Gian Lorenzo Bernini
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120504_Romani, GIAN LORENZO BERNINI, Pagina 1 di 7 Gian Lorenzo Bernini La vita Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), nasce a Napoli, figlio di un modesto scultore di origine toscana e di Angelica Galante, una popolana napoletana. Il padre Pietro si era stabilito nella città partenopea per lavorare nel cantiere della Certosa di San Martino dove conobbe la moglie. Nel 1605, Pietro si trasferisce con la famiglia a Roma, dove ottiene la protezione del cardinale Scipione Caffarelli-Borghese ed ha l'occasione di mostrare il precoce talento del figlio. Salvo un breve periodo di soggiorno a Parigi, Bernini trascorre tutta la vita nella capitale italiana, dove sviluppa e mantiene i contatti con la corte papale e dove svolgerà tutta la propria brillante attività artistica fino alla morte, sopraggiunta nel 1680. personaggio:: l’artista baroc barocco Introduzione al personaggio co Bernini si pone orgogliosamente al centro della società del sua epoca, ricevendone fama, onori e bellezze, fino a meritarsi l’appellativo di “Michelangelo del suo tempo”; con questa affermazione si vuole celebrare la sua grande capacità di fondere le 3 grandi arti, nel pieno possesso della loro antica dignità, allo stile teatrale e spettacolare del tempo. Egli infatti non è solo scultore, ma anche pittore, scenografo, commediografo e disegnatore. Questo suo approccio al mestiere, sicuramente già incentivato dal contatto con il padre (Bernini è infatti figlio d’arte), trova nella capitale grande appoggio; qui infatti l’artista viene a contatto con i più grandi artisti del tempo e del passato: studia i maestri del Rinascimento, e, contemporaneamente, si aggiorna delle nuove tendenze pittoriche (Caravaggio e Annibale Carracci), senza trascurare l’attento studio dell’arte antica. Dato che la sua carriera si svolse per intero all’interno della corte papale, Bernini finsce per diventarne il principale rappresentante artistico, nonché portavoce ideologico; l’adesione dell’arte berniniana alle teorie della Chiesa seicentesca si riscontra totalmente nella concretizzazione dei progetti urbanistici con i quali i pontefici romani avevano intenzione di incrementare il rilancio della grandiosità della Chiesa. Lo stile Non percependo le 3 arti in maniera separata, egli le immagina come un’unica forma espressiva integrata; in questo modo l’architettura delle facciate, ad esempio, prende in prestito la linea morbida e sinuosa della scultura, sostituendola a quella retta e squadrata degli elementi architettonici. La scultura, si appropria dei giochi di luce e ombra della pittura, mentre quest’ultima, rifacendosi alle precedenti, arriva a risultati illusori straordinariamente realistici. Questo complessa integrazione tra le arti si inserisce nel contesto più vasto della città, manifestando il gusto teatrale del tempo: i signori locali desiderano vivere in ambienti sfarzosi e vestire con accurata ricercatezza, interpretando la vita quotidiana come un enorme palcoscenico. La ricchezza degli spunti, spesso tratti da un rigoroso studio dell’antico, e la raffinatezza delle invenzioni pongono le basi a un’arte radicalmente nuova, caratterizzata dall’equilibrata compresenza di fantasia e libertà di espressione, e, classicità (tradizione, della quale si conserva l’armonia). L’elemento più originale delle opere di Bernini è il dinamismo; le sculture sono colte nell’istante del movimento, fattore determinante per quanto riguarda la spettacolarità teatrale delle pose. 120504_Romani, GIAN LORENZO BERNINI, Pagina 2 di 7 Le opere scultoree Il David Dimensioni: 170 cm Materiali: marmo Datazione: 1623-1624 Collocazione: Galleria Borghese, Roma Un evidente esempio del dinamismo sopracitato, si ha nel David. La scultura, commissionata a Bernini dal cardinale Scipione Borghese, riprende la vicenda biblica di Davide e Golia e ne rappresenta il momento di massima tensione emotiva e psicologica. Storia Gli ebrei, accampati nella valle del Terebinto e guidati dal loro re, Saul, erano in guerra con i filistei, i quali annoveravano tra le loro file uno spaventoso gigante dal nome Golia. Per quaranta giorni, Golia sfidò l’esercito di Israele, nell’attesa che quest’ultimo scegliesse chi tra loro doveva affrontarlo: il vincitore avrebbe permesso al suo popolo di sottomettere quello del perdente. Davide, recatosi