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G It Diabetol Metab 2015;35:218-223 Rassegna L’ipoglicemia nei pazienti diabetici insulino-dipendenti in età evolutiva RIASSUNTO L’ipoglicemia nel diabete mellito di tipo 1 è il maggiore ostacolo al raggiungimento di un buon controllo glicemico; l’età pediatrica rappresenta una realtà particolare, nella quale la sintomatologia, le conseguenze e il trattamento dell’ipoglicemia hanno caratteristiche peculiari. Dati epidemiologici sull’incidenza di ipoglicemie pediatriche sono molto vari: si configurano come fasce a rischio l’età prescolare e adolescenziale. Fondamentale nel prevenire il rischio ipoglicemico risulta il coinvolgimento non solo dei pazienti ma anche dei caregiver. Le nuove tecnologie (strumenti di gestione telematica e download dei dati glicemici, microinfusori, sensori, pancreas artificiale…) sono un valido aiuto per la prevenzione delle ipoglicemie e delle loro conseguenze in pazienti pediatrici. SUMMARY Hypoglycemia in insulin-dependent diabetic children Hypoglycemia is a major obstacle to reaching optimal glucose control in type 1 diabetes patients. Diabetic children present a particular situation, with specific symptoms, consequences and treatment. Epidemiological data regarding the incidence of hypoglycemia indicate that pre-school children and adolescents are at higher-than-normal risk. To reduce the risk of hypoglycemia these patients and their caregivers must all be involved. Advances in technology (telemedicine, insulin pumps, continuous glucose monitors, artificial pancreas, etc.) offer additional tools for preventing hypoglycemia and its consequences in pediatric patients. Introduzione L’ipoglicemia rappresenta ancora oggi una delle principali barriere al raggiungimento di un buon controllo glicemico nel diabete mellito di tipo 1. Le innovazioni terapeutiche e tecnologiche hanno permesso nell’arco dei decenni di ridurre la frequenza e la durata degli episodi ipoglicemici, tuttavia permane A. Rigamonti, V. Favalli, C. Bonura, G. Frontino, G. Barera, F. Meschi, R. Bonfanti Diabetologia Pediatrica e Diabetes Research Institute (OSR-DRI), Ospedale San Raffaele, Milano Corrispondenza: dott. Riccardo Bonfanti, Ospedale San Raffaele, Reparto di Pediatria, via Olgettina 60, 20132 Milano e-mail: [email protected] G It Diabetol Metab 2015;35:218-223 Pervenuto in Redazione il 06-07-2015 Accettato per la pubblicazione il 15-07-2015 Parole chiave: ipoglicemia, bambini, diabete mellito di tipo 1 Key words: hypoglycemia, children, type 1 diabetes mellitus L’ipoglicemia nei pazienti diabetici insulino-dipendenti in età evolutiva elevato il rischio di ipoglicemie gravi in soggetti vulnerabili come i bambini, in particolare nell’età prescolare. In età pediatrica si definisce ipoglicemia un valore di glicemia inferiore a 70 mg/dl e ipoglicemia grave un episodio di ipoglicemia associato a perdita di coscienza con convulsioni, non potendosi considerare l’intervento di terzi nella correzione dell’ipoglicemia una condizione significativa nei bambini che normalmente dipendono da figure adulte di riferimento per la gestione del diabete(1). L’ipoglicemia può essere sintomatica o asintomatica e coinvolge due fattori principali: l’attivazione adrenergica e la neuroglicopenia. I sintomi sono molto variabili in base all’età, durata del diabete, entità della riduzione glicemica. Nell’età pediatrica e in particolare nella prima infanzia, i sintomi sono spesso aspecifici e coinvolgono prevalentemente il comportamento dei piccoli pazienti. Clinicamente si possono distinguere forme lievi, moderate e severe. Tuttavia la differenza tra forme lievi e moderate non ha grande rilevanza in diabetologia pediatrica. In età infantile esistono situazioni peculiari rispetto all’età adulta nella risposta o percezione dell’ipoglicemia come: una minore riserva epatica di glicogeno, una maggiore capacità di risposta controregolatoria (per minore durata di malattia) e un’espressione e percezione dell’ipoglicemia molto variabili in base all’età del soggetto e alle capacità cognitive raggiunte dal piccolo(1). È quindi esperienza comune, tra i caregiver dei bambini con diabete in età prescolare, riscontrare valori ipoglicemici in occasione di improvvisa e imprevista riduzione della