1 rassegna stampa martedì 23 ottobre 2012
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1 rassegna stampa martedì 23 ottobre 2012
Federazione ittaalliiaannaa bancari e assicuurativi via Modena, 5 – 00184 Roma – tel. 06-4746351 / fax 06-4746136 e-mail: [email protected] sito web: www.fiba.it Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES (Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale RASSEGNA STAMPA MARTEDÌ 23 OTTOBRE 2012 U Unn aaffooriissm maa aall ggiioorrnnoo............................................................................................................................. 22 Crediti con la Pa, intesa Tesoro-Abi ....................................................................... 3 I tagli alle stime dei profitti Usa frenano le Borse ............................................... 4 Rating alle banche, favorite le big .......................................................................... 6 Bilancio Ue, Londra sfida Berlino ........................................................................... 8 A Wall Street il bonus resta d’oro ........................................................................... 9 Ubs e Credit Suisse preparano nuovi tagli dei dipendenti ................................... 10 Fondazioni, in Cariplo e Crt partono i rinnovi al vertice...................................... 11 Merkel sgrida la Gran Bretagna sul bilancio Ue ................................................... 12 Consiglio Intesa, l’ipotesi anticipo ......................................................................... 13 La pista asiatica per Bsi Per Generali il nodo prezzo ........................................... 14 Il Fisco riscrive (e semplifica) 65 modelli .............................................................. 15 E l’avvocato da 3,5 miliardi (di azioni) fa dimagrire il nuovo vertice Seat ........ 16 pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 1 Manovra Irpef tutta da rifare più detrazioni alle famiglie ................................... 17 Alla Bce esplode il caso quote rosa ........................................................................ 18 Malacalza avverte Tronchetti “Niente soldi, solo azioni Pirelli” ......................... 19 “Lavorare tutti, lavorare di più i miei operai si tagliano le ferie” ...................... 20 UN AFORISMA AL GIORNO a cura di “eater communications” “ IIll c co on nffo or rm miisstta a èè u un no oc ch hee ssffo og gg giia a ” llee o oppiin niio on nii c ch hee n no on nh ha a!!!. pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 2 ((O Ossccaarr W Wiilld dee)) *il Sole 24ORE* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 Stato debitore. Gli intermediari finanziari potranno accedere alla piattaforma elettronica per la certificazione Crediti con la Pa, intesa Tesoro-Abi AI NASTRI DI PARTENZA Banche pronte ad aderire ai protocolli siglati a maggio con le associazioni d'impresa per facilitare il finanziamento delle aziende pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 3 ROMA Un passo in avanti sul percorso per rendere più agevole lo sconto dei crediti verso la Pa. Il ministero dell'Economia e l'Abi hanno infatti siglato ieri la convenzione che permette l'accesso da parte delle banche e degli intermediari finanziari alla piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti verso le amministrazioni pubbliche. Il collegamento tra la piattaforma elettronica pubblica e il sistema finanziario permetterà a banche e intermediari finanziari di verificare direttamente lo stato del credito, velocizzando e semplificando le procedure di anticipazione o sconto per le imprese fornitrici della pubblica amministrazione. Intanto, secondo le rilevazioni Abi, il settore bancario sta dando un seguito concreto all'accordo per agevolare lo smobilizzo dei crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione e quello per favorire il finanziamento di progetti di investimento in Italia. Il 63,5% delle banche, in termini di sportelli sul territorio, segnala infatti Palazzo Altieri, è pronto ad aderire agli accordi, ovvero ai due protocolli sottoscritti il 22 maggio scorso tra l'Abi e le associazioni di impresa, finalizzati a sostenere le aziende per quanto riguarda lo sblocco dei crediti della pubblica amministrazione e gli investimenti delle piccole e medie imprese. La lista completa delle banche che hanno già aderito agli accordi è, peraltro, già disponibile da venerdì scorso sul sito dell'Abi (www.abi.it). Nel momento in cui il quadro normativo sarà completo le banche potranno procedere per dare avvio alla fase operativa vera e propria. Da ricordare che la scorsa settimana il Comitato di gestione del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese ha formalizzato il regolamento operativo del Fondo: adesso manca un ultimo tassello, ovvero la pubblicazione del decreto con il regolamento, e il quadro sarà completo. Per il sostegno alle piccole e medie imprese sul terreno dello smobilizzo crediti è previsto un plafond di 10 miliardi di euro. I crediti che possono essere smobilizzati devono essere certificati come certi, liquidi ed esigibili (di qui l'importanza della convenzione firmata ieri al Tesoro). L'anticipazione non potrà essere inferiore al 70% dell'ammontare del credito che l'impresa vanta nei confronti della Pa e la durata sarà coerente con la data di pagamento prevista. Le imprese che possono accedere al plafond Crediti Pa sono le Pmi che operano in Italia, definite dalla normativa comunitaria, di tutti i settori. Al momento della domanda non devono avere posizioni classificate dalla banca come sofferenze, partite incagliate, esposizioni ristrutturate o esposizioni scadute o sconfinanti da oltre 90 giorni, né procedure esecutive in corso. Per le imprese con esposizioni scadute e per gli sconfinamenti da oltre 90 giorni fino a 180, la banca può valutare la realizzazione dell'operazione, se il ritardo nel pagamento è imputabile al mancato incasso dei crediti Pa. Anche per quanto attiene ai progetti di investimento delle Pmi c'è un plafond di 10 miliardi di euro: l'intervento è stato reso possibile grazie alla liquidità messa a disposizione dalla Bce attraverso le due operazioni straordinarie di rifinanziamento con durata fino a 3 anni. Infine, sempre a supporto degli investimenti, c'è anche la convenzione tra Abi e Cassa depositi e prestiti con cui quest'ultima ha messo a disposizione 10 miliardi di euro per il finanziamento delle Pmi. R.Boc. *il Sole 24ORE* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: Luca Davi LA GIORNATA DEI LISTINI I tagli alle stime dei profitti Usa frenano le Borse Milano tiene (+0,03%) con i bancari sulla scia degli acquisti sul BTp Italia FORTI SCAMBI SU BTP ITALIA Alla prima giornata di contrattazioni, il nuovo titolo legato all'inflazione italiana ha registrato scambi per 280 milioni I PIANI DI VIA XX SETTEMBRE Il Tesoro starebbe studiando una riduzione delle aste anche se per il ministro Grilli è difficile dire già oggi se ci sarà una revisione pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 4 Per una volta tanto le mosse degli operatori finanziari ieri non sono state dominate dalle valutazioni sullo stato di salute del Vecchio Continente, ma piuttosto dai timori sui rischi di crescita globali. Un'incertezza che è stata scatenata soprattutto dai tagli alle stime per il 2012 di un colosso mondiale come Caterpillar. Se il leader mondiale dei macchinari per il movimento terra riduce le sue attese di ricavi e utili, significa che l'andamento del business dell'edilizia, e dell'economia nel suo complesso, rallenta. La reazione delle Borse Per questo le borse hanno tenuto un atteggiamento cauto. A Wall Street, dopo una seduta in flessione, alla fine il Dow Jones ha registrato un progresso dello 0,02%%, l'S&P500 dello 0,03% e il Nasdaq dello 0,38%. A chiudere in discesa sono stati anche i listini europei: il Ftse 