RASSEGNA STAMPA VENERDÌ 28 DICEMBRE 2012 UN
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via Modena, 5 - 00184 ROMA Tel. 06.4746351 - Fax 06.4746136 e-mail: [email protected] Sito: www.fiba.it Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES (Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale RASSEGNA STAMPA VENERDÌ 28 DICEMBRE 2012 UN AFORISMA AL GIORNO: «I buoni propositi per l’anno nuovo sono assegni che gli uomini versano in una banca dove non hanno nemmeno un conto!» (Oscar Wilde) Baratro fiscale, parte il conto alla rovescia ........................................................... 2 Mercati, è corsa ai BoT: tassi allo 0,94% ............................................................... 4 Piazza Affari in rialzo al test di fine anno .............................................................. 5 «Dalla Bei emissioni per 70 miliardi nel 2013» .................................................... 6 Generali, salta il patto Crt-Palladio ........................................................................ 8 Bfa-Bankia: il buco di capitale in crescita oltre 14 miliardi ................................ 9 Meno BoT nell’agenda del Tesoro .......................................................................... 10 Il Tesoro fa il pieno alle aste di fine anno ............................................................. 11 Multe, canone Rai e addizionali comunali La stangata da 1.500 euro dell’anno nuovo ........................................................ 12 Via a mini Patrimoniale e Tobin Tax ecco tutte le Imposte sul Risparmio ........ 13 Taglio di strutture e segretari La spending review della Cisl .............................. 14 Generali, Crt e Ferak verso il divorzio I veneti «disponibili» a rilevare la quota ............................................................. 15 pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 1 Washington pronta a misure anti-default .............................................................. 16 Tagli ai salari e licenziamenti “american camalli” in rivolta è il ritorno di Fronte del Porto ............................................................ 17 Casa, addio autocertificazione ecco le scadenze per mutui e bonus .................. 19 Gamberale domina il risiko degli aeroporti ........................................................... 20 *il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: Vittorio Da Rold Baratro fiscale, parte il conto alla rovescia Ore decisive per evitare la crisi: domenica seduta straordinaria della Camera dei rappresentanti L'IPOTESI La Casa Bianca sarebbe disposta a trattare sull'estensione dei tagli alle imposte ma non sulla riduzione dei sussidi pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 2 Colpo di scena sul fiscal cliff in zona cesarini. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sarebbe stato secondo la CNN in procinto di presentare al Congresso una nuova proposta per evitare il «precipizio fiscale» ma la Casa Bianca ha poi smentito. Si sarebbe trattato di un piano «ridotto» e che avrebbe dovuto includere alcuni elementi del pacchetto che lo stesso Obama aveva presentato la scorsa settimana e cioé l'estensione dei tagli fiscali per coloro che guadagnano meno di 250 mila dollari l'anno. L'ennesima doccia fredda arriva il giorno dopo un duro intervento del segretario al Tesoro americano, Timothy Geithner, che ha acuito le tensioni, lanciando un avvertimento al Congresso: lunedì il debito degli Stati Uniti toccherà il tetto massimo di 16.394 miliardi di dollari. In una lettera inviata al Congresso, il segretario al Tesoro ha annunciato che è pronto ad adottare «misure straordinarie» per rinviare il default del Paese. L'obiettivo è creare una «zona cuscinetto» di circa 200 miliardi, utile a rinviare il problema di un paio di mesi, in attesa di un accordo tra repubblicani e democratici. Un tentativo in extremis per evitare che gli Usa si riprendano il palcoscenico nella lunga saga della crisi del debito sovrano che per due anni ha visto l'Europa sotto i riflettori dei mercati grazie alle "performance" negative di Grecia, Irlanda e Portogallo, e la partecipazione straordinaria della Spagna e quella, per ora solo sfiorata, dell'Italia. Mentre la crisi del debito europeo è, per ora, tamponata, tutta l'attenzione dei mercati internazionali è tornata sull'altra sponda dell'Atlantico, dove si cerca accordo bipartisan entro la fine dell'anno per evitare il baratro fiscale, il doppio impasse che deve affrontare Wasghington quando scadranno gli incentivi fiscali introdotti da Bush e si dovrà trovare un accordo sul tetto al debito. A ribadire ieri che l'intesa al Congresso era ancora lontana era stato il leader della maggioranza al Senato, il democratico Harry Reid, che aveva chiesto ai colleghi della Camera di tornare a Washington (la Camera dei Rappresentanti é stata convocata domenica 30 dicembre in sessione straordinaria alle 18,30 locali, mezzanotte e trenta del 31 dicembre in Italia) per far ripartire i negoziati ed evitare che gli Usa finiscano nel precipizio fiscale - situazione determinata dai tagli alla spesa e dall'aumento delle tasse - nel 2013. «Sembra» che il Congresso fallirà e che non si troverà un accordo entro la fine dell'anno, ha detto Reid. Il precipizio fiscale? «È dove ci stiamo dirigendo». Come sembrano lontani i tempi in cui Geithner chiedeva incessantemente agli europei di risolvere «in fretta» la loro crisi dei debiti sovrani. Intanto il presidente Barack Obama tornato al lavoro aveva sondato al telefono lo stesso Reid, lo speaker della Camera, John Boehner, la leader della minoranza alla Camera, Nancy Pelosi, e Mitch McConnell, leader della minoranza al Senato. Tutti avevano sentito tutti per cercare di evitare l'onda d'urto dei tagli e aumenti di tasse automatici che colpirebbe Wall Street e a ruota gli oltre due milioni di americani che vivono dei sussidi di disoccupazione e che li perderebbero, insieme ai lavoratori dipendenti che vedrebbero aumentare di due punti percentuali le imposte sui redditi con paghe decurtate e riduzione dei consumi. L'eventuale fallimento del negoziato per evitare il fiscal cliff - un baratro da 600 miliardi di dollari tra aumenti delle imposte e tagli della spesa investirebbe per gradi l'economia Usa, fino a portarla in recessione a metà 2013 e fino a spingere la disoccupazione al 9,1% (dal 7,7%) entro la fine dell'anno prossimo, secondo le stime del Congressional budget office. Insomma un colpo che vanificherebbe tutti gli sforzi di politica monetaria fin qui fatti dalla Fed di Ben Bernanke. pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 3 Democratici e repubblicani trattano sul fiscal cliff da oltre un anno senza successo. Nel 2011 il presidente Obama propose un piano di tagli da 4mila miliardi di dollari compensati da 2mila miliardi di nuove entrate fiscali, tra cui una tassa sui più ricchi. Secco il "no" dei conservatori che non accettarono alcun taglio alla difesa. Quest'anno il presidente è tornato all'attacco con la proposta di un aumento delle tasse solo per i redditi oltre i 250mila dollari (il 2% degli americani che comunque verrebbero colpiti dal fiscal cliff), ma per i repubblicani l'idea è «inaccettabile»,. L'unico tetto oltre cui erano disposti a trattare è quello da un milione di dollari (lo 0,3% della popolazione). Si calcola che il fiscal cliff con i tagli al welfare e l'aumenti delle tasse possa portare a un crollo del 3% del Pil nazionale. Senza contare le ripercussioni finanziarie, con le agenzie di rating pronte a tagliare la loro valutazione sugli Stati Uniti. Proprio come avvenne nell'estate 2011, quando senza accordo sul tetto del debito S&P's tolse agli Usa per la prima volta la tripla A. *il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: Mara Monti Mercati, è corsa ai BoT: tassi allo 0,94% Il Tesoro incassa 11 miliardi: cala il rendimento dei CTz, in lieve aumento quello dei semestrali PROSPETTIVE Secondo lo scenario di Intesa Sanpaolo il differenziale BTp-Bund nel 2013 si manterrà in media a 280 punti pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 4 MILANO La penultima asta dell'anno ha fatto il tutto esaurito nel collocamento dei BoT e dei CTz per 11 miliardi di euro. Un risultato scontato nonostante gli scarsi volumi in una seduta ancora festiva con un numero esiguo di operatori presenti ai desk alla riapertura dei mercati dopo la pausa natalizia. Tuttavia le emissioni del Tesoro italiano sulla parte breve della curva attirano come sempre l'interesse degli operatori, riflettendosi anche sul secondario. E così in asta i BoT a sei mesi collocati per un ammontare di 8,5 miliardi di euro, hanno registrato un rendimento medio salito di qualche centesimi allo 0,949% rispetto allo 0,919% dell'asta di fine novembre, ma pur sempre sui minimi dal 2010. Sostenuta la domanda pari a circa 13,3 miliardi. In asta il Tesoro ha collocato anche 3,25 miliardi di CTz (con scadenza settembre 2014), pari all'ammontare massimo offerto. In questo caso il rendimento lordo si è attestato all'1,884%, in calo rispetto