Storia di Falerii Novi - la Via Amerina
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Storia di Falerii Novi - la Via Amerina
COMUNE DI FABRICA DI ROMA PROVINCIA DI VITERBO FALERII NOVI – LA VIA AMERINA – SANTA MARIA IN FALLERI Planimetria di Falerii Novi – tratto da Falerii Novi: A New Survey of the Walled Area, 2002. FALERII NOVI Falerii Novi sorse dopo la conquista romana di Falerii Veteres, odierna Civita Castellana, avvenuta nel 241 a. C. i romani dovettero utilizzare tutte le loro capacità e strategie militari per sconfiggere la popolazione falisca, orgogliosa e molto legata al proprio territorio, che arrivò anche ad allearsi con gli etruschi e i veienti, pur di non arrendersi alla forza dei conquistatori. Ma tutto questo non bastò e dopo aver stipulato alcuni trattati di pace, l’esercito romano sconfisse, grazie al Console Manlio Torquato, i falisci. Falerii Veteres, che fin dall’antichità aveva rivestito il ruolo di città egemone dell’Ager Faliscus, venne così abbandonata e in parte distrutta, mentre gli abitanti superstiti, furono trasferiti dai romani in un nuovo insediamento conosciuto col nome di Falerii Novi, edificato su un territorio pianeggiante e privo di difese naturali. Come per altre città italiche di questo periodo, anche in questo caso, l’impianto urbanistico ricalca il modello di tipo ippodameo, con schema ortogonale di strade che vanno a creare isolati regolari, interrotto bruscamente dalla linea irregolare delle mura. Queste ultime, ricoprono un perimetro di quasi 2,400 km e la sua forma è pressoché trapezoidale. La cinta muraria, realizzata in opera isodoma utilizzando blocchi di tufo rosso messi in opera senza l’ausilio di malte, è caratterizzata dalla presenza di ben cinquanta torri difensive aggettanti a pianta quadrata. Insieme al fossato artificiale scavato sulla metà del lato meridionale ad est, e alla gola del Rio Purgatorio a sud, le torri garantivano un’adeguata fortificazione alla città. Le mura in alcuni tratti sono ancora ben conservate per oltre sei metri d’altezza e recano traccia dell’originario coronamento a fascia aggettante. Nel perimetro urbano si aprivano quattro porte principali in corrispondenza dei due assi viari maggiori e cinque aperture secondarie. Di queste, la sola che si è conservata mantenendo la funzione d’accesso nei secoli, è quella occidentale, la Porta Cimina chiamata così per via del passaggio della via Cimina che collegava la Città alla omonima selva. Più nota come Porta di Giove per la scultura che decora la chiave di volta dell’arco, sostituita durante i restauri degli anni ’60 da una copia. Interessante è anche la porta del Bove o Puteana situata nell’angolo sud- orientale delle mura, in parte ancora accessibile, che prende il nome dal bucranio disposto in chiave di volta. Falerii Novi conobbe momenti di splendore ma anche repentine crisi economico-sociali. Intorno all’89 a. C., ad esempio, è quasi certo che divenne Municipio con struttura politica propria, del tipo repubblicano con un senato ed un presidente. Il processo di romanizzazione di questa città fu molto lento e graduale tanto che, nel III sec. a. C., una dedica a Minerva fatta da un magistrato cittadino, un pretore, su decisione del senato, presentava ancora caratteri prettamente falisci. La città fu anche sede vescovile dal IV all’IX sec. e l’obiettivo di diverse invasioni barbariche che si ripeterono nei secoli fino a che, intorno all’VIII secolo gli abitanti non iniziarono un lento spopolamento di quest’area urbana a favore del vecchio insediamento, Falerii Veteres, arroccata su uno sperone tufaceo e quindi meglio difendibile. All’interno delle mura, è stata messa in luce una parte dell’incrocio delle due vie principali: il cardo, coincidente con la via Amerina, e il decumano con la via Cimina. L’incrocio ricade in un isolato adiacente al foro, del quale si sono ben conservate la pavimentazione stradale e poderose fondamenta di alcuni edifici. Dai reperti archeologici rinvenuti, si è potuta ricreare l’immagine di una città di alto livello socioculturale, con tanto di teatro interno alle mura e anfiteatro esterno. Sembra che il centro romano diede i natali alla moglie di Ovidio e con molta probabilità alla madre