Ordine dei Farmacisti della Provincia di Salerno
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Ordine dei Farmacisti della Provincia di Salerno
FEDERAZIONE ORDINI DEI FARMACISTI Rassegna Stampa del 21/11/2014 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE IN PRIMO PIANO 20/11/2014 IlFarmacistaOnline.it 05:10 Fofi stanzia tre borse di studio destinate a farmacisti per partecipazione Master Altems 7 20/11/2014 IlFarmacistaOnline.it 09:43 ELEZIONI ORDINI PROVINCIALI DEI FARMACISTI 8 SANITÀ NAZIONALE 21/11/2014 Il Sole 24 Ore Dipendenti sanità, fino a 11mila euro di scarto tra Regioni 10 21/11/2014 Il Sole 24 Ore Debiti, 4.500 Pa inadempienti 12 21/11/2014 Il Sole 24 Ore L'etica del lavoro da Triangle a Barletta 14 21/11/2014 La Stampa - Nazionale NOI ITALIANI RIFORMISTI IMMAGINARI 15 21/11/2014 Il Giornale - Nazionale «Sto in ansia, dunque sono» Il male oscuro secondo Brera 17 21/11/2014 Il Fatto Quotidiano Nel vaccino c ' è ossido di ferro: lo ritirano, ma in pochi lo sanno 18 21/11/2014 Il Fatto Quotidiano La farsa di Medicina : laureati e disoccupati 19 21/11/2014 Il Mattino - Nazionale Taccuino 20 21/11/2014 ItaliaOggi Sanitari, riordino a 360° 21 21/11/2014 ItaliaOggi BREVI 22 21/11/2014 Il Venerdi di Repubblica diagnosi e terapie: dal cancro si guarisce sempre di più 23 21/11/2014 Il Venerdi di Repubblica Il cervello si cura abbattendo le sue barriere 24 21/11/2014 Il Venerdi di Repubblica Nuove app per le diagnosi psichiatriche 25 21/11/2014 L'Espresso colabrodo croce Rossa 26 21/11/2014 L'Espresso La violenza dei fragili 27 21/11/2014 L'Espresso MINISTRI PER CASO 28 21/11/2014 L'Espresso Il doppio volto di lady Fisco 33 21/11/2014 La Notizia Giornale Calabria da Gattopardo Dopo l'era Scopelliti è il turno di Oliverio 36 21/11/2014 Internazionale Quartiere senza legge 37 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera Mobilità sanitaria transfrontaliera. Un fenomeno ancora di nicchia 42 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera Sharjah, EAU Nuovo ospedale materno-infantile e pediatrico 45 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera Procreazione medicalmente assistita Problematiche e criteri progettuali per la realizzazione 49 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera Una Prostate Unit al Sant'Orsola di Bologna 54 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera Ricoveri italiani a macchia di leopardo 57 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera Anestetici alogenati Limiti di esposizione professionale 62 VITA IN FARMACIA 21/11/2014 Corriere della Sera - Milano Scontro al vertice sul «tesoro» del Policlinico 65 21/11/2014 La Repubblica - Bologna Sicurezza, patto prefettura-Federfarma arrivano nuove telecamere anti rapina 67 21/11/2014 La Repubblica - Bologna Politici, annunci e Sanità 68 21/11/2014 La Repubblica - Milano I terreni del Policlinico affidati a un ente privato Scontro con la Regione 69 21/11/2014 La Repubblica - Palermo Slitta la chiusura dei piccoli ospedali L'Ars: "Prima la pagella a tutti i reparti" 71 21/11/2014 La Repubblica - Roma "Farmacie comunali in sciopero contro la privatizzazione" 72 21/11/2014 La Stampa - Torino Roma: sì alla riforma "Assunzioni dal 2015" Tensioni sul territorio 73 21/11/2014 La Stampa - Alessandria Caso fustelle nel dimenticatoio 74 21/11/2014 La Stampa - Alessandria La prima svolta 75 21/11/2014 Il Messaggero - Ancona Tavolo della Solidarieta' per trecento famiglie 76 21/11/2014 QN - Il Resto del Carlino - Bologna Una mostra per aiutare l'ospedale Wamba 77 21/11/2014 QN - Il Resto del Carlino - Imola Il libretto dello sportivo? Un'odissea 78 21/11/2014 QN - Il Resto del Carlino - Rovigo Vendeva medicinali scaduti da tre anni Farmacista condannato a cinque mesi 79 21/11/2014 QN - Il Giorno - Lodi Succo di mela, etilometro e testper evitare incidenti e vittime «Ora la legge sull'omicidio stradale» 80 21/11/2014 Il Secolo XIX - Imperia MA IPERCOOP RESISTE ALLA CRISI: IN UN MESE ASSUNTI (O RIASSORBITI) 33 LAVORATORI 81 21/11/2014 Il Secolo XIX - La Spezia La visita? Un terno al lotto 82 21/11/2014 QN - La Nazione - Empoli Nuove nomine per le partecipate 83 21/11/2014 QN - La Nazione - Livorno «Querela-boomerang per Lippi e i suoi assessori» 84 21/11/2014 QN - La Nazione - Prato Ruba integratori, arrestato 85 PROFESSIONI 21/11/2014 Internazionale Parliamo di aborto 87 20/11/2014 TOP CURE PER TUTTI 92 20/11/2014 TOP DUBBI SUI GENERICI 93 PERSONAGGI 17/11/2014 Corriere.it L'odissea dei farmaci introvabili Colpa del mercato parallelo 95 IN PRIMO PIANO 2 articoli 20/11/2014 05:10 IlFarmacistaOnline.it Sito Web La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Fofi stanzia tre borse di studio destinate a farmacisti per partecipazione Master Altems La Scuola ALTEMS è una istituzione di alta formazione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, specializzata nella progettazione e realizzazione di programmi di formazione economico-manageriale postlaurea per l'aggiornamento e il perfezionamento professionale di tutti coloro che operano nell'ambito del settore sanitario. 20 NOV - La Federazione degli Ordini, nell'ambito delle iniziative a sostegno della formazione professionale, ha stanziato tre borse di studio, destinate a farmacisti iscritti all'albo, per il finanziamento della quota di iscrizione al nuovo master in "Competenze e Servizi Giuridici in Sanità", messo a disposizione dall'Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS). La Scuola ALTEMS è una istituzione di alta formazione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, specializzata nella progettazione e realizzazione di programmi di formazione economico-manageriale post-laurea per l'aggiornamento e il perfezionamento professionale di tutti coloro che operano nell'ambito del settore sanitario. Tale master ha lo scopo di fornire, a coloro che aspirano a svolgere un ruolo manageriale e dirigenziale, o intendano consolidare il proprio percorso professionale e di carriera nelle istituzioni pubbliche e private operanti nel settore sanitario, farmaceutico, socio-assistenziale, gli strumenti cognitivi ed operativi necessari per l'aggiornamento delle proprie competenze, nonché per sviluppare e consolidare competenze organizzative e gestionali. In virtù dell'accordo di collaborazione stipulato dalla Federazione con la Scuola ALTEMS, dunque, i responsabili del Master selezioneranno i tre farmacisti meritevoli delle suddette borse di studio ed, inoltre, tutti gli altri iscritti all'albo potranno usufruire di uno sconto del 20% (pari a 1.200 euro) sulla quota di iscrizione al master. La domanda di iscrizione dovrà essere presentata entro il 23 novembre p.v., secondo le modalità riportate sul sito dell'Alta Scuola, all'indirizzo http//altems.unicatt.it, dove sono reperibili anche tutti gli ulteriori dettagli relativi al Master. Considerata la rilevanza di tale opportunità formativa, si invitano gli Ordini a voler assicurare la massima diffusione dell'iniziativa presso i propri iscritti. IN PRIMO PIANO - Rassegna Stampa 21/11/2014 7 20/11/2014 09:43 IlFarmacistaOnline.it Sito Web La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ELEZIONI ORDINI PROVINCIALI DEI FARMACISTI Ecco i nomi dei presidenti che guideranno gli Ordini provinciali dei Farmacisti nel triennio 2015-2017 20 NOV - Province Presidente Eletto Agrigento Maurizio Pace Alessandria Ancona Aosta Arezzo Giovanna Nofri Ascoli Piceno e Fermo Asti Avellino Ettore Novellino Bari e Barletta-Andria-Trani Luigi D'Ambrosio Lettieri Belluno Manlio Schiavinotto Benevento Bergamo Bologna Paolo Manfredi Bolzano Maximin Liebl Brescia Francesco Rastrelli Brindisi Cagliari, Carbonia-Iglesias e Medio Campidano Paolo Diana Caltanissetta Valerio Maria Varrica Campobasso Caserta Catania Catanzaro Vitaliano Corapi Chieti Como Giuseppe De Filippis Cosenza Cremona Angelo Guarneri Crotone Antonio Megna Cuneo Enrica Bianchi Enna Ferrara Firenze Foggia Forlì e Cesena Frosinone Lucio Pantano Genova Gorizia Anna Olivetti Grosseto Imperia Isernia L'Aquila La Spezia Latina Roberto Pennacchio Lecce Lecco Giovanni Gerosa Livorno Lucca Macerata Massa Carrara Gino Giarelli Mantova Matera Pasquale Imperatore Messina Milano Lodi Monza e Brianza Andrea Mandelli Modena Napoli Vincenzo Santagada Novara Verbano Cusio e Ossola Cesare Lapidari Nuoro e Ogliastra Cesare Priamo Garau Oristano Gianfranco Picciau Padova Palermo Parma Pavia Roberto Braschi Perugia Pesaro Urbino Pescara Giuseppe De Luca Radocchia Piacenza Pisa Enrico Morgantini Pistoia Andrea Giacomelli Pordenone Potenza Magda Cornacchione Prato Ragusa Ravenna Domenico Dal Re Reggio Calabria Reggio Emilia Enrico Bertazzoni Rieti Rimini Roma Emilio Croce Rovigo Salerno Sassari e Olbia-Tempio Roberto Cadeddu Savona Giovanni Zorgno Siena Paolo Savigni Siracusa Francesco Gibiino Sondrio Taranto Francesco Settembrini Teramo Terni Torino Trapani Leonardo Galatioto Trento Bruno Bizzaro Treviso Trieste Marcello Milani Udine Michele Favero Varese Alessandro Rigamonti Venezia Emma Immacolata Piumelli Vercelli e Biella Piero FURNO Verona Massimo MARTARI Vibo Valentia Massimo De Fina Vicenza Florindo Cracco Viterbo IN PRIMO PIANO - Rassegna Stampa 21/11/2014 8 SANITÀ NAZIONALE 25 articoli 21/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 9 (diffusione:334076, tiratura:405061) Dipendenti sanità , fino a 11mila euro di scarto tra Regioni I POSSIBILI RISPARMI Se il Molise per i suoi medici spendesse in media quanto le tre Regioni benchmark, rispamierebbe 5,2 milioni, il Piemonte 55, la Calabria 16 Roberto Turno ROMA Regione che vai, stipendio che trovi. Fanno lo stesso lavoro - medici, infermieri e tutto l'esercito dei dipendenti Ssn - ma guadagnano meno o molto di più a seconda della regione in cui lavorano. Certo, in tre anni (perfino escludendo il blocco dei contratti) hanno perso in busta paga 1,17 mld, il 3,1% del totale. E sono dimagriti di numero del 2,8% (-19mila unità). Ma è anche vero che costi e trattamento dei dipendenti della sanità pubblica sono uno spezzatino all'italiana. Dove il costo medio totale varia dai 62.772 euro della Campania ai 51.753 del Veneto, 11mila euro in meno (ben il 20%) contro una media di 53mila nelle tre regioni benchmark (Umbria, Emilia e Veneto). E dove un medico (sono 120mila) può costare in media 120mila euro in Molise e 105mila in Sardegna, e 113mila nelle regioni benchmark. Con la Sardegna al top per costo per abitante (318 euro), la Lombardia ai minimi (189) e le regioni benchmark a metà strada. Per non dire della falange (331mila) di infermieri&co appartenenti al "comparto del ruolo sanitario": in Campania guadagnano in media 47.933 euro, in Sardegna 41mila (43mila nelle regioni benchmark), 6mila euro di gap (il 15%). Ma è tale la numerosità di questa categoria, che se mai si pareggiassero i costi con quelli realizzati nelle regioni benchmark, in teoria si potrebbero risparmiare fino a 500 mln. Circa 200 mln invece per i medici. In teoria. Teoria, certo. Anche perché i tagli in questi anni ci sono stati nel Ssn, eccome. Da Tremonti in poi sono stati contabilizzati in circa 30 mld. E altre misure scomode e dolorose rischiano di arrivare con quella sorta di Jobs act per la sanità allo studio in applicazione del «Patto salute» che ha messo in fibrillazione giovani dottori e sindacati. Certo è che lo studio, mai fatto prima, della Stem, la struttura tecnica della Conferenza StatoRegioni, fornisce ora uno spaccato eloquente del settore proprio mentre i tagli della manovra 2015 rischiano di colpire la sanità almeno per altri 1,5-2 mld dopo il pesante ridimensionamento di questi anni. Il rapporto della Stem, che siamo in grado di anticipare, considera il triennio 2010-2012 e fotografa una maionese impazzita di costi e di spese morigerate e/o esagerate. A partire dall'uso, e talvolta forse l'abuso, delle indennità concesse dalle aziende sanitarie in base ai tre fondi di cui dispongono (di funzione, disagio e risultato). Ebbene, capita che in Campania in media queste indennità pesino sul totale delle retribuzioni per il 23,7% contro il 17,7 della Sardegna e il 20,3 delle regioni benchmark. Uno sbalzo del 6% tra il massimo e il minimo. Per i medici si va dal 32,6% del Piemonte e il 31,7 del Veneto al 26,1 della Sardegna e il 26,6 della Toscana. Un excursus che per gli infermieri tocca il 19,6% in Campania e l'11,1 in Basilicata: un 8% di differenza ancora più marcato e decisivo in termini di costi per la numerosità di questo comparto. Fatto sta che le regioni benchmark hanno sempre costi sotto la media nazionale. Anche se non mancano spiegazioni ai risultati soprattutto al Sud e nelle regioni commissariate o sotto piano di rientro. Da una parte può pesare la presenza di personale più anziano o di grado più elevato. Così come un peso lo hanno avuto i blocchi del turn over, che hanno richiesto più straordinari, festivi o notturni. Più indennità, insomma. E d'altra parte le "regioni canaglia" potrebbero appuntarsi una stella al petto: i nostri piani di rientro hanno funzionato, possono magnificare Campania, Lazio, Puglia, elencando i più sensibili cali di costo e di personale in questi anni. Il rapporto Stem sottolinea queste spiegazioni. Ma ammette che omogeneizzando il più possibile le indennità, e razionalizzando l'organizzazione dei servizi, potrebbero essere «contenute» le differenze tra le regioni. Altrimenti lo spezzatino resterà sempre realtà. Certo è che se il Molise per i suoi medici spendesse in SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 10 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Spending review. Il rapporto della Stato-Regioni 21/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 9 (diffusione:334076, tiratura:405061) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 11 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato media quanto le 3 benchmark, risparmierebbe 5,2 mln. Ben 55 mln il Piemonte, 16 mln la Calabria e 23 mln la Campania. E addirittura 109 mln in meno spenderebbe per gli infermieri sempre la Campania allineandosi alla media delle tre regioni al top. Sarà teoria. Ma forse non troppo. © RIPRODUZIONE RISERVATA 21/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 15.17 (diffusione:334076, tiratura:405061) Debiti, 4.500 Pa inadempienti Enti in ritardo sulle certificazioni - Metà delle domande riguarda Province e Comuni L'ULTIMO BILANCIO DEL MEF Le richieste complessive sono arrivate a quota 9,3 miliardi: oltre 4,6 miliardi si riferiscono alle amministrazioni locali Carmine Fotina ROMA Ancora dieci giorni e poi tutte le Pubbliche amministrazioni dovrebbero aver risposto alle oltre 20mila imprese che hanno richiesto la certificazione dei loro crediti commerciali. Doveroso usare il condizionale, visti i numerosi casi di ritardo segnalati dalle imprese. Secondo l'ultimo censimento del ministero dell'Economia, aggiornato al 17 novembre, quasi metà delle istanze di certificazione, in termini di importo, riguarda gli enti locali (Province e Comuni) per oltre 4,6 miliardi su 9,3 miliardi totali: 50.107 domande presentate su 86.751 totali. Ammonta invece a 1,7 miliardi l'importo delle istanze relative agli enti del servizio sanitario e a 1,4 miliardi quello di Regioni e Province autonome per debiti diversi dalla sanità. Il restante va riferito ad amministrazioni statali ed enti pubblici vari. Le certificazioni in questione sono determinanti affinché le imprese possano richiedere alle banche la cessione del loro credito in modalità pro soluto (il cedente non deve rispondere dell'eventuale inadempienza del debitore) con il supporto della garanzia statale. Il decreto 66/2014 che ha introdotto questa possibilità aveva fissato come termine per le domande, da caricare sulla piattaforma telematica del ministero dell'Economia, il 31 ottobre. Ogni amministrazione è tenuta a pronunciarsi entro 30 giorni, quindi le ultime risposte teoricamente dovrebbero giungere al massimo entro la fine di novembre. Il bilancio però non è ancora soddisfacente. Nel suo ultimo monitoraggio, il ministero dell'Economia ha elencato le amministrazioni per le quali, in base ai dati aggiornati sulla piattaforma elettronica, risultano pendenti istanze di certificazione oltre il termine prefissato di 30 giorni. Sono ben 4.522 i debitori che hanno sforato i tempi per un totale di 14.801 domande con un controvalore di oltre 1,3 miliardi. C'è un po' di tutto nella lista degli inadempienti: ministeri, Regioni, Province, Comuni, aziende ospedaliere, comunità montane, università, scuole, anche sedi dell'Agenzia delle Entrate, reparti della Guardia di Finanza. Quanto alle domande, c'è stata un'accelerazione nelle settimane finali arrivando in totale a 86.751 istanze presentate da 20.356 aziende ma le Pa zelanti sono solo una minoranza. Si può stimare che, su un importo totale di 9 miliardi, si è ancora al di sotto di 4 miliardi di crediti per i quali è stata rilasciata certificazione. E non basta. Perché un'ulteriore distinzione va fatta prendendo in esame, tra quelli certificati, i crediti che hanno tutti i requisiti per essere oggetto di cessione alle banche con garanzia statale: devono riferirsi solo a spese correnti (e non in conto capitale) e devono essere stati maturati al 31 dicembre 2013. Il conto, applicando questi criteri, si ferma intorno ai 2 miliardi . La tempestività delle risposte e del rilascio delle certificazioni, dove non ci siano valide ragioni per il diniego, assume un'importanza crescente anche in considerazione di altre modalità di rimborso dei crediti. Come noto, la cessione alle banche con garanzia dello Stato (con tasso di sconto calmierato) è solo una delle opzioni possibili. Resta la via maestra della liquidazione diretta e totale da parte delle Pa (ma con tempi ancora più incerti), che al momento fa registrare pagamenti per 32,5 miliardi su 56,3 miliardi stanziati. Oltretutto devono essere dotati di certificazione anche i crediti che le imprese puntano a compensare con i debiti fiscali. Una condizione che dovrà essere rispettata anche da parte di chi usufruirà della proroga destinata a entrare nella legge di stabilità. Si estende a tutto il 2015 la possibilità di compensare somme iscritte a ruolo con crediti commerciali vantati nei confronti della Pa. L'operazione è possibile a patto che i crediti siano certificati e la somma della cartella esattoriale sia inferiore o pari al credito vantato. © RIPRODUZIONE RISERVATA La certificazione dei crediti Numeroe importo delle istanze presentate, suddiviso per tipologia di ente debitore Ambito Amministrazioni N°Istanze presentate Importo Istanze SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 12 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Pagamenti arretrati. Non rispettato il termine di 30 giorni per 14.800 istanze pari a 1,3 miliardi di crediti commerciali 21/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 15.17 (diffusione:334076, tiratura:405061) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 13 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato presentate Amministrazioni periferiche dello Stato 7.257 405.737.428,44 Amministrazioni Centrali dello Stato 1.032 330.502.991,08 Amministrazioni dello Stato Totale 8.289 736.240.419,52 Enti locali 50.107 4.621.708.733,22 Enti del SSN 20.208 1.767.854.255,30 Altri Enti tenuti alla registrazione ex art. 1, comma 2, del DLgs. 165/01 910 115.057.721,55 Regioni e Province Autonome 2.093 1.419.636.172,40 Enti Pubblici Nazionali 1.372 128.895.440,44 Altri Enti tenuti alla registrazione ex art. 1, comma 2, del DLgs. 196/09 16 779.700,66 Totale 74.706 8.053.932.023,57 Amministrazione non accreditata o non Individuata 3.756 525.052.647,33 Totale 3.756 525.052.647,33 Totali 86.751 9.315.225.090,42 21/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 32 (diffusione:334076, tiratura:405061) L'etica del lavoro da Triangle a Barletta Cristina Battocletti «L'amare il proprio lavoro costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra», scrisse Primo Levi in La chiave a stella (1978), uno dei pochi romanzi italiani di letteratura industriale. Di amore per il lavoro, su cui si costruisce l'identità e la dignità di un individuo, parla Triangle di Costanza Quatriglio, documentario che passerà il 26 novembre al Torino Film Festival (da oggi fino al 29 novembre nel capoluogo piemontese) nella sezione "Diritti &Rovesci". Triangle racconta questo sentimento per sottrazione attraverso esempi deleteri di etica del lavoro. Lo fa dando voce a due stragi che hanno colpito lavoratori tessili a distanza di cento anni. La prima, avvenuta nel 1911 alla "Triangle" - da cui il titolo del documentario -, fabbrica di camicette in cui il 25 marzo divampò un incendio che fece 146 vittime, 123 donne e 23 uomini, per lo più immigrati, chiusi a chiave all'ottavo piano di un grattacielo newyorkese. Fu uno dei fatti che portarono all'istituzione della festa dell'8 marzo. L'altro evento è il crollo di una palazzina a Barletta il 3 ottobre del 2011, dove persero la vita cinque donne, dai 36 ai 14 anni, in un maglificio di cui nessuno conosceva l'esistenza perché le operaie vi lavoravano in nero. Quatriglio mette in parallelo le storie attraverso testimonianze di sopravvissuti del 1911 e del 2011, con un montaggio di materiali d'archivio di grande impatto, come già fece in Terramatta, nastro d'argento nel 2012, basato sul diario "di disonesta vita" del soldato Vincenzo Rabito. Dalle dichiarazioni di tre superstiti newyorchesi, scovate al "Ladies' Garment Workers' Union Archives", traspare il prevalere del divertimento dello stare assieme a dispetto della misera paga per il lavoro a cottimo, retribuito 12 dollari alla settimana senza riposo. Emerge anche il clima di vigilanza stretta sui furti (la porta era chiusa per controllare uno ad uno gli operai all'uscita) e il terrore delle donne, tra cui molte bambine, che davanti alle fiamme si buttavano dalla finestra. Quatriglio sdoppia le immagini di repertorio, quasi a dimostrare l'ambiguo dualismo dignità/necessità che fa il paio con quello diritti/doveri. A raccontare Barletta è Mariella Fasanella, l'unica uscita viva dalle macerie. Come gli operai della "Triangle" affiora la gioia di andare al lavoro per stare con le amiche e colleghe, la fierezza della propria abilità lavorativa: «L'operaia ha tante responsabilità sulla macchina, io le parlo nella mia mente, è come se facessi una nuova conoscenza». Ma anche la completa ignoranza dei propri diritti: «Mi teneva in nero, ma stavo bene, in famiglia», e ancora «e che il palazzo non crollava se stavamo in regola?». Dopo l'episodio del 1911 vennero varate negli Stati Uniti nuove leggi sulla sicurezza del lavoro e aumentò il peso dei sindacati in un crescendo che passato attraverso «il taylorismo, il fordismo e le lotte», come ricorda Quatriglio che si è occupata anche di diritto alla salute sul lavoro in Con il fiato sospeso, vincitore del premio "Gillo Pontecorvo" nel 2013, indagine sul legame tra alcuni decessi e l'insalubrità degli ambienti della facoltà di Farmacia a Catania. Conquiste del '900 che non sono arrivate a Mariella, che dal lavoro nero è passata al «part time a pezzo», al cottimo di cento anni fa alla "Triangle". Nell'era della globalizzazione e forse proprio a causa di questa, perché come spiega Mariella: «Arrivava il titolare e diceva, domani non si lavora. Si dispiaceva lui stesso». © RIPRODUZIONE RISERVATA SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 14 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL CINEMA A TORINO 21/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) NOI ITALIANI RIFORMISTI IMMAGINARI LUIGI LA SPINA Ancora una volta Torino e il Piemonte possono rappresentare un caso esemplare della situazione italiana. La giunta regionale di centrosinistra, presieduta da Sergio Chiamparino, ha presentato il piano di riforma sanitaria. Un progetto, che mira a ridurre l'impressionante deficit, accumulato negli anni, dall'assistenza sanitaria pubblica piemontese, subito apparso sostanzialmente analogo, seppur con qualche variante, a quello che tentò di varare la precedente amministrazione regionale di centrodestra, poi naufragato tra i dissidi interni e la fine anticipata della legislatura. PAGINA Aparte invertite, il piano Saitta, dal nome dell'assessore regionale competente, ha ricevuto la stessa accoglienza riservata a quello di Monferino, il manager a cui l'ex presidente del centrodestra, Roberto Cota, aveva affidato la guida del progetto di riforma sanitaria: accuse dall'opposizione, rivolta dei sindaci nelle città in cui è prevista la chiusura di ospedali troppo piccoli, proteste di primari, medici, infermieri. Al di là del balletto delle polemiche strumentali tra i due schieramenti che si sono alternati al comando della Regione Piemonte, è ovvio che i progetti si assomiglino molto: gli standard internazionali di riferimento a cui l'Italia deve adeguarsi e le direttive di Roma per evitare il commissariamento non lasciano molto spazio alla fantasia riformatrice. Si possono cambiare dettagli e scelte secondarie, ma l'impianto generale per evitare la bancarotta finanziaria deve restare sostanzialmente immutato. È possibile che, questa volta, attraverso una maggiore esperienza politica e abilità mediatrice dell'assessore Saitta, la riforma non sia affossata, ma è probabile che i compromessi con tutte le parti interessate finiscano per riservarle la solita sorte, quella di un provvedimento poco efficace rispetto agli obbiettivi proclamati. L'esempio della sanità piemontese è proprio lo specchio dell'Italia di oggi, quella di un Paese che avrebbe bisogno di riforme radicali, come ammettono tutti, di cambiamenti che non sono nè di destra nè di sinistra, come riconoscono quasi tutti, perché servono a rimettere la nostra nazione al passo della rivoluzione produttiva, culturale, sociale che è avvenuta nel mondo, ma che né la destra, né la sinistra, da oltre vent'anni, riescono ad approvare. O, se qualche riforma viene realizzata, è così azzoppata da mille mediazioni da non servire a nulla, o quasi. Si parla, da decenni, di semplificare quella burocrazia italiana che affligge i nostri cittadini, le nostre aziende, le nostre scuole e le nostre università tra mille adempimenti che rallentano la produttività e scoraggiano chi voglia investire. Lo stesso obiettivo avrebbe una riforma che, come dimostra anche il caso Eternit, avvicini l'amministrazione del diritto a una vera giustizia. È urgente un piano di salvaguardia del suolo nazionale, sbriciolato tra frane e alluvioni che denunciano i danni della mancata manutenzione del territorio e dell'abusivismo edilizio. Tutte questioni, come il problema dell'evasione fiscale e molte altri, che non dovrebbero essere sbandierate come battaglie di parte tra destra e sinistra, perché sono mali sui quali non solo la diagnosi è comune, ma anche la terapia è abbastanza condivisa. Eppure, sono lì dalla fine del secolo scorso e la loro soluzione non appare vicina. Prima, la colpa delle mancate riforme era dell'«anomalia Berlusconi», tra conflitti di interessi e questioni giudiziarie, che impediva alla grande maggioranza parlamentare su cui poteva contare di portarle a compimento. Poi, la colpa fu quella di Prodi e degli altri leader di centrosinistra che, invece, erano angustiati da numeri troppo risicati alle Camere e da profondi dissensi interni alle variegate coalizioni necessarie per vincere. Ora, anche il decisionismo renziano sembra avviato alla stesso deludente risultato. Il rimedio a questo impantanamento riformistico dell'Italia, almeno così pare, arriva sempre dalla stessa ricetta, quella di rafforzare il potere del governo rispetto a quello delle Camere. Ci provò Craxi, poi le famose bicamerali, compresa quella di D'Alema; in seguito, l'impotenza dell'esecutivo fu la scusa di Berlusconi per giustificare i suoi fallimenti rispetto ai grandi progetti annunciati. Adesso, Renzi vuole dimezzare il Parlamento nella speranza di accelerare l'iter dei suoi provvedimenti, ma siamo sicuri che, quand'anche questa riforma si realizzasse, l'Italia davvero potrà «cambiare verso»? L'impressione è un'altra. Se la diagnosi della malattia nazionale è condivisa e la terapia non dovrebbe separare drammaticamente la destra e la sinistra nel nostro Paese, la maggioranza della classe dirigente, SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 15 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato DESTRA E SINISTRA 21/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 16 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato quella che detiene il potere delle principali corporazioni che reggono l'Italia, non ha nessuna volontà di assumere il farmaco del cambiamento. Perché la vasta platea dei garantiti, politici, alti burocrati, amministratori pubblici, lavoratori dipendenti che non rischiano il licenziamento, professionisti, sindacalisti e imprenditori dei settori protetti dalla concorrenza internazionale, detentori di cospicue rendite finanziarie, e tante altri, dovrebbero voler mutare una situazione che ancora li rende categorie che vivono senza particolari affanni? Il vero paradosso italiano, però, viene dai non garantiti. Anch'essi, in fondo, sognano, un giorno o l'altro, di riuscire a passare dall'altra parte, quella dei garantiti. Perché dovrebbero voler cambiare una condizione che appare un miraggio di tranquillità e di benessere, per estendere costumi di vita mutevoli, flessibili, faticosi, magari più brillanti e adeguati ai tempi che sono irreversibilmente cambiati, ma anche più rischiosi, dal momento che sono più competitivi e meritocratici? Se, forse, aveva ragione il generale de Gaulle, quando riteneva difficile governare un Paese come la Francia con 246 varietà differenti di formaggi, forse ha ragione pure chi pensa sia altrettanto difficile voler governare l'Italia verso il cambiamento, quando, da noi, i veri riformisti sono del tutto immaginari. 