all'1,923% dell'asta del mese scorso, mentre la domanda è stata pari a circa 5,5 miliardi. Entrambi BoT e CTz avevano aperto la seduta su livelli inferiori rispetto alle chiusure di venerdì, per poi recuperare dopo l'asta con acquisti arrivati dall'estero, mo con flussi non particolarmente forti. L'innalzamento dei rendimenti su tutta la curva non è un fenomeno soltanto italiano e come fanno notare dalle sale operative, l'attuale discussione politica sul futuro dell'ex premier Mario Monti e sulle imminenti elezioni di febbraio, non toccano se non marginalmente le scadenze a breve termine. Lo spread, intanto, è tornato a salire portandosi sopra la soglia psicologica di 320 punti base dai 310 di venerdì scorso, con il rendimento del BTp a 10 anni al 4,52 per cento. Su anche lo spread spagnolo a 395 punti base con il decennale al 5,257 per cento. Secondo lo «Scenario macroeconomico» di Intesa Sanpaolo, lo spread tra Btp e Bund nel 2013 è stimato in media a 280 punti base, in deciso calo rispetto ai 395 punti medi stimati per il 2012. Una riduzione che porta a circa 5 miliardi i risparmi globali. La flessione di oltre 100 punti base dello spread, secondo gli analisti, «dovrebbe avvenire soprattutto nella seconda parte del 2013 mentre lo spread potrebbe rimanere elevato per tutta la prima metà dell'anno». Questa mattina ultima tornata di aste con il BTp a cinque anni e 10 anni offerti entrambi in un range tra due e tre miliardi di euro: ieri i titoli sul secondario erano scambiati al 3,28% e al 4,56 per cento. È prevedibile che questa mattina i rendimenti in asta saranno lievemente in rialzo rispetto a quelli dell'ultimo collocamento del 29 novembre quando i BTp a 5 e 10 anni erano tornati sui livelli di fine 2010: sul quinquennale il tasso era calato al 3,23 per cento dal 3,80 per cento precedente, rivedendo i minimi da ottobre 2010; sul decennale l'interesse pagato era sceso al 4,45% - un livello mai più rivisto da novembre 2010 - dal 4,92% del 30 ottobre, quando il tasso era tornato per la prima volta sotto la soglia del 5 per cento. Mentre l'orizzonte resta dominato dalle trattative a Washington su un accordo per evitare il fiscal cliff, a quattro giorni dalla fine dell'anno, dai dati macroeconomici Usa sono arrivate indicazioni discordanti. Le vendite di case nuove in novembre sono salite, anche se lievemente meno delle attese, mentre l'indice della fiducia dei consumatori del Conference Board è calato più del previsto in dicembre, principalmente a causa dell'incertezza sul fiscal cliff. Positive, invece, le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione, calate nella settimana al 22 dicembre a 350mila da 362mila nella settimana precedente, meglio delle previsioni. La media mobile a quattro settimane, considerata un dato meno volatile, è calata a 356.750, la più bassa da marzo 2008. *il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: Luca Davi Borse mondiali. Europa contrastata, Wall Street debole Piazza Affari in rialzo al test di fine anno LA SEDUTA Nonostante le tensioni americane sul fiscal cliff a Milano continua la corsa del settore bancario Acquisti sul settore auto Il dibattito sul fiscal cliff, nel bene o nel male, continua a rimanere al centro delle attenzioni delle (poco affollate) sale operative azionarie. Ieri ad esempio Wall Street ha chiuso debole (-0,12%) sulla scia delle dichiarazioni del leader del Senato Harry Reid, che ha riconosciuto in aula l'assenza di prospettive per scongiurare gli aumenti delle tasse e i tagli al bilancio. «Sembra proprio che sia lì che stiamo andando», ha dichiarato brutalmente Reid riferendosi al precipizio fiscale. Parole che almeno all'inizio hanno gelato gli investitori americani, che col passare delle ore hanno però ripreso fiducia. Forse anche per la ragionevole convinzione che difficilmente non si arriverà in extremis a un accordo tra Repubblicani e Democratici su un tema così sensibile e decisivo per l'economia americana e mondiale. Le notizie americane hanno avuto un riflesso anche in Europa, che però è riuscita a mantenere un tono generalmente positivo fino alla chiusura. L'Euro Stoxx 50 ha chiuso in progresso dello 0,43%. Bene è andata a Milano, dove il Ftse Mib, pur in un quadro di bassi volumi (1,3 miliardi il controvalore complessivo), ha messo a segno un rialzo dello 0,46%, a 16.408 punti, dopo aver guadagnato fino all'1 per cento. Oggi si vedrà la reazione dell'ultima seduta dell'anno, ma intanto ieri a finire nel mirino degli investitori sono stati in particolare i titoli finanziari italiani che, pur tra alti e bassi, continuano a recuperare terreno rispetto alla prima parte dell'anno. Intesa ha guadagno l'1,39%, Unicredit lo 0,75%. In rialzo anche Popolare Milano (+2,54%), Banco Popolare (+2,43%) e Montepaschi (+2,66%). Performance interessanti soprattutto se le si compara a quelle realizzate dal settore bancario a livello europeo, che è cresciuto appena dello 0,06%. Tra le piazze del Vecchio Continente, spicca il buon andamento di Parigi (+0,59%) mentre in rosso si è mossa la borsa di Madrid (0,22%). Gli acquisti hanno interessato in particolare i titoli del comparto auto, delle costruzioni e delle materie prime, mentre in vendita sono finiti i titoli farmaceutici, gli alimentari e i titoli dell'energia. Le performance europee, come detto, sono state ridimensionate dalla prosecuzione dello stallo sul fiscal cliff. Ma un po' di scoramento è derivato anche dalla diffusione di dato macro americani non brillanti: la fiducia dei consumatori americani a dicembre, a sorpresa, è crollata ai minimi da agosto. Tutto ciò ha compensato in negativo le buone impressioni in arrivo mercato del lavoro Usa: le richieste settimanali di sussidio di disoccupazione sono risultate infatti al di sotto delle previsioni. pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 5 Archivia *il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012 Dal nostro inviato Beda Romano INTERVISTAWerner Hoyer Presidente Banca europea per gli investimenti «Dalla Bei emissioni per 70 miliardi nel 2013» «La banca è cresciuta incredibilmente negli ultimi anni, ma senza farsi notare» «Bce, Bei ed Esm sono parte di un grande mosaico e riflettono come l'Unione risponde alle sfide di oggi» pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 6 LUSSEMBURGO. In risposta alla crisi debitoria, l'assetto istituzionale europeo si sta rafforzando. Non c'è solo il paracadute monetario della Banca centrale europea, o la cassaforte finanziaria del Meccanismo europeo di stabilità. C'è anche il braccio economico della Banca europea per gli investimenti. Tre istituzioni complementari, in tre settori cruciali della politica europea. Anche dal Lussemburgo, dove ha sede la Bei, il futuro della zona euro sembra (finalmente) prendere forma. Werner Hoyer è diventato presidente della banca esattamente un anno fa. Ex ministro di Stato per gli affari esteri in Germania, Hoyer, 61 anni, è esponente di un partito liberale tedesco che di recente ha flirtato pericolosamente con l'euroscetticismo. In compenso, l'europeismo di Hoyer non può essere messo in dubbio. Incontrando alcuni giornalisti a Lussemburgo ha voluto spiegare come intende rafforzare ulteriormente il ruolo della Bei nel 2013. «La banca è cresciuta incredibilmente negli ultimi anni, ma senza farsi notare – spiega Hoyer –. Tra il 2009 e il 2012 ha fatto un gran lavoro nell'aiutare a sostenere l'economia». Si è potuta adoperare utilizzando il denaro accumulato nel tempo. Dinanzi alla crisi debitoria, «per mantenere lo slancio, abbiamo chiesto ai nostri azionisti di aumentare il capitale di 10 miliardi di euro». I nuovi fondi, attesi via via, avranno il merito di essere versati e non solo sottoscritti. «Grazie all'aumento di capitale – prosegue l'uomo politico – vogliamo aiutare la nave a virare, permettendo alla banca di diventare anticiclica e proactive» (cioè attiva e tempestiva). In passato la Bei aveva l'abitudine di analizzare i progetti e decidere se approvarli o meno, garantendo prestiti e finanziamenti. «Ora vorrà anche avvicinare potenziali clienti in modo proactive, presentando loro idee di nuovi progetti». Non per altro sono numerosi alla Bei gli ingegneri o gli scienziati. La banca ha attualmente circa 2mila dipendenti, la maggioranza in Lussemburgo, anche se in alcuni Paesi, come in Italia, l'ufficio di rappresentanza è particolarmente importante. Il consiglio di amministrazione ha deciso di aumentare il personale dell'8%. Ciò si tradurrà nell'assunzione di circa 160 nuove persone. L'istituzione lussemburghese ha raggiunto i suoi obiettivi di esborsi nel 2012 (50 miliardi di euro) e prevede nel 2013 un aumento del 40%. «Nel 2011, abbiamo emesso obbligazioni sui mercati finanziari per un totale di 76 miliardi di euro – spiega ancora Hoyer –. Nel 2012 abbiamo raggiunto i 71 miliardi anticipando in parte il finanziamento previsto l'anno prossimo. Il nostro obiettivo per il 2013 è di 70 miliardi». In questi anni, la Bei si è concentrata soprattutto sui paesi in crisi. La banca, che raccoglie denaro sui mercati per poi darlo in prestito, è