100 di Londra è arretrato dello 0,22%, il Dax di Francoforte dello 0,71% e il Cac di Parigi dello 0,61%. In positivo, seppure di poco, Milano, con un progresso dello 0,3% grazie al supporto dei titoli bancari. Che continuano a beneficiare del buon momento dei governativi italiani: lo spread tra tassi di Roma e Berlino sulla scadenza decennale si è fermato a quota 315 punti dai 318 di venerdì, mentre quello spagnolo è risalito a 386 da 376 punti di fine settimana. I segnali da Caterpillar La prudenza che ha contrassegnato gli scambi è frutto soprattutto di una paura. E cioè che il rallentamento globale possa impattare negativamente sui ricavi delle società le cui quotazioni appaiono per alcuni aspetti anche sopravvalutate. Il campanello d'allarme è suonato ieri alla diffusione dei dati di Caterpillar, ultimo tra i grandi colossi a battere le attese sul fronte degli utili ma a rivedere al ribasso le previsioni sui ricavi. Il produttore di mezzi meccanici ha chiuso il terzo trimestre con un utile netto in aumento del 49% a 1,7 miliardi di dollari, pari a 2,54 dollari per azione, contro i 2,21-2,23 attesi dagli analisti. Nello stesso tempo però la debolezza della congiuntura e gli stock eccessivi hanno spinto l'azienda a prevedere per il 2012 un profitto da 9 a 9,25 dollari per azione contro una precedente stima di 9,60 dollari. È la seconda volta nel corso dell'anno che il gruppo taglia le sue previsioni per il 2012. Ma ciò che preoccupa maggiormente gli analisti è che si sta allungando la lista delle aziende che si preparano a un rallentamento globale maggiore di quanto previsto fino ad ora. Commenti timorosi sul futuro sono arrivati nei giorni scorsi da multinazionali del calibro di General Electric o di Honeywell, entrambe preoccupate dei rischi al ribasso di un recupero che, nel migliore dei casi, potrebbe rivelarsi tiepido. Più che sui risultati del trimestre (il 60,2% delle 123 quotate dell'S&P 500 ha battuto le attese), il mercato si sta «dunque concentrando sulle previsioni relative alla riga alta dei bilanci, la voce dei ricavi, e teme sia in arrivo una contrazione» spiega un operatore italiano. E proprio sugli utili delle banche americane potrebbe impattare, negativamente, la Volcker Rule: secondo l'agenzia di rating Standard&Poor's, gli utili ante-imposte delle maggiori otto banche americane potrebbero ridursi di 10 miliardi di dollari l'anno per effetto della legge che limita drasticamente l'attività speculativa delle banche. Il successo del BTp Italia In una giornata contrassegnata dall'assenza di dati macro di rilievo e di aste di titoli di Stato, il mercato obbligazionario italiano ha proseguito nella buona intonazione della scorsa settimana. A brillare è stato in particolare il BTp Italia collocato la scorsa settimana per la cifra record di 18 miliardi di euro. Alla sua prima giornata sul secondario, il titolo scadenza ottobre 2016 ha toccato un massimo a 100,72 per chiudere a 100,66. Forti le richieste, con scambi per 280 milioni di euro, contro i 15-20 milioni degli altri due BTp Italia. Secondo alcuni analisti, il trend rialzista potrebbe continuare. L'avvicinamento ai livelli attuali del BTp€i settembre 2016 potrebbe tradursi in una ulteriore riduzione dei tassi di circa 40 punti base, con un rialzo del prezzo fino a quota 102. Sulla scia di questo interesse, anche gli altri due BTp Italia si sono mossi al rialzo: il titolo giugno 2016 ha chiuso in progresso di 18 centesimi a 104,19, mentre il marzo 2016 è salito di un cent a 100,95. Prossime aste da rivedere Ma ciò che più è confortante, per le casse pubbliche, è che proprio il successo dell'asta del BTp Italia potrebbe consentire al Tesoro di ridurre le emissioni di Titoli di Stato da qui a fine anno. Ieri sul tema è intervenuto il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, che sebbene abbia di detto di non essere «in grado di dire in questo momento» se ci sarà una riduzione delle aste di fine anno, ha riconosciuto che «i nostri bisogni di finanziamento si sono ridotti». Sul tavolo dei tecnici di via XX Settembre ci sarebbe comunque l'ipotesi di un taglio delle aste dei bond a breve termine nell'ultima parte del 2012. Secondo i piani del Tesoro, nel quarto trimestre dell'anno è prevista l'emissione di nuovi Btp a cinque e tre anni rispettivamente per almeno 10 e 9 miliardi di euro. Oltre a queste, ci sono però ulteriori tranche di Btp in corso di emissione e le consuete aste di Bot annuali (a metà novembre e dicembre) e semestrali (a fine di ogni mese). pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 5 Archivia *il Sole 24ORE* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: Maximilian Cellino [email protected] FINANZA E REGOLE Rating alle banche, favorite le big Uno studio di esperti Bce: giudizi più benevoli ai grandi istituti che garantiscono business alle agenzie IL VANTAGGIO Il fattore dimensione può far diminuire il costo della raccolta finanziaria di 40 punti base a parità di rischiosità dell'emittente LA DISTORSIONE I conflitti di interesse che scaturiscono dalle attività sulle cartolarizzazioni compromettono la qualità dei giudizi sugli istituti pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 6 Dei potenziali conflitti di interesse delle agenzie di rating si parla ormai da anni, se non decenni. Il tema torna prepotentemente alla ribalta ogni volta che su uno stato, una banca o una società di primo piano cade la scure di Moody's, S&P o Fitch: l'irritazione dell'emittente declassato si traduce in una critica a tutto campo sui metodi di valutazione utilizzati dalle «onnipotenti» agenzie, che quasi sempre tocca il nodo cruciale dell'intreccio di interessi fra chi giudica e chi invece deve essere giudicato. Obiezioni che naturalmente vengono sempre respinte al mittente dai signori del rating e che rimandano così il duello all'infinito. Se a parlare dei conflitti è però uno studio targato Banca centrale europea (Bce), la questione assume connotati differenti, quantomeno perché nei piani alti dell'Eurotower non si è fatto mai mistero di discutere sulla creazione di un organismo unico targato Europa per giudicare sui debiti di società e Stati. A puntare il dito sulle distorsioni legate ai giudizi delle «Tre sorelle» è una ricerca intitolata «Rating bancari, cosa determina la loro qualità» e condotta da Harald Hau, docente di economia e Finanza presso l'Università di Ginevra, Sam Langfield della Fsa (l'organismo di controllo dei mercati britannico) e dall'economista iberico David MarquesIbanez. Se grande è anche affidabile Un documento che, va precisato, come tutti i «working paper» della Bce riflette le opinioni degli autori e non necessariamente quelle dell'istituto di Francoforte, ma che a partire dall'analisi di ben 38.753 osservazioni sui rating assegnati a 369 banche dell'Unione europea e degli Stati Uniti fra il 1990 e il 2011 giunge a una conclusione piuttosto chiara: «Le agenzie sembrano assegnare sistematicamente giudizi più favorevoli di quanto meritano alle banche più grandi e alle istituzioni che garantiscono loro un business aggiuntivo sui mercati della finanza strutturata». In altre parole, confrontando i rating emessi e un indicatore di probabilità di default attesa nei due anni successivi si scopre che S&P, Moody's e Fitch tendono sistematicamente a compiere errori a favore delle banche principali. La distorsione può anche essere attribuita al maggior potere economico esercitato dagli istituti di dimensioni più grandi e soprattutto al fatto che, per la loro importanza sistemica, questi vengono guardati con un occhio di riguardo dai Governi dei Paesi in cui risiedono. Una sorta di garanzia indiretta, insomma, che se da un lato rinforza il concetto di banca «troppo grande per fallire», dall'altro crea inevitabilmente distorsioni sul mercato dei capitali. I tre economisti della Bce stimano per esempio che il fattore dimensione possa avere conseguenze simili