Porsche 911 Targa 4
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Porsche 911 Targa 4
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 41 13 Maggio 2014 101 Pagine BMW Serie 4 Cabrio Care soddisfazioni L’erede della Serie 3 Cabrio è molto piacevole da guidare anche in abbinamento alla motorizzazione diesel Periodico elettronico di informazione motociclistica Mercedes Classe C Formula 1 Spagna Entra in listino a 32.553 euro la nuova Mercedes Classe C, erede di una dinastia inziata 30 anni fa con la 190 Anche in Spagna le Mercedes sono state le vetture da battere La piccola Classe S Le pagelle del GP di Barcellona | PROVA SU STRADA | Porsche 911 Targa 4 da Pag. 2 a Pag. 17 All’Interno NEWS: McLaren 650 MSO coupé concept | Smart primo video-teaser della nuova generazione | Corvette Atlantic e Pacific edition | Viaggio nel tempo De Vita, aboliamo il PRA | Bosch Internet e microsensori per la sicurezza delle auto PROVA SU STRADA Porsche 911 Targa 4 Segni particolari: bellissima In listino a partire da 115.111 euro la nuova Porsche 911 Targa 4 torna sul mercato prendendo grande ispirazione dal passato. Piacevole da guidare, fa davvero girare la testa. Peccato sia rumorosa in modalità en plein air di Emiliano Perucca Orfei 2 3 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Media retrattile di colore nero ricoperto di una sorta di stoffa ed un lunotto posteriore in cristallo stratificato di sicurezza equipaggiabile, come da tradizione, anche del tergilunotto. Si apre e si chiude in 19 secondi Il tetto si apre in modo davvero scenografico in 19 secondi circa (con auto ferma) e per il suo movimento occorrono circa 25 cm di spazio al posteriore: in questo movimento sono dunque chiamati in causa i sensori di parcheggio che, nel caso in cui rilevino un’ostacolo troppo vicino, avvisano tempestivamente il guidatore pur senza bloccare l’operazione: questo perché sarebbe stato troppo complicato distinguere, ad esempio, un panettone in cemento da un muro o da una persona. Interni da 911 Gli interni della Targa non sono molto diversi da C on il lancio della Porsche 911 Targa della generazione 991 (da 115.111 euro la Targa 4, da 128.239 la Targa 4S) la Casa di Zuffenhausen ha voluto dare nuova linfa ad un modello che nelle precedenti generazioni 993, 996 e 997 aveva perso gran parte del proprio fascino in favore di una visione di Targa più vicina ad quella di una Coupé con un maxi tetto apribile più che ad una vera e propria en plein air. Del resto, per viaggiare in tutto confort e con standard di sicurezza adeguati, da metà anni ‘90 in poi le versioni Cabrio hanno offerto tutto quello che serve anche in quei mercati per cui la Targa era nata nel lontano 1965, come quello americano. Dunque che fare? Il calo di interesse non ha comunque impedito di mantenere un incredibile rapporto di una Targa ogni otto 911 vendute, è vero, ma già a partire dal restyling della 997 i vertici di Zuffenhausen hanno iniziato a pensare che 4 quelli della normale Coupé, anzi: viene integralmente mantenuta la configurazione 2+2 tipica della 911 (sia in modalità Cabrio che Coupé) così come vengono mantenuti i sedili sportivi con 14 regolazioni. Per chi volesse qualcosa di più Porsche offre i sedili sportivi (18 regolazioni) che per la prima volta offrono anche il riscaldamento e la ventilazione. Altre chicche per appassionati sono i sistemi audio alternativi al CDR-31 di serie: Burmester e Bose sono tra le opzioni disponibili. Tra gli optional anche il sistema di navigazione (3.227 euro), gli interni in pelle (824 euro), la vernice metallizzata (2.721 euro) ed i cerchi da 20” (1.342 euro). Pesa 110 kg in più della Coupé La Targa, con i suoi 1.555 kg a secco, è la più pesante delle tre varianti di carrozzeria oggi disponibili sulla 911: +40 kg rispetto alla Cabrio e +110 kg nei confronti della Coupé a parità di sotto a quel tetto ci potesse ancora del potenziale inespresso per creare una vettura molto speciale, che andasse oltre ai concept di coupé ed di cabrio in un moderno quanto inutile - se non per questioni di show-off - mix di idee che guardano al futuro ma senza rinnegare il passato. Non è un’operazione nostalgia Quella della 991 Targa, però, è tutt’altro che un’operazione nostalgia. Secondo i vertici Porsche è da considerarsi come la naturale evoluzione di un prodotto che, se fosse stato evoluto seguendo il concept originale, oggi sarebbe stato esattamente così comunque. Lunga 449 cm, larga 185 ed alta 130 (passo 245) la 911 Targa offe un bagagliaio di 285 (126 davanti e 160 dietro) dimostrando come sotto la linea di cintura sia sostanzialmente identica alle normali 911 4, con l’unica eccezione del badge Targa in bella mostra sul paraurti posteriore. La parte alta, invece, sfoggia un generoso rollbar, un tetto in magnesio 5 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica motorizzazione ed allestimento. La maggior differenza di peso non riguarda la scocca, che sostanzialmente è la stessa della Cabrio, ma il meccanismo d’attuazione del sistema (molto complesso ma raffinato) ed il lunotto che da soli gravano per 35 kg sulla massa complessiva. E’ più rigida della Cabrio Maggior peso che in termini di guida, almeno sulla carta, viene compensato dalla presenza del roll bar attraverso un incremento della rigidità torsionale che è ben distante da quella della Coupé (30.000 Nm/grado) pur superando di 2.000 Nm/grado il valore di 11.000 dichiarato dalla versione Cabrio. Come quasi tutte le Targa prodotte anche la generazione 991 è stata pensata attorno alle possibilità offerte dalla trazione integrale PTM: il sofisticato sistema di distribuzione della coppia tra l’assale posteriore e quello anteriore, infatti, porta con sé anche alcuni vantaggi in 6 termini di baricentro - la maggior carreggiata posteriore (+44 mm) compensa l’aumento di peso nella zona superiore - oltre che un’immagine decisamente più raffinata della vettura in termini di marketing. Tanto quanto accade anche per altri brand di lusso, infatti, la trazione integrale viene acquistata più per esigenze di immagine che di reale necessità di performance. Da 350 a 400 CV. 4x4 con o senza PDK I motori disponibili sono due, entrambi sei cilindri, boxer ad iniezione diretta, omologati Euro 6. Il più piccolo, da 3,4 litri della Targa 4, eroga una potenza massima di 350 CV ed una coppia massima di 390 Nm a 5.600 giri mentre l’unità riservata alle versioni Targa 4S si spinge sino a 400 CV con un valore di coppia pari a 440 Nm a 5.600 giri. Il consumo dichiarato va dai 9,2 ai 10 km/litro (CO2 da 214 a 237 g/km) mentre in 7 8 9 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Dal vivo: com’è dentro La nuova Targa non è molto differente da una normale 911 Coupé o Cabriolet nella distribuzione dello spazio interno. Quello che cambia radicalmente è la dimensione del montante centrale, assente sulla Cabrio, che sulla Targa è molto importante (è più del doppio di quello della Coupé) e limita il classico colpo d’occhio laterale molto utile in caso di precedenze, immissioni o manovre di parcheggio in città. Nulla di così trascendentale, anche perché la 911 Targa sa compensare il “difetto” con un posto guida decisamente comodo, un’ergonomia eccezionale ed una strumentazione a cinque quadranti che si termini di prestazioni Porsche fa sapere che lo 0-100 viene coperto in 5,2 secondi dalla Targa 4 ed in 4,8 dalla Targa 4S. 282 e 296 km/h, invece, le rispettive velocità massime. Per tutte le unità viene proposto di serie il cambio manuale a sette marce con l’alternativa automatico a doppia frizione PDK (3.599 euro), anch’esso a sette rapporti, per chi vorrà rinunciare all’uso della frizione ed alle diverse strategie di utilizzo della vettura. Di serie anche lo sterzo servoassistito elettricamente (-0,1 l/100 km) mentre le sospensioni attive PASM e il sistema di eliminazione del sottosterzo PTV (Porsche Torque Vectoring) sono inclusi nel prezzo d’acquisto solo nelle versioni S. Per i più sofisticati sono disponibili anche il pacchetto Sport Chrono, che ottimizza le prestazioni attraverso impostazioni elettroniche (ad esempio il launch control), ed il Porsche Dynamic Light System che modifica la geometria del fascio luminoso in funzione della velocità e del tipo di strada che si sta percorrendo. 10 rifà al passato mantenendo l’eccezionale leggibilità del contagiri analogico centrale pur guardando al moderno con un computer di bordo a colori estremamente ricco di informazioni: oltre ai consumi, alla mappa del navigatore che svincola sostanzialmente l’uso del maxi-display centrale per quella specifica funzione, alla gestione delle chiamate in entrata, il display mostra in tempo reale anche la quantità di coppia trasferita istante per istante ai due assi. Ben fatta l’interfaccia del PDK, con le leve dietro al volante, e ben inserita la leva del cambio manuale a sette marce, la nuova 911 Targa si avvicina alla Cabriolet nel disegno del tunnel centrale, dove è stato inserito Dal vivo: com’è fuori L’obiettivo della 911 Targa non era quello di rimpiazzare la Cabrio e nemmeno quello di rappresentare un’alternativa alla Coupé dotata di semplice tetto apribile. L’idea era infatti quella di andare a rispolverare il primo concept estetico/meccanico Targa per andare a creare una vettura decisamente diversa da tutte quelle viste dopo la 993, unica per la sua capacità di combinare look retrò ed assoluta modernità. Lascia a bocca aperta l’apertura della capote, il cui meccanismo è degno di un orologio, nonostante un paio di difetti: il primo è quello che la parte alta, su cui poggia il lunotto in vetro, fuoriesce di una trentina di cm dal corpo vettura durante il movimento (i sensori di parcheggio monitorano l’area avvisando di eventuali pericoli) mentre il secondo riguarda l’impossibilità di svolgere l’operazione con la vettura in movimento. 11 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito il tasto di apertura e chiusura del tetto. Discreta la capacità del vano bagagli: davanti ci sono 125 litri, in cui è possibile inserire un paio di zaini o un trolley, mentre dietro i 160 litri sono tutt’altro che ben accessibili se non in situazioni “d’emergenza”. In caso di necessità, in ogni caso, rimane pur sempre la possibilità di dare una nuova destinazione d’uso...ai posti posteriori. Come va Ogni volta che si torna al volante di una 911 si rimane sorpresi da come sembri di averla guidata sempre. Il feeling sui comandi, la verticalità del volante e la relativa impugnatura, il perfetto rapporto tra lo spazio disponibile e le esigenze di sportività tipiche di una sportiva, infatti, sono elementi comuni a quasi tutte le generazioni della sei cilindri boxer di Zuffenhausen e ben inseriti anche nel contesto della nuova Targa. Una sensazione piacevole, esaltata da un comportamento dinamico sostanzialmente ineccepibile per quanto concerne l’ambito stradale: certo, 12 Periodico elettronico di informazione motociclistica Prova forzando il ritmo la Targa tanto quanto la Cabrio paga qualcosa in termini di precisione di guida alla Coupé sul veloce, ma in generale la sensazione è che nel misto le versioni en plein air siano addirittura più facili e piacevoli da condurre grazie ad una maggiore predisposizione del telaio ad adattarsi ai cambi d’asfalto o alle asperità stradali. Una piacevolezza esaltata, nelle versioni S, dal lavoro del sistema Pasm (opzionali su Targa 4) che cambia il volto della vettura passando dalla modalità normal a quella Sport sino ad arrivare alla Sport Plus con tarature progressivamente più sportive di sterzo, sospensioni, cambio e controllo di stabilità. Perfetta nella guida di tutti i giorni la normal può essere velocemente sostituita dalle Sport e Sport Plus - all’attivazione corrisponde un segnale sulla razza del volante - quando si inizia a guidare sul serio: delle due abbiamo preferito la Sport Plus ma con taratura degli ammortizzatori morbida perché sono davvero apprezzabili la velocità con cui il PDK cambia i sette rapporti disponibili e le 13 14 15 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito rimodulazioni del feedback di sterzo ed acceleratore. Eccezionale, inoltre, la performance del launch control disponibile con il pacchetto sport chrono: si attiva cliccando contemporaneamente le due leve al volante e si premono contemporaneamente freno ed acceleratore sino alla partenza, dove si continua a tenere al massimo solo il piede destro. La performance è eccezionale ed i 4,8 secondi promessi sullo 0-100 km/h sono tutt’altro che un miraggio grazie anche alla trazione integrale. Unico limite della modalità Sport Plus, comune a tutte le Porsche dotate di PDK, è che si vuole utilizzarla per andare a passeggio (magari come abbiamo fatto noi scegliendo però l’assetto morbido) è necessario rinunciare alla settima marcia. Inappuntabile anche il comportamento dei motori. Il 3.8 non fa sentire particolare differenza sul 3.4 in termini di potenza massima. Quello di cui più ci si accorge di non avere sull’unità d’accesso alla gamma è l’elasticità ai bassi regimi che rimane comunque buona ma non certamente a livello della S. Il più generoso dei sei cilindri boxer, inoltre, vanta anche una diversa presenza scenica grazie ad un sound più pieno e coinvolgente. Per quanto concerne “l’essere Targa” di questa 911, non v’è sostanzialmente alcuna differenza di confort mentre per quanto concerne la modalità aperta, oltre alla scomodità di doversi fermare per una ventina di secondi nell’attesa che il tetto in magnesio si “levi di mezzo”, abbiamo trovato qualche fruscio aerodinamico di troppo già una volta superati i 100 km/h. Elemento, quest’ultimo, che con il crescere della velocità limita la possibilità di conversazione. In conclusione Non è una Coupé ma non è nemmeno una Cabrio. E’ un’auto con una personalità forte e marcata, pensata per creare all’interno di una gamma già in grado di coprire qualsiasi esigenza un’alternativa “stilosa”, raffinata ed incredibilmente rispettosa di un concept che nel corso dell’ultimo ventennio era andato perso. 