Porsche 911 Targa 4

Transcript

Porsche 911 Targa 4
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Numero 41
13 Maggio 2014
101 Pagine
BMW Serie 4 Cabrio
Care soddisfazioni
L’erede della Serie 3 Cabrio è
molto piacevole da guidare anche
in abbinamento alla
motorizzazione diesel
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Mercedes Classe C
Formula 1 Spagna
Entra in listino a 32.553 euro la
nuova Mercedes Classe C, erede
di una dinastia inziata 30 anni fa
con la 190
Anche in Spagna le Mercedes
sono state le vetture da battere
La piccola Classe S
Le pagelle del GP
di Barcellona
| PROVA SU STRADA |
Porsche 911 Targa 4
da Pag. 2 a Pag. 17
All’Interno
NEWS: McLaren 650 MSO coupé concept | Smart primo video-teaser della nuova generazione | Corvette Atlantic e
Pacific edition | Viaggio nel tempo De Vita, aboliamo il PRA | Bosch Internet e microsensori per la sicurezza delle auto
PROVA SU STRADA
Porsche 911 Targa 4
Segni
particolari:
bellissima
In listino a partire da 115.111 euro la nuova
Porsche 911 Targa 4 torna sul mercato
prendendo grande ispirazione dal passato.
Piacevole da guidare, fa davvero girare la testa.
Peccato sia rumorosa in modalità en plein air
di Emiliano Perucca Orfei
2
3
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Media
retrattile di colore nero ricoperto di una sorta di
stoffa ed un lunotto posteriore in cristallo stratificato di sicurezza equipaggiabile, come da tradizione, anche del tergilunotto.
Si apre e si chiude in 19 secondi
Il tetto si apre in modo davvero scenografico in
19 secondi circa (con auto ferma) e per il suo
movimento occorrono circa 25 cm di spazio al
posteriore: in questo movimento sono dunque
chiamati in causa i sensori di parcheggio che,
nel caso in cui rilevino un’ostacolo troppo vicino,
avvisano tempestivamente il guidatore pur senza bloccare l’operazione: questo perché sarebbe
stato troppo complicato distinguere, ad esempio, un panettone in cemento da un muro o da
una persona.
Interni da 911
Gli interni della Targa non sono molto diversi da
C
on il lancio della Porsche 911
Targa della generazione 991
(da 115.111 euro la Targa 4,
da 128.239 la Targa 4S) la
Casa di Zuffenhausen ha voluto dare nuova linfa ad un
modello che nelle precedenti generazioni 993,
996 e 997 aveva perso gran parte del proprio fascino in favore di una visione di Targa più vicina
ad quella di una Coupé con un maxi tetto apribile più che ad una vera e propria en plein air. Del
resto, per viaggiare in tutto confort e con standard di sicurezza adeguati, da metà anni ‘90 in
poi le versioni Cabrio hanno offerto tutto quello
che serve anche in quei mercati per cui la Targa
era nata nel lontano 1965, come quello americano. Dunque che fare? Il calo di interesse non ha
comunque impedito di mantenere un incredibile
rapporto di una Targa ogni otto 911 vendute, è
vero, ma già a partire dal restyling della 997 i vertici di Zuffenhausen hanno iniziato a pensare che
4
quelli della normale Coupé, anzi: viene integralmente mantenuta la configurazione 2+2 tipica
della 911 (sia in modalità Cabrio che Coupé) così
come vengono mantenuti i sedili sportivi con 14
regolazioni. Per chi volesse qualcosa di più Porsche offre i sedili sportivi (18 regolazioni) che per
la prima volta offrono anche il riscaldamento e
la ventilazione. Altre chicche per appassionati
sono i sistemi audio alternativi al CDR-31 di serie:
Burmester e Bose sono tra le opzioni disponibili.
Tra gli optional anche il sistema di navigazione
(3.227 euro), gli interni in pelle (824 euro), la vernice metallizzata (2.721 euro) ed i cerchi da 20”
(1.342 euro).
Pesa 110 kg in più della Coupé
La Targa, con i suoi 1.555 kg a secco, è la più
pesante delle tre varianti di carrozzeria oggi disponibili sulla 911: +40 kg rispetto alla Cabrio
e +110 kg nei confronti della Coupé a parità di
sotto a quel tetto ci potesse ancora del potenziale inespresso per creare una vettura molto speciale, che andasse oltre ai concept di coupé ed di
cabrio in un moderno quanto inutile - se non per
questioni di show-off - mix di idee che guardano
al futuro ma senza rinnegare il passato.
Non è un’operazione nostalgia
Quella della 991 Targa, però, è tutt’altro che
un’operazione nostalgia. Secondo i vertici Porsche è da considerarsi come la naturale evoluzione di un prodotto che, se fosse stato evoluto
seguendo il concept originale, oggi sarebbe stato
esattamente così comunque. Lunga 449 cm, larga 185 ed alta 130 (passo 245) la 911 Targa offe
un bagagliaio di 285 (126 davanti e 160 dietro)
dimostrando come sotto la linea di cintura sia
sostanzialmente identica alle normali 911 4, con
l’unica eccezione del badge Targa in bella mostra sul paraurti posteriore. La parte alta, invece,
sfoggia un generoso rollbar, un tetto in magnesio
5
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
motorizzazione ed allestimento. La maggior
differenza di peso non riguarda la scocca, che
sostanzialmente è la stessa della Cabrio, ma il
meccanismo d’attuazione del sistema (molto
complesso ma raffinato) ed il lunotto che da soli
gravano per 35 kg sulla massa complessiva.
E’ più rigida della Cabrio
Maggior peso che in termini di guida, almeno sulla carta, viene compensato dalla presenza del roll
bar attraverso un incremento della rigidità torsionale che è ben distante da quella della Coupé
(30.000 Nm/grado) pur superando di 2.000
Nm/grado il valore di 11.000 dichiarato dalla versione Cabrio. Come quasi tutte le Targa prodotte
anche la generazione 991 è stata pensata attorno alle possibilità offerte dalla trazione integrale
PTM: il sofisticato sistema di distribuzione della
coppia tra l’assale posteriore e quello anteriore, infatti, porta con sé anche alcuni vantaggi in
6
termini di baricentro - la maggior carreggiata posteriore (+44 mm) compensa l’aumento di peso
nella zona superiore - oltre che un’immagine decisamente più raffinata della vettura in termini di
marketing. Tanto quanto accade anche per altri
brand di lusso, infatti, la trazione integrale viene
acquistata più per esigenze di immagine che di
reale necessità di performance.
Da 350 a 400 CV. 4x4 con
o senza PDK
I motori disponibili sono due, entrambi sei cilindri, boxer ad iniezione diretta, omologati Euro
6. Il più piccolo, da 3,4 litri della Targa 4, eroga
una potenza massima di 350 CV ed una coppia
massima di 390 Nm a 5.600 giri mentre l’unità
riservata alle versioni Targa 4S si spinge sino a
400 CV con un valore di coppia pari a 440 Nm
a 5.600 giri. Il consumo dichiarato va dai 9,2 ai
10 km/litro (CO2 da 214 a 237 g/km) mentre in
7
8
9
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Dal vivo: com’è dentro
La nuova Targa non è molto differente da una
normale 911 Coupé o Cabriolet nella distribuzione dello spazio interno. Quello che cambia
radicalmente è la dimensione del montante
centrale, assente sulla Cabrio, che sulla Targa è
molto importante (è più del doppio di quello della
Coupé) e limita il classico colpo d’occhio laterale molto utile in caso di precedenze, immissioni
o manovre di parcheggio in città. Nulla di così
trascendentale, anche perché la 911 Targa sa
compensare il “difetto” con un posto guida decisamente comodo, un’ergonomia eccezionale
ed una strumentazione a cinque quadranti che si
termini di prestazioni Porsche fa sapere che lo
0-100 viene coperto in 5,2 secondi dalla Targa
4 ed in 4,8 dalla Targa 4S. 282 e 296 km/h, invece, le rispettive velocità massime. Per tutte le
unità viene proposto di serie il cambio manuale a
sette marce con l’alternativa automatico a doppia frizione PDK (3.599 euro), anch’esso a sette rapporti, per chi vorrà rinunciare all’uso della
frizione ed alle diverse strategie di utilizzo della
vettura. Di serie anche lo sterzo servoassistito
elettricamente (-0,1 l/100 km) mentre le sospensioni attive PASM e il sistema di eliminazione del sottosterzo PTV (Porsche Torque Vectoring) sono inclusi nel prezzo d’acquisto solo nelle
versioni S. Per i più sofisticati sono disponibili
anche il pacchetto Sport Chrono, che ottimizza
le prestazioni attraverso impostazioni elettroniche (ad esempio il launch control), ed il Porsche
Dynamic Light System che modifica la geometria del fascio luminoso in funzione della velocità
e del tipo di strada che si sta percorrendo.
10
rifà al passato mantenendo l’eccezionale leggibilità del contagiri analogico centrale pur guardando al moderno con un computer di bordo a colori estremamente ricco di informazioni: oltre ai
consumi, alla mappa del navigatore che svincola
sostanzialmente l’uso del maxi-display centrale
per quella specifica funzione, alla gestione delle
chiamate in entrata, il display mostra in tempo
reale anche la quantità di coppia trasferita istante per istante ai due assi. Ben fatta l’interfaccia
del PDK, con le leve dietro al volante, e ben inserita la leva del cambio manuale a sette marce,
la nuova 911 Targa si avvicina alla Cabriolet nel
disegno del tunnel centrale, dove è stato inserito
Dal vivo: com’è fuori
L’obiettivo della 911 Targa non era quello di
rimpiazzare la Cabrio e nemmeno quello di rappresentare un’alternativa alla Coupé dotata di
semplice tetto apribile. L’idea era infatti quella
di andare a rispolverare il primo concept estetico/meccanico Targa per andare a creare una
vettura decisamente diversa da tutte quelle viste
dopo la 993, unica per la sua capacità di combinare look retrò ed assoluta modernità. Lascia a
bocca aperta l’apertura della capote, il cui meccanismo è degno di un orologio, nonostante un
paio di difetti: il primo è quello che la parte alta,
su cui poggia il lunotto in vetro, fuoriesce di una
trentina di cm dal corpo vettura durante il movimento (i sensori di parcheggio monitorano l’area
avvisando di eventuali pericoli) mentre il secondo riguarda l’impossibilità di svolgere l’operazione con la vettura in movimento.
11
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
il tasto di apertura e chiusura del tetto. Discreta
la capacità del vano bagagli: davanti ci sono 125
litri, in cui è possibile inserire un paio di zaini o
un trolley, mentre dietro i 160 litri sono tutt’altro
che ben accessibili se non in situazioni “d’emergenza”. In caso di necessità, in ogni caso, rimane
pur sempre la possibilità di dare una nuova destinazione d’uso...ai posti posteriori.
Come va
Ogni volta che si torna al volante di una 911 si
rimane sorpresi da come sembri di averla guidata sempre. Il feeling sui comandi, la verticalità
del volante e la relativa impugnatura, il perfetto
rapporto tra lo spazio disponibile e le esigenze
di sportività tipiche di una sportiva, infatti, sono
elementi comuni a quasi tutte le generazioni della sei cilindri boxer di Zuffenhausen e ben inseriti anche nel contesto della nuova Targa. Una
sensazione piacevole, esaltata da un comportamento dinamico sostanzialmente ineccepibile
per quanto concerne l’ambito stradale: certo,
12
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prova
forzando il ritmo la Targa tanto quanto la Cabrio
paga qualcosa in termini di precisione di guida
alla Coupé sul veloce, ma in generale la sensazione è che nel misto le versioni en plein air siano addirittura più facili e piacevoli da condurre
grazie ad una maggiore predisposizione del telaio ad adattarsi ai cambi d’asfalto o alle asperità stradali. Una piacevolezza esaltata, nelle
versioni S, dal lavoro del sistema Pasm (opzionali su Targa 4) che cambia il volto della vettura
passando dalla modalità normal a quella Sport
sino ad arrivare alla Sport Plus con tarature progressivamente più sportive di sterzo, sospensioni, cambio e controllo di stabilità. Perfetta
nella guida di tutti i giorni la normal può essere
velocemente sostituita dalle Sport e Sport Plus
- all’attivazione corrisponde un segnale sulla
razza del volante - quando si inizia a guidare sul
serio: delle due abbiamo preferito la Sport Plus
ma con taratura degli ammortizzatori morbida
perché sono davvero apprezzabili la velocità con
cui il PDK cambia i sette rapporti disponibili e le
13
14
15
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
rimodulazioni del feedback di sterzo ed acceleratore. Eccezionale, inoltre, la performance del
launch control disponibile con il pacchetto sport
chrono: si attiva cliccando contemporaneamente le due leve al volante e si premono contemporaneamente freno ed acceleratore sino alla partenza, dove si continua a tenere al massimo solo
il piede destro. La performance è eccezionale ed
i 4,8 secondi promessi sullo 0-100 km/h sono
tutt’altro che un miraggio grazie anche alla trazione integrale. Unico limite della modalità Sport
Plus, comune a tutte le Porsche dotate di PDK,
è che si vuole utilizzarla per andare a passeggio
(magari come abbiamo fatto noi scegliendo però
l’assetto morbido) è necessario rinunciare alla
settima marcia. Inappuntabile anche il comportamento dei motori. Il 3.8 non fa sentire particolare differenza sul 3.4 in termini di potenza massima. Quello di cui più ci si accorge di non avere
sull’unità d’accesso alla gamma è l’elasticità ai
bassi regimi che rimane comunque buona ma
non certamente a livello della S. Il più generoso
dei sei cilindri boxer, inoltre, vanta anche una diversa presenza scenica grazie ad un sound più
pieno e coinvolgente. Per quanto concerne “l’essere Targa” di questa 911, non v’è sostanzialmente alcuna differenza di confort mentre per
quanto concerne la modalità aperta, oltre alla
scomodità di doversi fermare per una ventina
di secondi nell’attesa che il tetto in magnesio si
“levi di mezzo”, abbiamo trovato qualche fruscio
aerodinamico di troppo già una volta superati i
100 km/h. Elemento, quest’ultimo, che con il
crescere della velocità limita la possibilità di conversazione.
