Un caso di “diabete doppio” Casistica
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Un caso di “diabete doppio” Casistica
438 Casistica Recenti Prog Med 2011; 102: 438-441 Un caso di “diabete doppio” Domenico Greco Riassunto. L’obesità e il diabete mellito di tipo 2 in età infantile ed adolescenziale rappresentano oggi due problemi emergenti di sanità pubblica. La presentazione clinica del diabete di tipo 2 in età pediatrica è eterogenea, passando da quadri paucisintomatici a severe chetoacidosi. La distinzione clinica tra un diabete di tipo 1 e di tipo 2 in questa fascia di età è spesso difficile a causa del frequente sovrapporsi di aspetti clinici tipici di entrambe le forme e per la presenza di una autoimmunità β-cellulare in una rilevante percentuale di questi giovani pazienti. “Double diabetes”. A case report. Parole chiave. Autoimmunità pancreatica, “diabete doppio”, obesità. Key words. “Double diabetes”, islet cell antibodies, obesity. Introduzione chetoacidosi) con storia familiare e caratteristiche cliniche (ipertensione arteriosa, dislipidemia, elevato BMI) tipiche del DM2. I pazienti con DD potrebbero presentare un maggior rischio di sviluppare complicanze, micro- e macroangiopatiche, e potrebbero richiedere pertanto un diverso monitoraggio clinico con interventi educativi differenziati e finalizzati a impedire la comparsa o a ridurre la progressione delle complicanze vascolari. Emerge pertanto la necessità di verificare la reale esistenza di questa nuova entità nosografica e, eventualmente, di acquisire prima possibile criteri diagnostici condivisi e linee guida terapeutiche ad hoc. Il drammatico incremento della prevalenza dell’obesità e del diabete mellito (DM) osservato in tutti i paesi occidentali, rende prioritaria, per il mondo scientifico, la individuazione di strategie di prevenzione, di diagnosi precoce e di trattamento altamente efficaci. In particolare, la diagnosi di diabete mellito di tipo 2 (DM2), classicamente riservata ai soggetti in età adulta, viene oggi posta (o sospettata) sempre più frequentemente anche in soggetti in età infantile o adolescenziale1,2. In taluni pazienti, considerata l’età di esordio, la diagnosi differenziale tra diabete mellito di tipo 1 (DM1) e di tipo 2, può risultare estremamente ardua anche per lo stesso medico specialista3; tale incertezza diagnostica si ripercuote sull’atteggiamento terapeutico da intraprendere dopo la diagnosi. Nel 2003 è stata descritta da Libman e Becker una nuova forma di diabete mellito, il “diabete doppio” (DD), che vede presenti, nello stesso paziente, caratteristiche del DM1 e del DM24; rispettivamente coesistono gli autoanticorpi contro la β-cellula pancreatica (marker di DM1), l’obesità con segni di insulino-resistenza (espressione di DM2) nonché la familiarità per il DM2 stesso. I parametri clinici e biochimici diagnostici di DD sarebbero: fenotipo clinico all’esordio del DM1 (poliuria, polidipsia, calo ponderale, chetosi o Summary. Obesity and type 2 diabetes mellitus in children and adolescents are two emerging public health problems. The clinical presentation of type 2 diabetes in youth is heterogeneous, from minimal symptomatology to diabetic ketoacidosis. The clinical distinction between a type 2 diabetic young patient and a type 1 diabetic obese patient is often difficult because of the overlapping clinical picture with evidence of islet autoimmunity in a significant proportion of clinically diagnosed youth with type 2 diabetes. Decrizione del caso Salvatore, 13 anni, diagnosticato come diabetico da appena 2 settimane, giunge la prima volta alla mia osservazione nell’agosto 2010 per il ripetersi di episodi ipoglicemici. Alla raccolta anamnestica si evidenziava un gentilizio positivo per diabete mellito di tipo 1 (un cugino) e di tipo 2 (la nonna materna). Era nato a termine di gravidanza da parto eutocico (peso alla nascita 3.150 kg) ed allattato artificialmente. In notevole eccedenza ponderale fin dalla prima infanzia. Sedentario (non praticava alcuna attività fisica se non quella prevista dal calendario scolastico). All’anamnesi emergeva una dieta prericovero disordinata, ricca di zuccheri semplici e povera di fibre. Unità Operativa Complessa di Diabetologia e Malattie del Ricambio, Presidio Ospedaliero Paolo Borsellino, Marsala (Trapani). Pervenuto il 14 giugno 2011. D. Greco: Un caso di “diabete doppio” Circa 2 mesi prima era insorta una sintomatologia caratterizzata da poliuria e polidipsia associata a rapido e cospicuo decremento ponderale (circa 10 kg nell’arco di un mese); per il persistere della sintomatologia e la comparsa di nausea e vomito, si recava presso l’Area di Emergenza di un altro presidio ospedaliero ove venivano riscontrate severa iperglicemia (598 mg/dl) e stato di chetosi (chetonuria +++, chetonemia 6,4 mmol/L); veniva quindi ricoverato presso UO di Pediatria di altro ospedale, sottoposto a terapia infusionale per la risoluzione della chetosi, e rapidamente avviato a terapia insulinica sottocutanea. Dopo 8 giorni di degenza, veniva dimesso con diagnosi di “diabete di tipo 1” e con indicazione a praticare insulinoterapia in 4 somministrazioni/die (regolare ai pasti + NPH bed-time per un totale di 65 U/die). Dalla dimissione: frequenti ipoglicemie, specie notturne, motivo per cui veniva richiesta una mia valutazione. All’esame obiettivo il paziente appariva in ottime condizioni generali; altezza 172 cm, peso 84,500 kg, BMI 28,6 kg/m2, pressione arteriosa 110/70 mmHg; non si evidenziava nulla di particolare rilievo a carico degli organi e degli apparati clinicamente esplorati ad eccezione della presenza di strie rubrae su entrambi i fianchi e di un minimo accenno ad achantosis nigricans in regione nucale ed ascellare bilateralmente. Venivano quindi eseguiti esami strumentali: l’ECG e l’ecografia dell’addome risultavano nella norma; un esame del fondo oculare: anch’esso nella norma ed esami di laboratorio. Le analisi di routine risultavano tutte nella norma; le più significative vengono di seguito riportate. La glicemia a digiuno era 141 mg/dl, l’HbA1c 9,6% e il C-peptide di base 4,05 ng/ml (valori normali 1,1-4,4 ng/ml). Tra gli ulteriori esami di maggiore interesse endocrino-metabolico si evidenziavano: colesterolemia totale 160 mg/dl; HDL 52 mg/dl; LDL 84 mg/dl; trigliceridemia 54 mg/dl; fibrinogenemia 387 mg/dl; rapporto albumina/creatinina urinaria (ACR) 1,10 mg/mmol (v.n. <2,4); TSH 1,81 uUI/ml; anticorpi antiTPO 5 UI/ml (v.n. <34); cortisolo al mattino 9,8 ug/dl; anticorpi antitransglutaminasi IgA nella norma. Il dosaggio degli anti-GAD risultava positivo (126 IU/ml con valori normali 0-10) così come quello degli ICA (9 con valori normali 0-0,7 IU/ml); gli anti-IA-2 risultavano nella norma (9,5 IU/ml con valori normali 0-15). Il paziente veniva motivato a seguire un regime dietetico più congruo ed a iniziare una attività fisica strutturata; veniva sospesa l’insulina NPH serale, la regolare preprandiale veniva sostituita con analogo rapido dell’insulina aspart a posologia dimezzata e veniva inserita metformina a basse dosi in terapia (500 mg a pranzo e cena). Dopo 7 gg, in presenza di valori glicemici pre- e postprandiali tutti inferiori a 100 mg/dl veniva proposta la sospensione totale dell’insulina. Dopo altri 7 gg si manteneva ottimale l’autocontollo glicemico domiciliare. Veniva ripetuta valutazione della riserva beta pancreatica mediante dosaggio del C-peptide basale (3,93 ng/ml) e del C-peptide 1h dopo colazione (6,13 ng/ml). Dopo 3 mesi, alla visita di controllo, il peso era sceso a 83 kg; il paziente riferiva di aderire senza particolari problemi alla dieta proposta e di praticare attività fisica regolare in 3 pomeriggi alla settimana. L’autocontrollo glicemico domiciliare mostrava valori sia pre che post-prandiali tutti inferiori a 100 mg/dl e l’HbA1c si era ridotta al 6,1%. I valori degli autoanticorpi mostravano un sensibile decremento rispetto alla diagnosi (anti- GAD 77 IU/ml e ICA 6,7 IU/ml). Veniva confermata la terapia