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240-242_art ucraina:Layout 2 28-04-2011 15:09 Pagina 240 Sviatoslav Schevchuk succede a Husar UCRAINA p astore e teologo Il nuovo arcivescovo mag giore della Chiesa greco-cattolica ucraina A 10 anni dalla storica visita di papa Giovanni Paolo II (23-27.6.2001), con la beatificazione dei primi martiri ucraini del periodo sovietico, dopo le dimissioni del card. Lubomyr Husar da arcivescovo maggiore della Chiesa grecocattolica ucraina, il Sinodo dei vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina, riunitosi a fine marzo scorso, ha eletto il successore di Husar. Il nuovo arcivescovo maggiore, eletto il 24 marzo 2011 e confermato da Benedetto XVI il giorno successivo, è sua beatitudine Sviatoslav Schevchuk. Pastore e teologo, ha studiato a Roma presso la Pontificia università S. Tommaso concludendo il suo percorso con una tesi sulla «Vita trasfigurata in Cristo nel pensiero di Pavel Nikolaevič Evdokimov»,1 ha avuto un’esperienza pastorale nel seminario di Leopoli (vicerettore e rettore), ha lavorato nella curia dell’arcivescovo maggiore presso la cattedrale di San Giorgio a Leopoli, e per alcuni anni è stato pastore in Argentina in qualità di amministratore apostolico dell’eparchia ucraina del Pokrov (della Protezione della madre di Dio). Il nuovo arcivescovo maggiore ha soli 41 anni. Fra i primi atti, da un comunicato della sua Cancelleria del 18 aprile, è stato l’invio della lettera di comunione a tutti i capi delle Chiese orientali cattoliche, in data 7 aprile. Sua beatitudine Sviatoslav Schevchuk ha dunque un’esperienza pastorale, ama la teologia, tiene ben presente la sua tradizione orientale e 240 IL REGNO - AT T UA L I T À 8/2011 cattolica, ha le capacità per poter parlare alla società di oggi, alla Chiesa ucraina e alla Chiesa tutta e può trovare un linguaggio comune con gli ortodossi. E questo, per chi conosce la storia della Chiesa greco-cattolica ucraina, del territorio ucraino e delle loro implicazioni e relazioni con la società locale e con le altre Chiese confinanti (in Ucraina oltre alla comunità cattolica di rito latino si trova la Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca e ci sono altre due Chiese ortodosse cosiddette «non canoniche»), ha una grande importanza. Alla sua intronizzazione era presente il vescovo Ilarij Shivkovskij, ausiliare della metropolia ortodossa di Kiev, del Patriarcato di Mosca, rappresentante del Patriarcato stesso. Il metropolita Hilarion Alfeyev, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa russa, ha inviato al nuovo arcivescovo maggiore una lettera, datata 25 marzo, pubblicata in russo sul sito del Dipartimento, in cui il presule russo si rivolge a Schevchuk con il titolo di arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina (chiamata spesso in passato semplicemente con il nome collettivo di uniati). Il messaggio benaugurante di Hilarion è per l’arcivescovo maggiore e il suo gregge (ora pienamente riconosciuto). Hilarion si dice pronto «a sviluppare una discussione costruttiva con la Chiesa grecocattolica, nel formare una collaborazione indirizzata al superamento delle presenti difficoltà». Se alle parole seguiranno i fatti siamo in presenza di un cambiamento di paradigma nelle relazioni fra Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca e Chiesa grecocattolica in Ucraina. Già nella liturgia di intronizzazione (domenica 27 marzo a Kiev) l’arcivescovo maggiore Schevchuk ha ricordato a tutti che la sfida dell’evangelizzazione in Europa potrebbe passare attraverso la collaborazione della Chiesa greco-cattolica ucraina anche con la Chiesa