In conclusione
Non è una Coupé ma non è nemmeno una Cabrio. E’ un’auto con una personalità forte e
marcata, pensata per creare all’interno di una
gamma già in grado di coprire qualsiasi esigenza un’alternativa “stilosa”, raffinata ed incredibilmente rispettosa di un concept che nel corso
dell’ultimo ventennio era andato perso.
16
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU:
Jeep Cherokee 2014
Sfoglia i cataloghi in PDF
Brochure
Configuratore della Casa »
Virtual Tour »
Stor online »
Finanziamenti »
Guarda tutti gli allestimenti »
Trovala dai concessionari »
17
PROVA SU STRADA
BMW Serie 4 Cabrio
Care soddisfazioni
L’erede della Serie 3 Cabrio è molto piacevole
da guidare anche in abbinamento alla
motorizzazione diesel. Peccato per il rapporto
prezzo/dotazioni, davvero avaro.
E il listino parte da 52.100 euro...
di Emiliano Perucca Orfei
18
19
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Chiusa sembra la Coupé
Media
Un piccolo miracolo stilistico/meccanico contestualizzato in una vettura lunga 464 cm, larga
182 ed alta 138 (passo 281) che non ha costretto alla comparsa di un roll bar fisso - in caso di
ribaltamento fuoriescono elementi di sicurezza
dai poggiatesta posteriori in 200 ms - ma soprattutto che, una volta chiusa, ripropone sostanzialmente le forme della Coupé.
Interni Driver Oriented
L’aria da Serie 4 Coupé si respira anche dentro,
dove spiccano il classico stile “driver-oriented”,
la strumentazione analogica con (nelle versioni
superiori) un LCD a colori molto esteso ed un display del sistema multimediale ConnectedDrive
montato elegantemente a sbalzo e che in base
all’allestimento può arrivare a 8,8” mantenendo
l’ormai classico comando al centro della plancia
con tasti e rotella (anche tattile).
Più spazio per i bagagli
Rispetto alla vecchia Serie 3 Cabrio i tecnici
BMW, grazie ad un leggero aumento dimensionale, sono riusciti a recuperare 20 litri di spazio
utile nel bagagliaio ottenendo una cubatura utile
che va da 220 a 370 litri in base alla posizione
del tetto. Per chi volesse il massimo in termini di
sfruttamento dello spazio viene offerto anche lo
schienale frazionato in tre parti, utile per ospitare oggetti più lunghi senza rinunciare completamente alla possibilità di offrire un posto dietro.
Benzina o diesel?
Quattro i motori disponibili al lancio. L’accesso
alla gamma, oltre che il motore che va per la
maggiore in Italia, è il celeberrimo duemila turbodiesel 420d capace di erogare 184 CV e 380
Nm di coppia massima assicurando una media
di consumo pari a 5,1 l/100 km ed una accelerazione da 0 a 100 km/h in 8,2 secondi. Salendo
C
ambia il nome ma i concetti
che l’hanno resa popolare,
la Serie 3 Cabrio, rimangono
sostanzialmente identici anche con l’avvento della nuova sigla Serie 4 Cabrio, che
arriva in Italia ad un prezzo che parte da 52.100
euro, ma che può salire fino a raggiungere i
62.361 euro della versione top di gamma attualmente a listino. Quattro posti e tetto retrattile realizzato in materiale metallico, l’ultima delle cabriolet firmate dalla Casa di Monaco riprende in
tutto e per tutto le forme firmate Van Hooydonk
della sorella Coupé mantenendo della precedente generazione quella capacità di celare sotto ad
una coda bassa e filante un tetto che per forza di
cose non ha la “plasticità” e la compattezza della
tela una volta ripiegato.
20
21
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
di livello si passa ai benzina con il quattro cilindri
428i, disponibile anche con trazione integrale
xDrive. Duemila, TwinPower Turbo, l’unità già
vista anche su altri modelli dell’Elica dichiara
245 CV e 350 Nm di coppia massima: numeri
che permettono una accelerazione da 0 a 100
in 6,4 secondi (6,5 secondi la 428i xDrive) ed un
consumo medio di 6,8 l/100 km che diventano 7
l/100 km con la trazione integrale. Al top si posiziona il sei cilindri in linea 435i da tre litri e 306
CV. In questo caso la coppia massima è di 400
Nm e l’accelerazione da 0 a 100 km/h avviene
in 5,5 secondi. I consumi, invece, si attestano a
8,1 l/100 km.
Dal vivo: com’é fuori
Un po’ come accaduto tra la nuova e la vecchia
generazione di Serie 3 anche il passaggio dalla
22
23
24
25
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
precedente en plein air alla nuova Serie 4 Cabrio
porta con sé una certa continuità stilistica, in
particolar modo per quanto concerne la fiancata
ed i volumi posteriori, con importanti novità per
l’anteriore dove si nota un’andamento particolarmente spiovente ed un profilo dei fari anteriori
studiato per raccordarsi al classico doppio rende BMW. Tanto prima quanto ora la cura per il
dettaglio è di alto livello, in particolar modo per
quanto concerne l’area tra sedili posteriori e cofano bagagliaio in cui si “tuffa” il tetto così come
è apprezzabile la sofisticata l’architettura dei
gruppi ottici anteriori e posteriori.
Dal vivo: com’é dentro
Studiata per dare immediatamente l’idea di avere tutto sotto controllo, la plancia driver oriented
della BMW Serie 4 è stata messa a punto anche
per ospitare al meglio un comparto multimediale
26
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
decisamente avanzato: nelle versioni top spiccano il display da 8,8” ed il sofisticato quadro strumenti che affianca ai classici strumenti analogici
un’ampia parte digitale che replica alcune funzioni, come la navigazione satellitare, nel caso in
cui si stia utilizzando il centrale per altre funzioni:
dalla musica ai collegamenti in rete il ConnectedDrive offre davvero di tutto dimostrandosi uno
dei migliori sistemi di car entertainment oggi
sul mercato. Ben costruito e rifinito con discreta
cura, l’abitacolo della Serie 4 Cabrio può essere
rivestito anche in pelle - 1.900 euro - ed offre una
buona disponibilità di spazio a chi siede davanti ma anche a chi prende posto dietro. Le due
sedute posteriori, infatti, non sono certamente
il massimo della comodità ma a differenza di
altre cabrio si può pensare di viaggiare anche
in quattro senza rinunciare a nulla in termini di
bagagli, anche nel caso di oggetti lunghi vista la
possibilità di frazionare (a pagamento) gli schienali: i litri disponibili, infatti, sono 370 che diventano 220 (ovvero 20 in più della Serie 3 Cabrio)
nel caso in cui si preferisca viaggiare con il vento
tra i capelli. Vento che può essere limitato, a patto che si viaggi in due, da un esteso frangivento che quando non viene utilizzato può essere
riposto in un vano specifico dietro lo schienale
posteriore.
Su strada: come va
Abbiamo scelto di guidare la 20d non tanto perché sia la motorizzazione più emozionante proposta in gamma ma perché è certamente più apprezzata dai clienti BMW anche in questo genere
di vetture. Il perché è presto spiegato, visto e
considerato che chi acquista una Serie 4 Cabrio alla stregua della precedente Serie 3 - non è una
persona che utilizza la vettura solo nei weekend
ma la sceglie anche come compagna di viaggio
di tutti i giorni. Per rendersene conto basta dare
un’occhiata ai nostri annunci dell’usato e verificare i chilometraggi dei vari esemplari disponibili, anche recenti, per rendersene conto: del resto
la Serie 4 Coupé, nel caso in cui non si necessiti
di spazio, offre lo stesso identico livello di confort
di una Serie 3 Touring. Oltre alla seduta, all’ergonomia ed alle funzionalità proposte, infatti, la
presenza del tetto metallico permette di avere
dalla Serie 4 Cabrio un livello di insonorizzazione
in modalità “coupé”, con addirittura un miglioramento di 2dB rispetto al modello precedente.
Un valore che fa il paio con il confort offerto dal
cambio ZF ad 8 rapporti (2.320 euro ben spesi)
che prova dopo prova conferma di essere oggi
il miglior cambio disponibile sul mercato: fluido
quando si vuole andar piano, velocissimo nel
passare da un rapporto all’altro nelle modalità di
27
28
29
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Chi acquista una Serie 4
Cabrio - alla stregua della
precedente Serie 3 - non è
una persona che
utilizza la vettura solo
nei weekend ma la sceglie
anche come compagna di
viaggio di tutti i giorni
guida più sportive, l’otto marce della CC tedesca
mantiene anche inalterato il feeling di guida di un
normale cambio manuale quando si sceglie di
cambiare le marce selenzionandole impartendo
comandi dai paddles al volante. Ben bilanciata e
capace di ottimi indici di tenuta laterale la Serie
4 Cabrio porta con sé dalla versione Coupé anche lo sterzo molto diretto e le buone prestazioni del quadricilindrico 20d che, nonostante non
bruci della nobile verde, permette di passare da
0 a 100 in 8,2 secondi (realistici) assicurando velocità massime prossime ai 230 km/h e buone
soddisfazioni quando si affonda il piede destro.
In conclusione
Non certamente proposta a buon mercato la
420d nell’allestimento Sport che abbiamo provato si dimostra una vettura molto piacevole sotto tutti i punti di vista legati alla performance ed
al piacere di guida.
Peccato, però, che la dotazione di serie sia scarsa anche negli allestimenti superiori (come lo
Sport) che abbiamo guidato.
30
31
PROVA SU STRADA
Nuova Mercedes Classe C
La piccola
Classe S
Entra in listino a 32.553 euro la nuova Mercedes
Classe C, erede di una dinastia inziata 30 anni
fa con la 190. Design da Classe S e tecnologia
top strizza l’occhio a chi preferisce il confort alla
sportività
di Emiliano Perucca Orfei
32
33
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Nuovi dettagli di stile
Media
P
erdonateci il gioco di parole
ma questa nuova MercedesBenz Classe C è davvero una
S con la C...maiuscola. L’effetto è indubbiamente voluto,
a confermarlo sono gli stessi
vertici di Stoccarda, ed il risultato è decisamente
più interessante rispetto alla pur riuscita miniaturizzazione della CLS nella CLA. Più lunga di 10
cm rispetto al modello precedente, per un totale
di 469 e più larga di 4 (totale 181) la nuova segmento D di Stoccarda è stata completamente
rivoluzionata rispetto al passato, a partire dal
layout che oggi porta con sé un cofano più lungo, un abitacolo più arretrato ed una coda più
corta. Più aggressiva, slanciata ed allo stesso
tempo elegante la nuova C si distingue immediatamente dalla precedente non solo per via
delle nuove forme ma anche grazie al singolare profilo delle luci diurne a led che ne segnano
34
Lo stile della plancia richiama il profilo ad ala visto anche su altri modelli Mercedes dopo SLS
ed SLK ma a differenza delle altre fanno la loro
comparsa bocchette dell’aria dallo stile circolare “semplificato” ed inediti comandi a bilancere
evidentemente pensati per rendere il più pulita
possibile la zona centrale del ponte di comando. Anche la strumentazione è tutta nuova così
come il volante, che in base alla versione può
essere più o meno sportivo nel look ma comunque molto completo nelle funzioni. 480 i litri di
bagagliaio disponibili, eventualmente espandibile sfruttando la cubatura dell’abitacolo anche se
a pagamento: lo schienale posteriore frazionato
50/50, infatti, costa 354 euro ai quali si devono
aggiungere 366 euro se si desidera il cofano a
chiusura elettroattuata.
Tecnologia pro-sicurezza
Tra le dotazioni tecnologiche non mancano l’Attention Assist, che rileva la soglia di attenzione
del guidatore e lo avvisa nel caso vi sia bisogno
di riposo, ma anche il Collision Prevention Assist
Plus, che frena automaticamente quando il pilota non interviene autonomamente per evitare
un impatto. Tra le dotazioni disponibili anche il
Distronic Plus (leggasi Cruise Control attivo), il
sistema di riconoscimento dei segnali stradali e
la funzione di parcheggio automatico che comprende i sensori di parcheggio (singolarmente
891 euro) e la retrocamera di parcheggio (488
euro). Elementi, quest’ultimi, più o meno di serie
in base a quale dei quattro allestimenti in catalogo si va a scegliere: Executive, Sport, Exclusive e
Premium più un Business pensato per le esigenze della clientela aziendale.
inequivocabilmente lo sguardo solcando gruppi
ottici dall’architettura particolarmente raffinata.
Piccola Classe S
La rivoluzione stilistica non è solo fuori ma anche
dentro dove però rimangono concettualmente
immutati alcuni aspetti - come nel caso della leva
del cambio automatico incastonata sul piantone
di sterzo dietro al volante - mentre altri vengono
evoluti con l’introduzione di alcune novità: alla
precedente combinazione rotella/tasti per la gestione del sistema multimediale, ad esempio, è
stato aggiunto un curioso mouse a sfioramento
che copre parte della già conosciuta rotella. Un
touch-screen attraverso il quale si può arrivare a
pilotare anche una versione evoluta (in attesa del
nuovo sistema Apple) del Comand-Online che
può includere anche uno schermo da 8,4 pollici
montato “in sospensione”, navigatore, radio, lettore DVD, hard disk da 80 gb e molto altro.
35
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
sembra essere in grado di adattarsi particolarmente bene anche a dimensioni decisamente
più compatte. Rispetto alla vecchia C, insomma,
il passo avanti è notevole ed anche in termini di
cura per il dettaglio - i fari anteriori sono un’opera d’arte - sembra che la Stella abbia voluto imprimere una accelerazione notevole al processo
evolutivo di questo modello e senza lasciare nulla al caso.