presente in particolare in Italia e in Spagna, ma anche in Grecia, Irlanda e Portogallo. «L'Italia ha una cultura di piccole e medie imprese molto vivace, ricca e attiva – racconta il presidente della banca –. Sono convinto che queste società metteranno a punto idee di progetti. Purtroppo, restano differenze regionali. Il premier Mario Monti mi dice di fare di più nel Mezzogiorno. Stiamo lavorando attivamente per identificare progetti di valore che sostengano la crescita, l'occupazione e l'innovazione». Proprio l'innovazione è un aspetto che preoccupa Hoyer. Il presidente della Bei nota che l'Europa è all'origine di circa il 50% di tutti i brevetti a livello mondiale, ma metà dei brevetti europei provengono da una manciata di Paesi. La speranza di molti è che le nuove obbligazioni a progetto, le quali dovrebbero vedere la luce nei prossimi mesi, siano di aiuto nel promuovere anche l'innovazione nel Sud del continente. I soldi a disposizione sono circa 230 milioni con l'obiettivo di creare nuovi investimenti per 4,6 miliardi. «C'è grande entusiasmo per questi nuovi strumenti finanziari. Dobbiamo però capire che devono superare il test del mercato», avverte Hoyer, ricordando la concorrenza dei partenariati pubblici-privati. «Il Parlamento europeo vuole che approviamo i primi progetti il più presto possibile. È probabile quindi che i primi project bond scatteranno in Paesi dove i problemi finanziari ed economici sono meno acuti, come in Germania o nel Benelux, ma il nostro obiettivo è di utilizzarli in tutta Europa». Nell'assetto istituzionale europeo la Bce, l'Esm e la Bei hanno compiti ben definiti. La prima gestisce l'arma monetaria, rassicurando i mercati; la seconda aiuta finanziariamente gli Stati membri più in difficoltà; la terza sostiene l'economia. Le tre istituzioni sono nate in momenti diversi – la Bei nel 1958, la Bce nel 1998, l'Esm nel 2012 – eppure appartengono a un armamentario di strumenti che appare sempre più omogeneo, sempre più solido, soprattutto se associato a una unione bancaria. «La nascita dell'Esm – conclude Hoyer – è un segnale molto forte di quanto l'Europa sia determinata nell'affrontare le radici della crisi. Le tre istituzioni - la Bce, la Bei e l'Esm - fanno parte di un grande mosaico e riflettono il modo in cui l'Unione sta rispondendo alle sfide di oggi. C'è una forte interazione tra di noi, e sono convnto che messaggi unici, provenienti dalle tre istituzioni, oltre che dalla Commissione e dall'Eurogruppo, siano necessari». pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 7 Archivia *il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: Riccardo Sabbatini Assicurazioni. Avanza l'ipotesi di una spartizione delle azioni del Leone tra i due attuali partner - La richiesta dei soci veneti Generali, salta il patto Crt-Palladio Fondazione contraria a cedere a Ferak la partecipazione del 2,2% detenuta dalla holding comune LO SCENARIO L'Ente di Torino contrario alla proposta di Meneguzzo in quanto il valore di carico a 18 euro comporterebbe minusvalenze pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 8 Le grandi manovre in vista dell'assemblea primaverile di Generali sono già cominciate e c'è già una causa di separazione in corso. Effeti, la scatola societaria che possiede il 2,2% di Generali ed è partecipata pariteticamente da Crt e Ferak (cordata di imprenditori e finanzieri veneti), è sul punto di sfaldarsi. Alla fine della scorsa settimana Roberto Meneguzzo, amministratore delegato di Palladio Finanziaria che è tra i grandi soci di Ferak (vedi tabella), ha comunicato alla Fondazione Crt la disponibilità della finanziaria di rilevare per intero la partecipazione in Generali. Si è trattato, per il momento, di una conversazione informale con i vertici della fondazione conclusa con l'impegno a proseguire il confronto dopo la pausa di fine anno. La Crt sarebbe comunque contraria a vendere a Meneguzzo anche per la significativa minusvalenza che ricaverebbe dalla transazione con un valore di carico dei titoli Generali mantenuto intorno ai 18 euro a fronte di un valore di borsa che sta per riguadagnare quota 14 euro. È dunque probabile che si giunga ad una scissione con entrambi i soci suddividersi le azioni del Leone. L'iniziativa di Meneguzzo si presta a diverse letture. C'è un interesse di Ferak di aumentare l'investimento in Generali - 1,6 posseduto direttamente oltre al 2,2% condiviso con Crt - il cui titolo è visto in crescita con la gestione di Mario Greco che a metà gennaio alzerà il velo sul piano industriale della compagnia. Ma, in controluce, quella dei veneti può essere interpretata appunto come una marcia di avvicinamento all'assemblea di Generali che ad aprile rinnoverà il board del gruppo assicurativo. Finora Effeti esprimeva un posto nella lista di maggioranza che faceva perno su Mediobanca ed una tacita intesa attribuiva ai due soci la facoltà di esprimere a turno un candidato comune. Nell'attuale consiglio di amministrazione è presente l'ex segretario generale della fondazione Crt Angelo Miglietta. Ad aprile sarebbe stato il turno di Ferak ad indicare un suo uomo. Ma negli ultimi tempi i rapporti tra i due partner si sono deteriorati anche per le posizioni opposte che li hanno caratterizzati nel recente salvataggio di Fonsai. Con Crt a sostegno del piano Unipol-Mediobanca, contrastato accanitamente da Palladio e dalla Sator di Matteo Arpe. Nel pour parler con Crt Meneguzzo avrebbe proposto un suo candidato comune per la lista del Leone che i torinesi non hanno tuttavia gradito. Quest'ultimi, a loro volta, hanno anche prospettato l'ipotesi di un voto disgiunto al meeting di aprile mantenendo formalmente in piedi la joint venture. Una condizione da "separati in casa" su cui, questa volta, sarebbe stato Meneguzzo ad opporre un "no". Si è così giunti ad esaminare le possibili ipotesi di separazione con la disponibilità di Ferak ad acquisire l'intera partecipazione in Generali. In alternativa si giungerebbe alla scissione, una soluzione peraltro prevista nei patti parasociali di Effeti. Se l'offerta di Meneguzzo fosse accolta Ferak diverrebbe il terzo azionista del Leone, alle spalle di Mediobanca (13,47%) e Cassa depositi e prestiti (4,47%). Ma anche in caso di scissione la sua quota si collocherebbe intorno al 2,7 per cento e sopravanzerebbe quelle di De Agostini e Caltagirone. *il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: Fabio Pavesi Credito. Il fondo pubblico inietterà 18 miliardi per tenere in vita la banca Azioni Bfa-Bankia: il buco di capitale in crescita oltre 14 miliardi IN BORSA Il titolo a Madrid è crollato del 19%: gli investitori temono che non si sia messa la parola fine alla richiesta di nuovi capitali pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 9 Un buco patrimoniale di 14,5 miliardi tra Bankia e la sua capogruppo Bfa. È questo il conto finale del disastro del quarto istituto di credito spagnolo, quantificato ieri dal Frob, il fondo pubblico per il salvataggio delle banche iberiche. Crollo del 19% sul listino Un conto impietoso che ha visto il titolo reagire con un tracollo del 19% sul listino di Madrid. Ma in fondo la notizia non è affatto nuova e stupisce come il mercato reagisca con tale veemenza. Stupisce ancor di più in realtà che una banca di fatto andata in default possa ancora essere quotata sul mercato. Conto impietoso Guardando ai numeri in dettaglio il Frob ha quantificato come il valore della casa madre, il Banco Financiero y de Ahorro (Bfa) sia negativo per 10,4 miliardi di euro, mentre per la quotata Bankia il buco di capitale assomma a 4,1 miliardi. Il crollo di ieri si aggiunge alla perdita di valore del titolo Bankia per l'84% dalla quotazione in borsa a luglio 2011 (quando valeva 3,75 euro per azione rispetto agli attuali 0,55 euro). Via agli aiuti pubblici Bankia, il cui salvataggio storico a maggio di quest'anno ha dato il via alla concessione di aiuti Ue al settore bancario spagnolo, riceverà complessivamente circa 18 miliardi di euro di aiuti pubblici, passando da un «aumento di capitale di Bfa di 13,459 miliardi», ha precisato il Frob, che ha comunicato le valorizzazioni degli altri tre istituti che riceveranno gli aiuti di Madrid e della Ue: -6,674 miliardi per Catalunja Banc, -6,340 miliardi per il Banco de Valencia e -3,091 miliardi per Ncg (NovaCaixaGalicia). La prima tranche di aiuti europei, fissati in massimi 100 miliardi, sarà di 37 miliardi di euro. Come si vede il dissesto del sistema bancario spagnolo è in questi numeri. Quattro casse di risparmio che hanno eroso del tutto il loro patrimonio a causa delle maxi-svalutazioni sui crediti immobiliari in sofferenza e tenuti occultati per anni nei bilanci degli istituti. Basti pensare, tornando al caso più clamoroso quello appunto di Bankia, che solo 20 giorni prima del crack, la banca presentava una trimestrale di bilancio tutta rose e fiori. Nessun presagio dell'imminente collasso. E basta vedere come una volta scoperto il "vaso di Pandora" i vertici dell'istituto abbiano continuato a centellinare le perdite: a settembre 2012 infatti Bankia mostrava una