nell’accampamento per portare cibo ai suoi fratelli combattenti, sentendo l'ennesima sfida di Golia e si offrì, davanti a Saul, di affrontarlo. Il re lo vestì con la sua stessa armatura ma Davide, fatti pochi passi, se la tolse, non riuscendo a muoversi, e si diresse verso il campo di battaglia con la sua fionda e con cinque pietre lisce che aveva raccolto da un torrente. Golia, vedendo che si trattava di un ragazzo, lo derise: ma Davide, presa una delle pietre che aveva con sé, la scagliò con la fionda, colpendo il gigante in piena fronte. Golia, crollò morto a terra e Davide si precipitò verso di lui e ne decapitò il cadavere utilizzando la spada dello stesso nemico. A differenza della visione rinascimentale, la visione barocca del Bernini è elaborata nel movimento, e coglie tutte le espressioni corporee che manifestano lo sforzo, riportando anche il minimo particolare, in una posa sinuosa e plastica. L’energia fisica ed emotiva dell’azione si traduce in una struttura spiraliforme di grande dinamismo. Le braccia e il busto sono contratti nello sforzo di tendere la fionda; anche lo sguardo severo e le labbra serrate suggeriscono l’impresa compiuta dal giovane in modo realistico. Non c’è muscolo che non partecipi allo sforzo, sforzo, tuttavia, non sol fisico ma anche nervoso. Infatti la fronte corrugata e gli occhi rivolti verso il bersaglio, le labbra (rientrate a testimonianza del grande sforzo effettuato nello scatto) e i capelli ondulati (o ricci), che riportano nuovamente alla riproduzione del movimento, contribuiscono a esaltare la rappresentazione dell’energia nervosa del personaggio. In antitesi con le rappresentazioni classiche, che ritraevano i soggetti un attimo prima di compiere l’azione, qui la scena è incentrata sul momento di maggiore pathos; infatti l’artista si pone l’obbiettivo di stupire e meravigliare lo spettatore, rendendolo partecipe dello sforzo del David. Tutte le sue opere presuppongono un punto di vista unico che consente di far emergere tutta la forza visiva della statua, 120504_Romani, GIAN LORENZO BERNINI, Pagina 3 di 7 sfociando in una spettacolare teatralità del gesto. Il coinvolgimento con lo spettatore è dunque inevitabile, tant’è che lo spazio reale in cui si trova l’ osservatore e quello immaginario creato dell’artista coincidono. Ai piedi del David vi è una corazza (secondo il mito prestata dal re Saul), lasciata cadere perché troppo pesante, sotto alla quale è possibile scorgere una testa d'aquila (innestata nell'arpa che David suonerà dopo la vittoria) in riferimento alla casa Borghese. Apollo e Dafne Dimensioni: 243 cm Materiale: Marmo di Carrara Datazione: 1622-1625 Collocazione: Galleria borghese, Roma Questa scultura era ospitata nella stessa stanza dell'Enea e Anchise seguendo il progetto ambizioso di Scipione Borghese di dare forma moderna ai miti del passato antico, offrendo l'opportunità ad uno scultore dalle doti eccezionali come Bernini di confrontarsi con la letteratura e con la rappresentazione del difficile tema della metamorfosi. Storia Mito tratto dalle Metamorfosi di Ovidio. Apollo, dio greco della musica e delle profezie, si era vantato di saper usare come nessun altro l'arco e le frecce, per la sua presunzione Cupido lo punisce colpendolo e facendolo innamorare della bella ninfa Dafne, la quale però aveva consacrato la sua vita a Diana e alla caccia. L'amore di Apollo è irrefrenabile, così Dafne chiede aiuto al padre Penéo, dio dei fiumi, il quale per impedire ai due di congiungersi la trasforma in un albero, il lauro, che da quel momento diventerà sacro per Apollo. Anche qui come nel David, Bernini rappresenta il mito nella scena di massimo coinvolgimento emotivo e di massimo movimento. Infatti è ripreso il momento ultimo dell’inseguimento, quando le preghiere della sventurata ninfa vengono esaudite ed ella comincia la metamorfosi in una pianta d’alloro. L’artista riesce a conferire alle figure un senso di movimento straordinario. La gamba di Apollo, infatti, appare sollevata al suolo nell’atto della corsa, mentre il leggiadro corpo di Dafne si inarca in avanti per sfuggire all’indesiderato abbraccio del dio che sta quasi per raggiungerla e già quasi la cinge in vita. Oltre alla straordinaria gestualità anche l’espressione rende perfettamente le emozioni del momento drammatico rappresentato. La sventurata ninfa urla disperata, sentendo la presenza del dio prossima al suo corpo, ma