21/11/2014 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 24 (diffusione:192677, tiratura:292798) «Sto in ansia, dunque sono» Il male oscuro secondo Brera Giancristiano Desiderio Il famoso motto di Cartesio Cogito, ergo sum - è stato variamente riscritto daifilosofima lamigliorereinterpretazione sideve a Gianni Brera.Il grande giornalista lo riformulò così: «Sto in ansia, dunquesono». Pare,infatti, che l'Arcimatto soffrisse di stati d'ansia e per tenere sotto controllo agitazioni e palpitazioni e non farle degenerare in angoscia e stati depressivi buttasse giù mezza pillola o di Tavor o di Control, quasi nulla. Ma la vera pillola magica di Giovannino Brera era la scrittura che è di per sé un ansiolitico e chi scrive - dice oggi il figlio di Brera, Paolo ha meno bisogno di difendersi dall'ansia. Chissà. Alla metà degli anni Settanta, Brera scrisseun volumettointitolato Introduzione alla vita saggia ove con ironia affrontò il tema dell'ansia - della sua ansia - per dire con eleganza che essa, se tenuta sotto controllo, non è un male ma un bene: una sorta dispia di sicurezza che mette in guardia dai pericoli. Oggi che siamo tutti ansiosi, il volumetto di Brera pubblicato da Il Mulino è quanto mai prezioso: l'esercizio che invita a fare è mantenere - anche con l'aiuto di una pillola - il carattere positivo dell'ansia, da cui dipende il progresso su se stessi, evitando di farsi prendere dal suo carattere negativo -angoscia edepressione - che Giuseppe Berto nel suo gran librochiamava Il male oscuro . In cosa consiste allora la saggezza secondo Brera? Nel trovare l'equilibrio o il punto mediano «fra il timore che si spenga e la speranza che lingueggi la fiammella fatidica» dell'anima. Ma l'Arcimatto era saggio? Il figlio Paolo nella nota posta in coda al volumetto ricorda che la saggezza era assente nella scelte di vita del padre che «ai bivi dell'esistenza spesso sceglieva da sconsiderato». Il più delle volte gli andò bene ma non per i motivi che aveva pensato. Come quando nell'immediato dopoguerra non accettò la direzione di un giornale comunista a Novara, preferendo entrare da semplice cronista alla Gazzetta dello Sport . La scelta fu azzeccata visto che divenne in poco tempo direttore della «Rosea» a meno di trent'anni. Il volumetto sulla «vita saggia» di Brera è impreziosito da un Elogio della pillola che Carlo Verdone fa a mo' di prefazione. Perché? Perché «io sono stato un campione di benzodiazepine e non mi vergogno affatto di dirlo». Il punto è sempre quello: come tenere a bada l'ansia. Se non si può essere Seneca o Epitteto che percorrevano stoicamente la via di fuga dalle passioni-ma sarà vero? -allora rimane «la via della farmacia» che percorsa con intelligenza evita i danni degli stati ansiosi (gastriti, coliche, ulcere...). Un po' di ansia non fa male e «in fondo - nota Brera -, proprio le ansie del gran gobbo di Recanati sono alla base della sua fortuna. Quando era limpido, in lui aveva alla meglio il pedante sul poeta divino». Lo stato d'ansia tendente alla depressione ma commutato in carica positiva dovette essere il segreto anche di Brera che imparò a mettere, come dice, l'anima «sottovento» per ben alimentare la preziosa fiammella. Tutto sta nel capire quando intervenire: «Importante è avvertire il bisogno, cioè intuire il momento in cui l'ansia si dilata ad angoscia, come fumiganti veli di nebbia che alla fine si uniscano in un banco impenetrabile». SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 17 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «INTRODUZIONE ALLA VITA SAGGIA» 21/11/2014 Il Fatto Quotidiano Pag. 1 (tiratura:100000) Nel vaccino c ' è ossido di ferro: lo ritirano, ma in pochi lo sanno Chiara Daina Daina » pag. 9 Il ritiro del vaccino Meningitec dal mercato ha trascinato centinaia di famiglie nel panico. A disporlo sono stati due provvedimenti emessi dall ' Agenzia del farmaco italiana (Aifa) il 26 settembre e il 6 ottobre. Sotto accusa undici lotti del farmaco prodotto dalla casa farmaceutica olandese Nuron Biotech, che sono entrati in commercio in Italia a partire da maggio 2013. A L L ' INTERNO DELLE FIALE è stata riscontrata " la presenza di corpo estraneo color arancio rossastro identificato come ossido di ferro e acciaio inossidabile " . Così riporta il sito online dell ' Aifa in data 13 ottobre dopo aver ricevuto la segnalazione dalla stessa ditta produttrice. Segue un ' altra comunicazione tre giorni più tardi che assicura l ' inesistenza di potenziali effetti che sarebbero potuti derivare dall ' im piego di queste siringhe. L ' ul tima parola spetta però alla Commissione tecnica scientifica dell ' Aifa che il 27 del mese scorso dichiara che " non vi sono indicazioni, ad oggi, che le impurezze (particelle di ossido di ferro), qualora presenti, possano impattare l ' effica cia del vaccino " . Il ritiro, come sempre accade in casi sospetti, è stato cautelativo. Le anomalie, precisa l ' Aifa, non riguardano tutte le confezioni dei lotti individuati. Ma il timore che qualcosa non sia andato per il verso giusto rimane. Tanto che una sessantina di famiglie, appresa la notizia, hanno deciso di fare causa. Si tratta soprattutto di residenti del Lazio, Veneto e Calabria. " L ' ho scoperto grazie a Facebook spiega Sandro Airaldi, di Castrolibero, in provincia di Cosenza, che ha vaccinato suo figlio nel luglio 2013 - un genitore di un paese vicino al mio, Corigliano, ha postato un avviso. Così mi sono subito informato. Ho chiamato la Asl, ho chiesto il certificato con il numero di serie del vaccino somministrato al mio bambino e poi mi sono rivolto a un avvocato " . Il signor Airaldi ha fondato anche un gruppo sul social network " Scandalo vaccino meningicocco C " , conta 153 iscritti, tutti coinvolti direttamente. " Serve per tenerci aggiornati, visto che gli organi competenti fanno finta che non sia successo niente. Neanche la asl mi ha avvertito, sono indignato " . L ' inie zione del vaccino a suo figlio ha provocato febbre alta, vomito e diarrea. " Il pediatra mi tranquillizzò, sono effetti collaterali comuni, mi disse " . Anche Fabiola Ermo, di Roma ha saputo del ritiro dei lotti tramite il social network. " Faccio parte di un gruppo di mamme, e una di loro ci ha dato l ' allarme. Ora vogliamo la verità " . LE FAMIGLIE COINVOLTE si sono affidate all ' avvocato Roberto Mastalia, che sta predisponendo una denuncia contro l ' Aifa, il ministero della Salute e la casa farmaceutica olandese. " Le valutazioni dell ' Aifa non tengono conto dei danni che potrebbero manifestarsi in futuro. Al momento la medicina non li esclude ancora " annota il legale. " Non si può accettare - aggiunge - che a dare per prima l ' avviso sia stata l ' azienda che produce il Meningitec e non gli organi di vigilanza statali. E poi, chi ci dice che la Nuron Biotech non abbia aspettato di smaltire i lotti prima di denunciare la contaminazione? " . Un altro dettaglio che potrebbe inquietare le famiglie si trova nel comunicato diffuso sul portale online dell ' azienda: " Ossido di ferro e acciaio ossidato - si legge - potrebbero produrre reazioni locali e sistemiche simili a quelli prodotti dal principio attivo di Meningitec " . Conclusione: è difficile stabilire se gli effetti avversi sono quelli causati normalmente dal vaccino o da quello contaminato. Il compito di controllare i vaccini prima che entrino sul mercato spetta all ' Istituto superiore di sanità che finora non ha riscontrato stranezze e fa rientrare l ' allarme. NON SI PREOCCUPA neppure Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri " . Il suo commento: " Il ritiro di lotti di farmaci è abbastanza frequente. Capita che ci siano delle impurità. Ma fino adesso non si sono mai rivelate nocive per la salute dell ' uomo. Gli studi sulle conseguenze a distanza però sono tuttora in corso " . Foto: La meningite colpisce spesso i bambini, che quindi vengono vaccinati Ansa SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 18 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ANTI-MENINGITE 21/11/2014 Il Fatto Quotidiano Pag. 18 (tiratura:100000) La farsa di Medicina : laureati e disoccupati ANOMALIE Non abbiamo i soldi per gli specializzandi, ma anziché evitare di formarne troppi, li facciamo studiare e poi li mandiamo all ' estero Bruno Tinti perare i test, troppi medici non vanno bene; e sarà anche giusto. Ma a questo punto basterebbe calcolare questo numero chiuso in funzione dei medici specializzati, gli unici che faranno davvero il medico, non in funzione dei laureati. In altri termini, perché ammettere all'Università 20.000 (numero di fantasia) studenti con prevedibili 15.000 laureati per poi ammetterne alle specializzazioni solo 5.000? E gli altri 10.000 (che non solo hanno speso tempo e danaro per laurearsi ma hanno utilizzato risorse della collettività per la loro formazione - Università e professori li paga lo Stato) che cosa faranno? Se non servono più di 5.000 LA STORIA dei test per essere ammessi alle specializzazioni mediche si è risolta nel peggiore dei modi: i due test invertiti, quelli destinati ai cosiddetti servizi (radiologia, anestesia, medicina del lavoro etc) finiti ai medici e viceversa, sono stati aboliti; dovevate rispondere a 30 domande, vanno bene 28; tutto regolare. Regolare un accidente. Immaginiamo due esaminandi; il primo ha sbagliato le risposte ai due test aboliti, quindi ha punteggio pieno, 28; il secondo ne ha sbagliate altre 2 ma ha risposto bene ai test aboliti; anche lui avrebbe 28; invece ha solo 26. Risultato: il primo è ammesso alla specialità e il secondo no. Ovvio che i ricorsi al TAR si sprecherann o. Al di là della soluzione sbagliata, la vicenda bene evidenzia l'incapacità della Pubblica amministrazione: in questo caso quella sanitaria; ma inefficienza e insipienza analoghe sono riscontrabili in ogni settore: mi mettessi a raccontare della Giustizia, riempirei tutte le pagine del giornale. Motivo per cui torniamo ai test per l'ammissione alle specializza z i o n i . Bisogna sapere che il laureato in Medicina non può fare a meno di una qualsiasi specializzazione: se non ne ha una può solo fare le guardie e le sostituzioni dei medici della mutua; insomma non può lavorare. Va bene, si specializzi. Solo che non può, almeno non è detto che possa. Alla facoltà di Medicina c'è il numero chiuso: bisogna sumedici " ve r i " si limiti l'accesso all'università in funzione di questo numero, non si creino disoccupati dopo aver speso capitali per formarli. Tanto più in quanto i non ammessi alle specializzazioni vanno a lavorare in altri Paesi (i medici italiani sono molto apprezzati, hanno un'ottima preparazione) che non hanno speso una lira per farli s t u d i a re . n Q U E STA storia induce a pensare, ancora una volta, che si stava meglio quando si stava peggio. Prima della ennesima riforma, le specializzazioni venivano svolte presso le varie Università; i medici non erano pagati (borse di studio, guardie, sostituzioni, sbarcavano il lunario alla meno peggio) però intanto imparavano e si specializzavano. Alla fine potevano lavorare, sempre nel rispetto del numero chiuso per l ' accesso a Medicina. Poi qualcuno ha cominciato a sollevare il problema: non è giusto che lo specializzando lavori in ospedale e non venga pagato! Dobbiamo dargli uno stipendio. Sì, ma i soldi dove li prendiamo? Eccoli qui, bastano per tre specializzandi. Va bene, e gli altri? Fateli entrare in soprannumero, lavorano gratis (un po' incoerente, ma si salvano capra e cavoli). Poi i baroni, i favoritismi veri o presunti, la "razionalizzazione" (ottima cosa se la sapete fare): concorso in sede nazionale, chi passa si specializza, gli altri si arrangino. Ma io ho studiato, sono medico! Peggio per te, vai a lavorare in Inghilterra. Ma ci sarà un limite all ' imbecillità? Foto: Medici in corsia Ansa SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 19 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato GIUSTAMENTE 21/11/2014 Il Mattino - Ed. nazionale Pag. 39 (diffusione:79573, tiratura:108314) Volume. OGGI, ORE 12 A Palazzo Serra di Cassano, in via Monte di Dio 14, si presenterà il IV volume della rivista Todomodo. Seguirà lo scoprimento di una lapide in ricordo di Gennaro Serra di Cassano. Presentazione. OGGI, ORE 18 Nel salone del Circolo Posillipo Ernesto Mazzetti, Mauro Giancaspro, Mario De Rossi e Nino Giugno parleranno con Antonio Talamo del libro «Uomini e Navi» (edito dalla Compagnia dei Trovatori). Coordinerà il dibattito il giornalista e scrittore Piero Antonio Toma. Salute. DOMANI, DALLE 9 Epatologia nel terzo millennio: al centro congressi dell'Università Federico II la terza edizione del corso di aggiornamento coordinato da Ernesto Claar (presidente è il dottor Antonio Sciambra), promosso dall'ospedale evangelico Villa Betania. Oggi, intanto, stessa location per l'Officina Cardiologica presieduta da Nicolino Esposito e coordinata da Alberto Forni. Libro. MERCOLEDÌ, ORE 19 Nuovo appuntamento con la poesia. Presentazione di «Afferra la vita» di Anna Maria Liberatore (Homo Scrivens editore) da Eva Luna Libreria in piazza Bellini 72. Si parlerà di vita e d'amore con l'autrice ed i relatori: Maria Ida Avallone, Chiara Tortorelli e Lucio Rufolo. Pharmexpo. OGGI, ORE 12 Si inaugura oggi alla mostra d'Oltremare la settima edizione di Pharmexpo, salone dedicato al mercato farmaceutico e sanitario, organizzato dalla Progecta in collaborazione con la facoltà di farmacia di Napoli, Federfarma, ordine dei farmacisti. SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 20 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Taccuino 21/11/2014 ItaliaOggi Pag. 26 (diffusione:88538, tiratura:156000) Sanitari , riordino a 360° BENEDETTA PACELLI Mentre la Commissione salute del senato punta a istituire nuove professioni sanitarie (osteopati e chiropratici), il ministero della salute crea una Cabina di regia tra tutti gli operatori del settore proprio sul lavoro in ambito sanitario. Il tema della sanità dunque tiene banco tra governo e parlamento. Da una parte con il disegno di legge voluto dal ministro della salute Beatrice Lorenzin (n. 1134) attualmente in discussione in commissione sanità che nel riformare le 21 professioni sanitarie istituisce due nuove fi gure, quelle dell'osteopata e del chiropratico ancora prima di averne defi niti le competenze e la formazione. E monta la protesta del coordinamento (Conaps) delle professioni sanitarie che attendono una riforma da oltre 8 anni. «Fa onore al legislatore» scrive Antonio Bortone presidente del Conaps in una lettera aperta inviata al ministro della Salute Lorenzin, ai senatori membri e al presidente della XII Commissione Igiene e Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi (firmataria di questi emendamenti), «porsi il problema di garantire maggiore sicurezza ai cittadini di fronte a discipline prive di regolamentazione, che comunque operano in campo sanitario. Ma le regole poste a garanzia dei cittadini e del sistema delle professioni che la salute di questi devono tutelare, non possono essere violate per assecondare interessi di fi gure non sanitarie e senza titoli legali. Già oggi», spiega Bortone, «esistono professionisti sanitari che alcuni vorrebbero incluse nel capitolo chiropratica. E lo fanno con la forza e la serietà della formazione universitaria di base, di quella avanzata aperta solo a professionisti sanitari, con la disciplina del proprio Codice deontologico e la riconoscibilità del proprio agire derivante dall'esame di Stato abilitante. Se quindi questo principio fosse approvato nella legge», aggiunge, «saremmo costretti a disconoscerlo. Per questo chiediamo che il riferimento alle ''nuove professioni'' venga totalmente stralciato. Allo scopo, chiediamo con urgenza un confronto con il ministero e una nuova audizione in XII Commissione». SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 21 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CABINA DI REGIA 21/11/2014 ItaliaOggi Pag. 2 (diffusione:88538, tiratura:156000) Forum Retail a Milano il 25 e 26 novembre. Torna la mostra/convegno interamente dedicata a sistemi, soluzioni e tecnologie per il punto vendita e la grande distribuzione organizzata. L'evento dell'Istituto internazionale di ricerca - Iir è giunto alla 14esima edizione. Un'app per conoscere il mondo dei farmaci e risparmiare. Si chiama Pharmawizard l'applicazione per smartphone che permette di cercare e confrontare informazioni uffi ciali sui medicinalie trovare le farmacie. Pharmawizard mette a disposizione degli utenti informazioni tratte dalla Banca dati del farmaco e dagli open data del ministero della salute. Cercando il nome del farmaco si può sapere se si tratta di un prodotto di marca, equivalente o della stessa classe terapeutica, se serve la prescrizione o se rientra nella categoria di automedicazione. Digitando un sintomo, si ottengono indicazioni sui medicinali da banco per disturbi passeggeri e di lieve entità (raffreddore, tosse ecc.) e, in caso di bisogno, su dove si trova la farmacia aperta più vicina. Inoltre l'applicazione mette a confronto il prezzo di un farmaco di marca e quello del suo equivalente. Armando Testa fi rma la campagna internazionale Golden Lady con Miley Cyrus. Nuova campagna di Golden Lady per il collant seamless, senza cuciture, realizzata dall'agenzia Armando Testa. Il concept è stato chiamato Golden Lady Rock Your Legs. Protagonista è Miley Cyrus, immortalata dal fotografo e regista americano Terry Richardson. La campagna prevede diversi montaggi di fi lm in stile videoclip, ispirati ai live del Bangerz Tour di Cyrus. Il fi lm è stato girato in due giorni di riprese, a Los Angeles, presso i Siren Studios di Sunset boulevard. Nella stessa location è stato ricreato il setup per le campagne stampa e punto vendita. Lufthansa dota i suoi piloti dei Surface Pro 3 di Microsoft. La compagnia aerea ha scelto il tablet Microsoft Surface Pro 3 per i suoi piloti. Per questo ha acquistato più di 5 mila dispositivi che andranno a sostituire i notebook basati su Windows. Il tablet consentirà all'equipaggio di visualizzare e aggiornare tutte le informazioni rilevanti sui voli: programmi, autorizzazioni alla rotta e informazioni meteorologiche, direttamente dalla cabina di pilotaggio dell'aereo in modalità remoto. I dispositivi verranno utilizzati anche per ottimizzare le rotte di volo e ridurre le emissioni complessive. SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 22 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato BREVI 21/11/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1392 - 21 novembre 2014 Pag. 71 (diffusione:687955, tiratura:539384) diagnosi e terapie: dal cancro si guarisce sempre di più Simona Regina Itumori sono la seconda causa di morte, dopo le malattie cardiocircolatorie. Oggi, però, la diagnosi precoce e i continui sviluppi della terapia oncologica riescono sempre più spesso a mettere all'angolo le malattie neoplastiche. È quello che emerge da uno studio finanziato da Airc e condotto dal Centro di riferimento oncologico di Aviano in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità e con l'Associazione italiana dei registri tumori. «Per misurare la percentuale di persone guarite in Italia e quanti anni dopo la diagnosi un paziente possa davvero ritenersi tale, abbiamo preso in considerazione oltre 800 mila persone cui è stato diagnosticato un tumore tra il 1985 e il 2005. Abbiamo riscontrato che nel 2006 il 27 per cento di quei pazienti aveva la stessa aspettativa di vita del resto della popolazione. In altre parole, era guarita» spiega Luigino Dal Maso, epidemiologo del Cro e coordinatore dello studio. «Naturalmente tumori diversi hanno effetti diversi sulle prospettive di vita». Considerando il tumore del colon-retto, che escludendo i carcinomi della cute è il più frequente, «la guarigione viene raggiunta dopo circa 7-8 anni dalla diagnosi. E sono ormai guariti il 40 per cento delle donne e il 30 per cento degli uomini diagnosticati prima del 2006». Dai risultati pubblicati sulla rivista Annals of Oncology, emerge invece che occorre attendere mediamente venti anni dalla diagnosi afnché una donna con tumore alla mammella possa ritenersi guarita. «Motivo per cui risultano guarite solo il 12 per cento delle donne del nostro campione. Stimiamo comunque che ormai oltre il 70 per cento delle pazienti non morirà a causa della malattia». Anche per i tumori che colpiscono laringe, vescica, i linfomi non Hodgkin e le leucemie la guarigione non si raggiunge entro i venti anni dalla diagnosi, mentre il tumore al testicolo e alla tiroide possono essere considerati guariti in meno di cinque anni. «La sopravvivenza dei pazienti oncologici a cinque anni dalla diagnosi, che è comunque uno dei principali indicatori e permette di valutare l'efcacia del sistema sanitario e dei trattamenti terapeutici, negli ultimi anni è notevolmente aumentata» spiega Dal Maso. «Un dato importante, considerato che la mortalità è maggiore in prossimità della diagnosi. In altre parole, oggi i tumori sono sempre più curabili. E questo può anche avere un impatto non trascurabile sulla pratica clinica e portare a una revisione delle linee guida per la gestione delle visite di controllo». contrasto corbis getty alamy / ipa Foto: Sotto, un trattamento di radioterapia oncologica. A destra, dall'alto in basso: cellule cancerose del seno, cellule del linfoma non Hodgkin e cancro alla gola SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 23 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SCIENZE 21/11/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1392 - 21 novembre 2014 Pag. 74 (diffusione:687955, tiratura:539384) Il cervello si cura abbattendo le sue barriere (an.si.) La cortina pressoché impenetrabile che protegge il cervello (sotto) dall'attacco di sostanze tossiche e infezioni potrà essere aperta a comando, in caso di necessità terapeutiche. Per la prima volta la barriera ematoencefalica (Bee) - la saracinesca di sicurezza del cervello, formata da vasi sanguigni costituiti da un tappeto continuo di cellule endoteliali - è stata infatti oltrepassata in pazienti umani da un team di ricercatori parigini della start-up CarThera. Lo scopo era creare un varco temporaneo per lasciar passare i farmaci che vengono bloccati dalla Bee, permeabile solo agli elementi nutritivi. Usando una metodica già sperimentata sui topi, in cui si accoppia un microimpianto che emette ultrasuoni all'infusione di microbolle, i neuroscienziati hanno «scompaginato» le cellule endoteliali per circa sei ore: le microbolle iniettate, per efetto degli ultrasuoni, hanno vibrato, creando spazi tra le cellule. La metodica è stata sperimentata su un gruppo di pazienti dell'Ospedale Pitié-Salpêtrière di Parigi afetti da tumore al cervello. In questi malati la Bee è lievemente permeabile ai farmaci e, grazie al microimpianto, dovrebbe esserlo molto di più. E tra qualche mese si potrà vedere l'efetto delle cure sui tumori. corbis SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 24 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SCIENZE terapie 21/11/2014 Il Venerdi di Repubblica - N.1392 - 21 novembre 2014 Pag. 75 (diffusione:687955, tiratura:539384) Nuove app per le diagnosi psichiatriche (simone porrovecchio) Secondo la rivista scientifca Medical Hypotheses non ci sono dubbi: la psicoinformatica - ovvero i nuovi metodi terapeutici per la prevenzione e la cura dei disturbi mentali che nascono dalla sinergia di informatica, psichiatria e psicologia - rappresenta il «più grande cambiamento metodologico dalla nascita della psichiatria». Una delle fucine della psicoinformatica è l'Università di Bonn, dove team di psicologi, psichiatri e informatici stanno mettendo a punto app per smartphone dotate di sensori di movimento, del suono o ottici, in grado di monitorare le condizioni psichiche di chi le usa. Quanto tempo passa al chiuso, e all'aperto, il paziente? Quanti contatti sociali ha? Che umore rivela il timbro della sua voce? Un algoritmo elabora i dati e crea un proflo dell'individuo. «Non intendiamo sostituire i medici» dice Alexander Markowetz, uno degli inventori dell'app tedesca. «Le nostre applicazioni raccolgono ed elaborano dati che il medico può monitorare in tempo reale». Una seconda versione dell'app misurerà le variazioni del vocabolario nei messaggi di testo: più ricco il lessico più alto l'umore. «La psicoinformatica migliorerà la diagnostica a disposizione della medicina» dice la presidente della società tedesca di psichiatria Iris Hauth «ma di certo non deve far nascere un mercato per la diagnostica fai da te». SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 25 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SCIENZE informatica-mente 21/11/2014 L'Espresso - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 24 (diffusione:369755, tiratura:500452) colabrodo croce Rossa C. O. In teoria doveva essere un decreto rivoluzionario: la Croce Rossa Italiana trasformata da ente pubblico ad associazione, con un risparmio per le casse dello Stato di 150 milioni di euro a partire dal 2016. nella pratica, invece, il decreto di riordino della Cri frmato dall'ex ministro Renato Balduzzi sembra un rosario di dannazioni. non solo nessun risparmio dal 2016 - il governo Letta lo aveva già prorogato all'anno successivo - ma il rischio di scivolare in avanti fno al 2018. nel frattempo, 900 dipendenti dell'ex ente non saranno riassorbiti e sulla Cri gravano i ricorsi per la stabilizzazione di 1.500 precari. Cui si aggiungeranno 15 ricorsi alla Corte costituzionale, se il cammino della legge Balduzzi non sarà interrotto. un incubo a cui il ministero della Salute pensa di rimediare con una proroga da inserire all'interno della legge di Stabilità. Chi sarà il relatore? «ancora non si sa», è la risposta uffciale. SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 26 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Riservato 21/11/2014 L'Espresso - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 105 (diffusione:369755, tiratura:500452) La violenza dei fragili Chi soffre di schizofrenia e psicosi rischia più di altri di commettere atti gravi. Ma sono alcol, droghe e mancanza di cure a indurre i comportamenti criminali michele tansella Un articolo di Seena Fazel, dell'Università di Oxford, uno dei maggiori esperti di disturbi mentali e violenza, pubblicato sul primo numero della nuova rivista "Lancet Psychiatry", riporta i risultati di un grosso studio condotto in Svezia. La ricerca ha coinvolto più di 24 mila pazienti con diagnosi di schizofrenia, confrontati in un arco di 38 anni con 26 mila loro fratelli e sorelle sani e con circa 500 mila persone della popolazione generale. Nei 5 anni successivi alla diagnosi il 14 per cento degli uomini e il 5 delle donne sono stati autori di un grave atto violento, compreso il suicidio, con una frequenza 7,5 volte maggiore rispetto a quella attesa nella popolazione generale. Sono stati identifcati tre fattori di rischio, già presenti prima della diagnosi: uso di droghe, criminalità e autolesionismo. Gli stessi fattori di rischio erano presenti nei loro fratelli e sorelle sani e nelle persone della popolazione generale che, in quel periodo, avevano commesso un grave atto violento. Gli autori della ricerca concludono che sono necessarie strategie specifche (dirette ai pazienti, come aumentare l'adesione ai trattamenti) e generali (dirette a tutti, come combattere l'uso di sostanze e l'abuso di alcool). Qualche anno fa una revisione della letteratura fatta dallo stesso gruppo, pubblicata sulla rivista "Plos Medicine", aveva riassunto i dati esistenti allora, alquanto eterogenei nei diversi studi. Essi documentavano tutti un aumento del rischio di atti violenti nei pazienti con psicosi schizofrenica, oscillante tra 1 e 7 volte negli uomini e tra 4 e 29 volte nelle donne, identifcando come principale fattore di rischio, sia nei pazienti, sia nelle persone "violente" che non soffrivano di una patologia psichiatrica, l'uso di droghe. Tra le persone che ne facevano uso il rischio era simile, che avessero o meno la diagnosi di psicosi. Un altro studio epidemiologico ha riscontrato che il 13 per cento degli 8000 pazienti con schizofrenia considerati aveva commesso atti violenti, contro il 5,3 della popolazione generale (80 mila persone), ma i malati che non facevano uso di droghe avevano un rischio appena più alto di quello della popolazione generale. Coloro che le usavano invece avevano un rischio elevato, ma poco più grande di quello dei fratelli sani, suggerendo che la relazione tra schizofrenia e violenza fosse infuenzata da fattori genetici e ambientali che agirebbero nella prima infanzia. Da ricordare, infne, una ricerca condotta in Nuova Zelanda nel 2004 dopo la chiusura dei manicomi, che ha dimostrato che la percentuale degli omicidi commessi da pazienti psichiatrici era scesa dal 19,5 per cento del totale degli omicidi nel 1970 al 5 nel 2000, escludendo l'ipotesi che la chiusura degli ospedali avesse fatto aumentare il fenomeno. Gli atti di violenza e gli omicidi sono spesso riportati con grande evidenza sulla stampa. I toni sono molto accesi quando si sa o si sospetta che le persone che hanno commesso il fatto abbiano avuto o abbiano un disturbo mentale. E questo determina un aumento dello stigma verso i pazienti, con conseguenze pesanti, come la discriminazione e l'ostacolo al loro reinserimento sociale. La lotta allo stigma prevede, invece, che sui disturbi mentali vengano date informazioni corrette, ispirate a risultati di ricerche scientifche rigorose, invece che a opinioni. Le credenze, nel settore dei rapporti tra disturbi mentali, violenza e omicidio, sono caratterizzate da una acritica equazione disturbi mentali uguale violenza, che non considera le diverse situazioni e il contesto. Bisogna pertanto tentare di fare chiarezza. La schizofrenia e le altre psicosi sono di fatto associate ad un aumento del rischio di violenza da parte delle persone con questi disturbi. I fattori principali che aumentano il rischio sono l'uso di sostanze, l'abuso di alcool, la mancata aderenza ai trattamenti, una storia di comportamenti criminali precedenti la malattia. Il contesto è importante e le misure da adottare sono una corretta valutazione, nei singoli casi, del rischio e il miglioramento della qualità e della continuità delle cure. Centro Oms di Ricerca sulla salute mentale, Università di Verona SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 27 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Scienze psichiatria 21/11/2014 L'Espresso - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 36 (diffusione:369755, tiratura:500452) MINISTRI PER CASO Guidi, Lanzetta, Galletti, Martina, Giannini. Deboli, invisibili, inadeguati. Nella squadra di Renzi sono in cinque a essersi dimostrati inutili. Come confermano i sondaggi. Ecco chi sono emiliano fittipalDi C'è Gianluca Galletti, ministro dell'Ambiente tra i pochi ad aver visitato Genova perché, come spiegano da Palazzo Chigi «nessuno conosce il suo viso, può dribblare contestazioni e pomodori». C'è la titolare degli Affari regionali e del turismo Maria Carmela Lanzetta, ospite fssa ai convegni della sua Calabria che vanta presenze al "Palio dei Ciucci" di Cuccaro Vetere e al premio "Caduceo d'oro 2014", organizzato dai farmacisti di Bari. Ma tra i ministri "per caso", quelli in fondo ai sondaggi che monitorano la fducia degli italiani, c'è anche Federica Guidi, piazzata allo Sviluppo economico e alle prese con i morsi della crisi industriale (le acciaierie di Terni in primis) e i suoi confitti d'interessi: l'azienda di famiglia, la Ducati Energia, ha delocalizzato all'estero le sue attività, operazione che spesso è tra le cause dei licenziamenti. «Non c'è sindacalista che non rischi di rinfacciarglielo» chiosa un dirigente del Mise. «A mediare ai tavoli così ci va sempre Claudio». Cioè il viceministro De Vincenti, vero capo ombra del dicastero. Passando dall'invisibile Maurizio Martina, il bersaniano a capo dell'Agricoltura che sull'Expo si gioca faccia e carriera, fno a Stefania Giannini - la titolare dell'Istruzione famosa per il pasticcio del concorso per entrare a Medicina - secondo un'analisi di Datamedia sono dieci i ministri che raggiungono a stento la stima di un elettore su cinque. Pesano, sul giudizio negativo, tre fattori: l'incapacità comunicativa, l'inadeguatezza e la volontà di Matteo Renzi di presentare il governo con una sola faccia: la sua. Come annotano i politologi la leadership dell'ex sindaco è