16 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Jeep Cherokee 2014 Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Configuratore della Casa » Virtual Tour » Stor online » Finanziamenti » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 17 PROVA SU STRADA BMW Serie 4 Cabrio Care soddisfazioni L’erede della Serie 3 Cabrio è molto piacevole da guidare anche in abbinamento alla motorizzazione diesel. Peccato per il rapporto prezzo/dotazioni, davvero avaro. E il listino parte da 52.100 euro... di Emiliano Perucca Orfei 18 19 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Chiusa sembra la Coupé Media Un piccolo miracolo stilistico/meccanico contestualizzato in una vettura lunga 464 cm, larga 182 ed alta 138 (passo 281) che non ha costretto alla comparsa di un roll bar fisso - in caso di ribaltamento fuoriescono elementi di sicurezza dai poggiatesta posteriori in 200 ms - ma soprattutto che, una volta chiusa, ripropone sostanzialmente le forme della Coupé. Interni Driver Oriented L’aria da Serie 4 Coupé si respira anche dentro, dove spiccano il classico stile “driver-oriented”, la strumentazione analogica con (nelle versioni superiori) un LCD a colori molto esteso ed un display del sistema multimediale ConnectedDrive montato elegantemente a sbalzo e che in base all’allestimento può arrivare a 8,8” mantenendo l’ormai classico comando al centro della plancia con tasti e rotella (anche tattile). Più spazio per i bagagli Rispetto alla vecchia Serie 3 Cabrio i tecnici BMW, grazie ad un leggero aumento dimensionale, sono riusciti a recuperare 20 litri di spazio utile nel bagagliaio ottenendo una cubatura utile che va da 220 a 370 litri in base alla posizione del tetto. Per chi volesse il massimo in termini di sfruttamento dello spazio viene offerto anche lo schienale frazionato in tre parti, utile per ospitare oggetti più lunghi senza rinunciare completamente alla possibilità di offrire un posto dietro. Benzina o diesel? Quattro i motori disponibili al lancio. L’accesso alla gamma, oltre che il motore che va per la maggiore in Italia, è il celeberrimo duemila turbodiesel 420d capace di erogare 184 CV e 380 Nm di coppia massima assicurando una media di consumo pari a 5,1 l/100 km ed una accelerazione da 0 a 100 km/h in 8,2 secondi. Salendo C ambia il nome ma i concetti che l’hanno resa popolare, la Serie 3 Cabrio, rimangono sostanzialmente identici anche con l’avvento della nuova sigla Serie 4 Cabrio, che arriva in Italia ad un prezzo che parte da 52.100 euro, ma che può salire fino a raggiungere i 62.361 euro della versione top di gamma attualmente a listino. Quattro posti e tetto retrattile realizzato in materiale metallico, l’ultima delle cabriolet firmate dalla Casa di Monaco riprende in tutto e per tutto le forme firmate Van Hooydonk della sorella Coupé mantenendo della precedente generazione quella capacità di celare sotto ad una coda bassa e filante un tetto che per forza di cose non ha la “plasticità” e la compattezza della tela una volta ripiegato. 20 21 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica di livello si passa ai benzina con il quattro cilindri 428i, disponibile anche con trazione integrale xDrive. Duemila, TwinPower Turbo, l’unità già vista anche su altri modelli dell’Elica dichiara 245 CV e 350 Nm di coppia massima: numeri che permettono una accelerazione da 0 a 100 in 6,4 secondi (6,5 secondi la 428i xDrive) ed un consumo medio di 6,8 l/100 km che diventano 7 l/100 km con la trazione integrale. Al top si posiziona il sei cilindri in linea 435i da tre litri e 306 CV. In questo caso la coppia massima è di 400 Nm e l’accelerazione da 0 a 100 km/h avviene in 5,5 secondi. I consumi, invece, si attestano a 8,1 l/100 km. Dal vivo: com’é fuori Un po’ come accaduto tra la nuova e la vecchia generazione di Serie 3 anche il passaggio dalla 22 23 24 25 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito precedente en plein air alla nuova Serie 4 Cabrio porta con sé una certa continuità stilistica, in particolar modo per quanto concerne la fiancata ed i volumi posteriori, con importanti novità per l’anteriore dove si nota un’andamento particolarmente spiovente ed un profilo dei fari anteriori studiato per raccordarsi al classico doppio rende BMW. Tanto prima quanto ora la cura per il dettaglio è di alto livello, in particolar modo per quanto concerne l’area tra sedili posteriori e cofano bagagliaio in cui si “tuffa” il tetto così come è apprezzabile la sofisticata l’architettura dei gruppi ottici anteriori e posteriori. Dal vivo: com’é dentro Studiata per dare immediatamente l’idea di avere tutto sotto controllo, la plancia driver oriented della BMW Serie 4 è stata messa a punto anche per ospitare al meglio un comparto multimediale 26 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica decisamente avanzato: nelle versioni top spiccano il display da 8,8” ed il sofisticato quadro strumenti che affianca ai classici strumenti analogici un’ampia parte digitale che replica alcune funzioni, come la navigazione satellitare, nel caso in cui si stia utilizzando il centrale per altre funzioni: dalla musica ai collegamenti in rete il ConnectedDrive offre davvero di tutto dimostrandosi uno dei migliori sistemi di car entertainment oggi sul mercato. Ben costruito e rifinito con discreta cura, l’abitacolo della Serie 4 Cabrio può essere rivestito anche in pelle - 1.900 euro - ed offre una buona disponibilità di spazio a chi siede davanti ma anche a chi prende posto dietro. Le due sedute posteriori, infatti, non sono certamente il massimo della comodità ma a differenza di altre cabrio si può pensare di viaggiare anche in quattro senza rinunciare a nulla in termini di bagagli, anche nel caso di oggetti lunghi vista la possibilità di frazionare (a pagamento) gli schienali: i litri disponibili, infatti, sono 370 che diventano 220 (ovvero 20 in più della Serie 3 Cabrio) nel caso in cui si preferisca viaggiare con il vento tra i capelli. Vento che può essere limitato, a patto che si viaggi in due, da un esteso frangivento che quando non viene utilizzato può essere riposto in un vano specifico dietro lo schienale posteriore. Su strada: come va Abbiamo scelto di guidare la 20d non tanto perché sia la motorizzazione più emozionante proposta in gamma ma perché è certamente più apprezzata dai clienti BMW anche in questo genere di vetture. Il perché è presto spiegato, visto e considerato che chi acquista una Serie 4 Cabrio alla stregua della precedente Serie 3 - non è una persona che utilizza la vettura solo nei weekend ma la sceglie anche come compagna di viaggio di tutti i giorni. Per rendersene conto basta dare un’occhiata ai nostri annunci dell’usato e verificare i chilometraggi dei vari esemplari disponibili, anche recenti, per rendersene conto: del resto la Serie 4 Coupé, nel caso in cui non si necessiti di spazio, offre lo stesso identico livello di confort di una Serie 3 Touring. Oltre alla seduta, all’ergonomia ed alle funzionalità proposte, infatti, la presenza del tetto metallico permette di avere dalla Serie 4 Cabrio un livello di insonorizzazione in modalità “coupé”, con addirittura un miglioramento di 2dB rispetto al modello precedente. Un valore che fa il paio con il confort offerto dal cambio ZF ad 8 rapporti (2.320 euro ben spesi) che prova dopo prova conferma di essere oggi il miglior cambio disponibile sul mercato: fluido quando si vuole andar piano, velocissimo nel passare da un rapporto all’altro nelle modalità di 27 28 29 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Chi acquista una Serie 4 Cabrio - alla stregua della precedente Serie 3 - non è una persona che utilizza la vettura solo nei weekend ma la sceglie anche come compagna di viaggio di tutti i giorni guida più sportive, l’otto marce della CC tedesca mantiene anche inalterato il feeling di guida di un normale cambio manuale quando si sceglie di cambiare le marce selenzionandole impartendo comandi dai paddles al volante. Ben bilanciata e capace di ottimi indici di tenuta laterale la Serie 4 Cabrio porta con sé dalla versione Coupé anche lo sterzo molto diretto e le buone prestazioni del quadricilindrico 20d che, nonostante non bruci della nobile verde, permette di passare da 0 a 100 in 8,2 secondi (realistici) assicurando velocità massime prossime ai 230 km/h e buone soddisfazioni quando si affonda il piede destro. In conclusione Non certamente proposta a buon mercato la 420d nell’allestimento Sport che abbiamo provato si dimostra una vettura molto piacevole sotto tutti i punti di vista legati alla performance ed al piacere di guida. Peccato, però, che la dotazione di serie sia scarsa anche negli allestimenti superiori (come lo Sport) che abbiamo guidato. 30 31 PROVA SU STRADA Nuova Mercedes Classe C La piccola Classe S Entra in listino a 32.553 euro la nuova Mercedes Classe C, erede di una dinastia inziata 30 anni fa con la 190. Design da Classe S e tecnologia top strizza l’occhio a chi preferisce il confort alla sportività di Emiliano Perucca Orfei 32 33 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Nuovi dettagli di stile Media P erdonateci il gioco di parole ma questa nuova MercedesBenz Classe C è davvero una S con la C...maiuscola. L’effetto è indubbiamente voluto, a confermarlo sono gli stessi vertici di Stoccarda, ed il risultato è decisamente più interessante rispetto alla pur riuscita miniaturizzazione della CLS nella CLA. Più lunga di 10 cm rispetto al modello precedente, per un totale di 469 e più larga di 4 (totale 181) la nuova segmento D di Stoccarda è stata completamente rivoluzionata rispetto al passato, a partire dal layout che oggi porta con sé un cofano più lungo, un abitacolo più arretrato ed una coda più corta. Più aggressiva, slanciata ed allo stesso tempo elegante la nuova C si distingue immediatamente dalla precedente non solo per via delle nuove forme ma anche grazie al singolare profilo delle luci diurne a led che ne segnano 34 Lo stile della plancia richiama il profilo ad ala visto anche su altri modelli Mercedes dopo SLS ed SLK ma a differenza delle altre fanno la loro comparsa bocchette dell’aria dallo stile circolare “semplificato” ed inediti comandi a bilancere evidentemente pensati per rendere il più pulita possibile la zona centrale del ponte di comando. Anche la strumentazione è tutta nuova così come il volante, che in base alla versione può essere più o meno sportivo nel look ma comunque molto completo nelle funzioni. 480 i litri di bagagliaio disponibili, eventualmente espandibile sfruttando la cubatura dell’abitacolo anche se a pagamento: lo schienale posteriore frazionato 50/50, infatti, costa 354 euro ai quali si devono aggiungere 366 euro se si desidera il cofano a chiusura elettroattuata. Tecnologia pro-sicurezza Tra le dotazioni tecnologiche non mancano l’Attention Assist, che rileva la soglia di attenzione del guidatore e lo avvisa nel caso vi sia bisogno di riposo, ma anche il Collision Prevention Assist Plus, che frena automaticamente quando il pilota non interviene autonomamente per evitare un impatto. Tra le dotazioni disponibili anche il Distronic Plus (leggasi Cruise Control attivo), il sistema di riconoscimento dei segnali stradali e la funzione di parcheggio automatico che comprende i sensori di parcheggio (singolarmente 891 euro) e la retrocamera di parcheggio (488 euro). Elementi, quest’ultimi, più o meno di serie in base a quale dei quattro allestimenti in catalogo si va a scegliere: Executive, Sport, Exclusive e Premium più un Business pensato per le esigenze della clientela aziendale. inequivocabilmente lo sguardo solcando gruppi ottici dall’architettura particolarmente raffinata. Piccola Classe S La rivoluzione stilistica non è solo fuori ma anche dentro dove però rimangono concettualmente immutati alcuni aspetti - come nel caso della leva del cambio automatico incastonata sul piantone di sterzo dietro al volante - mentre altri vengono evoluti con l’introduzione di alcune novità: alla precedente combinazione rotella/tasti per la gestione del sistema multimediale, ad esempio, è stato aggiunto un curioso mouse a sfioramento che copre parte della già conosciuta rotella. Un touch-screen attraverso il quale si può arrivare a pilotare anche una versione evoluta (in attesa del nuovo sistema Apple) del Comand-Online che può includere anche uno schermo da 8,4 pollici montato “in sospensione”, navigatore, radio, lettore DVD, hard disk da 80 gb e molto altro. 