Dal vivo: com’è dentro
La gamma motori: tre al lancio
Tre i motori disponibili al lancio. Il 2.1 turbodiesel
da 170 CV (400 Nm di coppia, 4 l/100 km) della C220 CDI e due turbo benzina per la C180 e
C200: quest’ultimi sono rispettivamente un 1.6
litri da 156 CV (250 Nm, 5 l/100km) ed un 2.0
da 184 CV in grado di erogare 300 Nm di coppia
consumando 5,3 l/100 km. Più avanti arriverà un
nuovo millesei turbodiesel declinato in versioni
da da 115 e 136 CV, rispettivamente sotto al cofano di C180 e C200 CDI Bluetec, ma anche la
ibrida C300 BlueTec Hybrid che combina i 204
CV dell’unità che andrà ad equipaggiare la futura C250 CDI ed i 27 CV di un motore elettrico
36
installato tra motore e cambio. Tra le particolarità di quest’ultima versione si segnala anche che
in futuro si renderà disponibile anche in versione
Plug-In a tutto vantaggio di consumi, emissioni
ed autonomia 100% elettrica.
Pesa 100 kg in meno!
Rispetto alla precedente, la nuova Classe C dichiara a parità di motorizzazione un peso ridotto
di 100 kg. 70 di questi provengono direttamente dalla scocca, grazie al più ampio utilizzo di
alluminio (ora al 50%), mentre gli altri 30 arrivano da una più accurata progettazione di numerose altre componenti. In termini di schema
tecnico Mercedes ha pensato sospensioni anteriori a quttro bracci ed un retrotreno indipendente Multilink: entrambi gli assi possono essere impreziositi con l’adozione delle sospensioni
pneumatiche regolabili Airmatic, sino ad oggi limitate ai segmenti superiori.
Dal vivo: com’è fuori
Per chi la incontra per la prima volta, soprattutto
se in movimento, sarà molto difficile capire se la
Mercedes che si ha di fronte in quel momento sia
una Classe S o una Classe C. L’effetto è chiaramente voluto e la cosa non stona nemmeno più
di tanto visto e considerato che lo stile della S
L’ispirazione è, anche in questo caso, quella della
Classe S ma a differenza della super ammiraglia
materiali e contenuti tecnologici sono declinati in
una forma per forza di cose meno raffinata. Questo, però, non significa certamente che materiali
utilizzati e cura per il dettaglio siano di secondo
piano, anzi: sotto certi punti di vista la nuova C
sfoggia un’attenzione ed un gusto per la finitura che è a livello del maniacale così come è maniacale l’assemblaggio, al quale non si può dare
che il massimo voto. In termini di stile i designer
Mercedes hanno evoluto i concetti studiati sulle
sponde del Lago di Como dal Design Center e li
hanno fatti diventare realtà posizionando al centro della plancia un generoso display “in sospensione” che non solo è molto completo nella quantità di informazioni che offre ma è anche ben
leggibile in qualsiasi condizione di tempo. Non è
però touch, anche se le sembianze da “pad” lo
farebbero ipotizzare: al posto di questa sempre
più diffusa funzione a Stoccarda hanno messo a
punto una sorta di mouse, che si posiziona sopra
all’ormai classica rotella del comand permettendo un comando del sistema multimediale (evoluto per l’occasione) un po’ macchinoso in prima battuta ma facile e veloce una volta “fatta la
mano” con la nuova interfaccia. In ogni caso, per
chi proprio non riuscisse a farne a meno, la precedente “human-interface” rimane ben accessibile. Più interessante nelle varianti automatiche,
dove la leva del cambio lascia il posto ad un pratico vano portaoggetti “protetto”, la nuova plancia
è solo uno degli elementi nuovi degli interni della
37
38
39
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Stella: anche la posizione di guida è stata completamente rivista e, nelle versioni più accessoriate, permette di essere completamente regolata (o richiamata da memoria) attraverso gli
specifici comandi posizionati nella parte alta del
pannello porta. In tema di posizione di guida si
notano subito anche l’abbondante spazio in zona
gambe e la regolazione del volante in altezza e
profondità: per quanto perfetta e precisa, però,
l’idea che offre non è quella di un’impostazione
più votata al confort che alla sportività, forse anche per via di una corona del volante meno verticale rispetto a quella di altre competitor.
Come si guida
Una volta avviato il quadricilindrico a gasolio della C220 CDI in allestimento Exclusive si nota immediatamente come siano praticamente assenti
vibrazioni e rumorosità: alle basse andature il
lavoro di insonorizzazione dei tecnici tedeschi è
40
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
ottimo così come è interessante lo sforzo fatto
per limitarne la sonorità in fase di accelerazione.
Una vettura, se dotata di questo motore, indubbiamente votata al confort di bordo e dedicata
espressamente per i grandi chilometristi che troveranno anche nelle sospensioni AirMatic, che
derivano direttamente dalla S, un perfetto alleato per percorrere tanti km in grande confort:
il tutto con la possibilità, attraverso un tasto, di
trasformare la Classe C da eccezionale passista
in buona interprete di percorsi guidati. La nuova Classe C, infatti, pur non essendo ancora un
riferimento per la categoria quanto a sportività
assoluta, dimostra di essere molto piacevole da
guidare e sicura in ogni condizione permettendo andature decisamente più “allegre” rispetto
a tutte le generazioni che l’hanno preceduta.
Stesso discorso vale anche per il 7G-Tronic Plus:
nell’attesa del nuovo nove marce, che però arriverà più avanti e non su tutte le motorizzazioni,
Notevolmente migliorata rispetto al modello
precedente, la nuova Mercedes-Benz Classe
C è un’auto molto interessante sotto diversi
punti di vista, in particolar modo sotto il profilo
qualitativo
41
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
42
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prove
43
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Prova
Periodico elettronico di informazione motociclistica
il sette marce automatico è stato ulteriormente
migliorato e perfezionato sia nelle modalità standard e confort ma anche in quelle più sportive,
dove si nota un netto miglioramento nelle fasi di
scalata in manuale: non è ancora un riferimento
per la categoria ma rispetto al vecchio modello
è davvero un bel balzo in avanti e permette ai
170 CV della C220 CDI di essere sfruttati meglio
ed in modo più efficiente in termini di consumi.
Nel corso della nostra prova abbiamo guidato
in anteprima anche il nuovo millesei da 136 CV
abbinato ad una trasmissione manuale a sei
marce: molto elastico, anche ai bassi regimi, la
nuova unità si è dimostrata meno silenziosa rispetto alla 220 CDI ed ovviamente meno propensa all’allungo nella guida sportiva. In compenso
consuma davvero pochissimo, soprattutto in
autostrada dove guidando entro i limiti si viaggia
con un buon margine di potenza ancora disponibile e consumi ben al di sotto dei 6 litri/100 km.
In conclusione
Notevolmente migliorata rispetto al modello
precedente, la nuova Mercedes-Benz Classe C è
un’auto molto interessante sotto diversi punti di
vista, in particolar modo sotto il profilo qualitativo. La versioni migliori sono le quadricilindriche
da 2.1 litri, magari dotate di sospensioni attive,
ma anche le nuove millesei turbodiesel promettono bene se si passa gran parte del tempo in
autostrada e non si è grandi amanti delle gite in
montagna a pieno carico.
44
BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU:
Mercedes Classe C
Sfoglia i cataloghi in PDF
Brochure
Sito dedicato »
Virtual tour »
Finanziamenti »
Guarda tutti gli allestimenti »
Trovala dai concessionari »
45
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
News
McLaren
650 MSO coupé
concept
La Casa di Woking ha rilasciato le
prime immagini della McLaren 650
MSO coupé concept, esercizio
stilistico caratterizzato dall’ampio
ricorso a tonalità scure e
componenti in fibra di carbonio
L
a Casa di Woking ha rilasciato le prime immagini della McLaren 650 MSO
coupé concept, esercizio stilistico
caratterizzato dall’ampio ricorso alle
tonalità scure e a numerose componenti dedicate. La McLaren 650 MSO (McLaren Special
Operations) coupé concept presenta numerose
componenti in fibra di carbonio, tra cui il diffusore posteriore ed i profili aerodinamici, oltre alle
prese d’aria, facendo così il paio con la carrozzeria in tonalità Agrigan Black. Oltre a favorire il
48
contenimento delle masse, i nuovi profili in fibra
di carbonio si propongono di incrementare l’efficienza aerodinamica della coupé di Woking,
mentre il vano motore ha ricevuto una serie di
elementi di finitura volti a personalizzarne ancor di più l’impatto estetico. Aperta la portiera è
possibile notare le sellerie sportive con guscio in
fibra di carbonio (materiale che ritroviamo anche
su numerosi altri elementi della cabina) con rivestimenti in pelle nera volti a fare il paio con una
serie di dettagli in nero lucido.
49
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
News
smart
primo video-teaser
della nuova generazione
Verrà svelata nei prossimi mesi la nuova smart, di cui il brand cittadino
del Gruppo Daimler ha rilasciato il primo video-teaser ufficiale
V
errà definitivamente svelata nei
prossimi mesi (probabilmente in occasione del Salone di Parigi 2014),
la nuova smart, che verrà proposta
nelle varianti ForTwo e ForFour, e di cui il brand
cittadino del Gruppo Daimler ha rilasciato il primo video-teaser ufficiale. Il filmato, registrato in
Svezia (ove la nuova smart ha effettuato alcuni
test), mostra in azione sul ghiaccio i prototipi
50
delle nuove vetture, permettendo così di osservare l’architettura estremamente compatta di
entrambe le varianti. Dotata di cromosomi comuni alla Renault Twingo di ultima generazione,
la nuova smart manterrà la trazione posteriore.
La ForTwo dovrebbe essere lunga 2.629 mm,
mentre la ForFour dovrebbe misurare 3.505
mm, con unità che dovrebbero essere da 0.9 litri
e 90 CV e da 1.0 litro da 70 CV.
51
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
News
Periodico elettronico di informazione motociclistica
colorazione grigia e dei cerchi a cinque razze
in color “Chrome Torque”, oltre ad uno splitter
anteriore ispirato dalla Z06 e a dei tappetini dedicati. La Corvette Pacific Edition verrà proposta
nella sola versione coupé equipaggiata con lo
Z51 Performance Package e verrà proposta in
cinque diverse tonalità di carrozzeria, ovvero:
Torch Red, Black, Arctic White, Blade Silver e
Shark Gray, tutte affiancate da delle bande racing e da cerchi a cinque razze ad Y neri alle cui
spalle è possibile notare le pinze rosse dell’impianto frenante. Limitati i cambiamenti interni,
che permettono di osservare però degli inediti
sedili sportivi, dei battitacco dedicati ed una serie di inediti particolari in fibra di carbonio.
Corvette
Atlantic e Pacific edition
Il costruttore statunitense si ispira ai due oceani a cui guardano le coste
degli USA per realizzare due edizioni speciali della Corvette Stingray,
ovvero la Atlantic e la Pacific
I
l costruttore statunitense si ispira ai due
oceani a cui guardano le coste degli USA
per realizzare due edizioni speciali della
Corvette Stingray, ovvero la Atlantic e la
Pacific. Caratterizzate esteriormente da delle
colorazioni dedicate, queste varianti verranno
rispettivamente proposte ognuna al fianco di
una sola tipologia di carrozzeria, ovvero coupé
e cabriolet. La Corvette Atlantic Edition verrà
proposta nella sola versione cabrio equipaggiata
con lo Z51 Performance Package, presenta una
52
53
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
News
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Media
E’
stata svelata la Rezvani Motors Beast,
supercar biposto a cielo aperto basata sulla Ariel Atom. La Rezvani Motors
Beast è basata sulla Ariel Atom, ed è
stata progettata da Samir Sadikhov (che in passato ha già realizzato alcune concept firmate
Aston Martin e Ferrari), ed è caratterizzata, oltre
che da linee minimalistiche dominate da superfici tese, da un corpo vettura in fibra di carbonio
con gruppi ottici appena accennati, un diffusore
posteriore di grandi dimensioni e dei cerchi da 19
pollici di diametro.
A muovere la Rezvani Motors Beast saranno
due diverse motorizzazioni: un turbo da 2.0 litri
in grado di sviluppare fino a 315 CV di potenza
massima (Beast 300) che permettono alla vettura di scattare da 0 a 100 km/h in 2.9 secondi di
tempo e un 2.4 litri sovralimentato da 500 CV di
potenza (Beast 500), che permettono di coprire
lo 0-100 km/h in 2.7 secondi di tempo. I prezzi
vanno dai 99.500 $ per la Beast 300 ai 124.900
$ previsti per l’acquisto della Beast 500 per i primi esemplari.
Dopo che le edizioni di lancio saranno esaurite i
prezzi saliranno a 119.000 $ per la Beast 300 e a
139.000 $ per la Beast 500.
Rezvani
Motors Beast
E’ stata svelata la Rezvani Motors Beast, supercar biposto a cielo aperto
basata sulla Ariel Atom caratterizzata da linee tese e minimalistiche e
da un corpo vettura in fibra di carbonio
54
55
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Innovazione
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Produzione diversificata
L’andamento economico del Gruppo denota una
forte crescita dovuta a diversi fattori. Citiamo
sicuramente la diversificazione della produzione
industriale, che va a coprire aree di business diverse, e l’importanza degli investimenti in ricerca e sviluppo. Sono questi in particolare ad avere
portato Bosch a questa eccellenza nel mondo,
basti pensare che ogni giorno la società registra
20 brevetti nei vari centri di ricerca che possiede
in Europa, Asia e America (5.000 all’anno). Nel
2013 ha investito 4,5 miliardi di euro nella ricerca. Questa fortissima, unica vocazione alla ricerca si ricollega allo statuto particolare del Gruppo
tedesco. Il 92% delle partecipazioni della Robert
Bosch GmbH sono infatti detenute dalla fondazione caritatevole Robert Bosch Stiftung GmbH.