a un miglioramento (ingiustificato) di rating da «A-» ad «A» e, ciò che più conta, sia in grado di far diminuire il costo di finanziamento di 40 punti base a parità di rischiosità dell'emittente. Generosi con chi paga di più Sebbene sia meno rilevante, l'impatto derivante dai «vantaggi» che le agenzie accorderebbero alle banche che con loro effettuano un numero maggiore di operazioni di cartolarizzazione (per le quali è richiesto il rating, ovviamente a pagamento) è un elemento di assoluto rilievo della ricerca. Dopotutto il fatto che più una banca paghi l'agenzia e migliori sono i voti che poi da questa ottiene rappresenta, almeno in teoria, la quintessenza del conflitto di interessi. Si potrà infatti anche obiettare che le banche che compiono il maggior numero di operazioni (la Bce ne isola 53 all'interno del suo panel analizzando le cifre sulle securitization raccolte da Dealogic fra il 1990 e il 2012) sono poi verosimilmente anche quelle di taglia grossa e quindi i due effetti tendono a mescolarsi. Il responso dello studio non lascia però scampo: «I dati rappresentano la chiara evidenza che i conflitti di interesse che scaturiscono dal business delle cartolarizzazioni compromettono la qualità dei rating sulle banche». La conclusione non può ovviamente che portare acqua al mulino della Bce e al suo progetto di agenzia europea: «Il dibattito politico dovrebbe incoraggiare fonti alternative di informazioni sui rating del credito», sottolinea la ricerca. Che va però oltre quel progetto ricordato a più riprese da Mario Draghi, sottolineando anche la necessità agevolare e rendere meno costoso l'accesso alle informazioni necessarie a elaborare un giudizio sul merito di credito di un emittente: «Un sistema pubblico di informazioni migliore e una maggiore diffusione di dati da parte delle banche rappresenta la strategia più opportuna per ridurre il potere e l'influenza esorbitante delle agenzie di rating nel sistema attuale». In attesa di una riforma a tutto campo, liberare il mondo finanziario dalla dipendenza dei rating resta un sogno. pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 7 Archivia *il Sole 24ORE* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 Dal nostro corrispondente Beda Romano LO SCONTRO SUL BUDGET Bilancio Ue, Londra sfida Berlino Secondo Ft la Merkel sarebbe pronta a cancellare il vertice del 22 novembre IL POSSIBILE COMPROMESSO La Germania avrebbe proposto di bloccare all'1% del Pil comunitario gli stanziamenti per il periodo 2014-2020 pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 8 BRUXELLES. Chiudere la trattativa sul bilancio comunitario 2014-2020 è una partita tutta in salita, nonostante l'impegno del presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy di concludere i negoziati entro il vertice di fine novembre. A complicare le discussioni è la crisi economica, che induce molti Paesi a cercare un calo dei loro contributi. Lo sguardo corre al Governo inglese che ha minacciato il veto, ma che deve soppesare i pro e i contro di un'arma negoziale a doppio taglio. La proposta che la Commissione ha presentato nel 2011 non fa proprio l'unanimità. Prevede un bilancio su sette anni di 1.033 miliardi di euro, con un aumento del 5% rispetto al periodo precedente. Il premier britannico David Cameron chiede addirittura un congelamento della spesa. Ancora ieri l'uomo politico conservatore ha detto alla Camera dei Comuni: «Non ho imposto in Gran Bretagna misure difficili per poter poi accettare a Bruxelles forti aumenti». La Germania e altri Stati membri hanno scelto un atteggiamento più accomodante. Vogliono modificare la proposta della Commissione, ma in alcuni casi difendendo alcuni capitoli di spesa (la Francia, per esempio, l'agricoltura). Inoltre, molti sanno - almeno in cuor loro - che il volano europeo è ormai indispensabile per rilanciare l'economia del continente mentre i Paesi dell'Unione sono costretti a risanare i propri conti pubblici, optando per l'austerità. Ieri il Financial Times spiegava che la Germania sarebbe pronta a cancellare il vertice del 22-23 novembre, se la Gran Bretagna dovesse rimanere intransigente. «Non è compito della Germania indire un vertice, ma di Van Rompuy», nota un diplomatico europeo. Il Governo federale ha smentito che mai ci sia stata una minaccia tedesca. Più interessante è il fatto che Berlino avrebbe offerto un compromesso: un bilancio pari all'1% del Pil europeo, rispetto a una proposta della Commissione dell'1,1 per cento. Ieri Londra non ha voluto ripetere la minaccia di un veto. Forse perché l'arma negoziale è in parte spuntata? Secondo le regole europee, senza accordo sul 2014-2020, il bilancio 2013 verrebbe ripetuto per il 2014, associandovi l'inflazione. In questo caso, l'esborso inglese aumenterebbe, non diminuirebbe. Nel negoziato, la Germania può contare sull'apoggio di Francia, Austria, Olanda, Svezia e Finlandia. Sul fronte opposto c'è una alleanza poco omogenea di Paesi che difendono l'ammontare originale. La partita si è complicata nelle ultime settimane a causa dell'idea di dare all'unione monetaria una propria "capacità di bilancio". In generale gli Stati membri sono attirati dall'ipotesi, ma stanno ancora cercando di capirne le ramificazioni. Alcuni Paesi temono di perdere risorse. Probabilmente, Londra vede in questa idea un grimaldello per ottenere il suo obiettivo: ai suoi occhi un nuovo bilancio della zona euro giustificherebbe un calo del suo contributo al bilancio dell'Unione. La presidenza cipriota ha distribuito ieri pomeriggio alle delegazioni un documento informale in cui ha riassunto i punti più ostici sul versante delle entrate. Entro lunedì, Cipro invierà nuovi criteri negoziali, questa volta con una proposta di cifre. L'obiettivo è di discuterne a livello di ambasciatori la settimana prossima. Poi successivamente, dal 5 novembre in poi, Van Rompuy (che giovedì vedrà Cameron a Londra) avrà incontri bilaterali con le delegazioni nazionali. Intanto si sono incontrati ieri a Roma il ministro per gli affari europei Enzo Moavero e il suo omologo inglese David Lidington, alla ricerca di punti di contatto. In questo clima teso, il destino vuole che la Commissione debba presentare oggi una manovra per tappare un buco nel bilancio del 2012. Alcuni programmi comunitari come Erasmus - sono a corto di liquidità. Alain Lamassoure, il presidente della commissione bilancio del Parlamento, ha stimato l'ammanco in «circa 10 miliardi di euro». *il Sole 24ORE* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: Marco Valsania INCHIESTA - Come cambia la politica dei compensi delle grandi aziende statunitensi A Wall Street il bonus resta d’oro Nel 2012 remunerazioni ancora elevate ma più difficili da incassare LE STIME Si prevede un calo minimo rispetto al 2011: le grandi firme non vogliono correre il rischio di farsi «scippare» i manager migliori pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 9 NEW YORK Bonus e compensi nell'alta finanza – a cominciare da Wall Street – restano dorati anche nel 2012. Ma saranno un po' più difficili da guadagnare. Per l'anno in corso le previsioni ufficiali delle authority di New York sono, in particolare, di un secondo declino consecutivo dei bonus in contanti, anche se è presto per tirare somme certe. I premi liquidi e immediati, insomma, dovrebbero diminuire rispetto ai 19,7 miliardi versati per l'anno scorso, già in calo del 14 per cento. Altrettanto probabile è tuttavia che i compensi totali rimangano elevati grazie alla diffusione di più prudenti formule basate su titoli e performance delle società. Formule che consentono di distribuire le paghe nell'arco di più anni - e di farli svanire in caso del mancato raggiungimento di prefissati obiettivi. I casi si sono moltiplicati: il britannico Lloyds Banking Group sta adesso considerando di abrogare bonus annuali a favore di incentivi decennali. Mentre la statunitense Morgan Stanley