Corton-Charlemagne Grand Cru 2006
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Divinis® Bar à Vins è lieto di proporvi “IL LIBRO DEI SOGNI…” Martedì 6/12/2011 La Collina del Corton Corton-Charlemagne Grand Cru 2006 Deux Montille ~ Volnay (F) Corton-Charlemagne Grand Cru A.O.C. ~ Chardonnay ~ 13° ~ Euro 190,00 Corton-Charlemagne Grand Cru 2006 Bonneau du Martray ~ Pernard-Vergelesses (F) Corton-Charlemagne Grand Cru A.O.C. ~ Chardonnay ~ 13,5° ~ Euro 140,00 Corton-Charlemagne Grand Cru 2005 Morey-Blanc ~ Meursault (F) Corton-Charlemagne Grand Cru A.O.C. ~ Chardonnay ~ 13° ~ Euro 130,00 Corton-Bressandes Grand Cru 1998 Jacques Prieur ~ Meursault (F) Corton-Bressandes Grand Cru A.O.C. ~ Pinot Noir ~ 13° ~ Euro 200,00 Corton Grand Cru Les Pougets 2005 Domaine de Montille ~ Volnay (F) Corton Grand Cru A.O.C. ~ Pinot Noir ~ 13,5° ~ Euro 150,00 Corton Clos du Roi Grand Cru 2004 Domaine de la Pousse d’Or ~ Volnay (F) Corton Clos du Roi Grand Cru A.O.C. ~ Pinot Noir ~ 13° ~ Euro 84,00 Esclusivamente in occasione della serata a chi desidera acquistare i vini per l’asporto, riserviamo uno sconto del 10%. Le nostre iniziative sono dirette a favorire un consumo moderato e consapevole del vino. Qualità e non quantità. La Collina del Corton La collina del Corton si distacca dal profilo delle colline che fanno da base per tutte le migliori vigne della Côte d’Or e proietta la sua sagoma imponente nella pianura giusto a nord della cittadina di Beaune, la capitale commerciale della Borgogna vinicola. È divisa tra i comuni di Aloxe-Corton, Ladoix-Serrigny e Pernard-Vergelesses, ma i suoi vini non hanno niente a che vedere con quelli di questi comuni, sia in bianco che in rosso. Sulla parte alta della collina dimora un bosco e nessuno si sognerebbe di toglierlo via. Le vigne si trovano sul versante Est, sul versante Sud e, caso praticamente unico in Borgogna, anche sul versante Ovest. Caratteristica peculiare della collina è quella di superare ampiamente l’altitudine di quelle circostanti e, di conseguenza, anche se la sommità non è dedicata alla coltura della vite, i vigneti, tutti classificati Grand Cru, sono notevolmente più alti degli altri della regione. Il pendio è ripido in tutti i versanti. Unitamente alle differenze di sottosuolo, ciò porta ad una diversità nei terreni tra la parte alta della collina e la parte bassa perché il normale dilavamento dovuto dalla pioggia tende a portare verso il basso gli strati superficiali del terreno, con un considerevole ammassamento di terreni sciolti e di argilla nella parte bassa. I terreni della parte bassa, più profondi, si scaldano più lentamente, mentre quelli della parte, più leggeri e più sottoposti all’influenza del bosco, si raffreddano più velocemente. Insomma, come in molte situazioni produttive, gli equilibri tra clima e terreno sono molto delicati. Nonostante il problema dell’erosione e del dilavamento sia molto sentito, solo una piccola parte di parcelle sono inerbite e buona parte del lavoro sui terreni richiede il rimontaggio delle terre che sono scivolate verso il basso. I suoli sono prevalentemente costituiti di marne calcaree dure e presentano differenze importanti tra la parte alta della collina, dove il contatto diretto con la roccia madre è più diretto, e la parte bassa, terreni sciolti e ciottoli sono molto più presenti ed i terreni più profondi. Ma la grande discriminante territoriale è indubbiamente l’esposizione solare. I terreni esposti a Sud-Ovest e particolarmente a Ovest hanno una insolazione più tardiva nell’arco della giornata e sembrano privilegiare le uve bianche. Mentre le altre esposizioni, più calde fin dal mattino, tendono a privilegiare il Pinot Noir. Comunque, anche in base a terreno ed altitudine, le singole parcelle danno risultati molto diversi tra loro. La denominazione Corton-Charlemagne prevede esclusivamente lo Chardonnay, mentre la Denominazione Corton (eventualmente seguita dal nome della parcella di provenienza) prevede prevalentemente il Pinot Noir, con qualche incursione in bianco. Domaine de Montille Le origini della famiglia De Montille si perdono nel tempo e nella storia dell’aristocrazia francese. I loro interessi legati alla viticoltura non sono mai stati di primaria importanza e solo recentemente le proprietà viticole sono state ampliate. Hubert de Montille, nato nel 1930, dirige il domaine costituito di appena 2,5 ettari a partire dai primi anni ’50 e lo fa alternando il lavoro di cantina con la sua attività di avvocato a Digione. Da subito comincia l’imbottigliamento sistematico di parte dei vini e la conseguente commercializzazione delle bottiglie con il proprio nome fino a che all’inizio degli anni ’60 tutta la produzione viene venduta in bottiglia. Quegli anni ricchi di successi su tutti i versanti gli permettono di acquisire altre parcelle di vigneto fino a raggiungere gli 8 ettari. Dalla metà degli anni ‘90 è il figlio maggiore Etienne a dirigere l’azienda. Dopo una formazione finanziaria, è passato a dirigere lo Château de Puligny-Montrachet, che dirige ancora attualmente contemporaneamente al domaine familiare. Nel 2003 altre acquisizioni hanno portato a raddoppiare le proprietà viticole e, se i vigneti originari erano già stati convertiti in biodinamica, anche per queste ultime ne è cominciata progressivamente la conversione. Lo stile di Hubert de Montille è sempre stato proteso alla produzione di vini di straordinaria eleganza ma predisposti all’invecchiamento che, giovani, sembrano molto scontrosi e poco “leggibili”. Il figlio Etienne prosegue sulla traccia del padre, ma con una maggiore attenzione alle caratteristiche dell’annata. Questo gli permette di ottenere in annate minori vini che, pur non tradendo la tradizionale eleganza dell’azienda, si prestano ad un consumo più immediato. Solo a partire dal 2006 Etienne ha introdotto la vinificazione delle uve intere, non diraspate, per le parcelle che lo permettevano. Precedentemente solo piccole percentuali di uve non venivano diraspate. Per la loro coerenza ed il rispetto dell’attività che svolgono, padre e figlio sono stati tra i protagonisti del film documentario Mondovino. In particolare, l’ottuagenario Hubert, esprime con grande lucidità la sua visione della viticoltura; quale che sia lo stile di De Montille o di chiunque sia, il Taillepieds (per citare il loro cru più prestigioso) sarà sempre il Taillepieds e, mentre De Montille passerà, il Taillepieds rimarrà. Con altrettanta disillusione afferma anche che il vino è un prodotto indubbiamente di forte valenza culturale, ma la sua vita è strettamente legata alle scelte economiche compiute dai grandi investitori in funzione del mercato. La figlia minore Alix, dopo aver accumulato esperienze importati in altre aziende borgognone, ha iniziato in collaborazione con il fratello un’attività di acquisto di uve “controllate” per la produzione di grandi bianchi sotto il marchio Deux Montille. La parcella Les pougets, dopo l’annata che assaggiamo, è stata estirpata per essere sostituita con uve Chardonnay, che dovrebbero adattarsi meglio al terreno. Domaine de la Pousse d’Or Il Domaine de la Pousse d'Or era già rinomato al tempo dei Duchi di Borgogna, ed è già citato nell'anno 1100 in documenti capitolari. L’attuale proprietario Patrick Landanger, dopo la vendita di una fiorente industria farmaceutica, ha acquisito il domaine nel 1997. Questo momento ha coinciso con la morte del precedente proprietario Gérard Potel, che aveva ampiamente contribuito alla fama dell’azienda nel secondo dopoguerra. La clientela ha immediatamente abbandonato il domaine perché affezionata alla precedente proprietà e perché diffidente nei confronti di un industriale senza esperienza nel settore. Gli sforzi compiuti negli ultimi anni sia in vigna che nell’adeguamento delle cantine ha