rieti a capoluogo di provincia. Antica porta d’ingresso ITINERARIO TURISTICO Con il passare del tempo il paese, soprattutto nell’ultimo secolo, ha subito profonde trasformazioni, che rendono difficile individuare l’originaria forma del tessuto urbano. Tuttavia è possibile notare che il centro storico ha mantenuto quella parti- Campo de’ fiori 23 Campo de’ fiori Chiesa di San Salvatore colare forma ovoidale, con un unico ingresso. Oltrepassato tale accesso, troviamo, a destra, la chiesa parrocchiale, dedicata al Santo Salvatore, nella quale si conserva una Pala del XVII secolo, raffigurante il San Salvatore tra nuvole ed angeli, che poggia il braccio sinistro sul globo, in adorazione i Santi Eleuterio Papa, Rocco con il cane, entrambi comprotettori di Selci, Santo Stefano diacono, principale protettore del paese e San Bernardino da Siena; un’altra pala del XVII-XVIII secolo, raffigurante la Madonna Immacolata, sopra l’altare di sinistra; dello stesso periodo, il quadro raffigurante la Conversione di San Paolo e la Fonte battesimale in legno dipinto, di artigianato locale. A sinistra una piazzetta con torre, un tempo rispettivamente “platea palatii Comunis e rocca castri”. L’abitato è delimitato tutto all’interno da mura, le quali verso est, sono divenute un tutt’unico con alcune abitazione di costruzione tardiva. Al circuito murario appartiene un torrione circolare che si trova ai margini dell’abitato, dove anticamente si apriva una porta minore. Numerose chiesette rurali sono sparse nella campagne, come quella di Santo Stefano e quella di Sant’Eleuterio, quella di San Vincenzo di jus, patronato della famiglia Savini, di San Domenico e San Bonaventura della famiglia Quintiliani, di San Lucia della famiglia Benedetti, dalla quale è stata ricavata la fontana della Piazza del Popolo. Nella Villa di Tulliano, sull’omonima collina, sono stati rinvenuti due cippi funerari, del periodo traianeo-adrianeo, dei coniugi Tullio Epafra e Tullia Simferusa. TRADIZIONI E FESTE Festa di Santo Stefano Festeggiamenti in onore del Patrono di Selci il 3 agosto. SS. Nome di Maria La seconda domenica di settembre di ogni anno. La mostra del pane Fine di giugno. La sagra della porchetta Festeggiamenti per uno dei prodotti tipici locali, la seconda domenica di agosto. SAPORI TIPICI La porchetta selciana è diventato il prodotto più caratteristico del paese ed è il risultato di una esperienza che si è tramandata di generazione in generazione. LE CURIOSITA’: Ma lo sapevate che… I cinque cognomi più diffusi a Selci sono: Antonini, Mattei, Giorgini, Urbani, Stefanini. Palazzo comunale 24 Campo de’ fiori CENTRO DI CONSULENZA Neuropsichiatrica, Psicologica, Logopedica, Psicopedagogica Via T. Tasso 6/A - Civita Castellana (VT) Tel. 0761.517522 Cell. 335.6984281-284 www.centroceral.com [email protected] UN’AVVENTURA CHIAMATA ADOLESCENZA ... continua dal n. 51 La famiglia: I cambiamenti che interessano l’adolescente si ripercuotono all’interno del contesto familiare. Il ragazzo in questo periodo ha due a cura della esigenze tra loro contraDott.ssa Francesca stanti: da un lato sente il Celeste Psicologa bisogno di essere protetto dalla famiglia di origine e vorrebbe restare bambino, dall’altro vuole differenziarsi e acquisire autonomia. La famiglia deve affrontare l’arduo compito di trovare un nuovo equilibrio, di rinegoziare le distanze interpersonali per venire incontro alle esigenze, si sente a disagio, si domanda quale sia la cosa giusta da fare. I genitori, in fondo, hanno la consapevolezza che il loro figlio sta diventando grande, ma possono essere riluttanti ad ammetterlo, possono essere preoccupati di fronte alle richieste di autonomia e spaventati dal fatto di dover riassettare un equilibrio che ha funzionato bene per molto tempo. Il genitore adeguato dovrebbe essere sufficientemente flessibile da accogliere sia le richieste di protezione, che di autonomia del figlio, per aiutarlo nella ricerca della propria individualità senza farlo sentire solo. I coniugi si ritrovano a fare un bilancio di sé stessi come genitori, marito e moglie. L’adolescenza del figlio rimanda ai genitori l’idea del tempo che passa e fa riaffiorare in loro i ricordi della propria adolescenza che si erano con il tempo assopiti, intensificando le emozioni nei confronti dei propri genitori. Alcune ricerche hanno dimostrato che i genitori di un figlio adolescente presentano grande stress e il matrimonio è soggetto a molte crisi, maggiormente accentuate all’interno di quelle coppie i cui coniugi si erano soprattutto identificati nel ruolo di genitori. In quest’ultimo caso, essi possono rischiare di sentirsi inutili o inadeguati di fronte al figlio che diventa indipendente, può venire meno la capacità di investire in termi- ni di sostegno reciproco e di creare obiettivi condivisi. D’altronde l’adolescente fa ben poco per agevolare l’armonia famigliare, è sempre alla ricerca del conflitto, mette in discussione idee e valori genitoriali. Questi contrasti permettono al ragazzo di conoscersi meglio, di confrontare le sue idee e di definirsi rispetto al punto di vista altrui. Inoltre, attraverso il conflitto l’adolescente impara alcune abilità sociali quali la capacità di ascolto, comunicazione, negoziazione, che saranno indispensabili per la futura vita relazionale. L’identità: L’adolescenza, oltre alla crescita corporea, è contrassegnata dalla definizione dell’identità. Il ragazzo abbandona lentamente il concetto di sé costruito sull’opinione dei genitori per sostituirlo ad una considerazione di sé derivata dai giudizi dei coetanei, ove è di fondamentale importanza l’aspetto fisico, l’attrazione sessuale e l’intelligenza. L’adolescente può sentirsi valutato negativamente in alcuni di questi settori e ciò comporta inevitabilmente ansia, frustrazione o l’atteggiarsi in modo compensativo, nel tentativo di primeggiare in ambiti in cui si è considerati poco abili. I genitori possono essere tentati di diventare iperprotettivi, con il rischio che il figlio si opponga eccessivamente al mondo degli adulti. L’acquisizione di una propria identità è un processo che dura anni e si costruisce attraverso la sperimentazione e l’identificazione. La sperimentazione consente di provare a recitare una molteplicità di parti, immedesimarsi in differenti ruoli. Contemporaneamente, avendo la possibilità di conoscere tante persone, l’adolescente ha la possibilità di osservarle, esserne affascinato, provare a imitarle. La sperimentazione e l’identificazione fanno sì che l’adolescente riveli una molteplicità di volti a seconda dell’ambiente in cui è. Ad esempio, un ragazzo può essere educato e riservato a casa ma indisciplinato a scuola, con grande stupore dei genitori. Attraverso le sperimentazioni e le identificazioni l’adolescente si riconosce come separato dagli altri e, con- frontandosi con l’immagine che gli altri gli rimandano, si confronta con le proprie abilità ed i propri limiti. L’identità finale è frutto della scelta e della sintesi di alcuni dei ruoli sperimentati e inevitabilmente comporta il lutto per la perdita delle altre possibilità. La cognizione: L’ingresso nell’adolescenza comporta anche il perfezionare la capacità di ragionare in astratto, sapere valutare differenti ipotesi, valutare le conseguenze di una scelta. Queste abilità sono presenti anche prima dei dieci anni, ma dopo i dodici anni la persona acquisisce la consapevolezza delle potenzialità del proprio pensiero, lo valorizza, vi riflette. Il raggiungere la capacità di riflettere sul proprio pensiero e su quello degli altri permette al giovane di prendere in considerazione idee differenti dalle proprie e la qualità delle relazioni muta, venendo meno il carattere egocentrico dell’epoca infantile. Eventuali successi in ambito cognitivo, quali buoni risultati scolastici, aiutano l’adolescente a rafforzare la propria autostima. La capacità di pensare a differenti possibilità rispetto alla situazione presente fa sì che l’adolescente possa diventare piuttosto critico nei confronti della sua realtà, immaginando soluzioni di vita ideali. Spesso queste possibilità non coincidono con i progetti delle figure di riferimento del giovane, ma è attraverso queste capacità di pensiero che si inizia a sviluppare la propria individualità. La possibilità di pensare in astratto permette al giovane di fare i primi progetti per il futuro, immaginarsi “da grande” e prendere le prime decisioni importanti, quali la scelta della scuola o del lavoro. La maturazione dell’individuo è un processo molto lungo che dura l’interezza della vita e non si esaurisce con il termine dell’adolescenza. Sono le esperienza quotidiane e quelle straordinarie che facciamo nel corso di un’esistenza, a contribuire al nostro sviluppo cognitivo e affettivo. Si tratta di un processo molto lento, di cui ci possiamo accorgere solo se abbiamo tempo per soffermarci a riflettere, a differenza dell’adolescenza, in cui i cambiamenti sono molti ed avvengono velocemente. L’angolo Misterioso Nella foto accanto, nascosta fra i muri, è riportata una via di Civita Castellana. Sapresti dirci il nome della Via? I primi tre che, telefonando in redazione, daranno la risposta esatta, riceveranno un simpatico omaggio offerto da: Civita Bevande. Campo de’ fiori il diario dei Giras questa pagina è dei ragazzi speciali 25 li 26 Campo de’ fiori Storia di un sogno chia Da Maurizio di Secondiano Zeroli ...continua dal numero 51 Ben presto il mio coinvolgimento all’interno dell’emittente divenne più assiduo, poiché oltre alla già citata trasmissione Teverina 2000, avevo un gioco chiamato Le rouge e le noir che conducevo insieme a Vincenzo, una rubrica cinematografica denominata Cinema news ma soprattutto le dirette d’una partita di calcio, la domenica pomeriggio. Allora si poteva usare soltanto il baracchino ed occorreva trovarsi non a grande distanza dalla sede della radio. Ricordo di aver fatto le radiocronache sui campi di Soriano, Civita Castellana, Corchiano, Ronciglione, Capranica. Poi alla sera, in via sperimentale, si metteva in