ha già messo all'opera una «mannaia» legata ai risultati. E piani di bonus composti di Performance based stock unites, o Psu, sono scattati negli ultimi anni a Bank of America come a Goldman Sachs. L'obiettivo: responsabilizzare i banchieri e limitare le corse all'eccesso di rischio, adattandosi a un periodo di tensioni nell'economia e sui mercati e a riforme delle regolamentazioni che stringono i controlli sul settore. Senza, allo stesso tempo, dover rinunciare a remunerare e attirare «talento». Al momento la ricerca del nuovo equilibrio sembra dare risultati: per il 2011 la «total compensation» è lievitata del 4% a 60 miliardi (+16% in due anni) a una cifra media di 361.950 dollari a dipendente, nonostante il calo dei premi in contanti, che rappresentano abitualmente un terzo della «paga» e spesso la stragrande maggioranza. E le sfide aperte sulla performance e sui bonus di sicuro non hanno intaccato l'ottimismo sui guadagni a Wall Street: un sondaggio di eFinancialCareers ha visto il 48% degli interpellati aspettarsi miglioramenti dei premi anzichè flessioni. La nuova sobrietà, però, si fa sentire. I colossi dell'alta finanza globale con sede a New York sono avviati a registrare profitti per oltre 15 miliardi nell'anno in corso, ha indicato il Comptroller dello stato di New York Thomas DiNapoli, il doppio dei 7,7 miliardi del 2011. Le entrate nette - sulle quali i compensi sono in realtà calcolati, spesso vicini alla metà del totale – sono però in affanno e le riforme a Wall Street, interne ed esterne, non sono ancora completate. A Morgan Stanley il maggior rigore potrebbe costringere il suo amministratore James Gorman a perdere azioni per 2,9 milioni quest'anno a causa del fallimento di traguardi su prezzo del titolo e redditività. A primavera gli azionisti di Citigroup avevano bocciato un pacchetto di 15 milioni destinato all'ora dimissionato chief executive Vikram Pandit, sostituendolo con un compenso pluriennale. Ancora: l'anno scorso Brian Moynihan di Bank of America aveva intascato l'intero premio annuale, circa nove milioni, in Psu e ulteriori versamenti sono legati a target di redditività entro il 2016. Lloyd Blankfein e altri dirigenti a Goldman vedranno per intero bonus differiti per circa dieci assegnati tra 2011 e 2012 se otterrà determinati risultati, tra cui in media un Roe del 10% in tre anni. I grandi numeri, tuttavia, possono a loro volta ingannare su quanto Wall Street stia davvero tirando la cinghia. Lo stesso Gorman di recente ha denunciato che il settore soffre ancora di compensi esagerati. E nei giorni scorsi è uscito il libro-denuncia dell'ex banchiere Greg Smith – «Why I left Goldman Sachs» - che mette sotto accusa proprio i bonus quale simbolo degli eccessi della finanza. In parte, inoltre, i recenti declini nei premi sono legati non all'austerity sulle paghe ma all'eliminazione di posizioni: 1.200 da inizio anno, oltre 20.000 dalla crisi. Goldman Sachs ha ridotto del 9% le posizioni e dovrebbe tagliare costi per due miliardi entro fine anno, Bank of America è in preda a drastiche ristrutturazioni. Banche non americane seguono simili strade: Credit Suisse eliminerà 451 posti quest'anno a New York. Alcuni protagonisti sembrano inoltre fremere alla prospettiva di contenere troppo i compensi, perdendo competitività quando si tratta di assumere o tenere i dipendenti migliori. Goldman ha destinato almeno il 10% in più a compensi e benefit rispetto all'anno scorso, 11 miliardi in nove mesi pari in media a 336.442 dollari a testa, seppur in linea con gli aumenti delle entrate. JP Morgan, reduce dallo scandalo delle scommesse errate sui derivati, ha da parte sua aumentato del 12% nel terzo trimestre la spesa per i compensi nella investment bank ma nel 2012 li ha finora limati del 6,9%, a 269.703 dollari per dipendente. Anche se simili compensi rappresentano tuttora una frazione contenuta delle revenue rispetto al passato: il 32% per Jp Morgan, in calo dal 41% di un anno fa, e il 44% per Goldman, invariata rispetto al 2011. *il Sole 24ORE* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: Lino Terlizzi Riassetti. I big svizzeri puntano al recupero della redditività Ubs e Credit Suisse preparano nuovi tagli dei dipendenti LE INDISCREZIONI Per i due istituti, nell'attesa della presentazione dei conti trimestrali, si parla rispettivamente di 3-5mila e fino a 2mila esuberi pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 10 LUGANO Non si fermano le voci su nuovi tagli agli organici che le due grandi banche svizzere, Ubs e Credit Suisse, starebbero preparando. Sulla piazza elvetica i riflettori sono puntati in particolare su Ubs. Se le indiscrezioni raccolte la settimana scorsa dalla stampa svizzera indicavano il taglio di 10mila posti su un organico mondiale di Ubs di circa 62mila addetti, le voci di questi ultimi giorni indicano invece come possibile un taglio ancora consistente ma ben inferiore, cioè tra 3mila e 5mila posti. Dunque la cura dimagrante per la maggiore banca rossocrociata sarebbe più contenuta e riguarderebbe soprattutto l'investment banking. L'informatica, per la quale le precedenti indiscrezioni ipotizzavano un taglio di 2mila su complessivi 8.200 posti, sarebbe toccata dalla ristrutturazione in modo meno duro: perderebbe 900 posti, di cui 300 in Svizzera. Ubs non ha confermato queste ultime indiscrezioni, come d'altronde non aveva confermato le precedenti. La reazione emersa dal vertice della banca era stata quella del ticinese Sergio Ermotti, ceo del gruppo, che aveva inviato a tutti i dipendenti una lettera in cui affermava che l'analisi del quadro delle attività non era stata ancora completata ed in cui comunque deprecava il fatto che qualcuno all'interno dell'istituto alimentasse indiscrezioni e speculazioni sui media. In effetti, vi erano e vi sono ancora voci anche su un dissenso di alcuni top manager di Ubs nei confronti di ipotesi di ristrutturazione che comportino non solo tagli ma anche una ulteriore centralizzazione di alcune funzioni. Ermotti sembra comunque deciso a proseguire lungo il percorso di riduzione dei costi per mantenere e rafforzare la redditività, con uno schema che prevede ancora il private banking come attività centrale e con un investment banking ancora presente ma con rischi ulteriormente ridotti e strutture snellite. Ieri il mercato ha reagito alle ultime voci con un rialzo del titolo Ubs, che a Zurigo ha chiuso con►+1,3% a 12,35 franchi. Per quel che riguarda l'altra grande banca elvetica, il Credit Suisse , le voci di questi giorni indicano tagli possibili di 1000-2000 posti di lavoro, su un organico mondiale di circa 48mila addetti. Anche in questo caso, nessun commento da parte di Credit Suisse. A Zurigo il titolo Cs ieri ha chiuso a 21,81 franchi con un -0,37%. I temi per il gruppo Cs, guidato dal ceo Brady Dougan, sono abbastanza simili a quelli di Ubs. Meno colpito rispetto ad Ubs dalle ondate della crisi finanziaria del 2008-09, il Credit Suisse cerca comunque a sua volta di assicurarsi la redditività con la riduzione dei costi e con un ricentramento attorno al private banking e un investment banking riorganizzato. Cs renderà noti i risultati del terzo trimestre giovedi e l'attesa di analisti ed operatori è anche su eventuali annunci al riguardo di costi e organici. Stessa cosa per Ubs, che pubblicherà i conti trimestrali a fine mese. *il Sole 24ORE* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: Marco Ferrando Gli azionisti delle banche. Avviate le procedure per il rinnovo dei due grandi enti Fondazioni, in Cariplo e Crt partono i rinnovi al vertice A Milano Guzzetti sarà riconfermato, a Torino manovre sul dopo-Comba pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 11 Formalmente il rinnovo è previsto nella primavera prossima, ma i delicati eliquibri che ne stanno alla base si troveranno già nelle prossime settimane, non appena – ed è questione di giorni – dalle sedi di