dotazione di capitale proprio di 6,6 miliardi. Certo in calo del 49% sui 13 miliardi di patrimonio del dicembre 2011, ma pur sempre in territorio positivo. Ora dopo pochi mesi ecco che il Fondo pubblico rivela che il realtà quel capitale non c'era già più, anzi era diventato negativo per oltre 4 miliardi. L'immobiliare non smette di cadere La palla adesso passa di fatto al Governo di Madrid e Bankia avrà a disposizione i denari pubblici per ripristinare i ratio patromoniall. La domanda, che non riguarda solo il dissestato istituto iberico ma l'intero sistema del credito spagnolo, è se queste iniezioni di capitale metteranno fine alla più grave crisi bancaria nella storia di Madrid. Difficile dirlo. Tutto dipenderà dalla dinamica della crisi economica del paese. Sofferenze ai massimi La recessione non smette si mordere, il Pil sarà negativo anche nel 2013 e il tasso di disoccupazione non accenna a rientrare da quella soglia del 25% su cui si è assestata. Tutto questo produce un continuo deterioramento degli attivi delle banche con le sofferenze che oggi valgono oltre 180 miliardi e cioè l'11% del totale dei prestiti. Ora arrivano i capitali pubblici a salvare il sistema. Basteranno? *il Sole 24ORE* Venerdì, 28 Dicembre 2012 I TITOLI EUROPEI Meno BoT nell’agenda del Tesoro L'obiettivo è riallungare la vita media del debito italiano, scesa a 6,5 anni dai 7,2 del 2010 MADRID IN DIFFICOLTÀ Per la Spagna il 2013 si presenta molto impegnativo, con emissioni nette positive per i titoli a breve, media e lunga scadenza pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 10 ROMA La prima asta BoT targata 2013, il semestrale emesso ieri con data di regolamento fissata il 2 gennaio, è un chiaro segnale di dove il Tesoro intende andare l'anno prossimo: sono stati collocati Buoni per 8,5 miliardi contro i 10,35 in scadenza il 31 dicembre e non sono stati rinnovati i "flessibili" scaduti per 6,5 miliardi il 20 e 27 del mese corrente. L'emissione netta è dunque negativa per 8,35 miliardi: venduti nuovi titoli in quantità inferiore rispetto ai 16,85 rimborsati. Ed è questa l'impostazione che il Tesoro intende dare alla gestione del debito pubblico nel 2013: «Alla luce del minor fabbisogno di cassa e della strategia di allungamento della vita media del debito – è stato spiegato nelle Linee guida del Tesoro pubblicate alla vigilia di Natale – le emissioni complessive dei BoT nel 2013 potranno risultare inferiori rispetto a quelle del 2012». I trader prevedono emissioni nette negative sui BoT e gli investitori istituzionali sono già pronti a ricollocarsi sulla parte lunga della curva, a caccia di rendimenti più remunerativi. L'Italia dunque frena sui BoT, soprattutto i "flessibili" (durata extra-breve) e i trimestrali, allineandosi a Germania e Francia che puntano nel 2013 a emissioni nette negative su BuBill e BTf. La Spagna, in controtendenza rispetto ai paesi core e quasi-core, vedrà lievitare di non poco, almeno 19,9 miliardi, le emissioni nette delle Letras l'anno prossimo. Madrid deve far fronte al crescente fabbisogno e a una domanda instabile sui Bonos. Intanto l'Italia nel 2012 ha collocato BoT per 238 miliardi in emissioni lorde, registrando emissioni nette positive per una ventina di miliardi (18-19 miliardi), secondo le stime di Chiara Cremonesi di Unicredit. Le aste dei Buoni flessibli sono state quest'anno in tutto quattro: due in gennaio e due in febbraio, per un totale lordo in offerta di 13,5 miliardi, di cui l'ultima emissione è stata rimborsata ieri. I BoT trimestrali sono stati offerti in cinque occasioni nel 2012 (marzo, aprile, maggio, settembre e ottobre) per un totale lordo di 15,5 miliardi: l'ultimo Buono a tre mesi scade il prossimo 14 gennaio ed è l'unico per ora rimasto in circolazione. I BoT sono un ottimo strumento temporaneo per affrontare esigenze di cassa improvvise e per alleggerire le aste più indigeste per gli investitori non residenti (quelle che offrono titoli a lungo termine nei momenti di alta tensione sui mercati). L'aumento della quota dei titoli a breve termine sul totale in circolazione, con una riduzione contestuale delle emissioni dei titoli a più lunga scadenza (10, 15 e 30 anni) ha però una controindicazione, perché provoca la riduzione della vita media del debito: dalla vetta più alta dei 7,2 anni toccata nel 2010, questo indicatore del debito italiano è calato nel novembre 2012 (ultimo dato ufficiale disponibile) a 6,49 anni. Tanto più lunga è la vita media, tanto minore è l'esposizione dello Stato debitore al rialzo dei tassi d'interesse e quindi al rischio di un aumento repentino del costo del servizio del debito: e questa è una caratteristica essenziale per attrarre gli investimenti degli stranieri e tranquillizzare le agenzie di rating. Nel 1990, quando i titoli di Stato italiani erano detenuti prevalentemente dai residenti BoT-people, la vita media del debito pubblico era molto corta, 2,57 anni: indietro non si torna, sotto questo profilo, è la parola d'ordine al Mef da un ventennio. E nel 2013 il Tesoro si impegnerà a invertire la tendenza degli ultimi due anni che ha visto la vita media accorciarsi lievemente. Anche la Germania taglierà i suoi BoT: le previsioni delle aste 2013 annunciano un calo di 3 miliardi sull'ammontare dei BuBill a 6 mesi, emessi per 44 miliardi mentre l'importo dei BuBill annuali resterà invariato a quota 33 miliardi. La Francia punta su una micro-limatura dei Btf, con emissioni nette negative per 0,3 miliardi, su uno stock di titoli pari a circa 170 miliardi. La vita media del debito pubblico francese va oltre i 7 anni e non ha problemi. Per la Spagna, il 2013 si presenta invece molto impegnativo, con emissioni nette positive per i titoli a breve, media e lunga scadenza. Nel primo trimestre dell'anno, secondo gli analisti di SocGen, l'agenzia del debito spagnolo dovrà «scalare una muraglia di aste». I Bonos in scadenza nel 2013 ammontano a 62 miliardi, in aumento rispetto ai 50 miliardi di quest'anno: all'entità dei rimborsi vanno aggiunti nel 2013 tra i 28 (stime ufficiali) e i 50 miliardi (stime del mercato) di raccolta extra per finanziare il deficit. Il Tesoro spagnolo prevede già un incremento delle aste delle Letras di 19,9 miliardi e uno stock del debito pubblico in aumento di circa 50 miliardi. Non è escluso che a questo fardello già pesante andranno a pesare sul bilancio centrale aste straordinarie per rimborsare 32 miliardi di titoli di debito delle Regioni in scadenza e 7 miliardi del deficit previsto dalle amministrazioni locali: se così fosse, il fabbisogno complessivo della raccolta sui mercati per la Spagna potrebbe superare nel 2013 quota 150 miliardi, un obiettivo alla portata, ammoniscono i trader, solo in un contesto tranquillo. I. B. *CORRIERE DELLA SERA * Venerdì, 28 Dicembre 2012 Sensini di: Mario Il Tesoro fa il pieno alle aste di fine anno Collocati Bot per 8,5 miliardi, tassi in rialzo. Spread a quota 322, pesa l'incertezza Usa pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 11 ROMA — Ancora un buon risultato per l'asta dei Bot, la penultima emissione del Tesoro in un anno difficilissimo per il rifinanziamento del debito pubblico. Ieri sono stati collocati quasi 12 miliardi di titoli di Stato a breve termine. Il mercato ha sottoscritto 8,5 miliardi di Buoni del Tesoro a sei mesi ad un tasso di interesse in leggera salita, rispetto all'emissione precedente, ma sempre sotto l'1% lordo, lo 0,949% contro lo 0,919%, con una domanda largamente superiore all'offerta: 13,32 miliardi di euro contro gli 8,5 disponibili e i circa 10 miliardi di Buoni a sei mesi che venivano a scadenza a fine anno. Nell'occasione il Tesoro ha piazzato anche 3,25 miliardi di euro di Ctz a due anni, anche questi richiesti in abbondanza (5,49 miliardi), ad un tasso di interesse in ulteriore calo rispetto alla precedente emissione: l'1,884% contro l'1,923 dell'asta di novembre, il livello più basso degli ultimi due anni per questo tipo di Certificati. Oggi stesso è in calendario l'ultimo appuntamento dell'anno tra il Tesoro e gli investitori. Sul mercato andranno 6 miliardi di Buoni poliennali del Tesoro, con la riapertura delle precedenti emissioni e gli importi equamente ripartiti tra le scadenze dei cinque e dei dieci anni. Le attese sono per tassi sostanzialmente stabili, anche se alla vigilia lo spread è leggermente cresciuto, in una giornata comunque dagli scambi piuttosto rarefatti dato il periodo festivo, portandosi da 309 a 322 punti base. La risalita del differenziale con i titoli tedeschi, subita anche dai buoni dello Stato spagnoli, sembra tuttavia legata soprattutto delle difficoltà negli Usa di trovare un accordo sulla legge di bilancio, più che alla situazione politica interna, giudicata ancora molto fluida dagli operatori. Il Btp a cinque anni, ieri, era quotato al 3,25%, appena sopra il 3,23% dell'asta di fine novembre, mentre il decennale era scambiato al 4,51%, contro il 4,45% di un mese fa. Con l'asta di oggi va dunque in cantiere un'annata assai difficile per il Tesoro, segnata dalle continue e "costose" impennate del differenziale con