funzione una telecamera e la domenica Sportiva era servita, anche se soltanto per un pubblico molto limitato di telespettatori del solo ambito sorianese. Fu in quel periodo di tempo che ebbi modo di intervistare il pugile di Tarquinia Angelo Jacopucci, morto poi nel luglio del ’78 a Bellaria, dopo un terrificante K.O. subito ad opera dell’inglese Alan Minter. C’era comunque all’interno dell’emittente un clima di grande cordialità. I ragazzi e le ragazze perlopiù sorianesi, si avvicendavano alla consolle con crescenti consensi da parte d’un pubblico che cominciava anche a far sentire le proprie critiche. Vi furono perciò diverse riunioni in cui si cercava di migliorare e di modificare il palinsesto con nuove entrate di figure professionalmente più qualificate. Lely Corsi cominciò così a proporre favolosi viaggi esotici, Massimo Formicoli parlò prima di bande musicali cittadine e poi di problematiche legate alla psicologia, Emilio intrattenne i radioascoltatori su fatti di cuore, Catello varò la rubrica giornalistica La Voce dei Cimini, bustiere bastardino Laky. Rosa, una terrasulla falsariga della collaudata Teverina nova venerata da Maurizio, aveva nobili 2000. abitudini e si arrabbiava molto quando il Un giorno, nel piazzale antistante l’emitruspante ma furbissimo bastardino le portente, parcheggiò una vecchia Alfa tava via qualche bocconcino prelibato. Romeo, da cui discese un bel giovane Rosa non mostrava nemmeno molta simmoro il cui nome echeggiava vecchi ricorpatia per uno stupendo terranova maschio di scolastici. Si trattava di Omero. Omero del regista Ettore Scola di nome Sansone, Giulivi da Monte Calvello, frazioncina vicia Soriano convocato per accoppiarsi con la no a Grotte S. Stefano, dove per anni sognobile campagnola. Non ci fu nulla da fare. giornò il pittore-poeta Balthus. Omero Rosa non gradiva le pesanti effusioni del chiedeva un ricovero e un piccolo posto in dolcissimo pachiderma e così la nostra rimase per sempre illibata. Radio. Maurizio, dopo qualche comprensiMa come è buona consuetudine, anche bile riluttanza, lo accontentò e con quelnelle migliori famiglie, sorsero delle piccol’atto, certamente in maniera inconsapevole incomprensioni tra me e Maurizio, giacle, passò il testimone ad un ragazzo che ché io avrei voluto (probabilmente sbapoi diventerà, superando indenne bufere gliando) che l’emittente diventasse un po’ varie e rocamboleschi cambi di gestione, il più aristocratica, che si desse meno spazio custode geloso di una storia che non è alle dediche e più agli approfondimenti. ancora conclusa. Omero, attraversando Risultato: per tutto l’anno ’79 me ne andai anni perigliosi e difficili, rappresenta ora la a Terni a Tele Radio Centro Italia . Tornai continuità tra la colonna sorianese che l’anno successivo, dopo che ebbi un serio aiutò Maurizio agli inizi dell’avventura e incidente automobilistico, giusto in tempo quelli che poi sarebbero stati i lunghi anni per assistere all’evento che cambierà radidi vita civitonica che videro per protagonicalmente la vita dell’emittente, sostanzialsti Stefano Principalli, Raffaele Miozzi e la mente radiofonica, di Soriano nel Cimino. Curia di Civita Castellana. Nel 1980, infatti, Maurizio Tocchi siglò una L’emittente, con l’arrivo di Omero, sembrò intesa con l’imprenditore civitonico, nel trovare nuovi impulsi, primo perché le sue settore elettrico, Stefano Principalli e così i competenze in fatto di cultura musicale macchinari, le attrezzature e quant’altro, non erano insignificanti e secondo perché vennero trasferiti nella nuova sede di Maurizio sollevato da qualche incombenza Piazza Guglielmo Marconi, a Civita di troppo poté rivolgersi con maggiore Castellana, ovviamente. L’avventura contiattenzione al problema più importante a nuava e questa volta su due binari diversi, cui si trovava di fronte una emittente perché ben presto sarà la televisione a radiotelevisiva: quella cioè di procacciarsi prendere quota e a recitare un ruolo semla pubblicità, e cioè i soldi, indispensabili pre più predominante nei confronti della per andare avanti nel migliore dei modi. In sorella Radio. La nuova sede del centro questa ottica arrivarono denari freschi per falisco iniziò a funzionare anche al disopra la realizzazione della mia rubrica Bonjour Tour de France. Collegamenti con la delle migliori aspettative. La notizia delGrande Boucle e diretta dei passaggi e degli arrivi delle varie tappe. Era il ’77, l’anno della seconda vittoria di Bernard Thevenet e del crollo del 1977 belga Eddy Merckx. Per Secondiano Zeroli ottenere una buona ricezio- registra per la ne eravamo costretti talvol- radio ta a trasferirci sulla sommi- “Teverina tà della faggeta, a 1111 2000” metri d’altitudine! Ma non si viveva solamente di piccoli atti d’eroismo, era per esempio divertente giocare nel piazzale con la bellissima cagna Rosa e con il fili- 27 Campo de’ fiori amato “Tele Radio Punto Zero” o Tocchi al Vescovo Rosina l’avvenuto trasferimento si diffuse in un battibaleno e furono soprattutto i giovani che cominciarono ad affluire sempre più numerosi e motivati a far bene. Giulia Conti, Rita Petrelli, Lorella Neri , Ulisse Frezza furono tra i primi ad alternarsi alla consolle mentre della vecchia colonna sorianese rimasero soltanto Augusto Tordi e Maurizietto Milioni. Ci fu anche una reazione, in fondo motivata, al trasferimento dell’emittente, quando Giuliano Franchi installò nell’antico nucleo di Soriano, nel quartiere della Rocca , una nuova postazione radio, che in onore della nonna, munifica sostenitrice, chiamò Radio Lea. Ma chi era il nuovo partner al 50% di Maurizio Tocchi? Stefano Principalli era un piccolo imprenditore che si era, come suol dirsi, fatto da solo. Aveva cominciato con una botteguccia di materiale elettrico poi era pian piano diventato il custode di quasi tutte le industrie ceramiche del comprensorio faleritano. Quando si verificava un guasto , interveniva Stefano con la sua squadra. Si trattava dunque d’un uomo di sicura esperienza nel settore meccanico ed elettrico e che si avviava ad esserlo anche in quello delle telecomunicazioni. Maurizio, insomma, non avrebbe potuto scegliersi, per la nuova avventura, un socio migliore. La sede di Piazza Marconi era oltretutto più spaziosa, rispetto alla precedente di Soriano ma era soprattutto il bacino d’utenza che si era dilatato e questo, in prospettiva, non prometteva che risultati sempre più rilevanti. L’amalgama della nuova squadra si consolidò nella stagione estiva, quando furono definitivamente e felicemente risolti tutti i problemi tecnici legati al riposizionamento delle antenne che servivano alla più corretta ricezione dei programmi trasmessi e quando fu varata una prima bozza di programmazione che andava a stabilizzare e migliorare l’intero palinsesto. Il simpatico Peppe Rossi curava la rubrica giornalistica E’ successo solo ieri , Franco Meli modulava il suo programma miscelando sapientemente vecchi motivi e recenti uscite, sempre restando in un ambito melodioso. Robertino D’Aquanno avvicendava sul piatto motivi giovanili di cantanti emergenti secondo un suo particolare gusto musicale. Gustavino saliva sull’inesauribile filone del liscio e rendeva meno opache le serate delle persone… in età matura. Omero coordinava il tutto, fungendo un po’ da capitano in campo, sempre presente e dunque sempre il primo a conoscere i problemi dell’emittente. A me spettò il compito di seguire il Tour de France, un Tour che si rivelò imprevedibile e combattuto, dunque appassio- nante e molto seguito dal pubblico dei radioascoltatori. Il francese Hinault si ritirò quando vestiva la maglia gialla per un insopportabile dolore al ginocchio (e fummo, modestamente, i primi in Italia a darne notizia!) e così l’olandese Zoemetelk, eternamente secondo, ebbe la, peraltro meritata, opportunità d’arrivare in maglia gialla fino ai Champs Elysées di Parigi. Il settore della pubblicità stava mettendosi in moto piuttosto bene giacché Civita Castellana rispetto a Soriano, era un centro molto più grande e con insediamenti industriali, commerciali e artigianali di tutto rispetto. Le condizioni insomma di un lungo cammino insieme per la coppia Maurizio-Stefano c’erano tutte e a darne, almeno apparentemente, maggiore slancio, ci fu la stupenda partecipazione del popolo di Civita Castellana a seguito del terremoto in Irpinia del 23 novembre. Radio Punto Zero lanciò infatti un accorato S.O.S. per aiutare quelle popolazioni e la risposta fu immediata. Fu riempito un camion articolato con indumenti di vestiario, generi alimentari non deteriorabili, perfino giocattoli per bambini. Una solidarietà commovente che dimostrò come la nuova Radio fosse già, nell’immaginario collettivo della città, un punto centrale, un operatore su cui contare e di cui fidarsi. Una nuova realtà operativa che aveva da subito mostrato serietà e capacità organizzativa. Ma nonostante tale stato di sostanziale situazione idilliaca, sotto la cenere dell’apparenza stava covando un qualcosa che avrebbe presto avuto un effetto tsunami sull’intera struttura, ancora essenzialmente radiofonica. continua sul prossimo numero... 