allo stesso tempo è stupita e spaventata poiché sta iniziando la trasformazione: i capelli e le mani iniziano a tramutarsi in rami di alloro, mentre le dita dei piedi diventano radici che le bloccano la corsa, e la liscia pelle del corpo si tramuta in ruvida corteccia. La scena di commossa drammaticità, viene ricondotta a una dimensione di composta e classica armonia. Tuttavia il prevalere delle linee curve, la studiata grazia dei panneggi e la morbida levigatezza con la quale è trattato il marmo dei corpi sono tutti elementi che riconducono allo stile nuovo e ricercato di Bernini che si ripropone di svincolare il proprio linguaggio da quello specifico della scultura, cercando nuovi effetti di tipo pittorico. L’estasi di Santa Teresa 120504_Romani, GIAN LORENZO BERNINI, Pagina 4 di 7 Dimensioni: 350 cm Materiale: Marmo e bronzo dorato Datazione: 1646-1651 Collocazione: Cappella Cornaro, chiesa di S. Maria della Vittoria, Roma La scena raffigurata rappresenta Santa Teresa d’Avila in estasi mistica, nell’atto cioè di essere sopraffatta dalla soprannaturale visione di Dio. Bernini scolpisce la santa immaginandola semidistesa su una coltre di nuvole, mentre un angelo sorridente (simile a Cupido nella mitologia classica), sta per trafiggerle simbolicamente il cuore con una freccia. Dietro al gruppo una cascata di raggi dorati, illuminati da un’apposita finestra nascosta, allude scenograficamente alla presenza divina. La collocazione e gli atteggiamenti dei personaggi sono profondamente enfatizzati, come se si trattasse di attori su un palcoscenico. In questo complesso Bernini mostra la sua grande abilità di scenografo, infatti trasforma la cappella in una sorta di teatro nel quale la scena principale che incanta lo spettatore è rappresentata appunto dall’estasi. Questo aspetto è sottolineato dalla presenza ai lati della cappella di due finti balconcini, dai quali alcuni membri della famiglia Cornaro, i committenti, assistono meravigliati alla scena. Elemento centrale a sottolineare la passionalità e l’enfasi del momento è il corpo di Santa Teresa; l’intensa espressione del volto, con il capo abbandonato all’indietro, la liscia nudità dei piedi e lo scomposto agitarsi delle vesti testimoniano l’accurata attenzione che l’artista dedica a questo momento emotivo, sottolineandone anche la sensualità. In questa rappresentazione egli abbandona la compostezza classicheggiante delle forme, per dedicarsi al libero gioco delle forme, al fine di strabiliare e sconvolgere emotivamente gli spettatori. Le opere architettoniche Baldacchino di San Pietro Dimensioni: 28.07 m Materiali: Bronzo dorato, legno e marmi policromi Datazione: 1624-1633 Collocazione: Basilica di San Pietro, Città del Vaticano Costruito per volere di papa Urbano VIII, il baldacchino doveva avere proporzioni e caratteristiche tali da potersi inserire in modo armonico e proporzionato sopra l’altare maggiore, nell’immenso spazio vuoto sottostante la cupola di Michelangelo. Infatti inizialmente Bernini rifiutò la commissione, poiché pensava che l’opera di Michelangelo fosse già perfetta e completa e che non potesse essere abbellita ulteriormente in alcun modo. Il papa dovette insistere e l’artista fu costretto a realizzarlo, dovendo mantenere linguaggio barocco, costruendo così un’opera che meglio rappresenta la fusione delle 3 arti. 120504_Romani, GIAN LORENZO BERNINI, Pagina 5 di 7 Non appena si entra dal portale centrale, lo sguardo è attratto al centro della chiesa, la parte dove sorge la cupola michelangiolesca e in corrispondenza con la sepoltura di San Pietro, dove ancora si trova l’altare papale sovrastato dal baldacchino realizzato da Bernini. Con il suo aspetto monumentale il baldacchino processionale non rispetta la struttura classica in muratura, che secondo l’artista sarebbe risultata troppo massiccia, ma è costruito in bronzo (asportato dal soffitto e dal portico del Pantheon), materiale che crea contrasto acromatico con il bianco dei pilastri della cupola. L’intera struttura poggia su quattro basamenti di marmo colorato, sui quali si ergono altrettante colonne tortili in bronzo dorato. Esse esprimono perfettamente lo stile barocco: sono tortili per riprendere l’effetto del dinamismo e su esse compaiono delle api, foglie di lauro, figure araldiche, dalla casata dei Barberini, e anche tralci di vite. Inoltre sono coronate da capitelli compositi, sui quali si impostano