i titoli tedeschi, poi progressivamente rientrato su valori decisamente più contenuti, e da pesanti esigenze di finanziamento. Nel 2013 la quantità di titoli che lo Stato dovrà collocare sul mercato per finanziare quelli in scadenza ed il nuovo deficit sarà inferiore rispetto al 2012, soprattutto considerato il minor fabbisogno di cassa previsto nell'anno del pareggio strutturale del bilancio. Secondo gli operatori le emissioni ammonteranno a poco meno di 420 miliardi di euro, cominciando con gli oltre 55 miliardi di gennaio, che si annuncia il mese più pesante dell'anno. Per il 2013 il Tesoro ha annunciato minori emissioni di titoli a breve e a lunghissima scadenza, ed un maggior quantitativo di titoli a medio termine. «Nel 2013 — si legge nelle Linee Guida appena pubblicate — il Tesoro si muoverà sulla scia delle novità introdotte nel 2012, al fine di assecondare l'esigenza della domanda, gestire le fasi di potenziale instabilità e allo stesso tempo conseguire risultati soddisfacenti sul piano della gestione dell'esposizione ai principali rischi di mercato. Con particolare riferimento al rischio di rifinanziamento, la strategia di emissione terrà conto dell'esigenza di contribuire all'allungamento della vita media del debito alla luce della modesta riduzione verificatasi tra il 2011 ed il 2012». *CORRIERE DELLA SERA * Venerdì, 28 Dicembre 2012 di:Enrico Marro Multe, canone Rai e addizionali comunali La stangata da 1.500 euro dell’anno nuovo pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 12 ROMA — Una serie di aumenti sono certi, dal canone Rai alle sanzioni sulle multe, dai francobolli su lettere e raccomandate alla nuova imposta sui rifiuti. Peseranno inoltre alcuni balzelli, come il bollo da 34,2 euro sui conti correnti e depositi con giacenza superiore a 5 mila euro e la minipatrimoniale pari allo 0,10% nel 2012 e allo 0,15% nel 2013 che si applica a fine anno su titoli e strumenti finanziari. Infine altri rincari sono solo stimabili, come quelli che colpiranno nel corso del prossimo anno tariffe pubbliche, spese per alimentari, carburanti. Oltretutto, dal prossimo luglio su parte dei consumi si abbatterà l'incremento di un punto dell'aliquota Iva del 21%, che passerà appunto al 22%, per un maggior incasso del Fisco di circa 4,2 miliardi. Stimare quanto tutto ciò graverà sul bilancio di ogni famiglia è complicato, tuttavia ieri, come di consueto alla fine dell'anno, le associazioni dei consumatori Adusbef e Federconsumatori hanno diffuso i loro calcoli, che parlano di una stangata media di 1.490 euro a famiglia nel 2013. Le voci maggiori vengono dall'alimentazione (299 euro), dalle addizionali territoriali delle imposte (163 euro) e dai carburanti (132 euro). Un 2013 difficile, insomma. Nel Mezzogiorno ancora di più. Secondo il Check-up pubblicato ieri dalla Confindustria, nel Sud infatti, tra il 2007 e il 2012, la recessione ha colpito duro: 16 mila aziende scomparse, 330 mila occupati in meno, una caduta del Pil del 6,8% in termini reali. Ma torniamo ai rincari. Dal 2013 andrà a regime l'imposta di bollo sui conti correnti e i libretti di risparmi e la patrimonialina sui prodotti finanziari. Eviteranno di pagare il bollo da 34,2 euro solo i titolari di conto base, quello che banche e Poste devono offrire per legge a chi ha un reddito molto basso (7.500 euro calcolato con l'Isee). Sono inoltre esenti i correntisti che possano esibire una giacenza media sotto 5 mila euro. Attenzione però, il tetto si calcola considerando tutti i rapporti intestati ad un'unica persona fisica aperti in una sola banca (conti e libretti di risparmi) e se si supera, ogni prodotto paga il suo bollo. Il calcolo della tassa è inoltre influenzato dalla scadenza dei rendiconti. Se, per esempio, questa è trimestrale e solo in un trimestre la giacenza media ha superato i 5 mila euro, si pagherà un quarto del bollo, cioè 8,55 euro. A fine anno si verserà anche lo 0,10% sul valore di tutti gli investimenti finanziari, comprese le polizze unit linked, i conti di deposito on line, i buoni fruttiferi postali dal valore di rimborso superiore a 5 mila euro. La differenza rispetto al bollo sui conti correnti è che non è in cifra fissa. La tassa, infatti, ha un minimo di 34,2 euro (come l'altro bollo) e un tetto di 1.200 euro. Nel 2013 si pagheranno 34,2 euro fino au un controvalore del portafoglio pari a 22.800 euro e lo 0,15% per controvalori superiori. L'anno prossimo debutterà anche la Tobin tax sulle transazioni finanziarie pari allo 0,12% sulle compravendite di titoli azionari italiani sui mercati regolamentati (0,22% nei mercati «over the counter», cioè non ufficiali). Sulle operazioni sui derivati si pagherà invece, dal prossimo luglio, in cifra fissa da 0,1 euro a 100 euro a operazione a seconda del valore nozionale dei contratti. Altro dato certo è l'aumento del canone Rai, che passerà da 112 a 113,5 euro, un euro e mezzo in più, ma a fronte di un'evasione stimata al 27,4%, che sottrae ogni anno all'azienda circa 600 milioni di euro, che nessun governo è riuscito finora a recuperare nonostante le promesse fatte (per esempio mettendo il canone nella bolletta elettrica come in altri Paesi). Diventerà inoltre più caro subire una multa per violazione del codice della strada. Salgono infatti del 6% le sanzioni e quindi, per fare qualche esempio, la multa per divieto di sosta passerà da 39 a 41 euro e quella per eccesso di velocità da 159 a 168 euro. Rincarano di 10 centesimi i francobolli sulle lettere (da 60 a 70) e di 30 quelli sulle raccomandate (da 3,30 a 3,60 euro). Nel 2013 debutterà anche la Tares, la nuova imposta sui rifiuti che sostituirà Tarsu e Tia. Sarà più onerosa soprattutto per le famiglie più numerose mentre i single potrebbero risparmiare qualcosina. I consumatori stimano comunque un aggravio medio per famiglia di 64 euro. Per i carburanti si spenderanno invece 132 euro in più ai quali si sommeranno altri 44 euro per il riscaldamento. Più modesti gli aumenti previsti per le bollette: in media 39 euro in più per il gas, 26 per l'acqua e 11 per la luce. Bisognerà mettere invece in preventivo 31 euro in più per le tariffe aeroportuali, 38 per i pedaggi autostradali 61 per le l'assicurazione rc auto e 83 euro per treni e trasporti locali. *CORRIERE DELLA SERA * Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: Marco Sabella Via a mini Patrimoniale e Tobin Tax ecco tutte le Imposte sul Risparmio Btp ancora tra i preferiti dagli investitori. Come battere l’inflazione pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 13 Sotto l'albero di Natale del 2012 un dono sgradito era riservato ai risparmiatori. La piccola patrimoniale sull'investimento finanziario — probabilmente un primo assaggio di altre imposte patrimoniali destinate a entrare nell'agenda e nel lessico della politica economica nel 2013 — passerà a partire da gennaio dall'1 per mille all'1,5 per mille. In pratica come già previsto per l'anno che sta per concludersi tutti gli strumenti e i prodotti finanziari — fondi, polizze, azioni, obbligazioni, titoli di Stato e buoni fruttiferi postali — pagheranno un'imposta pari, appunto, all'1 per mille del loro valore di mercato, che salirà all'1,5 per mille a partire dal prossimo anno. Salta, nel computo della nuova imposta sugli investimenti il tetto massimo di 1.200 euro e l'aliquota si applicherà integralmente all'intero capitale investito, senza limiti superiori. Rimane, per contro, un limite inferiore di 34,2 euro, analogo a quello del bollo sui conti correnti (che in questo caso, tuttavia, è applicato solo per giacenze superiori ai 5 mila euro). Le novità fiscali non si esauriscono qui perché con l'introduzione della Tobin Tax, le operazioni di compravendita di titoli azionari sui mercati regolamentati saranno tassate allo 0,12% e quelle Otc (over-the-counter) allo 0,22%. Anche i contratti derivati saranno soggetti a imposta, in questo caso a quota fissa compresa tra 0,1 e 100 euro a seconda del nozionale. Ma non sarà probabilmente la stretta fiscale a frenare l'interesse dei risparmiatori verso l'investimento in obbligazioni e in titoli di Stato. Una classe di attivi che nel 2012 si è rivelata l'investimento più remunerativo in assoluto, più delle azioni hi tech e dei listini emergenti, tanto per intenderci. Con i Btp che in media, hanno fruttato un guadagno del 18,8%, tra cedole e guadagno in conto capitale. Un bel premio per quegli investitori che a fine 2011 avevano deciso di scommettere sulla tenuta e sul miglioramento delle condizioni delle finanze pubbliche italiane. «Per il 2013 non potremo attenderci risultati altrettanto sorprendenti, ma le obbligazioni governative italiane rimangono uno degli investimenti più interessanti in Europa nel mercato del reddito fisso», afferma Antonio Mauceri, amministratore delegato di Augustum Opus Sim, una società indipendente di consulenza e di gestione del risparmio. «I titoli di Stato italiani offrono valore soprattutto sulle scadenze comprese fra i cinque e i sette anni ed è su queste durate che conviene concentrare la parte più importante del portafoglio», suggerisce