35 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica sembra essere in grado di adattarsi particolarmente bene anche a dimensioni decisamente più compatte. Rispetto alla vecchia C, insomma, il passo avanti è notevole ed anche in termini di cura per il dettaglio - i fari anteriori sono un’opera d’arte - sembra che la Stella abbia voluto imprimere una accelerazione notevole al processo evolutivo di questo modello e senza lasciare nulla al caso. Dal vivo: com’è dentro La gamma motori: tre al lancio Tre i motori disponibili al lancio. Il 2.1 turbodiesel da 170 CV (400 Nm di coppia, 4 l/100 km) della C220 CDI e due turbo benzina per la C180 e C200: quest’ultimi sono rispettivamente un 1.6 litri da 156 CV (250 Nm, 5 l/100km) ed un 2.0 da 184 CV in grado di erogare 300 Nm di coppia consumando 5,3 l/100 km. Più avanti arriverà un nuovo millesei turbodiesel declinato in versioni da da 115 e 136 CV, rispettivamente sotto al cofano di C180 e C200 CDI Bluetec, ma anche la ibrida C300 BlueTec Hybrid che combina i 204 CV dell’unità che andrà ad equipaggiare la futura C250 CDI ed i 27 CV di un motore elettrico 36 installato tra motore e cambio. Tra le particolarità di quest’ultima versione si segnala anche che in futuro si renderà disponibile anche in versione Plug-In a tutto vantaggio di consumi, emissioni ed autonomia 100% elettrica. Pesa 100 kg in meno! Rispetto alla precedente, la nuova Classe C dichiara a parità di motorizzazione un peso ridotto di 100 kg. 70 di questi provengono direttamente dalla scocca, grazie al più ampio utilizzo di alluminio (ora al 50%), mentre gli altri 30 arrivano da una più accurata progettazione di numerose altre componenti. In termini di schema tecnico Mercedes ha pensato sospensioni anteriori a quttro bracci ed un retrotreno indipendente Multilink: entrambi gli assi possono essere impreziositi con l’adozione delle sospensioni pneumatiche regolabili Airmatic, sino ad oggi limitate ai segmenti superiori. Dal vivo: com’è fuori Per chi la incontra per la prima volta, soprattutto se in movimento, sarà molto difficile capire se la Mercedes che si ha di fronte in quel momento sia una Classe S o una Classe C. L’effetto è chiaramente voluto e la cosa non stona nemmeno più di tanto visto e considerato che lo stile della S L’ispirazione è, anche in questo caso, quella della Classe S ma a differenza della super ammiraglia materiali e contenuti tecnologici sono declinati in una forma per forza di cose meno raffinata. Questo, però, non significa certamente che materiali utilizzati e cura per il dettaglio siano di secondo piano, anzi: sotto certi punti di vista la nuova C sfoggia un’attenzione ed un gusto per la finitura che è a livello del maniacale così come è maniacale l’assemblaggio, al quale non si può dare che il massimo voto. In termini di stile i designer Mercedes hanno evoluto i concetti studiati sulle sponde del Lago di Como dal Design Center e li hanno fatti diventare realtà posizionando al centro della plancia un generoso display “in sospensione” che non solo è molto completo nella quantità di informazioni che offre ma è anche ben leggibile in qualsiasi condizione di tempo. Non è però touch, anche se le sembianze da “pad” lo farebbero ipotizzare: al posto di questa sempre più diffusa funzione a Stoccarda hanno messo a punto una sorta di mouse, che si posiziona sopra all’ormai classica rotella del comand permettendo un comando del sistema multimediale (evoluto per l’occasione) un po’ macchinoso in prima battuta ma facile e veloce una volta “fatta la mano” con la nuova interfaccia. In ogni caso, per chi proprio non riuscisse a farne a meno, la precedente “human-interface” rimane ben accessibile. Più interessante nelle varianti automatiche, dove la leva del cambio lascia il posto ad un pratico vano portaoggetti “protetto”, la nuova plancia è solo uno degli elementi nuovi degli interni della 37 38 39 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Stella: anche la posizione di guida è stata completamente rivista e, nelle versioni più accessoriate, permette di essere completamente regolata (o richiamata da memoria) attraverso gli specifici comandi posizionati nella parte alta del pannello porta. In tema di posizione di guida si notano subito anche l’abbondante spazio in zona gambe e la regolazione del volante in altezza e profondità: per quanto perfetta e precisa, però, l’idea che offre non è quella di un’impostazione più votata al confort che alla sportività, forse anche per via di una corona del volante meno verticale rispetto a quella di altre competitor. Come si guida Una volta avviato il quadricilindrico a gasolio della C220 CDI in allestimento Exclusive si nota immediatamente come siano praticamente assenti vibrazioni e rumorosità: alle basse andature il lavoro di insonorizzazione dei tecnici tedeschi è 40 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica ottimo così come è interessante lo sforzo fatto per limitarne la sonorità in fase di accelerazione. Una vettura, se dotata di questo motore, indubbiamente votata al confort di bordo e dedicata espressamente per i grandi chilometristi che troveranno anche nelle sospensioni AirMatic, che derivano direttamente dalla S, un perfetto alleato per percorrere tanti km in grande confort: il tutto con la possibilità, attraverso un tasto, di trasformare la Classe C da eccezionale passista in buona interprete di percorsi guidati. La nuova Classe C, infatti, pur non essendo ancora un riferimento per la categoria quanto a sportività assoluta, dimostra di essere molto piacevole da guidare e sicura in ogni condizione permettendo andature decisamente più “allegre” rispetto a tutte le generazioni che l’hanno preceduta. Stesso discorso vale anche per il 7G-Tronic Plus: nell’attesa del nuovo nove marce, che però arriverà più avanti e non su tutte le motorizzazioni, Notevolmente migliorata rispetto al modello precedente, la nuova Mercedes-Benz Classe C è un’auto molto interessante sotto diversi punti di vista, in particolar modo sotto il profilo qualitativo 41 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 42 Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove 43 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica il sette marce automatico è stato ulteriormente migliorato e perfezionato sia nelle modalità standard e confort ma anche in quelle più sportive, dove si nota un netto miglioramento nelle fasi di scalata in manuale: non è ancora un riferimento per la categoria ma rispetto al vecchio modello è davvero un bel balzo in avanti e permette ai 170 CV della C220 CDI di essere sfruttati meglio ed in modo più efficiente in termini di consumi. Nel corso della nostra prova abbiamo guidato in anteprima anche il nuovo millesei da 136 CV abbinato ad una trasmissione manuale a sei marce: molto elastico, anche ai bassi regimi, la nuova unità si è dimostrata meno silenziosa rispetto alla 220 CDI ed ovviamente meno propensa all’allungo nella guida sportiva. In compenso consuma davvero pochissimo, soprattutto in autostrada dove guidando entro i limiti si viaggia con un buon margine di potenza ancora disponibile e consumi ben al di sotto dei 6 litri/100 km. In conclusione Notevolmente migliorata rispetto al modello precedente, la nuova Mercedes-Benz Classe C è un’auto molto interessante sotto diversi punti di vista, in particolar modo sotto il profilo qualitativo. La versioni migliori sono le quadricilindriche da 2.1 litri, magari dotate di sospensioni attive, ma anche le nuove millesei turbodiesel promettono bene se si passa gran parte del tempo in autostrada e non si è grandi amanti delle gite in montagna a pieno carico. 44 BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Mercedes Classe C Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Sito dedicato » Virtual tour » Finanziamenti » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 45 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica News McLaren 650 MSO coupé concept La Casa di Woking ha rilasciato le prime immagini della McLaren 650 MSO coupé concept, esercizio stilistico caratterizzato dall’ampio ricorso a tonalità scure e componenti in fibra di carbonio L a Casa di Woking ha rilasciato le prime immagini della McLaren 650 MSO coupé concept, esercizio stilistico caratterizzato dall’ampio ricorso alle tonalità scure e a numerose componenti dedicate. La McLaren 650 MSO (McLaren Special Operations) coupé concept presenta numerose componenti in fibra di carbonio, tra cui il diffusore posteriore ed i profili aerodinamici, oltre alle prese d’aria, facendo così il paio con la carrozzeria in tonalità Agrigan Black. Oltre a favorire il 48 contenimento delle masse, i nuovi profili in fibra di carbonio si propongono di incrementare l’efficienza aerodinamica della coupé di Woking, mentre il vano motore ha ricevuto una serie di elementi di finitura volti a personalizzarne ancor di più l’impatto estetico. Aperta la portiera è possibile notare le sellerie sportive con guscio in fibra di carbonio (materiale che ritroviamo anche su numerosi altri elementi della cabina) con rivestimenti in pelle nera volti a fare il paio con una serie di dettagli in nero lucido. 49 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica News smart primo video-teaser della nuova generazione Verrà svelata nei prossimi mesi la nuova smart, di cui il brand cittadino del Gruppo Daimler ha rilasciato il primo video-teaser ufficiale V errà definitivamente svelata nei prossimi mesi (probabilmente in occasione del Salone di Parigi 2014), la nuova smart, che verrà proposta nelle varianti ForTwo e ForFour, e di cui il brand cittadino del Gruppo Daimler ha rilasciato il primo video-teaser ufficiale. Il filmato, registrato in Svezia (ove la nuova smart ha effettuato alcuni test), mostra in azione sul ghiaccio i prototipi 50 delle nuove vetture, permettendo così di osservare l’architettura estremamente compatta di entrambe le varianti. Dotata di cromosomi comuni alla Renault Twingo di ultima generazione, la nuova smart manterrà la trazione posteriore. La ForTwo dovrebbe essere lunga 2.629 mm, mentre la ForFour dovrebbe misurare 3.505 mm, con unità che dovrebbero essere da 0.9 litri e 90 CV e da 1.0 litro da 70 CV. 51 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica colorazione grigia e dei cerchi a cinque razze in color “Chrome Torque”, oltre ad uno splitter anteriore ispirato dalla Z06 e a dei tappetini dedicati. La Corvette Pacific Edition verrà proposta nella sola versione coupé equipaggiata con lo Z51 Performance Package e verrà proposta in cinque diverse tonalità di carrozzeria, ovvero: Torch Red, Black, Arctic White, Blade Silver e Shark Gray, tutte affiancate da delle bande racing e da cerchi a cinque razze ad Y neri alle cui spalle è possibile notare le pinze rosse dell’impianto frenante. Limitati i cambiamenti interni, che permettono di osservare però degli inediti sedili sportivi, dei battitacco dedicati ed una serie di inediti particolari in fibra di carbonio. Corvette Atlantic e Pacific edition Il costruttore statunitense si ispira ai due oceani a cui guardano le coste degli USA per realizzare due edizioni speciali della Corvette Stingray, ovvero la Atlantic e la Pacific I l costruttore statunitense si ispira ai due oceani a cui guardano le coste degli USA per realizzare due edizioni speciali della Corvette Stingray, ovvero la Atlantic e la Pacific. Caratterizzate esteriormente da delle colorazioni dedicate, queste varianti verranno rispettivamente proposte ognuna al fianco di una sola tipologia di carrozzeria, ovvero coupé e cabriolet. La Corvette Atlantic Edition verrà proposta nella sola versione cabrio equipaggiata con lo Z51 Performance Package, presenta una 52 53 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica Media E’ stata svelata la Rezvani Motors Beast, supercar biposto a cielo aperto basata sulla Ariel Atom. La Rezvani Motors Beast è basata sulla Ariel Atom, ed è stata progettata da Samir Sadikhov (che in passato ha già realizzato alcune concept firmate Aston Martin e Ferrari), ed è caratterizzata, oltre che da linee minimalistiche dominate da superfici tese, da un corpo vettura in fibra di carbonio con gruppi ottici appena accennati, un diffusore posteriore di grandi dimensioni e dei cerchi da 19 pollici di diametro. A muovere la Rezvani Motors Beast saranno due diverse motorizzazioni: un turbo da 2.0 litri in grado di sviluppare fino a 315 CV di potenza massima (Beast 300) che permettono alla vettura di scattare da 0 a 100 km/h in 2.9 secondi di tempo e un 2.4 litri sovralimentato da 500 CV di potenza (Beast 500), che permettono di coprire lo 0-100 km/h in 2.7 secondi di tempo. I prezzi vanno dai 99.500 $ per la Beast 300 ai 124.900 $ previsti per l’acquisto della Beast 500 per i primi esemplari. Dopo che le edizioni di lancio saranno esaurite i prezzi saliranno a 119.000 $ per la Beast 300 e a 139.000 $ per la Beast 500. Rezvani Motors Beast E’ stata svelata la Rezvani Motors Beast, supercar biposto a cielo aperto basata sulla Ariel Atom caratterizzata da linee tese e minimalistiche e da un corpo vettura in fibra di carbonio 54 55 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Innovazione Periodico elettronico di informazione motociclistica Produzione diversificata L’andamento economico del Gruppo denota una forte crescita dovuta a diversi fattori. Citiamo sicuramente la diversificazione della produzione industriale, che