Moreno Cedroni, un amico di FIRC
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Moreno Cedroni, un amico di FIRC
LASCITI Un cuoco ricercatore UN LASCITO PER LA RICERCA Moreno Cedroni, un amico di FIRC Ha affiancato AIRC per la prima volta nel 2002, quando guidava i giovani ristoratori d’Europa. Oggi accompagna con il suo volto anche la campagna lasciti di FIRC, per lasciare il segno anche in futuro a cura di VIOLETTA DEMARCHI on c’è poi tutta questa differenza tra uno chef, uno scienziato della Nasa e un ricercatore di AIRC. O almeno, non nel principio che sta alla base del loro lavoro. Così la pensa Moreno Cedroni, chef tra i più celebri e celebrati dell’attuale generazione della cucina italiana d’autore, e uno dei volti della campagna lasciti di FIRC. Ricci scompigliati e sguardo ironico, spiega così l’analogia: “Per tutti è come avere di fronte un tunnel buio: si parte da qualcosa di conosciuto, ci si immerge nell’oscurità e si cerca la luce. Che è la scoperta”. Quarantasette anni, marchigiano, due stelle AL Michelin con il suo ristoranSOSTENGO te Madonnina del Pescatore FIRC di Senigallia, Cedroni è alla UN LEGAME costante ricerca di una porSOLIDO zione di meraviglia da portare in tavola. È un vulcano di creatività, che trasmette con sapori, forme e colori dei suoi piatti. Un cuoco insolito, anche, che ha sostituito la toque blanche, il cappello da cuoco simbolo della professione, con una informale e dissacrante fascia a pois. Un cuoco estroso, inventore del susci (il sushi all’italiana), della salumeria ittica e delle N D 2002 , 40 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2012 eccellenze gastronomiche in lattine a lunga scadenza, ma anche un cuoco-ricercatore. “Però mi sento un granello di sabbia in confronto a chi studia le malattie. Loro – dice – scoprendo una cura o una terapia provano una gioia profonda, mentre la mia, per un sapore o un abbinamento inatteso, è momentanea”. Anche per questo, Cedroni ha scelto di affiancare la ricerca sul cancro usando il suo nome, le sue conoscenze e la sua credibilità. Partecipa a numerose iniziative, tra cui la campagna delle Arance della Salute, ed è testimonial della campagna lasciti, che invita alla sottoscrizione di un lascito testamentaria a FIRC, con uno slogan che rimanda “alla sana alimentazione” e “all’equilibrio tra gusto e valori nutrizionali”. Il suo impegno per la ricerca è anche personale, lei è testimonial per FIRC. Quando ci si mette in gioco per gli altri, il modo più immediato è metterci la faccia. Per me i lasciti sono un modo di fare qualcosa anche quando non ci sarò più. Come nasce il suo legame con AIRC e FIRC? Quando nel 2002 divenni presidente dei giovani ristoratori d’Europa, pensai fosse ora di fare qualcosa di concre- hi sono gli eredi e come vengono stabiliti? Quali sono le quote di riserva a favore dei figli e del coniuge? Come si redige un testamento? C Effettuare un lascito testamentario è molto semplice: – testamento olografo: basta scrivere su un foglio di proprio pugno cosa si vuole destinare (per esempio una somma di denaro) e a chi, datarlo e firmarlo. Il testamento potrà essere poi affidato a una persona di fiducia o a un notaio; – testamento pubblico: viene ricevuto dal notaio alla presenza di due testimoni e poi custodito dal notaio stesso. Con la Guida al testamento, aggiornata secondo le leggi vigenti, effettuare un lascito testamentario è diventato un gesto semplice. E lo può diventare per tutti: basta richiederla gratuitamente contattando tel. 02 79 47 07 www.fondazionefirc.it to per gli altri. In quel periodo AIRC mi aveva coinvolto nell’iniziativa Le Arance della Salute. Quell’anno 70 ristoranti apparecchiarono i loro tavoli con le arance in bella vista e io diedi il via alle donazioni. Da allora il legame si è consolidato spontaneamente. Nel testo della campagna lei parla di alimentazione sana e valori nutrizionali. Quanto contano per lei? Il mio lavoro è uno sport agonistico, è necessario stare bene. Per di più il cibo può