La maggioranza dei diritti di voto appartiene
alla società fiduciaria Robert Bosch Industrietreuhand KG che gestisce le funzioni imprenditoriali dell’azienda. I diritti di voto e le partecipazioni restanti spettano alla famiglia Bosch e alla
Robert Bosch GmbH.
2014: fatturato in aumento. Bosch
leader nei sensori utili a Internet
Inizia alla grande il 2014 per Bosch, che nei primi tre mesi vede il fatturato crescere del 7%, le
previsioni vedono poi un aumento del fatturato
compreso tra il 3 e il 5% nel corso del’anno corrente. Il 2013 si è chiuso con un aumento del
fatturato del 3,1% (46,1 miliardi di euro), Bosch
ha impiegato nel mondo oltre 280.000 persone,
di queste circa 45.000 si sono occupate della
ricerca. L’euro forte ha causato una perdita sul
fatturato di circa 1,5 miliardi di euro a causa dei
Bosch Internet e microsensori
per la sicurezza delle auto
Dal 2020 la guida automatica
sarà realtà
di Andrea Perfetti | Il Gruppo Bosch ha tenuto a Stoccarda la conferenza
annuale a cui abbiamo partecipato per conoscere i numeri e i progetti
del fornitore leader al mondo nelle tecnologie e nei servizi dedicati a
chi va in auto e in moto
B
osch è leader al mondo nella progettazione di nuove tecnologie e servizi. E’ attivo nei settori automotive,
dell’energia e delle tecnologie costruttive, nelle tecnologie industriali e nei beni di
consumo.
La sua è una realtà ben radicata anche in Italia,
dove il Gruppo fondato nel 1886 da Robert Bosch
56
ha realizzato diversi insediamenti produttivi di
grande rilevanza. Nel nostro Paese il gigante tedesco conta 19 società, 4 centri di ricerca e circa
6.000 collaboratori; il suo fatturato in Italia è di
1,7 miliardi di euro. Automoto.it e Moto.it dedicheranno presto un approfondimento a queste
fabbriche che servono le aziende auto e moto di
tutto il mondo.
57
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
tassi di cambio sfavorevoli. Se si escludono le
perdite dovute al fotovoltaico, il margine EBIT
ha raggiunto il 6%, pari a 2,8 di miliardi di euro
grazie soprattutto alla crescita del business
nel’Automotive. Nel 2013 il settore Automotive
ha registrato un aumento del fatturato del 6,7%,
attestandosi a 30,6 miliardi di euro. Bosch è oggi
leader di mercato a livello mondiale nel campo
dei sensori micromeccanici (MEMS), una tecnologia alla base degli sviluppi futuri delle applicazioni pratiche connesse a Internet. L’obiettivo
strategico di Bosch consiste infatti nel creare soluzioni per la mobilità, l’industria, i sistemi energetici e gli edifici che permettano di migliorare le
prestazioni attraverso la connessione. I sensori
consentono di realizzare una nuova forma di assistenza tecnica nella vita quotidiana. Non parliamo di un futuro remoto, ma molto vicino, per
58
Innovazione
Periodico elettronico di informazione motociclistica
certi versi attuale. Pensiamo alla guida automatica (che abbiamo sperimentato in questi giorni
e su cui torneremo presto) o alla casa intelligente, Bosch sta investendo moltissime risorse per
rendere fruibili i frutti della ricerca collegata a
Internet.
Nel 2013 l’azienda ha prodotto un miliardo di
sensori, e per quest’anno è previsto un ulteriore aumento del 30%. I sensori intelligenti rappresentano un fondamentale elemento del progresso tecnologico. Sono dotati di un’interfaccia
radio e di un microcontroller che consentono di
trasmettere dati via Internet, per esempio a dispositivi mobili. «Gli smartphone non saranno
gli unici dispositivi a essere dotati di sensori.
Qualsiasi oggetto “smart” potrà essere fornito di
tali sensori», ha spiegato Volkmar Denner, AD di
Bosch.
Cresce il fatturato legato ai sistemi
di assistenza alla guida. Dal 2020
la guida automatica ad alta
velocità
I sensori sono divenuti un componente essenziale per rendere più sicura la guida di un’auto moderna. Dal 2016 saranno fondamentali anche per
conseguire le 5 stelle nei severi test Euro NCAP.
Le auto di nuova generazione impiegano sensori
radar, video e a ultrasuoni. Nel 2014 Bosch produrrà 50 milioni di sensori a ultrasuoni, pari a un
aumento del 25% rispetto all’anno precedente,
e raddoppierà la produzione di sensori radar e
video, superando i due milioni di unità. Già nel
2016, il fatturato relativo ai sistemi di assistenza alla guida supererà il miliardo di euro. Entro il
2020, l’azienda punta a realizzare la guida automatica a velocità più elevate.
Da Bosch un contributo alla
sicurezza dei motociclisti: presto
l’ABS low cost per le moto di
piccola cilindrata
Il Gruppo di Stoccarda ha investito importanti
risorse anche nel settore delle due ruote. Oggi
produce il primo sistema di controllo della stabilità dedicato a una moto (l’MSC che ha debuttato sulla KTM Adventure 1190) e presto introdurrà
sul mercato un ABS economico, a un canale (sulla ruota anteriore), destinato alle moto di piccola
cilindrata in larga diffusione sui mercati emergenti dell’Asia. «Costerà poche decine di euro
ed è destinato ad abbattere in modo drastico la
sinistrosità delle due ruote a motore su questi
mercati in forte crescita», così ci ha detto WolfHenning Scheider (membro del Board di Bosch e
responsabile dell’area Automotive).
59
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Innovazione
produzione nel Paese, che nel 2013 ha dato un
Bosch nel mondo: cresce in
Europa, raddoppia in America e fatturato di 700 milioni di euro. Bosch opera in
Asia. A Renningen il nuovo campus Russia da 110 anni.
dedicato alla ricerca
L’Asia è oggi la principale area di crescita di Bosch crede nella ricerca,
Bosch che punta a raddoppiare il suo fatturato chiede che anche i politici facciano
lo stesso
qui entro il 2020.
Dal 2010 al 2014 Bosch ha investito circa 3,3
miliardi di euro nella regione. Il Gruppo tedesco
punta a raddoppiare il fatturato anche in Nord e
Sud America, in Messico sta aprendo per questo
un nuovo centro di ricerca.
In Europa Bosch cresce a dispetto della crisi economica, il fatturato è infatti cresciuto del 2,2%
toccando i 25,5 miliardi di euro.
Nel 2013 Bosch ha investito 1,6 miliardi di euro
(oltre 900 milioni in Germania) in Europa espandendo la capacità produttiva soprattutto nei paesi dell’Est.
Significativi sono gli investimenti nel nuovo centro di ricerca di Renningen, che abbiamo visitato
in questi giorni.
Qui Bosch ha investito 310 milioni di euro: saranno realizzati 11 laboratori all’avanguardia su
un’area di oltre 100 ettari. Il campus ospiterà la
ricerca di nuovi materiali, metodi e tecnologie,
ma anche lo sviluppo di nuovi sistemi e processi
di produzione. Inizialmente vi lavoreranno 1.200
ricercatori. In Nord America il fatturato di Bosch
è aumentato del 3,5%, attestandosi a 7,8 miliardi di euro. Il fatturato nel mercato sudamericano
invece è diminuito del 3,6%, fermandosi a 1.7 miliardi di euro.
Bosch nel 2013 ha investito il 10% del fatturato
nella ricerca, si tratta di ben 4,5 miliardi di euro.
Nel 2014 oltre 45.000 ricercatori lavoreranno
all’interno del Gruppo di Stoccarda (che conta
281.000 dipendenti). Volkmar Denner, Presidente del Consiglio di amministrazione Bosch e responsabile del settore ricerca e sviluppo, chiede
però che anche le istituzioni facciano la loro parte, sostenendo le imprese europee nella corsa
alla competitività con le concorrenti asiatiche e
americane: «I politici devono guardare più avanti. Nel settore della ricerca e dello sviluppo, la
Germania e altri Paesi europei devono misurarsi
con le nazioni leader al mondo in questo ambito.
Le università migliori rendono più attraenti le regioni in cui sono situate, comportando benefici
indiretti anche per le aziende».
Nella regione Asia-Pacifico, in particolare in
Cina, Bosch è cresciuta nel fatturato del 5,8%,
raggiungendo circa 11,1 miliardi di euro. In India
e in Giappone, a causa della difficile situazione
economica, le attività sono cresciute al di sotto
delle aspettative. Bosch osserva con attenzione
anche la situazione in Russia, ma al momento
non intende interrompere gli investimenti e la
Europa espandendo
la capacità
produttiva
soprattutto
Cresce la Cina. Non si ferma
la fiducia nella Russia
60
Nel 2013 Bosch ha
investito 1,6
miliardi di euro in
nei paesi dell’Est
61
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Innovazione
Periodico elettronico di informazione motociclistica
presente anche nel nostro Paese, in Italia occupa
quasi 6.000 dipendenti in 19 diverse fabbriche
per un fatturato nel 2013 di 1,7 miliardi di euro.
Il centro di Renningen
Municipalità di Renningen, a due passi da Stoccarda, nel cuore dello stato del Baden-Württemberg. Qui nel giro di due anni sarà operativo il
nuovo centro di ricerca e di sviluppo della Bosch.
Prevede 14 nuovi edifici su un terreno di 100 ettari, per una superficie totale di quasi 110.000 metri quadri. Occuperà inizialmente 1.200 persone.
Saranno investiti 310 milioni di euro e saranno
messe a frutto tutte le più avanzate tecnologie
per limitare al massimo il consumo energetico
del complesso. Il campus di Renningen consentirà di concentrare in questo polo le varie attività di
ricerca, che invece oggi sono distribuite nell’area
di Stoccarda (nelle zone periferiche di GerlingenSchillerhöhe, Schwieberdingen e Waiblingen).
«Creando canali di contatto ancora più stretti
tra progettisti e ricercatori, vogliamo stimolare
la creatività e accelerare il trasferimento di conoscenze tra le business unit» ha dichiarato Klaus
Dieterich, presidente della divisione Corporate
Research and Advance Engineering. Abbiamo visitato il nuovo centro di Renningen e ammirato la
capacità con cui i tedeschi sono riusciti a procedere nei lavori. Il cantiere è stato quasi ultimato
nel giro di soli due anni dall’inizio dei lavori e senza alcun aumento dei costi. D’altra parte anche il
territorio ha fatto la sua parte, il sindaco di Renningen ha infatti valutato molto positivamente il
nuovo insediamento tecnologico, che avrà sicure
ripercussioni sull’indotto economico dell’intera
regione.
Bosch investe nella ricerca
310 milioni per il nuovo
centro di Renningen
di Andrea Perfetti | Un vero e proprio campus, destinato a divenire
presto il fulcro mondiale del R&D del colosso tedesco. Ospiterà 14 edifici
e 1.200 persone. Abbiamo visitato il cantiere e provato in anteprima due
novità della Bosch (la frenata salva pedone e il parcheggio automatico)
R
&D (research and development). Ricerca e sviluppo sono alla base della
leadership tecnologica mondiale di
Bosch. Un’azienda che nel 2013 vanta
un fatturato di oltre 46 miliardi di euro, di questi
quasi il 10% (4,5 miliardi) sono stati investiti in
ricerca. Si tratta di una cifra colossale che va di
62
pari passo con un altro dato molto significativo:
la società tedesca dà lavoro a 281.000 persone
nel mondo, nel 2014 45.000 tra queste saranno
impiegate proprio nella ricerca. A questo link trovate i numeri più importanti del bilancio aziendale del 2013, comunicati durante l’annuale conferenza a cui abbiamo preso parte. Bosch è ben
63
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
L’importanza della ricerca
Renningen diventerà sicuramente il centro di
R&D più importante di Bosch. Non bisogna però
dimenticare l’impegno a 360° della società tedesca, che vanta otto centri di ricerca nel mondo e
la partecipazione a ben 250 progetti universitari.
Nel 2014 i ricercatori passeranno da 43.000 a
45.000 unità, una percentuale molto alta se si
considera il numero complessivo degli occupati.
A Renningen 12 dei 14 edifici saranno costruiti
secondo il modello dei migliori campus universitari. Le palazzine a due-tre piani del laboratorio
e dell’officina saranno collegate mediante ponti
finestrati e strutture di collegamento trasparenti.
La parte centrale del campus sarà caratterizzata
da ampie aree verdi e laghetti artificiali che raccoglieranno l’acqua dai tetti. L’edificio centrale, alto
60 metri, sarà la costruzione più imponente del
sito. I sistemi di recupero del calore previsti per
i laboratori e le officine copriranno circa il 50%
64
Innovazione
Periodico elettronico di informazione motociclistica
del fabbisogno di riscaldamento dell’intero sito,
mentre l’acqua piovana raccolta nei laghetti e nei
pozzi sommersi servirà a raffreddare gli edifici.
Per bilanciare gli effetti sull’ecosistema, Bosch si
è impegnata a migliorare la qualità dell’acqua di
un lago vicino, a bonificare uno stagno e piantare
alberi da frutta. Le specie animali rare sono state
trasferite all’esterno del cantiere.
Abbiamo assaggiato i frutti
della ricerca
Va bene, anzi benissimo, la teoria, ma cosa c’è di
meglio di una prova sul campo degli effetti della
ricerca? Bosch ci ha fatto assistere al funzionamento di due sistemi che presto vedremo impiegati sulle auto in produzione.
Parliamo della frenata automatica fino alla velocità di 30 km/h e al parcheggio completamente automatico dell’auto (il guidatore può quindi
scendere dalla vettura, che procede da sola a
posizionarsi). Abbiamo verificato come sia
davvero a buon punto il progetto di parcheggio
automatico della vettura (nel nostro caso una
Volkswagen Passat Variant). Il sistema Bosch è
infatti in grado di riconoscere la presenza di uno
spazio sufficiente al parcheggio della vettura e
avvisa il conducente, che a questo punto posiziona la leva del cambio a doppia frizione in Neutral
e schiaccia il pulsante del parcheggio automatico
sulla plancia.