28 Campo de’ fiori Associazione Artistica Ivna Artisti di Vignanello, Vallerano, Corchiano, Civita Castellana condividono l’arte IL PENSIERO LIBERO NELL’ARTE SCULTOREA DI ANTONIO PANUNZI TRA IMMAGINI DEL SUO INCONSCIO E QUELLE DEI POPOLI DI ANTICHE CIVILTÀ Nasce a Caracas il 30 dicembre 1 9 6 1 , città dove vive fino alla prima metà degli anni settanta. L’ i n f l u e n z a dell’arte precolombiana s e g n a la sua prima gioventù, caratterizzata da una cultura latino americana. Che dire dell’ Artista Antonio Panunzi ? Tony , questo è il nome con il quale è più conosciuto. Ha cominciato negli anni settanta a Riva dei Tarquini osservando le grandi scorze di pino, che gli infondono la voglia di incidere… così incisione su incisione la creatività prende forma in variegate figure, immagini, volti, che liberano l’anima artistica di Tony. La sua vita è un viavai tra l’Italia e il Venezuela, nazione dove vive ancora suo fratello, artista anche lui, che incarna per Tony un punto di riferimento nel periodo dell’adolescenza, “invogliando” la sua peculiarità artistica. Affascinato dal mondo etrusco e precolombiano, incuriosito e attratto dalle forme prismatiche, dalle conchiglie fossili e dalle miniature, viaggia in molte parti del mondo: in questo modo la sua sensibilità creativa e impetuosa permette di farg l i amare ed interiorizzare l’arte scultorea di differenti origini. La precolombia- na è la privilegiata considerando i luoghi in cui vive, unitamente alla conoscenza di quella atzeca, romana e greca, sviluppando un quadrilatero che sarà sempre presente nelle sue sculture dalle facce più misteriose emergenti dall’interpretazione personale del ghiribizzo geometrico originale. In questo senso Tony assume l’identità di scultore autodidatta di eccellenza nell’espansione e nella fusione della cultura di quel passato concentrandola in una tecnica nuova scultorea con materiale anch’esso echeggiante l’ambito etrusco, il tufo. In questi volti scolpiti non risalta la staticità, ma il dinamismo della storia dei popoli antichi e della sua storia personale. La sua è una vita movimentata come quella del Nomade Aristocratico. Nomade perché continuamente a caccia di scoperte e di ritrovamenti, prede che solo possono sostentare la sua arte, agendo con forza e tenacia; Aristocratico in quanto abile a sublimare questa “caccia” con il proprio talento, le proprie strategie, le tecniche raffinate, gli strumenti fatti di ingegno, lavorando la “preda” con il fine utensile del suo animo. La sua vita di uomo è vissuta senza sottrarsi alla sofferenza, la sua vita d’artista è travagliata, a causa del vibrante desiderio di plasmare delle forme, liberando da quei massi tufacei volti e immagini che attendono di parlare al cuore e alla mente degli osservatori. Vita dinamica e segreta come le facce delle sue opere. “Forse” ci rivela Tony” l’Arte la interpreto in varie forme, su questi materiali perché nell’atto creativo impiego slancio vitale ed energia”: le opere più belle sono nei giardini, nelle case, nelle grotte in tufo, intrise con energia vitale in continuo evolversi in un continuo trasformismo delle espressioni scolpite. “Appagante è la scultura” per Tony, che assapora la bellezza dello studio approfondito delle tecniche per migliorare la caccia alla “preda” dell’arte, che si identifica con il Pensiero Libero, la Bellezza Prima dell’Essere Vivente. Questa spinta arriva da due forze che alimentano come nettare la sua esistenza: l’amore e l’amicizia. La materia nella sua plasticità imprime nella sua coscienza una caratteristica che rasenta l’informale. “La conoscenza delle miscele chimiche e la capacità di interpretare la realtà al fine di riprodurla creano della Prof.ssa M.Cristina Bigarelli un’ottica diversa dalla prima, visualizzando cose non sempre percepite con la stessa intensità da tutti, pur vedendole” ci dice Tony. Si tratta dei punti di vista della vita di ciascun essere pensante. Lo scopo di Tony è di dare massimo agio all’ immaginazione. E’ per questo che a volte dal peperino, dal tufo o da altre pietre prendono forma immagini sfocate, dai contorni e dalle incisioni non nette, dando l’opportunità di riflettere sul mondo nel quale viviamo: il significato della contemporaneità, non sazio, ma desideroso, non tragico, ma struggente, non nostalgico, ma evocativo, non lontano, ma prossimo. Una sorta di processo della surrealtà atto ad esprimere con molteplici modi, tecniche e materiali “il funzionamento reale del pensiero scaturito dallo stesso in un atto psichico inizialmente puro senza passare attraverso i condizionamenti della ragione” Attualmente Tony vive e lavora a Vignanello in provincia di Viterbo immerso nella realtà della sua arte che abbellisce, donando atmosfera di mistero, di incanto e di suggestione agli ambienti nei quali pone le sue grandi opere scultoree ! 29 Campo de’ fiori “Il Fumetto” LETTERATURA PER IMMAGINI CHE EMOZIONA CLAYMORE di Norihiro Yagi - edito da Starcomics Chi associa questo manga come la brutta copia di BERSERK di Kentaro Miura, disprezzandolo con l’appellativo di “Berserk in gonnella”, non capisce niente di fumetti. È vero, nel manga di di Daniele Vessella Yagi vengono usati spadoni enormi e l’ambientazione è medioevale come in BERSERK, ma se ci basiamo solo su questi due aspetti… anche tutti i Dylan Dog sono mere copie del primo numero, visto che di base sfruttano lo stesso tema. Non è così, perché partendo da un’identica idea di sfondo possono svilupparsi decine di storie diverse e CLAYMORE ne è la prova. L’opera di Yagi mette in scena protagoniste femminili: le Claymore, definite dagli abitanti dei villaggi “streghe dagli occhi d’argento” per la loro natura metà umana e metà Yoma (demoniaca). Ma il titolo trae ispirazione anche da un’altra fonte interessante: le claymore, infatti, erano le grosse spade a due mani utilizzate dai guerrieri scozzesi fino al 1700 circa (l’ultima battaglia in cui si pensa siano state usate spade claymore originali è quella di Killiecrankie, nel 1689) e utilizzate anche dagli immortali di Highlander nel lungometraggio di culto del 1985. E pro- Per la vostra pubblicità su Campo de’ fiori Tel. 0761.513117 prio queste spade sono le uniche armi con cui le Claymore (create da un’Organizzazione) combattono gli Yoma, esseri demoniaci che si cibano delle interiora degli umani. Durante i duri combattimenti, le Claymore rilasciano gradualmente la loro metà “oscura”, correndo il rischio di non poter tornare più indietro e diventare dei “Risvegliati”… ovvero, dei demoni veri e propri. Le guerriere devono lottare sia contro sé stesse che contro gli Yoma… fino a quando il demonio che è sopito in loro non prende il sopravvento; dopo aver superato il limite, le guerriere perdono il briciolo di umanità che era loro rimasto e vagano per sempre, cibandosi di carne umana e uccidendo le ex compagne inviate a giustiziarle. Così, se una Claymore capisce che si sta trasformando in Yoma e non riesce ad invertire il processo, manda una cartella nera con inciso il proprio simbolo di riconoscimento alla compagna dalla quale vuole essere uccisa, così da morire da umana. L’uccisione di una compagna viene considerato un gesto nobile, perché le guerriere vorrebbero avere una morte umana prima di diventare demoni. Senso dell’onore, amicizia… sono temi che escono potentemente dalle pagine del manga, grazie anche a un’ottima caratterizzazione dei personaggi e al loro background, spesso doloroso. Tutti i personaggi, con l’avanzare della trama, dimostrano di avere una spiccata personalità… cosa che non si era vista all’inizio del manga. Il fumetto, infatti, parte in sordina per poi decollare col proseguimento della trama che si intreccia sapientemente alla vita dei personaggi. Anche il disegno, dapprima acerbo e privo di carattere, ha una strabiliante evoluzione: con l’avanzare dei numeri, diventa ricco e particolareggiato, tutti gli elementi grafici formano un mosaico curatissimo nei dettagli. Spero solo che l’enorme successo di CLAYMORE non lo trasformi in una serie infinita che lo snaturerà, facendolo diventare sciatto e senza un filo conduttore che unisce il tutto. Per ora, è un gran bel fumetto… per ora. 30 Campo de’ fiori Vecchia storia di un Carabiniere di Ermelinda Benedetti In ogni paese c’è sempre qualcuno che si distingue per aver fatto qualcosa di diverso, particolare, o semplicemente per le sue alte qualità etiche, e che verrà ricordato e, magari, preso d’esempio. A riguardo, voglio fare un breve accenno a tale Enrico Marini, uomo di grande senso morale e carabiniere modello. Nacque a Palestrina, in provincia di Roma, il 17 aprile del 1912, da Giuseppe Marini e Clementina Ranieri, presa in seconde nozze e soprannominata “la rossa”, per il colore dei suoi capelli, o anche “la bersagliera”, perché alta circa due metri. Di buona famiglia, viene educato secondo i principi della religione cattolica. Terminati gli studi svolge per qualche tempo il lavoro di sarto, ma capisce ben presto che non fa per lui e decide di arruolarsi nel corpo dei carabinieri, dove entra senza problemi, grazie alle qualità fisiche e al buon curriculum di famiglia. Viene mandato a far servizio a Corchiano, dove si innamora di Colomba Crescenzi, detta Alida, figlia di Giovanni Crescenzi e Maria Pastori. L’amore è corrisposto, ma Enrico deve stare attento a non farsi scoprire se non vuol essere trasferito. Qualche tempo dopo, preso coraggio, decide di chiedere ufficialmente al padre di Alida, la mano della figlia. Il contadino, fiero, accetta, ma il giovane carabiniere, secondo il regolamento dell’arma, viene trasferito per qualche anno. Non appena ritorna sposa Alida, che lo aveva aspettato ansiosamente. Dalla loro unione nascono due figlie Giovanna e Anna Maria, che eredita il soprannome della nonna paterna, “la rossa”. Enrico viene di tanto in tanto trasferito, probabilmente anche perché scomodo a qualcuno invidioso della sua condotta morale, e porta con sé l’amata famiglia. Ma la morte lo coglie ancora giovane, nel pieno delle sue forze. Il 23 giugno 1952, in occasione dell’arrivo di Eisenhower dagli Stati Uniti, era stato chiamato per prestare servizio all’aeroporto di Campino. Viene colto da un improvviso malore e muore in circostanze misteriose. Fu una vera tragedia per la famiglia e per il paese. Dai piani alti dell’arma qualcuno, forse pentito per averlo contrastato in passato, riesce a far percepire la pensione, per causa di servizio, alla giovane vedova. Nel paese viene ricordato per i suoi modi educati, gentili e rispettosi e per il suo animo sensibile ed altruista. A CASA TUTTO BENE, C’E’ CHI CI PENSA Assicurarla costa meno di quanto pensi Rivolgiti per un preventivo gratuito al tuo Agente Groupama di fiducia Sandro Anselmi Piazza della Liberazione 2 01033 Civita Castellana - Tel. 0761.513117 31 Campo de’ fiori “ACQUA DI NEPI”: FRA TRADIZIONE ED INNOVAZIONE A tre km da Nepi – in località Graciolo - si trovano gli attuali stabilimenti di una delle altre risorse lavorative di Nepi, quelli della famosa Acqua di Nepi, i quali offrono una realtà lavorativa per di Simona più di cinquanta perMunicchi sone tra impiegati ed operai con un indotto sempre più importante. Il suddetto territorio è costituito da terreni di natura vulcanica e sedimentaria ed interessa larghe falde orientali dei gruppi vulcanici Cimino e Sabatino, in un regolare declivio verso la Valle del Tevere. Lungo la valle del fosso di Cerreto sgorgano diverse sorgenti, le quali vanno viste come le manifestazioni esterne del bacino idrico; esse sono mineralizzate e costituiscono l’oggetto della coltivazione mineraria che qui viene portata avanti da “Acqua di Nepi S.p.A.”