dell’imperatore Gallieno (218-268 d. C.), ricordato nelle iscrizioni monetarie come Falerius, al quale la popolazione era molto grata. Qualche anno fa, degna collocazione è stata ridata all’ara cosiddetta di Cornelia Salonina, con una dedica alla moglie dell’imperatore da parte degli abitanti di Falerii Novi, grati per l’attenzione riservata alla loro città. LA VIA AMERINA La via Amerina era il più importante asse di comunicazione dell’Ager Faliscus al pari dell’antica via Flaminia. Ad oggi non è conosciuta esattamente la data della sua costruzione, ma il fatto che sia stata utilizzata come Cardine Massimo nella costruzione di Falerii Novi, permette di indicare il 241 a. C. come termine post quem. La sua importanza, risiedeva nel fatto che collegava Roma all’Umbria, con un percorso di sole 56 miglia. L’inizio della via è indicato con la valle del Baccano, ed è ricostruibile anche grazie alla Tabula Peutingeriana, che, pur non indicandone il nome, segna le principali stazioni di posta lungo il suo percorso: Vacanas, Nepe, Faleros, Castello Amerino, Ameria. Proprio dall’antico nome della città di Amelia (Ameria) prendeva titolo la strada in questione. In generale, il suo tracciato può essere considerato un’opera d’ingegneria ex-novo, creata per far fronte all’azione di romanizzazione dell’ Agro Falisco. Sicuramente i romani, nell’attuare questo piano, si sono avvalsi di tracciati antichi e già esistenti, in alcuni casi ben documentati come a Nepi e a Corchiano. Il percorso della via Amerina venne utilizzato per tutto il periodo medioevale, rivestendo, durante quest’epoca, il ruolo di asse viario principale, come testimoniano i numerosi siti e le torri sorte lungo il suo percorso. Con il nuovo assetto del territorio, questa strada venne utilizzata sempre di meno, ma nonostante ciò, ancora oggi è possibile ripercorrerne ampi tratti, molto suggestivi sia dal punto di vista paesaggistico che archeologico. A questo proposito, non lontano dalle mura di Falerii Novi, è possibile percorrere un tratto della via Amerina caratterizzato da una necropoli monumentale con tombe che vanno dal III sec. a. C. al III sec. d. C., di varia tipologia: a camera, a colombario, a portico, a seconda del tipo di cerimonia funebre praticata. Lungo il tratto, sono visibili anche terrazze e piccoli teatri utilizzati per i riti funebri quali banchetti, giochi e cerimonie commemorative. Il complesso archeologico è formato da tre settori denominati Cava Foce, Tre Ponti e Cavo degli Zucchi, lungo un percorso molto suggestivo e pieno di particolarità da scoprire, di circa m. 1500 che ricalca l’antico tracciato stradale. In località Tre Ponti è possibile ammirare l’unico ponte superstite lungo il tracciato della via Amerina. Situato sul Fosso omonimo, il ponte è stato realizzato interamente con blocchi squadrati di tufo, messi in opera senza l’utilizzo di malte, perni o grappe metalliche. Sempre in questo settore, è possibile osservare tracce di pittura all’interno di alcune tombe risalenti al I sec. d. C. La località Cavo degli Zucchi invece, è caratterizzata soprattutto da sepolture a colombario, alcune riutilizzate in periodi successivi. Si trovano in questo settore le due tombe gemelle a camera con pianta ad U, precedute dal vano della caditoia con terrazza superiore da adibire alle cerimonie funebri. Il loro ingresso è contraddistinto da cornici e due scudi rotondi a rilievo. Questo bellissimo complesso monumentale, dall’inestimabile valore storico-archeologico e naturalistico, è oggi visibile grazie all’incessante lavoro svolto da molti anni dal Gruppo Archeologico Romano e dalla Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria meridionale in collaborazione con le Amministrazioni Comunali. LE CATACOMBE DEI SANTI GRATILIANO E FELICISSIMA Le catacombe, situate nei pressi dell’area urbana di Falerii Novi, attestano la cospicua presenza di cristiani nello stesso abitato cittadino, densamente popolato ancora attorno al IV-V sec. d. C. D’altronde, storicamente questo è il periodo in cui la città era anche sede vescovile. Le catacombe costituiscono un’interessante tipologia che si discosta da quella classica romana, mentre sembra essere più vicina alla tradizione funeraria locale. La tradizione