riportato in breve tempo l’azienda al livello di notorietà che le era consueto. La parcella “Clos du Roi” è considerata una delle più prestigiose della collina. I suoi vini sono robusti e tesi, di grande complessità. Antica proprietà dei Duchi di Borgogna, il nome originario era “Le Clos des Ducs”, verrà confiscata nel 1477 da Luigi XI alla morte di Carlo il Temerario. Domaine Jacques Prieur Fondato alla fine del XVIII secolo, questo domaine che conta oggi ben 22 ettari di vigneti (tra i quali molti grand cru prestigiosi, come; Montrachet, Musigny, Chambertin, ecc) in tutta lo Borgogna, ha avuto grande importanza nell’affermazione della Borgogna nel mondo. Tra l’altro, Jacques Prieur, che ha il proprio nome all’azienda negli anni ’50, è stato uno dei fondatori dell’associazione degli Chevaliers du Tastevin. Attualmente la proprietà è in gran parte della famiglia Labruyere, ma i Prieur confermano la loro presenza e la continuità nelle scelte dell’azienda. Dal 1990 la responsabilità della vinificazione è nelle mani dell’enologa Nadine Gublin che, con stile delicato ed intenso, ha portato una ventata di novità nei vini del Domaine. La parcella del Corton-Bressandes di proprietà ha una superficie di 0,73 ettari, ha una esposizione Sud-Est ed un leggero pendio che permettono una perfetta maturazione delle uve. Le uve vengono raccolte, selezionate e completamente diraspate. La macerazione dura intorno ai 20 giorni, dopodiché il vino viene passato in barriques nuove, dove svolge la fermentazione malolattica per intero e dove rimane per circa 21 mesi. Domaine Pierre Morey La famiglia Morey è presente a Meursault dal 1793 proveniente da non molto lontano, da Chassagne-Montrachet. Nel ‘900, Auguste Morey, padre di Pierre, diviene mezzadro del Comte Lafon nel 1935. Il figlio gli succede nel 1971, ma anche quando i Comte Lafon decidono negli anni ’80 di riprendere la gestione diretta delle vigne, Pierre continua a vinificare alcuni vini più prestigiosi fino al 1991. Nel contempo inizia una collaborazione con il Domaine Leflaive, di cui diviene “reggente” nel 1989; posto che conserverà fino al 2008 dando un ulteriore impulso alla qualità dei vini, portandoli ai vertici della qualità mondiale. Contemporaneamente in questo periodo ha continuato a coltivare le vigne di famiglia, applicando fin dall’inizio i precetti della biodinamica. Dal 1997 l’intero corpo delle vigne è coltivato in biodinamica. Dalla fine degli anni ’90 lo affianca la figlia Anne. Inoltre ha sviluppato negli anni una attività di negozio selezionato tra alcuni viticoltori di qualità per completare la gamma dei vini proposti. Il Corton-Charlemagne fa parte di questi vini. Dopo la fermentazione alcolica, fa una lunga maturazione in barriques, fino a 20 mesi. Si tratta di un vino con grande potenziale di invecchiamento, molto minerale, che da giovane può risultare austero. Bonneau du Martray Il domaine è installato sulla collina del Corton, nei comuni di Aloxe-Corton e PernardVergelesses, sul versante Ovest/Sud-Ovest della collina, da più di due secoli ed ha consacrato la proprio attività alla produzione di due soli vini: il Corton-Charlemagne, anche numericamente il più importante, e il Corton rouge. Prodotto esclusivamente da vecchie vigne, di stampo molto tradizionale, si tratta di un vino che ha bisogno di tempo per esprimere le proprie potenzialità. Da più di 10 anni le vigne sono gestite in motodo biologico. I commenti di Maurizio Landi Purtroppo assaggiare solamente tre vini per tipologia, tre bianchi e tre rossi, è un po’ limitante per comprendere a pieno le qualità dei vini di questa zone. Si tratta, in effetti di vini non immediati, talvolta scontrosi e molto articolati. Anche l’ampiezza della denominazione, o meglio delle denominazioni, giustificherebbe le preparazione di più degustazioni. Vabbé, sarà oggetto di prossime serate… Per il momento ci siamo goduti questi