Fondazione Cariplo e Fondazione Cassa di risparmio di Torino – partiranno le lettere ufficiali agli enti che devono designare i propri rappresentanti. La prima metà del 2013 sarà un periodo denso di rinnovi nel mondo delle Fondazioni bancarie (tra le altre, sono coinvolte l'Ente Carifirenze, la Fondazione Carisbo e quella Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo), ma quelli che vedono coinvolti, a Torino, il primo azionista italiano di UniCredit e a Milano il secondo azionista di Intesa Sanpaolo sono i più rilevanti per le dinamiche che governano il mondo bancario italiano. A Torino, nella sede storica di via XX Settembre che fu della Cassa di risparmio, il ricambio di fatto è già iniziato in estate, quando Massimo Lapucci ha preso il posto di Angelo Miglietta al posto di segretario generale. Ora però si apre la partita più delicata, quella che parte con il rinnovo del consiglio di indirizzo, il parlamentino da 24 membri che tra l'altro designa gli organi esecutivi, ovvero cda e presidente. La mediazione tra i numerosi stakeholder partirà proprio da quest'ultima poltrona, su cui oggi siede Andrea Comba: al vertice dell'ente dal 1996, ha guidato la Fondazione – oggi azionista anche di Atlantia e Generali – nella transizione dalla Cassa a UniCredit ed è stato confermato l'ultima volta nel 2007, per quello che già allora venne configurato come un ultimo mandato. Chi prenderà il posto? La nomina, un anno fa, di Sergio Chiamparino alla Compagnia di San Paolo, ha dimostrato che i meccanismi del "sistema Torino" sono rodati (per i più polemici anche troppo), dunque si è alla ricerca di una figura di garanzia che possa accontentare orientamenti politici e istanze differenti: i nomi più ricorrenti sono quelli del notaio Antonio Maria Marocco, consigliere di UniCredit, del senatore Enzo Ghigo e di Gian Maria Gros-Pietro, che da consigliere della Compagnia di San Paolo al momento sembra più esposto sul fronte di Intesa, dove peraltro l'anno prossimo si rinnovano gli organi. Mediazione altrettanto complessa a Milano, in Fondazione Cariplo, a maggior ragione con la situazione politica particolarmente "fluida" in Lombardia. In questo caso, considerata altamente probabile la conferma di Giuseppe Guzzetti, la partita più interessante riguarda le designazioni che arriveranno dagli enti locali cui spetta nominare 19 dei 40 componenti della Commissione centrale di beneficenza. Come nel caso della Fondazione Crt, in Cariplo lo statuto prevede che le lettere agli enti di nomina debbano essere inviate 180 giorni prima della scadenza dei sei anni di mandato, quindi – considerato che gli organi in carica sono stati eletti tra aprile e maggio 2007 – siamo agli sgoccioli. *CORRIERE DELLA SERA* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Paolo Lepri Merkel sgrida la Gran Bretagna sul bilancio Ue Più probabile una rottura con Londra pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 12 BERLINO — Che il confronto sul bilancio dell'Unione Europea fosse destinato a diventare molto aspro lo si era capito in settimana scorsa, quando il primo ministro britannico David Cameron aveva minacciato il veto di Londra sull'intero documento. «Se non riusciamo a trovare un accordo — è stato il messaggio del premier conservatore — vorrà dire che non ci sarà accordo». Ma una cancellazione del vertice straordinario in programma il 22 e il 23 novembre a Bruxelles per discutere questo intricato dossier, come ha ipotizzato ieri il Financial Times attribuendone l'intenzione ad Angela Merkel, sarebbe un passo senza precedenti. Tanto è vero che nelle due capitali tutti si sono affrettati ad escludere questa possibilità. I nervi però sono molto tesi e la Germania sta premendo sulla Gran Bretagna perché la sua proposta di compromesso sia valutata con più attenzione. La cancelliera ne parlerà con Cameron ai primi di novembre, mentre oggi è atteso a Berlino il ministro degli Esteri William Hague. Il cammino però è pieno di ostacoli. Il piano tedesco è stato pensato per contenere gli impegni di quello che si chiama in linguaggio ufficiale il «Multiannual Financial Framework» 2014-2020 dell'Unione Europea. Il portavoce della cancelliera, Steffen Seibert ha smentito «categoricamente» che sia stata presa in considerazione l'ipotesi di fare saltare il vertice, ma ha confermato che la Germania è favorevole ad un aumento «moderato» del bilancio. «Siamo convinti — ha aggiunto — che un accordo su queste basi sarebbe un forte segnale inviato dall'Europa sulla sua capacità di azione futura», ha proseguito, aggiungendo che Berlino è fortemente interessata ad un successo del vertice. «Non abbiamo mai avuto una discussione di questo genere con i tedeschi», ha precisato poco dopo il portavoce di Cameron, ripetendo però che il primo ministro britannico non vede nessun motivo di aumentare le spese dell'Unione Europea al di là del tasso di inflazione. La proposta di mediazione di Angela Merkel ha per il momento raccolto il sostegno di Austria, Finlandia, Svezia, Danimarca, Olanda e Repubblica Ceca. Il bilancio pluriennale, che deve essere approvato all'unanimità dai Ventisette, è da sempre uno dei nodi più difficili da sciogliere per i leader europei e le tensioni di questi giorni ne sono una conferma. Il documento è la base per finanziare le risorse di tutti i programmi comunitari, dalla coesione regionale ad Erasmus, dalla ricerca alla politica agricola. Ai nastri di partenza c'è la proposta della Commissione, aggiornata dopo il via libera all'ingresso della Croazia, che prevede impegni dell'entità di 1.033 miliardi di euro per i sette anni di esercizio, pari all'1,08 per cento del Pil. Troppi, per Londra. Lo ha fatto capire ieri a Roma anche il ministro per gli Affari Europei David Lidington al termine di un incontro con il collega italiano Enzo Moavero Milanesi. «La nostra posizione — ha detto — è che ogni denaro dell'Ue deve essere speso bene per sostenere la competitività a lungo termine. Vogliamo un accordo giusto con una spesa efficace». Al di là del procedere della trattativa, è quasi scontato che la questione del bilancio sarà destinata a replicare le tensioni che si registrarono sul Patto di bilancio europeo, l'accordo fortemente voluto da Angela Merkel approvato in marzo senza la Gran Bretagna e la Repubblica Ceca. Anche perché la politica europea di Londra diventa di giorno in giorno meno conciliante. Ne è stato un segnale chiaro la recente decisione di ritirarsi da una serie di programmi comuni dell'Unione in materia di giustizia e di affari interni, come per esempio il mandato di cattura europeo. «Sono contento per lo status quo in Europa? No, non lo sono. Credo che siano necessari alcuni cambiamenti», ha detto Cameron in Parlamento. Non una dichiarazione di guerra, ma quasi. *CORRIERE DELLA SERA* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: Federico De Rosa Consiglio Intesa, l’ipotesi anticipo L’assemblea per il rinnovo del board potrebbe arrivare a marzo pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 13 MILANO — In attesa del via libera dei soci al nuovo statuto in Intesa Sanpaolo è iniziato il lavoro per il rinnovo dei vertici. Nelle scorse settimane ci sarebbero stati contatti tra Compagnia Sanpaolo e Fondazione Cariplo per le prime valutazioni e nei prossimi giorni, secondo alcune indiscrezioni, il tavolo si potrebbe allargare alle altre fondazioni azioniste di Ca' de Sass, che dovranno indicare i loro rappresentanti per il consiglio di sorveglianza in scadenza con la prossima assemblea di bilancio. Questa volta la partita sul rinnovo dei consigli della banca si sovrappone all'agenda politica. In aprile ci saranno infatti anche le elezioni del Parlamento e in alcune Regioni le amministrative. Scadenze a cui Intesa non vorrebbe sovrapporsi con il rinnovo delle cariche. E gli azionisti di Ca' de Sass starebbero quindi ragionando sull'idea di anticipare le nomine. Per il momento sono