vuole che in questo luogo siano stati martirizzati Gratiliano e Felicissima, nel periodo di Claudio il Gotico (268-270). La catacomba è costituita da quattro gallerie ampie e pressoché parallele, aperte a nord, realizzata in almeno due diverse fasi. La parte più antica è composta dalle due gallerie centrali che in origine non erano collegate tra loro, ma raccordate da un vestibolo comune, oggi non più esistente. Sono state utilizzate diverse tipologie di sepolture, in particolare loculi di grandi dimensioni, disposti in più file e chiusi con tegole ricoperte di calce bianca. Alcune tombe sono a mensa ed arcosolio e conservano tracce di affreschi e intonaci. I resti di una chiesa, molto probabilmente quella dedicata a San Gratiliano, sono stati ritrovati davanti alla catacomba. Pianta della Catacomba dei SS. Gratiliano e Felicissima. Le mura di Falerii Novi Alcune immagini della Via Amerina IL COMPLESSO ABBAZIALE DI SANTA MARIA IN FALLERI Tra il 1143 e il 1145 d.C. una colonia di monaci cistercensi provenienti da Pontigny, edificò nel vecchio sito di Falerii Novi, ormai in stato di abbandono, il complesso abbaziale che ancora oggi possiamo in parte ammirare. La cinta muraria dell’antica città si presentava come un perfetto recinto fortificato per l’abbazia, mentre tutto il terreno al suo interno venne bonificato e destinato al pascolo di bovini. La comunità monastica arrivò nel territorio falisco per un motivo ben preciso: riportare stabilità religiosa a Civita Castellana. I cistercensi potevano ricoprire perfettamente questo ruolo dato che il loro ordine si basava sulla vera spiritualità. Inoltre, storicamente era un periodo a loro molto favorevole: San Bernardo era ancora in vita, a Nepi, poco distante dal nuovo centro, erano presenti alcuni suoi discepoli, viene eletto papa Eugenio III (1145-1143) già abate cistercense a Roma, che favorirà in tutti i modi l’ordine in generale e l’abbazia di Faleri in particolare. Stessa politica sarà adottata dai pontefici successivi: Adriano IV (1154-1159), Alessandro III ( 1159- 1181), Innocenzo III ( 1198- 1216). Concessioni, benefici, protezione apostolica alla comunità religiosa, rispondevano ad una precisa strategia politica, nella quale era inclusa non solo Santa Maria in Falleri, ma anche gli altri monasteri cistercensi viterbesi, che rappresentavano punti fermi e sicuri del potere papale in un territorio come quello del Patrimonio di San Pietro, non sempre schierato a favore della Curia romana, ma a volte fedele all’Impero. Forse sarà proprio l’importanza e la ricchezza acquisita dai monaci falleresi, che spesso li porterà alla corruzione dei costumi e di conseguenza a continui richiami da parte del Capitolo Generale di Citeaux. Malgrado il non perfetto rispetto della regola, Santa Maria in Falleri ebbe dal 1260 una propria filiazione a Roma in San Sebastiano alle Catacombe. Comunque, tra il XIII e il XIV secolo, l’ordine cistercense fu investito da una grave crisi spirituale ed economica. Questa situazione riguardò anche il complesso di Falleri che nella seconda metà del 1300 venne abbandonato e trasformato in semplice tenuta agricola. La sua proprietà iniziò a passare di mano in mano: prima fu affidata al monastero di San Lorenzo fuori le Mura, poi sul finire del XIV secolo all’Ospedale di Santo Spirito in Saxia che lo gestì fino al 1536 circa, dandolo in commenda di volta in volta, a persone diverse. I proprietari modificarono la struttura originaria in particolare del monastero che divenne una residenza privata caratterizzata da stemmi e iscrizioni indicanti i proprietari. Tra i nomi più illustri, possiamo ricordare il Cardinal Sclafenato e il Cardinal Sanseverino. Per quanto riguarda la sua fondazione, per lungo tempo gli storici hanno creduto che inizialmente fosse stata un possedimento benedettino. In realtà il primo documento scritto che nomina l'ordine monastico cistercense come presente in questi territori, risale al 1179 quando papa Alessandro III conferma possessi e diritti ai monaci di Falleri. In genere questa data è considerata il termine ante quem sicuro, anche perché, prima di questo anno, non si è a conoscenza dell’ordine monastico presente. In ogni modo, non ci sono elementi certi che