Daniele Guidi, responsabile del reddito fisso in Bnp Paribas Ip. I due specialisti indicano ricette diverse a seconda dell'ampiezza del patrimonio finanziario disponibile. Gli strategist di Augustum Opus Sim individuano in una ricetta molto semplice — un terzo di Bot a un anno, un terzo di Ctz a 18 mesi e un terzo di Btp con scadenza fino tre anni — per chi abbia da investire un piccolo gruzzolo di circa 20 mila euro. Un portafoglio così diversificato potrebbe offrire un rendimento lordo dell'1,83%, cui corrisponde un netto dell'1,6%. Se le prospettive di un calo dell'inflazione di area euro (prevista sotto il 2% a fine 2013) verranno rispettate, questo risultato potrebbe rivelarsi sufficiente a salvaguardare (quasi interamente) il valore «reale» del capitale investito. Vale tuttavia la pena ricordare che ci sono anche offerte di conti di deposito vincolati (online e non) in grado di offrire rendimenti netti superiori al 2%. Un obiettivo più ambizioso, può porsi, per contro, chi dispone di un patrimonio investibile in obbligazioni di circa 100 mila euro. «In questo caso una quota del 10% potrebbe essere destinata a un fondo specializzato in bond ad alto rischio e alto rendimento, da cui ci si può realisticamente attendere un rendimento compreso fra il 5 e il 5,5% nel 2013. E il resto dovrebbe essere suddiviso tra Btp di durata decennale (15%), Btp a 7 anni (15%), Btp Italia, con rendimento agganciato all'inflazione italiana (30%) e infine un 10% per ciascuna delle scadenze dei Btp a 4, a 3 e 2 anni», sostiene Guidi. Un portafoglio così suddiviso, secondo gli strategist di Bnp Paribas Ip, risulta molto stabile sotto il profilo del valore capitale, ed è in grado di offrire una performance di circa il 3,5%, cui corrisponde un netto del 3,05%. Tra le classi di obbligazioni che hanno registrato i migliori risultati nel 2012 ci sono infine le obbligazioni societarie, i cui indici di riferimento hanno registrato un apprezzamento di circa il 12%. «A questo punto, tuttavia, le emissioni corporate hanno raggiunto prezzi molto elevati e anche in Italia i titoli migliori, riconducibili a grandi società come Eni o Enel, hanno raggiunto rendimenti inferiori a quelli dei titoli di Stato», conclude Guidi. *CORRIERE DELLA SERA * Venerdì, 28 Dicembre 2012 di DARIO DI VICO @dariodivico Taglio di strutture e segretari La spending review della Cisl Riorganizzazione in Lombardia. «Così saremo più credibili» pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 14 A nche il sindacato inizia la sua spending review. Si comincia ancora una volta dal Nord e dalla Lombardia e protagonista del cambiamento è la Cisl regionale. L'obiettivo è certo quello di razionalizzare le strutture, ridurre le poltrone ma soprattutto si vuole creare un modello organizzativo «piatto» con meno gerarchie e più aderenza al territorio e alla fabbrica. «Non possiamo chiedere alle istituzioni di cambiare mentre noi restiamo a gestire il tran tran — spiega Gigi Petteni, numero uno della Cisl lombarda —. Se anticipiamo le novità saremo più credibili nel chiedere agli altri di fare altrettanto». Fino ad oggi la Cisl regionale aveva 14 strutture territoriali di direzione politica, 12 per ciascuna provincia più due territoriali (Legnano-Magenta e Valle Camonica-Sebino). Da gennaio 2013 passeranno da 14 a 8. Bergamo incorporerà la struttura del Sebino, Brescia farà la stessa cosa con la Valle Camonica, Monza e Lecco si uniranno, Milano si allargherà fino a comprendere Legnano e Magenta, Como e Varese faranno un'unica struttura, idem per Mantova-Cremona-Lodi. Resteranno da sole, come oggi, soltanto Pavia e Sondrio. La riorganizzazione e il taglio delle strutture comporterà anche una riduzione massiccia dei componenti delle segreterie territoriali e di categoria. Per chi non ha ben presente la struttura estremamente articolata di un sindacato confederale in un'area forte come la Lombardia vale la pena ricordare che nella sola Cisl regionale ci sono ben 683 persone che si fregiano dei gradi di segretario. Per capirci nelle province di Mantova, Lodi e Cremona (che saranno accorpate) oggi esistono non solo tre segreterie territoriali ma anche altrettante segreterie dei metalmeccanici e così per ogni altra categoria. Con la spending review si passerà dalla cifra-monstre di 683 segretari a un numero (relativamente) più contenuto: 282. Anche le strutture di assistenza fiscale verranno razionalizzate, non più le odierne 14 ma solo una centrale, a Milano. Avere minori livelli gerarchici consentirà di aprire più sportelli di territorio o di azienda. Ma che fine faranno i 400 segretari che resteranno senza poltrona? Il sindacato non può certo licenziare o mettere in mobilità e di conseguenza la Cisl ha scelto di non rinnovare il turn over per avere nel tempo un dimagrimento fisiologico degli organici, nel frattempo comunque gli ex segretari verranno trasferiti sul territorio a occuparsi di contrattazione, mercato del lavoro e welfare. Sostiene Petteni: «Da sindacato della concertazione dobbiamo diventare il sindacato della contrattazione diffusa e perciò i nostri uomini dovranno seguire la vita dei luoghi di lavoro. Il recente accordo nazionale sulla produttività ci indica la strada, è un segnale per quello che sarà il sindacato di domani». Se la Cisl tenterà davvero di dare più voce ai luoghi di lavoro le si para davanti una piccola rivoluzione: ridurre ruolo e peso dei funzionari, i cosiddetti «permanenti». Il funzionario è stato dagli anni 70 ad oggi l'elemento chiave della forza sindacale italiana, dava il suo contributo di elaborazione nelle riunioni di vertice e poi quando si rivolgeva agli iscritti e ai lavoratori era di fatto «il portatore di una linea». Se il tentativo di Petteni avrà successo il protagonista del sindacato prossimo venturo dovrà diventare l'iscritto, che però è regolarmente inserito nel suo posto di lavoro e in questa veste elabora le scelte di contrattazione aziendale in coerenza con le linee di fondo della sua organizzazione. Una rivoluzione tutt'altro che indolore visto che nella sola Lombardia i funzionari sindacali della Cisl sono circa 2.100. Un esercito che non può essere decimato da un giorno all'altro. Intanto per far capire da che parte tira il vento è stato deciso che almeno il 40% dei componenti dei consigli generali dell'organizzazione, i parlamentini, dovrà essere composto da lavoratori e non da funzionari. La spending review cislina inizialmente non produrrà grandi risparmi finanziari, si tratterà più che altro di un trasferimento di risorse dall'alto verso il basso ma con gli anni la riorganizzazione dovrebbe produrre qualche effetto positivo anche sui bilanci. «Sia chiaro comunque che se facciamo la dieta l'obiettivo non è solo diventare più snelli — conclude Petteni — ma creare le condizioni di un sindacato più vicino al lavoro e più partecipativo». *CORRIERE DELLA SERA * Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: Sergio Bocconi Generali, Crt e Ferak verso il divorzio I veneti «disponibili» a rilevare la quota pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 15 MILANO — Si va verso un divorzio tra Fondazione Crt e Ferak, la società che raggruppa gli azionisti veneti di Generali? La voce corre da tempo alimentata sia dalle divergenze relative al dossier Unipol-Fonsai, che ha visto Palladio, uno dei principali soci di Ferak, presentare con la Sator di Matteo Arpe una proposta alternativa a quella del gruppo bolognese, sia dalle indagini interne condotte da Mario Greco, amministratore delegato del Leone, sul portafoglio investimenti e in particolare su alcune operazioni compiute nel corso della gestione dell'ex group ceo triestino, Giovanni Perissinotto, con la Palladio di Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago e altri imprenditori veneti. Nei giorni scorsi, secondo quanto si apprende, Ferak (che ha fra i soci, oltre a Palladio, la Finint di Marchi-De Vido, Veneto Banca e le famiglie Amenduni e Zoppas), ha espresso la disponibilità alla Fondazione Crt a rilevare, in caso di «divorzio» l'intera quota di Generali, pari al 2,2%, detenuta dalla comune scatola societaria Effeti, nella quale i soci veneti hanno il 50,1% e Torino il 49,9%. Una manifestazione solo verbale, viene precisato dopo indiscrezioni di Repubblica su un passo formale, senza presentazione di un'offerta. Le voci di possibile un «divorzio» e quindi di una scissione di Effeti vengono certo confermate implicitamente dalla disponibilità che avrebbe rappresentato Ferak, azionista anche in modo diretto di Generali con l'1,6%. Tuttavia bisogna vedere prima di tutto in qual modo la tempistica della separazione possa essere influenzata dai corsi di Generali e dai valori di carico dei titoli: Effeti è stata costituita per rilevare parte della quota di Generali che Unicredit ha dovuto vendere per motivi Antitrust e i titoli, pagati 600 milioni (per 300 con un finanziamento di Veneto Banca), sono in portafoglio a circa 18 euro contro un valore di mercato attuale pari a 13,82. Logica puramente economica, come ha sottolineato fra l'altro ieri il Gazzettino in