La vettura procederà quindi da sola alle manovre
di parcheggio, agendo su sterzo, freno, acceleratore e cambio. Il guidatore può anche uscire dalla
macchina e fare l’operazione con un’app dello
smartphone (ma sulla versione definitiva sarà
preferito un tasto sulla chiave in dotazione). Al
volante di una Golf abbiamo invece verificato il
funzionamento del sistema di frenata automatica in presenza di un ostacolo (tipicamente il pedone in città) fino alla velocità di 30 km/h (oltre il
sistema non aiuta perché aumentano le variabili
in gioco, soprattutto legate al comportamento
degli altri utenti della strada che hanno maggiore distanza da noi e quindi maggiore possibilità
di abbandonare la nostra traiettoria in tempo). Il
sistema Bosch sfrutta i radar e la videocamera
collocati sulla parte alta del parabrezza e, quando vede comparire il (finto) bambino davanti a
noi, interviene stoppando la vettura al posto del
guidatore (ovviamente se questi è distratto). La
potenza frenante applicata è elevatissima grazie
alla presenza di uno speciale boost che distribuisce la forza necessaria alla pinze dei freni. La
frenata automatica “salva pedone” sarà disponibile a partire dal 2016. Anche grazie a dispositivi
come questo le auto di nuova generazione potranno ottenere la massima valutazione nei test
Euro NCAP, che dovranno prevedere appunto la
presenza a bordo di sistemi di assistenza automatica alla guida.
65
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Attualità
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Viaggio nel tempo, De Vita nel ‘96
«Aboliamo il PRA, è inutile».
Ma oggi nulla è cambiato, anzi...
di Enrico De Vita | E’ il 1996 ed Enrico De Vita spiega in radio perché il
PRA è un ente inutile e parassita. Colpiscono le argomentazioni a favore
della sua abolizione, tutte ancora estremamente valide ed attuali, ma
intanto la situazione è solo peggiorata
inserito ma è quello che ha subito raggiunto il
maggior numero di firme (676.000). Questo
perché siamo andati a toccare un dente dolente per i cittadini». «È sempre stato Mussolini a
consegnare la gestione del PRA all’ACI, che oggi
(siamo sempre nel 1996, ndr) ricava centinaia di
miliardi di compensi provenienti dalla tasche sia
degli automobilisti che dello Stato. L’ACI infatti
ha una percentuale dello 0,75% sulle imposte di
registro pagate allo stato dai cittadini».
I tanti errori del PRA, ricaduti sulle
spalle (e le tasche) dei cittadini
«Fino al 1987-1988 le trascrizione sui registri del
PRA avvenivano a mano, con una semplice penna. Spesso quindi si sono verificati errori, come
per esempio vetture rottamate ma non cancellate correttamente dagli elenchi oppure trascritte in maniera scorretta dopo un passaggio di
B
isogna abolire il PRA perché è un
ente inutile, caratterizzato da un’inspiegabile sovrapposizione di competenze con la Motorizzazione.
Starete senz’altro pensando che siamo tornati
a parlare di un argomento di grande attualità
oggi, dopo le promesse ventilate dal governo
Renzi. E invece no, siamo nell’ormai lontano
1996, all’epoca del referendum che proponeva la
cancellazione del PRA per porre fine agli evidenti
sprechi di denaro pubblico ed ai giochi di poteri
“da prima Repubblica” legati a questo ente. Più
precisamente siamo all’interno di una puntata di
“Diritto Civile”, andata in onda su Radio Radicale,
che ha come ospite il nostro editorialista Enrico
De Vita, promotore del referendum per l’abolizione del pubblico registro. Quello che colpisce
è ascoltare quanto siano attuali i contenuti e soprattutto le argomentazioni emersi durante la
66
proprietà. Di conseguenza ai vecchi proprietari
continuava a venir richiesto il pagamento della
tassa di proprietà, anche se in realtà non erano
più in possesso dell’auto, oppure arrivano al proprietario originale multe elevate a quello nuovo.
Gli errori del PRA sono stati davvero tantissimi
e sono venuti a galla con l’informatizzazione del
Pubblico Registro, iniziata nel 1992». «Nel 1986,
qualche anno dopo il passaggio da bollo a tassa
di proprietà, l’ACI ha iniziato il controllo dei mancati i bolli per via informatica, che prometteva
di cancellare l’evasione del pagamento di questa tassa. Nel primo anno furono individuati 2,1
milioni di mancati bolli, oggi (siamo sempre nel
1996, ndr), a più di 10 anni di distanza dovremmo avere un’evasione ridotta a zero grazie al
controllo informatizzato, invece abbiamo ancora
4 milioni di bolli non pagati. I casi a questo punto
sono due. O gli Italiani sono stupidi e non hanno
trasmissione, nonostante siano passati 18 anni.
Un periodo lunghissimo, in cui la situazione, in
termini di sprechi e costi per la collettività, è addirittura peggiorata. La puntata andata in onda
su Radio Radicale rappresenta in definitiva una
testimonianza diretta di come in questi anni non
sia cambiato niente, tanto che oggi siamo ancora
al punto di partenza, impegnati a chiederci se sia
davvero arrivata la volta buona per l’abolizione
del PRA.
Il PRA, quel registro voluto da
Mussolini nel ‘27 e regalato all’ACI
«Abolire il Regio Decreto che ha istituito il PRA
nel lontano 1927, per volere di Mussolini, non
crea nessun problema o vuoto di potere perché
tutti i veicoli sono già oggi registrati dalla Motorizzazione Civile. Il quesito referendario per
l’abolizione del PRA è stato l’ultimo ad essere
67
ancora capito che al controllo del computer non
si sfugge, oppure il sistema non funziona come
dovrebbe. Io penso che questo sistema, oltre a
far credere erroneamente di aver scovato 4 milioni di evasori - che in realtà sono finti, perché
in molti casi sono soltanto auto non registrate
correttamente dal PRA – ha creato innumerevoli
disagi ai cittadini».
Il PRA costa 400 miliardi di lire,
intanto l’ACI incassa
«Allo Stato ed ai cittadini italiani il PRA costa 400
miliardi di lire (oggi, nel 2014, circa 190 milioni di
euro), mentre l’ACI muove altri denari, incassando per conto dello Stato, proprio come se fosse
un’esattoria, 7.000 miliardi di lire provenienti dai
bolli. Un’esattoria di questo tipo, all’alba dell’anno 2000 è davvero anacronistica, soprattutto
68
Periodico elettronico di informazione motociclistica
“
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
perché per riscuotere questi 7.000 miliardi di
bolli, l’ACI costa allo Stato italiano 1.000 miliardi. Nemmeno una banca privata pretenderebbe
così tanto per riscuotere dei soldi. Inoltre per
una convenzione siglata nel 1986 all’ACI spetta
un compenso forfettario dell’1% degli incassi del
bollo, ovvero circa 70 miliardi di lire all’anno».
Attualità
Allo Stato ed ai cittadini italiani il PRA costa 400
miliardi di lire (oggi, nel 2014, circa 190 milioni di
euro), mentre l’ACI muove altri denari, incassando
per conto dello Stato, proprio come se fosse
un’esattoria, 7.000 miliardi di lire
provenienti dai bolli
Per recuperare 180 miliardi di
evasione, ACI e Ministero ne
spendono più di 200
«Per recuperare quei 4 milioni di bolli presunti
evasi, inizialmente si muove l’ACI, poi se non ci
riesce passa la palla al Ministero. L’anno scorso
(1995, ndr) tutti e due, ACI e Ministero, sanzioni comprese, sono riusciti a recuperare meno di
180 miliardi di lire, circa 90 miliardi a testa. Siccome le sanzioni alzano del 240% l’importo evaso,
69
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Attualità
Periodico elettronico di informazione motociclistica
integrati nella Motorizzazione con incarichi relativi al controllo delle revisioni, oppure in attività a
favore della sicurezza e dell’educazione stradale.
Lavorare per la sicurezza stradale è certamente
produttivo perché salva vite umane o ogni vita
umana persa o caricata di invalidità è una danno
economico oltre che morale». Se non avessimo
scritto che la trasmissione è andata in onda nel
1996 forse si sarebbero accorti in pochi che si
trattava di una puntata di 18 anni fa. Le argomentazioni sono ancora valide, le cifre, trasformate
in euro, sono ancora oggi paragonabili o in alcuni
casi peggiorate. Nel frattempo i dipendenti del
PRA sono aumentati in maniera vertiginosa, ma
la sovrapposizione di competenze è rimasta intatta, così come gli sprechi di denaro pubblico e
le perdite di tempo a cui sono costretti i cittadini
dal PRA ad ogni passaggio di proprietà.
70
Le conseguenze dell’abolizione:
solo vantaggi per i cittadini
«L’abolizione del PRA comporta soltanto vantaggi per l’automobilista. Dal punto di vista sociale
c’è da pensare ai 600 impiegati del PRA (oggi,
nonostante i computer, sono oltre 2.000!, ndr), a
cui va trovata una sistemazione lavorativa. L’Italia ha bisogno di professioni che producano ricchezza e prodotto interno lordo e che non siano
parassitarie. È vero, bisogna creare occupazione, ma occupazione produttiva, altrimenti diamo
vita a parassiti. E il PRA è un tipico esempio di
ufficio parassita perché svolge una mansione
che si sovrappone di fatto a quella della Motorizzazione. Questi impiegati potrebbero essere
“
e tali percentuali sono comprese in queste cifre,
l’importo evaso realmente recuperato - escluse
cioè le sanzioni – è di circa 70 miliardi. Per recuperare queste modeste somme, ACI e Ministero
sono costati allo Stato e quindi ai cittadini più
di 200 miliardi di lire. Al Ministero delle Finanze
vengono occupati la bellezza di 9.000 dipendenti per lavorare a tempo pieno al recupero di
questi crediti. Lo si evince da una comunicazione interna del Ministero, top secret, della quale
sono entrato in possesso. Un operazione elefantiaca di recupero, ma totalmente improduttiva.
E lo stipendio di questi 9.000 dipendenti statali
si aggira intorno ai 600 miliardi di lire all’anno,
mentre se ne recuperano di fatto soltanto 70!»
L’Italia ha bisogno di professioni che producano
ricchezza e prodotto interno lordo e che non
siano parassitarie
71
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Attualità
Periodico elettronico di informazione motociclistica
soltanto auto ibride (range extender comprese)
ed elettriche o quelle alimentate a GPL, metano,
biometano e a idrogeno (?). Rimangono escluse
quindi tutte le auto più “tradizionali” ovvero quelle spinte da classici motori termici alimentati con
benzina e diesel (o gasolio che dir si voglia), anche se emettono meno di 120 g/km. Un esempio
può aiutare a sgomberare il campo dagli ultimi
dubbi, qualora ne fossero rimasti. La Peugeot
308 HDi 1.6 HDi 92 CV è campionessa in termini
di emissioni, con un valore dichiarato che non va
oltre i 95 g/km, quindi perfettamente in linea con
i parametri di emissione imposti dalla manovra.
Essendo alimentata a gasolio però e non essendo ibrida non può godere di alcun tipo di incentivazione.
Moto e scooter: esclusi tutti quelli
a benzina (la quasi totalità)
Incentivi 2014, attenzione
a non sbagliare
non valgono per auto
benzina e diesel
di Matteo Valenti | A poche ore dall’annuncio dei nuovi incentivi 2014 è
già il caos. In molti hanno annunciato che la manovra di incentivazione
riguarda auto benzina e diesel. Ma le cose non stanno affatto così
E’
passato soltanto un giorno
dall’annuncio dei nuovi eco-incentivi 2014 ma si è già scatenato
il caos. Sono stati molti infatti a
dichiarare che la manovra di incentivazione riguarda tutti i tipi di veicoli, a patto che rispettino
determinati parametri di emissioni di CO2 particolarmente stringenti. Niente di più falso.
72
Auto benzina e diesel tradizionali:
niente incentivi
Gli eco-incentivi 2014 è vero che vengono destinati a veicoli a basse emissioni di CO2 (fino ad
un massimo di 120 g/km) ma a patto che siano
alimentati per mezzo di combustibili alternativi o con tecnologie di propulsione alternative. In pratica possono usufruire degli incentivi
Stesso discorso per le due ruote. Anche in questo caso non basta guardare i valori di emissioni dichiarati. Rientrano nella manovra soltanto
motoveicoli e ciclomotori elettrici (quelli a listino
si contano sulle dita di una mano) e quelli ibridi
(che poi è uno soltanto, il Piaggio Mp3 Hybrid).
Esclusi totalmente dall’incentivazione scooter,
moto e ciclomotori alimentati soltanto a benzina,
ovvero la quasi totalità dei modelli. La confusione è nata perché il Ministero nel comunicare la
nuova manovra di incentivazione ha dichiarato
che “Gli ecoincentivi 2014 saranno resi disponibili con le norme e le modalità già in vigore lo
scorso anno”, quando rientravano negli incentivi
anche veicoli alimentati semplicemente a benzina o a gasolio. Cosa che invece quest’anno non
accade più come specifica a più riprese non soltanto il sito ufficiale del Ministero ma anche l’articolo 1 del Decreto Ministeriale che mettiamo a
disposizione in allegato. Il Ministro dello Sviluppo Economico infatti ha voluto puntualizzare
dicendo che si tratta di incentivi per spingere i
costruttori a puntare su carburanti e sistemi di
propulsione alternativi e per svecchiare il parco circolante, ma non per dare una boccata d’ossigeno
generica al mercato auto e moto. Non bisogna
dare credito quindi nella maniera più assoluta
quegli elenchi di veicoli che possono avvantaggiarsi degli incentivi - stanno spuntando come
funghi sul web - dove compaiono tradizionali
modelli benzina o diesel. (La Fiat Panda 1.2 Fire
a benzina da 69 CV non gode degli incentivi, la
versione 0.9 TwinAir Natural Power a metano sì).
Perché spingere a sostituire
prematuramente auto?