facciano pensare a un cambio di ordine monastico nel corso del tempo, né a livello di documentazione né a livello di osservazione diretta del monumento. Il completamento dei lavori deve essere avvenuto verso la fine degli anni ottanta del XII secolo, quando Lorenzo e Jacopo apposero la loro firma sul portale d'ingresso all’edifico religioso. Questi due personaggi appartenevano alla famiglia dei Cosmati, famosi marmorari romani, che di lì a poco realizzeranno il pavimento e il portico del Duomo di Civita Castellana. Fortunatamente la chiesa, a livello architettonico, ha mantenuto nel corso degli anni la sua struttura originale per lo più integra, nonostante le vicissitudini subite. Il complesso abbaziale di Santa Maria in Falleri, come gran parte delle altre costruzioni cistercensi, presenta caratteri tipici dell’architettura di questo ordine. La chiesa è orientata con l’ingresso maggiore ad ovest e la zona delle absidi ad est in modo da poter sfruttare tutta la luce solare nel corso del giorno. La pianta dell’edificio religioso è a tre navate, di cui la centrale è il doppio di quelle laterali, caratterizzate da un sistema alternato di pilastri maggiori cruciformi, pilastri minori quadrati e colonne. Queste ultime sono realizzate con l’assemblaggio di pezzi di riuso, presi dai resti della città romana e riadattati al nuovo utilizzo. Di particolare pregio i quattro capitelli, tutti differenti tra loro, di cui i primi due che si incontrano sono stati rilavorati prima di essere posti in opera, mentre degli altri due, quello a destra di chi guarda realizzato ex novo in periodo medievale. L’ultimo capitello è un elemento molto interessante perché mostra figure umane scolpite e abbigliate come soldati romani. La parte più affascinante della costruzione è però rappresentata dalla zona del transetto, dove, a sorpresa, si aprono ben cinque absidi e non tre come ci si aspetterebbe. Questo modello architettonico può essere considerato un unicum in Italia, dato che altri esempi non ce ne sono, e la tipologia è prettamente francese. In Francia esistono altri edifici cistercensi terminanti a cinque absidi come l’abbazia di Flaran, ma comunque sono tutti successivi al caso in esame. Ogni abside aveva il suo altare, con targa che ricordava a chi era dedicato e la data della consacrazione. La zona del transetto ha generato tra gli storici delle teorie di pensiero differenti. L’anomalia del numero maggiore di absidi rispetto a quello delle navate, ha fatto credere ad alcuni studiosi che la costruzione della chiesa fosse stata iniziata in un primo momento dai monaci benedettini e che solo successivamente ci sia stato il passaggio ai cistercensi che l’hanno portata a termine. In realtà, come dimostrato dagli studi fatti successivamente, le absidi, e in generale tutta la zona del transetto, rappresentano il momento più alto di elaborazione del linguaggio borgognonecistercense con richiami a modelli transalpini nella volta a botte cinghiata e nel cantiere delle Tre Fontane a Roma, per la disposizione geometrica delle finestre. Le cinque absidi esternamente sono molto particolari, perché presentano forme diverse tra loro: la centrale maggiore è semipoligonale con lesene decorate da semicolonnine terminanti con capitelli, mentre le altre minori sono semicircolari e coronate con cornice ad archetti pensili. Questi motivi ornamentali saranno presi ad esempio per altre chiese sorte o completate successivamente, come il Duomo o San Gregorio a Civita Castellana. Per quanto riguarda il pavimento, molto probabilmente era realizzato in semplice terra battuta, mentre la copertura del soffitto era sicuramente prevista con una volta a botte ma non si hanno indizi certi per poterlo confermare. Solamente nelle navate laterali, dopo i crolli avvenuti alla fine del 1700, sono rimaste in situ parti di copertura a botte che potrebbero confermare questa ipotesi. Alcuni studiosi hanno anche proposto un tetto realizzato con capriate lignee. Effettivamente il restauro eseguito alla fine degli anni Ottanta ha riproposto un tipo di copertura che ricorda in parte la volta e in parte le capriate, proprio per riproporre tutte le soluzioni in merito. Il pavimento è stato, invece, realizzato in peperino. In