ortodossa russa (Schevchuk ha parlato, citando letteralmente il metropolita russo Hilarion, di «alleanza» nel senso biblico, «alleanza strategica»). Sulle orme dei predecessori Schevchuk si inserisce in questo modo su una strada già tracciata in modo esemplare. A partire dal metropolita Andrey Sheptycki (che è stato a capo della Chiesa greco-cattolica ucraina dal 1900 al 1944) possiamo osservare un filo rosso che unisce i principali pastori della Chiesa greco-cattolica ucraina con la dimensione pastorale e teologica del loro ministero. Nel caso di Sheptycki la liturgia dell’Oriente cristiano, il ruolo centrale del monachesimo e l’attuazione inculturata in Ucraina dell’enciclica sociale Rerum novarum di Leone XIII, erano le tre colonne portanti della sua azione e programma pastorale nella Chiesa bizantino-cattolica in Ucraina. Sheptycki raccoglie, per esempio, tutti i documenti del metropolita, unito a Roma, Venjamin Rutskij (1617-1637) che vedeva nel monachesimo ben formato la possibile via verso il recupero dell’unità fra le Chiese greco-cattolica 240-242_art ucraina:Layout 2 28-04-2011 nata dall’Unione di Brest (1596) e ortodossa: papa Urbano VIII lo aveva definito l’«Atlante dell’unità», l’«Atanasio della Rus’».2 Anche per Sheptycki il monachesimo era la via dell’unione con Cristo. Chi cammina verso Cristo non può non incontrare gli altri fratelli che stanno andando verso lo stesso centro: Cristo. Il metropolita Sheptycki era anche un teologo a suo modo. Nel fondo archivistico dell’Accademia teologica (ora Università cattolica) «sono conservate le lezioni di ascetica orientale tenute personalmente dal metropolita Sheptycki agli studenti, i testi per gli esercizi spirituali per i preti in cui si trattò la problematica dell’unità della Chiesa di Cristo, dando consigli pratici su come agire in uno spirito autenticamente cristiano per tradurre in realtà questo sublime ideale secondo la volontà di Dio».3 Non si può tralasciare in questo contesto la fondazione dell’Accademia teologica di Leopoli voluta proprio dal metropolita Sheptycki, nominandone rettore p. Josyf Slipyj (futuro capo della Chiesa grecocattolica ucraina e futuro cardinale della Chiesa cattolica), che si è evoluta nell’attuale Università cattolica dove ha insegnato anche p. Sviatoslav Schevchuk, il neoeletto arcivescovo maggiore. L’opera sociale cristiana del metropolita Andrey Sheptycki – in un’epoca segnata da cambiamenti davvero eccezionali: dal governo austroungarico e in seguito polacco, precedente a quello sovietico rimpiazzato da quello nazista di nuovo cacciato da quello sovietico – è di straordinaria importanza e si può ritenere una vera inculturazione sociale dell’enciclica Rerum novarum nell’Ucraina occidentale. A esso si stanno ispirando ancora oggi coloro, fra i quali anche gli attuali neodottorati e professori dell’Università cattolica ucraina che ha Sheptycki e il card. Slipyj come propri fondatori-iniziatori, che sentono il bisogno e l’urgenza di dare un volto visibile e di speranza, soprattutto per i giovani, alla dottrina sociale della Chiesa cattolica che si è espressa ancora recentemente nell’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI. Potremmo dire che anche il card. Slipyj ha continuato una riflessione sulla storia e la tradizione della Chiesa greco-cattolica ucraina, anche se la sua vita travagliata (15 anni nei campi 15:09 Pagina 241 di concentramento sovietici) non gli ha permesso di approfondire troppo gli studi: i suoi carcerieri sovietici gli avevano chiesto di scrivere una storia della sua Chiesa, che è riuscito a redigere in prigionia senza biblioteca di sorta e che è stata