spontanea attività di gioco o tendenza ad addormentarsi in orario diverso dal consueto sonnellino pomeridiano. In generale, i segni e sintomi dell’ipoglicemia possono essere: – da attivazione del sistema autonomo: tremori, palpitazioni, agitazione (adrenergici), sudorazione fredda, pallore, cefalea, nausea, parestesie, sensazione di fame (colinergici); – da neuroglicopenia: difficoltà di concentrazione, offuscamento del visus, riduzione dell’udito, rallentamento dell’eloquio, confusione, fino ad arrivare a perdita di coscienza, convulsioni; – aspecifici: alterazioni del comportamento o dell’umore (irritabilità, incubi, pianto inconsolabile), fame, cefalea, nausea, stanchezza. Epidemiologia e fattori di rischio Studi soddisfacenti circa l’incidenza di ipoglicemia lieve e moderata in età pediatrica non sono disponibili. Ben documentata e più facile da studiare è l’incidenza di ipoglicemie gravi. Dai dati del DCCT si evidenziano 85,7 episodi di ipoglicemia grave ogni 100 pazienti/anno nell’età adolescenziale nel gruppo in trattamento intensivo contro 27,8/100 pazienti/anno nel gruppo di controllo. Negli anni successivi il trend degli episodi di ipoglicemia grave si è progressivamente contratto, mantenendo tuttavia un’ampia variabilità nei diversi studi e Paesi analizzati: da 62 episodi ogni 100 pazienti per anno(2) a 4,8 episodi(3). I diversi studi evidenziano una correlazione con il numero degli episodi di ipoglicemia al ridursi del- 219 l’età del paziente e del valore dell’emoglobina glicata (HbA1c), come anche all’aumentare della durata di malattia o all’aumento della dose di insulina pro-chilo(4). Anche tra i dati dello HVIDORE Study Group la maggiore incidenza di ipoglicemia grave si attesta tra i soggetti con età inferiore ai 5 anni(5). Un interessante studio condotto in una coorte di pazienti in età pediatrica tra gli anni 2000 e 2009 ha rilevato una riduzione del tasso di incidenza di ipoglicemie gravi, aggiustato per età e per sesso, del 14% ogni anno per i primi 7 anni, per poi raggiungere un valore di stabilità intorno a 6 episodi/100 pazienti/anno(6). Il registro statunitense T1D Exchange, in un campione di oltre 25.000 pazienti, riporta una prevalenza di 6,2% di uno o più episodi di ipoglicemia grave con convulsioni o perdita di coscienza nella coorte di età 2-26 anni durante l’anno 2012(7). Gli ultimi dati del T1D Exchange relativi a bambini e adulti nell’anno 2013 e 2014 riportano che un 6% dei pazienti ha sperimentato un episodio convulsivo o di perdita di coscienza nei tre mesi precedenti l’indagine; l’incidenza più elevata di ipoglicemie gravi si rileva nei pazienti con età superiore ai 50 anni(8). Nel registro del diabete di tipo 1 austriaco e tedesco DPV, l’incidenza di episodi di ipoglicemia grave si è ridotta da 42,28 a 13,51/100 pazienti/anno negli anni ’95-2012(9). La valutazione dell’incidenza di episodi ipoglicemici gravi in età pediatrica in Italia condotta dallo studio SHIP-D ha collocato il nostro Paese tra quelli a minore incidenza. È stata infatti riscontrata un’incidenza di ipoglicemie gravi pari a 7,1/100 pazienti/anno in terapia multiniettiva e 9,4/100 pazienti/anno in terapia mediante pompa d’insulina(10). Nel nostro Centro in una recente rivalutazione è stata riscontrata un’incidenza di ipoglicemie gravi pari a 1,42 episodi/100 pazienti/anno in un campione di 206 bambini (età media 12 anni range 2-18) in trattamento con microinfusore. Sono stati identificati diversi fattori di rischio per lo sviluppo di ipoglicemie gravi, alcuni peculiari dell’età pediatrica. L’età prescolare e la difficile compliance alle cure da parte dei ragazzi in età adolescenziale ne sono un esempio significativo. Lo schema insulinico con insulina intermedia (NPH) rispetto ad analoghi lenti dell’insulina o la terapia multiniettiva rispetto alla terapia con microinfusore predispongono a un aumentato rischio di ipoglicemia grave come anche l’esposizione all’attività fisica pomeridiana, spesso non preventivabile nei bambini più piccoli, aumenta il rischio di ipoglicemie gravi, soprattutto notturne(11). Più dibattuti sono i dati relativi all’uso dell’analogo rapido dell’insulina e incidenza delle ipoglicemie rispetto alla rapida normale. Nello studio SHIP-D svolto nei centri di diabetologia pediatrica