stata fn dal principio autoritaria e monocratica. Il premier non si fda di nessuno, non delega e governa da solo, con l'aiuto del suo cerchio magico: contornarsi di personalità deboli e ministri fantasma non è un caso, ma una scelta politica. Che può portare forte consenso personale, ma anche svantaggi nell'azione amministrativa. GUIDI "LA PORTAVOCE" Partiamo dalla Guidi. Ex presidente dei Giovani di Confndustria e qualche anno fa in predicato di formare un ticket elettorale con Silvio Berlusconi, secondo Maurizio Landini «è la donna sbagliata al posto sbagliato». Il suo ministero è il primo fronte della crisi industriale: da Aosta a Caltanissetta le vertenze sono ormai oltre 150, con 28 mila lavoratori che rischiano il posto. Alle trattative, però, la Guidi non ci va mai. Al suo posto c'è quasi sempre il viceministro De Vincenti, che ha ottenuto le deleghe alle relazioni istituzionali con sindacati e imprese, insieme a quelle per l'energia, la competitività e i rapporti con le Regioni. Il sottosegretario Antonello Giacomelli s'è preso quelle per le telecomunicazioni tanto care a Berlusconi: fedelissimo di Renzi e buon amico di Denis Verdini, Giacomelli è stato per lustri direttore di Canale 10. Ora i giochi sul canone Rai e i business su frequenze e tv passano sulla sua scrivania. «Alla Guidi resta poco da fare, noi la chiamiamo "la portavoce dei suoi vice"» ironizza il dirigente del Mise. «Per ora ha tagliato circa 350 milioni dal bilancio del ministero, tra cui anche incentivi alle imprese. Alle riunioni del Cipe non apre mai bocca. Passa gran parte del tempo a rispondere ai question-time in Parlamento e ai convegni». Non è una novità, per la Guidi: dall'Aspen alla potente Trilateral, non c'è lobby alla quale non s'è iscritta. Sulla sua "invisibilità" pesano anche i confitti d'interessi dell'azienda di famiglia (la Ducati ha tra i committenti aziende pubbliche come Poste, Terna, Enel e Fs) e la scelta di papà Guidalberto di delocalizzare all'estero capannoni e operai: pur avendo ottenuto aiuti dallo Stato, in effetti, la Ducati ha riallocato gran parte della produzione in Romania, Russia, India, Croazia e Sud America, con conseguente decimazione dei livelli occupazionali a Bologna. Scelta che lei ha approvato. «O ci si sposta oltre confne o c'è il rischio di farsi battere dalla concorrenza. In Romania produciamo condensatori a 4 euro l'ora, contro i 23 dell'Italia» ragionava Federica su "EconomiaItaliana.it" pochi mesi prima di diventare ministro. «I giovani italiani non amano trasferirsi: pensi che mi sono trovata davanti for di giovanotti sull'orlo del pianto di fronte alla prospettiva di andare in India per un paio d'anni!». Per la cronaca il ministro dello Sviluppo economico, 278 mila euro guadagnati nel 2013, chiedeva ai suoi dipendenti di dislocarsi a Pune, nello Stato del Maharashtra, SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 28 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Primo Piano governo 21/11/2014 L'Espresso - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 36 (diffusione:369755, tiratura:500452) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 29 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato a 150 chilometri da Mumbai. LANZETTA CHI? Altro ministro fantasma è Maria Carmela Lanzetta, messa (senza portafogli) al dipartimento degli Affari regionali, per tradizione ministero di "compensazione" per i piccoli partiti o qualche politico da sistemare: in passato nel bel palazzo di via della Stamperia sono passati pezzi da novanta come Graziano Del Rio, Piero Gnudi e Linda Lanzillotta. Simbolo dell'antimafa (quand'era sindaco di Monasterace la sua farmacia fu bruciata) è fnita nel gabinetto solo per uno sgarbo che Renzi ha voluto fare al rivale Pippo Civati, che scoprì la Lanzetta portandola in direzione nazionale del partito. «Matteo l'ha nominata senza nemmeno avvisarlo. Gli serviva una donna, possibilmente del Sud, e che godesse di buona stampa», spiega un renziano che ha aiutato il premier a formare la squadra di governo. Calabrese di Mammola, paesino famoso per il suo stoccafsso, e madre di famiglia, la Lanzetta siede in consiglio tra la Boschi e la Madia, ma è lontana anni luce dall'immagine glamour delle più celebri colleghe: senza un flo di trucco, indossa solo camicette anni '70 e scarpe basse. Nella Capitale rimane il meno possibile. Preferisce viaggiare verso Sud, direzione Calabria: nelle ultime settimane ha inaugurato il premio "Palio del Ciuccio" nel Cilento, ha premiato gli studenti di Valleforita vicino Catanzaro, è stata a Cassano allo Jonio, Botricello, Aprigliano, Bagaladi e Vibo Valentia, passando dalla direzione marittima di Reggio Calabria, da Gioiosa Jonica e Rende, dove, recita il comunicato, «ha incontrato la minoranza linguistica albanese». Sui tagli miliardari che Renzi ha chiesto alle Regioni, invece, dal suo dicastero nemmeno una parola: «Se saranno garantiti i servizi sanitari? Si vedrà, non conosco i singoli bilanci», ha spiegato davanti ai giornalisti esterrefatti. L'invisibilità non è solo colpa della Lanzetta: in uffcio non gli fanno toccare palla. In nove mesi la ministra si è occupata quasi esclusivamente del vaglio normativo sulla legittimità delle leggi regionali, compito che potrebbe essere svolto da un semplice dipendente degli uffci della Camera. È ancora Del Rio, pare, a gestire nel tempo libero - i rapporti con le Regioni. E a mettere becco nel budget del dicastero. Secondo l'ultimo bilancio di previsione di Palazzo Chigi quello degli Affari regionali, turismo e sport resta di tutto rispetto: la Lanzetta nel 2014 e nel 2015 potrà contare su 95 milioni di cassa, di cui 33,9 di spese correnti (1,7 milioni per il funzionamento, 234 mila di rimborsi spese per missioni, altri 43 mila per il «rimborso diaria a favore dei ministri e sottosegretari non parlamentari non residenti a Roma»). «È una bravissima donna, ma un corpo estraneo. Qualche volta si dimenticano persino di convocarla alle riunioni di sua competenza», confermano dal Palazzo. Dove non possono però negare la sua modestia: «Se non dovessi sentirmi all'altezza, sono pronta a rimettere il mandato al premier. Senza drammi» disse la Lanzetta due ore dopo la sua nomina. GALLETTI SULLA MONNEZZA «Finalmente si è svegliato Galletti, il ministro invisibile!», dileggiava lo scorso aprile l'onorevole democrat Marco Miccoli, contestando l'immobilismo governativo sulla questione dei rifuti di Roma. Oggi il coro di chi considera il commercialista preferito di Pier Ferdinando Casini uno dei ministri più incorporei della compagine renziana si è allargato. Galletti, all'Ambiente, sulla carta doveva avviare i piani rifuti, rilanciare le bonifche, istituire gli eco-reati, occuparsi del risanamento dell'Ilva, ma fnora è fnito in prima pagina solo quando gli animalisti dell'Enpa gli hanno dato dell'«assassino», perché responsabile dell'uccisione dell'orsa Daniza in Trentino, e perché ha nominato Antonio Agostini, indagato per abuso d'uffcio, a capo dell'Isin, il nuovo ente per la sicurezza nucleare. Iscritto alla Dc negli anni '90, assessore al Bilancio nella Bologna forzista di Guido Guazzaloca, di lui si sa che è un fero antipatizzante dei Simpson (vieta ai quattro fgli di vedere il cartone, «violento quanto e più degli spettacoli di Beppe Grillo»), e che nei consigli dei ministri mette bocca su tutto. Anche lui è fnito sulla sua poltrona per puro caso: all'Udc Renzi aveva riservato la casella dell'Agricoltura. Il proflo del commercialista non è, in effetti, quello di un "green" duro e puro: nuclearista convinto fno all'2010 (ora, interrogato, si schermisce e dice «sull'atomo non dico come la penso»), favorevole alla privatizzazione dell'acqua, Galletti ha dato l'ok alle trivellazioni («se sono sicure vanno fatte, non dobbiamo dare messaggi sbagliati agli investitori») e al gasdotto della Tap, mentre ha abbandonato la Terra dei Fuochi al suo destino. Zero bonifche, zero investimenti, poche persino le dichiarazioni di prassi. «La questione della Terra dei fuochi è quasi scomparsa dall'agenda nazionale», ragiona il presidente dell'Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, «prima che il percolato inquini la falda acquifera è urgente darsi una mossa». Anche il risanamento dell'Ilva è un mezzo fop: qualche giorno fa la Ue 21/11/2014 L'Espresso - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 36 (diffusione:369755, tiratura:500452) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 30 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ha mandato una lettera con cui ci avverte che la procedura d'infrazione contro l'Italia andrà avanti. Tradotto: il governo non ha fatto abbastanza. Il fantasma Galletti è stato invece assai attivo tra le mura del suo ministero, che ha infarcito di uomini vicini all'Udc. Per la precisione di "casiniani" doc: Galletti degli amici non si scorda mai, e a Pier Ferdinando deve tutto. Così ha firmato contratti al portavoce dell'ex ministro Udc Gianpiero D'Alia, Guido Carpani, al consigliere politico di Casini, Mauro Libè, alla segretaria Carolina Sciomer, all'ex capouffcio stampa di Casini, Roberta De Marco e a Davide Russo, anche lui vicino a D'Alia. Senza dimenticare Vittorio Sepe, fno a qualche anno fa presidente dei giovani Udc, e Marco Staderini: da sempre gran boiardo amato da Casini, Galletti l'ha nominato presidente e ad della Sogesid (vedi "l'Espresso" n. 43), carrozzone pubblico con 150 dipendenti e 35 milioni di consulenze di cui in molti predicano, inutilmente, la chiusura. Staderini dovrebbe guadagnare poco sopra i 136 mila euro annui. LORD MARTINA Altro desaparecido è Maurizio Martina, titolare dell'Agricoltura. Erede di Nunzia De Girolamo e gran maestro dell'Expo 2015 di Milano, mostra una "scheda di attività" desolante: una sola legge presentata come primo frmatario a metà agosto alla Camera, due audizioni in Commissione e la ratifca di un «accordo commerciale europeo con Colombia e Perù». Poi, il vuoto. Eppure il suo è un ministero pesante, che gestisce 7 miliardi l'anno della Pac: fnora i decreti attuativi dei nuovi indirizzi della politica comunitaria non sono ancora stati scritti, mentre la riorganizzazione dell'Agea e del Sin - le società pubbliche del ministero fnite in due inchieste della Procura di Roma - non è ancora partita. Nessun passo avanti nemmeno sul marchio unico del made in Italy, che dovrebbe essere lanciato all'Expo, e sulla burocrazia che limita l'export nell'agroalimentare. «Possiamo aumentare le esportazioni del 50 per cento nei prossimi cinque anni» disse Martina appena nominato ministro. «Ma un prodotto oggi si ferma alla dogana 19 giorni in media. In Francia solo 9, in Germania 7, in Usa 6». Ad oggi le statistiche non sono cambiate: nessuna norma contro le ineffcienze è stata partorita, mentre la legge anti-cemento è da mesi su un binario morto. Prodotto tipico delle Frattocchie del Pds, diventato ministro in quota Bersani ma ormai vicino alle posizioni di Renzi (anche sull'articolo 18), Martina, tifoso dell'Atalanta che vanta nonni contadini, è sempre elegantissimo. E ha reagito ai tagli al suo comparto come un lord: senza battere ciglio. La Commissione Bilancio ha cancellato il 31 ottobre i 30 milioni previsti per i giovani agricoltori, oltre a 150 milioni per il supporto all'export. «Uno schiaffo alle promesse», chiosano Coldiretti e Confagricoltura. Che sperano che Maurizio possa rifarsi presto in commissione, e che faccia miglior figura sull'Expo. Servirebbe un miracolo, però: tra ritardi monstre e inchieste giudiziarie, offerta turistica carente e scarse risorse pubblicitarie, Martina rischia di pagare in caso di fop anche colpe non sue. L'ultimo attacco gli è arrivato dall'attivista indiana Vandana Shiva, che ha pesantemente criticato le bozze dei programmi dell'evento. «Finora non vedo iniziative su temi fondamentali come la giustizia e la sovranità alimentare, l'agricoltura e la biodiversità: l'Expo rischia di trasformarsi in una fera della colonizzazione fnanziaria, in una vetrina dello spreco». I DANNI DI STEFANIA Se la fducia per Martina tocca il 21 per cento, nella classifca di popolarità di Datamedia l'ultima posizione è occupata dal ministro dell'Istruzione Stefania Giannini. Solo il 17 per cento degli intervistati credono nel suo operato. Tra loro, almeno a rivedere il video dell'incontro di metà luglio con i parlamentari del Pd, c'è anche Matteo Renzi. «Sulla madre di tutte le battaglie, la scuola, non abbiamo ancora fatto tutto. Anzi, anzi... Ci siamo capiti...», ha detto senza nascondere delusione. «Non è un caso» chiosano oggi dal partito «che la Giannini sia stata "commissariata" con la nomina a sottosegretario di Davide Faraone, l'uomo del premier in Sicilia». Troppi gli errori che il premier imputa al ministro: i pasticci sul concorso a medicina e le inchieste sulle abilitazioni universitarie (in Diritto privato si contano oltre 200 ricorsi), gli scontri con la Madia sui prepensionamenti, le polemiche sull'ipotesi di raddoppiare le ore di presenza a scuola dei docenti (da 18 a 36, poi saltata). La Giannini, che alle europee ha preso da capolista solo tremila voti portando il partito all'uno per cento, fa spallucce e continua ad annunciare urbi et orbi che con la Finanziaria il governo «investirà oltre un miliardo sulla scuola. Una cosa mai vista prima». In realtà i denari serviranno soprattutto ad assumere in blocco 148.100 precari che galleggiano da decenni nelle graduatorie, e arriveranno da risparmi sullo stesso ministero dell'Istruzione. Una partita di giro, in pratica: dati alla mano il Miur dovrà tagliare 1,1 miliardi, grazie all'eliminazione dei 21/11/2014 L'Espresso - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 36 (diffusione:369755, tiratura:500452) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 31 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato membri esterni agli esami, alla «razionalizzazione delle spese di pulizia», allo stop agli scatti di anzianità (nonostante i nostri prof siano sotto tutti gli standard europei), all'eliminazione delle supplenze di un giorno. Senza dimenticare la sforbiciata di bidelli, impiegati e qualche decine di milioni di borse di studio. Glottologa, ex rettore dell'Università per stranieri di Perugia tra il 2004 e il 2013 (la Corte dei Conti sta indagando su un danno erariale da 525 mila euro in merito ai corsi della "Scuola internazionale di cucina italiana" voluti proprio dalla Giannini), la ministra deve la sua carriera a Mario Monti e Corrado Passera, che le offrirono un seggio al Senato. Un altro salto di carriera per la fglia di un gelataio di Ponte a Moiano, vicino Lucca, rettore a 44 anni, che quattro anni fa Berlusconi aveva già inutilmente corteggiato per una candidatura alle regionali. Ora la Giannini, dopo essere pure fnita nella bufera per aver speso nel 2011 16 mila euro per trasportare Roberto Benigni a Bruxelles con un jet Falcon da 10 posti per una lettura della Divina Commedia (i soldi erano dell'ateneo perugino), si gioca tutti i crediti rimasti sulla riforma della scuola. L'ennesima. Stavolta il progetto prevede, oltre alla sanatoria dei precari («rischiamo di assumere le persone sbagliate», hanno protestato gli economisti de "lavoce.info"), l'autonomia dei singoli istituti e l'abolizione degli scatti di anzianità, sostituiti da aumenti legati al merito individuale dei docenti. «È necessario però chiarire quali sono le conseguenze di una valutazione negativa o positiva, e come faranno i presidi a selezionare la squadra dei docenti. La proposta di riforma accenna a questi temi, ma rimane molto vaga», ragiona il professore di economia Michele Pellizzari. Insomma, si vedrà. Anche perché, in caso di rimpasto di governo, la Giannini rischia di essere la prima a saltare. Se ne è accorta anche lei, al ritorno dalle ferie estive, quando durante il primo consiglio dei ministri s'è dovuta difendere dai frizzi e dai lazzi dei colleghi, che per mezz'ora hanno discusso - invece che di edilizia scolastica - del topless sfoggiato da Stefania sulla spiaggia di Marina di Massa. «Sei stata coraggiosa, hai stabilito un record» ha sottolineato Renzi. A ragione: i giornali di gossip hanno già sancito che la Giannini è nella storia, come primo ministro immortalato nudo nella storia della Repubblica». Foto: pag 37: Shutterstock (2). Pag 38-39: FotoA3(2), Christian Mantuano Foto: Imagoeconomica, FotoA3 Federica Guidi Ministro dello Sviluppo economico in quota Confindustria: secondo un sondaggio di Datamedia di ottobre, il suo gradimento è sceso a 17 punti. Stefania Giannini Ministro dell'Istruzione, è entrata al Senato con Scelta Civica. Anche lei in fondo alla classifica del gradimento con il 17 per cento di consensi. Gianluca Galletti Ministro dell'Ambiente, è stato indicato dall'Udc. Fedelissimo di Pier Ferdinando Casini, il sondaggio lo dà in discesa: la fiducia per lui è al 21 per cento. ALLO SvILUppO EcONOMIcO TUTTI I "dOSSIEr" cALdI SONO IN MANO AL NUMErO dUE, cLAUdIO dE vINcENTI Maria C. Lanzetta Ministro degli Affari regionali, è una farmacista vicino a Civati. Sconosciuta agli elettori, per Datamedia è scesa di un punto, passando dal 18 al 17 per cento. Decide sempre Matteo C'è un articolo del decreto "Sblocca Italia" che spiega bene come Matteo Renzi accentri a Palazzo Chigi ogni decisione di rilievo, annichilendo le velleità dei ministri e degli altri centri di governo. È l'articolo 29, quello dedicato alla «Pianificazione strategica della portualità e della logistica», norma che dovrebbe rilanciare la competitività dei nostri porti grazie a nuovi investimenti. Se il primo comma annuncia che «su proposta del ministero delle Infrastrutture» viene adottato «entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge il piano strategico nazionale della portualità e della logistica», il secondo comma, due righe dopo, chiarisce chi comanda davvero, e chi deciderà dove investire soldi. «Allo scopo di accelerare la realizzazione dei progetti, entro 30 giorni dalla data in vigore della legge, le Autorità portuali presentano alla presidenza del Consiglio dei ministri un resoconto degli interventi» in corso o da intraprendere: saranno gli uomini di Renzi, dunque, a selezionare e premiare gli interventi «ritenuti più urgenti». Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi potrà solo fare da suggeritore. Alla fine, decide Matteo. E.Fitt. DovESSE ESSErcI uN rImpASTo lA TITolArE DEll'ISTruzIoNE rISchIA DI ESSErE lA prImA A SAlTArE 21/11/2014 L'Espresso - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 36 (diffusione:369755, tiratura:500452) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 32 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Maurizio Martina Ministro dell'Agricoltura, si gioca tutto sul successo dell'Expo. Fiducia degli italiani in calo anche per lui: se Renzi è al 52 per cento, Martina è sceso al 21. 21/11/2014 L'Espresso - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 112 (diffusione:369755, tiratura:500452) Il doppio volto di lady Fisco Meno controlli ma più dati digitali. E capillari. È la ricetta della nuova zarina dell'Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi. Obiettivo: stanare gli evasori. I rischi, però, sono alti stefano livadiotti Convincere gli italiani a pagare spontaneamente nove miliardi di tasse in più entro il 2017. E intanto continuare a recuperare ogni anno una dozzina abbondante di miliardi dal mare magnum dell'evasione nazionale, pari a un quinto di quella dell'intera Europa. È l'impegno che, nelle scorse settimane, Rossella Orlandi, da giugno prima donna alla guida dell'Agenzia delle Entrate, ha preso con il premier. Alla fne della riunione Matteo Renzi ha dato il via libera al piano. A modo suo: «Se ce la si fa si va ignudi ai Calzaiuoli», ha detto riferendosi alla strada dello shopping forentino per eccellenza. La Orlandi conosce l'amministrazione fnanziaria anche meglio delle sue tasche. C'è entrata, a ventiquattro anni, nel 1981. E non ne è più uscita. Dallo sportello (ha fatto anche quello, nella natìa Empoli) è arrivata fno alla casella di numero due dell'accertamento, cioè dei controlli, quando ministro delle Finanze era Vincenzo Visco - "Dracula", per i nemici - e al vertice dell'Agenzia sedeva Massimo Romano, di cui lei ha grande stima. Neanche i nemici giurati arrivano a contestare la competenza della Orlandi. Che, a dispetto dell'aria paciosa, tutti descrivono come una tosta. Lo testimonia, se ce ne fosse bisogno, la velocità con cui ha sgombrato il campo (approdando in Finmeccanica) colui che con il sostegno del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, le ha conteso fno all'ultimo la poltrona: il numero due dell'Agenzia nell'era di Attilio Befera, Marco Di Capua, esponente di spicco del "clan dei ferrovieri", come nell'ambiente viene chiamata la pattuglia di fnanzieri che l'ex generale della Fiamme Gialle e poi direttore del Sismi, Niccolò Pollari, spedì negli anni Novanta alla corte dell'allora ras delle ferrovie, Lorenzo Necci. Quella della Orlandi ha tutte le caratteristiche della mission impossible. Lady Fisco, soprannome che detesta, deve far emergere gettito e in fretta, perché Renzi ha bisogno di quattrini per onorare le tante promesse fatte e quelle che inevitabilmente seguiranno. Per centrare l'obiettivo potrebbe facilmente incidere sul bubbone dell'evasione fscale, che il governo ha recentemente stimato in 91 miliardi per i soli tributi erariali, ma che il britannico Richard Murphy, inserito da "International Tax Review" nell'elenco dei 50 studiosi più infuenti al mondo in materia di fsco, valuta esattamente nel doppio (180,2 miliardi). Il che vorrebbe dire mettere con le spalle al muro il mondo degli autonomi, che secondo uno studio della Banca d'Italia ha un tasso di evasione pari al 56 per cento. Ma Renzi non ne vuol sapere. Da quando siede a Palazzo Chigi, ogni volta che qualcuno parla di evasione lui si volta dall'altra parte. E per forza: è stata proprio la capacità (che i sondaggi ora segnalano in calo) del suo Pd di attrarre per la prima volta il consenso di commercianti, artigiani, professionisti e imprenditori, quell'insieme che i politologi chiamano piccola borghesia urbana e che elettoralmente vale qualcosa come 10-12 milioni di voti, a regalargli la straordinaria performance delle elezioni europee e consentirgli di consolidare la presa sul governo (vedere l'articolo a pagina 115). E la Orlandi, che al momento della nomina Renzi lo aveva visto solo in fotografa e che ora ha fatto capolino alla Leopolda insieme al capo dell'Anticorruzione, Raffaele Cantone, è un grand commis dello Stato: non va dove la porta il cuore, ma dove le chiede il governo. Così, si è incamminata su un sentiero che è molto stretto, ma l'unico in grado, almeno teoricamente, di portarla a raggiungere l'obiettivo di gettito senza entrare in rotta di collisione con le esigenze politiche del capo dell'esecutivo. Il discorso è semplice: convincere gli italiani a pagare le tasse può costare elettoralmente meno che costringerli a farlo. Quindi, è la parola d'ordine, ridurre subito al minimo i controlli più invasivi, eliminare del tutto i blitz spettacolari tipo Cortina d'Ampezzo e Porto Cervo, lasciar fnire su un binario morto progetti come quello del nuovo redditometro. E far invece capire ai contribuenti che il fsco sa tutto di loro (il che è assolutamente vero) e che dunque è molto meglio presentare dichiarazioni dei redditi almeno vicine alla realtà. È un modo più amichevole di mettere comunque le mani nelle tasche dei furbetti del fsco. Un disegno preciso, supportato da un ragionamento che, nella sua stanza all'ottavo piano del palazzone SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 33 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Economia tasse 21/11/2014 L'Espresso - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 112 (diffusione:369755, tiratura:500452) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 34 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato dell'Agenzia, la Orlandi ripete spesso nelle riunioni con i fedelissimi: il governo Prodi, dice, aveva fatto della lotta all'evasione una delle sue priorità, e qualcosa era pure riuscito a portare a casa. Proprio per questo, aggiunge, alla fne gli italiani l'hanno fatto cadere, spianando la strada al ritorno di Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. Bisogna fare tesoro di questa esperienza, è la conclusione, evitando di ricadere nello stesso errore. Così parla la Orlandi. E sotto sembra di sentire chiara la voce di Renzi. Appena insediata, la Orlandi, che mangia regolarmente in mensa e nei primi giorni ha girato in taxi (poi ha requisito senza troppi complimenti una delle due auto blu a disposizione dei vice), ha piazzato un pacchetto di persone di fducia. Aldo Polito e Emiliana Bandettini all'accertamento, Corrado Giuseppe Telesca all'amministrazione, Vincenzo Busa alla presidenza di Equitalia, il braccio armato del fsco per la riscossione, dove ha stoppato una star dei tremontiani come Luigi Magistro. Poi ha buttato giù il suo piano. Come intenda muoversi, in un Paese dove nel 2012 i contribuenti persone fsiche hanno dichiarato 800 miliardi (lordi) ma poi i consumi finali delle famiglie sono risultati pari a 962 miliardi, si capisce fn dalle prime righe della circolare interna che fssa gli indirizzi operativi per il 2014. «La condivisione, da parte dei cittadini, della strategia fscale è l'unica strada percorribile per un recupero stabile dell'evasione», è la premessa. La Orlandi chiede agli 11 mila segugi dell'Agenzia addetti ai controlli di concentrarsi sulle grandi frodi, quelle che possono rendere di più in termini di gettito (senza intaccare il consenso del governo) e di partire dalle dichiarazioni recenti. In 28 pagine ridimensiona uno dopo l'altro strumenti come le indagini fnanziarie, gli studi di settore e il redditometro. Sostiene la Orlandi che è inutile, oltreché impossibile, correre appresso a 6 milioni di imprese e lavoratori autonomi. Molto meglio tentare una sorta di moral suasion. Usando la tecnologia per raccogliere informazioni sul contribuente e poi, alla vigilia della scadenza per la dichiarazione dei redditi, mettergli a disposizione il quadro completo dei dati messi insieme dal fsco, sconsigliandolo così dal tentar di barare in modo troppo smaccato. Un meccanismo previsto dall'articolo 44 della legge di stabilità 2015. E la cui effcacia è subordinata all'introduzione dei pagamenti tracciati e della fatturazione elettronica, che sono contenuti nella delega fscale e dovrebbero soppiantare scontrini e ricevute. Nella stessa direzione va l'arrivo della dichiarazione dei redditi precompilata, che però, almeno per ora, è limitata (dal 2015) a dipendenti e pensionati, che già oggi contribuiscono per l'83,5 per cento del gettito Irpef e dunque non avrà un vero impatto sull'evasione fscale. Il modello-Orlandi potrebbe funzionare, se il contribuente avesse la percezione di avere a che fare con una macchina fscale effciente (in questo caso, secondo uno studio della Confcommercio, il gettito salirebbe spontaneamente, in un sol colpo, di 56 miliardi). Non è così. Tutt'altro. In un Paese dove si possono vincere le elezioni per 24 mila voti (Prodi 2006) il consenso dei lavoratori autonomi è storicamente l'oggetto del desiderio per ogni premier. Il fsco è stato dunque progettato, e modifcato negli anni, proprio per lasciare loro la libertà di evadere senza patemi d'animo. Su 6 milioni di potenziali evasori i controlli si fermano a quota 661 mila (2013) e risultano pure in calo rispetto ai 705 mila del 2010 (in diminuzione anche la maggior imposta accertata, dai 27,8 miliardi del 2012 ai 24 dello scorso anno). Ma, secondo la Corte dei Conti, quelli davvero approfonditi non vanno oltre 230-250 mila (le indagini fnanziarie sono 14 mila, su 650 milioni di rapporti bancari che fanno capo a decine di milioni di soggetti). Anche quando centrano il bersaglio (cioè nel 94,2 per cento dei casi, secondo il rapporto 2013 del ministero dell'Economia sull'evasione), consentendo di smascherare i furbetti, portano a poco: viene racimolato in questo modo solo un cinquantesimo del gettito totale. E chi è colto in castagna ha comunque buone possibilità di cavarsela: nel 2013 quelli che hanno presentato ricorso alla giustizia tributaria sono risultati vincitori nel 45 per cento dei casi. Quando anche ottiene ragione, poi, lo Stato deve recuperare i quattrini e sono dolori, anche perché gli ultimi governi hanno pensato bene di tagliare le unghie a Equitalia, che oggi a differenza di una banca creditrice non può più, per esempio, pignorare un immobile se è l'unico di proprietà del contribuente che ci risiede anagrafcamente. Risultato: Equitalia nel 2013 è riuscita a recuperare solo 13,1 miliardi. Già così sarebbe una goccia nell'oceano. Ma non è neanche vero, perché almeno cinque di quei miliardi vengono in realtà da contribuenti che avevano regolarmente presentato la dichiarazione, salvo poi non pagare quanto dovuto entro la scadenza, e dunque il fsco non ha scoperto un fco secco. Così, tra il 2000 e il 2012 21/11/2014 L'Espresso - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 112 (diffusione:369755, tiratura:500452) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 35 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato l'amministrazione ha accumulato 807,7 miliardi da recuperare. Una cifra-monstre, pari alla metà del prodotto interno lordo, che andrà quasi interamente in fumo: in tredici anni l'Agenzia è riuscita a mettere le mani su appena 69 miliardi, l'8,5 per cento del totale. L'effcienza, insomma, è quella che è. Né a incutere qualche timore può essere il sistema delle sanzioni. Quelle amministrative sono troppo buoniste, oltreché mal tarate: in caso di defnizione bonaria, colpiscono allo stesso modo chi inserisce nella dichiarazione fatture relative a operazioni inesistenti e chi semplicemente sbaglia nell'applicare regole fscali. Quelle penali, di fatto, esistono solo sulla carta: secondo l'Institut de criminologie et de droit pénal in Italia i detenuti per reati economici e fscali sono lo 0,4 per cento del totale, meno di un decimo della media europea. C'è dunque poco da sorprendersi se le omesse dichiarazioni, il reato degli evasori totali, i veri e propri fantasmi del fsco, sono cresciute negli ultimi due anni di quasi il 40 per cento. Ma ci sono due dati che più di tutti dimostrano come l'amministrazione fnanziaria sia considerata poco temibile dai contribuenti. Il primo riguarda i controlli eseguiti: nel 37,2 per cento dei casi il furbetto smascherato non accetta di pagare il dovuto, né presenta ricorso davanti alla commissione tributaria. Semplicemente, straccia le carte e le getta nel cestino. Il secondo spiega come si comportano quelli già scoperti al momento di compilare le dichiarazioni dei redditi degli anni successivi. Ebbene, nel primo biennio la loro base imponibile fa registrare un incremento del 20 per cento in caso di accertamento e del 14 per cento in caso di verifca, l'indagine che comporta un accesso fsico degli ispettori. Poi, passata la paura, tornano a evadere. Come e magari più di prima. Ben sapendo che un controllo, in