stati condotti sondaggi riservati tra i principali soci, il cui esito lascerebbe aperta questa possibilità. Si tratterebbe, almeno secondo le intenzioni, di un anticipo breve dell'assemblea di bilancio. Invece che ad aprile inoltrato, i soci verrebbero convocati all'inizio di marzo per deliberare sul bilancio 2012 e sul rinnovo del consiglio di sorveglianza, a cui poi spetterà nominare il consiglio di gestione nella nuova configurazione prevista dalla statuto che sarà sottoposto al voto dell'assemblea lunedì prossimo a Torino. Il nuovo assetto vedrà una maggiore presenza di manager nel board. Tra Milano e Torino si sarebbe iniziato a parlare, oltre che delle date, anche delle persone da indicare per il rinnovo dei vertici. Scontata la riconferma alla presidenza del consiglio di sorveglianza per Giovanni Bazoli, mentre per il consiglio di gestione la scelta quasi certamente sarà definita a Torino. Il presidente della Compagnia di Sanpaolo, Sergio Chiamparino, starebbe già effettuando sondaggi e tra i nomi che stanno circolando per la guida del board operativo di Intesa, oggi in mano ad Andrea Beltratti, ci sarebbe quello di Gian Maria Gros Pietro. Il tema dell'anticipo dell'assemblea era già arrivato al tavolo nella fase di preparazione della nuova governance di Intesa. L'ipotesi era quella di convocare entro fine anno un'unica assemblea per approvare lo statuto e procedere alle nomine. Ma ragioni di opportunità e tecniche avrebbero fatto tramontare questa ipotesi. Che però non è stata del tutto accantonata e ora verrebbe riproposta come opzione per non sovrapporre la complessa partita sulle nomine ai vertici della prima banca italiana alle novità del voto politico e amministrativo, in modo da evitare che nelle designazioni da parte delle fondazioni per i due consigli ci siano spinte improprie. Va anche considerato che tra i grandi azionisti di Ca' de Sass, è il caso della Fondazione Carisbo, c'è chi in primavera dovrà a sua volta rinnovare i vertici. *CORRIERE DELLA SERA* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: Fabrizio Massaro [email protected] La pista asiatica per Bsi Per Generali il nodo prezzo pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 14 MILANO — In attesa della definizione del nuovo piano industriale di Generali e dopo la prima riunione di ieri a Milano del nuovo group management committee, appena introdotto dal consiglio d'amministrazione e guidato dal group ceo Mario Greco con il vice Sergio Balbinot, il Leone deve affrontare anche il capitolo dismissioni. La prossima settimana, il 30 ottobre, è attesa la firma della vendita della controllata israeliana Migdal al gruppo Eliahu, dalla quale Trieste ricaverà a 705 milioni. Circa l'altra grande partecipazione delle Generali considerata ormai non più strategica, la Banca della Svizzera italiana (Bsi), i lavori stanno entrando nel vivo, ma l'ostacolo principale sarà naturalmente la questione del prezzo. Per la dismissione del private banking sono state incaricate gli advisor JPMorgan e Mediobanca. Dai sondaggi sarebbe emerso interesse da parte di investitori asiatici e per questo a Trieste stanno completando la documentazione da rendere disponibile agli interessati: il dossier dovrebbe essere disponibile per metà novembre. Secondo fonti finanziarie, però, le valutazioni del mercato sembra siano lontane dai 2 miliardi di euro attribuiti da Generali a Bsi, che ha 78 miliardi di asset in gestione. Per di più la parte asiatica della banca, aperta da poco e già cresciuta a 2 miliardi di euro di attività in gestione, viene ancora considerata una start-up. Di recente peraltro lo stesso Greco ha spiegato agli analisti che Generali «non è un venditore a tutti i costi» né per Bsi né per qualsiasi altro asset del gruppo, come per esempio Generali Usa, il ramo americano per la cui cessione è stata incaricata Citi. Tutte le cessioni sul tavolo rientreranno comunque nell'ambito della revisione del gruppo che sarà realizzata nel piano industriale. I tempi sono ormai ravvicinati: al consiglio dell'8 novembre Greco indicherà i tempi della presentazione al mercato, attesa comunque per gennaio. *CORRIERE DELLA SERA* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: Gabriele Dossena [email protected] Il Fisco riscrive (e semplifica) 65 modelli pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 15 MILANO — Un aggettivo. Una semplice parola, ma con il grande potere di ridurre la distanza tra contribuente e Fisco. Così, nei nuovi moduli predisposti dall'Agenzia delle Entrate, la comunicazione del funzionario di turno non sarà più scritta in maniera asettica e burocratica, ma comincerà addirittura con un «Gentile ...». Una piccola rivoluzione, e un segno di cortesia, decisi dall'ente guidato da Attilio Befera, ispirati al concetto che «un linguaggio più semplice agevola gli adempimenti da parte dei contribuenti». Ecco quindi che sono stati «riscritti» 65 documenti tra i modelli maggiormente utilizzati (dalla domanda di rimborso Irpef, a quella per ottenere una copia della dichiarazione dei redditi, alla richiesta di annullamento degli atti non fondati) con un linguaggio più chiaro, istruzioni più semplici e, appunto, un «gentile» tanto per cominciare. Le comunicazioni avranno un linguaggio semplificato anche per quanto i documenti relativi alla nuova mediazione tributaria, gli avvisi di accertamento, la lettera per la comunicazione dell'Iban, per gli enti beneficiari del 5 per mille e per il modello utilizzato per chiedere la registrazione dei contratti di locazione. «La semplificazione del linguaggio sottolineano all'Agenzia delle Entrate - integra l'attività di riduzione degli adempimenti attualmente in corso». Prossimamente potrebbe essere emanato un provvedimento con le indicazioni per evitare duplicati o passaggi superflui negli appuntamenti di cittadini e imprese con il Fisco. *CORRIERE DELLA SERA* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: Francesca Basso [email protected] E l’avvocato da 3,5 miliardi (di azioni) fa dimagrire il nuovo vertice Seat pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 16 MILANO — La svolta di Seat Pagine Gialle sembra finalmente arrivata. Concluso il processo di ristrutturazione del debito il 6 settembre scorso, che ha fatto entrare nel capitale i possessori del bond Lighthouse (a seguito della conversione in azioni di 1,2 miliardi di euro di obbligazioni), ieri l'assemblea degli azionisti ha nominato presidente Guido de Vivo e il nuovo consiglio di amministrazione espressione del nuovo riassetto azionario. Venerdì dovrebbe poi riunirsi il Consiglio per nominare il nuovo amministratore delegato. I rumors indicano Vincenzo Santelia. Si riapre così la partita per Seat Pg, la «Società elenchi abbonati al telefono», come fu battezzata a Torino nel 1925, che si è trovata a un passo dal fallimento, dopo la spericolata politica dei maxi dividendi portata avanti dai fondi di private equity (Cvc, Permira, Investitori Associati e Bc Partners, sfilatosi nel 2009) che a partire dal 2003 presero la maggioranza, facendo lievitare negli anni il debito fino a 2,7 miliardi di euro. Il segnale del nuovo corso è arrivato dalla proposta per il board dell'avvocato Carlo Pedersoli, in rappresentanza di oltre 3,6 miliardi di azioni (circa il 22% del capitale, tra cui il fondo Anchorage Capital, primo socio con il 17,61%): nove consiglieri, durata della carica fino all'approvazione del bilancio 2014, compenso di 50 mila euro annui ciascuno e un'assicurazione a copertura delle responsabilità civile fino a 350 mila euro. È stato Pedersoli, nel corso dell'assemblea, a spiegare che la proposta «sui compensi e sull'assicurazione è per dare un segnale di cambiamento. L'assicurazione — ha proseguito — deve coprire i rischi del consiglio di amministrazione e non gli illeciti individuali o quelli collegiali». Pedersoli ha anche aggiunto che se «saranno raggiunti i risultati si penserà