Una volta sgomberato il campo una volta per tutte dai dubbi però torniamo ad avanzare qualche
altra perplessità su questa manovra di incentivazione, che si aggiunge a quelle che vi abbiamo
raccontato ieri. Le aziende, a cui sono destinati
il 50% dei fondi messi a disposizione, possono
usufruire degli incentivi solo rottamando un veicolo di 10 anni di età di cui si sia in possesso da
almeno 12 mesi. Sorvoliamo sul fatto che tendenzialmente saranno pochissime le imprese
che possiedono un veicolo di 10 anni, considerati i chilometraggi elevati a cui vanno incontro
generalmente le auto aziendali (è questo principalmente il motivo per cui soltanto pochissime
aziende l’anno scorso sono riuscite a sfruttare
gli incentivi, che infatti sono in parte avanzati).
Rottami un’auto
prematuramente? Inquini
tantissimo, sprecando
Il discorso in questo caso è di principio, perché
con questa manovra il ministero dimostra una
visione miope per quanto riguarda il rispetto ambientale. Questa politica di incentivazione infatti
non tiene conto del fatto che spingere i cittadini
a cambiare un veicolo dopo 10 anni con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento ha effetti deleteri
sulla produzione di CO2. Un’auto di 10 anni ancora perfettamente funzionante, che viene rottamata prematuramente, verrà sostituita da un
nuovo modello la cui realizzazione - considerando l’intero processo di produzione industriale –
produrrà un quantitativo enorme di emissioni di
73
Attualità
Periodico elettronico di informazione motociclistica
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
“
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Perché spingere a rottamare
prematuramente auto ancora perfettamente valide
e funzionanti? Così si inquina soltanto di più,
CO2. Si è stimato che per produrre un’auto nuova (l’esempio è calcolato su una berlina 2.0 litri
di segmento D) vengano emessi nell’atmosfera
quantitativi di CO2 pari a quelli che la vettura
emetterà mediamente durante il suo intero ciclo
di vita. Sostituirla prematuramente quindi è solo
e soltanto uno spreco, nulla di più, che incide
peraltro negativamente a livello di emissioni. In
poche parole per migliorare la qualità dell’aria si
spingono i cittadini a rottamare auto potenzialmente ancora valide e funzionanti, di fatto peggiorandola e inquinando di più al momento della
produzione del nuovo modello.
Il parco auto circolante italiano è il
più giovane d’Europa
Da considerare infine che il parco auto circolante
italiano, dopo manovre di incentivazione che si
74
sono susseguite a raffica negli ultimi anni, è il più
giovane d’Europa (Fonte Acea), tanto che ormai
non vengono quasi più rottamate vetture Euro
0 o Euro 1. In questo modo nel nostro Paese si
vuole far passare l’idea che un’auto di 10 anni è
vecchia, decotta e da sostituire, mentre nel resto d’Europa le automobili vivono mediamente
18 anni prima di essere rottamate. Francamente
sembra quindi davvero una forzatura continuare
a spingere per un ricambio prematuro dei mezzi a motore, che come abbiamo visto, ha effetti
deleteri sull’ambiente. Ancora una volta quindi
incentivi così strutturati non sembrano affatto
la strada migliore per intervenire sulla riduzione
dell’inquinamento e sul miglioramente della qualità dell’aria. Forse però faranno comodo a livello
politico o in termini di comunicazione e propaganda agli occhi dei cittadini...
sprecando
75
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Tecnica
Periodico elettronico di informazione motociclistica
L’influenza della Formula 1
Negli ultimi anni però quasi tutti i costruttori di
automobili hanno cominciato a offrire trasmissioni automatiche o semiautomatiche anche per
modelli di cilindrata piccola e media, che in Europa hanno conquistato fette di mercato molto
significative, e stanno continuando alla grande
su questa strada. Una forte spinta in questa direzione è stata data dalle monoposto di Formula
Uno, con il loro passaggio alle trasmissioni con
cambio sequenziale, di tipo robotizzato, con il
comando ridotto a due semplici levette al volante e frizione ad azionamento automatico. Le
soluzioni oggi adottate dalle diverse Case sono
svariate e ognuna di esse ha le proprie caratteristiche costruttive e funzionali. Comune a tutte è
l’assenza del pedale della frizione. Quando viene
impiegato un cambio automatico il pilota sceglie
un “programma” e poi non deve fare altro che
agire sul pedale dell’acceleratore. Al resto pensa
la centralina con i suoi attuatori. In questo caso
però non c’è la possibilità di decidere quale marcia innestare.
Il principio di funzionamento
In base al regime di rotazione del motore, alla
velocità del veicolo e alla posizione del pedale
dell’acceleratore, la centralina stabilisce, nella logica dei vari programmi (guida sportiva o
tranquilla, contenimento dei consumi) quando
effettuare i cambi di marcia. Generalmente il pilota può comunque agire in maniera da ottenere
una scalata, con innesto di una marcia più bassa,
effettuando il kick-down (ossia premendo repentinamente a fondo il pedale dell’acceleratore). In
diversi casi sollevando il piede dal pedale è possibile ottenere l’innesto di una marcia più alta.
I cambi semiautomatici
Ci sono poi i cambi semiautomatici, che nelle esecuzioni moderne consentono al pilota di
scegliere tra due modalità di funzionamento.
Cambi automatici
trasmissioni per tutti i gusti!
di Massimo Clarke | Cambi automatici di schema tradizionale,
semiautomatici con frizione o convertitore di coppia, a doppia frizione,
variatori… La possibilità di scelta non è mai stata così ampia.
Ecco tutti i cambi oggi disponibili
P
er anni le trasmissioni automatiche
sono state sinonimo di vetture di
grossa cilindrata e di notevole livello. Mentre negli USA sin dagli anni
Cinquanta questi dispositivi si sono affermati
in maniera pressoché plebiscitaria (al punto
che da decenni molti automobilisti americani
non sanno guidare le auto con cambio meccanico e pedale della frizione!), in Europa gli
utenti hanno continuato a preferire nella grande
76
maggioranza dei casi i classici cambi manuali.
Fino a poco tempo fa solo una percentuale molto modesta delle auto vendute era dotata di una
trasmissione automatica.
Come nel caso delle auto americane, quest’ultima era invariabilmente del tipo tradizionale, con
convertitore di coppia e cambio dotato di gruppi
epicicloidali (una rarissima eccezione è stata per
diverso tempo la piccola DAF, con il suo variatore).
77
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Tecnica
Periodico elettronico di informazione motociclistica
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
Nel primo caso questo è totalmente automatico,
con la centralina che controlla il cambio e la frizione. Anche qui in genere sono disponibili due
programmi, con differenti logiche di intervento,
dei quali uno è studiato all’insegna del contenimento dei consumi e l’altro in un’ottica decisamente sportiva. La seconda modalità di funzionamento prevede che sia il pilota a scegliere
quale marcia innestare e in quale momento. La
cosa avviene grazie a una corta leva collocata
in posizione tradizionale o mediante due levette
al manubrio (ma talvolta ci possono essere due
pulsanti). Questi cambi semiautomatici sono definiti anche “robotizzati”; si tratta infatti di cambi
meccanici tradizionali nei quali lo spostamento
delle forcelle di innesto delle marce (come pure
l’azionamento della frizione) invece di essere
determinato dalla azione del pilota sulla leva di
78
comando, viene ottenuto per mezzo di attuatori
che agiscono con estrema rapidità e precisione.
Ma sulle moto?
Si tratta di cambi sequenziali, in quanto allo
spostamento in un senso della leva corrisponde
l’innesto di una marcia immediatamente più alta
e a uno “scatto” in senso opposto corrisponde
l’innesto di una immediatamente più bassa. Per
inciso, il sistema sequenziale (completamente
meccanico e con comando a pedale) sulle moto
è apparso nel 1927 per merito della inglese Velocette ed è stato adottato universalmente nel
corso degli anni Trenta. Nei cambi semiautomatici non vi è alcun pedale della frizione e quello
dell’acceleratore non ha collegamenti meccanici; è la centralina elettronica che, informata della
sua posizione, agisce sulla valvola del gas (cioè
sulla “farfalla”). Pure la leva che si aziona per
cambiare marcia non è collegata col cambio ma
con la centralina.
Il Tiptronic
Un tipo particolare di cambio semiautomatico, di
notevole raffinatezza tecnica, è il Tiptronic, sviluppato in origine dalla Porsche e oggi impiegato
su diversi modelli del gruppo Volkswagen-Audi.
In questo caso al posto della tradizionale frizione, all’ingresso del cambio si trova un convertitore di coppia.
I cambi a doppia frizione
Una diffusione crescente stanno conoscendo
i cambi semiautomatici del tipo a doppia frizione, che consentono di ottenere cambi di marcia
veloci ma al tempo stesso “dolci” (cioè senza
strappi). In questo caso ci sono due alberi di
entrata, coassiali, ciascuno dei quali è dotato
di una propria frizione. Su uno dei due alberi ci
sono gli ingranaggi delle marce pari (seconda,
quarta e sesta) e sull’altro quello delle marce
dispari. Quando il veicolo è in movimento sono
sempre innestate contemporaneamente due
marce “adiacenti” (ad esempio, seconda e terza,
o terza e quarta), ma una sola delle due frizioni
trasmette il moto. Il passaggio da una marcia
all’altra viene ottenuto innestando una frizione
e contemporaneamente disinnestando l’altra.
Anche il cambio a doppia frizione è sequenziale
e rientra nella categoria dei semiautomatici; può
essere infatti impiegato in modalità automatica o
manuale, con il pilota che sceglie il momento del
passaggio da una all’altra marcia e la centralina
che di conseguenza aziona gli attuatori.
79
I variatori
Completamente diversi sono i variatori, generalmente indicati con la sigla CVT (Continuously
Variable Transmission). Questi dispositivi consentono di ottenere una variazione continua e
graduale del rapporto di trasmissione; non ci
sono quindi le tradizionali marce. In certi casi
però il sistema di gestione prevede delle posizioni prefissate, e questo consente di ottenere un
comportamento analogo a quello delle trasmissioni dotate di cambio. Per consentire la messa
in movimento della vettura vi è una frizione a
funzionamento automatico (o un convertitore di
coppia), che entra in funzione solo in tale circostanza e dopo rimane sempre innestata. Usualmente questi dispositivi sono del tipo a cinghia
e pulegge a diametro variabile. Il principio di funzionamento è quindi analogo a quello delle trasmissioni impiegate su quasi tutti gli scooter; in
questo caso però la cinghia, dotata di una serie di
elementi metallici, è realizzata in modo da poter
lavorare a compressione. In una categoria a sé
80
Periodico elettronico di informazione motociclistica
stante rientra il Multitronic, impiegato da Audi;
utilizza una cinghia, interamente metallica e assai simile a una catena in quanto dotata di una
serie di maglie, che lavora a trazione. Completamente diversi sono i variatori di tipo toroidale
(Extroid, Torotrak), che per ottenere un cambiamento continuo del rapporto utilizzano dischi
sagomati e rulli. Attualmente nel nostro settore
trova impiego (molto limitato) solo quello della
Nissan. Anche le trasmissioni meccanoidrauliche consentono di ottenere una variazione continua e graduale del rapporto di trasmissione.
Non vengono però utilizzate in campo automobilistico, almeno per il momento. In conclusione,
la scelta della trasmissione in genere viene effettuata dalla casa, in funzione delle caratteristiche
della vettura e del tipo di impiego prevalente previsto. In certi casi però è possibile che l’utente
possa decidere, in base ai suoi gusti, tra opzioni
differenti. Per uno stesso modello di autovettura,
o due assai simili, possono infatti essere disponibili trasmissioni differenti.
“
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Tecnica
Una diffusione crescente stanno conoscendo
i cambi semiautomatici del tipo a doppia
frizione, che consentono di ottenere cambi
di marcia veloci ma al tempo stesso
“dolci”. In questo caso ci sono due alberi
di entrata, coassiali, ciascuno dei quali è
dotato di una propria frizione
81
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Pagine di storia
I motori automobilistici
raffreddati ad aria (seconda parte)
di Massimo Clarke | Nel dopoguerra è iniziata la storia della mitica
Citroen 2 CV e delle Panhard dalla meccanica raffinata. Ed è entrata
in scena la Porsche…
L
a semplicità, l’affidabilità e il costo ridotto tipici del raffreddamento ad aria
non sono stati ignorati dai tecnici che
lavoravano alla realizzazione di vetture
di piccola cilindrata destinate alla motorizzazione di massa. Per un tipo di auto del quale si iniziava a sentire una grande necessità, le utilitarie, si
trattava di una soluzione senz’altro attraente. E
anche l’idea di impiegare due soli cilindri non era
affatto male. Il problema, disponendoli in linea,
era costituito dalle vibrazioni. Poteva però essere facilmente risolto adottando una architettura
a cilindri contrapposti, disposizione nota anche
come “boxer”.
82
Il bicilindrico Citroen:
un precursore dei tempi
Attorno alla metà degli anni Trenta la direzione
della Citroen decise di realizzare una vettura essenziale ed economicissima, ma al tempo stesso
robusta e con sospensioni in grado di affrontare senza problemi anche fondi sconnessi come
quelli che ancora erano comuni nelle zone rurali.
Doveva essere di piccola cilindrata ma al tempo stesso avere una abitabilità più che buona.
Il progetto era contraddistinto con la sigla TVP
(tres petite voiture). Il responsabile del motore,
Maurice Sainturat, optò per un bicilindrico boxer raffreddato ad acqua di 375 cm3. Il cambio
83
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
era a tre marce e l’avviamento manuale. Dopo la
realizzazione di una serie di prototipi e un lungo
lavoro di messa a punto, la versione definitiva fu
allestita nella primavera del 1939. In estate vennero realizzati numerosi esemplari di preserie.