pubblicata comunque in lingua ucraina.4 È evidente che il tema della salvaguardia dell’identità della Chiesa greco-cattolica ucraina è al centro delle sue preoccupazioni storiche. Inoltre, vista la situazione in Ucraina al tempo sovietico, una volta richiamato a Roma da Giovanni XXIII, il card. Slipyj fonda a Roma il centro di Santa Sofia con l’Università cattolica di San Clemente, che si trova tuttora sulla via Boccea a Roma, che potrebbe essere considerata la continuazione fuori dalla patria dell’Accademia teologica fondata da Sheptycki ed è parte integrante dell’Università cattolica di Leopoli, sviluppatasi di nuovo a partire dal 1994 come Accademia teologica e riconosciuta Università cattolica dalla Santa Sede. Una chiesa viva Dopo la morte di Slipyj abbiamo avuto in Ucraina l’arcivescovo Volodymyr Sterniuk, che viveva in una stanza a Leopoli ed è stato, oltre che un padre spirituale, un confessore della fede dal grande influsso. Nel frattempo il card. Myroslav Ivan Lubachivsky era a Roma e poté trasferirsi in Ucraina dopo la caduta del Muro di Berlino. Le lettere del card. Lubachivsky conservano la preoccupazione dell’identità della Chiesa greco-cattolica uscita dalle catacombe alla fine degli anni Ottanta, ai tempi della perestrojka di M. Gorbaciov (si potevano incontrare sulla via Arbat di Mosca, già nel 1988, anno del millenario del battesimo della Rus’, durante l’estate, comunità di greco-cattolici che celebravano la liturgia all’aperto, dicendo visibilmente: «Esistiamo anche noi anzi ci siamo sempre stati») e della relazione con la Chiesa ortodossa, in una prospettiva principalmente pastorale (le parrocchie greco-cattoliche sono spesso presenti in villaggi in cui una parte della popolazione è ortodossa). E arriviamo al card. Lubomyr Husar, dal 2000 amministratore apostolico e nel 2001 eletto dal Sinodo arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina (cf. Regno-att. 8,2001,218; 14,2001,452: 22,2008,735; 8,2010,233). Il riferimento all’azione pastorale di Sheptycki nei discorsi e nel modo di procedere del card. Husar è sempre stato costante, oltre alla saggezza pastorale dimostrata dallo stesso cardinale. Anche Husar è convinto che «la grande intuizione di Sheptycki partiva da un desiderio pastorale, il metropolita era una persona che veramente amava la Chiesa, un pastore innanzitutto e non poteva sopportare la divisione che cercava a ogni costo di eliminare. Ma intuiva che per far questo, bisogna avere delle certezze: prima di tutto quella dell’identità e, in secondo luogo, quella di una Chiesa viva. Sheptycki ha detto che per fare una Chiesa viva ci vogliono due elementi: liturgia e monachesimo, i due pilastri della spiritualità, della vita della Chiesa. Ciò è importante perché per ogni futuro ecumenismo questi sono i due elementi sui quali dobbiamo appoggiarci».5 In questo contesto Husar continua dicendo che pensa «siano molto importanti la teologia e la spiritualità» accennando all’importanza di una teologia e una spiritualità che siano creativamente fedeli alla tradizione orientale. Il card. Husar ha messo in pratica le sue parole, per esempio, riguardo al monachesimo. Durante la terza sessione del Sobor (Sinodo) della Chiesa greco-cattolica ucraina svoltosi a Leopoli (30.6-4.7.2002) i religiosi presenti hanno deciso di convocare una sinassi dei rappresentanti di tutti i monasteri e comunità religiose della Chiesa greco-cattolica ucraina dopo parecchi decenni in cui questo non accadeva: la decisione è stata ben accolta dai vescovi e approvata dal card. Husar. Il tema scelto per la sinassi era: «L’identità e la missione dei religiosi nella Chiesa greco-cattolica