media, arriva soltanto ogni trent'anni circa. E che quindi loro hanno già dato. Ecco perché, al di là delle intenzioni, la moral suasion della Orlandi rischia di tradursi in un fop. Foto: FotoA3(2), Foto: C.Anzenberger-Fink-Anzenberger/Contrasto Poveri gioiellieri Recupero evasione fscale (dati in miliardi di euro) 4,4 Redditi dichiarati dai lavoratori autonomi nel 2012 in euro 6,4 6,9 Abbigliamento e scarpe Istituti di bellezza Tintorie e lavanderie Autosaloni Parrucchieri Servizi di ristorazione Taxi Macellerie Gioiellerie Bar e gelaterie 8,1 6.500 7.200 9.100 10.000 13.200 15.400 15.600 16.300 17.300 17.500 Alberghi e affttacamere Fonte: Agenzia delle Entrate 10,5 Imbianchini e muratori 12,7 12,4 23.600 18.310 13,1 Architetti Avvocati Studi medici Farmacie 29.100 58.700 69.500 2006 '07 '08 '09 '10 '11 '12 '13 13* '14 (*) Previsioni Fonte: Dipartimento delle Finanze/Ministero dell'Economia 103.40 0 Nullatenenti in jet Proprietari di aeromobili per fasce di reddito Numero di soggetti Zero redditi 386 da 1 a 10.000 euro 189 da 10.001 a 50.000 euro 517 da 50.001 a 100.000 euro 317 da 100.001 a 500.000 euro 266 da 500.001 a 1.000.000 euro 33 da 1.000.001 a 10.000.000 euro 43 oltre 10.000.000 euro 25 Fonte: Dipartimento delle Finanze,GHQWLNLW GHL IXUEHWWL Tassi medi di evasione e, in nero, le differenze tra il reddito dichiarato in un' indagine anonima e quello dichiarato al fsco < 44 anni 19,9 3.065 Autonomi e imprenditori € 44-64 € 10,6 1.945 > 64 anni 2,7 € 314 Uomini 17,3 1.945 Donne € %9,9 3.278 1.178 Rentiers (1) € Dipendenti e pensionati con secondo reddito Nord Centro Sud 56,3 %83,7 %44,6 %14,8 € %17,4 7,9 3.278 € 314 € 2.532 2.936 € € 950 (1) contribuenti che possiedono solo redditi da fabbricati non adibiti ad abitazione principale presieduto da Enrico Giovannini, mettendo a confronto i redditi dichiarati dai contribuenti in € Foto: la reception dell'agenzia delle entrate a roma. a sinistra: rossella orlandi Foto: porto Cervo, in sArdegnA, è uno dei luoghi simbolo dei Controlli Anti-evAsione A tAppeto Foto: renzi di chi evade non parla mai. per paura che alle urne i lavoratori autonomi lo abbandonino Foto: lA sede del ministero dell'eConomiA A romA il problEma è la poca crEdibilità dEgli accErtamEnti: chi viEnE bEccato dopo 2 anni torna a farE comE prima 21/11/2014 La Notizia Giornale Pag. 11 Calabria da Gattopardo Dopo l'era Scopelliti è il turno di Oliverio Il candidato Dem è in politica dal 1980 È stato deputato per quattro legislature e Presidente di Provincia per due Il centrodestra andrà al voto spaccato Forza Italia rinnega Ncd e Udc e corre da sola CARMINE GAZZANNI Sanità devastata; oltre un miliardo di fondi europei che, se non dovessero essere spesi entro dicembre, torneranno a Bruxelles; la piaga della 'ndrangheta onnipresente in una regione martoriata dalle criminalità. Senza dimenticare i tanti illeciti compiuti da una giunta che, sebbene avesse dovuto limitarsi all'ordinario visto il regime di prorogatio dopo la condanna di Giuseppe Scopelliti , ha invece provveduto a nominare una marea di dirigenti, specie nella sanità. I calabresi si recheranno al voto con uno scenario profondamente drammatico. E con un desiderio profondo di cambiamento dopo tante stagioni vissute tra inchieste giudiziarie, connivenze e scandali. IL LUPO Il risultato dovrebbe però essere scontato. Tutti i sondaggi infatti danno per vincente il candidato del centrosinistra Mario Oliverio , u lupu , come lo chiamano a San Giovanni in Fiore, suo paese d'origine. E, in effet ti, di lupo si tratta: a lui è legato tutto l'establishment del centrosinistra che, dal Pci in poi, ha vissuto le varie stagioni fino all'ultima del Pd. Tanto che alle primarie anche lo sfidante renziano Gianluca Callipo si è dovuto arrendere alla rete di contatti e legami di Oliverio. Un lupo, dicevamo. Un vecchio lupo anzi, dato che è in politica ormai da 34 anni: prima consigliere regionale, poi assessore regionale, deputato per ben 4 legislature e, infine, Presidente di Provincia a Cosenza. E, ora, pronto a indossare la veste di Governatore. L'unica coppa che manca nel suo palmares. SENZA RIVALI Certamente non dovrebbero impensierirlo gli sfidanti di centrodestra. Non fosse altro che, a dispetto della giunta uscente dove Forza Italia, Ncd e Udc gestivano la cosa pubblica insieme, le varie anime andranno divise. Forza Italia da una parte, con Wanda Ferro candidata presidente; e Udc e Ncd insieme in un'unica lista con il senatore Nicola D'Ascola dall'altra. Una divisione che certamente farà il gioco di Oliverio. I sondaggi, infatti, parlano di una Ferro tra il 15-20% e di un D'Ascola che a stento supererebbe la soglia dell'8% prevista dalla legge regionale. Il candidato del Movimento 5 Stelle Cono Cantelmi , invece, dovrebbe attestarsi intorno al 15%. Non dovrebbe farcela Domenico Gattuso , candidato de L'Altra Calabria. LA SOLITA STORIA Insomma, Oliverio non dovrebbe avere rivali. La sua vittoria, a meno che non ci siano colpi di scena, non è in discussione. Il futuro della Calabria, invece, quello sì. Nelle liste a sostegno di Oliverio, infatti, spunta un esercito di riciclati. Da Elio Belcastro (ex sottosegretario con l'ultimo governo Berlusconi) a Rocco Sciarrone (candidato con Oliverio ma attuale consigliere provinciale col centrodestra) fino a Flora Sculco (figlia di Enzo, ex consigliere regionale Margherita, prima di emigrare da Scopelliti). Senza parlare degli indagati (vedi box sopra). Insomma, se questo è il cambiamento, aveva ragione Tomasi di Lampedusa. Mario Oliverio SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 36 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il favorito Separati in casa 21/11/2014 Internazionale - N.1078 - 21 novembre 2014 Pag. 54 (tiratura:130000) Quartiere senza legge Il barrio del Príncipe, a Ceuta, è la zona più povera di tutta la Spagna. Una terra di nessuno in mano ai traficanti di hashish. E al centro di una delle rotte più usate dai migranti per entrare in Europa Jesús Rodríguez, El País, Spagna Foto di Bernardo Pérez Ci sono due quartieri Príncipe Alfonso a Ceuta: quello della paura e quello della miseria. La zona è da vent'anni il posto più pericoloso di tutta la Spagna, un sottobosco in cui governano le mafie dell'hashish, i regolamenti di conti sono all'ordine del giorno e l'estremismo jihadista attecchisce tra i giovani senza lavoro. La paura è nell'aria. Il Príncipe è un quartiere sfuggito di mano allo stato, una pentola a pressione pronta a scoppiare. "Qui non arriva la sovranità nazionale e non esiste lo stato di diritto", dice un poliziotto. "È la Spagna ma non è la Spagna, perché la legge non è rispettata". Al Príncipe Alfonso non c'è spazio per la polizia (che pattuglia solo di rado il labirinto di strade del quartiere, non ha un commissariato in zona e interviene solo con le unità speciali) e per i servizi pubblici (le ambulanze e i pompieri non si presentano mai senza protezione) né, ovviamente, per gli estranei, che rischiano di essere presi a sassate se solo provano ad afacciarsi nel quartiere dai suoi due punti d'ingresso: il ponte del Quemadero, che porta alla caserma della Legión española, e calle San Daniel, che collega l'area alla frontiera del Tarajal. Ogni giorno il confine è attraversato da migliaia di persone che per venti euro trasportano in Marocco le merci provenienti da un polo industriale in cui non si fabbrica niente. In alcuni casi gli uomini e le donne che fanno la spola dormono e si nascondono qui, al Príncipe, diventato anche il primo rifugio per i migranti che riescono a passare il confine. Un quartiere di frontiera in una città di frontiera in un'area di importanza strategica. Morte ai chotas Nel quartiere regna il silenzio. Stando alle voci che circolano, è pieno d'informatori. Anche questo è un modo per guadagnarsi da vivere, come l'hashish, che un uficiale della guardia civil definisce "l'unica vera industria del nord del Marocco, quella che genera più lavoro e soldi e che finanzia il jihadismo". Dall'inizio del 2014 lo spaccio della droga e le attività collegate hanno causato quattro morti, tutti uccisi in regolamenti di conti. Nessuno sembra sapere il motivo, neanche le loro famiglie. Fátima è la madre di Mohamed Ennakra, 35 anni, l'ultimo che è stato ucciso. Una mattina di agosto gli hanno sparato tre volte e mentre cercava di scappare gli hanno dato il colpo di grazia. "Mohamed non aveva precedenti e non traficava con i soldi. Si guadagnava qualche euro facendo consegne in motorino. Non era di certo un traficante, era povero in canna", dice Fátima davanti al portone della sua casa in calle de la Agrupación norte. Capire dove comincia e dove finisce la strada è impossibile: il quartiere è strutturato in un groviglio di viuzze claustrofobiche larghe non più di un metro. Gli otto figli di Fátima sono nati tutti al Príncipe. "Se il governo avesse fatto ordine per tempo oggi non staremmo qui a piangere. I delinquenti sono rimasti e i giovani migliori se ne sono andati. Quando mio figlio è stato ucciso nessun poliziotto è venuto a farci visita, vengono solo per usare il manganello. Come possiamo fidarci?". Sua figlia Saba prova a darci qualche indizio in più sulla morte di Mohamed: "Qui per morire basta conoscere qualcuno che ha un debito di droga. Anni fa gli uomini risolvevano certe cose con una scazzottata, oggi i ragazzini lo fanno con un colpo di pistola alla nuca. Questa volta è toccato a mio fratello". Al Príncipe nessuno parla, e chi lo fa vuole restare anonimo. Su un muro qualcuno ha scritto "morte ai chotas ". Nel gergo della malavita i chotas sono gli informatori della polizia. È un avvertimento. Nel quartiere vige una sorta di codice d'onore: i panni sporchi si lavano in famiglia. Sembra che tutti sappiano qualcosa e che molti sappiano tutto. Chi parla, però, è evasivo e si guarda intorno con circospezione. "Ci conosciamo bene, è come un piccolo paese, sappiamo tutto di tutti". Chi si confida con un estraneo è subito marchiato: dalle mafie e anche dai servizi d'informazione (polizia, guardia civil , Centro nacional de inteligencia, esercito e polizia municipale). In questo territorio, del resto, è impossibile usare infiltrati e ancor meno seguire una persona sospetta senza essere scoperti. Gli unici indizi arrivano dagli informatori e dal controllo delle email e dei social network. "Grazie alla collaborazione internazionale, soprattutto a quella del Marocco, oggi è più facile indagare sui jihadisti che sulla criminalità organizzata legata alla droga. Rabat ha sempre ignorato i problemi SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 37 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Spagna 21/11/2014 Internazionale - N.1078 - 21 novembre 2014 Pag. 54 (tiratura:130000) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 38 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato legati all'hashish", spiega un uficiale della guardia civil . "Nel caso dell'integralismo, invece, i servizi marocchini reagiscono e collaborano con grande tempestività. In Marocco ci sono due cose che la polizia non perdona: gli attacchi al re e il jihadismo". In giro ci sono segnali stradali crivellati dai colpi degli aspiranti boss: un altro avvertimento. I campi aridi e sporchi che circondano il Príncipe sono disseminati di bossoli usati. Qualcuno ci racconta che pochi giorni prima un capobanda (in tutto ce ne saranno tre o quattro) si aggirava per il quartiere con un'Hk, una sofisticata arma di fabbricazione tedesca, con un codazzo di ragazzi che lo acclamavano come fosse Cristiano Ronaldo: "Il supereroe dei ragazzi qui non è Batman, ma il mafioso di turno che ha la macchina più costosa e la casa più grande. Le armi non mancano, siamo in una città di militari. È più facile far entrare una Parabellum a Ceuta che spedire un chilo di hashish in Spagna. Quando arrivi nessuno ti perquisisce". L'ultimo avvocato Cadaveri crivellati. Spari nella notte. Coltellate. Uomini gambizzati. Uno spazzino con il volto sfigurato da un taglierino perché faceva rumore. Un minorenne che risponde allo schiafo di un adulto sparandogli. Sono le notizie che ci accolgono al Princípe quando arriviamo a bordo dell'autobus della linea 8, l'unico che si arrampica fin quassù dal centro di Ceuta. L'ultima corsa è alle dieci di sera. Per mesi l'autobus è stato scortato dalla polizia, ma quel periodo ormai è finito. Quando arriva la sera il Príncipe è isolato. Non ci arrivano i taxi e nemmeno i pony che consegnano la pizza. Non c'è una farmacia di guardia o un internet café. È un mondo a parte. Nel resto di Ceuta, soprattutto nelle zone più ricche, si sente ripetere una frase: "Che si uccidano tra loro". Secondo il presidente dell'associazione di quartiere Kamal Mohamed in queste parole è racchiusa la ragione dei problemi del quartiere: "Viviamo in una situazione di apartheid. Siamo cittadini di serie b perché siamo musulmani e viviamo qui. Paghiamo le tasse ma non abbiamo gli stessi diritti o gli stessi doveri degli altri. E ovviamente non abbiamo nemmeno le stesse opportunità. Chi darà un lavoro o una casa a un ragazzo che porta il marchio del Príncipe? È dificile entrare in questo quartiere, ma è ancora più dificile uscirne". Karim Mohamed ha trent'anni, fa il trasportatore e vive al Príncipe. I suoi genitori arrivarono negli anni quaranta. Costruirono una baracca che si è espansa fino a diventare una casa abusiva su cui pagano le tasse ma che uficialmente non appartiene a nessuno. "A partire dagli anni ottanta", racconta, "Ceuta ha deciso di chiudere un occhio sul narcotrafico. Quella decisione ha cambiato la vita della gente del quartiere. In precedenza la città aveva già chiuso un occhio sull'edilizia abusiva. Ma quando è arrivata la droga molti abitanti della zona che facevano i pescatori o i muratori hanno deciso di cambiare vita e di mettersi a trafficare con l'hashish. E qualcuno gliel'ha lasciato fare, a patto che non disturbassero il resto della città. Anche studiare era diventato inutile. Chi trasportava la merce guadagnava migliaia di euro a notte. I giovani sono cresciuti senza legge né prospettive. L'idea era far morire noi musulmani nel degrado, lasciandoci chiusi qui a mangiare hashish. E così il quartiere - che era povero ma abitato da gente umile e rispettabile, dove la metà degli abitanti era cristiana e tutti convivevano in pace - è diventato un ghetto musulmano con le sue regole, le sue abitudini, i suoi padrini. Lo stato si è dimenticato di noi. Quanti sono i quartieri della Spagna in cui la polizia non entra? Se provi a dire a un ragazzo del Príncipe che nei bar non si può fumare né, ovviamente, farsi le canne perché una legge lo vieta, lui ti risponderà stupito: 'Ma credevo che quelle fossero le leggi di Ceuta, non del Príncipe'". Il quartiere è famoso per la delinquenza, il narcotrafico e gli spettacolari arresti di jihadisti trasmessi in diretta tv. Questa fama sinistra si è raforzata con la serie televisiva El Príncipe , uno dei programmi più visti del 2014 in Spagna. Qui, però, nessuno sembra apprezzare il modo in cui è stato dipinto il quartiere. "D'ora in poi sarà dificile liberarci del marchio di terroristi e prostitute", si lamenta un uomo mentre tutti gli altri intorno annuiscono. "Siamo diventati i mafiosi del paese". In realtà il vero Príncipe è diverso da quello che si vede in tv. Per descriverlo non serve ricorrere a esagerazioni: è semplicemente uno dei quartieri più poveri della Spagna e l'unico abitato esclusivamente da musulmani. Un prodotto del colonialismo, della dittatura e, dopo l'arrivo della democrazia, dell'abbandono e dell'incuria istituzionali, ma anche della cattiva gestione dei fondi statali ed europei destinati allo sviluppo di quest'angolo del paese. Nessuno sa dove sono finiti quei soldi. Anche per questo tra la gente del posto sono sempre più difusi la sfiducia e il vittimismo. Chi vive al Príncipe sa che i politici vengono nel quartiere solo per le campagne elettorali e sempre scortati dalla polizia. Pochi pensano che il voto sia libero e 21/11/2014 Internazionale - N.1078 - 21 novembre 2014 Pag. 54 (tiratura:130000) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 39 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato segreto. "Molti votano per il Partito popolare (che governa la città) perché sono convinti che se votassero un altro partito e la cosa si venisse a sapere perderebbero gli aiuti e i sussidi, che per le famiglie del posto equivalgono alla metà del reddito", spiega Mohamed Mustafa Madani, 28 anni, l'unico avvocato del quartiere e una delle poche persone disposte a farsi vedere in giro con noi. "La democrazia non è ancora arrivata". E perché tu non sei andato via? "Perché sono nato qui e sono l'unico avvocato del quartiere. Ecco perché". Camminiamo per le strade del Príncipe insieme a Mohamed e poi con altri abitanti della zona. Con Isma Mohamed, 30 anni, assistente sociale e attivista, e con Motad, che ha ventitré anni e lavora come apprendista in un laboratorio per 480 euro al mese. Camminiamo tra sguardi di odio e di curiosità, tra insulti e timidi salam aleikum , tra le normali attività della vita di quartiere e l'inquietante presenza dei boss attaccati ai cellulari. Tutti sono d'accordo su una cosa: questo non è il Bronx e nemmeno Kabul. Somiglia più a una favela. È un mondo a parte, sospeso su una collina dove tutto è illegale: le case, l'economia, il mercato del lavoro, l'occupazione del suolo. Qui vige un culto malato per la soddisfazione dei bisogni immediati. "Le persone più povere e con un livello culturale più basso", spiegano José Sillero ed Emilio Díaz, che lavorano nel quartiere, "cercano di cavarsela e di arrangiarsi senza pensare al domani, non capiscono che senso abbia faticare sui libri per avere un posto di lavoro dieci anni dopo. Lavorano, traficano e spendono. Non fanno previsioni. I modelli dei ragazzi sono i cattivi del quartiere". C'è una soluzione? "Bisogna impegnarsi. Far uscire anche solo un ragazzo da queste dinamiche sarà un successo". Al Príncipe i frigoriferi sono vuoti, i muri delle case rischiano di crollare quando piove, le persone dormono per terra e ogni giorno i genitori escono per strada per cercare di dare da mangiare ai figli. Chiedono l'elemosina o rubano. Traficano, trasportano merce in Marocco, vendono sigarette di contrabbando o vestiti contrafatti. Sopravvivono anche grazie alla solidarietà dei familiari e dei vicini, come nel caso di Dina, un'adolescente che ha deciso di finire le superiori e che vive con la madre, la nonna e tre fratelli più piccoli in un tugurio infestato dai topi. Non hanno nessuna fonte di reddito. Una vicina li aiuta e gli dà da mangiare. A casa di Dina si respira povertà, ma soprattutto dignità. Alcuni mesi fa hanno fatto richiesta per un alloggio popolare. Non hanno ancora ricevuto risposta. La svolta degli anni ottanta Nessuno sa con esattezza quanti siano gli abitanti del Príncipe, dodici, quindici, forse ventimila. Almeno tremila di loro non hanno i documenti e di conseguenza non possono accedere ai servizi sociali o ai programmi pubblici per l'impiego. Nessuno sa quante siano le case (forse 1.500, forse tremila) né quante famiglie ci vivano. E nessuna abitazione ha un certificato di proprietà. A questi problemi bisogna aggiungere una disoccupazione pressoché totale, un abbandono scolastico del 90 per cento, un altissimo tasso di analfabetismo funzionale, la mancanza più assoluta di un piano urbanistico (solo due strade sono carrabili) e l'adesione a norme di morale pubblica più conservatrici di quelle del vicino Marocco. In questo dedalo di vicoli e di case colorate aggrappate sul versante meridionale del monte Chico, il controllo del gruppo sull'individuo è asfissiante. Qui le donne usano il velo e vestono secondo la tradizione, e l'opinione degli altri è sempre fondamentale. Soprattutto sulle questioni religiose. L'organizzazione della società è matriarcale, ma l'80 per cento delle donne non lavora. Molte famiglie numerose vivono con i 400 euro del salario sociale. La natalità è più alta che nel resto del paese. Nel quartiere non ci sono locali o negozi, solo alcuni alimentari, bar e barbieri. Non ci sono vetrine, ma ogni giorno qualche anziana signora espone un po' di frutta e verdura sul selciato di calle María Jaén. Non ci sono zone verdi e l'illuminazione è quasi inesistente. La raccolta della spazzatura è irregolare e i rifiuti si ammucchiano nel centro del quartiere, nella piazza di Padre Salvador Cervós, nel suq. Quando piove, il precario sistema fognario fa tracimare per strada tutta la sporcizia. Al posto dello spagnolo ormai si parla il darija locale, un dialetto arabo con forti inluenze castigliane. Jorge Sillero è il direttore della scuola Juan Carlos I, frequentata da molti ragazzi disabili del quartiere: "I bambini parlano sempre peggio lo spagnolo. Non lo usano più perché non ce n'è bisogno: non parlano mai con persone di fuori. Loro non vanno a Ceuta e da Ceuta nessuno viene fin qui". Miseria, droga e violenza. Una spirale maledetta. Quando è arrivato l'hashish, negli anni ottanta, i cristiani avevano lasciato il Príncipe per trasferirsi nelle case popolari. D'altra parte, fino alla metà del decennio, migliaia di musulmani che vivevano a Ceuta non potevano avere la cittadinanza spagnola (il loro unico documento era la 21/11/2014 Internazionale - N.1078 - 21 novembre 2014 Pag. 54 (tiratura:130000) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 40 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato tessera statistica, un'inutile carta di riconoscimento soprannominata "la piastrina del cane"). Di conseguenza non avevano il diritto di accedere alle case popolari né potevano comprare immobili o andare in Spagna. Erano apolidi, costretti a rimanere chiusi nel loro quartiere. È anche in questo modo che si è alimentato il risentimento. Poi Ceuta è diventata la capitale dell'hashish. Ogni notte dalla costa partivano circa cinquanta lance per il Marocco, dove prelevavano tonnellate di droga destinata alla penisola. L'afare era in mano a pochi boss: El Nene, Abdelhila e Tafo Sodía, che l'anno scorso è stato ucciso nel centro di Ceuta. I soldi scorrevano a fiumi, al Príncipe e anche a Ceuta, che in quel periodo ha vissuto un boom immobiliare. Poi, nel 1986, circa 15mila musulmani residenti a Ceuta sono riusciti a regolarizzare la loro situazione e a ottenere la cittadinanza spagnola. È stata una vittoria storica, la riconciliazione tra la Spagna e migliaia di musulmani che vivevano a Ceuta da decenni. Al Príncipe quel periodo è ricordato con entusiasmo: hashish e documenti in regola. Ma è su quei soldi facili che si è costruita la maledizione del quartiere. Sospetti e paure Seduto in un modesto cafè di calle Real, nel cuore di Ceuta, un ex agente dei servizi d'informazione della polizia descrive l'a s c e s a e i l d e cl i n o d e l m e rc at o dell'hashish: "Era uno stile di vita. I soldi sono arrivati fino al centro della città, sono serviti a comprare appartamenti, garage, taxi. C'erano molti prestanome. Negli anni novanta c'erano persone che facevano quattro viaggi a notte: caricavano l'hashish in Marocco, lo portavano fino a Malaga o a Cadice e poi ricominciavano. Un buon trasportatore poteva guadagnare anche 300 euro al chilo. La storia è degenerata per l'ambizione delle mafie. Hanno cominciato a traficare in esseri umani, per guadagnare fino a centomila euro a notte senza correre rischi. Ma l'Unione europea ha preso provvedimenti. È stato introdotto un sistema integrato di vigilanza esterna con radar e video camere su tutto il litorale. Così è finita l'epoca del grande trafico di hashish a Ceuta. L'attività si è spostata a Tangeri. E oggi la merce arriva in Europa con i container". Cos'è successo dopo? "La manna dal cielo era terminata. È stato un terremoto per il quartiere. Il declino del mercato della droga ha scatenato regolamenti di conti nel mondo della criminalità organizzata. Sono cominciate le lotte all'ultimo sangue per vecchi debiti e per il poco traffico rimasto. La torta da spartirsi è piccola. Le sparatorie riguardano soprattutto vicende che risalgono a diversi anni fa, quando i soldi giravano e i criminali si derubavano a vicenda. Allora nessuno sembrava farci molto caso perché c'era da guadagnare per tutti, ma ora che la situazione è più dificile si uccide per i vecchi debiti. E tutti i nodi vengono al pettine. Nel quartiere agiscono gang vecchie e nuove, ragazzini che hanno poco da perdere e che quindi sono molto pericolosi. È una guerra all'ultimo sangue per quel che resta del business della droga. Quest'anno ci sono stati quattro morti al Príncipe. La soluzione non è la polizia. Te lo dice un poliziotto". Per gli estranei e per i giornalisti muoversi nel quartiere non è facile. Nessuno vuole parlare, nessuno vuol essere fotografato, neanche mentre si taglia i capelli dal barbiere o prende un tè. Chi fa domande considerate scomode scatena insulti, sguardi di odio e situazioni di tensione che non si sa mai come possano andare a finire. Le donne non si fanno fotografare per rispetto dei mariti, gli uomini perché hanno paura di essere identificati con i jihadisti o i narcotraficanti, o semplicemente perché sono ricercati. Gli adolescenti, vestiti come i ragazzi delle gang latinoamericane, non vogliono finire nelle foto per spacconaggine, gli anziani perché sono sospettosi. C'è sempre qualcuno nascosto dietro a una finestra pronto a pensare male di un vicino che parla, o perfino a lanciare un mattone. La minaccia del jihadismo Mentre camminiamo su calle de San Daniel, davanti al portone di una tappezzeria piena di uomini barbuti dall'aspetto severo, il nostro sguardo incrocia quello di Hamed Abderrahman Ahmed, conosciuto come Hamido, l'unico cittadino spagnolo detenuto a Guantanamo. Hamido è stato prigioniero a Guantanamo per due anni e mezzo ed è diventato un mito del quartiere. La sua casa di calle del Fuerte è meta di pellegrinaggi. È fuggito dal Príncipe per il jihad ed è tornato per raccontarlo. Estradato in Spagna, è stato processato e assolto. I nostri sguardi si incrociano per alcuni secondi, poi scompare. Un agente del servizio d'informazione della guardia civil racconta che alla fine degli anni novanta, quando segnalava a Madrid i pericoli legati alla difusione del jihadismo al Príncipe, nessuno lo prendeva sul serio: "Le uniche preoccupazioni dello stato erano la sovranità nazionale, le mire territoriali del Marocco e le attività dei partiti musulmani. Almeno fino agli attentati di Madrid dell'11 marzo 2004. Da allora sono stati stanziati più fondi e sono stati mobilitati agenti molto preparati per indagare sul 21/11/2014 Internazionale - N.1078 - 21 novembre 2014 Pag. 54 (tiratura:130000) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 41 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato jihadismo. Ma per raggiungere dei risultati c'è bisogno di guadagnarsi la fiducia della gente del Príncipe, e per riuscirci ci vogliono investimenti, non poliziotti. Assaltare il quartiere e ripulirlo come è stato fatto con le favelas di Rio de Janeiro? Neanche per scherzo. L'operazione scatenerebbe una battaglia e farebbe dei morti". Negli ultimi dieci anni al Príncipe, dove oggi ci sono 14 moschee, c'è stato un netto ritorno all'islam. La crisi economica ha giocato un ruolo importante. La solidarietà della comunità islamica, che va di pari passo con il proselitismo religioso, oggi arriva dove l'amministrazione non riesce ad arrivare. Dal 2006 nel quartiere ci sono stati una cinquantina di arresti legati al terrorismo internazionale. Ma Laarbi Maateis, il leader religioso della città, presidente dell'unione delle comunità islamiche di Ceuta, ripete che al Príncipe il jihadismo non esiste. "A Ceuta i novanta imam e i cento responsabili delle moschee sono tutti sotto controllo", spiega Maateis, che veste all'europea e parla con calma e gentilezza. "Le posso assicurare che in tutta la città non c'è un solo imam estremista. Lo stato non deve temere l'islam di Ceuta, quello che deve fare è regolarizzare e integrare". Ma il Príncipe è un terreno fertile per l'estremismo? "Il fanatismo non si difonde a causa di imam estremisti o di una specifica moschea, ma prolifera sui social network. È un discorso che vale anche per Parigi, Londra o Barcellona. D'altronde è vero che la povertà favorisce l'estremismo, che è alimentato anche dal fatto di sentirsi cittadini di serie b. Per questo bisogna dare lavoro, fornire servizi e ripristinare la legalità". Un tempo le condizioni del quartiere erano perfino peggiori di quelle attuali. Oggi non lontano dal Príncipe ci sono il miglior ospedale della città, cinque o sei scuole, due campi sportivi, due laboratori che formano apprendisti e un edificio polifunzionale per l'istruzione dove quattro agenti della polizia municipale lavorano come mediatori sociali fino alle tre di pomeriggio. Qui ha sede anche la Cruz blanca, l'ong più rispettata del Príncipe, diretta da Isabel Larios, che distribuisce generi alimentari alle famiglie in cambio del loro impegno su alcuni temi fondamentali come l'istruzione, la salute, lo sport, l'uguaglianza di genere e il rifiuto della violenza. Da cinque anni anche le autorità locali hanno cominciato a occuparsi della situazione. Secondo il comune, "tra il 2014 e il 2020 il quartiere sarà oggetto d'investimenti di riqualificazione per venti milioni di euro". Quando usciamo a piedi dal Príncipe ci rendiamo conto che avremmo voluto passarci più tempo per capire meglio la vita e le speranze dei suoi abitanti. Poi vediamo un grafito che si ripete in diversi punti del quartiere. È rivolto agli informatori: "Non fare e non temere. Semina e raccoglierai". Scende la sera. Il Príncipe è già lontanissimo. u fr EL PAISDa sapere Le enclave di Madrid u Ceuta, insieme a Melilla, è una delle due enclave spagnole in territorio marocchino, eredità del colonialismo di Madrid in Africa. Oggi ha lo status di città autonoma ed è governata dal Partito popolare con il sindacopresidente Juan Jesús Vivas . Ceuta ha 84.180 abitanti e un pil annuo pro capite di 18.771 euro (2013) contro i 22.300 della media spagnola. u Ceuta e Melilla sono i due principali punti d'ingresso in Spagna per gli immigrati irregolari. Tra il 2004 e il 2013 circa 28mila migranti africani sono riusciti a penetrare nelle due enclave superando le barriere di metallo costruite dalla Spagna a partire dalla metà degli anni novanta. Foto: In una piazza del quartiere Príncipe. Ceuta, ottobre 2014 Foto: Nessun0 sa con esattezza quanti siano gli abitanti del Príncipe: quindici, forse ventimila. Almeno tremila non hanno i documenti Foto: Il quartiere del Príncipe, ottobre 2014 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 18 (diffusione:4349, tiratura:4535) Mobilità sanitaria transfrontaliera. Un fenomeno ancora di nicchia Il recepimento della Direttiva 2011/24/UE sull'assistenza sanitaria transfrontaliera non ha modificato lo scenario attuale, caratterizzato da una forte migrazione di pazienti ma solo all'interno dei confini nazionali e dalla presenza di pazienti solventi perlopiù provenienti dai cosiddetti Paesi emergenti extra-europei. PIERLUIGI ALTEA La Direttiva 2011/24/UE, in Italia recepita con il d.lgs. 4 marzo 2014, n. 