Tutto era pronto per il lancio di questa vettura
spartana ed essenziale, con un solo faro (!), e
carrozzeria quasi tutta in alluminio, con parte anteriore in lamiera ondulata, quando ebbe inizio la
seconda guerra mondiale. Negli anni del conflitto
l’estetica venne riveduta completamente da Flaminio Bertoni. Fu anche deciso di riprogettare il
motore e, proprio sul finire delle ostilità, questo
importante compito venne affidato all’italiano
Walter Becchia, tecnico di grande esperienza e
di provata capacità. Il nuovo bicilindrico venne
dotato di raffreddamento ad aria e fu abbinato a
84
Pagine di storia
Periodico elettronico di informazione motociclistica
un cambio a quattro rapporti. La versione definitiva della 2 CV, con due fari e avviamento elettrico, venne presentata al Salone di Parigi del 1948.
Semplicità strutturale e
razionalità tecnica
Il motore era stato progettato all’insegna di una
grande semplicità strutturale e della massima
razionalità nelle scelte tecniche, effettuate con
l’obiettivo di contenere i costi di fabbricazione
ma al tempo stesso di ottenere una ottima robustezza e una grande durata. I cilindri erano in ghisa mentre il basamento e le teste erano in lega
di alluminio; in ciascuna di queste ultime erano
alloggiate due valvole inclinate tra loro di 70°. Le
camere di combustione erano quindi di forma
emisferica. L’albero a gomiti, che poggiava su
due supporti di banco, era di tipo composito. Lo
costituivano cinque parti unite tra loro per forzamento. Questa soluzione, di scuola motociclistica, consentiva di adottare bielle senza cappello,
ossia con testa in un sol pezzo. Sia i cuscinetti di
banco che quelli di biella erano a strisciamento;
si trattava cioè di bronzine.
Misure quadre
Il basamento era formato da due semicarter simmetrici che si univano secondo un piano verticale longitudinale. In questo motore vi erano due
soli ingranaggi, utilizzati per comandare l’albero
a camme, collocato nella parte inferiore del basamento. La distribuzione era ad aste e bilancieri. Sulla estremità anteriore dell’albero a gomiti
erano montati il rotore della dinamo e la ventola
di raffreddamento, a flusso assiale. L’estremità
posteriore dell’albero a camme azionava la pompa dell’olio e quella anteriore il complesso del
ruttore di accensione con anticipo centrifugo.
Il motore aveva misure caratteristiche perfettamente “quadre” (alesaggio e corsa = 62 x 62
mm); la cilindrata era di 375 cm3 e la potenza di
9 CV a 3800 giri/min. Nel corso degli anni questo
bicilindrico ha subito una serie di aumenti di cilindrata. Alla fine del 1954 è comparsa la versione di
425 cm3 (da 12 cavalli, poi passati a 15 e nel 1963
a 18), con alesaggio portato a 66 mm. In seguito sono apparse due versioni rispettivamente di
435 e di 602 cm3; nel 1970 quest’ultima erogava
33 cavalli a 5750 giri/min. Una variante di 652
cm3 è stata impiegata sulla Visa ma non sulla 2
CV. La straordinaria validità di questo bicilindrico
85
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Citroen, adottato anche sulla Dyane e sulla Ami,
è dimostrata anche dal fatto che è rimasto in
produzione fino al 1990 (nell’ultimo periodo veniva fabbricato in Portogallo). In totale della 2 CV
sono stati costruiti oltre otto milioni e mezzo di
esemplari. Mica male…
Il bicilindrico Panhard
A un altro bicilindrico francese raffreddato ad
aria spetta un posto di spicco nella storia del motorismo. Si tratta del Panhard, dotato anch’esso
di una architettura a cilindri contrapposti. Questo motore è nato alla fine della seconda guerra
mondiale per equipaggiare la Dyna X, una interessante vettura dotata di carrozzeria in lega di
alluminio, la cui presentazione è avvenuta nell’ottobre del 1946. Anche se i cilindri erano solo due,
si trattava di una realizzazione di notevole raffinatezza tecnica, con cuscinetti di banco e di biella a rotolamento e molle di richiamo delle valvole
a barra di torsione. L’albero a gomiti composito
era in tre parti; i due perni di biella erano infatti
integrali con i bracci di manovella anteriore e posteriore dell’albero stesso. Un’altra interessante
caratteristica era costituita dall’impiego di cilindri “ciechi”; ognuno di essi infatti era realizzato
in un’unica fusione (in lega di alluminio) con la
relativa testa, che quindi non era amovibile. Le
canne erano in ghisa e venivano installate con
forzamento, inserendole nei cilindri dalla parte
opposta alla testa. Il basamento era del tipo a
tunnel, ovvero costituito da un’unica fusione. Le
camere di combustione erano emisferiche e la
distribuzione era ad aste e bilancieri, con albero
a camme nella parte inferiore del basamento e
punterie munite di rullo. Il sistema di lubrificazione prevedeva una pompa immersa, azionata
da un alberello verticale che prendeva il moto
dall’albero a camme, e due convogliatori centrifughi che, fissati ai bracci di manovella dell’albero a gomiti, raccoglievano l’olio che fuoriusciva
dai cuscinetti di banco e lo facevano pervenire
ai cuscinetti di biella. Nel corso degli anni questo
motore è stato oggetto di una evoluzione che ha
86
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Pagine di storia
portato la sua cilindrata a passare dagli originali
610 cm3 a 745 cm3 e infine a 851 cm3; importante è stata anche l’adozione di dispositivi idraulici
per la ripresa automatica del gioco delle valvole
(una autentica raffinatezza per un motore europeo dell’epoca). La versione iniziale di questo bicilindrico erogava 22 cavalli, subito passati a 24 a
4000 giri/min, e quindi a 28 a 5000 nel 1949. La
versione di 745 cm3 è apparsa nel 1950, con una
potenza di 35 CV.
Cambio generazionale
Due anni dopo è stata la volta di quella di 851
cm3 (alesaggio e corsa = 85 x 75 mm), che disponeva di 40 cavalli. La produzione della Dyna X
è terminata nel 1953, dopo che dagli stabilimenti Panhard ne erano usciti 47.000 esemplari. Il
suo posto è stato preso dalla bellissima Dyna Z,
dalla estetica moderna e filante. La carrozzeria
era ancora in lega di alluminio, ma dalla fine del
1955 si è passati alle lamiere d’acciaio. La potenza del motore è aumentata a 42 CV a 5300
giri/min. Nel 1959 ha fatto la sua comparsa una
nuova versione del bicilindrico, dalle prestazioni
particolarmente brillanti (la potenza specifica
era di 59 CV/litro, un valore davvero elevato
per una vettura di serie dell’epoca). Denominato “Tigre”, questo bicilindrico erogava 50 CV a
5750 giri/min. La Dyna Z, che è stata costruita
in oltre 140.000 esemplari, è stata sostituita alla
fine del 1959 dalla PL 17. Questa vettura è stata
proposta tanto in versione da 42 cavalli quanto
in versione dotata del motore Tigre, ed è rimasta
in listino fino al 1965. La produzione ha superato
le 160.000 unità. L’ultimo modello equipaggiato
con l’ottimo bicilindrico di 851 cm3 è stato costruito dal 1964 al 1967. Contraddistinto semplicemente dalla sigla “24”, è stato fabbricato in
circa 29.000 esemplari. Con questa vettura ha
fatto la sua comparsa una versione ulteriormente potenziata del motore Tigre, in grado di fornire
ben 60 cavalli. Si è trattato di un autentico canto
del cigno, perché la 24 è stata anche l’ultima automobile costruita dalla Panhard.
87
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
le pagelle
del GP di Barcellona
di Giovanni Bregant | Deutschland über alles. Anche in Spagna le
Mercedes si dimostrano le vetture da battere e tra conferme e
smentite qualcuno risorge ed altri sprofondano
I
pochi decimi di margine con cui ha tagliato il
traguardo non gli rendono giustizia: anche in
Spagna Hamilton ha dominato, prima strappando a Rosberg la gioia della pole position
e poi in gara prendendo subito quei 2-3 secondi
di margine che ha poi saputo amministrare con
furbizia. Nel finale un degrado superiore delle
gomme rispetto al tedesco (strano, considerando che l’inglese aveva le gomme dure e il compagno la mescola più tenera) ha risvegliato gli
88
Formula 1
Periodico elettronico di informazione motociclistica
spettatori ormai assopiti sul divano (e probabilmente anche sugli spalti), ma è stata solo un’illusione: la vittoria non è mai stata davvero in discussione e ora l’inglese si è finalmente issato in
vetta alla classifica del Mondiale, con pieno merito. Per lui quindi voto 10, inarrestabile.
Rosberg: per contrastare Hamilton
serve più tenacia
Ci ha provato fin dal primo giro di pista nelle
libere del venerdì e ha continuato fino all’ultima
curva dell’ultimo giro della domenica, ma anche
stavolta Rosberg deve accontentarsi del 2° posto, il quarto di fila, perchè contro un Hamilton in
questo stato di forma non c’è niente da fare. E se
è vero che il secondo è solo il primo degli sconfitti, si sa che quando il primo ha la tua stessa auto
brucia il doppio. Per lui quindi voto 8 per la tenacia, ma urge una reazione prima che Hamilton
dilaghi. Impotente.
La rinascita del Campione
Tuttavia forse il migliore pilota visto in pista a
Barcellona è uno che non ha nemmeno assaggiato lo champagne del podio: Vettel per tutto il fine
settimana ha avuto problemi tecnici, perdendo
prima un turno delle libere e poi la possibilità di
fare un tempo in Q3, fino alla beffa della retrocesssione al 15° posto per sostituire il cambio.
Proprio lui che fino allo scorso anno era esente
da qualsiasi problema, tanto c’era Webber a fare
da parafulmine della sfortuna. Il tedesco però
non si è dato per vinto e con una Red Bull piuttosto lenta in rettilineo è riuscito in un’incredibile
rimonta, spingendo dal primo all’ultimo giro e inventandosi sorpassi in punti dove se ne vedono
raramente.
Di sicuro quest’anno non vincerà il quinto titolo,
ma almeno ha dimostrato per l’ennesima volta di
aver meritato i primi quattro. Voto 10, rinato. La
prestazione sensazionale di Vettel non toglie comunque merito alla bella prova di Ricciardo (voto
9): velocissimo come sempre in qualifica, ancora
una volta l’australiano si è dimostrato un martello in gara, anche se una volta regolato Bottas non
ha avuto molto altro da fare, considerando che le
Mercedes erano imprendibili là davanti.
Quello di Barcellona è stato il suo primo podio
“ufficiale”, ma ormai Daniel è una certezza. Granitico.
89
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Formula 1
Periodico elettronico di informazione motociclistica
dello scorso anno, tanto da stare davanti alle Ferrari in Q3. Certo poi la gara è stata un po’ meno
brillante, ma intanto sono arrivati i primi, meritatissimi punti: voto 8, 5. Rinato. Stessa vettura,
ma evidentemente non uguale talento: Maldonado prima sbatte in prova e parte dal fondo, poi
cerca di fare a ruotate con Ericsson, ottenendo
l’ennesima penalizzazione della sua carriera. La
sua gara perfetta e vittoriosa del 2012 è un lontano ricordo, probabilmente irripetibile. Voto 4:
incorreggibile. Si sono visti poco, ma hanno portato a casa altri punti importanti gli alfieri della
Force India: per Perez e Hulkengerg voto 7, con
la soddisfazione di avere battuto nettamente la
ben più blasonata McLaren a parità di motorizzazione. Concreti.
I voti (insufficienti) dei Team?
A proposito del team di Woking: che fine ha fatto
l’auto vista in Australia? Dopo l’esordio eccellente di Melbourne il team inglese è andato verso un’involuzione tecnica sorprendente, di cui
Button e Magnussen sono incolpevoli ostaggi.
Bottas: giovani leve
crescono (bene)
A proposito di Bottas, ha esaltato in prova e anche nella prima parte di gara, finchè la squadra
non lo ha tenuto in pista un po’ troppo a lungo e
ha quindi dovuto cedere la posizione a Ricciardo,
mentre nel finale nulla ha potuto contro la furia
di Vettel, scatenato e con gomme morbide più
fresche. Il finlandese coglie comunque altri punti
importanti e annichilisce l’esperto Massa, confermandosi uno di migliori giovani talenti in circolazione: anche per lui voto 9. Mastino. A proposito del brasiliano: in Q3 sbaglia nel giro decisivo e
in gara pur con una vettura superiore non riesce
mai a insidiare le Ferrari; nel finale qualche noia
tecnica di troppo lo fa scivolare fuori dalla zona
punti, a conclusione di un fine settimana ben al
di sotto delle potenzialità del mezzo. Per Massa
voto 5 quindi, e siamo generosi: delusione!
90
Per loro quindi comunque voto 6, perchè è evidente che la pochezza delle prestazioni non dipende certo da chi muove il volante...
Però, immaginando la faccia di Ron Dennis che
si vede regolarmente battuto da un personaggio
come Vijay Mallia un po’ viene da ridere, senza
offesa per il manager indiano, tanto pittoresco
quanto abile evidentemente, perchè sono anni
ormai che la Force India è una gran bella realtà.
A proposito: voto 10 a Mallia, con tante scuse
per averlo trascurato nelle nostre pagelle fino ad
oggi.
Voto 3, invece, alla Ferrari, passata dal podio
della Cina allo (s)profondo rosso di Barcellona,
dove ormai si è capito che il motore non è l’unico
problema: anche telaio e aerodinamica non sono
esattamente lo stato dell’arte della categoria...
Alonso dopo le qualifiche ha tentato di tenere
alto il morale della truppa sottolineando l’importanza di prendere punti importanti l’indomani,
per superare la Force India in Campionato. Operazione in effetti riuscita, ma a Maranello hanno
ben poco da festeggiare.