. Di queste diverse sorgenti, almeno tre godono di importanza primaria, infatti due di esse (una solforosa e l’altra bicarbonata), si trovano a poche centinaia di metri l’una dall’altra e sgorgano dalla base dei tufi stratificati sottostanti al tufo lapideo giallastro; mentre la terza sorgente, bicarbonata anche essa - sgorga sulle basse quote del versante sinistro del Fosso Ronci. La mineralizzazione che interessa queste acque è di tipo “secondario”, in quanto fluidi aeriformi (CO2 e H2S) ascendono dal suolo e vanno a mescolarsi –mineralizzandole – con le acque delle falde idriche d’infiltrazione superficiale. Già duemila anni fa, ai tempi della Repubblica Romana, esistevano le Terme dei Gracchi, appartenenti ad un’importante famiglia patrizia che utilizzava ed apprezzava queste acque; ed ancor oggi viene usata quella stessa falda romana. Questa acqua, da analisi effettuate presso centri appositi, viene considerata come acqua minerale effervescente naturale, fluorata. Da una sperimentazione clinica del 1997, effettuata dal Dottor Ghiazza, Primario della divisione di Medicina Interna del Presidio Ospedaliero di Ovada, risultò che l’Acqua di Nepi offre risultati positivi per i suoi effetti terapeutici e per la sua tollerabilità biologica. Ci offre quindi un’azione eupeptica importante, con una maggiore velocità di svuotamento gastrico, una diminuzione della sensazione postprandiale ed una digestione più pronta e veloce, data dalla naturale presenza di acido carbonico che dona un’effervescenza naturale a questa acqua e permette l’e- liminazione dell’acido urico. Inoltre, è stata rilevata anche l’efficacia della stessa acqua per la prevenzione delle carie dentarie, poiché il contenuto in fluoro è corrispondente al fabbisogno giornaliero. La qualità dell’acqua è assicurata ai consumatori in tanti modi diversi, che vanno dalla purezza del bacino idro-geologico sino alla massima serietà delle procedure d’imbottigliamento. La qualità è ancor più assicurata dall’estrema professionalità dell’equipe che lavora alle sue spalle. L’acqua prima di passare alla fase dell’imbottigliamento - dopo avere viaggiato sempre in ambienti sterili - non entra mai in contatto con l’aria esterna, ma transita in serbatoi di stoccaggio ed arriva all’imbottigliamento in maniera ermetica. Si tratta di un’area di circa 240 ettari che tiene lontana ogni eventuale fonte di inquinamento, sia naturale che artificiale. Le sorgenti e le opere di adduzione sono monitorate microbiologicamente 24 ore su 24. Inoltre l’acqua viene sottoposta a più di 100 analisi microbiologiche, 100 organolettiche e 5 chimiche, il tutto nell’arco giornaliero; e nella zona di protezione igenico-sanitaria ambientale, quotidianamente si effettuano almeno due sopralluoghi. Vanno inoltre presi in considerazione i controlli mensili dell’Arpa di Viterbo e quelli occasionali dei NAS. Il laboratorio analisi dello stabilimento effettua analisi chimiche e batteriologiche su campioni di prodotto finito prelevati ogni due ore in uscita dalle linee di produzione. Lo scopo delle analisi è quello di verificare che l’acqua sia imbottigliata con le stesse caratteristiche di qualità presenti alla sorgente; quest’insieme di controlli è poi registrato e sottoposto a statistiche. Il primo stabilimento industriale dell’Acqua di Nepi risale agli anni Trenta del Novecento, verrà sostituito nel 1959, momento in cui avrà inizio il vero sfruttamento industriale della miniera. Questo nuovo stabile risultò essere più moderno ed innovativo, interessato anche dalla presenza di due piccole linee di imbottigliamento, mentre sino a quel momento si era abituati a sistemi di imbottigliamento di tipo artigianale. Questa nuova realtà permise di far conoscere il prodotto inizialmente a Roma – il bacino di utenza più importante - poi la diffusione si allargò all’Italia centrale. Il 2 Maggio 1959, il Comune di Nepi con rogito di atto notarile diede in sub-concessione alla società di nuova costituzione “Terme di Nepi”, lo sfruttamento della miniera e l’autorizzazione all’imbottigliamento delle acque minerali per una durata quarantennale. Tutto questo avveniva appena dieci anni dopo il rilascio da parte del Ministero dell’Industria di una concessione al Comune di Nepi per l’autorizzazione all’imbottigliamento novantennale. Ma sin dagli inizi il Comune da parte sua optò per una produzione industriale sempre tramite terzi, mantenendo una partecipazione azionaria. Infatti nel corso degli anni si sono susseguiti importanti azionisti di maggioranza al vertice di quella che è poi divenuta la Società “Acqua di Nepi S.p.A.”. Nel 1959 troviamo l’avvocato Michetti, al quale farà seguito nel ’76 la “S.p.A. Acqua minerali di San Gemini”, mentre nell’ 87 fu la volta della “Danone S.p.A.” ed infine nel 2001 l’attuale azionista “San Benedetto S.p.A.”. continua sul prossimo numero ... Foto d’epoca presso le fontane dell’Acqua di Nepi Campo de’ fiori 32 L’angolo dell’avvocato a cura della Dott.ssa Ilaria Becchetti Studio Legale Prof. Avv. Enrico De Santis 00195 Roma - Viale Mazzini 140 Tel. 06/372.06.39 - 64561.829 Fax. 06/370.11.05 e-mail: [email protected] sito web: www.studiodesantis.com STRISCE BLU: QUALCOSA È CAMBIATO Abbiamo pagato per anni i parcheggi blu e, senza saperlo, subivamo una violazione del Codice della Strada. Ci hanno pensato dapprima la Cassazione e poi il Tar del Lazio a fare ordine. E giustizia. Sollevati da qualche bravo avvocato e da cittadini inviperiti, i giudici amministrativi e la Suprema Corte a Sezioni Unite (sentenza 116/07) hanno chiarito una volta e per tutte che, “qualora il Comune assuma l’esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione, ovvero disponga l’installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta, su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia, o senza dispositivi di controllo di durata della sosta”. Attenzione. Questa non è una ricostruzione giurisprudenziale e nemmeno una novità nel panorama legislativo. Al contrario è proprio ciò che statuisce il Codice della Strada all’art. 7 comma 8. Cassazione e Tar, dunque, non hanno fatto altro che dare voce ed applicazione ad una disposizione già esistente ma evidentemente sempre (o quasi) disapplicata. Dunque, stando al Codice della Strada, i Comuni che dotano le loro strade di strisce blu a pagamento, debbono riservare una parte dei parcheggi alla sosta libera. Facile osservare che a Roma, ma anche in molti altri comuni, questo principio non è mai stato rispettato. La recente pronuncia del Tar del Lazio (30.05.2008 n. 5218) ha immediatamente sortito l’effetto di sospendere il pagamento dei par- cheggi blu. Nella Capitale, in attesa dell’attuazione di un piano volto a ridisegnare l’intero sistema dei parcheggi a tariffa, si vedono macchinette incappucciate, a ricordare, a chi ancora non lo sapesse, che i parcheggi blu non si pagano. Ma solo per il momento. Entro il 31 luglio, infatti, una commissione, composta da tecnici del Dipartimento Mobilità e da esperti esterni (ingegneri e architetti), è incaricata di ridisegnare l’intero sistema del parcheggio a tariffa in tutta Roma e di redigere il nuovo piano parcometri in base alle linee programmatiche dettate dalla Giunta capitolina. La Commissione dovrà preoccuparsi di garantire l’equilibrio tra strisce blu e strisce bianche (sosta libera), creare adeguate aree di parcheggio gratuito nei pressi degli ospedali, aumentare i parcheggi per i motocicli e differenziare la tariffazione a seconda delle zone. Il piano diverrà operativo da settembre e lo scenario a cui si andrà incontro sarà un taglio di 15.000-20.000 posti blu, su circa 90.000, che verranno trasformati in parcheggi bianchi, soprattutto in periferia. Insomma quello che va delineandosi è un regime dei parcheggi meno vessatorio, più sostenibile ed in linea con i nostri diritti di cittadini. Discorso a parte per il centro storico della capitale, dove i parcheggi restano attivi per ovvie ragioni logistiche, urbanistiche, ambientali ed artistiche. Il sistema di parcheggi blu, infatti, oltre a permettere al Comune di incassare risorse fondamentali per mantenere in vita servizi essenziali per la città, frena le auto e dunque costituisce un efficace sistema di prevenzione dell’inquinamento e quindi di tutela del patrimonio artistico e ambientale. A parte il regime immutato per tutto il primo municipio, a settembre saremo in grado di vedere in tutta la città i mutamenti effetto del piano della Giunta. Sin d’ora con una certezza: Roma sarà un po’ meno blu. Per la vostra pubblicità 0761.513117 [email protected] Campo de’ fiori 33 Un invito a cena... L’arte del ricevere Per la prossima cena da amici, allestisci un tavolo all’insegna del viaggio… del mare e tutti i suoi frutti. Sistema con cura un set di runner in bianco lino con finitura a giorno, semplice, un’ottima base per poter apporre posate scintillanti e sottopiatti in vetro perlinato, e piatti bianchi che ricordano il sapore dei tempi antichi e del mare del sud. Disponi una delicata orchidea sui tovaglioli, e il tocco finale è assicurato. Niente di più facile, per far correre la fantasia, decorare con conchiglie di varie misure, miscelate con orchidee bianche e mele verdi, sparse intorno ad un suggestivo candeliere centro tavola. Crea sempre un ambiente raffinato, che sappia esprimerti, e, vedrai, conquisterai i tuoi ospiti. Una rosa