e nella società ucraina».6 Abbiamo avuto l’onore di poter partecipare e contribuire con le linee-guida per l’instrumentum laboris del Sinodo. La prossima sessione del Sinodo si svolgerà in settembre 2011 in Brasile (dove ci sono comunità di ucraini della diaspora). Il card. Husar è un teologo e lo dimostra soprattutto nell’ecclesiologia e nella sua riflessione, esplicitata in nu- IL REGNO - AT T UA L I T À 8/2011 241 240-242_art ucraina:Layout 2 28-04-2011 15:09 La Tradizione e le sfide oggi È su questa scia che p. Sviatoslav Schevchuk è cresciuto, in un cammino e in uno stile di riflessione teologica alle prese con le necessità pastorali inevitabili, quotidiane, sia durante la sua formazione, sia durante il suo ministero sacerdotale nel seminario di Leopoli, sia come collaboratore del card. Lubomyr Husar nella curia dell’arcivescovo maggiore a San Giorgio a Leopoli, sia come vescovo in Argentina per gli ucraini della diaspora che vi si trovano. Le prime omelie del giovane arcivescovo maggiore che sono pubblicate sul sito della Chiesa greco-cattolica ucraina (in lingua ucraina sul sito web ugcc.org.ua) hanno tutta la freschezza che sua beatitudine Sviatoslav Schevchuk porta da sempre con sé, da quando lo si conosce, ma anche gli antichi e sempre nuovi echi della tradizione orientale, come nell’omelia fatta durante la celebrazione della liturgia nella festa dell’Annunciazione alla madre di Dio, il 7 aprile secondo il calendario giuliano, riguardo la parola dell’Evangelo piena di Spirito Santo pronunciata da Gabriele: «La festa di oggi è la rivelazione del mistero della vita della Chiesa di Cristo. Come avvenne attraverso Gabriele, così anche oggi la potenza di Dio è inviata a ciascuno di noi». O nel Messaggio ai giovani scritto in occasione della festa della domenica delle Palme, 17 aprile, in cui ricordando che nella Chiesa cattolica si dà un’attenzione particolare ai giovani per la domenica delle Palme aggiunge: «Oggi il Dio onnipotente incontra il suo popolo (…). Cari giovani! Oggi il Cristo si avvicina in modo così singolare a voi! Lui entra nella sua città, Gerusalemme, che è ogni nostro gruppo, ogni nostra comunità, e il cuore di ciascuno di noi». Nella sua introduzione alla tesi dottorale su Evdokimov, Sviatoslav Schevchuk, a proposito di questa vita in ciascuno di noi chiamata a manifestarsi visibilmente, parla della testimonianza della fede e dell’esperienza ecclesiale: «Questa nuova vita in Cristo ricevuta nei sacramenti non è data senza rapporto umano: all’uomo è chiesto di usare bene della propria libertà in modo conforme alla vita nuova».9 Continuando a commentare l’opera Vita in Cristo di Nicolas Cabasilas aggiunge una sua citazione: «Dio, che è infinitamente buono, vuole per noi tutto il bene e lo dà, ma senza distruggere la dignità fondamentale dell’autexousion»10 cioè della sua libertà. «È su questa strada che la lex credendi è espressa sia dalla preghiera della Chiesa che dall’ethos cristiano, come anche la lex orandi è connessa alla corretta espressione della fede che diventa fonte per la vita morale. Se si osserva il retto equilibrio tra queste dimensioni della vita teologale, l’etica cristiana non viene eliminata dalla riflessione teologica o ridotta alla liturgia o alla spiritualità, ma è da esse illuminata».11 Il nuovo arcivescovo maggiore si trova nuovamente di fronte a delle questioni di sempre che sono di carattere pastorale e teologico-spirituale: l’identità della Chiesa greco-cattolica ucraina, la sua fedeltà creativa alla tradizione orientale, il monachesimo, la missione nella diaspora ucraina, la relazione con la Chiesa ortodossa, fatto