Provaci ancora Kimi
Più deluso di lui però, anche se ha riscattato le
gare opache di inizio stagione, è Raikkonen: in
prova e per buona parte della gara è riuscito a
sopravanzare Alonso, a cui cede la posizione
solo nel finale con le gomme ormai usurate avendo fatto un pit stop di meno. Ha la soddisfazione
di avere tirato fuori il massimo dalla sua Ferrari e quindi merita un bel 7,5: il problema è che
questo massimo è ben lontano dalle aspettative
dell’inverno. Un discorso, questo, che vale anche per Alonso: anche per lui quindi voto 7,5 e
la sensazione che questo sarà un altro campionato avaro di soddisfazioni per lui. Paziente. Un
mezzo miracolo è invece quello che ha compiuto
la Lotus, che a Barcellona improvvisamente ha
capito come far stare insieme i pezzi dell’auto
per 300 km consecutivi: a Grosjean è bastato questo per tornare il pilota veloce e grintoso
91
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Formula 1
Periodico elettronico di informazione motociclistica
La norma
Basta guardare i disegni di Gabriele Pirovano per
rendersene conto e confrontarli con la sequenza
fotografica frontale ripresa in pista. Quest’anno
la norma prevede che i musetti non siano più alti
di 185 mm dal piano di riferimento, questo per
avere musetti bassi che siano meno pericolosi in
caso di incidente.
La lacuna
Mercedes
interpreta a suo vantaggio una
lacuna delle norme sui nuovi
musetti di F1
di Paolo Ciccarone | Muso corto, altezza lunga: ecco l’ultima
dimostrazione della capacità della Mercedes di interpretare le regole
a vantaggio delle prestazioni, sfruttando una lacuna delle norme
M
ercedes perde il pelo (Ross
Brawn) ma non il vizio (di interpretare le norme). L’ultima dimostrazione arriva dal musetto utilizzato
nel recente GP di Cina da Hamilton e Rosberg.
Qualcuno lo ha definito “corto” per distinguerlo
92
dal “lungo” usato nelle prime tre gare. In realtà
dietro a questo musetto c’è l’ennesima capacità
di interpretare le regole a tutto vantaggio delle
prestazioni, sfruttando una lacuna delle norme
che i commissari non hanno saputo stilare.
Questa norma, però, limiterebbe fortemente
l’afflusso di aria alla parte inferiore del fondo,
nella zona a coltello, diminuendo l’efficienza aerodinamica. Mentre tutti hanno interpretato la
regola alla lettera, alla Mercedes hanno scovato
un particolare che consente di usare un musetto più alto di quanto previsto dalle norme senza
infrangerle, semplicemente aggirando il punto di
misurazione. Come si vede nel disegno, infatti,
il vecchio musetto arrivava a 185 mm dal piano
di riscontro consentendo una apertura frontale,
e quindi afflusso d’aria al fondo, ridotta rispetto alla ultima interpretazione. In pratica, alla
Mercedes hanno considerato musetto anche la
curvatura che in realtà è il punto di attacco dei
piloni all’ala anteriore. Insomma, secondo le altre squadre, Ferrari compresa (che è l’unica che
ha seguito l’idea Mercedes attenendosi però fedelmente al dettame regolamentare) quelli che
sono considerati piloni di attacco all’ala per la
Mercedes sono solo il prolungamento del musetto.
piedi sul terreno. Alla Mercedes il metro e settanta lo hanno calcolato a partire… dalle caviglie,
perché la piegatura del tallone per loro fa già parte del sistema piede!
Una furbata regolare
Una furbata, se vogliamo dirla tutta, ma perfettamente regolamentare che consente a Hamilton e
Rosberg di avere più carico all’anteriore e questo
spiega perché nelle ultime gare, nei rilevamenti
velocistici posti a ingresso curva (vedi qualifiche
Bahrain) i due piloti entravano in curva con 6-7
km/h in più rispetto all’anno precedente mentre
i rivali entravano in curva più piano di 3-5 km/h.
Se entri più forte in curva, esci anche più forte. E
lo puoi fare se hai più carico sull’anteriore. Carico ottenuto con una geniale interpretazione delle
norme e delle altezze del musetto. A partire dal
GP di Spagna di domenica prossima, questa interpretazione verrà copiata da altre squadre, ma
la certezza che chi ha scritto le regole sia di vedute limitate, ormai è lampante…
E se si tornassero a usare
i musetti 2013?
Volendo estremizzare questo concetto (e non è
detto che fra poco non lo faranno altre squadre)
si potrebbe tornare a usare i musetti alti dell’anno scorso facendo partire la misurazione dei 185
mm dal fondo fino alla prima incurvatura. Volendo semplificare il concetto, se un uomo non
può essere più alto di un metro e settanta, si presume che l’altezza venga misurata a partire dai
93
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Formula 1
Periodico elettronico di informazione motociclistica
simbolo che in questo sport ha lasciato un grande, improvviso ed incolmabile vuoto, generando
una sorta di “buco nero” che ha violentemente
fagocitato dentro sé sogni, emozioni, simboli e
speranze. Un vuoto cosmico totale e annientante. Talmente grande ed intenso che a distanza di
20 anni ancora nessuno è riuscito a colmare; e
tantomeno a dimenticare. La brutale scomparsa
di Ayrton ha generato negli appassionati di F1
una sorta di “sindrome dell’arto fantasma”, una
mancanza talmente tanto forte che nulla riesce
a cancellare.
Un affetto intenso
Era grande l’affetto che circondava Ayrton, talmente forte, intenso e così meravigliosamente
umano da richiamare ieri ad Imola (nel giorno
della commemorazione dedicata a lui e a Roland Ratzenberger a 20 anni dalla scomparsa)
oltre 25.000 persone, 196 media, più di 30 emittenti televisive provenienti da tutto il mondo e
Senna
oltre 25.000 persone a Imola per
ricordare che Ayrton vive
numerosi esponenti del motorsport. Tutti radunati intorno alla curva del Tamburello, che oggi,
come allora, tanto amaro lascia in gola avvicinandosi ad essa mentre si osserva il cartellone
affisso volto a celebrare il brasiliano e che tanti
hanno firmato. Un minuto di silenzio, talmente
forte da risultare quasi assordante, lo ricorda alle
14:17 in punto, quando quel giorno tutto divenne
più surreale di un quadro di Dalì; quando una serie di eventi terribilmente concatenati segnarono
in maniera netta e definitiva il mondo della F1.
Un mondo che da allora non sarebbe più stato lo
stesso.
Una serie di eventi
tragicamente sfortunati
La bandiera gialla dopo l’incidente al via. 5 giri in
regime di Safety Car, dopo che il giorno prima un
devastante impatto a 314,9 km/h costò la vita a
Roland Ratzenberger ed un volo incredibile coinvolse, prima ancora, Rubens Barrichello. Al 6°
Media
di Alessandro Colombo | Oltre 25.000 persone hanno presenziato ieri a
Imola per ricordare Ayrton Senna, il cui mito a distanza di 20 anni vive
più forte che mai
“
Un pugno allo stomaco da togliere il
fiato”. Questa breve frase del nostro
Paolo Ciccarone esprime meglio di
ogni altra cosa la sensazione che si
prova pensando ad Ayrton Senna, un mito, una
leggenda della Formula 1. Un vero campione sotto ogni aspetto, professionale, sportivo e umano.
Di Ayrton Senna Da Silva vi abbiamo nell’arco
dello scorso mese parlato in maniera approfondita: da cosa successe, prima e dopo, nell’arco di
94
quel drammatico 1 maggio 1994, al grande sogno
di Ayrton poi concretizzato dalla sorella Viviane,
ovvero la Fondazione Senna, che da anni aiuta i
bambini in difficoltà.
Un vuoto totalizzante
Un protagonista indiscusso della storia della
Formula 1, con tre titoli mondiali al suo attivo e
svariati record che non stiamo qui ad elencare
solo per motivi di tempo e di spazio. Un uomo, un
95
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
giro il destino manifestò tutta la sua perfidia. La
Safety Car rientra. Senna scatta davanti a Schumacher. Lo sterzo si rompe: la Williams impatta
contro il muro. Un braccetto della sospensione si
infrange. Un sogno finisce.
nel cuore della Ferrari, ove il brasiliano aveva già
un piede ma dove non arrivò mai a causa di un
veto imposto da Prost.
Senna vive
Vive negli uomini del Cavallino Rampante, che
erano ieri presenti a Imola, tra cui i piloti della
Scuderia, Fernando Alonso e Kimi Raikkonen,
che così lo ricordano: «Io ho ancora ben presenti
le foto sui giornali e i servizi nei telegiornali che
raccontavano dei duelli tra le McLaren di Alain
Prost e Ayrton Senna. Lui portava il numero uno
sulla macchina e io correvo sui kart pensando
a lui, al suo casco giallo che vinceva sempre. In
seguito – dichiara Fernando Alonso – ho avuto
anche modo di lavorare nei kart, in Italia, con una
persona che era stata un suo meccanico quando
20 anni e nulla è cambiato. L’affetto è immutato,
il ricordo non se ne è andato. Senna continua a
vivere. Lo fa nel cuore degli appassionati, in quello dei famigliari. In quello dei colleghi, in quello
degli esponenti del motorsport. In quello dei brasiliani. Senna se ne è andato fisicamente, ma lui è
ancora vivo nel cuore di tutti noi. Vive nel nostro
ricordo, vive nella piazza a lui dedicata e ieri inaugurata. Vive nel Museo Checco Costa, ove ora
sarà possibile osservare una mostra permanente a lui dedicata all’interno dell’Autodromo. Vive
96
Formula 1
Periodico elettronico di informazione motociclistica
La Ferrari: quel sogno
che era quasi realtà
correva in questa categoria e quindi potete immaginare quanto per me fosse importante. Avevo il suo poster appeso in camera. L’unico aspetto positivo del weekend che ci portò via Ayrton e
Roland Ratzenberger fu che dopo quel momento
la sicurezza in Formula 1 migliorò in maniera decisiva. Possiamo infatti dire che dentro le nostre
monoposto c’è un po’ dell’eredità che Senna e
Ratzenberger ci hanno lasciato, perché dopo
quel terribile 1994 nulla è stato più come prima».
«Ero molto giovane, vidi l’incidente in tv e mi
ricordo soprattutto che tutti il giorno dopo a
scuola ne parlavano - aggiunge Kimi Raikkonen
- Senna era un pilota e un personaggio molto
importante per la Formula 1 e la sua morte ha
portato a una grande accelerazione nell’innalzamento del livello di sicurezza nel nostro sport.
Questo ha evitato che altre tragedie si ripetessero.
Purtroppo però non si può cambiare il passato,
per lui come per Roland Ratzenberger. L’unica
cosa che possiamo fare è ricordare questo campione, le cui gesta hanno segnato per sempre la
storia della Formula 1».
Vive nel cuore del Presidente dell’Autodromo,
Uberto Selvatico Estense, che così commenta
l’evento di ieri:
«E’ stato emozionante vedere oltre 25.000 persone unite nel ricordo del grande campione Ayrton Senna.
Come ha scritto lo scrittore brasiliano Paulo
Coehlo. Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di
vivere i propri sogni.
Senna era senz’altro uno di questi uomini ed è
per questo che ancora oggi il suo ricordo suscita
fortissime emozioni».
97
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
Il ricordo del Web
Vive nel cuore dei Team e dei piloti che ieri non
sono riusciti ad essere presenti, ma che attraverso i social network esprimono il loro ricordo nei
confronti di Senna: «20 anni fa la F1 ha perso uno
dei suoi veri giganti – scrive la Red Bull su Twitter
- rendiamo omaggio a una leggenda delle corse»;
«Oggi ricordiamo Ayrton Senna, uno dei grandi
della vera F1. 20 anni dopo – dichiara Frank Williams su Facebook – ricordiamo l’immenso carisma e l’immensa determinazione che lo hanno
reso un Campione del Mondo»; «20 anni sono
passati dai tragici eventi di Imola che coinvolsero
Ratzenberger e Senna – aggiunge Nico Rosberg
98
Formula 1
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Una partita dedicata a Senna
Vive nel cuore della Nazionale Piloti che lo ha
ricordato allo stadio Romeo Galli insieme a
Gerhard Berger, Riccardo Patrese, Ivan Capelli,
Emanuele Pirro, Andrea De Cesaris, Piero Martini, Jarno Trulli, Sandro Cois, Jules Bianchi,
Massimo Rivola, Maro Engel, Kevin Ceccon,
Gianmarco Raimondo, Luca Filippi, Christian
Montanari, Ricardo Teixeira, Kristian Ghedina
e Matteo Munari. Ayrton Senna Da Silva non è
morto il 1° maggio 1994. E’ ancora vivo nel ricordo di tutti noi.
- ero seduto in cucina a Monaco con mia mamma
e mio cugino e stavamo ascoltando la radio per
apprendere delle sue condizioni. Questi incidenti
terribili incidenti hanno permesso al nostro sport
di divenire più sicuro nel corso degli anni e di evitare così altre morti. Non dobbiamo mai smettere di migliorare la sicurezza»; «Tutti amano un
vincente. Questo è il mondo. E Ayrton Senna era
uno dei più grandi vincenti che questo sport abbia mai avuto. Ma lui era più di questo – aggiunge
Hamilton - era un eroe vero e proprio, un personaggio iconico che ha ispirato persone di tutto il
mondo e che ha particolarmente influenzato me
sin da quando ero piccolo».
99
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Formula 1
EDITORE:
CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano
P. Iva 11921100159
REDAZIONE
Ippolito Fassati
Emiliano Perucca Orfei
Alessandro Colombo
Aimone Dal Pozzo
Francesco Paolillo
Andrea Perfetti
Matteo Valenti
GRAFICA
Thomas Bressani
COLLABORATORI
Massimo Clarke (Tecnica)
Enrico De Vita
Claudio Pavanello (Epoca)
Alfonso Rago
Antonio Gola
COPYRIGHT
Tutto il materiale contenuto su
Automoto.it Magazine è oggetto di
diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in
Milano, Via Melzo 9. Ne è vietata quindi
ogni riproduzione, anche parziale, senza
l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l.
Automoto.it
Via Melzo 9- 20129 Milano
Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
Capitale Sociale Euro 10.000 i.v.
Email: [email protected]
100
101