38 sui diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera, ha inaugurato una nuova stagione per la sanità anche nel nostro Paese. Tuttavia la sua concreta attuazione sembra ancora lontana. «La direttiva», spiega Filippo Leonardi, direttore generale di Aiop, l'Associazione italiana ospedalità privata, «prevede che gli Stati membri dell'Unione Europea predispongano dei National Contact Point (Punti di contatto nazionali), ovvero portali web gestiti dai Ministeri della Sanità, affinché i cittadini europei possano conoscere l'offerta sanitaria, i costi e le condizioni di erogazione dei servizi. A oggi, sono ancora pochi gli Stati che si sono adeguati a questa indicazione: l'Italia, per esempio, ha realizzato all'inizio di quest'anno un Punto di contatto nazionale, ma solo in modo parziale, perché sul portale compaiono soltanto gli Istituti di ricerca e cura a carattere scientifico, poco più di 60, un insieme importante ma non rappresentativo dell'offerta ospedaliera complessiva, molto più ampia e articolata, anche per quanto riguarda le eccellenze. Inoltre, il portale riporta soltanto l'elenco delle discipline interessate, senza render conto di parametri di qualità, tariffe, né dei medici che operano all'interno della struttura in questione». Secondo Leonardi, c'è ancora molto da fare, anche se le prospettive sono buone. «Negli ultimi anni», fa sapere il direttore generale di Aiop, «l'attenzione nei confronti degli ospedali privati italiani è certamente aumentata, soprattutto da parte dei Paesi emergenti dell'est, in modo particolare la Russia e la Cina, perché la qualità del servizio sanitario nazionale nel nostro Paese è molto alta. Già qualche anno fa, l'Oms collocava l'Italia al secondo posto nel rapporto qualità/costi e il Rapporto Bloomberg, in questi giorni, al terzo dopo Singapore e Hong Kong. La Direttiva 24/2011 dell'Unione Europea ha affermato il diritto dei cittadini europei di poter ricevere le cure in tutti i Paesi dell'Unione, un principio importante che tuttavia sembra avere trovato qualche ostacolo: la preoccupazione degli Stati riguardante il pagamento delle prestazioni che deve essere effettuato da parte del Paese di origine del paziente, perché la norma prevede che i costi della migrazione sanitaria siano a carico dello Stato di appartenenza del malato». In attesa che il National Contact Point italiano accolga al proprio interno tutta l'offerta sanitaria pubblica e privata accreditata disponibile nel nostro Paese, cosa possono fare le singole strutture? «Quello che stanno già facendo alcuni ospedali», dice Leonardi, «soprattutto quelli che operano in regime privatistico (in Italia sono circa il 10% del totale), cioè allestire siti internet per pubblicizzare la propria offerta ospedaliera: ma lo stanno già facendo i grandi gruppi ospedalieri di comprovata eccellenza che hanno realizzato siti disponibili anche in 80 lingue, visto il loro potenziale extraeuropeo». Resta comunque un problema, fa notare Leonardi. «Purtroppo», dice, «non siamo ancora capaci di presentarci come sistema Paese, mentre sarebbe auspicabile una collaborazione vera tra pubblico e privato su questo piano. Anche perché nel nostro caso le richieste che ci vengono da parte dei pazienti non sono soltanto relative alle prestazioni mediche, ma comprendono servizi accessori, come quelli alberghieri e turistici, che un paese come l'Italia potrebbe offrire ai massimi livelli, se solo lo facesse in modo sistematico e coerente anche con l'offerta sanitaria. Il cammino è lungo, anche per gli altri Paesi, perché questo salto culturale non è stato fatto, neppure dal punto di vista organizzativo, ma la strada ormai è tracciata e non si torna indietro». Due esperienze emblematiche L'Istituto Europeo di Oncologia di Milano ha da sempre assistito a un'importante afuenza di pazienti da fuori Regione, con un trend costante. Oggi il 54% dei pazienti proviene da altre Regioni, in particolare dal Sud. Anche il Centro Cardiologico Monzino registra un trend stabile che si aggira intorno al 20% di pazienti extra Regione. A dirlo è Barbara Cossetto, direttore centrale comunicazione, marketing e customer service dell'Istituto Europeo di Oncologia e del Centro Cardiologico Monzino, entrambi Irccs di Milano. «A fronte della stabilità di queste SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 42 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INCHIESTA 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 18 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 43 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato importanti tendenze», spiega Cossetto, «sia Ieo sia Monzino hanno manifestato l'esigenza di soddisfare al meglio il bisogno dei pazienti extra Regione. Per questo motivo sono stati realizzati dei progetti ad hoc come Ieo/ Monzino Viaggiare Facile e Medici Ieo/Monzino nella Tua Città. Ieo/Monzino Viaggiare Facile è un servizio nato per garantire tariffe agevolate ai pazienti su viaggio e sistemazione alberghiera. Per esempio, sono proposte tariffe speciali su voli Alitalia con riduzioni fino al 50% su determinate classi tariffarie, compatibilmente con la disponibilità al momento della prenotazione. Medici Ieo/Monzino nella Tua Città è invece un progetto nato con lo scopo di portare l'esperienza e la qualità delle due strutture nell'ambito di prevenzione, diagnosi e cura sul territorio nazionale». Rispetto ai pazienti provenienti dall'estero, invece, la Direttiva 2011/24/UE che consente ai cittadini dell'Unione Europea di varcare le frontiere nazionali per curarsi all'estero e dunque di venire anche in Italia, non sembra aver modificato il quadro. «Al momento», ricorda Cossetto, «l'applicazione della direttiva UE è mancante dei decreti attuativi. Il primo passo sarà quello dell'accreditamento delle strutture ospedaliere pubbliche e private che lo desiderino, presso i Centri di Contatto Regionali che, con un vero e proprio endorsement, dichiareranno la compatibilità dell'ospedale rispetto ai criteri di eccellenza richiesti. In secondo luogo resta comunque la necessità per i cittadini di richiedere un'autorizzazione preventiva alle cure. In tal senso si è già pronunciata la Corte Europea, che ha negato il rimborso a una cittadina rumena che si era recata in Germania per alcune terapie che nel suo Paese non era riuscita a ottenere. Data la disparità nell'offerta dei servizi dei diversi Paesi e i vincoli di sostenibilità dei Sistemi Sanitari Nazionali, si potranno certamente ottenere all'estero solo le prestazioni che il servizio sanitario del Paese di appartenenza è in grado di erogare. In caso contrario, si potrebbero generare dei ussi fi nanziari insostenibili per alcuni governi, con il rischio ultimo di creare discriminazioni invece che facilitazioni nell'accesso alle cure». Nonostante i limiti e i pezzi ancora mancanti di questo puzzle, fa notare Cossetto, indubbiamente l'introduzione della Direttiva può essere considerata un'importante opportunità per le strutture sanitarie, in quanto rappresenta una delle modalità di attrazione di pazienti provenienti da altri Paesi. «Per garantire un adeguato supporto, l'International Patient Offi c, presente sia all'Istituto Europeo di Oncologia sia al Centro Cardiologico Monzino», spiega Cossetto, «si interfaccia direttamente con i pazienti che hanno bisogno della documentazione necessaria per richiedere l'accesso a prestazioni sanitarie in Italia, da presentare alle autorità sanitarie presenti nel Paese di provenienza. L'International Patient Offi ce si impegna inoltre a offrire una serie di servizi accessori relativi per esempio al viaggio, alla sistemazione alberghiera, ai transfer da e per l'aeroporto, e servizi di interpretariato e di mediazione culturale. Un'importante sfi da, in un contesto così dinamico, è dettata dalla crescente necessità di implementare la notorietà e la reputazione dell'Italia, e in particolare delle nostre strutture, come polo di attrazione in ambito sanitario». I pazienti che si rivolgono a Ieo e Monzino, fa sapere Cossetto, provengono principalmente da Federazione Russa, Paesi Arabi, Est Europa, ma anche da altri Paesi come Usa e Sud America. «Le richieste da parte dei pazienti», spiega, «riguardano principalmente la possibilità di sottoporsi a interventi chirurgici (per tumori o patologie cardio-vascolari), a trattamenti medici, ma anche a indagini diagnostiche o a conferme di diagnosi e prevenzione tramite checkup. Le aspettative sono spesso alte e vengono regolarmente soddisfatte, non solo dall'eccellenza clinica che contraddistingue i due Istituti nel trattamento delle patologie oncologiche e cardiovascolari, ma anche dai servizi garantiti dall'International Patient Office che i pazienti confermano essere molto utili e rispondenti alle loro esigenze». C'è solo un problema che andrebbe superato e che purtroppo non riguarda solo l'ambito sanitario. «Il processo di gestione dei pazienti internazionali», conclude Cossetto, «dovrebbe raggiungere un maggiore grado di uidità, con particolare riferimento alle pratiche burocratiche relative al rilascio del visto per tutti coloro che desiderano avvalersi dell'eccellenza della sanità italiana». GLI EFFETTI DELLA NORMA SUGLI OSPEDALI Gian Luca Mondovì, Head of International Business Development presso l'Istituto Clinico Humanitas, spiega perché, a oggi, la Direttiva 2011/24/UE non ha modificato per nulla lo scenario delle strutture ospedaliere che per vocazione da sempre offrono servizi anche ai pazienti stranieri. Humanitas attrae i pazienti? «Sì, la nostra realtà ha avuto negli ultimi anni e continua ad 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 18 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 44 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato avere una crescita in termini di capacità attrattiva: sono i pazienti che scelgono di venire nella nostra struttura, evidentemente grazie alla qualità dei nostri servizi e alla professionalità dei nostri medici». Da dove provengono e per quali patologie si rivolgono a voi? «Vengono da tutta Italia, sia dal Sud e dal Centro sia dalle Regioni limitrofe alla Lombardia. Sicuramente si muovono principalmente per patologie complesse o per nicchie di patologie, come quelle oncologiche o afferenti all'area ortopedica, neurologica e cardiovascolare». Provengono anche dall'estero? «Sì, anche grazie alle relazioni internazionali che i nostri professionisti vantano da sempre, perché hanno studiato all'estero, perché partecipano ad attività oltre confine o hanno rapporti importanti con professionisti e istituzioni straniere. Questi sono elementi che consentono di avere relazioni internazionali e di attrarre anche i pazienti». Si tratta di pazienti solventi? «Sì, principalmente sono pazienti paganti, provenienti soprattutto da zone situate al di fuori dell'Unione Europea, perché non riescono a trovare all'interno del loro Paese un'adeguata risposta qualitativa. Per quando riguarda i Paesi UE, invece, il modulo S2 permette ai cittadini comunitari, previa autorizzazione, e in linea con le regole operative e tariffarie del Ssn, di farsi curare anche al di fuori del proprio Stato. Per esempio, per l'ortopedia Lione è stata per tanti anni un punto di riferimento per molti pazienti italiani, anche se questi spostamenti a mio avviso erano e sono poco giustificati perché la sanità italiana è di altissimo livello». Com'è cambiato invece lo scenario con l'avvento della Direttiva 2011/24/UE? «In realtà, aldilà dei buoni propositi in essa contenuti, è cambiato poco o nulla, perché rispetto alle regole già esistenti per la circolazione dei pazienti nell'ambito comunitario, il decreto attuativo con il quale l'Italia ha recepito la norma, a oggi non ha portato alcun beneficio ai pazienti stranieri desiderosi di farsi curare in Italia». Perché? «Perché la procedura è complessa, prevede numerose autorizzazioni, salvo pochi casi e categorie, ma è anche mancata un'adeguata informazione, perché i National Contact Point non sono decollati e i cittadini non sanno della loro esistenza. A dire il vero, l'Italia in questo caso si è mossa prima di altri Paesi, tuttavia la burocrazia e la necessità di anticipare le spese in attesa di un rimborso agiscono sicuramente da freno». Burocrazia a parte, cosa deve assicurare un ospedale per risultare attrattivo? «Deve offrire servizi di qualità, ovviamente, ma anche gestire e aiutare il paziente attraverso servizi accessori al trattamento sanitario, a partire dall'ottenimento del visto per chi proviene dai Paesi extraeuropei, all'accoglienza quando il paziente decide di varcare le frontiere per venire da noi a farsi curare. È poi indispensabile che gli operatori conoscano bene le lingue per essere in grado di comunicare adeguatamente e fornire tutte le informazioni necessarie». LE NUOVE REGOLE IN BREVE «La direttiva sulle cure transfrontaliere conferisce al tema della mobilità sanitaria internazionale un impulso senza precedenti. L'apertura al libero mercato pone inevitabilmente in concorrenza i differenti sistemi nazionali, rappresentando al contempo un'opportunità di sviluppo e una sfi da per il Servizio sanitario nazionale considerato il probabile aumento del usso di pazienti che si sposteranno tra i Paesi dell'Unione per ricevere cure». Sono le parole pronunciate dal Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin , al termine del Consiglio dei Ministri che lo scorso 28 febbraio approvò il decreto legislativo n. 38 del 4 marzo 2014. Tre sono i pilastri portanti della norma di attuazione della direttiva 2011/24/UE: la possibilità di accedere alle cure inserite nei Lea, salvo deroghe regionali; il rimborso indiretto delle spese sostenute dal paziente; i limiti alle cure rimborsabili, cioè solo quelle erogate dal Ssn. Restano escluse dalla norma i servizi di cura e assistenza a lungo termine, i trapianti d'organo e i programmi pubblici di vaccinazione. Inoltre, la norma prevede che gli Stati possano introdurre un limite all'accesso alle cure nel proprio territorio da parte dei pazienti stranieri provenienti dai Paesi UE; limiti di rimborsabilità da applicare ai propri cittadini recatisi all'estero per le cure e infi ne limiti attraverso la richiesta di autorizzazione preventiva per alcune prestazioni. Infi ne, i cosiddetti Punti di contatto nazionali previsti in ciascuno Stato membro dell'UE svolgeranno un ruolo determinante nella creazione delle reti di riferimento europee Ern), strumenti utili a far circolare le competenze cliniche e i sistemi di gestione della sanità, in un'ottica orientata all'armonizzazione europea dei livelli di cura e assistenza. Foto: Filippo Leonardi Barbara Cossetto Gian Luca Mondovì 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 24 (diffusione:4349, tiratura:4535) Sharjah, EAU Nuovo ospedale materno-infantile e pediatrico L'ampliamento dell'Al Qassimi General Hospital è a tutti gli effetti un ospedale specialistico autonomo e autosufficiente, frutto della professionalità di un affiatato grup- po di affermate società di progettazione italiane e internazionali. GIUSEPPE LA FRANCA Fondato nel 1976, lo Al Qassimi General Hospital è il principale nosocomio della città di Sharjah, capitale dell'omonimo emirato. Il progetto del nuovo ospedale materno-infantile fa parte di un programma di potenziamento delle strutture sanitarie pubbliche dedicate all'infanzia che, negli Emirati Arabi Uniti, sono per la maggior parte di proprietà di operatori privati, locali e stranieri. Completato nel maggio 2014, l'ampliamento (43.500 m ) è in grado sia di fronteggiare la domanda di prestazioni sanitarie della popolazione locale, come dei BARICENTRO NELL'EMERGENZA/URGENZA numerosi cittadini stranieri residenti, sia di permettere la progressiva ristrutturazione dell'ospedale principale, nel rispetto dei criteri progettuali contemporanei e dei requisiti tecnici più avanzati. Già interessato da un importante intervento di ampliamento finalizzato alla costruzione del nuovo dipartimento di Cardiochirurgia, il general hospital dispone oggi di ulteriori 239 posti letto (di cui 200 di degenza ordinaria) per le specialità di Ostetricia, Ginecologia e Pediatria, situati all'interno di una struttura dotata di tutti i servizi necessari e caratterizzata da una specifica cura dell'immagine architettonica. Salute e tradizione La decisione di realizzare il nuovo ospedale per le donne e i bambini dell'emirato risale al 2007, quando il Ministero dei Lavori Pubblici federale conferì l'incarico professionale a due importanti società di progettazione internazionale. Affidata alla sede UPA di Abu Dhabi, la commessa è stata in gran parte sviluppata in Italia dalla stessa UPA e da General Planning con il supporto, per la parte tecnico-medicale, della società di ingegneria Progetto MCK. Ispirata ai criteri del cosiddetto "Decalogo per l'Ospedale Modello" definiti dal Ministero della Salute della Repubblica Italiana, la filosofia progettuale è stata orientata sia dal particolare quadro esigenziale di una struttura specialistica sia dalle peculiarità tipiche della cultura araba. «Il general hospital di Sharjah», spiega l'arch. Paolo Lettieri (UPA) coordinatore del team professionale e responsabile del progetto architettonico, «costituisce un classico esempio delle criticità che si possono riscontrare nella maggior parte delle coeve strutture italiane, quali per esempio il sottodimensionamento degli spazi operativi e per il pubblico, la quasi totale assenza di riservatezza per i pazienti e la frammistione nei ussi». A questo già notevole grado di complessità si sono sommate le problematiche progettuali connesse al rispetto delle tradizioni locali. «In generale, nei Paesi della Mezzaluna la visita a un ricoverato è considerata un dovere per tutti i componenti del nucleo familiare. A maggior ragione, eventi come la nascita di un bambino sono l'occasione per incontrare numerose decine di parenti, più o meno prossimi. La necessità di gestire adeguatamente la grande quantità di visitatori che affollano gli ospedali in tutti gli orari è ulteriormente compromessa dalla segregazione per sesso che, nei fatti, comporta la duplicazione di alcune funzioni, dalle sale d'attesa di tutti i reparti fino agli spazi di disimpegno dei servizi igienici. Queste ragioni hanno sicuramente indirizzato la decisione di realizzare un ospedale espressamente dedicato alla donna e al bambino, funzionale anche alla costruzione di ulteriori nuove strutture quali il Pronto soccorso e il Padiglione di degenza per i membri della famiglia reale e le personalità più importanti, in modo da favorire la progressiva ristrutturazione del corpo ospedaliero principale. Dal punto di vista tecnico, la creazione di soluzioni che facilitino il rispetto delle usanze locali costituisce un'ulteriore sfi da progettuale che, normalmente, si traduce in una maggiore attenzione verso l'ottimizzazione delle modalità di controllo degli accessi e di suddivisione dei percorsi, in rapporto a spazi che devono comunque risultare funzionali ed effi cienti». Il primato dei ussi Rispetto al progetto originario, a seguito di una contrazione del budget pari a circa il 12% avvenuta nella fase conclusiva dell'iter progettuale, sono state eliminate le superfi ci commerciali e il parcheggio sotterraneo previsti e sono state drasticamente ridimensionate le aree destinate alla didattica e ai servizi non sanitari. Cionostante il progetto, redatto secondo le "Guidelines for Design and Construction of SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 45 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato OSPEDALE DEL MESE 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 24 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 46 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Health Care Facilities" dell'American Institute of Architects, ha mantenuto intatta la coerenza, la funzionalità e le principali caratteristiche tecnico-architettoniche, senza pregiudizio per la qualità dei livelli assistenziali e delle tecnologie medicali. Il nuovo ospedale è situato all'interno dello stesso isolato urbano del general hospital e, assieme al nuovo Pronto soccorso, ne occupa per intero l'area centrale e settentrionale (61.000 m sibile su tutti i lati dal traffi co veicolare e pedonale. Gli ingressi sono distribuiti lungo l'intero perimetro ospedaliero. «Fin dagli esordi, l'impianto progettuale è stato fortemente basato sull'accurato studio dei percorsi, al punto che le varianti intervenute non hanno praticamente avuto alcun impatto sull'assetto spaziofunzionale fi nale. La posizione baricentrica del nuovo Pronto soccorso ha favorito la separazione dei ussi veicolari per l'emergenza/urgenza rispetto agli altri, consentendo la concentrazione delle aree critiche verso l'ospedale esistente, mentre lungo il perimetro esterno prospettano le funzioni a carattere prettamente pubblico e di servizio. Nel nuovo edifi cio abbiamo distinto nettamente i percorsi destinati ai pazienti ambulatoriali e ai visitatori da quelli per il personale e i pazienti interni, creando due corpi longitudinali dotati di ingressi indipendenti, collegati tra loro da reparti di degenza a corpo quintuplo, disposti trasversalmente e scanditi da corti». Nel caso di questo ospedale di medie dimensioni, la distribuzione in verticale delle specialità si è rivelata la soluzione ottimale per facilitare l'orientamento del pubblico e assicurare linearità ai percorsi, evitando qualsiasi tipo di interferenze. «L'organizzazione interna vede perciò contrapposte le aree pubbliche, che si sviluppano lungo una sorta di hospital street lungo la quale potranno essere aggiunte, nel tempo, ulteriori funzioni didattiche e di servizio, e i principali reparti diagnostico-terapeutici, raggruppati in un blocco compatto pluripiano. Quest'ultimo è collegato ai reparti di degenza e, tramite il connettivo sanitario, è direttamente accessibile dal padiglione di degenza per la famiglia reale». Le normative edilizie locali non permettono la realizzazione di piani interrati abitabili. «In questo caso la costruzione di un piano interrato si sarebbe rivelata estremamente diffi coltosa sia per la particolare natura del terreno, di consistenza sabbiosa, sia per la presenza di una falda acquifera molto vicina al livello del suolo. Fortunatamente, il notevole dislivello esistente tra i due estremi dell'area d'intervento (più di 3 metri) ha permesso di destinare ai servizi generali il livello inferiore. Di conseguenza la maggior parte dei servizi generali, che in Italia risultano spesso allocati al piano interrato, godono comunque di un riscontro diretto verso l'esterno. La distribuzione delle funzioni agli altri livelli riprende uno schema collaudato che, in estrema sintesi, prevede gli spazi per il pubblico e le aree diagnostiche a maggiore af usso di persone al piano principale e, ai piani superiori, i reparti di degenza e le altre attività caratterizzate da ussi contenuti». Architettura, economia, igiene La cura dell'immagine architettonica, la qualità delle soluzioni costruttive e l'elevato livello delle fi niture degli spazi interni dell'ospedale materno-infantile Al Qassimi testimoniano come, nella cultura locale, l'ospedale rappresenti un'istituzione civile tra le più importanti e prestigiose per l'intera comunità. «Nei Paesi arabi più ricchi il livello generale dei servizi sanitari, la preparazione del personale e la dotazione tecnologica è normalmente di buona qualità, conforme agli standard internazionali. L'ospedale è stato concepito come una macchina moderna, con forme semplici (rettangolari per l'ingresso e il connettivo, circolari per le funzioni pubbliche, ellittiche per il padiglione reale) e con un'immagine che richiama concetti di pulizia, effi cienza e salubrità, scandita da elementi dai toni più scuri quali, per esempio, le fi nestre a nastro sulle facciate o gli inserti nelle pavimentazioni. Il costo contenuto della manodopera e dei materiali da costruzione giocano sicuramente a favore della qualità del progetto architettonico. Al contrario, la necessità di importare dall'estero la quasi totalità delle apparecchiature medicali e tutti i principali sistemi tecnologici costituisce la principale voce di spesa nella costruzione di un ospedale, costato complessivamente circa 90 milioni di euro. Questo spiega le ragioni alla base di alcune delle scelte architettoniche. Per esempio, i prospetti dell'ospedale sono realizzati con una facciata ventilata rivestita di pietra naturale il cui costo di costruzione - proibitivo per un ospedale italiano - è risultato scarsamente rilevante rispetto al budget complessivo dell'intero edifi cio. Questa soluzione risponde anche alla duplice esigenza di favorire l'isolamento termico degli spazi interni e di garantire durabilità alle facciate, messe a dura prova dalle condizioni climatiche del sito. Anche la decisione di pavimentare gli spazi collettivi utilizzando un prodotto di origine italiana», conclude l'arch. Lettieri, «di colore 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 24 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 47 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato bianco e con caratteristiche fotocatalitiche (ovvero in grado di attivare reazioni chimiche autopulenti) risponde sia alla volontà di offrire un'immagine piacevole alla vista sia alla necessità di garantire un ambiente il più possibile coerente con le esigenze igienico-sanitarie dello spazio ospedaliero». Il nuovo Pronto soccorso dell'Al Qassimi General Hospital è stato realizzato come edificio autonomo rispetto sia al corpo principale, già equipaggiato con un'area per l'emergenza/ urgenza sottodimensionata rispetto agli standard contemporanei, sia nei confronti del corpo per l'area materno-infantile di nuova realizzazione. La sua collocazione è strategica per il nuovo assetto del complesso ospedaliero: il Pronto soccorso si trova infatti in posizione baricentrica rispetto ai volumi principali. L'accesso pedonale è rivolto verso il parcheggio per gli utenti, mentre quello per le ambulanze, ombreggiato da una tettoia, è situato lungo il prospetto che fronteggia l'ingresso d'emergenza dell'ospedale materno-infantile. Oltre a unificare i percorsi esterni per le ambulanze, la differenziazione ta ingresso pedonale e veicolare ha facilitato la netta separazione dei percorsi interni al Pronto soccorso, che gravitano tutti attorno all'area del triage. In pratica i due percorsi principali dei pazienti (critici e non) si sviluppano secondo ussi paralleli in spazi, all'occorrenza, comunicanti tra loro. Le connessioni con il piano terreno dell'ospedale esistente sono assicurate da due corridoi coperti situati sul fronte opposto rispetto all'ingresso delle ambulanze. Il progetto prevede anche la possibilità di ampliare gli spazi a disposizione del Pronto soccorso mediante sopraelevazione, al primo piano, e la conseguente realizzazione di un ulteriore corridoio di collegamento in quota con l'ospedale generale e con il nuovo edificio materno-infantile. SCHEMA FUNZIONALE IN VERTICALE Il livello 0 dell'ospedale è eminentemente dedicato ai servizi generali: il magazzino centralizzato e la cucina, affiancata da spazi per il personale di pulizia e dagli archivi, dispongono di ingressi autonomi rispettivamente posti lungo i fronti ovest e nord. I Laboratori d'analisi con la banca del sangue, la Farmacia, il guardaroba, gli spogliatoi e la caffetteria per il personale sono situati al centro dell'edificio, affacciati sulle corti interne. La fascia a est, incolonnata all'ingresso principale del livello superiore, è composta da spazi al rustico funzionali al futuro potenziamento dell'attività. Il fronte sud è prevalentemente occupato dal Pronto soccorso e dalla centrale di sterilizzazione. Sopra di essi si trovano i principali reparti di diagnosi e terapia: Radiologia, Dialisi e Fisioterapia pediatriche (livello 1); Blocco parto (9 sale parto più 2 sale chirurgiche) e Terapia intensiva neonatale (livello 2); Blocco operatorio (4 sale chirurgiche) e Terapia intensiva ginecologica e pediatrica (livello 3). Lo sviluppo in verticale delle funzioni ospedaliere interessa anche i tre corpi edificati trasversali, tutti articolati con sezione a corpo quintuplo, accessibili da pazienti esterni e visitatori attraverso la hall principale che immette nella hospital street, dalla quale si raggiungono: Centro fertilità e Ambulatori di Ginecologia, Ostetricia, Neonatologia e Pediatria, oltre al Dispensario farmaceutico, al Centro prelievi (livello 1), alla caffetteria e agli spazi per il culto; amministrazione e studi medici (livello 2), degenza di Ginecologia (livelli 3 e 4), Ostetricia e Pediatria(livelli 2, 3 e 4). DEGENZE VIP Nei Paesi arabi retti da monarchia, gli ospedali pubblici dispongono di un padiglione o di un reparto di degenza espressamente dedicato alla famiglia reale e a personalità importanti. Nel caso del Al Qassimi General Hospital, questa funzione è ubicata in un volume pluripiano a pianta ellittica, dotato di ingresso indipendente e posto in diretta comunicazione con il connettivo sanitario. Situati al livello 1, i 6 ambienti per i degenti vip sono articolati come suite, con una camera di degenza e una seconda camera a disposizione di un familiare o di un domestico, con servizi igienici distinti. Al piano superiore, destinato ai membri della famiglia reale, ciascuna delle 3 suite è dotata anche di un ampio living e di una cucinetta interna. La dotazione di spazi di supporto comprende un banco per il controllo degli accessi e per le attività infermieristiche, oltre ai normali locali di deposito. CLIMA E TECNICA COSTRUTTIVA/1 Le particolari condizioni climatiche delle zone costiere della Penisola Arabica rendono inutile, se non controproducente, la realizzazione di vespai areati a separazione tra il terreno e il solaio inferiore dell'edifi cio. Il clima è infatti estremamente caldo (tra luglio e agosto la temperatura massima può superare 48°C) e particolarmente umido. Di conseguenza non s'è la necessità di ventilare, anche indirettamente, le strutture di fondazione: anzi, così facendo, si corre il rischio di innescare fenomeni di condensa. Il regime torrenziale delle rare precipitazioni rende comunque necessaria un'estrema cura nella 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 24 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 48 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato posa in opera degli strati impermeabilizzanti, anche per prevenire i danni causati dal deposito della salsedine. Data la scarsa coesione dei terreni di origine sabbiosa, nel caso di edifi ci strategici quali gli ospedali è sempre preferibile la realizzazione di strutture di fondazione a platea o a travi rovesce, in grado di assicurare una risposta adeguata agli effetti del terremoto, in particolare al fenomeno della "liquefazione "del terreno. SALUBRITÀ, COMFORT E PRIVACY L'impiego di pacchetti murari ad alto potere termofonoisolante e di facciate ventilate con rivestimento in pietra proveniente dal medesimo areale geografi co contribuiscono, assieme alle prestazioni delle superfi ci trasparenti, alla riduzione dei consumi per l'illuminazione e la climatizzazione dell'ospedale, abbattendo