un articolo dedicato alla «battaglia» di Trieste e alla «parabola dei soci veneti», suggerirebbe dunque di procedere allo scioglimento della joint venture una volta venuta meno la certezza di accusare minusvalenze. Timing non prevedibile, nonostante l'azione della compagnia abbia guadagnato da agosto, e quindi dal cambio al timone, oltre il 40%. E le attese degli investitori sul piano Greco, che verrà presentato il 14 gennaio, siano favorevoli. Quando poi per il «divorzio» si passerà dai contatti verbali ai negoziati formali, bisognerà vedere le disponibilità finanziarie effettivamente spendibili per un investimento così rilevante. *la Repubblica* Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: ARTURO ZAMPAGLIONE Washington pronta a misure anti-default Piano di Obama per evitare il fiscal cliff anche se l’accordo bipartisan resta lontanissimo pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 16 NEW YORK— Il ritorno anticipato di Barack Obama dalle vacanze alle Hawaii e i suoi concitati appelli ai leader del Congresso non hanno dissipato il clima di pessimismo che ormai regna negli Stati Uniti sulle possibilità di evitare il fiscal cliff. Tra soli quattro giorni, infatti, scatteranno le misure automatiche per contenere il debito. I tagli alle spese pubbliche e il ritorno ad aliquote fiscali più alte per un valore complessivo di 600 miliardi di dollari rischiano di aprire le porte a una nuova recessione, oltre che a un nuovo abbassamento del rating americano e a una bufera su Wall Street, di cui si sono già visti ieri i primi segnali premonitori. Tanto che il ministro del Tesoro, Geithner, ha preannunciato misure straordinarie per evitare il default del Paese. E oggi il presidente Obama incontrerà i leader del Congresso alla Casa Bianca. Si sperava che un accordo bipartisan potesse evitare il «burrone fiscale», ma ormai non sembrano più esserci i tempi tecnici per realizzarlo: non fosse altro perché i deputati non sono stati ancora convocati a Washington e gli schieramenti restano molto distanti. Così, le speranze di politici e mercati si appigliano sempre più all’ipotesi del «bungee jumping». Che significa il riferimento al pericoloso sport del «salto con l’elastico »? Semplice: ci si augura che, dopo essere precipitato nel baratro, il Paese possa subito rimbalzare in alto nei primi giorni del 2013 grazie a misure di emergenza adottate dal Congresso sotto la spinta dell’opinione pubblica e dei mercati. È uno scenario, questo del «bungee jumping », del tuo possibile, anche perché nessuno dei due partiti sembra in realtà puntare a un compromesso: almeno per il momento. Usciti vittoriosi dalle elezioni di novembre, i democratici — che hanno la maggioranza al senato ma non alla camera — non mollano sulla «linea di Osawatomie». Ricordate? In quella piccola cittadina del Kansas Obama promise un anno fa che si sarebbe battuto contro la crescente ineguaglianza economica negli Stati Uniti. E ora, volendo mantenere gli impegni, chiede che i ceti più abbienti paghino più tasse per riequilibrare il deficit. Ma i repubblicani si oppongono in modo ideologico a qualsiasi incremento fiscale, persino sui redditi superiori al milione di dollari all’anno. E non si fanno intimorire dalle parole di Harry Reid, il capogruppo democratico al Senato, che ieri ha dato del «dittatore» al suo collega repubblicano della Camera John Boehner. Secondo la teoria del «bungee jumping» i due partiti puntano ormai, per motivi diversi, e senza confessarlo, a cadere nel precipizio fiscale. I democratici, infatti, avranno più potere contrattuale dopo il primo gennaio: non solo perché saranno più numerosi nel nuovo Congresso che si insedierà proprio in quei giorni, ma anche perché i maggiori gruppi economici faranno pressione sulla destra per evitare il peggio. Al tempo stesso per i repubblicani sarà più facile votare dopo il primo gennaio in favore di uno sconto fiscale — sia pure limitato ai percettori di redditi inferiori ai 250-500 mila dollari l’anno — , piuttosto che schierarsi prima della fine del 2012 per un aumento delle tasse, sia pure limitato ai super-ricchi. *la Repubblica* Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: VITTORIO ZUCCONI Tagli ai salari e licenziamenti “american camalli” in rivolta è il ritorno di Fronte del Porto Lavoratori sul piede di guerra: come nel film con Brando pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 17 WASHINGTON I SUPERSTITI di quella che fu un’armata leggendaria, invincibile e violenta, gli uomini che controllavano con le loro mani e i loro muscoli il traffico delle merci in America, tentano un’ultima resistenza prima di arrendersi all’automazione, ai tagli di salari e al tramonto di un mestiere che ha fatto, in una nazione stretta fra le acque, le fortune del commercio. Sono rimasti ormai appena in 35 mila, i longshoremen, gli scaricatori, gli “american camalli”. Erano 400 mila appena mezzo secolo fa, ma hanno ancora abbastanza forza per chiudere tutti i porti americani dell’Est, da Houston a Boston, dal Golfo del Messico alle acque del Nord Atlantico e difendere un mestiere che i containers, le gru, i robot hanno decimato. I negoziati sono ripresi e la rivolta dei “camalli” è sospesa fino a domenica in attesa dei risultati dei colloqui con le società di carico e scarico che avevano deciso di tagliare le loro royalties, il supplemento di paga misurato secondo il peso delle merci maneggiata. E se Elia Kazan, Marlon Brando, Rod Steiger, Eve Marie Saint non dominano più quelle trincee di cemento e di lamiera dove correva, insieme con la merce e il danaro, il sangue di chi avesse osato opporsi alla mafia dei moli, sono ancora esseri umani quelli che manovrano le gru, che aprono le porte, che permettono alle macchine di lavorare, 24 ore al giorno, perché i porti non chiudono mai. La battaglia che la Ila, il sindacato dei portuali, ha lanciato dopo l’ultimo sciopero lungo due mesi che risale a 35 anni or sono e piegò l’America, è più un ultimo hurrah che uno scontro sui salari. Gli scaricatori vogliono far vedere che ancora possiedono quei muscoli che in passato terrorizzavano autorità come datori di lavoro, fino alla Presidenza degli Stati Uniti. Fino a quel Franklyn Delano Roosevelt che nel 1942, a guerra scoppiata, dovette scendere a patti con Lucky Luciano e con il suo luogotenente Albert Anastasia, signore indiscutibile dei porti e boss della “Anonima Omicidi”, per sbloccare scioperi e boicottaggi che avevano paralizzato lo sforzo bellico nel principale dei porti americani, New York. Quando il transatlantico “Normandy” esplose nella rada, la Casa Bianca si arrese. In cambio della collaborazione di Cosa Nostra, Luciano, che era in carcere, fu prima trasferito in una prigione assai più confortevole e poi scarcerato e deportato in Italia, come uomo libero. Contrariare, o anche soltanto sfidare, i signori dei porti era stato per decenni un suicidio politico, quando non un suicidio materiale. Quando il traffico delle merci in entrata e uscita dal mercato americano passava per l’89 per cento dai porti, bastava che le manone degli scaricatori si stringessero al collo dell’economia perché l’America soffocasse. Tra intimidazioni, corruzione, solidarietà assoluta e garantita, come scoprì Terry, il protagonista del film di Kazan disegnato su un caso di cronaca reale, il trattamento economico degli “american camalli” era arrivato ad altezze inimmaginabile per altri lavoratori. I quasi 4.000 che ancora lavorano al “fronte” intascano facilmente 40 mila dollari l’anno, fra stipendio di 30 dollari minimi orari e straordinari, che scattano dopo le cinque del pomeriggio. Il sindacato risponde che la media è molto più bassa, attorno ai 70 mila annui, ignorando gli extra, e ricorda la fatica ancora tremenda, e i rischi di infortuni e di morte. La stretta di Cosa Nostra sul “Fronte del Porto” non è più soffocante come era stata negli anni di Anastasia e di Luciano, ma la presenza dei “bravi ragazzi” fra le muraglie di container e le braccia meccaniche per lo scarico dei “40 piedi”, la misura standard dei cassoni, è ancora forte. Parenti, amici, nipoti di famiglie mafiose occupano posti privilegiati e succulenti, spesso lavorando poco o nulla. Ralph nipote di Vincent “La Bazza” Gigante, padrino del clan dei Genovese, è pagato 404 mila dollari l’anno per un vago incarico di supervisione, che di fatto non esercita mai. Paul Buglioli, anche lui legato alla famiglia Genovese attraverso il padre, ha incassato 474 mila dollari nel 2011, secondo le cifre diffuse dalla New York Port Authority, per fare il cronometrista dei tempi di lavoro. I dipendenti lo tolleravano perché Paul non si faceva quasi mai vedere e i tempi se li calcolavano da soli. Joe Colonna, già caporegime per Vincent “La Bazza” Gigante, guadagna 401 mila dollari, per sedere occasionalmente nell’ufficio di rappresentanza presso le autorità portuali a Manhattan e far notare la propria presenza inquietante. Quelle stesse autorità che versano 120 milioni di dollari all’anno in sovvenzioni agli pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 18 