va a coprire aree di business diverse, e l’importanza degli investimenti in ricerca e sviluppo. Sono questi in particolare ad avere portato Bosch a questa eccellenza nel mondo, basti pensare che ogni giorno la società registra 20 brevetti nei vari centri di ricerca che possiede in Europa, Asia e America (5.000 all’anno). Nel 2013 ha investito 4,5 miliardi di euro nella ricerca. Questa fortissima, unica vocazione alla ricerca si ricollega allo statuto particolare del Gruppo tedesco. Il 92% delle partecipazioni della Robert Bosch GmbH sono infatti detenute dalla fondazione caritatevole Robert Bosch Stiftung GmbH. La maggioranza dei diritti di voto appartiene alla società fiduciaria Robert Bosch Industrietreuhand KG che gestisce le funzioni imprenditoriali dell’azienda. I diritti di voto e le partecipazioni restanti spettano alla famiglia Bosch e alla Robert Bosch GmbH. 2014: fatturato in aumento. Bosch leader nei sensori utili a Internet Inizia alla grande il 2014 per Bosch, che nei primi tre mesi vede il fatturato crescere del 7%, le previsioni vedono poi un aumento del fatturato compreso tra il 3 e il 5% nel corso del’anno corrente. Il 2013 si è chiuso con un aumento del fatturato del 3,1% (46,1 miliardi di euro), Bosch ha impiegato nel mondo oltre 280.000 persone, di queste circa 45.000 si sono occupate della ricerca. L’euro forte ha causato una perdita sul fatturato di circa 1,5 miliardi di euro a causa dei Bosch Internet e microsensori per la sicurezza delle auto Dal 2020 la guida automatica sarà realtà di Andrea Perfetti | Il Gruppo Bosch ha tenuto a Stoccarda la conferenza annuale a cui abbiamo partecipato per conoscere i numeri e i progetti del fornitore leader al mondo nelle tecnologie e nei servizi dedicati a chi va in auto e in moto B osch è leader al mondo nella progettazione di nuove tecnologie e servizi. E’ attivo nei settori automotive, dell’energia e delle tecnologie costruttive, nelle tecnologie industriali e nei beni di consumo. La sua è una realtà ben radicata anche in Italia, dove il Gruppo fondato nel 1886 da Robert Bosch 56 ha realizzato diversi insediamenti produttivi di grande rilevanza. Nel nostro Paese il gigante tedesco conta 19 società, 4 centri di ricerca e circa 6.000 collaboratori; il suo fatturato in Italia è di 1,7 miliardi di euro. Automoto.it e Moto.it dedicheranno presto un approfondimento a queste fabbriche che servono le aziende auto e moto di tutto il mondo. 57 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito tassi di cambio sfavorevoli. Se si escludono le perdite dovute al fotovoltaico, il margine EBIT ha raggiunto il 6%, pari a 2,8 di miliardi di euro grazie soprattutto alla crescita del business nel’Automotive. Nel 2013 il settore Automotive ha registrato un aumento del fatturato del 6,7%, attestandosi a 30,6 miliardi di euro. Bosch è oggi leader di mercato a livello mondiale nel campo dei sensori micromeccanici (MEMS), una tecnologia alla base degli sviluppi futuri delle applicazioni pratiche connesse a Internet. L’obiettivo strategico di Bosch consiste infatti nel creare soluzioni per la mobilità, l’industria, i sistemi energetici e gli edifici che permettano di migliorare le prestazioni attraverso la connessione. I sensori consentono di realizzare una nuova forma di assistenza tecnica nella vita quotidiana. Non parliamo di un futuro remoto, ma molto vicino, per 58 Innovazione Periodico elettronico di informazione motociclistica certi versi attuale. Pensiamo alla guida automatica (che abbiamo sperimentato in questi giorni e su cui torneremo presto) o alla casa intelligente, Bosch sta investendo moltissime risorse per rendere fruibili i frutti della ricerca collegata a Internet. Nel 2013 l’azienda ha prodotto un miliardo di sensori, e per quest’anno è previsto un ulteriore aumento del 30%. I sensori intelligenti rappresentano un fondamentale elemento del progresso tecnologico. Sono dotati di un’interfaccia radio e di un microcontroller che consentono di trasmettere dati via Internet, per esempio a dispositivi mobili. «Gli smartphone non saranno gli unici dispositivi a essere dotati di sensori. Qualsiasi oggetto “smart” potrà essere fornito di tali sensori», ha spiegato Volkmar Denner, AD di Bosch. Cresce il fatturato legato ai sistemi di assistenza alla guida. Dal 2020 la guida automatica ad alta velocità I sensori sono divenuti un componente essenziale per rendere più sicura la guida di un’auto moderna. Dal 2016 saranno fondamentali anche per conseguire le 5 stelle nei severi test Euro NCAP. Le auto di nuova generazione impiegano sensori radar, video e a ultrasuoni. Nel 2014 Bosch produrrà 50 milioni di sensori a ultrasuoni, pari a un aumento del 25% rispetto all’anno precedente, e raddoppierà la produzione di sensori radar e video, superando i due milioni di unità. Già nel 2016, il fatturato relativo ai sistemi di assistenza alla guida supererà il miliardo di euro. Entro il 2020, l’azienda punta a realizzare la guida automatica a velocità più elevate. Da Bosch un contributo alla sicurezza dei motociclisti: presto l’ABS low cost per le moto di piccola cilindrata Il Gruppo di Stoccarda ha investito importanti risorse anche nel settore delle due ruote. Oggi produce il primo sistema di controllo della stabilità dedicato a una moto (l’MSC che ha debuttato sulla KTM Adventure 1190) e presto introdurrà sul mercato un ABS economico, a un canale (sulla ruota anteriore), destinato alle moto di piccola cilindrata in larga diffusione sui mercati emergenti dell’Asia. «Costerà poche decine di euro ed è destinato ad abbattere in modo drastico la sinistrosità delle due ruote a motore su questi mercati in forte crescita», così ci ha detto WolfHenning Scheider (membro del Board di Bosch e responsabile dell’area Automotive). 59 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Innovazione produzione nel Paese, che nel 2013 ha dato un Bosch nel mondo: cresce in Europa, raddoppia in America e fatturato di 700 milioni di euro. Bosch opera in Asia. A Renningen il nuovo campus Russia da 110 anni. dedicato alla ricerca L’Asia è oggi la principale area di crescita di Bosch crede nella ricerca, Bosch che punta a raddoppiare il suo fatturato chiede che anche i politici facciano lo stesso qui entro il 2020. Dal 2010 al 2014 Bosch ha investito circa 3,3 miliardi di euro nella regione. Il Gruppo tedesco punta a raddoppiare il fatturato anche in Nord e Sud America, in Messico sta aprendo per questo un nuovo centro di ricerca. In Europa Bosch cresce a dispetto della crisi economica, il fatturato è infatti cresciuto del 2,2% toccando i 25,5 miliardi di euro. Nel 2013 Bosch ha investito 1,6 miliardi di euro (oltre 900 milioni in Germania) in Europa espandendo la capacità produttiva soprattutto nei paesi dell’Est. Significativi sono gli investimenti nel nuovo centro di ricerca di Renningen, che abbiamo visitato in questi giorni. Qui Bosch ha investito 310 milioni di euro: saranno realizzati 11 laboratori all’avanguardia su un’area di oltre 100 ettari. Il campus ospiterà la ricerca di nuovi materiali, metodi e tecnologie, ma anche lo sviluppo di nuovi sistemi e processi di produzione. Inizialmente vi lavoreranno 1.200 ricercatori. In Nord America il fatturato di Bosch è aumentato del 3,5%, attestandosi a 7,8 miliardi di euro. Il fatturato nel mercato sudamericano invece è diminuito del 3,6%, fermandosi a 1.7 miliardi di euro. Bosch nel 2013 ha investito il 10% del fatturato nella ricerca, si tratta di ben 4,5 miliardi di euro. Nel 2014 oltre 45.000 ricercatori lavoreranno all’interno del Gruppo di Stoccarda (che conta 281.000 dipendenti). Volkmar Denner, Presidente del Consiglio di amministrazione Bosch e responsabile del settore ricerca e sviluppo, chiede però che anche le istituzioni facciano la loro parte, sostenendo le imprese europee nella corsa alla competitività con le concorrenti asiatiche e americane: «I politici devono guardare più avanti. Nel settore della ricerca e dello sviluppo, la Germania e altri Paesi europei devono misurarsi con le nazioni leader al mondo in questo ambito. Le università migliori rendono più attraenti le regioni in cui sono situate, comportando benefici indiretti anche per le aziende». Nella regione Asia-Pacifico, in particolare in Cina, Bosch è cresciuta nel fatturato del 5,8%, raggiungendo circa 11,1 miliardi di euro. In India e in Giappone, a causa della difficile situazione economica, le attività sono cresciute al di sotto delle aspettative. Bosch osserva con attenzione anche la situazione in Russia, ma al momento non intende interrompere gli investimenti e la Europa espandendo la capacità produttiva soprattutto Cresce la Cina. Non si ferma la fiducia nella Russia 60 Nel 2013 Bosch ha investito 1,6 miliardi di euro in nei paesi dell’Est 61 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Innovazione Periodico elettronico di informazione motociclistica presente anche nel nostro Paese, in Italia occupa quasi 6.000 dipendenti in 19 diverse fabbriche per un fatturato nel 2013 di 1,7 miliardi di euro. Il centro di Renningen Municipalità di Renningen, a due passi da Stoccarda, nel cuore dello stato del Baden-Württemberg. Qui nel giro di due anni sarà operativo il nuovo centro di ricerca e di sviluppo della Bosch. Prevede 14 nuovi edifici su un terreno di 100 ettari, per una superficie totale di quasi 110.000 metri quadri. Occuperà inizialmente 1.200 persone. Saranno investiti 310 milioni di euro e saranno messe a frutto tutte le più avanzate tecnologie per limitare al massimo il consumo energetico del complesso. Il campus di Renningen consentirà di concentrare in questo polo le varie attività di ricerca, che invece oggi sono distribuite nell’area di Stoccarda (nelle zone periferiche di GerlingenSchillerhöhe, Schwieberdingen e Waiblingen). «Creando canali di contatto ancora più stretti tra progettisti e ricercatori, vogliamo stimolare la creatività e accelerare il trasferimento di conoscenze tra le business unit» ha dichiarato Klaus Dieterich, presidente della divisione Corporate Research and Advance Engineering. Abbiamo visitato il nuovo centro di Renningen e ammirato la capacità con cui i tedeschi sono riusciti a procedere nei lavori. Il cantiere è stato quasi ultimato nel giro di soli due anni dall’inizio dei lavori e senza alcun aumento dei costi. D’altra parte anche il territorio ha fatto la sua parte, il sindaco di Renningen ha infatti valutato molto positivamente il nuovo insediamento tecnologico, che avrà sicure ripercussioni sull’indotto economico dell’intera regione. Bosch investe nella ricerca 310 milioni per il nuovo centro di Renningen di Andrea Perfetti | Un vero e proprio campus, destinato a divenire presto il fulcro mondiale del R&D del colosso tedesco. Ospiterà 14 edifici e 1.200 persone. Abbiamo visitato il cantiere e provato in anteprima due novità della Bosch (la frenata salva pedone e il parcheggio automatico) R &D (research and development). Ricerca e sviluppo sono alla base della leadership tecnologica mondiale di Bosch. Un’azienda che nel 2013 vanta un fatturato di oltre 46 miliardi di euro, di questi quasi il 10% (4,5 miliardi) sono stati investiti in ricerca. Si tratta di una cifra colossale che va di 62 pari passo con un altro dato molto significativo: la società tedesca dà lavoro a 281.000 persone nel mondo, nel 2014 45.000 tra queste saranno impiegate proprio nella ricerca. A questo link trovate i numeri più importanti del bilancio aziendale del 2013, comunicati durante l’annuale conferenza a cui abbiamo preso parte. Bosch è ben 63 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito L’importanza della ricerca Renningen diventerà sicuramente il centro di R&D più importante di Bosch. Non bisogna però dimenticare l’impegno a 360° della società tedesca, che vanta otto centri di ricerca nel mondo e la partecipazione a ben 250 progetti universitari. Nel 2014 i ricercatori passeranno da 43.000 a 45.000 unità, una percentuale molto alta se si considera il numero complessivo degli occupati. A Renningen 12 dei 14 edifici saranno costruiti secondo il modello dei migliori campus universitari. Le palazzine a due-tre piani del laboratorio e dell’officina saranno collegate mediante ponti finestrati e strutture di collegamento trasparenti. La parte centrale del campus sarà caratterizzata da ampie aree verdi e laghetti artificiali che raccoglieranno l’acqua dai tetti. L’edificio centrale, alto 60 metri, sarà la costruzione più imponente del sito. I sistemi di recupero del calore previsti per i laboratori e le officine copriranno circa il 50% 64 Innovazione Periodico elettronico di informazione motociclistica del fabbisogno di riscaldamento dell’intero sito, mentre l’acqua piovana raccolta nei laghetti e nei pozzi sommersi servirà a raffreddare gli edifici. Per bilanciare gli effetti sull’ecosistema, Bosch si è impegnata a migliorare la qualità dell’acqua di un lago vicino, a bonificare uno stagno e piantare alberi da frutta. Le specie animali rare sono state trasferite all’esterno del cantiere. Abbiamo assaggiato i frutti della ricerca Va bene, anzi benissimo, la teoria, ma cosa c’è di meglio di una prova sul campo degli effetti della ricerca? Bosch ci ha fatto assistere al funzionamento di due sistemi che presto vedremo impiegati sulle auto in produzione. Parliamo della