italiani si è riscontrato un aumento delle ipoglicemie gravi nei pazienti in analogo rapido, ma con grandi differenze da centro a centro. Molto diffusa, come nell’età adulta, anche tra i caregiver, è la paura dell’ipoglicemia o dell’iperglicemia che condiziona scelte terapeutiche atte a mantenere un controllo superiore o inferiore al target glicemico ottimale(12). Appropriate misure di supporto psicologico dovranno essere proposte a questi nuclei familiari al fine di ridurre il rischio di complicanze acute e croniche(13). Non dobbiamo dimenticare che l’ipoglicemia nel diabete mel- 220 A. Rigamonti et al. lito di tipo 1 è secondaria a una dose eccesiva di insulina esogena rispetto alla particolare situazione clinica. Per cui, di fatto, ogni evento ipoglicemico è potenzialmente evitabile. Questo è particolarmente vero in età pediatrica dove la controregolazione, la secrezione residua di insulina endogena e la funzionalità del sistema nervoso autonomo possono essere ancora sufficientemente efficaci e non ancora compromessi dalla lunga durata di malattia. Anche se raro, non deve essere dimenticato e quindi adeguatamente indagato, in caso di ipoglicemie ricorrenti, un quadro di iposurrenalismo. Tra le cause rare di ipoglicemie gravi aneddotica è la sindrome da elevato titolo di anticorpi anti-insulina(14). Devono essere inoltre considerate alcune abitudini dilaganti nella popolazione adolescenziale come un consumo occasionale ma cospicuo di alcol o abuso di sostanze stupefacenti in grado di influenzare il controllo glicemico(15). Come noto, la presenza di alcol è in grado di interferire sul metabolismo del glicogeno epatico riducendone l’utilizzazione e inibendo sia la gluconeogenesi sia la glicogenolisi, è in grado di ridurre la percezione dei sintomi delle ipoglicemie e aumenta la sensibilità all’insulina. Tale combinazione di fenomeni è pertanto in grado di incrementare il rischio di ipoglicemia grave. L’abuso di alcol e/o sostanze psicotrope si rende responsabile di un aumentato rischio di ipoglicemia e di una concomitante riduzione delle performance cognitive: questo predispone ad azioni e decisioni terapeutiche ad alto rischio di complicanze acute e incidenti(16). Per il team diabetologico la fase adolescenziale rappresenta quindi una sfida terapeutica e non deve essere sottovalutato alcun sintomo di disagio o comportamento a rischio. Anche in questi contesti è essenziale tornare a una buona educazione terapeutica e un adeguato supporto educativo e psicologico(17). Tra le complicanze gravi e più temute dell’ipoglicemia graveprolungata spicca la dead in bed syndrome. A tale proposito è utile ricordare che, al momento, non sono segnalati episodi riconducibili a dead in bed syndrome in età pediatrica(18).Tuttavia è segnalato, in particolare durante l’adolescenza, un aumento del rischio di utilizzo non idoneo di insulina con eventi, anche con exitus, secondari a somministrazione deliberata di eccessive quantità di insulina a scopo suicidario(19).In effetti la prevalenza di disturbi psichiatrici tra adolescenti con diabete mellito di tipo 1 sembra essere significativamente superiore rispetto alla popolazione generale(20). Come nell’età adulta, anche nell’età pediatrica esiste il problema di una risposta adattativa all’ipoglicemia frequente che configura il quadro dell’hypoglycemia unawareness. È stato riscontrato che, similmente alla popolazione adulta, il 30% dei pazienti in età pediatrica presenta un quadro riconducibile all’hypoglycemia unawareness(21). È stato stimato, inoltre, che i soggetti con diabete che hanno presentano una risposta maladattativa all’ipoglicemia con il quadro di hypoglycemiaassociated autonomic failure (HAAF) hanno un rischio aumentato di circa 25 volte di presentare ipoglicemia grave(22). In caso di ipoglicemie gravi ricorrenti in età adolescenziale, così come in caso di episodi ricorrenti di chetoacidosi diabetica o valori di HbA1c distanti dal target ideale, deve sempre essere considerata una autosomministrazione di insulina significativamente differente rispetto a quella dichiarata. Non sono invece di univoca interpretazione le possibili complicanze a lungo termine sullo sviluppo neuronale dell’encefalo esposto a frequenti episodi di ipoglicemia. È utile ricordare che il maggiore