a qualcosa di più elevato per il compenso». La sua proposta ha fatto seguito al voto contrario da parte dell'avvocato alla modifica della composizione del consiglio, come proposto dal board uscente, che avrebbe aumentato il numero dei consiglieri, facendo crescere di conseguenza anche i costi. L'assemblea ha poi nominato, su indicazione di Pedersoli, Guido de Vivo presidente e gli altri componenti del Consiglio: Vincenzo Santelia, Chiara Damiana Maria Burberi, Mauro Pretolani, Paul Douek, Luca Rossetto, Francesca Fiore, Herald Rosch e Mauro Del Rio. Un altro segnale ritenuto importante per il mercato è che su 9 consiglieri 6 sono indipendenti. L'assemblea ha poi deliberato, in parte straordinaria, la modifica degli articoli 8 (Diritto di intervento), 10 (Convocazione) e 11 (Assemblea ordinaria e straordinaria) dello Statuto. *la Repubblica* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: ROBERTO PETRINI Le tasse Manovra Irpef tutta da rifare più detrazioni alle famiglie Monti accetta l’invito dei partiti. Il Pdl vuole evitare l’Iva pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 17 ROMA — Si va verso l’eliminazione dell’intero pacchetto Irpef dal disegno di legge di Stabilità che oggi debutta alla Commissione Bilancio della Camera. Il taglio delle due aliquote più basse (dal 23 al 22 fino a 15 mila euro e dal 27 al 26 tra 15 e 28 mila euro) è stato oggetto, in pochi giorni, di una sventagliata di critiche che hanno dimostrato come l’operazione, sommata all’aumento dell’Iva, penalizzi i redditi più bassi e non avvantaggi più di tanto i medi. Senza contare che il doppio effetto di tetto e franchigia su detrazioni e deduzioni sembrerebbe vanificare ogni beneficio del taglio di aliquote. «La manovra riduce le tasse e non le aumenta», si è difeso ancora una volta ieri il ministro dell’Economia Grilli che con il taglio delle aliquote intendeva dare il segno numerico, anche all’estero, di una riduzione della pressione fiscale. Tuttavia il titolare del Tesoro ha ripetuto di essere disponibile a «discutere» con il Parlamento, naturalmente a «saldi invariati». La strada che maggioranza sta imboccando è tuttavia diversa e, secondo indiscrezioni emerse ieri dopo il vertice Monti-Casini, il presidente del Consiglio non sarebbe contrario alla modifica del pacchetto Irpef. Il responsabile economico dell’Udc Galletti, che ha partecipato all’incontro, parla di «eliminazione dell’intervento sulle aliquote Irpef». Fassina responsabile economico del Pd ha detto ieri che bisogna «cancellare l’intervento sull’Irpef»; mentre Brunetta del Pdl e relatore alla legge di Stabilità ha definito l’intervento sull’Irpef uno «specchietto per le allodole». Naturalmente mancano ancora nove giorni alla presentazione degli emendamenti, cui sta lavorando il relatore Baretta, e la questione tasse potrebbe essere costantemente esposta a sorprese. L’operazione che sembra prospettarsi al momento è quella di smontare la riduzione di aliquote e recuperare 4,2 miliardi. Da questa cifra uscirebbero i 2,5 miliardi - dei quali sono a caccia governo e maggioranza destinati ad eliminare le questioni sociali più «spinose»: tassazione Tfr, aumento Iva no profit, pensioni di guerra, tassazione imprese agricole, esodati, scuola. Circa un miliardo andrebbe a compensare le maggiori entrate previste dai tetti alle detrazioni che uscirebbero di scena portandosi dietro polemiche e malumori. Sgombrato il campo dalla manovra sulle aliquote Irpef, dalle detrazioni e recuperate le risorse per «riparare» le norme meno accettabili sul piano sociale, resterebbero 1,6 miliardi. Dove indirizzarli? Per l’Udc, ma anche per il Pd (ieri Monti ha visto Enrico Letta), la destinazione dovrebbe essere quella dell’aumento delle detrazioni per figli e coniuge a carico, legate al reddito e in grado di compensare per stipendi più bassi l’impatto dell’aumento dell’Iva. Non è escluso invece che il Pdl punti direttamente ad un ulteriore intervento di sterilizzazione dell’Iva. La proposta di mediazione, sulla quale potrebbe convergere anche il governo, sarebbe quella di introdurre una nuova «clausola di salvaguardia» in base alla quale ci si impegni a trovare le risorse per scongiurare l’aumento dell’ Iva previsto per luglio 2013 con un intervento selettivo sulle detrazioni fiscali e rimettendo in campo il piano Giavazzi per rivedere gli sconti fiscali alle imprese. Le ipotesi restano tuttavia tutte aperte: e ieri Boccia (Pd) per salvare l’operazione Iva-Irpef ed eliminare il taglio alle detrazioni ha rilanciato l’ipotesi di una patrimoniale. *la Repubblica* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ANDREA TARQUINI Il parere negativo espresso non sulla qualità del candidato lussemburghese, ma per protestare contro l’assenza di donne nel consiglio Alla Bce esplode il caso quote rosa Il Parlamento europeo boccia la nomina di Mersch nel board pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 18 BERLINO — Schiaffo dell’Europarlamento alla Banca Centrale Europea, in nome della pari opportunità. La commissione economico- finanziaria dell’assemblea (Econ) ha espresso una plateale protesta contro l’assenza di donne al vertice della Eurotower. Ha bocciato con “parere negativo di protesta” la nomina del lussemburghese Yves Mersch, pur stimatissimo governatore della banca centrale del Granducato, a sostituire lo spagnolo Gonzalez Paramo nell’esecutivo Bce. La bocciatura non è motivata dalle qualità del candidato, bensì dalla gender parity, appunto la parità di chances di carriera di donne e uomini. Ventuno sì, 12 no, 13 astenuti. Con questo responso da spaccatura è stata presa la decisione. Più volte, spiegano gli eurolegislatori, abbiamo sollevato il problema della gender parity al vertice della Bce la più potente e influente istituzione dell’Unione. Per cui anche nel mezzo della tempesta perfetta dell’eurocrisi la Eurotower deve farsi carico del problema. Tra l’altro, continua la Econ, il Consiglio europeo non ha dato risposte formali alla lettera inviata l’8 maggio scorso al presidente dell’Eurogruppo (il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker) che chiedava la nomina di una donna al posto di Gonzalez Paramo. «Sono convinta che abbiamo preso la decisione giusta», ha subito detto a caldo la presidente della Econ, la liberaldemocratica britannica Sharon Bowles, che tra l’altro è candidata a prossimo governatore della Bank of England. «Noi contestiamo che la più potente istituzione europea venga guidata solo da uomini», ha aggiunto. «Stiamo parlando di un cambio di cultura nel mondo dei servizi finanziari, non solo di gender parity». Oggi toccherà al presidente dell’Esecutivo europeo, Herman van Rompuy, prendere posizione in aula. Giovedì prossimo la raccomandazione negativa della Econ sarà discussa in seduta plenaria dall’Europarlamento. Il quale così si arroga più diritti di voce in capitolo, in nome della legittimità democratica di un’Europa politicamente sempre più unita. E in nome della gender parity, naturalmente. A Londra, da anni (Stella Rimington fu la prima) vengono affidati a donne anche incarichi top secret come la guida del leggendario Mi5, l’intelligence del mitico James Bond. Draghi e i suoi sono richiesti di adeguarsi al mondo dei gialli di Ian Fleming, almeno quanto a pari opportunità. *la Repubblica* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: SARA BENNEWITZ Malacalza avverte Tronchetti “Niente soldi, solo azioni Pirelli” I paletti della famiglia genovese per uscire da Camfin pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 19 MILANO — Azioni Pirelli in cambio di titoli della controllante Camfin. Questo in buona sostanza sarebbe la soluzione industriale che i Malacalza sarebbero pronti ad accettare, se Marco Tronchetti Provera avesse voglia di risolvere la questione con gli azionisti genovesi in tempi brevi. Dopo un rapido contatto che risale ad alcuni giorni fa, e che si è risolto in