occasione della ristrutturazione, sono stati effettuati anche dei saggi archeologici sotto il livello pavimentale della chiesa, che, in particolare, hanno permesso di riportare in luce il manto stradale di due strade dell’antica città: un tratto del decumano, la via Cimina con direzione E-O, nel braccio S del transetto; un tratto di una via secondaria con andamento N-S, localizzata nel braccio N del transetto. L’ingresso è caratterizzato da un portale marmoreo a triplo rincasso con colonnette angolari, realizzato, come già detto, da Lorenzo e Jacopo, come attesta l’iscrizione in alto a sinistra, finanziato da Quintavalle, personaggio che forse va identificato come appartenente ad una famiglia notarile di Civita Castellana. L’interno dell’edificio ecclesiastico ospita, inoltre, l’Ara marmorea di Cornelia Salonina con dedica alla moglie dell’Imperatore Gallieno, fatta eseguire dalla popolazione falisca per ringraziare dell’attenzione ricevuta, e il cippo in peperino con dedica ai Lari protettori dei viandanti ritrovato nel territorio di competenza di Falerii Novi. Contatti: Comune di Fabrica di Roma - Ufficio Cultura: 0761569001 int. 7, [email protected] Punto Informativo Turistico: Info Point Comunale (via Carbognano, 7) Orari: Giovedì, ore 16.00-19.00; Sabato, ore 9.00-13.00/ 16.00-1900; Domenica, ore 9.00-13.00. COMUNE DI FABRICA DI ROMA PROVINCIA DI VITERBO FALERII NOVI – LA VIA AMERINA – SANTA MARIA IN FALLERI ENGLISH VERSION Plan of Falerii Novi – based on Falerii Novi: A New Survey of the Walled Area, 2002. FALERII NOVI Falerii Novi arose after the Roman conquest of Falerii Veteres, today Civita Castellana, which took place in 241 BC. Romans used all their skills and military strategies to defeat the Faliscan population very proud and bound to their land. To avoid surrendering to the Romans, they came to form an alliance with the Etruscans and the inhabitants of Falerii Veteres. After signing some treaties of peace, the Roman army, thanks to the consul Manlius Torquatus, defeated the Faliscan. Falerii veteres was abandoned and then destroyed and its surviving inhabitants were moved by the Romans in a new settlement known as Falerii Novi, a plain land devoid of natural defenses. The urban plan of the city is based on the type Hippodamian with orthogonal pattern of streets that create regular blocks, stopped abruptly by the irregular line of the walls covering a perimeter of 2,400 km with a trapezoidal shape. The walls, made by using isodomici red tuff blocks built without the aid of mortar, is characterized by the presence of fifty defensive and jutting towers with a square plant. Thanks to the artificial ditch excavated in the southern half in the east and also to the gorge of Purgatory river in the south, the towers ensured an adequate fortification of the city. The walls, in some places, are still well preserved for more than six feet high and you can see the traces of the original crowning with jutting fascia. In the urban area opened out four main gates on the two major roads and five minor openings. The only one that has been preserved is Porta Cimina so named because of the passage of via Cimina that connected the city to the same forest. Better known as Porta di Giove for the sculpture that decorates the keystone of the arch, which was replaced during the restoration of the sixties by a copy . Interesting also is Porta del Bove or Puteana located in the southeast corner of the walls, some still accessible, which takes its name from the bucranium placed in keystone. Falerii Novi lived moments of beauty, but also social and economic crisis. Around the 89 BC, for example, is almost certain that became the town hall with its own political structure, as the Republican model with a Senate and a president. The process of Romanization of the city was slow and gradual: in the third century BC, a dedication to Minerva made by a magistrate, by order of the Senate, presented purely Faliscan characters. The city was also the Bishop's home from IV to IX century and, the target of several barbarian invasions that were repeated over the centuries until, around VII century, the inhabitants began a slow depopulation of this urban area for the old