frenata automatica fino alla velocità di 30 km/h e al parcheggio completamente automatico dell’auto (il guidatore può quindi scendere dalla vettura, che procede da sola a posizionarsi). Abbiamo verificato come sia davvero a buon punto il progetto di parcheggio automatico della vettura (nel nostro caso una Volkswagen Passat Variant). Il sistema Bosch è infatti in grado di riconoscere la presenza di uno spazio sufficiente al parcheggio della vettura e avvisa il conducente, che a questo punto posiziona la leva del cambio a doppia frizione in Neutral e schiaccia il pulsante del parcheggio automatico sulla plancia. La vettura procederà quindi da sola alle manovre di parcheggio, agendo su sterzo, freno, acceleratore e cambio. Il guidatore può anche uscire dalla macchina e fare l’operazione con un’app dello smartphone (ma sulla versione definitiva sarà preferito un tasto sulla chiave in dotazione). Al volante di una Golf abbiamo invece verificato il funzionamento del sistema di frenata automatica in presenza di un ostacolo (tipicamente il pedone in città) fino alla velocità di 30 km/h (oltre il sistema non aiuta perché aumentano le variabili in gioco, soprattutto legate al comportamento degli altri utenti della strada che hanno maggiore distanza da noi e quindi maggiore possibilità di abbandonare la nostra traiettoria in tempo). Il sistema Bosch sfrutta i radar e la videocamera collocati sulla parte alta del parabrezza e, quando vede comparire il (finto) bambino davanti a noi, interviene stoppando la vettura al posto del guidatore (ovviamente se questi è distratto). La potenza frenante applicata è elevatissima grazie alla presenza di uno speciale boost che distribuisce la forza necessaria alla pinze dei freni. La frenata automatica “salva pedone” sarà disponibile a partire dal 2016. Anche grazie a dispositivi come questo le auto di nuova generazione potranno ottenere la massima valutazione nei test Euro NCAP, che dovranno prevedere appunto la presenza a bordo di sistemi di assistenza automatica alla guida. 65 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica Viaggio nel tempo, De Vita nel ‘96 «Aboliamo il PRA, è inutile». Ma oggi nulla è cambiato, anzi... di Enrico De Vita | E’ il 1996 ed Enrico De Vita spiega in radio perché il PRA è un ente inutile e parassita. Colpiscono le argomentazioni a favore della sua abolizione, tutte ancora estremamente valide ed attuali, ma intanto la situazione è solo peggiorata inserito ma è quello che ha subito raggiunto il maggior numero di firme (676.000). Questo perché siamo andati a toccare un dente dolente per i cittadini». «È sempre stato Mussolini a consegnare la gestione del PRA all’ACI, che oggi (siamo sempre nel 1996, ndr) ricava centinaia di miliardi di compensi provenienti dalla tasche sia degli automobilisti che dello Stato. L’ACI infatti ha una percentuale dello 0,75% sulle imposte di registro pagate allo stato dai cittadini». I tanti errori del PRA, ricaduti sulle spalle (e le tasche) dei cittadini «Fino al 1987-1988 le trascrizione sui registri del PRA avvenivano a mano, con una semplice penna. Spesso quindi si sono verificati errori, come per esempio vetture rottamate ma non cancellate correttamente dagli elenchi oppure trascritte in maniera scorretta dopo un passaggio di B isogna abolire il PRA perché è un ente inutile, caratterizzato da un’inspiegabile sovrapposizione di competenze con la Motorizzazione. Starete senz’altro pensando che siamo tornati a parlare di un argomento di grande attualità oggi, dopo le promesse ventilate dal governo Renzi. E invece no, siamo nell’ormai lontano 1996, all’epoca del referendum che proponeva la cancellazione del PRA per porre fine agli evidenti sprechi di denaro pubblico ed ai giochi di poteri “da prima Repubblica” legati a questo ente. Più precisamente siamo all’interno di una puntata di “Diritto Civile”, andata in onda su Radio Radicale, che ha come ospite il nostro editorialista Enrico De Vita, promotore del referendum per l’abolizione del pubblico registro. Quello che colpisce è ascoltare quanto siano attuali i contenuti e soprattutto le argomentazioni emersi durante la 66 proprietà. Di conseguenza ai vecchi proprietari continuava a venir richiesto il pagamento della tassa di proprietà, anche se in realtà non erano più in possesso dell’auto, oppure arrivano al proprietario originale multe elevate a quello nuovo. Gli errori del PRA sono stati davvero tantissimi e sono venuti a galla con l’informatizzazione del Pubblico Registro, iniziata nel 1992». «Nel 1986, qualche anno dopo il passaggio da bollo a tassa di proprietà, l’ACI ha iniziato il controllo dei mancati i bolli per via informatica, che prometteva di cancellare l’evasione del pagamento di questa tassa. Nel primo anno furono individuati 2,1 milioni di mancati bolli, oggi (siamo sempre nel 1996, ndr), a più di 10 anni di distanza dovremmo avere un’evasione ridotta a zero grazie al controllo informatizzato, invece abbiamo ancora 4 milioni di bolli non pagati. I casi a questo punto sono due. O gli Italiani sono stupidi e non hanno trasmissione, nonostante siano passati 18 anni. Un periodo lunghissimo, in cui la situazione, in termini di sprechi e costi per la collettività, è addirittura peggiorata. La puntata andata in onda su Radio Radicale rappresenta in definitiva una testimonianza diretta di come in questi anni non sia cambiato niente, tanto che oggi siamo ancora al punto di partenza, impegnati a chiederci se sia davvero arrivata la volta buona per l’abolizione del PRA. Il PRA, quel registro voluto da Mussolini nel ‘27 e regalato all’ACI «Abolire il Regio Decreto che ha istituito il PRA nel lontano 1927, per volere di Mussolini, non crea nessun problema o vuoto di potere perché tutti i veicoli sono già oggi registrati dalla Motorizzazione Civile. Il quesito referendario per l’abolizione del PRA è stato l’ultimo ad essere 67 ancora capito che al controllo del computer non si sfugge, oppure il sistema non funziona come dovrebbe. Io penso che questo sistema, oltre a far credere erroneamente di aver scovato 4 milioni di evasori - che in realtà sono finti, perché in molti casi sono soltanto auto non registrate correttamente dal PRA – ha creato innumerevoli disagi ai cittadini». Il PRA costa 400 miliardi di lire, intanto l’ACI incassa «Allo Stato ed ai cittadini italiani il PRA costa 400 miliardi di lire (oggi, nel 2014, circa 190 milioni di euro), mentre l’ACI muove altri denari, incassando per conto dello Stato, proprio come se fosse un’esattoria, 7.000 miliardi di lire provenienti dai bolli. Un’esattoria di questo tipo, all’alba dell’anno 2000 è davvero anacronistica, soprattutto 68 Periodico elettronico di informazione motociclistica “ Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito perché per riscuotere questi 7.000 miliardi di bolli, l’ACI costa allo Stato italiano 1.000 miliardi. Nemmeno una banca privata pretenderebbe così tanto per riscuotere dei soldi. Inoltre per una convenzione siglata nel 1986 all’ACI spetta un compenso forfettario dell’1% degli incassi del bollo, ovvero circa 70 miliardi di lire all’anno». Attualità Allo Stato ed ai cittadini italiani il PRA costa 400 miliardi di lire (oggi, nel 2014, circa 190 milioni di euro), mentre l’ACI muove altri denari, incassando per conto dello Stato, proprio come se fosse un’esattoria, 7.000 miliardi di lire provenienti dai bolli Per recuperare 180 miliardi di evasione, ACI e Ministero ne spendono più di 200 «Per recuperare quei 4 milioni di bolli presunti evasi, inizialmente si muove l’ACI, poi se non ci riesce passa la palla al Ministero. L’anno scorso (1995, ndr) tutti e due, ACI e Ministero, sanzioni comprese, sono riusciti a recuperare meno di 180 miliardi di lire, circa 90 miliardi a testa. Siccome le sanzioni alzano del 240% l’importo evaso, 69 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica integrati nella Motorizzazione con incarichi relativi al controllo delle revisioni, oppure in attività a favore della sicurezza e dell’educazione stradale. Lavorare per la sicurezza stradale è certamente produttivo perché salva vite umane o ogni vita umana persa o caricata di invalidità è una danno economico oltre che morale». Se non avessimo scritto che la trasmissione è andata in onda nel 1996 forse si sarebbero accorti in pochi che si trattava di una puntata di 18 anni fa. Le argomentazioni sono ancora valide, le cifre, trasformate in euro, sono ancora oggi paragonabili o in alcuni casi peggiorate. Nel frattempo i dipendenti del PRA sono aumentati in maniera vertiginosa, ma la sovrapposizione di competenze è rimasta intatta, così come gli sprechi di denaro pubblico e le perdite di tempo a cui sono costretti i cittadini dal PRA ad ogni passaggio di proprietà. 70 Le conseguenze dell’abolizione: solo vantaggi per i cittadini «L’abolizione del PRA comporta soltanto vantaggi per l’automobilista. Dal punto di vista sociale c’è da pensare ai 600 impiegati del PRA (oggi, nonostante i computer, sono oltre 2.000!, ndr), a cui va trovata una sistemazione lavorativa. L’Italia ha bisogno di professioni che producano ricchezza e prodotto interno lordo e che non siano parassitarie. È vero, bisogna creare occupazione, ma occupazione produttiva, altrimenti diamo vita a parassiti. E il PRA è un tipico esempio di ufficio parassita perché svolge una mansione che si sovrappone di fatto a quella della Motorizzazione. Questi impiegati potrebbero essere “ e tali percentuali sono comprese in queste cifre, l’importo evaso realmente recuperato - escluse cioè le sanzioni – è di circa 70 miliardi. Per recuperare queste modeste somme, ACI e Ministero sono costati allo Stato e quindi ai cittadini più di 200 miliardi di lire. Al Ministero delle Finanze vengono occupati la bellezza di 9.000 dipendenti per lavorare a tempo pieno al recupero di questi crediti. Lo si evince da una comunicazione interna del Ministero, top secret, della quale sono entrato in possesso. Un operazione elefantiaca di recupero, ma totalmente improduttiva. E lo stipendio di questi 9.000 dipendenti statali si aggira intorno ai 600 miliardi di lire all’anno, mentre se ne recuperano di fatto soltanto 70!» L’Italia ha bisogno di professioni che producano ricchezza e prodotto interno lordo e che non siano parassitarie 71 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica soltanto auto ibride (range extender comprese) ed elettriche o quelle alimentate a GPL, metano, biometano e a idrogeno (?). Rimangono escluse quindi tutte le auto più “tradizionali” ovvero quelle spinte da classici motori termici alimentati con benzina e diesel (o gasolio che dir si voglia), anche se emettono meno di 120 g/km. Un esempio può aiutare a sgomberare il campo dagli ultimi dubbi, qualora ne fossero rimasti. La Peugeot 308 HDi 1.6 HDi 92 CV è campionessa in termini di emissioni, con un valore dichiarato che non va oltre i 95 g/km, quindi perfettamente in linea con i parametri di emissione imposti dalla manovra. Essendo alimentata a gasolio però e non essendo ibrida non può godere di alcun tipo di incentivazione. Moto e scooter: esclusi tutti quelli a benzina (la quasi totalità) Incentivi 2014, attenzione a non sbagliare non valgono per auto benzina e diesel di Matteo Valenti | A poche ore dall’annuncio dei nuovi incentivi 2014 è già il caos. In molti hanno annunciato che la manovra di incentivazione riguarda auto benzina e diesel. Ma le cose non stanno affatto così E’ passato soltanto un giorno dall’annuncio dei nuovi eco-incentivi 2014 ma si è già scatenato il caos. Sono stati molti infatti a dichiarare che la manovra di incentivazione riguarda tutti i tipi di veicoli, a patto che rispettino determinati parametri di emissioni di CO2 particolarmente stringenti. Niente di più falso. 