vini con qualche piacevole sorpresa e qualche piccola delusione. Cominciamo dai rossi, che si sono rivelati, almeno in questa occasione, più deboli rispetto ai Charlemagne. Piacevoli, almeno in un caso imponenti, ma indubbiamente meno articolati dei bianchi. Un piacevolissimo esempio è stato il Bressandes 1998 di Prieur. Tanto per cominciare non è facile assaggiare dei Borgogna rossi maturi di questa tensione e qualità. C’è chi sostiene che i Pinot Noir non invecchiano bene. C’è chi sostiene che bisogna saperli aspettare. Certamente non tutte le annate sono adatte all’invecchiamento; questa è una regola che vale per tutti i vini, ma per i Pinot Noir, doppiamente. Ed invece questo vino, certo non vecchissimo ma proveniente da un’annata non eccezionale, era in un eccezionale stato di grazia. Fresco, teso, senza particolari eccessi di ossidazione, non ha una struttura imponente (d’altronde il Bressandes non è mai imponente), ma ha una bevibilità ed una immediatezza straordinarie. Di quelle bottiglie che dispiace vedere vuote; un altro goccio ci starebbe volentieri. Un po’ “sciocchino” invece il Pougets di De Montille. Forse i proprietari hanno proprio fatto bene a togliere il Pinot Noir in questa vigna per passare allo Chardonnay. Non si può dire che sia un vino “cattivo”; lo stile De Montille è sicuro ed evidente, ma proprio per questo ci si aspetterebbe un vino più complesso di così. Tutt’altro discorso per il Clos du Roi; al primo assaggio è impenetrabile. Chiuso, tannico, non lascia nessuna sensazione di piacere. Col tempo, molto tempo, si distende e mette in evidenza una struttura veramente importante, anche se rimane sempre scontroso. I tannini non sono maturissimi (l’annata forse non lo concede), ma la loro densità è sorprendente. Fresco, con una densità di frutto impressionante, viene fuori alla distanza e rilascia nel finale anche una bella balsamicità. Un vino che indubbiamente da il meglio di se a tavola. I bianchi hanno una struttura molto importante. Purtroppo non sono un conoscitore della denominazione, ma grazie all’esperienza maturata, mi sento di dire che l’unico vino a possedere una personalità autonoma sia proprio il Charlemagne di Bonneau de Martray. Gli altri vini sembrano rimandare ad altre denominazione. Non vorrei dire una stupidaggine dovuta alla mia ignoranza e non vorrei invece farmi influenzare dal fatto di avere invece assaggiato più vini degli altri due produttori, ma sembra proprio che il vino di Alix de Montille rimandi ad un Meursault, mentre il vino di Pierre Morey rimandi ad un Puligny. Ciò non toglie che siamo di fronte a vini di ottima fattura, anzi di livello altissimo, ma meno personali. Il Martray è l’unico a possedere quella nota tipica di minerale che rimanda vagamente agli Chablis, anche se molto più pulita. Anche questo vino è chiuso e scontroso, ma che vino. Potente, complesso e personalissimo! Immagine tratta da: "Nouvel Atlas des Grands Vignobles de Bourgogne" di Sylvain Pitiot e Pierre Poupon edizioni Collection Pierre Poupon Aloxe-Corton Le Charlemagne Les Bressandes Voierosses Les Fiètres Chaumes Corton Grand Cru (94,78 ha) Pinot Noir Gradazione alcolica: 11,5 - 14,5 % Rendimento massimo: 40 hl/ha Corton Charlemagne Grand Cru (52,44 ha) Chardonnay Gradazione alcolica: 12 - 14,5 % Rendimento massimo: 40 hl/ha Aloxe-Corton Rouge (116,08 ha) Pinot Nero Gradazione alcolica: 10,5 - 13,5 % Rendimento massimo: 40 hl/ha Aloxe-Corton Blanc (1,70 ha) Chardonnay Gradazione alcolica: 11 - 14 % Rendimento massimo: 45 hl/ha Aloxe-Corton 1er Cru (37,60 ha) Les Valozières, Les Paulands, Les Maréchaudes, Les Chaillots, Les Fournières, Clos du Chapître, Les Guérets, Les Vercots, Clos des Maréchaudes, La Maréchaude, Les Petites Lolières, Les Moutottes, La Coutière, La Toppe au Vert Pinot Nero Gradazione alcolica: 11 - 14 % Rendimento massimo: 40 hl/ha
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