uso di glucosio da parte dell’encefalo si raggiunge intorno ai 5-10 anni come anche la maturazione della sostanza grigia(23). Da una recente metanalisi effettuata da un gruppo italiano è stata riscontrata una piccola ma significativa diminuzione di performance cognitiva nei bambini con episodi di grave ipoglicemia. Questa riduzione era presente in particolare negli ambiti della memoria e dell’apprendimento, dati in linea con le evidenze di neuroimaging ottenute da Perantie et al., che dimostrano una riduzione dello spessore della corteccia cerebrale in particolare nelle zone temporo-occipitali e dell’ippocampo che sono le zone responsabili della memoria a lungo termine. Queste complicanze secondarie a ipoglicemia grave erano maggiori nei bambini che hanno presentato un esordio precoce, prima dei cinque anni(24,25). Non sfugga, tuttavia, che significative conseguenze sullo sviluppo neurocognitivo dei bambini con diabete possono essere portate non solo da ipoglicemia grave ma anche da prolungata esposizione all’iperglicemia(26,27). Trattamento Il trattamento dell’ipoglicemia prevede l’immediata somministrazione per os di zuccheri a rapido assorbimento in una dose di 0,3 g/kg fino a 15 g e un successivo controllo della glicemia dopo 15-20 minuti. In caso di valore glicemico sotto il target (100 mg/dl) deve essere assunta una seconda quota di zuccheri semplici(1). Solo in caso di prolungato digiuno o di episodi di ipoglicemia ricorrenti è indicata l’assunzione anche di zuccheri a più lento assorbimento. La quantità e la tipologia di alimento consigliata non è chiaramente definita e deve essere individuata con l’esperienza. In questo caso potrebbero risultare particolarmente utili maltodestrine a catena intermedia o lunga poiché garantiscono una maggiore riproducibilità di assorbimento. Rappresentano un’eccezione a questa regola episodi di ipoglicemia durante l’attività sportiva o dopo una eccessiva somministrazione di bolo prandiale. In queste due situazioni la dose di carboidrati da assumere può discostarsi in modo significativo rispetto alla dose standard consigliata. Utile, nel caso di terapia con microinfusore d’insulina, è la riduzione temporanea dell’erogazione di insulinizzazione basale. Nella nostra esperienza risulta efficace una riduzione del 50% della velocità basale nelle successive quattro ore dall’evento ipoglicemico. Nel trattamento dell’ipoglicemia severa deve essere immediatamente disponibile una iniezione im di glucagone alla dose di 0,5 mg se il peso corporeo è inferiore a 25 kg o 1 mg se il peso corporeo è superiore a 25 kg. In ambiente ospedaliero deve essere effettuata infusione con soluzione glucosata al 1033% alla dose di 200-500 mg/kg in bolo seguita da infusione con glucosata al 10% secondo velocità di mantenimento(1). In caso di ipoglicemia che non può essere trattata per os (emesi ostinata, rifiuto del bambino di assumere zuccheri per os ecc.) L’ipoglicemia nei pazienti diabetici insulino-dipendenti in età evolutiva Tabella 1 Minidosi di glucagone sottocute. Età Unità di glucagone Glucagone (in siringa da insulina) (in mg) < 2 anni 2U 0,02 1 U per ogni 0,01 per ogni 2-15 anni anno di vita anno di vita > 15 anni 15 U (dose max) 0,15 (dose max) può essere praticata una iniezione sottocutanea di minidosi di glucagone secondo lo schema riportato in tabella 1(28). Al fine di ridurre il rischio di ipoglicemia grave sono disponibili diverse metodologie, device tecnologici e piattaforme per la condivisione remota dei dati. Strategie preventive e tecnologia Prima di addentrarci nella discussione dei diversi strumenti tecnologici e terapeutici disponibili per la prevenzione o trattamento degli episodi di ipoglicemia grave, deve essere ribadito con assoluta chiarezza che i migliori e più duraturi risultati sono stati ottenuti con un’adeguata e strutturata educazione del paziente(29). Nell’ambito della cosiddetta “generazione digitale” il team diabetologico deve essere consapevole che, al momento, nulla può sostituire una corretta e continua educazione del bambino con diabete e della sua famiglia. La peculiarità dell’età pediatrica richiede, inoltre, che l’educazione per una buona gestione del diabete, e quindi anche degli episodi di ipoglicemia, venga estesa a tutti i caregiver come gli