72 Auto benzina e diesel tradizionali: niente incentivi Gli eco-incentivi 2014 è vero che vengono destinati a veicoli a basse emissioni di CO2 (fino ad un massimo di 120 g/km) ma a patto che siano alimentati per mezzo di combustibili alternativi o con tecnologie di propulsione alternative. In pratica possono usufruire degli incentivi Stesso discorso per le due ruote. Anche in questo caso non basta guardare i valori di emissioni dichiarati. Rientrano nella manovra soltanto motoveicoli e ciclomotori elettrici (quelli a listino si contano sulle dita di una mano) e quelli ibridi (che poi è uno soltanto, il Piaggio Mp3 Hybrid). Esclusi totalmente dall’incentivazione scooter, moto e ciclomotori alimentati soltanto a benzina, ovvero la quasi totalità dei modelli. La confusione è nata perché il Ministero nel comunicare la nuova manovra di incentivazione ha dichiarato che “Gli ecoincentivi 2014 saranno resi disponibili con le norme e le modalità già in vigore lo scorso anno”, quando rientravano negli incentivi anche veicoli alimentati semplicemente a benzina o a gasolio. Cosa che invece quest’anno non accade più come specifica a più riprese non soltanto il sito ufficiale del Ministero ma anche l’articolo 1 del Decreto Ministeriale che mettiamo a disposizione in allegato. Il Ministro dello Sviluppo Economico infatti ha voluto puntualizzare dicendo che si tratta di incentivi per spingere i costruttori a puntare su carburanti e sistemi di propulsione alternativi e per svecchiare il parco circolante, ma non per dare una boccata d’ossigeno generica al mercato auto e moto. Non bisogna dare credito quindi nella maniera più assoluta quegli elenchi di veicoli che possono avvantaggiarsi degli incentivi - stanno spuntando come funghi sul web - dove compaiono tradizionali modelli benzina o diesel. (La Fiat Panda 1.2 Fire a benzina da 69 CV non gode degli incentivi, la versione 0.9 TwinAir Natural Power a metano sì). Perché spingere a sostituire prematuramente auto? Una volta sgomberato il campo una volta per tutte dai dubbi però torniamo ad avanzare qualche altra perplessità su questa manovra di incentivazione, che si aggiunge a quelle che vi abbiamo raccontato ieri. Le aziende, a cui sono destinati il 50% dei fondi messi a disposizione, possono usufruire degli incentivi solo rottamando un veicolo di 10 anni di età di cui si sia in possesso da almeno 12 mesi. Sorvoliamo sul fatto che tendenzialmente saranno pochissime le imprese che possiedono un veicolo di 10 anni, considerati i chilometraggi elevati a cui vanno incontro generalmente le auto aziendali (è questo principalmente il motivo per cui soltanto pochissime aziende l’anno scorso sono riuscite a sfruttare gli incentivi, che infatti sono in parte avanzati). Rottami un’auto prematuramente? Inquini tantissimo, sprecando Il discorso in questo caso è di principio, perché con questa manovra il ministero dimostra una visione miope per quanto riguarda il rispetto ambientale. Questa politica di incentivazione infatti non tiene conto del fatto che spingere i cittadini a cambiare un veicolo dopo 10 anni con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento ha effetti deleteri sulla produzione di CO2. Un’auto di 10 anni ancora perfettamente funzionante, che viene rottamata prematuramente, verrà sostituita da un nuovo modello la cui realizzazione - considerando l’intero processo di produzione industriale – produrrà un quantitativo enorme di emissioni di 73 Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb “ Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Perché spingere a rottamare prematuramente auto ancora perfettamente valide e funzionanti? Così si inquina soltanto di più, CO2. Si è stimato che per produrre un’auto nuova (l’esempio è calcolato su una berlina 2.0 litri di segmento D) vengano emessi nell’atmosfera quantitativi di CO2 pari a quelli che la vettura emetterà mediamente durante il suo intero ciclo di vita. Sostituirla prematuramente quindi è solo e soltanto uno spreco, nulla di più, che incide peraltro negativamente a livello di emissioni. In poche parole per migliorare la qualità dell’aria si spingono i cittadini a rottamare auto potenzialmente ancora valide e funzionanti, di fatto peggiorandola e inquinando di più al momento della produzione del nuovo modello. Il parco auto circolante italiano è il più giovane d’Europa Da considerare infine che il parco auto circolante italiano, dopo manovre di incentivazione che si 74 sono susseguite a raffica negli ultimi anni, è il più giovane d’Europa (Fonte Acea), tanto che ormai non vengono quasi più rottamate vetture Euro 0 o Euro 1. In questo modo nel nostro Paese si vuole far passare l’idea che un’auto di 10 anni è vecchia, decotta e da sostituire, mentre nel resto d’Europa le automobili vivono mediamente 18 anni prima di essere rottamate. Francamente sembra quindi davvero una forzatura continuare a spingere per un ricambio prematuro dei mezzi a motore, che come abbiamo visto, ha effetti deleteri sull’ambiente. Ancora una volta quindi incentivi così strutturati non sembrano affatto la strada migliore per intervenire sulla riduzione dell’inquinamento e sul miglioramente della qualità dell’aria. Forse però faranno comodo a livello politico o in termini di comunicazione e propaganda agli occhi dei cittadini... sprecando 75 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica L’influenza della Formula 1 Negli ultimi anni però quasi tutti i costruttori di automobili hanno cominciato a offrire trasmissioni automatiche o semiautomatiche anche per modelli di cilindrata piccola e media, che in Europa hanno conquistato fette di mercato molto significative, e stanno continuando alla grande su questa strada. Una forte spinta in questa direzione è stata data dalle monoposto di Formula Uno, con il loro passaggio alle trasmissioni con cambio sequenziale, di tipo robotizzato, con il comando ridotto a due semplici levette al volante e frizione ad azionamento automatico. Le soluzioni oggi adottate dalle diverse Case sono svariate e ognuna di esse ha le proprie caratteristiche costruttive e funzionali. Comune a tutte è l’assenza del pedale della frizione. Quando viene impiegato un cambio automatico il pilota sceglie un “programma” e poi non deve fare altro che agire sul pedale dell’acceleratore. Al resto pensa la centralina con i suoi attuatori. In questo caso però non c’è la possibilità di decidere quale marcia innestare. Il principio di funzionamento In base al regime di rotazione del motore, alla velocità del veicolo e alla posizione del pedale dell’acceleratore, la centralina stabilisce, nella logica dei vari programmi (guida sportiva o tranquilla, contenimento dei consumi) quando effettuare i cambi di marcia. Generalmente il pilota può comunque agire in maniera da ottenere una scalata, con innesto di una marcia più bassa, effettuando il kick-down (ossia premendo repentinamente a fondo il pedale dell’acceleratore). In diversi casi sollevando il piede dal pedale è possibile ottenere l’innesto di una marcia più alta. I cambi semiautomatici Ci sono poi i cambi semiautomatici, che nelle esecuzioni moderne consentono al pilota di scegliere tra due modalità di funzionamento. Cambi automatici trasmissioni per tutti i gusti! di Massimo Clarke | Cambi automatici di schema tradizionale, semiautomatici con frizione o convertitore di coppia, a doppia frizione, variatori… La possibilità di scelta non è mai stata così ampia. Ecco tutti i cambi oggi disponibili P er anni le trasmissioni automatiche sono state sinonimo di vetture di grossa cilindrata e di notevole livello. Mentre negli USA sin dagli anni Cinquanta questi dispositivi si sono affermati in maniera pressoché plebiscitaria (al punto che da decenni molti automobilisti americani non sanno guidare le auto con cambio meccanico e pedale della frizione!), in Europa gli utenti hanno continuato a preferire nella grande 76 maggioranza dei casi i classici cambi manuali. Fino a poco tempo fa solo una percentuale molto modesta delle auto vendute era dotata di una trasmissione automatica. Come nel caso delle auto americane, quest’ultima era invariabilmente del tipo tradizionale, con convertitore di coppia e cambio dotato di gruppi epicicloidali (una rarissima eccezione è stata per diverso tempo la piccola DAF, con il suo variatore). 77 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Nel primo caso questo è totalmente automatico, con la centralina che controlla il cambio e la frizione. Anche qui in genere sono disponibili due programmi, con differenti logiche di intervento, dei quali uno è studiato all’insegna del contenimento dei consumi e l’altro in un’ottica decisamente sportiva. La seconda modalità di funzionamento prevede che sia il pilota a scegliere quale marcia innestare e in quale momento. La cosa avviene grazie a una corta leva collocata in posizione tradizionale o mediante due levette al manubrio (ma talvolta ci possono essere due pulsanti). Questi cambi semiautomatici sono definiti anche “robotizzati”; si tratta infatti di cambi meccanici tradizionali nei quali lo spostamento delle forcelle di innesto delle marce (come pure l’azionamento della frizione) invece di essere determinato dalla azione del pilota sulla leva di 78 comando, viene ottenuto per mezzo di attuatori che agiscono con estrema rapidità e precisione. Ma sulle moto? Si tratta di cambi sequenziali, in quanto allo spostamento in un senso della leva corrisponde l’innesto di una marcia immediatamente più alta e a uno “scatto” in senso opposto corrisponde l’innesto di una immediatamente più bassa. Per inciso, il sistema sequenziale (completamente meccanico e con comando a pedale) sulle moto è apparso nel 1927 per merito della inglese Velocette ed è stato adottato universalmente nel corso degli anni Trenta. Nei cambi semiautomatici non vi è alcun pedale della frizione e quello dell’acceleratore non ha collegamenti meccanici; è la centralina elettronica che, informata della sua posizione, agisce sulla valvola del gas (cioè sulla “farfalla”). Pure la leva che si aziona per cambiare marcia non è collegata col cambio ma con la centralina. Il Tiptronic Un tipo particolare di cambio semiautomatico, di notevole raffinatezza tecnica, è il Tiptronic, sviluppato in origine dalla Porsche e oggi impiegato su diversi modelli del gruppo Volkswagen-Audi. In questo caso al posto della tradizionale frizione, all’ingresso del cambio si trova un convertitore di coppia. I cambi a doppia frizione Una diffusione crescente stanno conoscendo i cambi semiautomatici del tipo a doppia frizione, che consentono di ottenere cambi di marcia veloci ma al tempo stesso “dolci” (cioè senza strappi). In questo caso ci sono due alberi di entrata, coassiali, ciascuno dei quali è dotato di una propria frizione. Su uno dei due alberi ci sono gli ingranaggi delle marce pari (seconda, quarta e sesta) e sull’altro quello delle marce dispari. Quando il veicolo è in movimento sono sempre innestate contemporaneamente due marce “adiacenti” (ad esempio, seconda e terza, o terza e quarta), ma una sola delle due frizioni trasmette il moto. Il passaggio da una marcia all’altra viene ottenuto innestando una frizione e contemporaneamente disinnestando l’altra. Anche il cambio a doppia frizione è sequenziale e rientra nella categoria dei semiautomatici; può essere infatti impiegato in modalità automatica o manuale, con il pilota che sceglie il momento del passaggio da una all’altra marcia e la centralina che di conseguenza aziona gli attuatori. 79 I variatori Completamente diversi sono i variatori, generalmente indicati con la sigla CVT (Continuously Variable Transmission). Questi dispositivi consentono di ottenere una variazione continua e graduale del rapporto di trasmissione; non ci sono quindi le tradizionali marce. In certi casi però il sistema di gestione prevede delle posizioni prefissate, e questo consente di ottenere un comportamento analogo a quello delle trasmissioni dotate di cambio. Per consentire la messa in movimento della vettura vi è una frizione a funzionamento automatico (o un convertitore di coppia), che entra in funzione solo in tale circostanza e dopo rimane sempre innestata. Usualmente questi dispositivi sono del tipo a cinghia e pulegge a diametro variabile. Il principio di funzionamento è quindi analogo a quello delle trasmissioni impiegate su quasi tutti gli scooter; in questo caso però la cinghia, dotata di una serie di elementi metallici, è realizzata in modo da poter lavorare a compressione. In una categoria a sé 80 Periodico elettronico di informazione motociclistica stante rientra il Multitronic, impiegato da Audi; utilizza una cinghia, interamente metallica e assai simile a una catena in quanto dotata di una serie di maglie, che lavora a trazione. Completamente diversi sono i variatori di tipo toroidale (Extroid, Torotrak), che per ottenere un cambiamento continuo del rapporto utilizzano dischi sagomati e rulli. Attualmente nel nostro settore trova impiego (molto limitato) solo quello della Nissan. Anche le trasmissioni meccanoidrauliche consentono di ottenere una variazione continua e graduale del rapporto di trasmissione. Non vengono però utilizzate in campo automobilistico, almeno per il momento. In conclusione, la scelta della trasmissione in genere viene effettuata dalla casa, in funzione delle caratteristiche della vettura e del tipo di impiego prevalente previsto. In certi casi però è possibile che l’utente possa decidere, in base ai suoi gusti, tra opzioni differenti. Per uno stesso modello di autovettura, o due assai simili, possono infatti essere disponibili trasmissioni differenti. “ Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Tecnica Una diffusione crescente stanno conoscendo i cambi semiautomatici del tipo a doppia frizione, che consentono di ottenere cambi di marcia veloci ma al tempo stesso “dolci”. In questo caso ci sono due alberi di entrata, coassiali, ciascuno dei quali è dotato di una propria frizione 81 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Pagine di storia I motori automobilistici raffreddati ad aria (seconda parte) di Massimo Clarke | Nel dopoguerra è iniziata la storia della mitica Citroen 2 CV e delle Panhard dalla meccanica raffinata. Ed è entrata in scena la Porsche… L a semplicità, l’affidabilità e il costo ridotto tipici del raffreddamento ad aria non sono stati ignorati dai tecnici che lavoravano alla realizzazione di vetture di piccola cilindrata destinate alla motorizzazione di massa. Per un tipo di auto del quale si iniziava a sentire una grande necessità, le utilitarie, si trattava di una soluzione senz’altro attraente. E anche l’idea di impiegare due soli cilindri non era affatto male. Il problema, disponendoli in linea, era costituito dalle vibrazioni. Poteva però essere facilmente risolto adottando una architettura a cilindri contrapposti, disposizione nota anche come “boxer”. 