un buco nell’acqua, i due soci non si sono mai seduti ad un tavolo per trovare una soluzione, né al momento risulta che ci sia una proposta di questo tipo. Ma secondo fonti attendibili, quando erano emerse le prime divergenze tra i Malacalza e Tronchetti Provera, l’idea di scindere le attività di Camfin e dare alla famiglia genovese direttamente in mano titoli della Bicocca, era stata rappresentata dagli advisor dei due soci. Chi conosce i Malacalza è convito che la famiglia genovese non sia, e non sarà mai disposta ad accettare un conguaglio in denaro per uscire dalla partita. Per una questione di principio e forti di un contratto che gli conferisce anche dei diritti di governance in Pirelli, i Malacalza non vogliono barattare quello che loro hanno sempre considerato un investimento industriale con una buonuscita in denaro. Pertanto, se anche Tronchetti ha ricevuto diverse manifestazioni di interesse da parte di primari investitori istituzionali, difficilmente riuscirà a sostituire gli azionisti genovesi trovando dei compratori per il loro 25% posseduto in Camfin. A questo proposito non solo l’Investindustrial di Andrea Bonomi, ma anche il fondo Clessidra guidato da Claudio Sposito, Jp Morgan e il fondo sovrano del governo di Singapore, si sarebbero fatti avanti per entrare ai piani alti della catena che governa sulla Bicocca. I modi per riconoscere ai Malacalza la loro quota parte di Camfin sono diversi, e il risultato che si ottiene cambia a seconda di quale strada si intenda percorrere. La famiglia genovese controlla direttamente e indirettamente attraverso Gpi il 25% di Camfin, che a sua volta detiene tra le attività il 26% di Pirelli e il 14% di Prelios, a cui si aggiungono circa 400 milioni di passività. Pertanto, ipotizzando che sia possibile spartire senza vincoli gli asset della holding, i Malacalza sarebbero titolari in trasparenza del 5,7% del gruppo degli pneumatici, del 3,5% di Prelios e di 100 milioni di debiti. Se invece Camfin fosse considerata come un unicum secondo il metodo del patrimonio netto, avrebbe una valutazione di 650 milioni, per cui la quota parte dei Malacalza ammonterebbe a 162 milioni, che tradotti in azioni Pirelli corrispondo a circa il 4%. Ma prima di trovare una mediazione sul quanto e come spartirsi Camfin, c’è bisogno che i due soci abbiano voglia di sedersi a un tavolo e discutere il da farsi. I Malacalza in più occasioni hanno ribadito di voler difendere il profilo industriale del loro investimento e di non essere intenzionati a vendere. Se quindi Tronchetti Provera volesse sostituire gli azionisti genovesi con nuovi investitori, sarà costretto a valutare opzioni più complesse rispetto a quella più semplice, vale a dire trovare qualcuno pronto a comprare quel 25% di Camfin in mano ai Malacalza. *la Repubblica* MARTEDÌ, 23 OTTOBRE 2012 di: GIOVANNI PONS L’intervista “Lavorare tutti, lavorare di più i miei operai si tagliano le ferie” Bertelli (Prada): fantasia, qualità, produttività è la ricetta anti-crisi pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 20 MILANO— «Io e Miuccia teniamo molto all’Italia e riteniamo un dovere far crescere l’azienda assumendo giovani». La quotazione di Prada alla Borsa di Hong Kong non ha distratto Patrizio Bertelli e sua moglie dalle responsabilità assunte nel Paese dove sono nati e cresciuti. Nel momento in cui la Fiat non sta più investendo nella produzione di automobili in Italia, sembra strano trovare un’azienda che scommette sulla mano d’opera ad alta qualità del nostro Paese. E non si arrende nel vedere un sistema declinante e incapace di reagire. «Nel breve periodo l’unica strada da intraprendere è quella di incrementare il turismo, i visitatori dall’estero per le meraviglie d’Italia. Ma come è possibile che il ministero dei Beni culturali sia l’unico senza portafoglio, come fa a promuovere l’Italia all’estero senza quattrini?». Domanda da girare al governo Monti considerando che lo stesso ministero dello Sviluppo economico per le capacità di spesa dipende da quello dell’Economia, che tiene tutti a stecchetto. Bertelli, scoppiettante come al solito, sta partendo per la Cina e venerdì sarà in Nuova Zelanda per il varo del nuovo catamarano Luna Rossa che parteciperà alla prossima Coppa America. Ma intanto sta cercando di spingere la produzione in Italia visto che la domanda per i suoi prodotti non accenna a diminuire. Dottor Bertelli, Prada è nella invidiabile posizione di avere una domanda in aumento e di non riuscire a far fronte con l’attuale produzione. Come farete? «Abbiamo da poco chiuso un accordo con i sindacati interni all’azienda che prevede una riduzione delle ferie di 5 giorni all’anno per lavorare di più e guadagnare di più. In pratica un operaio con questo accordo si troverà una busta paga più pesante di 400 euro e per questa ragione siamo soddisfatti. L’assemblea dei lavoratori ha dato il suo assenso a procedere in questa direzione e noi siamo contenti di aiutare gli operai in un momento difficile. Speriamo che anche altre aziende seguano questa strada». Dal momento che spingete l’acceleratore sulla produzione in Italia non siete tra quelli che si lamentano per il costo del lavoro troppo pesante? «No, io non ho mai detto che il costo del lavoro in Italia è troppo alto. Il problema, a mio parere, è da inquadrare diversamente: come si può innalzare la qualità della produzione e del lavoro a un costo sostenibile per le aziende. È sempre più difficile produrre con qualità e con margini di profitto accettabili visto che il costo del lavoro assorbe molte risorse e restituisce poco in termini di welfare e servizi pubblici ». Questo discorso vale per tutte le aziende della filiera della moda o solo per voi? «È chiaro che solo le aziende grandi e internazionalizzate possono sopportare un costo del lavoro alto mentre per le piccole e medie imprese è un problema più grave. In Italia ci sono troppe produzioni manifatturiere povere che non giustificano un costo del lavoro così alto oltre a una fiscalità che incentiva a evadere. In Germania e in Francia è diverso». A livello di organico state investendo in Italia o all’estero? «Su entrambi i fronti. Dal dicembre 2010 a settembre di quest’anno siamo passati da 8.061 dipendenti a livello di gruppo fino a 9.732 unità. La forza lavoro italiana nello stesso periodo è passato da 3.341 a 3.564 dipendenti con un forte incremento nei negozi e nell’area corporate. Inoltre Prada ha il 79% di conferme di contratti da tempo determinato a indeterminato contro una media italiana del 23%». E a livello di retribuzioni Prada come si colloca nel panorama italiano e internazionale? «Le retribuzioni medie del nostro gruppo sono del 30% più alte rispetto alla media del Paese. In un confronto europeo sono addirittura più elevate di quelle francesi e tedesche, il doppio di quelle che si possono trovare in Turchia e cinque volte più robuste rispetto alla Romania. Ma non abbiamo alcuna intenzione di spostare il know how e le produzioni in Paesi con costo del lavoro più basso». Dunque, anche dopo la quotazione a Hong Kong che vi ha permesso di abbattere i debiti, la vostra strategia di sviluppo non cambia? «La quotazione in Borsa ci ha soddisfatto pienamente, oggi il valore di Prada è salito a 15 miliardi di euro contro i 9,5 miliardi del giugno 2011. Siamo diversificati in 35 Paesi e vogliamo continuare ad aprire negozi di proprietà in mercati interessanti, come Stoccolma, Copenaghen, Bruxelles oppure l’Azerbaigian. L’andamento delle vendite ci conferma che ci sono benestanti locali disposti a comprare prodotti di qualità e noi vogliamo soddisfarli». La Fiba-Cisl Vi augura di trascorrere una giornata serena A Arrrriivveeddeerrccii aa domani 24Ottobre pagina Rassegna Stampa del giorno 23 Ottobre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 21 ppeerr uunnaa nnuuoovvaa rraasssseeggnnaa ssttaam mppaa!!
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