anche l'inquinamento acustico. Le scelte in ordine agli allestimenti interni si distinguono per l'uso di materiali dotati di prestazioni specifi che sotto il profi lo sanitario. È il caso, per esempio, della pavimentazione bianca presente nell'area d'ingresso e negli spazi pubblici, caratterizzata da una fi nitura ceramica in materiale fotocatalitico, con funzione antibatterica. Le aree destinate ai pazienti dispongono di fi nestre con intradosso posto a 60 cm dal pavimento, in modo da consentire la vista dell'esterno anche ai soggetti allettati. Le vetrate oscurate e la presenza di tende interne a rullo garantiscono la riservatezza e riducono l'effetto di abbagliamento risultato dell'elevata luminosità ambientale del sito. I LAVORI Committente Ministero dei Lavori Pubblici, Emirati Arabi Uniti Enti utilizzatori Ministero della Sanità , Emirati Arabi Uniti Al Qassimi General Hospital Società di progettazione incaricata Urbanism Planning Architecture Progettazione UPA General Planning Architettura arch. Paolo Lettieri (UPA) arch. Dagmar Sestak (General Planning) Progetto sanitario, attrezzature medicali Progetto MCK ing. Andrea Bambini Direzione lavori UPA Illuminazione Artemide Disano Pavimentazioni interne Graniti Fiandre Arredi e attrezzature sanitarie Malvestio CLIMA E TECNICA COSTRUTTIVA/2 L'impiego di strutture di strutture di fondazioni dalle ampie superfi ci d'appoggio favorisce anche la dissipazione passiva del calore verso il terreno, a vantaggio della sostenibilità energetica, perseguita anche mediante elevate prestazioni termiche dell'involucro edilizio. Si utilizzano sistemi costruttivi caratterizzati da un'elevata massa termica e da spessi strati termoisolanti, possibilmente posati con intercapedini ventilate, e superfi ci vetrate colorate e opportunamente ombreggiate, per abbattere i guadagni solari diretti. Sotto il profi lo impiantistico, gli ospedali necessitano di generosi cavedi tecnici e di effi cienti sistemi di regolazione delle condizioni climatiche interne (nel Al Qassimi General Hospital l'altezza interpiano è di circa 4,5 metri) e di fi ltrazione dell'aria, anche per minimizzare gli effetti delle tempeste di sabbia sulle unità preposte alla climatizzazione e al controllo della qualità dell'aria. Foto: Livello zero, piano terra +0,0 m Livello 1, piano principale dell'ospedale +4,5 m Ingresso principale (credit arch. Celso Career II, arch. Paolo Lettieri) Ingresso vip Visitatori Personale medico Pazienti esterni Ascensore per i visitatori Ascensore per il personale medico Ascensore pulito Ascensore sporco Foto: Hall di ingresso (credit arch. Celso Career II, arch. Paolo Lettieri) Foto: Ingresso vip Foto: L'accettazione (credit arch. Celso Career II, arch. Paolo Lettieri) Foto: Ingresso del Pronto soccorso (credit arch. Celso Career II, arch. Paolo Lettieri) 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 38 (diffusione:4349, tiratura:4535) Procreazione medicalmente assistita Problematiche e criteri progettuali per la realizzazione Il laboratorio di Procreazione Medicalmente Assistita (Pma) si occupa dell'inseminazione di gameti e della coltura di embrioni umani e pertanto costituisce il "cuore" dove si svolge la parte più delicata dell'attività di un centro per la cura dell'infertilità. ARMANDO FERRAIOLI bioingegnere, Studio di Ingegneria Medica, Ca A differenza dei laboratori diagnostici, in esso si effettuano colture dette ex vivo, ovvero la coltivazione di cellule in vitro che poi vengono reintrodotte nel corpo materno (in vivo). La vitalità delle cellule durante la coltura è fortemente inuenzata dai parametri di laboratorio, che tra l'altro potrebbero avere anche effetti a lungo termine sul feto. È, per esempio, ben nota l'estrema sensibilità degli ovociti a lievi variazioni di temperatura che portano alla depolimerizzazione del fuso meiotico con rischi potenziali sulla successiva segregazione cromosomica. La conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nella seduta del 15.3.2012 ha definito i requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici delle strutture sanitarie autorizzate di cui alla legge n. 40/2004 (Centri di Procreazione Medicalmente Assistita), riferiti agli standard di qualità e sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di cellule umane. I requisiti definiti sono in attuazione dei D.lgs. 191/2007 e 16/2010 che recepiscono le Direttive Europee n. 23/2004, 17/2006 e 86/2006. Il documento si applica ai gameti ovvero ovociti e spermatozoi, zigoti, embrioni e tessuti gonadici destinati ad applicazioni sull'uomo, nel rispetto della normativa vigente e si riferisce alla qualità e sicurezza delle cellule durante il prelievo, e dei gameti, degli zigoti e degli embrioni durante la manipolazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione al centro sanitario in cui saranno applicate.Il campo di applicazione non si estende all'applicazione clinica sul paziente dei gameti, zigoti ed embrioni con atti chirurgici, inseminazione o trasferimento di embrioni. Indicazioni per una Pma Si definisce un Centro di Pma ogni struttura, sanitaria pubblica o privata autorizzata, individuata dalla Regione di competenza, che ha il compito di prelevare, manipolare, conservare, e distribuire gameti prelevati ai fini di applicazioni di tecniche di procreazione medicalmente assistita, o zigoti ed embrioni, certificandone la tracciabilità, l'idoneità e la sicurezza e che opera in conformità ai requisiti e alla normativa vigente. Un Centro Pma si occupa anche delle fasi di applicazione clinica, non coperte dai requisiti definiti dal decreto citato, in conformità a quanto definito nella legge 90/2004. Tutte le operazioni connesse alla preparazione, manipolazione, conservazione e confezionamento dei gameti, zigoti o embrioni destinati ad applicazioni sull'uomo, devono svolgersi in un ambiente che garantisca una specifica qualità e pulizia dell'aria per minimizzare i rischi di contaminazione, compresa la contaminazione incrociata tra lavorazioni. L'efficacia deve essere convalidata e controllata. L'ingresso ai locali deve essere limitato alle persone direttamente coinvolte nel processo. L'accesso deve prevedere una vestizione specifica e un comportamento che permettano di minimizzare le possibili contaminazioni dall'esterno che salvaguardi la sicurezza del materiale crioconservato e la sicurezza personale. Gli ambienti per la crioconservazione dei gameti, degli zigoti e degli embrioni devono presentare adeguate caratteristiche strutturali e di sicurezza ed essere dedicati a svolgere tale specifica attività e collegati a un sistema di sicurezza e di allarmi per la rilevazione del livello di ossigeno. Le prestazioni di Pma comportano attività di diversa complessità tecnica, scientifica e organizzativa, tali da prevedere differenti livelli di requisiti strutturali, tecnologici, organizzativi e di personale, distinti per complessità crescente delle strutture che le erogano. Gli interventi di Pma possono essere effettuati esclusivamente in strutture sanitarie espressamente autorizzate, con esclusione degli studi professionali. Le strutture autorizzate devono possedere, per quanto applicabili, i requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi generali previsti dal Dpr 14.1.1997 (Decreto Bindi), i requisiti della legge 90/2004, quelli della conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome del 11.11.2004 e i requisiti eventualmente previsti dalla normativa della SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 49 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PROGETTAZIONE 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 38 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 50 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Regione o Provincia Autonoma nel cui territorio sono ubicate. Tre livelli di Pma Le strutture sanitarie autorizzate all'esecuzione di tecniche di Pma sono state suddivise in tre livelli. Le strutture di 1° livello erogano prestazioni di Pma collegate alle seguenti metodiche: • inseminazione sopracervicale in ciclo naturale eseguita utilizzando tecniche di preparazione del liquido seminale; • induzione dell'ovulazione multipla associata a inseminazione sopracervicale eseguita con tecniche di preparazione del liquido seminale; • eventuale crioconservazione dei gameti maschili. Per queste strutture i locali e gli spazi devono essere correlati alla tipologia e al volume delle attività. Devono essere presenti i requisiti previsti dal Dpr 14.1.1997 per l'assistenza specialistica ambulatoriale e i requisiti eventualmente previsti dalle normative delle singole Regioni e Province Autonome; idoneo locale per la preparazione del liquido seminale, distinto dai locali adibiti all'esecuzione delle altre attività ambulatoriali, e collocato all'interno della stessa struttura. In caso la struttura effettui la crioconservazione dei gameti maschili, il locale deve essere dotato di adeguata areazione e ventilazione e un adatto locale per la raccolta del liquido seminale. Le strutture di 2° livello erogano, oltre alle prestazioni indicate per il 1° livello, una o più delle prestazioni collegate alle seguenti metodiche, eseguibili in anestesia locale e/o analgesia o in sedazione profonda: • fecondazione in vitro e trasferimento dell'embrione (Fivet); • iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (Icsi); • prelievo testicolare dei gameti (prelievo percutaneo o biopsia testicolare); • eventuale crioconservazione di gameti maschili e femminili ed embrioni); • trasferimento intratubarico dei gameti maschili e femminili (Gift), zigoti (Zift) o embrioni (Tet) per via transvaginale ecoguidata o isteroscopica. Per queste strutture di 2° livello, la tipologia prevista è quella dell'ambulatorio specialistico con possibilità di chirurgia ambulatoriale, secondo quanto previsto dal Dpr 14.1.1997 e dalle normative delle singole Regioni e Province Autonome.In aggiunta ai requisiti previsti per il 1° livello devono essere presenti: a) un locale con spazi, distinti e separati, per la preparazione utenti e per la sosta dei pazienti che hanno subito l'intervento; tale spazio può essere opportunamente individuato all'interno del locale visita; b) spazio per la preparazione del personale sanitario all'atto chirurgico che può essere anche all'interno del locale chirurgico; c) locale chirurgico adeguato per il prelievo degli ovociti, di dimensioni tali da consentire lo svolgimento dell'attività e l'agevole spostamento del personale (ginecologo, anestesista e assistente) anche in relazione all'utilizzo dell'attrezzatura per la rianimazione cardiaca e polmonare di base e l'accesso di lettiga; d) laboratorio per l'esecuzione delle tecniche biologiche, contiguo o attiguo alla sala chirurgica;il locale chirurgico e la camera biologica devono essere serviti da gruppo elettrogeno e da gruppo di continuità; • nel locale chirurgico devono essere assicurati: ricambi d'aria 6 volumi/ora; umidità relativa compresa tra 40-60%; temperatura interna compresa tra 20-24°C; • filtraggio aria con efficienza 99,97% Hepa (High efficiency particulate air filter); • le superfici devono risultare ignifughe, resistenti al lavaggio e alla disinfezione, lisce e non scanalate, con raccordo arrotondato al pavimento che deve essere resistente agli agenti chimici e fisici, levigato e antisdrucciolo; e) locale dedicato alla crioconservazione dei gameti ed embrioni; il locale deve essere dotato di adeguata areazione e ventilazione; f) idonea sala per il trasferimento dei gameti in caso di Gift e degli embrioni; questa sala può coincidere anche con la sala chirurgica o con la sala di esecuzione delle prestazioni previste per il 1° livello, purché sia collocata in prossimità del laboratorio. Le strutture di 3° livello erogano, oltre alle prestazioni in2 con superfici resistenti al lavagdicate nel 1° e 2° livello, una o più delle prestazioni collegate alle seguenti metodiche, eseguibili in anestesia generale con intubazione: • prelievo microchirurgico di gameti dal testicolo; • prelievo degli ovociti per via laparoscopica; • trasferimento intratubarico dei gameti maschili e femminili (Gift), zigoti (Zift) o embrioni (Tet) per via laparoscopica. Per le strutture di 3° livello i requisiti minimi strutturali sono: a) quelli indicati per le strutture di 2° livello e, ove previsto dal livello organizzativo regionale, requisiti per il day surgery previsti dal Dpr 14.1.1997 e dalle eventuali normative delle singole regioni e province autonome; b) un laboratorio e locale dedicato per la crioconservazione dei gameti ed embrioni, come per il 2° livello.Il centro di Pma di 3° livello progettato e realizzato nella Clinica Ruggiero di Cava de' Tirreni (SA) oltre ai requisiti sopra specificati, essendo ubicato nella Regione Campania ha dovuto rispettare anche i requisiti minimi e le relative procedure di autorizzazione in linea con quanto disciplinato dalla Dgrc n. 7301 del 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 38 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 51 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 31.12.2001 pubblicata sul Burc dell'11.1.2002 n. 2 e la delibera della Giunta Regionale n. 518 del 7.2.2003 pubblicata sul Burc n. 11 del 10.3.2003. Pertanto i centri di Pma, oltre a rispettare i requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi per le attività specialistiche ambulatoriali mediche e chirurgiche, devono comprendere: • un idoneo locale per la raccolta del seme; • una camera biologica così caratterizzata: • locale di almeno 12 m gio e alla disinfezione, lisce, con raccordo arrotondato al pavimento, quest'ultimo deve essere non inquinante, del tipo monolitico, resistente agli agenti chimici e fisici, antisdrucciolo; • banchi di lavoro con superfici decontaminabili; • lavabo clinico. Per le attività in regime di ricovero ovvero le attività che comportano il ricorso ad interventi e metodiche invasive con l'esecuzione di procedure che prevedono il prelievo chirurgico di gameti femminili o maschili così come per Zift, Tet, Gift, Icsi ecc., tali attività possono essere svolte solo nelle strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero a ciclo continuativo e/o diurno per cui oltre ai requisiti previsti per queste attività dalla delibera regionale citata, devono comprendere anche i seguenti requisiti minimi per il trattamento di gameti ed embrioni: • una zona filtro per l'accesso e ambienti che devono essere caratterizzati nel seguente modo; • un ambiente per il trattamento dei liquidi seminali attiguo a una camera biologica per il trattamento Ivf, colture embrionali e micromanipolazioni, conformata così come definita nelle attività ambulatoriali; • la camera biologica deve garantire un sistema di aria condizionata a filtrazione assoluta pressione positiva; • un'area per il transfer adiacente con la camera biologica; • i pavimenti degli ambienti per il trattamento di gameti ed embrioni e il loro trasferimento, devono essere non inquinanti, del tipo monolitico, resistente agli agenti chimici e fisici, antisdrucciolo. La struttura degli ambienti Le attività di crioconservazione e pre-impianto possono essere eseguite solo nelle strutture con regime di ricovero. Per la crioconservazione di gameti ed embrioni, la struttura deve essere dotata di un locale con perfetta aerazione e ventilazione, di bidoni per lo stoccaggio e la quarantena dei campioni in numero adeguato al volume e tipologia dell'attività e un sistema computerizzato per le procedure di crioconservazione mentre per la diagnosi pre-impianto, la presenza nello stesso complesso, di un laboratorio specialistico di genetica medica, virologia, microbiologia e sieroimmunologia. Il Centro progettato si avvale delle strutture già esistenti per le attività medico-chirurgiche. Pertanto i requisiti strutturali, oltre a prevedere quanto già disciplinato per le attività di ricovero a ciclo continuativo e/o diurno dalla Dgr n. 7301 del 31.12.2001, rispetta anche i sottoelencati requisiti minimi strutturali richiesti per il trattamento di gameti ed embrioni: • zona filtro per l'accesso ad ambienti che sono caratterizzati nel seguente modo; • un ambiente per il trattamento dei liquidi seminali attiguo a una camera biologica per il trattamento Ivf, colture embrionali e micromanipolazioni, conformata così come definita dalla Dgr n. 518 del 7.2.2003; • la camera biologica garantisce un sistema di aria condizionata a filtrazione assoluta e pressione positiva; • un'area per il transfer adiacente con la camera biologica. Il corridoio principale interno al Centro di Medicina della Riproduzione, definito "zona sterile", è destinato al personale medico, all'approvvigionamento del materiale sterile, al traffico sia di entrata sia di uscita dei pazienti e del personale paramedico. Su questo corridoio "sterile" si affacciano la sala preparazione liquido seminale, la camera biologica, la sala transfer e la sala di crioconservazione. Questa tipologia progettuale nasce da un'attenzione rivolta, non più esclusivamente al personale e all'intervento considerato da un punto di vista organizzativo, ma anche da un fatto tecnico: l'asepsi degli ambienti per garantire condizioni igieniche idonee per le tecniche di Pma e gli aspetti legati alla gestione degli accessi e conseguenti uscite hanno grande importanza sia per il personale sia per il materiale. L'accesso al centro avviene attraverso una zona filtro corredata di cambio camici e calzari ed è inoltre, dotata di idonei contenitori per accogliere il cambio sporco (mascherine, copricapi, camici e sovrascarpe). Le pareti divisorie delle sale sono state rivestite con idoneo rivestimento in vinile omogeneo pressato, in Pvc e poliuretano, avente superficie non porosa, saldate mediante fresatura e rasatura meccanica dei giunti e successiva immissione a caldo di cordoncino in cloruro di polivinile di spessore 2 mm. Il rivestimento in Pvc a tutt'altezza di tipo lavabile garantisce una facile pulizia, disinfettabilità e impermeabilità agli agenti contaminanti. Il pavimento è stato realizzato in vinilico omogeneo pressocalandrato conduttivo, avente spessore di 2 mm, non inquinante, resistente agli agenti chimici e fisici e antisdrucciolo. Il pavimento è stato raccordato al rivestimento mediante 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 38 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 52 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sottosguscio perimetrale preformato in Pvc. La controsoffittatura prevista per il passaggio delle tubazioni elettriche, gas medicinali e del condizionamento è del tipo metallico con pannelli di acciaio preverniciati, montati su struttura metallica portante in lamiera di acciaio galvanizzato e preverniciato, il tutto per permettere una facile pulizia e ispezione degli impianti progettati che si trovano all'interno della stessa ancorché i controsoffitti sono stati sigillati per una migliore tenuta e pulizia degli stessi. Le porte interne sono del tipo in lamiera di acciaio, spessore 6/10, zincate, corredate di oblò di visualizzazione. Per quanto riguarda gli impianti centralizzati gas medicinali sono stati previsti i seguenti gas: ossigeno, protossido d'azoto, aria compressa medicale 4, aspirazione (vuoto endocavitario), azoto, anidride carbonica. Gli ultimi due gas sono indispensabili per il funzionamento degli incubatori per le colture cellulari e sono stati centralizzati per evitare l'uso di bombole di gas, ancorché di capacità ammesse, per evitare inquinamento e ottenere la massima sterilità. Le reti di distribuzione dei gas medicinali sono state realizzate con tubi in rame stampato, con saldobrasatura in lega d'argento completamente sgrassata, soffiata con azoto, specifica per uso medicale. Le prese gas medicinali, poste sugli alettoni pensili e sulle travi testaletto o in apposite cassette murali, rispettano i requisiti di realizzazione e installazione come specificato dalle norme Uni 9507. Esse sono tali da evitare assolutamente un qualsiasi errore di intercambiabilità dei vari innesti, con borchia del colore distintivo di ogni singolo gas e sono dotate di dispositivo rompifiamma. La trave testaletto e/o alettoni pensili sono conformi alle norme Cei 62.5, Uni En Iso 7396 e al D.lgs. 476/92 (Marcatura CE). Gli impianti elettrici e assimilati sono stati realizzati a regola d'arte, giusta prescrizione della legge 1.3.1968 n. 186, legge 46/90 e del regolamento di attuazione del 6.12.1991 n. 417 e sono conformi alle norme Cei 64-8 Sez. 710 e: • alle prescrizioni di autorità locali, comprese quelle dei VV.F.; • alle prescrizioni e indicazioni dell'Enel; • alle prescrizioni e indicazioni della Telecom; • alle disposizioni di legge vigenti; • alle norme Cei (Comitato Elettrotecnico Italiano) ultime edizioni pubblicate. Sono stati inoltre previsti degli impianti speciali quali l'impianto di diffusione sonora, l'impianto di rilevazioni incendi, e l'impianto controllo accessi. Le condizioni termoigrometriche sono quelle prescritte nel Dpr del 14.1.1997 "Approvazione dell'atto d'indirizzo e coordinamento in materia di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private" e dalla Dgr n. 7301 del 31.12.2001 oltre alle normative per la Pma citate. L'impianto è del tipo a tutt'aria esterna e senza ricircolo con un numero di ricambi di aria/ora superiore a 15. La filtrazione dell'aria è assoluta con efficienza Hepa (High efficiency particulate air) 99,97%, e con trattenimento delle particelle con diametro maggiore di 0,3 micron, velocità dell'aria non superiore a 0,1 m/ sec e pressione positiva rispetto agli ambienti esterni. La temperatura ambiente viene mantenuta sempre tra 20 e 24°C così come l'umidità con valori compresi tra il 40 e il 60%. Per quanto riguarda la qualità dell'aria, si è rispettato anche quanto previsto nell'allegato V del D.lgs. n. 16 del 25 gennaio 2010. La classificazione della qualità dell'aria è stata fatta dopo l'installazione e la pulizia degli ambienti mediante la conta delle particelle aerodisperse e la conta delle contaminazioni microbiologiche. La qualità dell'aria viene monitorata periodicamente. Per il laboratorio di Pma il controllo particellare dell'aria è effettuato anche all'interno delle cappe a ussi laminari. La qualità dell'aria nel laboratorio viene mantenuta anche per la non presenza di aperture (finestre) verso l'esterno e per la ridotta presenza di superfici o di recessi in cui possa accumularsi polvere. Anche la disposizione della strumentazione è stata predisposta in modo da permettere facilmente la pulizia sia degli ambienti che degli strumenti stessi. Il laboratorio essendo ubicato in contiguità con la sala adibita ai prelievi degli ovociti, consente un passaggio diretto nel laboratorio delle provette contenenti il liquido follicolare. È stato tenuto in massima considerazione il concetto che il laboratorio di Pma è un ambiente assimilabile a quello della sala operatoria per quanto concerne la sterilità. Tutti i parametri critici degli strumenti usati nel laboratorio quali, per esempio, gli incubatori vengono monitorati in maniera costante e associati ad appositi allarmi mediante l'uso di datalogger, posizionati all'interno degli incubatori, frigoriferi, contenitori di azoto liquido, costituiti da sonde elettroniche collegate a un sistema di supervisione che permette pertanto la monitorizzazione, l'elaborazione, la comunicazione e la registrazione dei valori dei sensori e, in caso di valori misurati non corrispondenti al range di tollerabilità, scattando gli 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 38 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 53 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato allarmi che sono collegati con la rete telefonica, avvertono anche attraverso sms i diretti addetti al funzionamento del laboratorio stesso in modo da permettere un'immediata azione correttiva da parte del responsabile del sistema senza soluzione di continuità. Sono stati usati in particolar modo sensori di livello per l'azoto liquido, sensori di temperatura per incubatori e frigoriferi, sensori di livello per l'ossigeno, la CO2 e l'azoto, sensori di temperatura, di umidità e di pressione per gli ambienti, sensori di movimento e presenza. Tutti gli strumenti del laboratorio sono alimentati attraverso un gruppo di continuità (Ups) e tutta la clinica è a sua volta collegata a un gruppo elettrogeno di emergenza che entra in funzione automaticamente in caso di mancanza di alimentazione. L'Ups assicura poi una continuità assoluta evitando anche microinterruzioni che potrebbero inficiare l'attività svolta. Il laboratorio è stato attrezzato con dispositivi per il mantenimento della temperatura ideale dei mezzi di coltura, dei gameti, degli zigoti e degli embrioni durante qualsiasi fase del trattamento all'esterno degli incubatori mediante l'uso di piani riscaldati e termo block. Tutti i dispositivi deputati al mantenimento della temperatura e della percentuale di CO2 vengono monitorati con termometri e misuratori di CO2 e/o pHmetri opportunamente tarati e collegati sul sistema di supervisione che è stato predisposto anche per la registrazione digitale dei parametri. Le attrezzature e i materiali che incidono su parametri critici di lavorazione o stoccaggio come per esempio temperatura, pressione, numero di particelle, livello di contaminazione microbica ecc. sono identificati e sottoposti a vigilanza, allarmi e interventi correttivi adeguati per individuarne le disfunzioni e i difetti e per garantire che i parametri critici rimangano costantemente al di sotto dei limiti accettabili e tutte le attrezzature che dispongono di una funzione di misurazione critica, sono tarate su un parametro di riferimento reperibile, qualora esista. Il laboratorio è stato attrezzato con cappa a usso laminare per assicurare la sterilità dell'ambiente di lavoro, bagnomaria termostatato, microscopio ottico a contrasto di fase per la corretta visualizzazione dei gameti maschili, centrifuga, pipettatrice, n. 2 incubatori a CO2 che simulano le condizioni fisiologiche di temperatura, umidità e pH, invertoscopio, microscopio ottico per l'analisi del liquido seminale, micromanipolatore (applicato ad invertoscopio) per effettuare la tecnica di inseminazione intra-citoplasmatica (Icsi) e per la valutazione degli ovociti ed embrioni, stereomicroscopio per lo screening degli ovociti e altre tecniche di fecondazione (Fivet), sistema automatizzato programmabile per la crioconservazione di ovociti ed embrioni e un adeguato numero di contenitori criogenici. L'ambiente destinato alla criopreservazione presenta caratteristiche strutturali e di sicurezza per lo svolgimento di tale specifica attività. L'accesso in tale area è ovviamente consentito solo a personale qualificato e formalmente autorizzato e sono state prese appropriate misure di sicurezza in caso di rottura o malfunzionamento dei contenitori criogenici e dei sistemi di crioconservazione. L'accesso ai contenitori criogenici è controllato, così come il loro riempimento e la loro pulizia e manutenzione. Poichè un abbassamento della tensione di ossigeno nel locale può avvenire sia per la rottura e/o malfunzionamento di un criocontenitore con conseguente fuoriuscita di azoto liquido, sia durante alcune fasi operative che prevedono il travaso del mezzo criogenico e/o la frequente introduzione del mezzo stesso di materiali a temperatura ambiente, il locale è stato dotato di impianto di aerazione meccanico per il ricambio normale dell'aria e di un sistema di estrazione forzata che entra automaticamente in funzione se i sensori di ossigeno e di azoto all'uopo predisposti segnalano valori al di fuori del range normale per cui il sistema assicura un numero di ricambi tali da salvaguardare l'incolumità della persona addetta che oltre a essere adeguatamente formato e addestrato sui rischi relativi alla manipolazione di un liquido criogenico, deve utilizzare sempre e comunque i dispositivi di protezione individuale in accordo al D.lgs. 81/08 e norme correlate. Le scelte progettuali sono state operate dopo aver considerato tutti gli aspetti del problema utilizzando le soluzioni più adatte in base al reale fabbisogno, al giusto dimensionamento tenendo conto della crescita organica e con la ragionevole lungimiranza delle prestazioni che serviranno. Tutte le soluzioni impiantistiche adottate consentono sensibili risparmi di risorse nel caso, frequente, di adattamenti successivi e di impianti a nuove emergenti situazioni. Foto: Clinica Ruggiero di Cava de' Tirreni (SA) 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 44 (diffusione:4349, tiratura:4535) Una Prostate Unit al Sant'Orsola di Bologna Il policlinico bolognese ha varato un'unità multidisciplinare e un percorso diagnostico-terapeutico specificamente dedicati al carcinoma prostatico. Obiettivo: offrire al paziente una scelta consapevole tra tutte le opzioni di cura oggi disponibili, migliorando l'appropriatezza del trattamento. ROBERTO FRAZZOLI Il paziente che si rivolge al chirurgo si sente consigliare l'intervento chirurgico, mentre a quello che va dal radioterapista viene raccomandata la radioterapia. Oggi, in linea di massima, la cura del carcinoma prostatico funziona così: l'approccio è perlopiù settoriale e mono-disciplinare, le nuove opzioni (come la sorveglianza attiva del tumore) non sono adeguatamente considerate, gli accertamenti diagnostici sono spesso eccessivi, pazienti e operatori sanitari hanno le idee confuse. La comunità medica sa molto bene qual è la soluzione per superare questo stato di cose: è la creazione di unità multidisciplinari o "dipartimenti d'organo" specificamente dedicati alla prostata - analogamente a quanto già avviene per il tumore della mammella - all'interno dei quali le diverse specialità possano collaborare in modo collegiale e individuare la soluzione migliore per ogni singolo paziente. Purtroppo, però, per varie ragioni le iniziative dedicate alla prostata scontano un netto ritardo rispetto a quelle rivolte al carcinoma mammario, sebbene non manchino linee guida specifiche. Anche in Italia, tuttavia, iniziano a fare la loro comparsa importanti esempi di Prostate Unit: la prima esperienza di questo tipo è nata nel 2005 all'Istituto Nazionale Tumori di Milano, e ora una nuova iniziativa viene messa in campo dall'Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant'Orsola-Malpighi di Bologna. La Prostate Unit bolognese e il relativo percorso diagnostico-terapeutico sono stati presentati ufficialmente lo scorso 20 giugno dal fautore dell'iniziativa, il professor Giuseppe Martorana, direttore dell'Unità Operativa di Urologia, nel corso di un incontro svoltosi all'interno del policlinico. Prostata e mammella: analogie e differenze Sotto molti aspetti, il carcinoma prostatico per gli uomini può essere considerato l'equivalente del tumore al seno per le donne: Martorana ha infatti ricordato che i dati di incidenza, diffusione e mortalità delle due patologie sono simili. Nel caso della mammella, tuttavia, si registra da anni un livello di attenzione più alto e una maggiore maturità dell'approccio terapeutico, con numerose iniziative specifiche tra cui le campagne di screening e la