settlement, Falerii veteres, perched on a tufa and therefore easier to defend. Inside the walls, it has been highlighted a part of the intersection of two main streets: Cardo, identified with via Amerina, and Decumano with via Cimina. The crossroad is located in a block adjacent to the forum, whose are well preserved the pavement and the foundations of some buildings. By the archaeological finds, it was possible to recreate the image of a city of high social-cultural level, with a theater inside the walls and an amphitheater outside. Most probably the wife of Ovid and the mother of Emperor Gallienus (218-268 AD) were born in Falerii Novi. The emperor was mentioned in the monetary inscriptions as Falerius, to which the population was very grateful. Some years ago, a dignified place was given to the altar of Cornelia Salonina , with a dedication to the wife of the Emperor by the people of Falerii Novi , grateful for the attention given to their city. VIA AMERINA Via Amerina was the most important axis of communication like the ancient via Flaminia. It isn’t known yet the exact date of its construction, but the fact that it was used as a Maximus Cardine in the construction of Falerii Novi , let us to indicate the 241 BC as a terminus post quem. It was important because it connected Rome to Umbria with a run of only 56 miles. The beginning of the way is indicated by the valley of Baccano, and it can be reconstructed thanks to the Tabula Peutingeriana, which, although not giving the name, marks the main staging stations along the route: Vacanas, Nepe, Faleros, Castello Amerino, Ameria. Via Amerina took its name from the ancient city of Amelia (Ameria). Generally, its route can be considered a work of engineering from scratch, created to respond to the action of Romanization of the Ager Faliscus. Surely the romans made use of old already existing routes, in some cases well documented as in Nepi and in Corchiano. The route of via Amerina was used for all the medieval period. During this time was the main road, as evidenced by the numerous sites and towers built along the route. Because of the structure of the land , this road was used less and less. Nevertheless, still today, you can retrace long stretches which are very impressive both in terms of landscape and archaeological point of view. Not far from the walls of Falerii Novi , you can walk along a stretch of via Amerina characterized by a monumental necropolis with tombs from III century BC to III century AD. There are different tombs according to the type of the funeral ceremony: tombe a camera, tombe a colombario, tombe a portico. Along the stretch we can see some terraces and small theaters used for funeral rites such as banquets, games and commemorative ceremonies. The archaeological site consists of three sections called Cava Foce, Tre Ponti and Cavo degli Zucchi. It is a route 1500km long, very suggestive that retraces the ancient roadway. In Tre Ponti area we can see the only surviving bridge along via Amerina. The bridge is situated on the greater ditch and it was built using square blocks of tufa without the help of mortar, pins or metal clamps. Here you can see traces of paint inside some tombs of the first century AD. Cavo degli Zucchi area, instead, is characterized by burial columbarium. In this zone there are also the two twin chamber tombs with U plan, preceded by the vain of the machicolation with the upper terrace used for funeral ceremonies. Their entrance is marked by two frames and two round shields in relief. This beautiful monument of historic- archaeological and natural value is visible thanks to the costant work made every year by the Gruppo Archeologico Romano in collaboration with the Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio- Sezione Etruria Meridionale and with the Cities’ Administrations. THE CATACOMBS OF SAINTS GRATILIANO AND FELICISSIMA The catacombs located in the urban area of Falerii Novi show the large presence of Christians living in the same city highly still populated around the IV or V century A.D. Historically this is the period in which the city was also a bishopric. The catacombs which are located in this urban area are different from the classical Roman tradition