con metformina 1000 mg/die. Al controllo dopo 6 mesi, il peso era di 81 kg, l’HbA1c di 6,0%, l’autocontrollo glicemico permaneva ottimale, il C-peptide era di 2,4 ng/ml; la terapia con metformina veniva mantenuta. Discussione I marker ad azione autoimmune contro le β-cellule pancreatiche (anti-IAA, anti-GAD, anti-ICA, anti-IA-2) sono sempre stati ritenuti di grande ausilio nella identificazione dei soggetti a rischio di sviluppare diabete autoimmune di tipo 1. L’assenza dei suddetti marker è stata considerata in passato prerequisito essenziale per la diagnosi di DM2 in bambini e adolescenti. Emerge, tuttavia, dalla letteratura più recente, una mole di dati in tal senso contradditori: lo studio SEARCH, ad esempio, ha riportato che nel 21,2% di soggetti giovani, di età compresa tra i 10 e i 19 anni, con diagnosi clinica di diabete di tipo 2, sono presenti gli anticorpi anti-GAD2. In un altro rilevante studio tedesco del 2006, il DPV-Wiss Study, è stata ricercata la presenza di autoanticorpi pancreatici in bambini con diagnosi clinica di DM25. I ricercatori, avendo ritrovato anticorpi anti β-cellule in un consistente sottogruppo di bambini inizialmente non insulino-dipendenti con le caratteristiche cliniche del DM2 (36%), sostenevano che la presenza di autoanticorpi non potesse più rappresentare un criterio per escludere la diagnosi di DM2 in bambini e adolescenti. Gli stessi Autori proponevano di adottare la denominazione di “LADY” (Latent Autoimmune Diabetes in Youth) per caratterizzare questa forma di diabete giovanile in contrapposizione alla ormai accettata denominazione di “LADA” per l’analoga forma dell’età adulta. In letteratura, per identificare questa forma di diabete o condizioni cliniche simili erano già state proposte diverse altre denominazioni quali quella già citata di “diabete doppio” o di “diabete ibrido” o ancora “diabete 1 e ½”4,6-8. Vari altri dati disponibili in letteratura confermerebbero l’esistenza di tale condizione: tra il 10% e il 75% dei soggetti giovani con diagnosi “clinica” di diabete di tipo 2 (coesistenza di obesità, acanthosis nigricans, familiarità etc.), presenta infatti marker di autoimmunità β-cellulare9-12. In molteplici studi sono stati variamente testati i diversi autoanticorpi; in uno di questi circa l’11% dei soggetti con diagnosi di DM2 era addirittura positivo ai 4 anticorpi contemporaneamente11. Questi lavori hanno tuttavia varie limitazioni, prime tra tutti la scarsità dei campioni studiati. Nessuno di questi studi, tra l’altro, aveva rilevato caratteristiche cliniche in grado di distinguere significativamente i soggetti con autoimmunità positiva rispetto ai negativi (es. grado di obesità, fabbisogno insulinico alla diagnosi, tendenza alla chetosi etc.). 439 440 Recenti Progressi in Medicina, 102 (11), novembre 2011 Tabella 1. Principali dati clinici e laboratoristici nei 6 mesi di follow-up. Peso (kg) HbA1c (%) C-peptide (ng/ml) Glicemia base (mg/dl) Fabbisogno di insulina (U/die) Prima visita 84,500 9,6 4,05 141 65 Dopo 7 gg 84,500 \ \ 112 32 Dopo 14 gg 84,00 \ 3,93 100 0 Dopo 3 mesi 83,00 6,1 3,10 92 0 Dopo 6 mesi 81,00 6,0 2,40 88 0 Al contrario, degno di menzione particolare appare un recente lavoro pubblicato nel 2010 e i cui dati preliminari erano già in precedenza apparsi, il TODAY Study13,14. Negli oltre 1200 bambini screenati e considerati avere clinicamente un diabete di tipo 2, il 9,8% presentava una autoimmunità pancreatica; tra questi soggetti il 5,9% era positivo per uno solo tra anti-GAD e anti-IA-2, mentre il 3,9% era positivo per entrambi gli anticorpi testati. La positività anticorpale veniva ad essere significativamente associata al sesso maschile e alla razza bianca; i soggetti con autoanticorpi, pur in presenza di una ampie sovrapposizioni, mostravano una minore tendenza ad evidenziare caratteristiche cliniche e fenotipiche proprie del DM2 (BMI minore; acanthosis nigricans meno prevalente; C-peptide a digiuno, inferiori valori di pressione arteriosa, di trigliceridi