bianca, nel suo piccolo vaso, come le acqua magiche della Sia, può diventare un delizioso segnaposto in dono agli ospiti. Non esitare ad accostare oggetti tradizionali, come l’oliera e il portapane, ad eleganti legatovaglioli. Non dimenticare di completare con coralli bianchi…ed il viaggio per i tuoi ospiti inizierà. di Barbara Vissani Hai bisogno di un consiglio per arredare la tua casa o per organizzare un evento da ricordare? Invia un’e-mail al nostro indirizzo di posta elettronica [email protected] o scrivi a Redazione Campo de’ fiori, P.zza della Liberazione n. 2, 01033 Civita Castellana (Vt). Barbara saprà aiutarvi! EDOARDO VIANELLO… SETTANT’ANNI E UN NUOVO DISCO Edoardo Vianello lo scorso 24 giugno ha compiuto 70 anni ma ha sempre lo spirito di un ragazzo. Oltre mezzo secolo di carriera e una lunga schiera di tormentoni estivi al top delle classifiche della musica leggera italiana. Ma non gli bastava, così ha pensato di mettersi in gioco ancora una volta, regalandoci un disco dal titolo “REPLAY …l’altra mia estate…” che raccoglie alcuni fra i più grandi successi degli anni ‘60 e ’70 suoi e di altri autori. Edoardo ha reinterpretato queste canzoni alla sua maniera, con nuovissimi arrangiamenti e, ha tenuto a precisare il cantante, avvalendosi dell’aiuto del caro amico Lilli Greco. Vianello ha voluto per questo disco una copertina d’eccezione. Si è avvalso infatti della prestigiosa collaborazione di Pablo Echaurren, artista dall’esperienza trentennale, che, grazie al suo speciale talento, ha sintetizzato tutta la carriera di Edoardo in un disegno. Il 31 luglio alle 21.00 il “Beach boy”, come ama definirlo Pablo, sarà all’Auditorium Parco della Musica con i sei elementi del suo gruppo per un concerto che si preannuncia essere una grande festa anni ’60. Il prezzo è volutamente popolare – 5 euro per consentire a quanti più amanti del grande Eodardo di partecipare alla serata. Ilaria Becchetti 34 e Le stori di Max Campo de’ fiori Rita Pavone di Sandro Anselmi ...continua dal numero 51 L’esperienza con la Ricordi dura solamente due anni, dal 1968 al 1970. La casa discografica, proprio prima della rottura, però, le fa incidere Notte nera, un 45 giri a bassa tiratura, destinato alla finale di Canzonissima ‘70, alla quale non riuscirà mai ad arrivare. Troppe delusioni e troppo poco successo per un’artista che aveva raggiunto grandi ed immediate soddisfazioni e che aveva tutte le carte in regola per poterne guadagnare altre! E’ così che Rita decide di far ritorno alla RCA, la prima etichetta che si era interessata a lei. Dopo aver vinto il concorso canoro Festival degli sconosciuti di Ariccia, nel 1962, infatti, la RCA, che aveva avuto modo di apprezzare il talento della giovanissima cantante, le propone un provino presso i propri studi di registrazione. Rita si presenta interpretando Le mille bolle blu e Coriandoli, di Mina e Tango del mare, un vecchio brano riportato al successo da Betty Curtis. Arriva subito il contratto da parte della casa discografica e la giovane cantante inizia ad incidere già alla fine dell’estate di quello stesso anno. Mina, indirettamente, le porta fortuna per una seconda volta. La pantera di Cremona, infatti, era stata scelta dagli autori per far parte del cast del programma televisivo Studio Uno di quell’anno, ma la diva annuncia di essere incinta e non può accettare la proposta. Bisogna, dunque, trovare una sostituta e l’obbiettivo si sposta sulla in erbe Rita, ammirata, qualche mese prima, in una puntata della trasmissione televisiva di Enzo Trapani, Alta pressione, al fianco di Gianni Morandi, anche lui agli esordi. Alla Pavone viene affidato uno spazio di pochi minuti, dove deve esibirsi insie- me ad un gruppo di ragazzini e ragazzine, tra i quali c’era un ancora sconosciuto Renato Zero, che indossano delle particolari camice con il collo alto ed inamidato, dal quale deriva, appunto, il nomignolo di Collettoni. Hanno il compito di aprire lo show, ballando sulle note di un twist, intitolato Abbiamo sedici anni, cantato da Gianni Morandi e Roby Ferrante, un’altra giovane promessa, il cui futuro, però, sarà tragicamente stroncato da un incidente stradale. Prima che la morte lo cogliesse prematuramente, riesce a scrivere, per Rita, il brano Alla mia età, che insieme a Come te non c’è nessuno e Cuore, versione italiana di Heart, interpretata da Wayne Newton, portano Rita ad essere una stella internazionale e diventano il suo lasciapassare nel mondo, nonostante la difficoltà ad affermare la musica italiana negli altri Paesi, dove si prediligono la musica e i cantanti nazionali. Campo de’ fiori 35 CIVITA CASTELLANA E IL LASCITO DI OPERE IN CERAMICA CINESE DELL’AVVOCATO ULDERICO MIDOSSI di Enea Cisbani L’Avvocato Ulderico Midossi nel 1934, anno della sua morte, lascia a Civita Castellana un patrimonio ed una eredità storica non soltanto morale e civile, ma anche materiale dall’alto valore simbolico e culturale, a diretta conferma della sua lungimiranza e ampiezza di vedute: una fiorente scuola d’arte ceramica, tuttora attiva e funzionante, la chiesa romanica di Sant’Antonio in via dello Scasato, la celebre e conosciuta abitazione-studio in Piazza Matteotti, una mirabile collezione e galleria di dipinti ad olio opere autografe del pittore Sante Ciani, raffiguranti personaggi celebri di Civita Castellana esposti tuttora nelle maestose sale di Palazzo Montalto - Belei in via di Corte e in particolare la raccolta di opere in ceramica cinese, tuttora conservate nell’archivio storico dell’Istituto d’Arte e di cui sono visibili alcuni pezzi di rara bellezza nel Museo della Ceramica attiguo alla scuola d’arte collocato nell’ex chiesa di San Giorgio. Si tratta di una raccolta di porcellane cinesi del secolo XIX e XVIII che non ha eguali nel nostro territorio, nonchè a livello regionale e nazionale, sistematicamente collezionate dall’avvocato Midossi in anni di attenti studi e grazie al fattivo apporto del concittadino Erminio Mariani, negli anni ’30 addetto commerciale dell’Ambasciata Italiana in Cina. La raccolta comprende vasi, piatti, servizi da tè e sculture raffiguranti animali, in particolare cani, descritti ed analizzati in maniera attenta e minuziosa, con l’ausilio di smalti dai toni accesi e brillanti, secondo una consuetudine tecnica e compositiva tipica della ceramica cinese. Forme e fogge tipicamente orientali, collezionate dall’avvocato in anni di lungo lavoro con l’intento, poi sfumato, di costituire nel nostro centro un museo della porcellana e della ceramica orientale ed occidentale. La mirabile raccolta fu donata alla scuola d’arte nel 1935 dove viene conservata e attualmente in fase di analisi e studio in vista di una sua adeguata collocazione espositiva nel Museo della Ceramica “Casimiro Marcantoni”, valore aggiunto di grande spessore culturale della scuola e grazie anche alla recente assegnazione alla dirigenza scolastica da parte della Regione Lazio della direzione scientifica del Museo stesso. 36 Campo de’ fiori Tarquinia Non manca qualcosa? Sarà stato un colpo di vento, sarà stato un colpo di sole, sarà stato un colpo.......... di sonno, fatto sta che in questo striscione, posto in bella vista, manca l’apostrofo! Civita Castellana - Borghetto - S.S. Flaminia Sarà che viste le alte temperature desidereremmo un po’ di fresco, ma gli adetti ai lavori non si sono proprio regolati perchè prevedono neve e ghiaccio nel mese di Agosto. Non sarebbe ora di togliere quel cartello che è lì dall’inverno scorso? Civita CastellanaLocalità Quartaccio I rilevatori non rivelati Sarà pur sempre bello il verde, ma in questo caso impedisce all’autista di individuare la presenza dell’apparecchio. Civita Castellana Forte Sangallo Sarà uno dei simboli di Civita Castellana, sarà il luogo prescelto per importanti manifestazioni ... Ma almeno un po’ più di cura e decoro ... Per tanto poco! Civita Castellana Via Corchiano Sarà un albero, sarà un fiore, sarà un fungo, sarà .... è il cartello dell’INPS 37 Campo de’ fiori Inchiesta di Campo de’ fiori e del C.I.S.P.R.A. Centro Italiano Pranoterapeuti UOMINI E SPIRITUALITA’ Una ricerca tra verità e leggenda - sacralità millenaria di Gaetano Grasso pranoterapeuta - parapsicologo ... continua dal numero 51 Per il pranoterapeuta la “malattia” è il segno esteriore di un disagio interiore, o un messaggio che l’interiorità vuol dare, per cui capire il segno e dare le giuste risposte anche energetiche significa intervenire sull’affetto (malattia) partendo dall’interiorità fino ad arrivare all’armonia (guarigione). Questo comporta un lavoro globale, cioè oltre a dare immediato sollievo alla parte sofferente, si deve giungere alla presa di coscienza di quei principi interiori che la vita stressante – egoistica e consumistica ci hanno fatto dimenticare: diventa quindi un prestare attenzione all’interiorità, alla consapevolezza, alla coscienza di sé ed alla scelta di un modo di vivere e di essere più equilibrato e giusto. Il prana non è rilevabile né tanto meno misurabile da nessuno strumento sinora costruito; le varie foto kirlian evidenziano (come disse lo stesso ingegnere che ha costruito lo strumento) una sorta di costellazione elementare – campo magnetico – che non è il prana. Esistono varie associazioni e “scuole”, ma pranoterapeuti si nasce. Questa “predisposizione” può essere perfezionata, ma essa “nasce con l’essere”. Poi il maestro insegna come usarla e come farla crescere. Esistono dei sintomi che denunciano la carenza di prana, alcuni dei quali sono: oppressione al petto e alla nuca, cerchio alla testa, difficoltà a gonfiare il torace nella respirazione, dolori alle spalle e stanchezza generale, scarsa capacità di programmare il futuro, perdita dell’ottimismo, calo della vista, depressione, e così via.Su questo c’è da dire che, essere scarichi di prana, porta alla depressione, è altrettanto vero che la depressione disperde una grande quantità di prana. Si ha, quindi, la tendenza a chiudersi in se stessi, a non riuscire a vedere vie d’uscita, aggravando così la situazione. Insomma, tutto ciò porta