quattro dadi che distanziano il capitello stesso dalla soprastante trabeazione. Quest’ultima, concava verso l’interno, appare leggera e preziosa, e pur essendo anch’essa di bronzo dorato, imita i pendoni (cioè le falde pendenti), di un baldacchino in tessuto. Ai vertici della struttura vi sono 4 angeli, da qui si dipartono quattro volute a dorso di delfino, realizzate da Borromini, collaboratore di Bernini, che si congiungono alla sommità in una sfera, sormontata da una croce. Alzando lo sguardo si può notare come lo spazio intorno al baldacchino sia stato organizzato in modo organico per dare maggior enfasi: questa struttura costituisce uno degli esempi più significativi di come l’arte barocca riesca a far integrare armonicamente fra loro i diversi linguaggi di architettura e scultura, utilizzando forme e materiali volte al fine ultimo della meraviglia. Colonnato di piazza San Pietro Dimensioni: 284 colonne e 88 pilastri Datazione: 1657-1665 Collocazione: Piazza San Pietro, Città del Vaticano Commissionato d apapa Alessandro VII, tale colonnato conta 282 colonne e 88 pilastri disposti su quattro file. La copertura è a capanna, come nei templi classici, ma in prossimità della gronda si erge una massiccia balaustra sulla quale sono collocate, rivolte simbolicamente verso la piazza, 162 statue di santi. Il colonnato che circonda la piazza, presenta un elemento di novità: la forma non è più rettangolare, come consuetudine, ma ellittica. Esso si congiunge alla basilica grazie a due ali laterali fra loro divergenti. Se fossero state parallele, sarebbero apparse convergenti, a causa della deformazione prospettica, e in questo modo la basilica sarebbe risultata prospetticamente più lontana, quasi distaccata dalla piazza. Grazie all’artificio delle ali divergenti, Bernini capovolge l’effetto prospettico: in questo modo la percezione delle distanze si attenua e la facciata della basilica sembra più vicina, quasi direttamente affacciata sulla piazza. Questi due fattori , studiati e ricercati, hanno un importante fine simbolico. Bernini si mette nei panni dei fedeli; un pellegrino, infatti che, dopo tanto camminare, stanco, giunge sulla piazza a vede questa spazialità, questa luce, questa ricchezza di ornamenti, scenografia che ancora oggi accende i sentimenti, 120504_Romani, GIAN LORENZO BERNINI, Pagina 6 di 7 si sente rassicurato e sente confermata la sua fede. All’’intendo di avvicinare il papa ai fedeli risponde la forma data dai due rami curvi del colonnato, che fanno pensare in modo evidente a una sorta i grande abbraccio simbolico. In questo modo l’ architettura accende un canale emotivo, lo spazio sembra ultraterreno e la persona che entra, si pone già in contemplazione e si sente più vicina al papa e dunque alla Chiesa. Bernini, pur utilizzando sempre elementi tratti dal repertorio classico (colonne, pilastri, architravi..) compone architetture secondo regole nuove; esse infatti, non sono pensate solo per se stesse, ma anche, anzi soprattutto, in funzione dello spazio circostante, al quale ora si adattano (come nel caso del baldacchino), ora lo modificano (come nel caso del colonnato). Approfondimento: Francesco Borromini Francesco Borromini, nato col nome di Francesco Castelli (Bissone, 25 settembre 1599 – Roma, 3 agosto 1667), è stato un architetto svizzero-italiano, tra i principali esponenti dell'architettura barocca. Collaborò molto spesso con Bernini, al quale però fu sempre ostile per il diverso modo di concepire l’architettura. Chiesa di San Carlo alle Quattro fontane, cupola. Glossario Plasticità: nelle arti figurative è la qualità di un'opera di articolarsi nello spazio, in maniera più o meno spiccata, in più di una direzione; tipica della scultura. Capitello: (dal latino capitellum) rappresenta l'elemento superiore del sostegno verticale (colonna, lesena) degli ordini architettonici e la sua funzione decorativa è quella di mediare tra la superficie curva del fusto della colonna e quella rettilinea dell'architrave. Trabeazione: comprende gli elementi orizzontali del sistema trilitico degli ordini architettonici grecoromani. È costituita da architrave, fregio e cornice e poggia sopra i sostegni verticali (colonne o pilastri). I diversi elementi sono costituiti in genere da blocchi separati, sovrapposti gli uni agli altri. 120504_Romani, GIAN LORENZO BERNINI, Pagina 7 di 7
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