creazione di Breast Unit anche negli ospedali italiani. Il relativo ritardo delle iniziative riguardanti la prostata può essere attribuito a vari fattori, come ha ricordato Martorana: tra essi il diverso atteggiamento dei maschi nei confronti della propria salute e la maggiore complessità delle opzioni terapeutiche (il trattamento della mammella, infatti, segue una filiera semplice e standardizzata). Inoltre - come ha ricordato un altro dei relatori presenti all'incontro, Maurizio Leoni, dirigente Governo Clinico dell'Azienda Sanitaria e Sociale della Regione EmiliaRomagna - nel caso della prostata non esistono dati certi sull'utilità delle campagne di screening. Scarsa appropriatezza diagnostica e terapeutica La mancanza di un approccio adeguato al carcinoma prostatico comporta spesso una scarsa appropriatezza sia nella fase diagnostica sia in quella terapeutica. Per quanto riguarda il primo dei due aspetti, Martorana ha sottolineato che oggi spesso i medici richiedono l'esecuzione di esami anche in presenza di bassi valori del marker prostatico, che il 60% delle indicazioni fornite dalle biopsie prostatiche non è corretto e che "la prostata è l'unico organo in medicina per il quale si fanno biopsie random". Leoni, dal canto suo, ha parlato di "sovradiagnosi": la potenza delle odierne tecniche diagnostiche porta a scoprire anche tumori alla prostata che nel 50% dei casi non rappresentano una minaccia per il paziente. Per quanto riguarda la terapia, Martorana ha sottolineato - come dicevamo in apertura - che spesso il paziente riceve consigli diversi a seconda dello specialista interpellato. Un problema confermato anche da Riccardo Valdagni, direttore del Programma Prostata all'INT di Milano anch'egli presente all'incontro - che ha citato i risultati di un recente studio. «Alla faccia delle linee guida, gli specialisti tendono a preferire e raccomandare la modalità che essi stessi praticano». Questa situazione viene ritenuta non più accettabile, anche alla luce di alcuni elementi nuovi: oggi esistono tecniche radiologiche innovative capaci di produrre diagnosi più precise, e sono disponibili nuove opzioni terapeutiche altrettanto efficaci di quelle tradizionali. SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 54 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ATTUALITÀ 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 44 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 55 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Attualmente le opzioni principali, ugualmente efficaci, sono la prostatectomia radicale, la radioterapia radicale e la brachiterapia; nelle forme di malattia meno aggressive, inoltre, è possibile differire il trattamento radicale e inserire il paziente in un protocollo di sorveglianza attiva, senza rischiare una progressione e una compromissione della prognosi. Il paziente deve essere libero di scegliere tra le diverse opzioni terapeutiche, ha affermato Valdagni, sulla base dei rispettivi effetti collaterali, che hanno conseguenze diverse sulla qualità della sua vita. La Prostate Unit di Bologna Su queste basi, due anni fa il Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna ha quindi dato vita al progetto di creazione di una Prostate Unit multidisciplinare, nell'ambito della quale il contributo e la collaborazione simultanea di tutti gli specialisti (radiologi, medici nucleari, urologi, radioterapisti, oncologi, patologi e psicologi) possa offrire i risultati e le garanzie migliori per i pazienti consentendo di personalizzare la terapia ottimale per ogni singolo malato. Il progetto comprende anche l'introduzione di un apposito percorso diagnostico-terapeutico (PDT), che permetterà di offrire al paziente l'approccio terapeutico più opportuno, valutato attentamente in maniera collegiale e ritagliato sulle sue specifi che necessità. Questo comporterà numerose ripercussioni positive per il paziente e per la collettività, in termini di riduzione delle indicazioni terapeutiche inappropriate e dei trattamenti "eccessivi". Si registrerà inoltre, secondo Martorana, una considerevole riduzione dei costi sanitari, grazie alla prescrizione delle sole indagini diagnostiche necessarie, senza trascurare la possibilità di evitare le importanti sequele dei trattamenti radicali, che spesso compromettono in modo signifi cativo la qualità di vita del paziente. Ripercorrendo la storia dell'iniziativa, Martorana ha fatto riferimento alla diffi coltà del passaggio da un approccio monodisciplinare a uno multidisciplinare, soprattutto in una realtà come quella del Sant'Orsola che ha una forte tradizione chirurgica: un terzo di tutte le prostatectomie della Regione Emilia-Romagna viene infatti eseguito nel policlinico bolognese. Tra i fattori che hanno facilitato la creazione della nuova Prostate Unit, il professore ha citato la recente decisione della Regione Emilia-Romagna di dare vita a un percorso diagnostico-terapeutico specifi camente rivolto alla prostata. Martorana ha comunque sottolineato che l'iniziativa bolognese è tuttora in divenire. Come ha precisato Massimo Annichiarico, direttore sanitario dell'Ausl di Bologna, per il momento non sono ancora state attivate politiche fi nalizzate a far convergere sulla nuova struttura del Sant'Orsola tutti i pazienti affetti da carcinoma prostatico. IL PROGETTO PER STEP E ALTRE INIZIATIVE La Prostate Unit del Sant'Orsola di Bologna partecipa al progetto nazionale PerSTEP, Percorso Teorico Pratico in ambito uro-oncologico. L'iniziativa PerSTEP è stata attivata nel 2012 da SIUrO (Società Italiana di Urologia Oncologica) e Cipomo (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri) con il contributo di Sanofi. Il progetto inizialmente ha coinvolto quattro centri: la Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, l'Ospedale Sant'Anna di Como, il Policlinico Sant'Orsola Malpighi di Bologna e l'Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo. Recentemente l'iniziativa è entrata in una seconda fase che prevede la partecipazione di quindici centri in Italia. A livello europeo gli obiettivi di un miglioramento nella diagnosi e terapia del tumore alla prostata vengono perseguiti dall'associazione Europa Uomo (European Prostate Cancer Coalition), rappresentata in ventidue paesi. Referente italiano dell'organismo europeo è l'associazione Europa Uomo Italia Onlus. IL PROGRAMMA PROSTATA DELL'INT DI MILANO Il principale esempio di Prostate Cancer Unit esistente in Italia è rappresentato dal Programma Prostata dell'Istituto Nazionale Tumori di Milano, nato nel 2005 e uffi cializzato come unità operativa nel 2009. Riccardo Valdagni, direttore del programma, ha descritto le modalità di lavoro della struttura milanese, tra le quali spicca la "prima visita" multidisciplinare del paziente e la discussione collegiale dei casi, con la partecipazione di medici di numerose specialità. Un effetto di questo approccio, per i pazienti che giungono all'INT dopo essere già stati visitati altrove, è che talvolta la proposta terapeutica che è stata fatta in altre strutture viene cambiata. Valdagni ha inoltre segnalato il crescente ricorso alla modalità di sorveglianza attiva del tumore alla prostata, opzione applicata a una percentuale sempre maggiore di pazienti. LA CERTIFICAZIONE DELLE PROSTATE CANCER UNIT Uno dei principali vantaggi offerti dalla creazione di unità multidisciplinari specializzate nella cura di un singolo organo è la possibilità di convogliare su una 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 44 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 56 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sola struttura un numero elevato di pazienti affetti dalla stessa patologia, il che consente al personale medico (radiologi, chirurghi ecc.) di fare pratica su moltissimi casi e quindi di accumulare un'esperienza specifi ca nella diagnosi e cura di quello specifi co organo. Anche per le nascenti Prostate Cancer Unit - così come già avviene per le Breast Unit dedicate al tumore della mammella - si dovrà quindi giungere alla defi nizione di parametri basati sul numero dei pazienti trattati, per distinguere le strutture e i medici realmente specializzati da quelli che non lo sono. A livello europeo l'obiettivo della defi nizione di requisiti minimi per la certifi cazione e l'accreditamento delle PCU viene perseguito dalla "Prostate Cancer Unit Initiative in Europe", promossa da Organization of European Cancer Institutes, European School of Oncology e Deutsche Krebsgesellschaft. A breve inizierà la fase di certifi cazione, a cui seguirà quella di individuazione degli indicatori di qualità e successivamente di accreditamento. Ente certifi catore e accreditatore sarà la già citata Organization of European Cancer Institutes (OECI). Foto: Giuseppe Ma rtorana 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 48 (diffusione:4349, tiratura:4535) Ricoveri italiani a macchia di leopardo In Italia una stessa tipologia di malato può essere gestita in modo anche molto diverso nelle varie Regioni, ma c'è una tendenza complessiva al miglioramento dell'erogazione appropriata dell'assistenza ospedaliera. È quanto emerge dal "Rapporto annuale sull'attività di ricovero ospedaliero - Dati Sdo 2013", redatto dal Ministero della Salute. PAOLA GREGORI La raccolta e l'analisi delle informazioni è stata quest'anno particolarmente accurata. Infatti è migliorata la qualità della compilazione dei moduli ed è diminuito il numero degli errori; la relazione è stata stilata analizzando i dati di rilevazioni effettuati con un elevato livello di completezza, superiore al 99% per gli istituti pubblici e privati accreditati. I risultati sono stati ottenuti analizzando complessivamente quasi 10 milioni di schede. La validità del rapporto è stata quindi rafforzata rispetto allo scorso anno. Il documento si presenta anche ampliato rispetto ai precedenti, con numerose tavole, sono stati arricchiti soprattutto i capitoli dedicati agli indicatori di domanda e mobilità e agli indicatori economici. I dati Sdo 2013 dipingono il panorama disomogeneo di una sanità che vede premiati i suoi sforzi verso una migliore efficienza e appropriatezza dei servizi a livello nazionale ma che ancora deve fare i conti con profonde disuguaglianze tra le Regioni. Le differenze per patologia, per genere e per fascia di età Analizzando più in dettaglio i dati, non si può non notare una marcata differenza in base alla patologia, al genere e alle fasce di età, che dimostra chiare esigenze da prendere in considerazione nel pianificare risposte più mirate alle necessità della popolazione. Tra le cause di ospedalizzazione in regime ordinario, la principale è rappresentata dal parto che, pur non essendo una condizione patologica, è responsabile di 301.440 dimissioni. A seguire le problematiche relative alle patologie cardiovascolari, come insufficienza cardiaca e shock, quelle respiratorie, come edema polmonare e insufficienza respiratoria, interventi chirurgici per sostituzione di articolazioni maggiori o reimpianto degli arti inferiori. La principale causa di ricovero in regime diurno è rappresentata dalla somministrazione di chemioterapia (non associata a diagnosi secondaria di leucemia acuta) con 1.565.788 giornate (-3,3% rispetto all'anno 2012). È interessante osservare quale sia la distribuzione delle dimissioni in Italia. Lo studio permette di evidenziare quali siano le fasce d'età più a rischio per uomini e donne. I primi hanno una maggiore propensione al ricovero entro il primo anno e tra i 70-80 anni, mentre le seconde tra i 30-40 anni e dopo gli 85, con picchi attorni ai 90. Questa differenza di genere è facilmente imputabile ai momenti più delicati della vita femminile, cioè l'età fertile, con la gravidanza e il parto, e al fatto che la donna è più longeva. L'attività per acuti in regime ordinario (colore verde) è prevalente in ogni fascia d'età, seguita dall'attività per acuti in regime diurno. L'attività di riabilitazione risulta invece significativa per pazienti over 60. Il tasso di ospedalizzazione per acuti è di 104 dimissioni per mille abitanti in regime ordinario e di circa 38 in quello diurno. Come ci aspettava queste ospedalizzazioni incidono molto più rispetto a quelle per lungodegenze (tasso: 1,56) e riabilitazione (5,43). Si osserva una discreta variabilità regionale. Se la media totale italiana delle dimissioni degli acuti è di circa 142 per mille, in regioni come Valle d'Aosta, Molise, Campania, questo valore supera i 160, scendendo per contro sotto i 130 a in Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana (figura 2). Il tasso di ospedalizzazione con cui gli uomini vengono ricoverati per episodi acuti in regime ordinario in media è rio e diurno è pari, rispettivamente, al 7,6% e all'8%, con un lieve incremento rispetto all'anno precedente. La mobilità per riabilitazione in regime ordinario è del 15,2%, in quello diurno del 10,8%, mentre per la lungodegenza è del 4,2%. Valori, questi, in linea o in lieve diminuzione rispetto all'anno precedente. La mobilità attiva varia molto: per il regime ordinario va dall'1,7% dei sardi al 27,4% dei molisani, mentre quella passiva dai 3,7% in Lombardia ai 23,2% di Molise e Basilicata; per il regime diurno si confermano più a disagio i molisani, con una mobilità attiva del 26,2% (contro lo 0,8% della Sardegna) e una passiva del 22% (superati solo dalla Basilicata con 28,6%), contro il 4,5% sardo. Nei valori particolarmente bassi emersi per Sardegna e Sicilia, tuttavia, un ruolo non marginale viene svolto dalla difficoltà oggettiva degli spostamenti dall'Isola al Continente. È la diagnosi di tumore la spinta più forte verso la ricerca di centri SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 57 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ATTUALITÀ 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 48 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 58 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato più specializzati o affidabili: per questa categoria di pazienti il numero di ricoveri per acuti in regime ordinario è di oltre 560 mila unità, con una mobilità del 9,4% (quasi due punti percentuali in più rispetto a quella generale), il corrispondente numero per il regime diurno è di quasi 190 mila unità, con una mobilità del 7,4%. Anche le terapie oncologiche forniscono una forte spinta verso la ricerca di un centro migliore, in particolare la radioterapia: in questo caso, su un numero di ricoveri per acuti di oltre 14.600 persone in regime ordinario e 4.300 in quello diurno, la di circa il 10,6%, mentre quello per le donne è di 11,3%, per entrambi i generi i picchi si raggiungono in Valle d'Aosta, Umbria e in Puglia, tra le regioni più virtuose la P.A. di Trento e il Veneto. I valori, per il regime diurno, scendono a 3,74% nel maschio contro il 40,38 nell'altro sesso. Più contenute le differenze di genere per quanto riguarda il tasso di ospedalizzazione per riabilitazione (0,5% per gli uomini vs 0,56% nelle donne) e per lungodegenza (0,16% vs 0,21%). Tutti i tassi di ospedalizzazione a livello nazionale per acuti, in regime sia ordinario sia diurno, diminuiscono rispetto all'anno precedente, tuttavia la variabilità regionale è piuttosto ampia. L'età che richiede maggiore supporto clinico (tabella 1) è quella dei neonati sotto l'anno, in particolare se di sesso maschile. I piccoli del Molise hanno maggiore probabilità di ricovero, seguiti dai pugliesi e dagli abruzzesi. Infanzia più tranquilla invece per bimbi trentini, friulani e soprattutto veneti. Nella terza età comorbidità e maggiore suscettibilità alle malattie portano nuovamente molti in ospedale, con tassi che crescono a partire dai 65 anni, impennandosi oltre i 75 anni, soprattutto tra i maschi. La riabilitazione è richiesta soprattutto nella terza età, periodo in cui è molto più frequente, per ovvi motivi, anche la necessità di lungodegenza. Per capire quanto la regione di appartenenza sia in grado di soddisfare i bisogni della salute del paziente, è stata poi analizzata la mobilità interregionale. Complessivamente, a livello nazionale, quella per acuti in regime ordinamobilità è del 27% e del 23,4%. Anche la chemioterapia fa spesso paura, persino di più nel proprio centro di riferimento: gli oltre 65mila ricoveri per acuti in regime ordinario e i 164.700 in quello diurno vengono "movimentati" da una mobilità rispettivamente del 14,6% e del 6,5%. Un discorso a parte va fatto per l'età del paziente. Si è visto che nei giovani fino ai 17 anni la mobilità per acuto raggiunge l'8,7% in regime ordinario e il 12, 6% per quello diurno. Efficienza e complessità Il rapporto annuale dedica ampio spazio anche all'analisi dei dati di efficienza. Due gli indicatori usati: • l'indice comparativo di performance (ICP), cioè il rapporto tra la degenza media standardizzata per case-mix di un dato erogatore e la degenza media nazionale, che consente di misurare e confrontare l'efficienza e l'efficacia dei diversi erogatori rispetto allo standard (valori sopra l'unità indicano efficienza inferiore allo standard poiché a parità di casistica il ricovero è più lunga mentre valori sotto l'unità efficienza superiore perché la degenza è più breve) • l'indice di case-mix (ICM), cioè il rapporto tra il peso medio del ricovero di un dato erogatore e quello del ricovero standard nazionale (valori sopra l'unità indicano una casistica più complessa rispetto allo standard, mentre valori sotto l'unità una complessità maggiore). Dal confronto di questi due indicatori si ottiene un identikit della situazione nelle varie Regioni, che appare subito piuttosto disomogenea e pressoché costante rispetto allo scorso anno. Rispetto allo scorso anno le caratteristiche delle Regioni sono rimaste costanti. Mettendo in un grafico ICM (ascisse) e ICP (ordinate) (figura 3) si ottengono quattro quadranti. Quello inferiore destro individua le Regioni più virtuose, cioè gli erogatori ad alta efficienza, con una casistica ad alta complessità e una degenza più breve della media. Tra queste Emilia Romagna e Toscana. Veneto, Friuli, Lombardia, Marche, Piemonte e Liguria trovano invece collocamento nel quadrante superiore destro, insieme alle Regioni nelle quali una maggior durata della degenza non è imputabile a inefficienza organizzativa ma da una maggiore complessità dei casi affrontati. Campania, Umbria e Sicilia, come le altre Regioni del quadrante inferiore sinistro, sono invece caratterizzate da una degenza media inferiore alla media, determinata però dal ricovero di casi meno complessi, non da elevata efficienza organizzativa. Fanalino di coda le Regioni localizzate nel quadrante superiore sinistro, come Valle d'Aosta, Molise, Lazio, Abruzzo, Sardegna e Calabria. Secondo i dati ricavati, infatti, in queste zone sarebbe auspicabile un intervento attivo per migliorare l'efficienza organizzativa in quanto la durata della degenza è più alta dello standard nonostante la complessità della casistica trattata sia inferiore. Indicatori di efficacia e appropriatezza Esiste una stretta correlazione tra il ricorso inappropriato alle strutture ospedaliere 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 48 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 59 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato e l'inadeguatezza del livello territoriale. L'analisi di indicatori di appropriatezza organizzativa (come per esempio la percentuale di dimissioni da reparti chirurgici o di ricoveri diurni diagnostici, entrambe con Dgr medico) possono fornire indicazioni non solo sul corretto uso del setting ospedaliero ma anche sulle capacità assistenziali degli altri livelli di assistenza. Di conseguenza questo rapporto dà ampio spazio all'analisi della qualità, dell'efficacia, dell'appropriatezza clinica e organizzativa dell'assistenza ospedaliera. A questo proposito sono stati analizzati i tassi di ospedalizzazione per varie condizioni cliniche, laddove valori più bassi indicano una migliore efficienza dell'assistenza sanitaria, sia come efficacia dei servizi territoriali sia come ridotta inappropriatezza del ricorso all'ospedalizzazione. Per quanto riguarda l'inappropriatezza clinica, un esempio emblematico può essere quello del parto che, come detto, è la prima causa di ricovero. È infatti interessante notare che, sebbene il valore nazionale dei cesarei (sul totale dei parti) sia del 36,3%, esista una forte discrepanza interregionale. Si distinguono Regioni in cui pare che l'uso di questa tecnica sia eccessivo: nella Campania, per esempio, la percentuale sale al 61,4%, nel Molise al 47,3%, in Puglia e in Sicilia a quasi il 45%. Dati sconcertanti se paragonati a quelli del Friuli, con il 23,4, delle P.A. di Trento e Bolzano, della Toscana, con circa il 25%, del Veneto con il 26,6%, della Lombardia con il 28,5%. Discrepanze tali da essere difficilmente non imputabili a inappropriatezza clinica. Per avere un'idea della ridotta accessibilità e funzionalità dei servizi territoriali, e quindi delle lacune da colmare, si può vedere il tasso di ospedalizzazione (TO) nelle singole malattie. A incidere maggiormente sono le malattie cardiache (TO=339/100.000 italiani adulti, TO=1.197/100.000 anziani over 65). Anche qui però la situazione può variare in modo importante. Un abruzzese, per esempio, ha un rischio molto maggiore (TO=485/100.000 italiani adulti, TO=1.695/100.000 anziani over 65) rispetto a un sardo (TO=270/100.000, e per gli over 65 TO=999/100.000) o a un toscano (TO=292/100.000, e per gli over 65 TO=940/100.000). Anche il diabete non controllato fa danni (TO=16/100.000), con picchi nella P.A. di Bolzano, in Sardegna e in Emilia Romagna. Nel caso di complicanze questi valori salgono molto (TO=31,6% su scala nazionale) con picchi in Puglia e Lombardia. Un problema consistente è rappresentato anche dalle malattie polmonari croniche (TO=87/100.000), con una punta di 157,5/100.000 in Valle d'Aosta, ma con Regioni virtuose (con TO attorno ai 50) come Piemonte, P.A. Trento, Toscana. Tra gli indicatori di rischio in ambito ospedaliero al primo posto si collocano i traumi ostetrici in parto naturale con l'ausilio di strumenti (2.607/100mila dimissioni in regime ordinario). Dare alla luce un bambino è più pericoloso nella P.A. di Trento (6.111/100.000), nelle Marche (6.622/100.000), in Veneto (4.638/100.000) e in Emilia Romagna (4.568/100.000), mentre è più sicuro in Umbria (446/100.000). Al secondo posto sempre i traumi ostetrici in parto naturale, ma senza l'ausilio di strumenti (775,4/100.000), soprattutto nelle Marche (2037/100.000), in Friuli (1381/100.000), nel Molise (1366/100.000) e in Veneto (1329/100.000). Al terzo posto si collocano le dimissioni in regime ordinario con diagnosi secondarie di infezioni post chirurgiche (220/100.000): Abruzzo (85,6/100.000) e Molise (82/100.000) sono virtuose, mentre fanalini di coda sono Emilia Romagna (350,5/100.000), Toscana (329/100.000) e Liguria (326/100.000). Indicatori economici Il report 2013 si presenta arricchito e riorganizzato nei contenuti nel capitolo dedicato agli indicatori economici. In particolare, i dati vengono raggruppati e viene riportata la distribuzione della remunerazione teorica delle prestazioni ospedaliere per età e genere, dettagliata nella composizione per tipo di attività e regime di ricovero. Emerge subito che la quasi totalità della spesa ospedaliera è dovuta ai ricoveri per acuti in regime ordinario. Nuovamente si nota un'asimmetria tra maschi e femmine: il massimo relativo è per le donne in età fertile, per gli uomini invece si nota un incremento più rapido a partire dai 50 anni, per raggiungere il picco tra i 70 e gli 80 anni, superata questa età si assiste a un rapido decremento, che probabilmente può essere spiegato, almeno in parte, dalla diversa aspettativa di vita tra i due generi. I punti di massimo si osservano nelle over 90 (circa 600 milioni di euro), e per i neonati sotto l'anno (quasi 500 milioni di euro per i maschi e quasi 400 per le bambine), infine negli anziani tra i 70 e gli 80 anni (300-400 milioni euro per gli uomini, 300 milioni per le donne). La remunerazione complessiva si attesta su un totale di circa 29,1 miliardi, così suddivisi: circa 26,6 miliardi di euro per l'attività per acuti (gran parte richiesti per il regime ordinario), poco più di 2 miliardi per l'attività di riabilitazione e circa 455 milioni per la lungodegenza. Nella 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 48 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 60 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato distribuzione della remunerazione teorica per le attività per acuto si nota una maggiore richiesta da parte degli istituti privati (26,6 miliardi) rispetto a quelli pubblici (20,4 miliardi). In entrambi i casi la fetta maggiore va alla Lombardia (2,96 miliardi nel pubblico e 4,4 nel privato), mentre fanalino di coda è la Val d'Aosta, probabilmente anche per la popolazione meno numerosa (poco più di 60 mila euro nel pubblico e di 63 mila nel privato). Indicatori per il controllo esterno I dati raccolti sono stati anche usati per effettuare valutazioni generali su alcuni fenomeni che riguardano i ricoveri per acuti in regime ordinario. In particolare sono stati raccolti i dati relativi ai casi di trasferimento verso un altro istituto di cura entro i primi due giorni di ricovero, le percentuali di casi complicati, di casi con Drg 469 e 470, con Drg atipici, quali l'intervento chirurgico non correlato con la diagnosi principale esteso (468), sulla prostata (476) e non esteso (477). La percentuale di trasferiti è simile a quelli dell'anno precedente, pari a un valore nazionale complessivo di circa 1,4% e di 0,7% entro il secondo giorno. Per individuare eventi comportamentali opportunistici nella compilazione della scheda di dimissione ospedaliera, come per esempio forzare l'attribuzione del ricovero a un Drg di maggiore complessità e, conseguentemente, più remunerativo, si è valutata la percentuali di casi complicati, che misura la quota di ricoveri afferenti ai Drg omologhi (medesima diagnosi o intervento ma distinti da presenza o meno di ulteriori patologie complicanti) con complicanze rispetto al totale di ricoveri afferenti ai Drg omologhi. Il valore medio nazionale è di circa il 32%, stabile rispetto all'anno precedente, e la variabilità regionale va dal 25,7% della Lombardia al 41,3% della Liguria. Analoghi al 2012 anche i singoli valori regionali. Confronto 2012-2013 Nel complesso, dall'analisi dei dati storici sull'assistenza ospedaliera, emerge un trend positivo: il numero complessivo dei ricoveri e delle giornate erogate è in diminuzione a partire dal 2005. In particolare, da un confronto con l'anno precedente si osserva che nel 2013 sono calate le ospedalizzazioni, la loro durata e l'attività totale effettuata per gli acuti. Guardando i dati, rispetto al 2012 si è ridotto il numero complessivo dei ricoveri ordinari per acuti del 2,9% e di quelli in regime diurno del 7,6%, con una corrispondente diminuzione delle giornate di degenza, rispettivamente, del 3,5% e del 7,9%. Appare quindi probabile una migliore efficacia del sistema di assistenza in generale nella cura del paziente. Da diversi anni la degenza media per acuti si mantiene costante intorno al valore di 6,7-6,8 giorni, mentre notizie positive per quanto riguarda quella per Riabilitazione e per Lungodegenza, in decremento dal 2009. Sempre rispetto al 2012, i ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza in regime ordinario sono diminuiti del 24%, cioè del doppio della riduzione osservata nel 2012, e quelli in regime diurno di circa il 10%. Dati molto positivi che fanno ben sperare per l'efficacia delle modifiche gestionali attuate. Per quanto riguarda le singole patologie, rispetto al 2012 si è ridotto il ricorso all'ospedalizzazione per le malattie polmonari croniche, per il diabete, sia non controllato sia con complicanze, per l'asma nell'adulto, per l'inuenza nell'anziano e per le patologie correlate all'alcool. Per esempio, l'ospedalizzazione per insufficienza cardiaca si riduce di circa 4 punti per 100mila abitanti negli italiani adulti, e di 28 punti per 100mila abitanti negli anziani over 65, quella per amputazione nei pazienti diabetici diminuisce di circa 0,7 punti per 100mila italiani. L'attività totale per gli acuti si è ridotta complessivamente del 4,3%: la diminuzione va da un minimo di 1,5% in Abruzzo e di 1,8% in Campania a un massimo di circa 11% in Sicilia e di 9,5% in Calabria, unica eccezione in Valle d'Aosta, dove aumenta del 3,2%. Questa omogeneità nel Bel Paese si apprezza anche per quanto riguarda la composizione dell'attività per acuti, che complessivamente si è ridotta dal 27,1% al 26,1% del totale nel regime diurno, fanno eccezione, con una leggera crescita in controtendenza: Marche, Valle d'Aosta, Campania, Lazio e Abruzzo. Le diminuzioni più consistenti si sono osservate in Sicilia, Basilicata e P.A di Trento. Il tasso di ospedalizzazione per acuti in Italia si riduce da 108 a 104 dimissioni per mille abitanti in regime ordinario e da circa 42 a circa 38 in quello diurno. Valori di ospedalizzazioni più bassi confermano una migliore assistenza sanitaria nel suo complesso, sia come efficacia dei servizi territoriali, sia come ridotta inappropriatezza del ricorso di ospedalizzazione. Tabella 1. Tassi di ospedalizzazione per fasce d'età, tipo attività e regime di ricovero (per mille abitanti), anno 2013 Fasce d'età Acuti Riabilitazione Lungodegenza Regime ordinario Regime diurno 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 48 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 61 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Regime ordinario Regime diurno Meno di un anno Da 1 a 4 anni Da 5 a 14 anni Da 15 a 24 anni Da 25 a 44 anni Da 45 a 64 anni Da 65 a 74 anni 75 anni e oltre Totale Tassi di ospedalizzazione calcolati sui soli ricoveri di residenti in Italia e dimessi da strutture pubbliche e provate accreditate. Esclusi i casi con tipo di attività, regime di ricovero o genere errati. La voce "lungodegenza" comprende le dimissioni in regime ordinario e regime diurno. Foto: Tasso di ospedalizzazione standardizzato per età e genere Attività per acuti in regime ordinario e diurno - Anno 2013 225 Attività per acuti in regime ordinario - Anno 2013 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 78 (diffusione:4349, tiratura:4535) SICUREZZA SERGIO ROVESTI docente di Igiene generale e applicata Viene ricostruita la situazione relativa ai limiti di esposizione agli anestetici alogenati. L'esposizione agli anestetici attualmente in uso deve essere mantenuta al livello più basso possibile. Una recente rassegna della letteratura conclude affermando che l'esposizione professionale agli anestetici inalatori non è senza rischio (1). Il datore di lavoro è quindi tenuto a valutare i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali anestetici aerodispersi all'interno delle sale operatorie, prendendo in considerazione tra l'altro i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici (2). Con questo articolo si cerca di fare il punto sui limiti di esposizione professionale agli anestetici alogenati. La circolare