ad una disarmonia interiore veramente deleteria in ogni senso. Il pranoterapeuta, con la sua opera, determina il ripristino di questa energia ai livelli ottimali, favorendo così la ripresa di tutte le attività interiori, riaccendendo nel sofferente la voglia di vivere. Chi ha domande da fare, chiedere chiarimenti o consigli, può scrivere in redazione… risponderemo a tutti. Chi vuole può anche raccontare il suo problema o l’esperienza vissuta. Previsioni astrologiche generali per il mese di Agosto 2008 Ariete lasciati consigliare da chi ha più esperienza, ma anche dal tuo istinto, e potrai trasformare la noia in vera vacanza. La famiglia richiede molta attenzione. Toro le vacanze si preannunciano ottime, vai alla grande. Se sei in cerca, l’amore è alle porte, se l’hai trovato rafforzalo, ne vale la pena… Gemelli non vedi l’ora di dare il via alle vacanze, ma gli influssi del mese non sono proprio adatti. Il fine mese allenta la tensione e ti avvia ad incontri promettenti. Cancro non smettere di progettare, anche se si concretizzeranno situazioni soddisfacenti. Guardati intorno, cercheranno di ostacolarti. Un incontro romantico ha la possibilità di diventare molto interessante. Leone vacanze sì… ma cerca di essere concreto e pratico. Il lavoro richiede la tua devozione e l’amore… certo fra vari incontri, c’è sicuramente. Lui/Lei non lasciarlo scappare anche stavolta. Vergine vacanze, vacanze, vacanze… certo ne avete bisogno, ma voi siete persone d’azione, non dimenticatelo, ci sono dei traguardi da raggiungere e lo farete con successo. Bilancia un mondo in cui devi uniformarti alle convenzioni non è certo il tuo ideale, ma oramai il via è dato, dovrai trovare la tua dimensione. In amore è il caso di porre dei capisaldi… Scorpione gli ultimi mesi sono solo un ricordo, adesso pensa a ricaricarti ed a gustare nuove esaltanti esperienze… Liberati da chi ti crea solo problemi, i nuovi incontri sono più che interessanti. Sagittario sarebbe utile mettere da parte l’orgoglio e saper chiedere aiuto al momento giusto… Il lavoro necessita di tutta l’attenzione e continuità, ma anche l’amore. Capricorno la vacanza giunge a fagiolo. Tuttavia il tuo sia un ozio costruttivo. Le sfide che dovrai affrontare sono piuttosto impegnative. Acquario le vacanze saranno un po’ deludenti, per cui è meglio chiarire tutto con tutti se vuoi veramente rilassarti. Improvvisamente alcune cose cambieranno e spirerà aria nuova, di nuovo brillante della tua luce. Pesci se non hai saputo far tesoro dei consigli, il futuro è duro. Tuttavia nuovi lavori ed opportunità di guadagno ti risolleveranno dall’indigenza. In amore c’è un grosso problema da affrontare. Sii sincero e leale. di Riccardo Consoli ... continua dal numero 51 Ma Chicago in quella pur triste stagione non è solo quella ricca di locali lussuosi frequentati da gangsters, giocatori d’azzardo e prostitute; nello stesso periodo la città è diventata una metropoli in piena espansione industriale dove acciaierie, fabbriche di materiale rotabile, commercio del grano e fabbriche per la lavorazione delle carni, offrono lavoro in abbondanza a migliaia di lavoratori in gran parte provenienti dal sud e, in gran parte costituiti da neri. E’ in tale contesto che si deve valutare il Jazz di Chicago, sia quello che grazie alle incisioni consentì di non far dimenticare la classica tradizione di New Orleans, ricordiamo infatti che nessuna incisione aveva prima documentato il Jazz della città del Delta, sia quello discendente dalla vicinanza e dalla simbiosi fra neri e bianchi. Come abbiamo visto, nei primi anni del secolo erano arrivati a Chicago non pochi musicisti da New Orleans i quali avevano riscosso un certo successo con la loro musica e, con loro, era arrivato anche King Oliver che, nella sua Creole Jazz Band aveva inserito un giovanissimo Louis Armstrong come seconda cornetta, ma non mancarono di giungere, sempre da New Orleans, anche molti musicisti bianchi come Tom Brown e Johnny Stein nonchè il cornettista Paul Mares, il trombettista George Brunies, il clarinettista Leon Rappolo e il bassista Alfred Loyacono. Questi musicisti, a differenza dei neri che costituirono le loro formazioni soltanto con elementi provenienti da New Orleans, si ritrovarono ben presto con strumentisti locali che, tra l’altro, usano nelle loro orchestre il saxofono, uno strumento nuovo per la tradizione della città del Delta e grazie al quale il Jazz di Chicago assume in breve tempo caratteristiche assai diverse rispetto a quelle originarie; si affermano così nuovi motivi ispirati alla Chicago della Wabash Avenue dove si trova il ristorante di Big Colosimo il primo a scritturare musicisti Jazz, oppure della Armour Avenue, una strada dove si affacciano soltanto case di piacere ben diverse, ovviamente, di quelle di New Orleans. Il trombettista Marty Marsala racconta: “ … in un locale dove suonavamo, arrivò una sera Al Capone accompagnato da sei o sette suoi compagni, vennero fatte chiudere tutte le porte in modo che nessuno potesse uscire o entrare; Al Capone tirò fuori due biglietti da cento dollari, li fece cambiare in tanti biglietti da cinque dollari e ce li fece consegnare, dopo di che, si sedette tranquillo ad ascoltare le sue canzoni preferite e poiché egli amava, non pezzi Jazz, ma soltanto il melodramma italiano, quelle che eseguimmo furono soltanto canzoni classiche napoletane … ”. Il batterista George Wettling ricorda: “ … una volta al Triangle Club, entrarono alcuni gangsters, spararono allo stomaco del padrone…ma noi continuammo a suonare … ”. La musica di quel periodo è inevitabilmente costretta a procedere con lo stesso slancio e lo stesso incontrollato furore di una automobile di gangsters, per far ballare nervosamente come nervosamente scorre la vita in città; così avviene che in ogni locale, dal Royal Garden a tutti gli altri come ad esempio il Friar’s Inn, che prende il suo nome dal complesso Friar’s Society Orchestra che li suona e che più tardi diverrà la New Orleans Rhythm Kings anche questo frequentato da Al Capone e da Dion O’ Bannion, rimane nella Storia del Jazz come l’ideale punto di congiunzione fra il Jazz nero e quello bianco. La New Orleans Rhythm Kings è costituita da Leon Rappolo al clarinetto, Jack Pettis al saxofono, Elmer Schoebel arrangiamenti e pianoforte, Arnold Loyacono al basso, Paul Mares alla tromba, Frank Snyder alla batteria e George Brunies al trombone; sono proprio i NORK a influenzare i primi giovani che nel Jazz vedono una musica nuova da adottare in alternativa a quegli sdolcinati motivi che vanno per la maggiore; giovani simboleggiati da un pallido giovinetto proveniente da Davenport nello Iowa dove è nato nel 1903, che suona la cornetta, che risponde al nome di Bix Beiderbecke e che, sarebbe divenuto il leader del Jazz bianco. Bix Beiderbecke fu il massimo rappresentante dello Stile di Chicago che costituì il primo tentativo dei bianchi di suonare Jazz in modo personale; componente di una famiglia originaria della Germania da giovanissimo fa parte del coro della locale chiesa protestante e mostra subito una notevole predisposizione per la musica, suona il pianoforte ma all’età di sedici anni ha modo di ascoltare un disco della Original Dixieland Jazz Band di Nick LaRocca e si innamora della cornetta; ad appena diciotto anni è già musicista professionista ed ottiene notevoli ingaggi che lo portano a lavorare sui battelli in servizio sul Lago Michigan e nei locali di Chicago. continua sul prossimo numero... 39 Campo de’ fiori Si sono conclusi sabato 26 luglio i giochi popolari dell’estate corchianese. Ecco la formazione della contrada che per la quinta volta consecutiva si è aggiudicata il titolo di Campione: Estate Corchianese la Contrada Selvotta! In piedi da sx: Alessio Romano, Mirko Pilera, Carlo Bonamin, Alessandra De Angelis, Mirella Pilera, Anna, Floriana Cingolani, Arianna Precetti, Carla Santini In Basso da sx: Tonino Troncarelli, Valentina Stefanelli,Martina Pilera, Lorenzo Stefanelli, Stefano Precetti, Sonia Bonamin, Feliciano Menicocci, Massimo De Carolis, Giuseppe Stefanelli, Mauro Stefanelli, Francesco Precetti. Multietnica 2008 2 Agosto ore 18.00 Apertura sito e visite guidate ore 20.00 Cena a tema su prenotazione (info tel. 0761.514082 – 328.6248061) ore 21.00 Teatro: Novecento “La leggenda del pianista sull’Oceano” (ingresso gratuito) 9 agosto ore 18.00 Apertura sito e visite guidate ore 20.00 Cena a tema su prenotazione (info tel. 0761.514082 – 328.6248061) ore 21.30 Teatro Danza Musica Foly Du Burkina Faso “La notte delle percussioni africane” (ingresso gratito) Direttore artistico Gianluca Terenzi Parte del ricavato sarà devoluto all’Associazione “Ivan Rossi” Presso “Il Castellaccio”, Via Terrano - Civita Castellana (Vt) AVVISI PER L’ESTATE Non abbandonare il tuo cane e neanche la sua “cacca” Non gettare le cicche accese Non lasciare la casa incustodita... nè la moglie... 40 Campo de’ fiori Album d Campo de’ fiori 19.03.1957 Ceramisti civitonici in udienza da Papa Pio XIIfoto della signora Rita Fontana (la bambina nella foto) Campo de’ fiori 11.05.1963 Viterbo - Campionati provinciali studenteschi. Taglia il traguardo Alessandro Soli Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere 41 Campo de’ fiori dei ricordi Campo de’ fiori 1948 civitonici in gita a Roma - foto della signora Doriana Gai Gallese nel primo ‘900 - Processione foto del signor Luigi De Angelis Campo de’ fiori e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite. 42 Campo de’ fiori Con la vostra gioia, continui… e che siano tanti anniversari come questo. Vi siamo vicini nel ricordo del vostro giorno più bello, dalla sorella Michela e la figlia Beatrice. Ancora tanti auguri a Carlo e Elisa che hanno festeggiato il primo anniversario di matrimonio il 14 Luglio. Tanti auguri a Barbara e Daniele che si sono uniti in matrimonio il 12 luglio. Tanti auguri per una vita felice e piena di gioie a Silvia Capone compie 18 anni l’11 Settembre, da mamma, papà, il fratello Simone, i perenti e gli amici. Tanti auguri a Pitagora per i sui 23 anni, dai suoi amici. Tanti auguri a Lucy Gloria Ricci di Fabrica di Roma che il 10 Agosto compie gli anni da parte del marito Alessandro e dei figli Attilio e Jessica. Tantissimi auguri a Lorenzo Fabrizi che ha compiuto 1 anno il 5 Luglio dalla sorellina Lucrezia, la mamma, il papà, i nonni e gli zii. Tanti Auguri a Aurora Antonelli che l’8 Settembre compie 2 anni, da: mamma Gabriela, papà Claudio, la sorella Viola, i nonni, gli zii ed i cugini. Tanti auguri alla nostra piccola Eva per aver ricevuto il Sacramento del Battesimo il 6 Luglio, da mamma Sara e papà Luigi. Campo de’ fiori Tantissimi auguri a Adriano e Michela Maggio che compiono 33 anni il 3 Agosto e 16 anni l’11 Agosto, dalla mamma, il papà, Sandro e Maddalena, Gianluca, Francesca, Marta e il piccolo Andrea. Un augurio particolare a Marsia e Mirko per essersi uniti in matrimonio il 19 Luglio, dalle loro nipotine Matilde, Irene e la piccola Eva. Sorpresa! Bellissimi e Vivacissimi auguri al mio piccolo topo per il suo quarto anno d’età che compirà il 10 agosto! Da lella Maila, papà Joseph Gun, mamma Anna, zia Marghe e tutti i tuoi nonni. 