82 Il bicilindrico Citroen: un precursore dei tempi Attorno alla metà degli anni Trenta la direzione della Citroen decise di realizzare una vettura essenziale ed economicissima, ma al tempo stesso robusta e con sospensioni in grado di affrontare senza problemi anche fondi sconnessi come quelli che ancora erano comuni nelle zone rurali. Doveva essere di piccola cilindrata ma al tempo stesso avere una abitabilità più che buona. Il progetto era contraddistinto con la sigla TVP (tres petite voiture). Il responsabile del motore, Maurice Sainturat, optò per un bicilindrico boxer raffreddato ad acqua di 375 cm3. Il cambio 83 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito era a tre marce e l’avviamento manuale. Dopo la realizzazione di una serie di prototipi e un lungo lavoro di messa a punto, la versione definitiva fu allestita nella primavera del 1939. In estate vennero realizzati numerosi esemplari di preserie. Tutto era pronto per il lancio di questa vettura spartana ed essenziale, con un solo faro (!), e carrozzeria quasi tutta in alluminio, con parte anteriore in lamiera ondulata, quando ebbe inizio la seconda guerra mondiale. Negli anni del conflitto l’estetica venne riveduta completamente da Flaminio Bertoni. Fu anche deciso di riprogettare il motore e, proprio sul finire delle ostilità, questo importante compito venne affidato all’italiano Walter Becchia, tecnico di grande esperienza e di provata capacità. Il nuovo bicilindrico venne dotato di raffreddamento ad aria e fu abbinato a 84 Pagine di storia Periodico elettronico di informazione motociclistica un cambio a quattro rapporti. La versione definitiva della 2 CV, con due fari e avviamento elettrico, venne presentata al Salone di Parigi del 1948. Semplicità strutturale e razionalità tecnica Il motore era stato progettato all’insegna di una grande semplicità strutturale e della massima razionalità nelle scelte tecniche, effettuate con l’obiettivo di contenere i costi di fabbricazione ma al tempo stesso di ottenere una ottima robustezza e una grande durata. I cilindri erano in ghisa mentre il basamento e le teste erano in lega di alluminio; in ciascuna di queste ultime erano alloggiate due valvole inclinate tra loro di 70°. Le camere di combustione erano quindi di forma emisferica. L’albero a gomiti, che poggiava su due supporti di banco, era di tipo composito. Lo costituivano cinque parti unite tra loro per forzamento. Questa soluzione, di scuola motociclistica, consentiva di adottare bielle senza cappello, ossia con testa in un sol pezzo. Sia i cuscinetti di banco che quelli di biella erano a strisciamento; si trattava cioè di bronzine. Misure quadre Il basamento era formato da due semicarter simmetrici che si univano secondo un piano verticale longitudinale. In questo motore vi erano due soli ingranaggi, utilizzati per comandare l’albero a camme, collocato nella parte inferiore del basamento. La distribuzione era ad aste e bilancieri. Sulla estremità anteriore dell’albero a gomiti erano montati il rotore della dinamo e la ventola di raffreddamento, a flusso assiale. L’estremità posteriore dell’albero a camme azionava la pompa dell’olio e quella anteriore il complesso del ruttore di accensione con anticipo centrifugo. Il motore aveva misure caratteristiche perfettamente “quadre” (alesaggio e corsa = 62 x 62 mm); la cilindrata era di 375 cm3 e la potenza di 9 CV a 3800 giri/min. Nel corso degli anni questo bicilindrico ha subito una serie di aumenti di cilindrata. Alla fine del 1954 è comparsa la versione di 425 cm3 (da 12 cavalli, poi passati a 15 e nel 1963 a 18), con alesaggio portato a 66 mm. In seguito sono apparse due versioni rispettivamente di 435 e di 602 cm3; nel 1970 quest’ultima erogava 33 cavalli a 5750 giri/min. Una variante di 652 cm3 è stata impiegata sulla Visa ma non sulla 2 CV. La straordinaria validità di questo bicilindrico 85 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Citroen, adottato anche sulla Dyane e sulla Ami, è dimostrata anche dal fatto che è rimasto in produzione fino al 1990 (nell’ultimo periodo veniva fabbricato in Portogallo). In totale della 2 CV sono stati costruiti oltre otto milioni e mezzo di esemplari. Mica male… Il bicilindrico Panhard A un altro bicilindrico francese raffreddato ad aria spetta un posto di spicco nella storia del motorismo. Si tratta del Panhard, dotato anch’esso di una architettura a cilindri contrapposti. Questo motore è nato alla fine della seconda guerra mondiale per equipaggiare la Dyna X, una interessante vettura dotata di carrozzeria in lega di alluminio, la cui presentazione è avvenuta nell’ottobre del 1946. Anche se i cilindri erano solo due, si trattava di una realizzazione di notevole raffinatezza tecnica, con cuscinetti di banco e di biella a rotolamento e molle di richiamo delle valvole a barra di torsione. L’albero a gomiti composito era in tre parti; i due perni di biella erano infatti integrali con i bracci di manovella anteriore e posteriore dell’albero stesso. Un’altra interessante caratteristica era costituita dall’impiego di cilindri “ciechi”; ognuno di essi infatti era realizzato in un’unica fusione (in lega di alluminio) con la relativa testa, che quindi non era amovibile. Le canne erano in ghisa e venivano installate con forzamento, inserendole nei cilindri dalla parte opposta alla testa. Il basamento era del tipo a tunnel, ovvero costituito da un’unica fusione. Le camere di combustione erano emisferiche e la distribuzione era ad aste e bilancieri, con albero a camme nella parte inferiore del basamento e punterie munite di rullo. Il sistema di lubrificazione prevedeva una pompa immersa, azionata da un alberello verticale che prendeva il moto dall’albero a camme, e due convogliatori centrifughi che, fissati ai bracci di manovella dell’albero a gomiti, raccoglievano l’olio che fuoriusciva dai cuscinetti di banco e lo facevano pervenire ai cuscinetti di biella. Nel corso degli anni questo motore è stato oggetto di una evoluzione che ha 86 Periodico elettronico di informazione motociclistica Pagine di storia portato la sua cilindrata a passare dagli originali 610 cm3 a 745 cm3 e infine a 851 cm3; importante è stata anche l’adozione di dispositivi idraulici per la ripresa automatica del gioco delle valvole (una autentica raffinatezza per un motore europeo dell’epoca). La versione iniziale di questo bicilindrico erogava 22 cavalli, subito passati a 24 a 4000 giri/min, e quindi a 28 a 5000 nel 1949. La versione di 745 cm3 è apparsa nel 1950, con una potenza di 35 CV. Cambio generazionale Due anni dopo è stata la volta di quella di 851 cm3 (alesaggio e corsa = 85 x 75 mm), che disponeva di 40 cavalli. La produzione della Dyna X è terminata nel 1953, dopo che dagli stabilimenti Panhard ne erano usciti 47.000 esemplari. Il suo posto è stato preso dalla bellissima Dyna Z, dalla estetica moderna e filante. La carrozzeria era ancora in lega di alluminio, ma dalla fine del 1955 si è passati alle lamiere d’acciaio. La potenza del motore è aumentata a 42 CV a 5300 giri/min. Nel 1959 ha fatto la sua comparsa una nuova versione del bicilindrico, dalle prestazioni particolarmente brillanti (la potenza specifica era di 59 CV/litro, un valore davvero elevato per una vettura di serie dell’epoca). Denominato “Tigre”, questo bicilindrico erogava 50 CV a 5750 giri/min. La Dyna Z, che è stata costruita in oltre 140.000 esemplari, è stata sostituita alla fine del 1959 dalla PL 17. Questa vettura è stata proposta tanto in versione da 42 cavalli quanto in versione dotata del motore Tigre, ed è rimasta in listino fino al 1965. La produzione ha superato le 160.000 unità. L’ultimo modello equipaggiato con l’ottimo bicilindrico di 851 cm3 è stato costruito dal 1964 al 1967. Contraddistinto semplicemente dalla sigla “24”, è stato fabbricato in circa 29.000 esemplari. Con questa vettura ha fatto la sua comparsa una versione ulteriormente potenziata del motore Tigre, in grado di fornire ben 60 cavalli. Si è trattato di un autentico canto del cigno, perché la 24 è stata anche l’ultima automobile costruita dalla Panhard. 87 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito le pagelle del GP di Barcellona di Giovanni Bregant | Deutschland über alles. Anche in Spagna le Mercedes si dimostrano le vetture da battere e tra conferme e smentite qualcuno risorge ed altri sprofondano I pochi decimi di margine con cui ha tagliato il traguardo non gli rendono giustizia: anche in Spagna Hamilton ha dominato, prima strappando a Rosberg la gioia della pole position e poi in gara prendendo subito quei 2-3 secondi di margine che ha poi saputo amministrare con furbizia. Nel finale un degrado superiore delle gomme rispetto al tedesco (strano, considerando che l’inglese aveva le gomme dure e il compagno la mescola più tenera) ha risvegliato gli 88 Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica spettatori ormai assopiti sul divano (e probabilmente anche sugli spalti), ma è stata solo un’illusione: la vittoria non è mai stata davvero in discussione e ora l’inglese si è finalmente issato in vetta alla classifica del Mondiale, con pieno merito. Per lui quindi voto 10, inarrestabile. Rosberg: per contrastare Hamilton serve più tenacia Ci ha provato fin dal primo giro di pista nelle libere del venerdì e ha continuato fino all’ultima curva dell’ultimo giro della domenica, ma anche stavolta Rosberg deve accontentarsi del 2° posto, il quarto di fila, perchè contro un Hamilton in questo stato di forma non c’è niente da fare. E se è vero che il secondo è solo il primo degli sconfitti, si sa che quando il primo ha la tua stessa auto brucia il doppio. Per lui quindi voto 8 per la tenacia, ma urge una reazione prima che Hamilton dilaghi. Impotente. La rinascita del Campione Tuttavia forse il migliore pilota visto in pista a Barcellona è uno che non ha nemmeno assaggiato lo champagne del podio: Vettel per tutto il fine settimana ha avuto problemi tecnici, perdendo prima un turno delle libere e poi la possibilità di fare un tempo in Q3, fino alla beffa della retrocesssione al 15° posto per sostituire il cambio. Proprio lui che fino allo scorso anno era esente da qualsiasi problema, tanto c’era Webber a fare da parafulmine della sfortuna. Il tedesco però non si è dato per vinto e con una Red Bull piuttosto lenta in rettilineo è riuscito in un’incredibile rimonta, spingendo dal primo all’ultimo giro e inventandosi sorpassi in punti dove se ne vedono raramente. Di sicuro quest’anno non vincerà il quinto titolo, ma almeno ha dimostrato per l’ennesima volta di aver meritato i primi quattro. Voto 10, rinato. La prestazione sensazionale di Vettel non toglie comunque merito alla bella prova di Ricciardo (voto 9): velocissimo come sempre in qualifica, ancora una volta l’australiano si è dimostrato un martello in gara, anche se una volta regolato Bottas non ha avuto molto altro da fare, considerando che le Mercedes erano imprendibili là davanti. Quello di Barcellona è stato il suo primo podio “ufficiale”, ma ormai Daniel è una certezza. Granitico. 89 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica dello scorso anno, tanto da stare davanti alle Ferrari in Q3. Certo poi la gara è stata un po’ meno brillante, ma intanto sono arrivati i primi, meritatissimi punti: voto 8, 5. Rinato. Stessa vettura, ma evidentemente non uguale talento: Maldonado prima sbatte in prova e parte dal fondo, poi cerca di fare a ruotate con Ericsson, ottenendo l’ennesima penalizzazione della sua carriera. La sua gara perfetta e vittoriosa del 2012 è un lontano ricordo, probabilmente irripetibile. Voto 4: incorreggibile. Si sono visti poco, ma hanno portato a casa altri punti importanti gli alfieri della Force India: per Perez e Hulkengerg voto 7, con la soddisfazione di avere battuto nettamente la ben più blasonata McLaren a parità di motorizzazione. Concreti. I voti (insufficienti) dei Team? A proposito del team di Woking: che fine ha fatto l’auto vista in Australia? Dopo l’esordio eccellente di Melbourne il team inglese è andato verso un’involuzione tecnica sorprendente, di cui Button e Magnussen sono incolpevoli ostaggi. Bottas: giovani leve crescono (bene) A proposito di Bottas, ha esaltato in prova e anche nella prima parte di gara, finchè la squadra non lo ha tenuto in pista un po’ troppo a lungo e ha quindi dovuto cedere la posizione a Ricciardo, mentre nel finale nulla ha potuto contro la furia di Vettel, scatenato e con gomme morbide più fresche. Il finlandese coglie comunque altri punti importanti e annichilisce l’esperto Massa, confermandosi uno di migliori giovani talenti in circolazione: anche per lui voto 9. Mastino. A proposito del brasiliano: in Q3 sbaglia nel giro decisivo e in gara pur con una vettura superiore non riesce mai a insidiare le Ferrari; nel finale qualche noia tecnica di troppo lo fa scivolare fuori dalla zona punti, a conclusione di un fine settimana ben al di sotto delle potenzialità del mezzo. Per Massa voto 5 quindi, e siamo generosi: delusione! 