insegnanti, i preparatori atletici e di tutti gli adulti coinvolti nella gestione delle diverse attività dei minori. È utile, a tale proposito, segnalare il materiale preparato e disponibile sul web dal gruppo di studio sul diabete della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (http://www.scuolaediabete.it/siedp). Nel sito sono facilmente rintracciabili semplici regole di comportamento per una corretta gestione dell’ipoglicemia in ambiente scolastico o durante l’attività fisica. Ulteriore materiale è disponibile nei siti delle diverse associazioni di genitori di ragazzi con diabete e il documento SIEDP: Assistenza Diabetologica in età Pediatrica in Italia - Manuale operativo per l’applicazione del “Piano sulla Malattia Diabetica” in età pediatrica (Mediserve 2014). Strumento efficace nella prevenzione dell’ipoglicemia è il sensore continuo della glicemia sottocutaneo (GCM). I diversi dispositivi in commercio permettono di individuare in modo affidabile il trend glicemico e dispongono di allarmi di soglia per iperglicemia e ipoglicemia e sono quindi utili nel prevenire episodi di glicemia fuori target ottimale(30). Per ottimizzare la gestione degli allarmi e del trend sono stati messi a punto dal gruppo DirectNet alcuni algoritmi di comportamento. Non si deve dimenticare che, in età pediatrica, la sensibilità insulinica è sensibilmente diversa sia tra soggetto e soggetto sia nelle diverse fasce orarie della giornata per il singolo bambino. In base a queste considerazioni, le variazioni delle dosi di insulina dovranno essere personalizzate nella sin- 221 gola situazione clinica sotto stretta sorveglianza del diabetologo di riferimento. L’utilizzo del sensore continuo della glicemia ci ha ampiamente dimostrato che, per lo sviluppo di un episodio di ipoglicemia grave, il fattore determinate è la durata dell’ipoglicemia e non primariamente o solamente il valore glicemico in senso assoluto(31). Questa constatazione ci ha insegnato che i protocolli di gestione dell’ipoglicemia e la valutazione frequente (anche random) della glicemia notturna, in grado di interrompere un’ipoglicemia, sono fattori cruciali da tradurre nella nostra pratica clinica al fine di ridurre il rischio di episodi ipoglicemici gravi. L’utilizzo del sensore ha permesso anche di rilevare quanto frequente e prolungato possa essere il tempo trascorso in ipoglicemia durante la notte: un recente studio sul predictive low glucose insulin suspension ha rilevato che bambini tra 4 e 10 anni trascorrono mediamente il 6% della notte in ipoglicemia; ragazzi tra 11 e 14 anni trascorrono il 10% della notte in ipoglicemia (< 70 mg/dl)(32). Ulteriori device utili per ottimizzare la glicemia postprandiale sono i calcolatori di bolo integrati nel glucometro o nella pompa d’insulina. Tali strumenti sono in grado di suggerire un bolo di insulina in base alla glicemia attuale e in base alla quantità di carboidrati da assumere al pasto. I diversi algoritmi tengono conto dell’insulina residua di un eventuale bolo precedente, del target glicemico e della diversa risposta circadiana all’insulina con diversi valori di rapporto insulina/carboidrati e di sensibilità all’insulina(33). Non è in realtà noto il reale beneficio di tali calcolatori di bolo sull’incidenza di ipoglicemie, in particolare gravi, specificatamente nell’età pediatrica, anche se l’utilizzo continuativo di calcolatore di bolo associato a terapia con SAP ha mostrato un beneficio rispetto all’esposizione all’ipoglicemia(34). Nella pratica clinica è ormai diffusa la gestione telematica e il download dei dati glicemici memorizzati nel glucometro personale. L’elaborazione computerizzata delle glicemie capillari rilevate a domicilio permette di valutare con estrema semplicità parametri utili per la definizione del rischio di ipoglicemie gravi. Tra gli altri è utile valutare la percentuale di valori inferiori al target nelle diverse fasce orarie e gli indici di Kovatchev. In particolare l’indice LBGI (low blood glucose index) permette di stimare un rischio elevato di evento ipoglicemico grave nelle 2 settimane successive alla visita se il valore è superiore a 5 (vn < 1,1)(35). Più recentemente sono stati sviluppati software per la condivisione remota delle glicemie capillari, dei dati del GCM e della