43 Tantissimi auguri a Rodolfo e Letizia che il 21 Luglio hanno festeggiato il loro primo anniversario di matrimonio. Vi auguriamo tanta felicità per sempre! Con tanto affetto, i genitori, la sorella Jenny con il fidanzato Giantobia, i fratelli Eugenio con Michela, e Giulio. L’anzianità ti rende un po’ incapace di fare ma non di desiderare. Ti auguriamo di desiderare di fare ancora tutto (speriamo che sia possibile). Auguri da Maria Luisa e Randy, Rita e Corrado. Tanti Auguri alla nostra principessa Irene che il 24 Luglio ha compiuto 1 anno, da mamma Chiara e papà Sergio. 44 Campo de’ fiori Album d Campo de’ fiori Anno ‘69-’70 Classe 1963 - 1° Elementare Via Petrarca, Civita Castellana Da sx: Maestra Raffaella Gorini, Paola Baldoffei, Antonella Abballe,..., ..., Fernando Carabelli, Nestore Belardi, ..., ..., Marco Carabelli, ..., Lorella Baldi,Elena delleChiaie, Stefania Barbacci, Gabriella Scarcia, Rosa ..., Maura Molinari, ..., Anna Maria Sambuci, Antonella Mancini, Gloria ..., Antonella Natili,..., Giogio Gomiero, Francesco Manoni, Fabio Ceccani Campo de’ fiori Civita Castellana - giochi della gioventù - anno scolastico 1986/87 - classe IIB Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere Campo de’ fiori dei ricordi Campo de’ fiori Civita Castellana 1971 - la classe 1921 festeggia 50 anni Campo de’ fiori Primavera 1978 3° media di Fabrica di Roma. Foto del Prof. Vinicio Testa e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite. 45 46 Campo de’ fiori Giochi Antichi La Morra Quante volte da bambini abbiamo sentito parlare di questo gioco, con il quale i nostri nonni avevano trascorso interi pomeriggi e serate, in mancanza di meglio, ma che forse era molto meglio di come li si trascorre oggi. Abbiamo cercato di farcelo spiegare, facendo le prime prove proprio con loro e poi sfidando gli amici di scuola, magari durante la ricreazione. Ma la morra è uno dei giochi più antichi e semplici del mondo, come testimoniano anche le raffigurazioni ritrovate in una tomba egizia, dove il defunto stende il braccio con un numero, contrapposto ad un altro giocatore, o una pittura vascolare greca, dove a giocare sono Paride ed Elena. Nel mondo latino è Cicerone a dare per iscritto la testimonianza dell’esistenza di questo gioco, indicandolo con il nome di “micatio”, dal verbo “micare”, ossia protendere e più precisamente “micare digites”, quindi stendere le dita. Successivamente fu molto praticato dai soldati nelle trincee durante la Grande Guerra, e poi dagli anziani e dai giovani di tutti i paesi, tanto da assumere un nome diverso da luogo a luogo e da dialetto a dialetto.Il gioco consiste nell’indovinare la somma dei numeri che vengono mostrati con le dita dai giocatori, che simultaneamente tendono il braccio, mostrando il pugno o stendendo un numero di dita a scelta. Solitamente i giocatori gridano, quasi a voler intimorire l’avversario, un numero da 2 a 10, la morra, usando spesso forme dialettali, storpiandoli o modificandoli, fino a ridurli ad un monosillabo. Il giocatore che indovina il numero conquista il punto, e vince chi arriva prima al punteggio deciso a priori. Se entrambi i partecipanti indovinano la somma, il gioco continua e nessuno guadagna il punto. Si può giocare uno contro uno o a squadre, dove il fattore fortuna viene messo da parte per far posto ad abilità e strategie. Forse sarebbe meglio abbandonare per un po’ la play station e farsi una bella partita a morra! Il sosia Miguel Bosè Questo è il Miguel Bosè nostrano, alias Carlo Casaluce che emulo dell’originale ne segue le orme di cantante (vedi locandina accanto). Se assomigliate a un personaggio famoso, portate le vostre foto in redazione ed esse verranno pubblicate . Campo de’ fiori La rubrica dei perchè? Perchè l’acqua spegne il fuoco? L’acqua ha la caratteristica di assorbire molto calore per riscaldarsi. Si dice che ha un calore specifico alto. Altre sostanze l’hanno più alto, ma dobbiamo tenere presente che l’acqua e facile da maneggiare, ad esempio entra in un tubo a pressione e si può lanciare a grandi distanze. Ma un effetto altrettanto decisivo nell’aggressione dell’acqua al fuoco è costituito dal vapore che si genera quando il calore fa evaporare il liquido. Il vapore è un gas che si sviluppa violentemente, si dilata e occupa spazio. Dilatandosi prende il posto dell’ossigeno che alimenterebbe il fuoco. Modi di dire Fare i Salamelecchi In arabo Salam Aleik significa “pace a te” ed è una bella forma di saluto. Ma siccome è accompagnata da gesti ossequiosi, gli italiani hanno tradotto la parola in salamelecco (usata quasi sempre al plurale) e gli inchini in smorfie ridicole. 47 48 Campo de’ fiori Album d Campo de’ fiori 1957 famiglia Corteselli di Civita Castellanafoto del signor Carlo Corteselli Campo de’ fiori Fabrica di Roma negli anni ‘50 Da sx: Iannoni Mario - Vera - Ersilia, ..., Anselmi Rosa Campo de’ fiori Fabrica di Roma 1933 foto del signor Sandro Di Pietro Se vi riconoscete in queste foto, venite in redazione e riceverete un simpatico omaggio. Se desiderate vedere 49 Campo de’ fiori dei ricordi Campo de’ fiori Giovani civitonici degli anni ‘60 foto della signora Lidia Farina Civita Castellana anni ‘50 Assistenti delle colonie estive - foto della signora Loretta Manoni Campo de’ fiori e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite. 52 Campo de’ fiori Quella forza silenziosa chiamata … Era una serata di fine maggio. Un flebile spicchio di luna, facendo capolino tra le folte chiome degli alberi che ornano il Lago di di Erminio Vico, dall’alto Quadraroli spiava silenzioso alcuni momenti di vita conviviale che si stavano consumando presso il Ristorante Fiorò. Un addobbo floreale in cui l’occhio scorgeva un armonioso danzare di colori rossi e bianchi ha fatto da elegante cornice alla Serata di Gala organizzata dalla CRI lo scorso 31 maggio. Alla presenza di numerose autorità civili, tra cui hanno spiccato i nomi del Sindaco di Ronciglione, Massimo Sangiorgi, del Sindaco di Sutri, Guido Cianti, e dell’ex Commissario della Croce Rossa On. Olympia D’Onofrio Bucossi e il Sindaco di Ronciglione Massimo Sangiorgi Maurizio Scelli, l’Ispettrice della CRI Oympia D’Onofrio Bucossi ha ampliamente esaminato l’operato del 2007 della Sez. Femminile del ridente paese cimino. Vista l’importanza di questo evento non potevano mancare le sorelle infermiere della Sez. di Viterbo, il Presidente provin- Protegge i tuoi valori Silvia Malatesta - Via S. Felicissima, 25 01033 Civita Castellana (VT) Tel.0761.599444 Fax 0761.599369 [email protected] ciale della CRI, Egidio Manzoni, e l’Ispettrice di Rieti, Luisella Di Marco, che spinti dal loro innato spirito di fratellanza hanno partecipato molto volentieri a una lotteria di beneficienza, organizzata con lo scopo di raccogliere fondi per completare i progetti umanitari programmati per il 2008. Questo appuntamento, che apre le porte alla stagione estiva, si è svolto nella speranza che anche quest’anno la Sezione di Ronciglione della CRI possa raggiungere obiettivi sempre maggiori, grazie alle volontarie e ai volontari che operano spinti da una forza silenziosa chiamata..solidarietà. 53 Campo de’ fiori Ecologia e Ambiente L’acqua e le faraoniche opere se minacce per interi villaggi e popolazioni, seminando fango e morte. Modificare i corsi naturali d’acqua non solo è ingiusto, ma è, anzi, un’insignificante sfida con chi prima di noi ha disegnato il creato. Certo l’uomo con la sua astuzia crede di fare quello che più gli conviene, ma poi dovrà fare i conti con i problemi ben più grandi che ne derivano. La minaccia dell’a- di Giovanni Francola Non c’è dubbio che l’acqua sia legata alle grandi opere che l’uomo ha costruito nel corso della storia. Infatti, nel XX secolo, di opere “gigantesche” come le dighe ne sono state costruite ben quarantamila, ai fini dell’irrigazione, o per l’approvvigionamento di acqua potabile, o per la produzione di energia elettrica. Queste opere faraoniche, spesso, sono simbolo di duri scontri tra autorità e semplici cittadini, che si vedono espropriare le proprie case e i luoghi a loro cari, per la costruzione di queste enormi dighe. Inoltre, con la costruzione di queste gigantesche opere, si corre il rischio di calpestare il diritto dell’acqua a tutte le popolazioni della terra, che è stabilito dal trattato 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Per non parlare di tutte le sciagure legate ad esse, che, quando qualcosa non va per il verso giusto, si trasformano in spavento- gricoltura industriale, ad esempio, non ha fatto altro che impoverire i terreni, o, peggio ancora, arricchirli di sostanze improprie. Le deviazioni dei grandi fiumi, o di altri corsi d’acqua, favorisce i fenomeni di desertificazione, salinizzazione o ristagno di intere aree, che non sono certo un caso, ma sempre conseguenze di azioni antropiche insensate e irresponsabili, che si ripetono ormai da troppo tempo. 