90 Per loro quindi comunque voto 6, perchè è evidente che la pochezza delle prestazioni non dipende certo da chi muove il volante... Però, immaginando la faccia di Ron Dennis che si vede regolarmente battuto da un personaggio come Vijay Mallia un po’ viene da ridere, senza offesa per il manager indiano, tanto pittoresco quanto abile evidentemente, perchè sono anni ormai che la Force India è una gran bella realtà. A proposito: voto 10 a Mallia, con tante scuse per averlo trascurato nelle nostre pagelle fino ad oggi. Voto 3, invece, alla Ferrari, passata dal podio della Cina allo (s)profondo rosso di Barcellona, dove ormai si è capito che il motore non è l’unico problema: anche telaio e aerodinamica non sono esattamente lo stato dell’arte della categoria... Alonso dopo le qualifiche ha tentato di tenere alto il morale della truppa sottolineando l’importanza di prendere punti importanti l’indomani, per superare la Force India in Campionato. Operazione in effetti riuscita, ma a Maranello hanno ben poco da festeggiare. Provaci ancora Kimi Più deluso di lui però, anche se ha riscattato le gare opache di inizio stagione, è Raikkonen: in prova e per buona parte della gara è riuscito a sopravanzare Alonso, a cui cede la posizione solo nel finale con le gomme ormai usurate avendo fatto un pit stop di meno. Ha la soddisfazione di avere tirato fuori il massimo dalla sua Ferrari e quindi merita un bel 7,5: il problema è che questo massimo è ben lontano dalle aspettative dell’inverno. Un discorso, questo, che vale anche per Alonso: anche per lui quindi voto 7,5 e la sensazione che questo sarà un altro campionato avaro di soddisfazioni per lui. Paziente. Un mezzo miracolo è invece quello che ha compiuto la Lotus, che a Barcellona improvvisamente ha capito come far stare insieme i pezzi dell’auto per 300 km consecutivi: a Grosjean è bastato questo per tornare il pilota veloce e grintoso 91 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica La norma Basta guardare i disegni di Gabriele Pirovano per rendersene conto e confrontarli con la sequenza fotografica frontale ripresa in pista. Quest’anno la norma prevede che i musetti non siano più alti di 185 mm dal piano di riferimento, questo per avere musetti bassi che siano meno pericolosi in caso di incidente. La lacuna Mercedes interpreta a suo vantaggio una lacuna delle norme sui nuovi musetti di F1 di Paolo Ciccarone | Muso corto, altezza lunga: ecco l’ultima dimostrazione della capacità della Mercedes di interpretare le regole a vantaggio delle prestazioni, sfruttando una lacuna delle norme M ercedes perde il pelo (Ross Brawn) ma non il vizio (di interpretare le norme). L’ultima dimostrazione arriva dal musetto utilizzato nel recente GP di Cina da Hamilton e Rosberg. Qualcuno lo ha definito “corto” per distinguerlo 92 dal “lungo” usato nelle prime tre gare. In realtà dietro a questo musetto c’è l’ennesima capacità di interpretare le regole a tutto vantaggio delle prestazioni, sfruttando una lacuna delle norme che i commissari non hanno saputo stilare. Questa norma, però, limiterebbe fortemente l’afflusso di aria alla parte inferiore del fondo, nella zona a coltello, diminuendo l’efficienza aerodinamica. Mentre tutti hanno interpretato la regola alla lettera, alla Mercedes hanno scovato un particolare che consente di usare un musetto più alto di quanto previsto dalle norme senza infrangerle, semplicemente aggirando il punto di misurazione. Come si vede nel disegno, infatti, il vecchio musetto arrivava a 185 mm dal piano di riscontro consentendo una apertura frontale, e quindi afflusso d’aria al fondo, ridotta rispetto alla ultima interpretazione. In pratica, alla Mercedes hanno considerato musetto anche la curvatura che in realtà è il punto di attacco dei piloni all’ala anteriore. Insomma, secondo le altre squadre, Ferrari compresa (che è l’unica che ha seguito l’idea Mercedes attenendosi però fedelmente al dettame regolamentare) quelli che sono considerati piloni di attacco all’ala per la Mercedes sono solo il prolungamento del musetto. piedi sul terreno. Alla Mercedes il metro e settanta lo hanno calcolato a partire… dalle caviglie, perché la piegatura del tallone per loro fa già parte del sistema piede! Una furbata regolare Una furbata, se vogliamo dirla tutta, ma perfettamente regolamentare che consente a Hamilton e Rosberg di avere più carico all’anteriore e questo spiega perché nelle ultime gare, nei rilevamenti velocistici posti a ingresso curva (vedi qualifiche Bahrain) i due piloti entravano in curva con 6-7 km/h in più rispetto all’anno precedente mentre i rivali entravano in curva più piano di 3-5 km/h. Se entri più forte in curva, esci anche più forte. E lo puoi fare se hai più carico sull’anteriore. Carico ottenuto con una geniale interpretazione delle norme e delle altezze del musetto. A partire dal GP di Spagna di domenica prossima, questa interpretazione verrà copiata da altre squadre, ma la certezza che chi ha scritto le regole sia di vedute limitate, ormai è lampante… E se si tornassero a usare i musetti 2013? Volendo estremizzare questo concetto (e non è detto che fra poco non lo faranno altre squadre) si potrebbe tornare a usare i musetti alti dell’anno scorso facendo partire la misurazione dei 185 mm dal fondo fino alla prima incurvatura. Volendo semplificare il concetto, se un uomo non può essere più alto di un metro e settanta, si presume che l’altezza venga misurata a partire dai 93 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica simbolo che in questo sport ha lasciato un grande, improvviso ed incolmabile vuoto, generando una sorta di “buco nero” che ha violentemente fagocitato dentro sé sogni, emozioni, simboli e speranze. Un vuoto cosmico totale e annientante. Talmente grande ed intenso che a distanza di 20 anni ancora nessuno è riuscito a colmare; e tantomeno a dimenticare. La brutale scomparsa di Ayrton ha generato negli appassionati di F1 una sorta di “sindrome dell’arto fantasma”, una mancanza talmente tanto forte che nulla riesce a cancellare. Un affetto intenso Era grande l’affetto che circondava Ayrton, talmente forte, intenso e così meravigliosamente umano da richiamare ieri ad Imola (nel giorno della commemorazione dedicata a lui e a Roland Ratzenberger a 20 anni dalla scomparsa) oltre 25.000 persone, 196 media, più di 30 emittenti televisive provenienti da tutto il mondo e Senna oltre 25.000 persone a Imola per ricordare che Ayrton vive numerosi esponenti del motorsport. Tutti radunati intorno alla curva del Tamburello, che oggi, come allora, tanto amaro lascia in gola avvicinandosi ad essa mentre si osserva il cartellone affisso volto a celebrare il brasiliano e che tanti hanno firmato. Un minuto di silenzio, talmente forte da risultare quasi assordante, lo ricorda alle 14:17 in punto, quando quel giorno tutto divenne più surreale di un quadro di Dalì; quando una serie di eventi terribilmente concatenati segnarono in maniera netta e definitiva il mondo della F1. Un mondo che da allora non sarebbe più stato lo stesso. Una serie di eventi tragicamente sfortunati La bandiera gialla dopo l’incidente al via. 5 giri in regime di Safety Car, dopo che il giorno prima un devastante impatto a 314,9 km/h costò la vita a Roland Ratzenberger ed un volo incredibile coinvolse, prima ancora, Rubens Barrichello. Al 6° Media di Alessandro Colombo | Oltre 25.000 persone hanno presenziato ieri a Imola per ricordare Ayrton Senna, il cui mito a distanza di 20 anni vive più forte che mai “ Un pugno allo stomaco da togliere il fiato”. Questa breve frase del nostro Paolo Ciccarone esprime meglio di ogni altra cosa la sensazione che si prova pensando ad Ayrton Senna, un mito, una leggenda della Formula 1. Un vero campione sotto ogni aspetto, professionale, sportivo e umano. Di Ayrton Senna Da Silva vi abbiamo nell’arco dello scorso mese parlato in maniera approfondita: da cosa successe, prima e dopo, nell’arco di 94 quel drammatico 1 maggio 1994, al grande sogno di Ayrton poi concretizzato dalla sorella Viviane, ovvero la Fondazione Senna, che da anni aiuta i bambini in difficoltà. Un vuoto totalizzante Un protagonista indiscusso della storia della Formula 1, con tre titoli mondiali al suo attivo e svariati record che non stiamo qui ad elencare solo per motivi di tempo e di spazio. Un uomo, un 95 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito giro il destino manifestò tutta la sua perfidia. La Safety Car rientra. Senna scatta davanti a Schumacher. Lo sterzo si rompe: la Williams impatta contro il muro. Un braccetto della sospensione si infrange. Un sogno finisce. nel cuore della Ferrari, ove il brasiliano aveva già un piede ma dove non arrivò mai a causa di un veto imposto da Prost. Senna vive Vive negli uomini del Cavallino Rampante, che erano ieri presenti a Imola, tra cui i piloti della Scuderia, Fernando Alonso e Kimi Raikkonen, che così lo ricordano: «Io ho ancora ben presenti le foto sui giornali e i servizi nei telegiornali che raccontavano dei duelli tra le McLaren di Alain Prost e Ayrton Senna. Lui portava il numero uno sulla macchina e io correvo sui kart pensando a lui, al suo casco giallo che vinceva sempre. In seguito – dichiara Fernando Alonso – ho avuto anche modo di lavorare nei kart, in Italia, con una persona che era stata un suo meccanico quando 20 anni e nulla è cambiato. L’affetto è immutato, il ricordo non se ne è andato. Senna continua a vivere. Lo fa nel cuore degli appassionati, in quello dei famigliari. In quello dei colleghi, in quello degli esponenti del motorsport. In quello dei brasiliani. Senna se ne è andato fisicamente, ma lui è ancora vivo nel cuore di tutti noi. Vive nel nostro ricordo, vive nella piazza a lui dedicata e ieri inaugurata. Vive nel Museo Checco Costa, ove ora sarà possibile osservare una mostra permanente a lui dedicata all’interno dell’Autodromo. Vive 96 Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica La Ferrari: quel sogno che era quasi realtà correva in questa categoria e quindi potete immaginare quanto per me fosse importante. Avevo il suo poster appeso in camera. L’unico aspetto positivo del weekend che ci portò via Ayrton e Roland Ratzenberger fu che dopo quel momento la sicurezza in Formula 1 migliorò in maniera decisiva. Possiamo infatti dire che dentro le nostre monoposto c’è un po’ dell’eredità che Senna e Ratzenberger ci hanno lasciato, perché dopo quel terribile 1994 nulla è stato più come prima». «Ero molto giovane, vidi l’incidente in tv e mi ricordo soprattutto che tutti il giorno dopo a scuola ne parlavano - aggiunge Kimi Raikkonen - Senna era un pilota e un personaggio molto importante per la Formula 1 e la sua morte ha portato a una grande accelerazione nell’innalzamento del livello di sicurezza nel nostro sport. Questo ha evitato che altre tragedie si ripetessero. Purtroppo però non si può cambiare il passato, per lui come per Roland Ratzenberger. L’unica cosa che possiamo fare è ricordare questo campione, le cui gesta hanno segnato per sempre la storia della Formula 1». Vive nel cuore del Presidente dell’Autodromo, Uberto Selvatico Estense, che così commenta l’evento di ieri: «E’ stato emozionante vedere oltre 25.000 persone unite nel ricordo del grande campione Ayrton Senna. Come ha scritto lo scrittore brasiliano Paulo Coehlo. Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni. Senna era senz’altro uno di questi uomini ed è per questo che ancora oggi il suo ricordo suscita fortissime emozioni». 97 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Il ricordo del Web Vive nel cuore dei Team e dei piloti che ieri non sono riusciti ad essere presenti, ma che attraverso i social network esprimono il loro ricordo nei confronti di Senna: «20 anni fa la F1 ha perso uno dei suoi veri giganti – scrive la Red Bull su Twitter - rendiamo omaggio a una leggenda delle corse»; «Oggi ricordiamo Ayrton Senna, uno dei grandi della vera F1. 20 anni dopo – dichiara Frank Williams su Facebook – ricordiamo l’immenso carisma e l’immensa determinazione che lo hanno reso un Campione del Mondo»; «20 anni sono passati dai tragici eventi di Imola che coinvolsero Ratzenberger e Senna – aggiunge Nico Rosberg 98 Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica Una partita dedicata a Senna Vive nel cuore della Nazionale Piloti che lo ha ricordato allo stadio Romeo Galli insieme a Gerhard Berger, Riccardo Patrese, Ivan Capelli, Emanuele Pirro, Andrea De Cesaris, Piero Martini, Jarno Trulli, Sandro Cois, Jules Bianchi, Massimo Rivola, Maro Engel, Kevin Ceccon, Gianmarco Raimondo, Luca Filippi, Christian Montanari, Ricardo Teixeira, Kristian Ghedina e Matteo Munari. Ayrton Senna Da Silva non è morto il 1° maggio 1994. E’ ancora vivo nel ricordo di tutti noi. - ero seduto in cucina a Monaco con mia mamma e mio cugino e stavamo ascoltando la radio per apprendere delle sue condizioni. Questi incidenti terribili incidenti hanno permesso al nostro sport di divenire più sicuro nel corso degli anni e di evitare così altre morti. Non dobbiamo mai smettere di migliorare la sicurezza»; «Tutti amano un vincente. Questo è il mondo. E Ayrton Senna era uno dei più grandi vincenti che questo sport abbia mai avuto. Ma lui era più di questo – aggiunge Hamilton - era un eroe vero e proprio, un personaggio iconico che ha ispirato persone di tutto il mondo e che ha particolarmente influenzato me sin da quando ero piccolo». 99 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Formula 1 EDITORE: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. 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