prevaricare, diventare un modo di sfogarsi. Devo assaggiare molto, e mangiare mi piace, quindi mi devo controllare. In concreto, come mangia? Pesce quattro o cinque volte a settimana, carni bianche, poca carne rossa e molte verdure, e bevo molta acqua. Bisogna eliminare i grassi e le carni rosse, consumare invece cereali e legumi. Questa è la mia dieta. Molti trascurano la propria a causa dei ritmi quotidiani. C’è un degrado generale nell’alimentazione, nonostante si viva in un periodo in cui tutti sono attenti agli stili di vita e vogliono il meglio. Lo vogliono però per l’abbigliamento e le auto, non per il cibo. Che fare, dunque? Sensibilizzare, educare. L’alimentazione andrebbe insegnata a scuola, come tante altre materie. Sono le istituzioni a dover agire. Mangiare bene ma in modo salutare e senza eccedere. Dal suo osservatorio dietro i fornelli, crede che gli italiani la pensino davvero così? Una volta andare al ristorante significava alzarsi appesantiti. Oggi non è più così, anzi, abbiamo un approccio del tutto diverso al buon cibo. Si dovrebbe, però, essere attenti allo stesso modo anche a casa propria: l’alimentazione non andrebbe improvvisata, mangiando in base a quel che ci ha attirato di più al supermercato, ma programmata. Magari con un’agenda, proprio come quella in cui si segnano in- contri di lavoro e partite di tennis. In occasione dell’appuntamento in piazza con Le Arance della Salute, AIRC le ha chiesto di ideare alcune ricette. Ne sono nate sei proposte certamente sane, ma anche appetitose. Ho privilegiato pesce, verdure, pasta integrale, facendo in modo che per trarne beneficio non sia necessario seguire le ricette al 100 per cento . Credo che le rinunce facciano male: programmazione e giusta dose sono l’approccio corretto. Un bicchiere di vino sì, di più no. Quali ingredienti non possono mancare nella sua cucina? Olio extravergine di oliva, pomodoro, zenzero, vegetali e pesce azzurro. E quali invece possono mancare? Il burro, che uso pochissimo, solo in pasticceria. Mai senza zenzero e olio. Sempre senza burro Come lavora il cuoco-ricercatore Moreno Cedroni? Per prove e allenamento. Nel 90 per cento dei casi il risultato è buono, ma solo in una minima percentuale nasce qualcosa di nuovo, inatteso e magari sorprendente. Uso anche strategie per alimentare la creatività: porto in cucina ingredienti mai usati oppure stagionali, stabilisco temi da seguire. Ad esempio al Clandestino Susci bar di Portonovo ho scelto i fiori selvaggi per alcuni piatti. Chi è la cavia dei suoi piatti? Io stesso. Poi, quando decido di presentare una novità, tocca al cliente, cui chiedo il suo parere. Le prime volte che servo un piatto lo seguo attentamente anche in concreto: cosa è stato avanzato, come è stato mangiato, se è stata fatta la “scarpetta”. Tradizioni o cucina fusion per lei? Se sono a questo punto è perché la curiosità mi ha spinto a conoscere prodotti nuovi, che ho inserito in ricette tradizionali e della mia infanzia, cambiandole e facendole crescere. Per me sì alla globalizzazione, se non si dimenti- cano le tradizioni. Un piatto italiano, poi, lo si riconosce anche quando è frutto di contaminazioni. Com’è la cucina di casa sua, grande e professionale un po’ come fosse al lavoro o familiare? Macché, è piccola, ci cucino solo quando sono in ferie. Mia figlia Matilde, che ora ha 14 anni, si lamenta perché il frigo è sempre vuoto, pensi un po’. E io la spedisco nella dispensa del ristorante, tanto è a un passo. È fortunata, mangia sempre bene, non solo a casa, perché mia suocera ha l’orto e gli animali. Ai fornelli serve genio o si può imparare? Il “guizzo” si rivela solo in certe situazioni. Sapere di averlo però è un conforto, soprattutto quando ci si sente spenti. Invece poi eccolo, all’improvviso. Ma averlo non è indispensabile, un buon cuoco può anche usare ricette ideate da altri. La differenza è la stessa che distingue compositore e musicista. GENNAIO 2012 | FONDAMENTALE | 41
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