terapia effettuata tramite pompa d’insulina. Anche se sospettati di incrementare il livello di ansia, questi strumenti possono favorire un più rapido accesso e condivisione dei dati e aumentare il contatto con il centro diabetologico di riferimento ed è stato inizialmente dimostrato un beneficio nel controllo metabolico, compreso nella riduzione degli episodi ipoglicemici(36). Un’ulteriore evoluzione per la prevenzione degli episodi di ipoglicemia è stata introdotta nella terapia mediante microinfusore associata all’uso del sensore glicemico, la cosiddetta SAP therapy. In alcuni dispositivi è possibile utilizzare una funzione di low glucose suspend (LGS) che permette di interrompere, in 222 A. Rigamonti et al. modo programmato e definito, l’erogazione di insulina basale nel caso il sensore riveli un valore di ipoglicemia a cui non segue, nonostante l’attivazione dell’allarme, alcuna operazione da parte del paziente. Questa funzione è stata integrata nel microinfusore poiché è noto che nel periodo notturno il 75% degli avvisi non viene avvertito dai pazienti e questo è particolarmente vero per i soggetti in età pediatrica. Il sistema LGS è in grado quindi di ridurre la durata di esposizione all’ipoglicemia, purtroppo questo sistema interviene solamente a episodio ipoglicemico già in atto. Al fine di limitare o evitare del tutto l’esposizione all’ipoglicemia, tenendo conto del cosiddetto lag time del dato derivato dal sensore glicemico, è stato proposto e studiato un sistema di predictive low glucose suspend (PLGS). Questo sistema interrompe l’erogazione di insulinizzazione basale nel caso in cui il sensore rilevi un trend glicemico in riduzione tale per cui nei 30 minuti successivi è previsto un episodio di ipoglicemia. Con questa modalità, nello studio PILGRIM, è stato possibile evitare il 26,7% degli episodi ipoglicemici, rispetto al 5,3% di riduzione con la sola funzione di LGS. La durata media dell’ipoglicemia (tempo trascorso sotto i 70 mg/dl) era significativamente minore con PLGS rispetto a LGS (58 minuti vs 101, p < 0,001)(37). Una menzione particolare merita l’evoluzione tecnologica rappresentata dal pancreas artificiale: combinazione di pompa d’insulina, sensore glicemico e algoritmo automatico di controllo. Studi condotti su popolazione giovane-adulta hanno mostrato un buon controllo della glicemia durante il periodo notturno e una riduzione della variabilità glicemica e dell’esposizione all’ipoglicemia rispetto a terapia con SAP. In Italia, a breve, verrà avviato uno studio con l’applicazione del pancreas artificiale in soggetti in età pediatrica. Sono stati sviluppati prototipi di pancreas artificiale con due sistemi di erogazione di insulina e di glucagone con l’intento di ridurre il rischio di ipoglicemia e di bilanciamento della somministrazione di insulina. Al momento, anche in considerazione della cinetica di assorbimento dell’insulina sottocutanea, il pancreas artificiale bi-hormonal non pare raggiungere risultati superiori rispetto al sistema che eroga solamente insulina. Conflitto di interessi Il dottor Bonfanti ha ricevuto emolumenti per partecipazione ad advisory board scientifici da Roche Diagnostics, Eli Lilly, Sanofi Aventis e Medtronic, travel grant da Animas e Medtronic, per letture o relazioni a congressi da Eli Lilly, Roche Diagnostics, Sanofi Aventis. Il dottor Rigamonti ha ricevuto emolumenti per partecipazioni a congressi e attività di formazione professionale da Roche Diagnostics e Sanofi Aventis. Per gli altri autori non ci sono conflitti di interessi. and management of hypoglycemia in children and adolescents with diabetes. Pediatric Diabetes 2014;15(suppl. 20):180-92. 2. Levine BS, Anderson BJ, Butler DA, Antisdel JE, Brackett J, Laffel LM. Predictors of glycemic control and short-term adverse outcomes in youth with type 1 diabetes. J Pediatr 2001;139:197-203. 3. Davis EA, Keating B, Byrne GC, Russell M, Jones TW. Hypoglycemia: incidence and clinical predictors in a large populationbased sample of children and adolescents with IDDM. Diabetes Care 1997;20:22-5. 4. Matyka, KA. Hypoglycaemia in clinical diabetes. In: Frier BM, Heller SR, McCrimmon RJ, eds. Wiley Blackwell 2014, pp. 197-217. 5. Mortensen HB, Hougaard P. 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