and they are closer to the local funeral tradition. According to tradition in this place have been made martyrs Gratiliano and Felicissima, in the period of Claudio the Gothic ( 268-270). The catacomb consists of four large and almost parallel galleries which are open to the north. It was built in two phases at least. The oldest part is composed by two central galleries originally not connected with each other but connected by a common vestibule that doesn't exist any more. Different types of burials have been used: especially large tombs arranged in several rows and closed with roof tiles covered with white lime. There are tombe a mensa and tombe ad arcosolio that maintain traces of paintings and plasterworks. The remains of a church, probably the one dedicated to St. Gratiliano, were found in front of the catacomb. THE ABBEY OF SANTA MARIA IN FALLERI In the old abandoned site of Falerii Novi, between 1143 and 1145 a.d. , a colony of Cistercians monks coming from Pontigny, built the abbey of Santa Maria in Falleri that even today we can admire. The walls of the ancient city looked like a perfect fortified enclosure for the abbey, while all the land inside, it was reclaimed for grazing of cattle. The Cistercians arrived here to bring religious stability in Civita Castellana. They were able to do it because their order was based on the true spirituality. Historically it was also a very favourable period for them: Saint Bernardo was still alive at Nepi, nearby were some of his disciples and Eugenio Ш (1145-1143), already Cistercian abbot in Rome, was elected pope. He will encourage in every way the general order and particularly the abbey of Faleri. The same did successive popes : AdrianoIV (1154-1159), Alessandro III (11591181 ), Innocenzo Ш ( 1198-1216). Their strategy was to grant benefits and protections to the apostolic religious community: this concerned not only Santa Maria in Falleri but also other Cistercian monasteries situated in the territory of Viterbo who represented benchmarks and unsure of papal power in a territory such as the Patrimonio di San Pietro not always sided in favor of the Roman Curia but sometimes faithful to the Empire. Maybe the importance and wealth acquired by the monks often carried them to the corruption of morals and for this reason they were continuously invoked by the Capitolo Generale di Citeaux. Although they didn’t completely respect the rule Santa Maria in Falleri was affiliated to Rome in San Sebastiano alle catacombe from 1260. Whatever, between the ХШ and XV century, the Cistercian order was invested by a serious economical and spiritual crisis. This situation also applied to Santa Maria in Falleri that in the second half of 1300 was abandoned and converted into a simple estate that began to pass from hand to hand: the first was given to the monastery of San Lorenzo fuori le Mura and then, at the end of XIVcentury, to the Santo Spirito Hospital in Saxia who ran it until 1536 giving it in commendam to different people from time to time. The original structure was modified and the monastery became a private residence featuring inscriptions indicating the owners. Among the most important names we can remember Cardinal Sclafenato and Cardinal Sanseverino. Historians have long believed that it was a benedictine possession but the first written document that appoints the monastic order dates back to 1179 when Pope Alexander Ш confirms possessions and rights to the monks of Falerii. Before this date we can’t know what monastic order was present. Infact we haven’t any documents showing a change of monastic order during the time. Perhaps the works were completed in the late eighties of the XII century, when Lorenzo and Jacopo put their signature on the front door of the religious building. They belonged to the family of Cosmati, famous roman marble workers, who will realize the floor and the porch of the cathedral of Civita Castellana. During the time, despite the vicissitudes suffered, the church has maintained mostly intact its original structure. Like other Cistercian buildings also Santa Maria in Falleri shows architectural features typical of this order. The main entrance of the church is oriented to the west