quotidiano, la questione sociale. Il bagaglio di preparazione e di esperienza che fino a oggi sua beatitudine ha accumulato e soprattutto la persona stessa di Sviatoslav Schevchuk lasciano sperare che in queste sfide il nuovo arcivescovo maggiore possa essere guidato da una saggezza squisitamente pastorale e spirituale per il bene di tutta la santa Chiesa di Dio: è aiutato in questo dalla fede ecclesiale dei suoi predecessori pastori della Chiesa greco-cattolica ucraina, che hanno creduto nella viva tradizione orientale in comunione visibile con la sede di Roma: che il suo ministero porti frutti visibili e fruibili a vantaggio di tutta la Chiesa e per tutta l’umanità. 1 P. N. EVDOKIMOV, La vita trasfigurata in Cristo. Prospettive di morale ortodossa, Introduzione di S. Schevchuk, Lipa, Roma 2001. 2 O. HAJOVA, «L’idea dell’unità della Chiesa nell’eredità di Andrey Sheptycki (1900-1944)», in La nuova Europa. Il papa in Ucraina, 5(2001) 299, 39. 3 Ivi, 43. 4 J. SLIPYJ, Opera omnia, a cura di G. Choma e G. Muzychka, Universitas catholica ucrainorum S. Clementis papae, Roma 2001. 5 L. HUSAR, «La Chiesa greco-cattolica in Ucraina oggi», in La Nuova Europa. Il Papa in Ucraina, 5(2001) 299, 77-79. 6 Il sottoscritto ha avuto il dono di poter partecipare alla preparazione dei primi passi del Sinodo sul monachesimo e sulla vita religiosa che si è aperto nel 2004, con la preparazione delle linee guida per l’instrumentum laboris, cf. G. MARANI, Trasfigurare la terra. Identità e missione del monachesimo orientale. Linee per un instrumentum laboris per la commissione preparatoria del Sinodo monaci e monache ieri oggi e domani in Ucraina, Ed. Ass. Deus caritas est, Ceresara (MN) 2006, e con la realizzazione di un film intervista Trasfigurare la Terra (prodotto dal Centro televisivo vaticano). 7 HUSAR, «La Chiesa greco-cattolica in Ucraina oggi», 80-81. 8 Cf., sul tema dell’identità delle Chiese orientali cattoliche, CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI, L’identità delle Chiese orientali cattoliche. Atti dell’incontro di studio dei vescovi e dei superiori maggiori delle Chiese orientali cattoliche d’Europa. Nyíregyháza (Ungheria) 30.6-6.7.1997, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 1999. 9 EVDOKIMOV, Vita trasfigurata nel pensiero di Pavel Evdokimov, 22. 10 Ivi. 11 Ivi, 23. merosissime occasioni, sul posto occupato in essa dalla Chiesa greco-cattolica ucraina. Husar sostiene che, dopo Sheptycki, «è stato detto che noi greco-cattolici siamo un ponte tra Est e Ovest. Suona bene ma l’immagine non è molto felice, perché il ponte collega ma non fa niente, sul ponte si cammina, così saremmo solo una piattaforma sulla quale si può camminare. Perciò abbiamo trovato un’espressione più significativa: vogliamo essere mediatori. Il mediatore innanzitutto deve conoscere ambedue le parti. Noi secondo la nostra posizione geopolitica siamo di tradizione orientale. Purtroppo abbiamo dimenticato che cosa significa tradizione orientale. D’altra parte essendo già da tanti secoli in contatto con l’Occidente, mandando tanti nostri giovani a studiare in Occidente, possiamo capire meglio cos’è la tradizione occidentale. Secondariamente dobbiamo ammettere che l’Occidente non conosce l’Oriente e viceversa (…). Perciò il nostro compito è quello di spiegare gli uni agli altri».7 È chiaro che in queste parole si trova la nuova coscienza dell’importante ruolo che la Chiesa greco-cattolica potrebbe giocare nei prossimi anni e che Lubomyr Husar ha ben sottolineato e rivendicato.8 242 Pagina 242 IL REGNO - AT T UA L I T À 8/2011 Germano Marani
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