e di HDL colesterolo). Pertanto, i pazienti giovani, obesi, con diagnosi clinica di DM2 ma con autoimmunità pancreatica positiva potrebbero avere caratteristiche cliniche differenti rispetto ai pari soggetti con autoimmunità negativa. In pratica, quale possa essere il significato clinico della presenza dei suddetti anticorpi nei bambini e nei giovani diabetici non è stato ancora ben compreso, ma è ormai noto che nell’adulto diabetico di tipo 2 la presenza degli anti-GAD determina suscettibilità ad un fallimento più precoce della terapia orale15. Potrebbero quindi esservi ricadute pratiche, di notevole rilevanza clinica, nell’identificare tra soggetti fenotipicamente simili, quelli con autoimmunità positiva o negativa. In ogni caso, nelle decisioni inerenti il trattamento di questi soggetti, il dilemma che si presenta al medico è se è meglio cercare di inquadrare il paziente all’interno di una categoria diagnostica di diabete ben definita, e quindi impostare di conseguenza la terapia, oppure considerare in ogni caso la sola terapia insulinica. Nel caso proposto è evidente la difficoltà di una precisa definizione diagnostica: coesistevano varie caratteristiche confondenti tipiche del DM1 (familiarità, esordio brusco con severa iperglicemia e chetosi, marker autoimmunitari positivi) e del DM2 (familiarità, obesità, abitudini alimentari errate e sedentarietà). L’esordio in chetosi (o in cheto acidosi) è in realtà evenienza non rara anche nel DM216, ma nel nostro caso è stato dirimente ai fini delle scelte terapeutiche il riscontro di una notevole riserva β-pancreatica, evidenziata dai valori del C-peptide e confermata in più occasioni (tabella 1). Il rapido normalizzarsi dei valori glicemici con la terapia di associazione insulina/metformina, tale da indurre la rapida sospensione della terapia insulinica dopo pochi giorni dall’avvio (ricordando un fabbisogno pregresso di 65 U/die!), appare a nostro giudizio l’altro elemento degno di nota. Il titolo anticorpale ha mostrato una tendenza a decrescere nel corso dei mesi successivi alla diagnosi. Il peso corporeo ha mostrato una progressiva riduzione per indubbio merito delle modifiche dello stile di vita. Il follow-up clinico e laboratoristico (rivalutazione a distanza dell’assetto immunologico e della secrezione β-cellulare) sarà fondamentale per le ulteriori decisioni terapeutiche in assenza, in atto, di linee-guida o indicazioni condivise, da seguire in analoghe condizioni. Conclusioni Vari dati presenti in letteratura suggeriscono la possibilità di considerare una nuova categoria diagnostica, oltre al diabete di tipo 1 e 2, per pazienti che condividono caratteristiche di entrambi i tipi. Tale condizione, già variamente indicata, potrebbe essere efficacemente definita “LADY” (Latent Autoimmune Diabetes in Youth) oppure “diabete doppio”. Sono, tuttavia, necessari ulteriori studi prospettici pediatrici con un più lungo follow-up per confermare da un lato l’esistenza di tale sottotipo di DM2 con autoanticorpi (indicandone precisi criteri diagnostici) e dall’altro, per proporre il migliore approccio terapeutico nei confronti di questi soggetti; in particolare si dovrà stabilire se l’uso degli insulino-sensibilizzanti (metformina in primis), in presenza di una buona riserva pancreatica, possa essere giustificato o se, al contrario, possa essere preferibile ab initio la terapia insulinica per la preservazione a lungo termine della funzionalità betacellulare stessa. D. Greco: Un caso di “diabete doppio” Bibliografia 1. Rosenbloom AL, Silverstein JH, Amemiya S, Zeitler P, Klingensmith GJ. ISPAD Clinical Practice Consensus Guidelines 2006-2007. Type 2 diabetes mellitus in the child and adolescent. Pediatric Diabetes 2008; 9: 512-26. 2. The Writing Group for the Search for Diabetes in Youth Study Group. 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Pervenuto in Redazione il 25-02-2007
Accettato per la pubblicazione il 04-04-2007
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