and the area of the apses to the east in order to benefits from all the sunlight during the day. The plant of the religious building has three naves. The central nave is twice the sides characterized by a system of alternating major cruciform pillars, minor pillars and columns. The columns are made by assembling pieces of reuse taken from the remains of the Roman city and adapted to new use. The four capitals, all different from each other, are particularly valuable. The first two you see have been reworked before being placed while the other two, the right one of the viewer, have been made from scratch in the medieval period. The last capital is very interesting because it shows human figures carved and dressed as Roman soldiers. However, the most fascinating part of the building is represented by the area of the transept where there are five apses and not three as we would expect. This architectural model is considered an unicum in Italy because there are no other examples and the typology is purely French. In France, there are five other buildings ending in five apses as the Cistercian abbey of Flaran, but they are all next to the abbey of Santa Maria in Falleri. Every apse had its own altar. Above each altar there was a plaque in commemoration of those to whom every altar was dedicated and the date of its consacration. Among the historians, the area of the transept has given rise to different theories. At first some experts believed that the church had been built by the Benedectine monks because of the larger number of the apses than of the naves and that only later the Cistercians have completed it. Really, as shown by studies done later, the apses and in general the whole area of the transept, are the high point of language processing Burgundian-Cistercian with references to transalpini models in the belted barrel vault and in the yard of Tre Fontane in Rome, for the geometrical arrangement of windows. The five apses are very special because have different shapes: the greater central is semipolygonal with pilasters decorated by semicolumns ending with capitals, while the minors semicolumns are semicircular and crowned with a frame hanging arches. These ornaments will be taken for example for other churches arose or completed later as the Cathedral or St. Gregorio in Civita Castellana. About the floor, maybe it was made in simple clay, while the roof of the ceiling was surely planned with a barrel vault even if we aren’t able to confirm. This hypothesis could be confirmed because, after the collapse occurred at the end of 1700, parts of a vaulted ceiling are remained only in the side naves. Some experts have also proposed a roof made of wooden trusses. Actually the restoration carried out at the end of eighties, has revived a type of roof that recalls both the vault and the trusses. However, just to repeat all the solutions, the floor was made in peperino. During the restoration, some archaeological essays have been made under the floor of the church. They have brought to light the road surface of the two streets of the old city: a strecth of the decumanus, via Cimina with westeast direction, in the S arm of the transept; a stretch of a minor street with north -south direction, placed in the N arm of the transept. The entrance is marked by a marble door with triple rincasso with angular columns, created by Lorenzo and Jacopo, as shown by the inscription at the top on the left, financed by Quintavalle, a character who might be identified as belonging to a notarial family of Civita Castellana. Inside the church there is the marble altar of Cornelia Salonina with an inscription made by Faliscan population dedicated to the wife of the Emperor Gallieno in order to thank her for the received attention. Then there is the stone of peperino with an inscription dedicated to the Lari protectors of the travalers . It was found in the territory of Falerii Novi. Contacts: Comune di Fabrica di Roma – Ufficio Cultura: 0761 569001 int. 7, [email protected] Info Point, Tourist Centre: Info Point Comunale (via Carbognano, 7) Opening Hours: Thursday, 16.00-19.00; Saturday, 9.00-13.00/ 16.00-1900; Sunday, 9.00-13.00.
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