54 Campo de’ fiori L’ ANGOLO ... CIN CIN di Letizia Chilelli Occupandomi del vino e del suo mondo ho potuto constatare come l’antiquariato del “buon bere” sia molto praticato in Inghilterra e Francia, a differenza di Paesi come l’Italia e la Germania. A Londra, per citare un esempio, Christie’s e Sotheby, sostengono almeno venti aste all’anno di vini da collezione. Questo amore per il vino “di una certa età” non viene tradotto però in pagamenti esorbitanti: accanto ai più pregiati pezzi da museo, acquistati per lo più da Case Regnanti, o potenti del mondo, vengono venduti anche vini invecchiati delle migliori annate e che meritano certamente attenzione, a prezzi “accessibili”per soddisfare il collezionista e non certo per ridurlo sul lastrico! Sono ormai lontani i tempi in cui il Granduca Costantino di Russia, fratello dello Zar, pagò il prezzo sorprendente di 20.000 franchi d’oro per quattro barili della vendemmia del 1847 del Chateau D’Yquem, un nobile vino bianco Bordolese da dessert! Comunque anche il nostro Paese non è privo di esempi di aste di vini leggendari, anche se in tutta onestà si tratta di casi molto rari. Non bisogna però credere che possedere una bottiglia antica offra la possibilità di realizzare una certa vantaggiosa cifra: bisogna infatti prima di tutto trovare l’occasione giusta di vendita e poi l’estimatore di quel determinato tipo di vino, cosa che, credetemi, è piuttosto difficile. Resta poi innegabile il fatto che le bottiglie di “antiquariato” vengano collegate a fatti storici e incancellabili. Qui in Italia, per esempio, nel 1959 il Generale De Grulle fu ospitato per una storica visita dall’allora Presidente della Repubblica Italiana Gronchi e portò con se, dalla Francia, una magnifica bottiglia di Bordeaux del 1859 (bottiglia che simboleggiava il centenario della battaglia di S. Martino, a Solferino, battaglia che concluse la Guerra d’Indipendenza). La “storica” bottiglia fu stappata durante il pranzo d’onore e chi ha bevuto quel vino assicura che era ancora validissimo e gra- COLLEZIONARE IL VINO devolissimo al palato. (Con questo piccolo aneddoto, spero di soddisfare, almeno in parte, la curiosità di coloro che spesso mi chiedono se un vino centenario è ancora bevibile!). Comunque, è bene ricordare che molto dipende dalla struttura del vino stesso e da come è stato conservato. Ciò, come sappiamo, vale anche per i vini di meno “onorata” età, ma che abbiano al loro attivo più di 20 anni, anche perché fino a questa età, una bottiglia da lungo invecchiamento tiene, di norma, abbastanza bene. Il vino per quanto prezioso e raro sia, ha comunque i suoi limiti di sopportazione: non può restare per così tanto tempo ingabbiato in una bottiglia. Col passare del tempo all’inizio, quasi in maniera microscopica e poi sempre in modo più osservabile, comincia a decrescere di volume: le sue strutture si smembrano,mentre una parte evapora, ecco spiegato il motivo del ritrovamento di “vecchie”bottiglie in cantina ridotte di contenuto. Per far si che il vino superi decenni in buona salute, occorrono particolari accorgimenti che possono essere effettuati solo da cantinieri delle cantine più famose. Uno dei più conosciuti è quello messo in pratica dai cantinieri della famiglia dei Baroni Rothschild: per le bottiglie che hanno passato l’età media e di cui interessa tenerne una partita, gli “addetti ai lavori”(spesso enologi) provvedono ogni 5/6 anni ad aggiungere alle bottiglie stesse, stappandole, una piccola quantità di vino giovane, ritappando poi la bottiglia con molta cura con un tappo nuovo e rigorosamente di sughero. È grazie a questo sistema che funge da “trapianto” che sono state portate fino ai giorni nostri bottiglie di vino Bordolese che risalgono pensate al 1870. Vero è, che credere che un collezionista privato possa arrivare a questi livelli risulta un po’ impossibile, comunque per regalarsi e regalare alla nostra cantina qualche gioiello si può fare, di tanto in tanto, rifornimento presso produttori che si occupano di vino come tradizione di famiglia ad alti livelli. Consiglio importante: prima di acquistare qualunque bottiglia “da collezione”: sarà bene munirsi delle tabelle che certifichino la validità delle annate (reperibili nei negozi specializzati e sui siti internet che trattano di enologia). Anche perché, il vino, o meglio tutti i vini, nelle annate, vengono classificati con le “stellette”: - Annata Pessima * - Annata Mediocre ** - Annata Buona *** - Annata Ottima **** - Annata Eccezionale ***** questo sistema ci aiuta a regolarci: infatti i vini da portare ad un lungo invecchiamento sono quelli da Annata Buona in su. I vini Italiani da collezione sono da ricercarsi nelle grandi DOCG che abbiamo, esempi eccellenti sono il Barolo e il Brunello (solo per citare i più importanti che farebbero la gioia di tutti i collezionisti). Da ricordare, poi, che le bottiglie da collezione non devono essere necessariamente “vecchie”. La collezione è soprattutto un assortimento di bottiglie che non si trovano facilmente sul mercato: cioè case e voci vinicole poco usate, che appunto per questo possono diventare in futuro, veri e propri gioielli. Ultimo suggerimento: se vi dovesse capitare di parteciparvi, in un asta non fatevi mai trascinare dal gioco. Fate attenzione, anche perché ciò che non avete oggi in cantina lo potete “scovare” domani, magari attraverso qualche “scambio” con collezionisti che sono alla ricerca proprio di quella bottiglia che potete “vendere” voi, avendone nella vostra cantina più di qualche unità. (Bibliografia “Vini d’Italia” di L. Imbriani) continua......... Campo de’ fiori ANNUNCI ECONOMICI GRATUITI PER PRIVATI a pagamento per ditte o società- Tel. Fax 0761.513117 Cedola da ritagliare e spedire L’annuncio sarà ripetuto per 3 uscite, salvo diversa decisione della redazione 57 Compilate qui il vs annuncio gratuito e speditelo in busta chiusa a Campo de’ fiori - P.za della Liberazione n. 2 - 01033 Civita Castellana (VT) oppure mandate un Fax al n. 0761.513117 o una e-mail a [email protected] (scrivere in stampatello e senza abbreviazioni) .................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. ............................................................................................................................................................................................................................. 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Città......................................................Tel...................................Firma................................................................ Farmacie Civita Castellana aperte nei giorni festivi di Agosto 2008 10/24 Agosto - Farmacia Filizzola Corso Bruno Buozzi 17/31 Agosto Farmacia Municipalizzata Via Ferretti Farmacie Corchiano e Fabrica aperte nei giorni festivi di Agosto 2008 03/31 Agosto - Farmacia Liberati di Fabrica di Roma 15/17 Agosto - Farmacia Sangiorgi di Corchiano Benzinai Civita Castellana aperti nei giorni festivi di Agosto 2008 03/10/15 Agosto - Tamoil Via Falisca - Tamoil Via Flaminia - IP Variante Nepesina 17/24/31 Agosto - Agip Via Terni - API Borghetto - Enerpetroli S.P. 311 Nepesina SOSTENETE CAMPO DE’ FIORI CON IL VOSTRO ABBONAMENTO CARTOLINA DI ABBONAMENTO ANNUALE SI desidero abbonarmi a : Campo de’ fiori (12 numeri) a € 25,00 I miei dati Nome___ ____ __________________________________ Cognome________________________________________________ data di nascita_______________ __________Città________________________________________________________Prov._______ Via_______________________________________________________________Telefono____________________________________ Desidero regalare l’abbonamento a: Campo de’ fiori (12 numeri) a € 25,00 Il regalo è per: Nome_______________________________Cognome_________________________________________________________________ data di nascita___________________________Città______________________________________________________Prov.________ Via_________________________________________________________________Telefono__________________________________ effettuerò il pagamento con c/c postale n. 42315580 intestato alla Associazione Accademia Internazionale D’Italia - P.za della Liberazione n. 2 - Civita Castellana Data______________Firma__________________________________ Autorizzo il trattamento dei miei dati personali secondo quanto disposto dalla legge n. 675 del 31.12.1996 in materia di “Tutela dei dati personali”. 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Se desiderate vedere 59 Campo de’ fiori dei ricordi Campo de’ fiori Maggio 1963 - Civitoniche in gita a Nepi - foto del signor Francesco Barboni Campo de’ fiori Campo de’ fiori Anni ‘40 Civita Castellana - Delia e Natia De Angelis Roma Anno Santo 1950 da sx Bianca, Ileana, Anna Rosa e Maria Bruna di Civita Castellana e pubblicate le vostre foto, portatele presso la redazione di Campo de’ fiori, esse vi verranno subito restituite. 60 Annunci LAVORO CERCO -AUTISTA 48enne offresi per viaggi città, nazionali ed esteri, con auto propria o senza. Anche per week-end e festivi esperto e referenziato. Max serietà no perditempo. Tel. 333.2741653 -HOSTESS diplomata operatrice turistica offresi per meeting, congressi, viaggi cittò, nazionali, esteri, disponibile shopping, teatro e tempo libero, pranzi e cene di lavoro. Max serietà esclusi perditempo Tel. 339.5887933 e-mai: [email protected] -RAGAZZA di 21 anni cerca lavoro come cameriera presso bar/ristoranti nella zona di Nepi e limitrofe. 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VT n. 351 del 2/6/89 Presidente Fondatore: Sandro Anselmi Direttore Editoriale: Sandro Anselmi Direttore Responsabile: Stefano De Santis Consulente Editoriale: Enrico De Santis Segreteria di Redazione Coord Impaginazione e Grafica: Cristina Evangelisti Lo Studio Legale dell’ Avv. Aldo Piras Patrocinante in Cassazione, ha stipulato una convenzione con Campo de’fiori con la quale, tutti i lettori, avranno diritto a n. 3 consulenze gratuite. 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