scaricatori. Fondi e finanziamenti che la New York Port Authority, come le agenzie equivalenti da Houston a Boston, passando per Miami, e per tutti i porti atlantici non verseranno più, se questi favolosi salari per “sinecura” non saranno tagliati. Il “Fronte del Porto” è dunque assediato dalla terra, dal cielo e dal mare. Le compagnie, che intendono scaricare sempre più merce anche dall’Asia nei porti dell’Atlantico quando l’allargamento del Canale di Panama sarà completato, non intendono più sottostare al ricatto di un sindacato allo stremo, che si difende come può. Le autorità di vigilanza, sono stanche di fingere di non vedere e non temono più la lunga mano dei Padrini e dei killer di Anastasia. Il traffico di merci per via aerea aumenta ogni anno, con la diminuzione delle tariffe, e soltanto il 39% di tutte le esportazioni italiane negli Usa transita ancora dai moli di New York e Newark. Non avranno dunque, specialmente in momento di fragile ripresa economica e di ansia per l’ottusità degli ideologi di destra decisi a spingere gli Usa dentro il “burrone fiscale”, la simpatia e la solidarietà della gente. Eppure furono proprio gli “american camalli” a mobilitarsi e a rimettere in attività i porti sconvolti dall’uragano Sandy, appena due mesi or sono. Non morirà nessuno, in esecuzioni sommarie e pestaggi sul Fronte del Porto come 60 anni or sono, e forse questa battagli sarà vinta, ma la guerra dietro la Grande Muraglia dei container, è perduta. *la Repubblica* Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: ROSA SERRANO Casa, addio autocertificazione ecco le scadenze per mutui e bonus Dichiarazione Imu entro il 4 febbraio, sei mesi per i supersconti pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 19 IL MATTONE non è “immobile”. Il crollo del mercato residenziale incentiva i proprietari immobiliari a valutare con la massima attenzione alcune importanti scadenze di carattere normativo e fiscale che possono, fra l’altro, incidere sul valore dell’immobile. Autocertificazione. Stop all’autodichiarazione in classe energetica G. Da oggi i proprietari di immobili di cattiva qualità energetica al momento della compravendita non potranno più autocertificare che l’edificio appartiene alla classe energetica più bassa. Il venditore potrà utilizzare una delle procedure che prevedono una diagnosi energetica semplificata svolta da un tecnico. Finora, con l’autocertificazione molti acquirenti non ricevevano nessuna indicazione sui futuri costi di gestione energetica, né informazioni su come migliorare, nella misura più conveniente, il rendimento energetico dell’edificio. Sospensione rate mutui. Il 31 gennaio 2013 scade il termine per la presentazione delle domande per la sospensione, per almeno 12 mesi, delle rate dei mutui per eventi verificatisi entro il 31 dicembre 2012 come, ad esempio, perdita dell’occupazione o ingresso in cassa integrazione. I mutui non devono superare i 150.000 euro e devono essere relativi all’acquisto, costruzione o ristrutturazione dell’abitazione principale. Reddito imponibile massimo: 40.000 euro annui. Dichiarazione Imu. É fissata al 4 febbraio 2013 la scadenza per la dichiarazione Imu sugli immobili che godono di agevolazioni o che registrano variazioni di imponibilità (per esempio se un terreno agricolo diventa area fabbricabile), e per i quali l’obbligo dichiarativo è scattato dal 1° gennaio 2012. La novità è che sul sito del dipartimento delle Finanze è disponibile la versione della dichiarazione in formato pdf che permetterà ai contribuenti di compilare i campi direttamente dalla tastiera del proprio computer o tablet. La dichiarazione può essere presentata direttamente al Comune che ne rilascia ricevuta; spedizione postale, con raccomandata senza avviso di ricevimento; invio in modalità telematica tramite posta elettronica certificata. Riforma del condominio. Il 18 giugno 2013 scatta la riforma del condominio. Numerose le novità. Ad esempio, l’assemblea condominiale potrà subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione ai condomini di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato. L’amministratore sarà obbligato all’apertura di un conto corrente bancario o postale intestato al condominio sul quale movimentare in via esclusiva le somme ricevute o erogate per conto del condominio stesso. Bonus ristrutturazioni edilizie. Il 30 giugno 2013 scadranno le incentivazioni fiscali super a favore dei contribuenti che effettuano interventi di recupero edilizio: detrazione Irpef del 50% (anziché del classico 36%) e raddoppio del limite massimo di spesa (da 48.000 a 96.000 euro) per unità immobiliare. Bonus risparmio energetico. Il bonus fiscale del 55% per interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti potrà essere usufruito fino al 30 giugno 2013. Dopo tale data, l’agevolazione sarà sostituita con la detrazione fiscale del 36% prevista per le spese di ristrutturazioni edilizie che, dal 2012, non ha più scadenza. Proroga sfratti. Prorogata fino al 31 dicembre 2013 la sospensione degli sfratti a favore degli inquilini appartenenti a categorie ”disagiate”. Confedilizia evidenzia che gli affitti incassati dai locatori nel periodo di sospensione degli sfratti non sono imponibili ai fini delle imposte dirette, limitatamente ai Comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste, nonché ai Comuni ad alta tensione abitativa con essi confinanti. *la Repubblica* Venerdì, 28 Dicembre 2012 di: ETTORE LIVINI e LUCA PAGNI Gamberale domina il risiko degli aeroporti F2i conquista Torino e diventa più forte nella Sea, a Firenze e a Bologna pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 20 MILANO — Alla faccia del settore in crisi. Gli aeroporti italiani fanno gola e con gli enti pubblici proprietari a caccia di fondi per evitare il dissesto dei bilanci, sono diventati occasioni di acquisto molto interessanti per i privati. A cavallo delle feste di Natale, ben due aste sono state aggiudicate, con l’ingresso di un nuovo protagonista e la conferma di un attore di primo piano in quello che è già stato definito il risiko degli aeroporti. Il 24 dicembre, il Comune di Venezia ha annunciato di aver ceduto il 14% della Save, la società di gestione degli scali di Venezia e Treviso a una società controllata dal fondo di investimento Amber per una cifra che si aggira sui 50 milioni di euro. Ieri a muovere è stata la volta la Provincia di Milano che ha venduto il 14,53% della Sea (cui fanno capo Linate, Malpensa e il 49% di Bergamo-Orio al Serio) al fondo di investimento F2i, guidato dall’ex manager pubblico Vito Gamberale. Lo stesso Gamberale, sempre ieri, ha comprato il 24,4% di Torino Caselle dal gruppo Benetton, salendo al 52% dello scalo piemontese e candidandosi a perno di un nuovo polo aeroportuale attorno cui ruotano anche gli scali di Napoli, Firenze e Bologna. A Milano, F2i, partecipato da banche, casse professionali e dalla Cdp, è stato l’unico partecipante alla gara. per cui ha potuto permettersi di offrire quasi il 10% in meno della base d’asta: pagherà 147 milioni contro i 160 chiesti dalla Provincia. Il fatto che non ci fossero avversari non deve sorprendere: F2i possiede già il 29,53% del capitale di Sea, rilevato un anno fa dalla giunta milanese guidata dal sindaco Giuliano Pisapia. Gamberale ora sale al 44% e diventa a tutti gli effetti un socio industriale più che finanziario. E per far crescere soprattutto Malpensa i due azionisti dovranno dimenticare le polemiche che hanno accompagnato il fallimento della quotazione di Sea in Borsa, soltanto poche settimane fa. La grande partita per il futuro degli aeroporti tricolori parte così con due chiari protagonisti. Gamberale da una parte, che con il suo fondo gestisce già da anni con successo Napoli Capodichino, e la famiglia Benetton, che malgrado il disimpegno da Torino ha in portafoglio Gemina e Adr. Fiumicino tra l’altro ha trovato sotto l’albero di Natale un regalo che aspettava da tempo: la firma della presidenza del consiglio sotto il contratto di programma che gli consentirà di ritoccare le tasse aeroportuali per avviare nuovi investimenti. Gemina non a caso ha messo a segno a Piazza Affari ieri un balzo del 32%, trascinando all’insù anche le azioni della Save (+7%). Le difficoltà degli enti locali alle prese con il patto di stabilità non sono l’unica ragione delle fibrillazioni del settore. Nei prossimi anni, infatti, il sistema aeroportuale tricolore dovrebbe andare incontro a una grande ristrutturazione. Il piano del governo Monti, preparato da Enac e OneWorks, prevede la chiusura di una trentina di aeroporti minori (su 60 in tutto) per razionalizzare il traffico aereo e “rottamare” i micro-scale che bruciano milioni di euro di soldi pubblici ogni anno, aperti solo per le resistenze di campanile delle realtà locali. La Fiba-Cisl Vi augura di trascorrere una fine settimana serena Arrivederci a lunedì 31 Dicembre per una nuova pagina Rassegna Stampa del giorno 28Dicembre 2012 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 21 rassegna stampa!
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