ministeriale n. 5 del 14.3.1989 riporta i limiti di esposizione professionale proposti dall'ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists) e dal Niosh (National Institute for Occupational Safety and Health) (3). Riguardo agli anestetici alogenati, la circolare riferisce che l'ACGIH prevede un TLV-TWA (Threshold Limit Value - Time-Weighted Average) per alotano (50 ppm) ed enuorano (75 ppm) e che il Niosh ha consigliato, nella seconda metà degli anni Settanta, un limite di 2 ppm (valore ceiling) per l'insieme degli anestetici alogenati. Si può rilevare come il valore del Niosh sia notevolmente inferiore a quelli dell'ACGIH. Documenti Niosh Sulla base di documenti del Niosh, compreso quello pubblicato nel 1977 (4), riguardo al valore di 2 ppm si può osservare quanto segue: è un REL-C (Recommended Exposure Limit-Ceiling) con l'indicazione di [60-minute] come periodo di riferimento, è stato definito analizzando campioni medi (periodo di campionamento non superiore a 1 ora), si può abbassare a 0,5 ppm in caso di coesposizione a protossido d'azoto ed è stato determinato per gli anestetici di vecchia generazione quali alotano, metossiuorano ed enuorano. ACGIH, NIOSH e nuovi anestetici Per gli anestetici di nuova generazione sviluppati a partire dagli anni 1980 e utilizzati nella pratica clinica attuale, ossia isouorano, desuorano e sevouorano, né l'ACGIH né il NIOSH hanno proposto limiti di esposizione professionale. A questo riguardo, nel 2006 il Niosh ha pubblicato un avviso per la raccolta di informazioni utili per stabilire un REL per i nuovi anestetici (5). Lavori scientifici La sopra citata circolare del 1989 prevede per l'isouorano un valore urinario di riferimento uguale a 18 nmoli/l (dosato nelle urine prodotte in 4 ore di esposizione e prelevate alla fine dell'esposizione). Questo limite biologico è uguale a quello suggerito da Imbriani et al. nel 1988 e ottenuto dopo 4 ore di esposizione ambientale media a 2 ppm di anestetico (6). Valori urinari corrispondenti a 2 ppm di concentrazione ambientale media sono stati messi a punto anche per desuorano e sevouorano (7,8). L'esame di lavori italiani pubblicati su riviste censite da PubMed evidenzia come l'esposizione professionale agli anestetici di nuova generazione venga valutata misurando o calcolando valori mediati nel tempo (periodi di esposizione solitamente superiori a un'ora) che vengono confrontati con il limite di 2 ppm proposto dal Niosh per gli anestetici di vecchia generazione. Infatti, tenuto conto che gli anestetici alogenati sono paragonabili tra loro, si ritiene che per interpretare i dati del monitoraggio ambientale dell'esposizione ai nuovi anestetici si possa utilizzare il limite di 2 ppm stabilito per i vecchi anestetici (7,9). Linee guida Ispesl e norma Uni La circolare sopra indicata è citata in due documenti relativamente recenti, ossia le linee guida ISPESL (ex Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro ora Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro e le Malattie Professionali) del 2009 (10) e la norma Uni (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) del 2011 (11). Questi documenti considerano il limite di 2 ppm (valore ceiling) di anestetico come un TLV-C (Threshold Limit Value - Ceiling). Riguardo al TLV, si può osservare che TLV un marchio registrato di ACGIH e che non risulta che l'ACGIH abbia proposto un TLV-C per gli anestetici alogenati. Tali documenti interpretano quindi il Niosh REL-C 2 ppm [60-minute] come ACGIH TLV-C 2 ppm, con la conseguenza che il limite di 2 ppm di anestetico, quale valore di punta, non dovrebbe essere superato in qualsiasi momento dell'esposizione lavorativa. Quest'ultima osservazione può essere importante per la gestione di dati istantanei di anestetico eccedenti 2 ppm, misurati in particolare durante sedute di chirurgia SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 62 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Anestetici alogenati Limiti di esposizione professionale 21/11/2014 Tecnica Ospedaliera - N.10 - novembre 2014 Pag. 78 (diffusione:4349, tiratura:4535) SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 21/11/2014 63 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato pediatrica con induzione e/o mantenimento dell'anestesia in maschera. Conclusioni Nell'attesa dell'eventuale definizione di limiti di esposizione professionale a isouorano, desuorano e sevouorano da rispettare nel nostro Paese, il datore di lavoro deve adoperarsi affinché il rischio sia eliminato o ridotto al minimo e, se necessario, scegliere i valori limite di riferimento scientificamente più appropriati. TESTO UNICO SULLA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO Isouorano, desuorano e sevouorano non figurano (l'ultimo aggiornamento è del 2012) nell'elenco degli agenti chimici di cui all'allegato XXXVIII del D.Lgs 81/2008, recante i valori limite di esposizione professionale (12). BIBLIOGRAFIA 1) Tanguay C, Penfornis S, Métra A, Bédard S, Mathews S, Bussières J-F. Exposition professionnelle aux gaz anesthésiques pour inhalation - Partie 1. Bulletin d'information toxicologique 2012;28:20-37 2) D.Lgs 9.4.2008, n. 81. Attuazione dell'articolo 1 della legge 3.8.2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Decreto integrativo e correttivo: GU n. 180 del 5.8.2009 - SO n. 142/L 3) Circolare 14.3.1989, n. 5. Esposizione professionale ad anestetici in sala operatoria . Ministero della Sanità (Dir. Gen. S.I.P. - Div. III n. 403/13.2/380) 4) Niosh. Criteria for a recommended standard: occupational exposure to waste anesthetic gases and vapors . US Department of Health, Education and Welfare , Niosh, Pub. No. 77-140. Cincinnati (OH), Niosh, 1977 5) Hall A. Request for information on waste halogenated anesthetic agents: isourane, desurane and sevourane . Federal Register 2006;71:885960 6) Imbriani M, Ghittori S, Pezzagno G, Capodaglio E. Evaluation of exposure to isourane (Forane): environmental and biological measurements in operating room personnel . J Toxicol Environ Health 1988;25:393-40 7) Alessio A, Zadra P, Negri S, Maestri L, Imberti R, Ghittori S, Imbriani M, Cavalleri A. Monitoraggio biologico dell'esposizione occupazionale a desurane . G Ital Med Lav Ergon 2003;25:137-41 8) Accorsi A, Morrone B, Domenichini I, Valenti S, Raffi GB, Violante FS. Urinary sevourane and hexauoroisopropanol as biomarkers of low-level occupational exposure to sevourane . Int Arch Occup Environ Health 2005;78:369-78 9) Imbriani M, Zadra P, Negri S, Alessio A, Maestri L, Ghittori S. Monitoraggio biologico dell'esposizione professionale a sevourane . Med Lav 2001;92:173-80 10) Ispesl. Linee guida sugli standard di sicurezza e di igiene del lavoro nel reparto operatorio . Roma, Ispesl, 2009 11) Norma Uni 11425:2011. Impianto di ventilazione e condizionamento a contaminazione controllata (VCCC) per il blocco operatorio Progettazione, installazione, messa in marcia, qualifica, gestione e manutenzione . Milano, Uni, 2011 12) D. Interm. 6.8.2012. Recepimento della direttiva 2009/161/UE della Commissione del 17.12.2009 che definisce il terzo elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica la direttiva 2009/39/CE della Commissione. GU n. 218 del 18.9.2012 VITA IN FARMACIA 19 articoli 21/11/2014 Corriere della Sera - Milano Pag. 5 (diffusione:619980, tiratura:779916) Nel mirino la Fondazione Sviluppo Ca' Granda chiamata a gestire oltre un miliardo di terreni dell'ospedale Ieri resa dei conti al Pirellone. La Regione: no alla deregulation negli appalti. Polemiche anche sulle nomine Simona Ravizza Oltre 1 miliardo di euro di beni pubblici, terreni agricoli, cascine, case coloniche è destinato a uscire dal Policlinico per confluire in una scatola privata, la fondazione Sviluppo Ca' Granda . L'annuncio della delicata operazione sul patrimonio rurale è dei mesi scorsi, ma ieri, al rush finale, si è scatenato uno scontro ai massimi livelli. L'Avvocatura regionale e l'assessorato della Sanità di Mario Mantovani contro la presidenza del Policlinico, guidata da Giancarlo Cesana, leader storico di Cl e dal luglio 2009 a capo dell'ospedale. Per il Pirellone la questione richiede grande attenzione. Con il passaggio di cascine e terreni alla fondazione Sviluppo Ca' Granda , tutti quei beni - frutto di sei secoli di lasciti e donazioni - potrebbero essere gestiti senza più gare di appalto pubbliche, né concorsi per le assunzioni. È quello che, secondo i ben informati, la Regione vuole evitare. Non solo: al centro del conflitto c'è anche la governance della Fondazione. A Palazzo Lombardia viene considerata inopportuna la nomina annunciata di Achille Lanzarini, destinato a ricoprire il ruolo di direttore generale del nuovo ente. Oggi Lanzarini è il coordinatore dell'Ufficio del patrimonio del Policlinico e negli ultimi due anni, con un contratto di collaborazione, ha guidato le scelte sui progetti di valorizzazione degli immobili e dei terreni (come lo sgombero di viale Montello 6 e la creazione di un fondo per la vendita e il social housing delle case e dei palazzi, con Cassa depositi e prestiti e Fondazione Cariplo). Ma ci sono perplessità sul manager, proprio per la vicinanza ai vertici del Policlinico: Lanzarini è il marito della portavoce di Cesana, Paola Navotti. Toni di voce alti, due ore di riunione animata al Pirellone. Il risultato? L'operazione immobiliare si farà, ma con garanzie di procedure ad evidenza pubblica. Il Policlinico è stato obbligato a precisare nello statuto della nuova Fo ndazione Sviluppo Ca' Granda che applicherà per gli acquisti il codice degli appalti pubblici e che non potrà acquistare direttamente macchinari e materiale per la ricerca. La Sviluppo Ca' Granda si candida, infatti, a produrre soldi proprio per la ricerca del Policlinico: ma tutti i fondi raccolti dovranno essere erogati in contanti, non con beni acquistati. Il timore è che insieme alla gestione dei terreni si possano avviare business che sfuggano ai controlli pubblici. Del resto la posta in gioco è alta: 85 milioni di metri quadrati (l'1% edificabile) 90 cascine, 300 case ex coloniche. Il cda della Fondazione Sviluppo Ca' Granda sarà, comunque, lo stesso del Policlinico. Nel marzo 2014, quando è stata illustrata per la prima volta l'operazione, l'ospedale aveva denunciato una serie di criticità sul patrimonio rurale: « Deprezzamento dei canoni, degrado dei fabbricati e 170.000 metri quadrati di amianto». Di qui l'affondo: «La gestione di una proprietà fondiaria così importante richiede competenze nel settore immobiliare e agronomico, che esulano dalle competenze sanitarie». Fin qui le polemiche sui terreni. Ma il patrimonio del Policlinico è composto anche da palazzi e case, per un valore di 400 milioni. Dall'11 novembre gli edifici sono confluiti in un fondo immobiliare gestito da Polaris Real Estate. L'ospedale detiene il 62% delle quote; il 33% l'ha acquistato Cassa Depositi e Prestiti, con un investimento di 110 milioni; il 5% è di Fondazione Cariplo, con 17,5 milioni. Così il Policlinico ha incassato la metà dei soldi necessari per la costruzione del nuovo ospedale (pari a 200 milioni). Gli altri saranno reperiti con la vendita di alcuni palazzi . SimonaRavizza © RIPRODUZIONE RISERVATA Le proprietà della Ca' Granda Palazzi e appartamenti Terreni agricoli LE QUOTE Valore complessivo 1.390 appartamenti 300 case ex coloniche 85 milioni di metri quadrati in 65 palazzi d'Arco Valore complessivo 53% costruiti tra il 1870 e il 1900 29% costruiti tra il 1901 e il 1940 18% costruiti dopo il 1940 Ospedale Policlinico VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 65 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Scontro al vertice sul «tesoro» del Policlinico 21/11/2014 Corriere della Sera - Milano Pag. 5 (diffusione:619980, tiratura:779916) VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 66 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 110 mila metri quadrati Fondo Immobiliare Ca' Granda è stato costituito l'11 novembre 2014 Il Fondo è gestito da Polaris Real Estate Sgr, società di gestione del risparmio specializzata in fondi etici dedicati al social housing 62% Fondo Investimenti per l'Abitare - FIA (gestito da CDP Investimenti Sgr) 33% Investimento di 110 milioni di euro 5% Fondazione Cariplo 400 milioni di euro 1,1 miliardi di euro 90 cascine Fondazione Sviluppo Ca' Granda Sarà dotata del diritto di usufrutto temporaneo (30 anni) del patrimonio rurale, non della proprietà La governance della Fondazione Sviluppo Ca' Granda è in capo al consiglio di amministrazione Investimento di 17,5 milioni di euro La vicenda I vertici del Policlinico hanno promosso due operazioni sul patrimonio immobiliare Le case e i palazzi sono confluiti in un fondo immobiliare, i terreni in una fondazione di diritto privato Foto: Il confronto Giancarlo Cesana ( sopra ), presidente del Policlinico; Mario Mantovani, assessore regionale alla Salute 21/11/2014 La Repubblica - Bologna Pag. 9 (diffusione:556325, tiratura:710716) Sicurezza, patto prefettura- Federfarma arrivano nuove telecamere anti rapina LA PREFETTURAe Federfarma si alleano per contrastare le rapine in farmacia. Il prefetto Ennio Mario Sodano e il presidente di Federfarma Bologna, Massimiliano Fracassi, ieri hanno sottoscritto un protocollo d'intesa per aumentare la sicurezza dei negozi con l'installazione di sistemi di videoallarme collegati con le forze dell'ordine. Federfarma avrà il compito di informare gli associati sulle opportunità a disposizione, mentre la prefettura curerà gli aspetti di informazione e raccordo con le forze di polizia nei luoghi dove saranno installati gli impianti. Prevista pure un'attività congiunta di monitoraggio del sistema per apportare eventuali migliorie. «Gli strumentia disposizione sono tra le cose migliori che si possono fare per mettere in campo dei deterrenti contro i malintenzionati - dice il prefetto Sodano - Servirà l'impegno di Federfarma perché gli strumenti tecnici delle farmacie dovranno dialogare con i nostri». Fracassi ricorda che a livello nazionale le farmacie sono al terzo posto nella classifica degli esercizi che subiscono più rapine. «Spesso sono anche isolate e per questo diventano obiettivo di azioni criminose. Questo accordo dà tranquilllità a noi e ai nostri clienti, faremo tutto quello che si potrà fare perché diventi subito operativo». VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 67 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ACCORDO 21/11/2014 La Repubblica - Bologna Pag. 19 (diffusione:556325, tiratura:710716) Politici, annunci e Sanità DA quanti anni ormai ci troviamo a lottare contro le liste d'attesa nella Sanità, delle difficoltà che incontra un cittadino che voglia effettuare accertamenti diagnostici in strutture pubbliche o quando ci vengono proposte destinazioni assurde. Poi d'improvviso ecco il miracolo. A venti giorni dalle elezioni regionali il signor Bonaccini e l'assessore Lusenti in un'intervista pubblicata su Repubblica il 2 novembre, annunciano "uno strategico piano di intervento per la soluzione dell'annoso e scandaloso problema". Alla lettura dell'articolo mi sono chiesta: ma questi signori dove sono stati fino ad oggi? Non ho mai avuto occasione di conoscere Bonaccini ma mi risulta essere da tempo consigliere regionale; per quanto riguarda il dott. Lusenti, ho avuto occasione in questi anni di segnalargli casi di malasanità, disservizi per quanto riguarda le liste d'attesa e, non ultimo, la grave situazione di disagi e disservizi, venutasia creare con la chiusura tre giorni la settimana del Cup del Poliambulatorio di Baricella, peraltro attivata senza nessuna informazione preventiva e in assenza di servizi alternativi. Nella risposta data da Lusenti alla interrogazione presentata dal consigliere Bignami, si evidenzia chiaramente una mancanza assoluta di conoscenza del territorio di Baricella e, alla mia e-mail a lui inviata con la quale lo invitavo a informarsi e ad ascoltare le richieste dei cittadini che si erano mobilitati e, a far sì che le risorse venissero ridistribuite in maniera più equa, a tutto questo non ha dato nessuna risposta. Si raggiunge il ridicolo quando, nella parte dell'intervista riguardante le garanzie, Lusenti cita: "dovrà essere garantito l'accesso negli ospedali più vicini". Ma non era lui che sentenziava che la chiusura della Maternità dell'ospedale di Porretta non sarebbe stata un problema in quanto le donne in attesa di un bambino potevano tranquillamente partorire all'ospedale Maggiore? Cari signori, è finita l'epoca delle promesse elettorali, i cittadini sono stanchi e arrabbiati. Diana Zanetti VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 68 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LE LETTERE [email protected] 21/11/2014 La Repubblica - Milano Pag. 4 (diffusione:556325, tiratura:710716) I terreni del Policlinico affidati a un ente privato Scontro con la Regione Cesana vuole come direttore il marito della sua portavoce L'assessorato impone la procedura pubblica per gli appalti Sul tappeto la gestione di aree agricole che valgono 800 milioni di euro ALESSANDRA CORICA GIORNATA di tensione tra il Policlinico di Milano e la Regione. Al centro, la questione del patrimonio dell'ente. Che, con i suoi 85 milioni di metri quadrati di terreni agricoli, è il principale proprietario fondiario della Lombardia. La direzione della struttura ha deciso di creare un ente parallelo, la Fondazione sviluppo, con lo stesso cda e lo stesso presidente del Policlinico, ma un altro direttore generale. Obiettivo: far fruttare il patrimonio fondiario e destinare gli utili alla ricerca. Palazzo Lombardia a luglio ha approvato il progetto con una delibera ad hoc, salvo poi negli ultimi giorni frenare sull'ok allo statuto del nuovo ente. Che, pur essendo fondato da un ente pubblico quale il Maggiore, sarà una fondazione di diritto privato. Di qui i dubbi, e lo scontro tra l'ospedale - guidato dal ciellino Giancarlo Cesana - e Palazzo Lombardia. E le modifiche apportate ieri, al termine di un vertice tra i tecnici della direzione generale Salute, gli avvocati della Regione e la direzione del Policlinico, al regolamento del nuovo ente. Il progetto della Fondazione sviluppo è stato elaborato da via Sforza per far fruttare il tesoretto da 800 milioni di euro rappresentato dal patrimonio rurale dell'ospedale. Un progetto ambizioso, che rientra in quello più ampio di valorizzazione del patrimonio del Policlinico che ha portato nei mesi scorsi anche alla creazione di un fondo immobiliare, il Fondo Ca' Granda, per gestire le case dell'ospedale: due settimane fa la Cassa depositi e prestiti è entrata ufficialmente nel progetto, versando oltre 100 milioni di euro. Un'operazione apprezzata dalla Lega: «In un periodo di così grave crisi economica il "Fondo Ca' Granda" interviene sul territorio milanese con un investimento da quasi 350 milioni», ha detto il leghista Massimo Garavaglia, assessore al Bilancio. La creazione della nuova fondazione, che dovrà occuparsi anche del patrimonio artistico (la quadreria del Policlinico conta oltre mille opere), rientra allora in questa operazione. Ma ha sollevato non pochi dubbia Palazzo Lombardia. Soprattutto sul fronte della trasparenza della governance della nuova fondazione. La Regione ha chiesto che il nuovo ente, seppur di diritto privato, applichi il codice pubblico degli appalti, e che non acquisti materiali e macchinari all'ospedale, ma si limiti a erogare i fondi necessari (a garanzia che gli utili ricavati dai terreni siano usati solo per la ricerca e l'assistenza). Sul piatto, anche la nomina del direttore del nuovo ente: l'incarico nelle intenzioni del Policlinico dovrebbe essere assegnato ad Achille Lanzarini, uomo vicinoa Cesana (è sposato con Paola Navotti, portavoce del presidente del Policlinico) e già al lavoro all'ospedale da alcuni anni, nell'ufficio che gestisce il patrimonio e che ha condotto anche le operazioni di sgombero degli stabili di via Canonica e Montello, per molti anni "in mano" alla 'ndrangheta. Gli stabili sono stati venduti l'anno scorso alla Cassa depositi e prestiti per 17 milioni di euro. La nomina di Lanzarini, in quota Comunione e liberazione, non avrebbe convinto appieno i vertici regionali: di qui, la tensione delle ultime ore. Quello del patrimonio del Policlinico è un tema che suscita polemiche da anni. L'ospedale oltre ai terreni agricoli possiede anche 1.390 immobili. Tra questi, molti appartamenti a Milano che, come raccontato da Repubblica, sono in affitto con canoni inferiori a quelli di mercato, seppur situati in zone di pregio. «Non c'è nessuno scandalo - replicano i vertici del Maggiore, il presidente Cesana e il direttore Luigi Macchi - perché il problema della fondazione Irccs è noto da anni. Come da anni è noto che l'attuale cda lo sta affrontando. E anche comunicando: nel 2011 la Fondazione ha avviato la cosiddetta operazione trasparenza, mettendo a disposizione tutti i dati». Anche perché, i canoni di affitto, dicono dall'ospedale, possono essere a canone libero o concordato (con i sindacati), «e il canone dei contratti a canale libero è stato fissato tramite bando pubblico con base d'asta definita dalla valutazione dell'Agenzia delle Entrate». VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 69 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La sanità 21/11/2014 La Repubblica - Milano Pag. 4 (diffusione:556325, tiratura:710716) VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 70 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato GIANCARLO CESANA Presidente della fondazione Policlinico MASSIMO GARAVAGLIA Assessore regionale al bilancio, leghista LE FACCE PER SAPERNE DI PIÙ www.policlinico.mi.it www.istitutotumori.mi.it Foto: VIA SFORZA L'ingresso del Policlinico: contestata la nuova fondazione che gestirà i suoi beni immobili 21/11/2014 La Repubblica - Palermo Pag. 6 (diffusione:556325, tiratura:710716) Slitta la chiusura dei piccoli ospedali L'Ars: "Prima la pagella a tutti i reparti" PASSA la risoluzione "salva-ospedali" in commissione Sanità dell'Ars. E al governo Crocetta non resta che accettare uno stop al piano di riordino che prevedeva l'alleggerimento immediato della rete ospedaliera. Il testo, passato con il parere favorevole della giunta regionale, impegna l'assessorato alla Salute a procedere a una valutazione preventiva di tutti i reparti siciliani, sia pubblici sia privati. Nei fatti viene per ora scongiurata la prevista chiusura di otto piccoli ospedali. VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 71 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PROVVEDIMENTO 21/11/2014 La Repubblica - Roma Pag. 15 (diffusione:556325, tiratura:710716) " Farmacie comunali in sciopero contro la privatizzazione" SCIOPERO dei lavoratori Farmacap contro la privatizzazione della società capitolina che gestisce 44 farmacie comunali, un asilo nidoe servizi sociali. «Il 27 novembre gli oltre 350 lavoratori Farmacap saranno in sciopero e manifesteranno in Campidoglio per chiedere al sindaco e alla sua maggioranza di mantenere la promessa di rilanciare l'azienda speciale pubblica spiega Nando Simeone, delegato Filcams Cgil Farmacap quel giorno si fermeranno le farmacie, l'asilo nido e i servizi sociali». VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 72 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA VERTENZA 21/11/2014 La Stampa - Torino Pag. 55 (diffusione:309253, tiratura:418328) Roma: sì alla riforma "Assunzioni dal 2015" Tensioni sul territorio ALESSANDRO MONDO Roma approva, il Piemonte ribolle. Via libera dal ministero al piano di revisione della rete ospedaliera approvato mercoledì dalla giunta regionale. Apprezzamento totale per il cambio di passo della Sanità piemontese, a detta dell'assessore Saitta, affiancato dal direttore dell'assessorato Moirano: pare che la riforma degli ospedali, unita alla chiusura dei bilanci 2011 e 2012 delle Asl abbia fatto breccia. Risultato: entro fine anno verrà formalizzata alla Regione la possibilità di derogare in parte al blocco del turn-over per le assunzioni di medici e infermieri. «Da gennaio, sempre nel rispetto dei conti delle Asl, dovremmo poter assumere», annuncia Saitta. I direttori Sempre ieri si è chiuso il bando per i nuovi direttori generali delle Asl: 200 le domande arrivate da tutta Italia. «Sarebbe interessante scoprire dov'è finita la proposta di legge sulla trasparenza preparata prima delle elezioni regionali dal capogruppo del Pd Gariglio, con la collaborazione dei radicali», incalza Giulio Manfredi, segretario Associazione radicale Adelaide Aglietta. Le opposizioni Ieri è stata anche la giornata delle prime tensioni, in Regione e sul territorio. Levata di scudi a Moncalieri per la chiusura dell'emodinamica, con il supporto dei Cinque Stelle (Bertola): il vicesindaco Paolo Montagna minaccia un presidio permanente e, fin da subito, una raccolta firme; Saitta apre al confronto con l'amministrazione. In Consiglio regionale Forza Italia (Pichetto) chiede una seduta straordinaria sulla riforma degli ospedali: i berlusconiani e i Cinque Stelle, irritati dalle lungaggini nella trasmissione della delibera, hanno fatto ostruzionismo in commissione Bilancio. Le accuse dei Cinquestelle Particolarmente duro lo scontro con il M5S (Bono, Batzella), che sulla base di un primo esame della delibera, accusano l'assessorato di voler sopprimere anche il servizio di oncologia per il Dea di Casale: «Scelta da stigmatizzare, visto il dramma Eternit». Saitta li accusa di cinismo: «Non sanno leggere i dati. Come possono sostenere che a Casale non ci sarà più l'oncologia quando nella delibera si legge che implementeremo le specialità in base alle competenze e all'alta professionalità lì presenti?». VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 73 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sanità 21/11/2014 La Stampa - Alessandria Pag. 53 (diffusione:309253, tiratura:418328) Caso fustelle nel dimenticatoio PIERO BOTTINO Ci furono le congratulazioni dell'allora ministro della Salute, Renato Balduzzi, ai Nas di Alessandria per l'inchiesta portata avanti a tempo di record. Chissà cosa direbbe ora, quasi tre anni dopo, con la «chiusura indagini» da parte della Procura di Alessandria ancora di là da venire. Ma forse, visto che è passato al Csm, potrebbe interessargli capire che cosa è successo dell'inchiesta sullo scandalo della Farmacia dell'Ospedale. I novesi se ne ricordano bene. Era la fine di gennaio del 2012 quando, dall'oggi al domani, la Farmacia dell'Ospedale fu chiusa dopo un'ispezione dei Nas. Solo il giorno dopo si scoprì che tutto era partito da un'inchiesta de Le Iene, la trasmissione di Italia Uno: erano riuscite a infiltrare un giovane collaboratore dotato di mini camera nella farmacia filmando una serie di comportamenti apparentemente abbastanza abituali, ma al di fuori della norma, anzi della legge. Almeno tre le puntate in cui furono messi in onda servizi sul «caso Novi». Furono filmati sacchi di farmaci senza fustelle (cosa vietata) che venivano poi apposte sulle ricette predisposte da medici compiacenti. Alcune confezioni sarebbero state rivendute, la maggior parte finivano nella spazzatura. L'obiettivo era incassare comunque dall'Asl il corrispettivo, visto che si trattava di farmaci «passati dalla mutua». Era appunto una specie di «mutuo soccorso» quello stabilitosi fra la farmacia e alcuni medici cittadini. La titolare Pierfrancesca Lavezzaro, assieme a tre collaboratrici, fu indagata per truffa all'Asl (che annunciò di volersì costituire parte civile) e si parlò di cinque o sei medici coinvolti, un paio furono addirittura riconosciuti dalle immagini. Ma un conto è la sommaria giustizia in tv, un altro quella vera: fino a quando l'indagine non sarà chiusa non si ha la certezza né sulle persone né sugli eventuali capi d'accusa. I Nas svolsero un lavoro imponente che durò oltre sei mesi: c'erano da controllare 37 mila ricette e 3400 pazienti. Oltre 300 furono sentiti per capire se quei medicinali erano stati veramente prescritti oppure no. Pare che il quadro uscito dagli interrogatori fosse abbastanza inquietante. Atti trasmessi in Procura, poi il lungo silenzio. Nel frattempo la Farmacia dell'Ospedale riapriva, dapprima con un direttore nominato dall'Ordine dei Farmacisti, che però rinunciava, poi il 29 febbraio con due giovani dottoresse, una di Valenza e una di Tortona. Pierfrancesca Lavezzaro invece pare si sia stabilita da tempo in Liguria. Non è che finirà tutto in prescrizione? Di certo il procedimento giudiziario parte con un notevole handicap: il termine per la truffa semplice è di sei anni, ormai tre sono andati. E c'è ancora da chiedere il rinvio a giudizio, ottenerlo, fare il processo in primo grado (salvo patteggiamenti), poi l'eventuale appello e, caso mai, la Cassazione. Ecco, visto come è andato a finire il processo Eternit, anche in questo caso non c'è molto da stare tranquilli. VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 74 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato NOVI LIGURE. furono le «iene» a scoprire il giro di ricette falsificate 21/11/2014 La Stampa - Alessandria Pag. 53 (diffusione:309253, tiratura:418328) Il 28 gennaio, subito dopo la prima punta de Le Iene sul caso fustelle, spuntavano i primi nomi dei medici coinvolti. Alcuni furono addirittura riconosciuti, nonostante le schermature, attraverso i video trasmessi. Rischiano, assieme alla titolare della farmacia. VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 75 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La prima svolta 21/11/2014 Il Messaggero - Ancona Pag. 40 (diffusione:210842, tiratura:295190) JESI Duecento famiglie segnalate dai servizi sociali e altre cento che necessitano di assistenza. Sono numeri da capogiro quelli del Tavolo della Solidarietà, attivato dal Comune di Jesi, per andare incontro alle situazioni di disagio sempre più numerose visto il momento economico. Famiglie straniere ma anche jesine, in netto aumento rispetto a qualche anno fa, che non solo hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese ma che non sanno come sopravvivere. Un'emergenza alla quale il comune ha deciso di rispondere con il progetto Spreco Zero volto ad evitare che le eccedenze alimentari e gli oggetti ancora in buone condizioni finiscano nei cassonetti. L'idea è semplice ma funzionale: supermercati, negozi, aziende mettono a disposizione quei prodotti che non vengono venduti ad esempio perché la confezione non è perfetta o perché sono vicini alla data di scadenza e le associazioni della città si preoccupano di raccogliere i prodotti per ridistribuirli. L'Adra, sezione dell'agenzia umanitaria avventista della città che ha aderito al progetto, ogni settimana distribuisce 90 monoporzioni e risponde alla richiesta di aiuto di 16 famiglie: «Almeno la metà di queste sono jesine - precisa Monia Ceccarelli dell'associazione - qualche anno fa erano solo stranieri. Si tratta dei cosiddetti esodati cioè persone tra i 35 e i 45 anni escluse dal mondo del lavoro per motivi anagrafici che non sanno come andare avanti. Chiedere aiuto per queste persone non è facile, per questo motivo solo una parte viene segnalata dai servizi sociali mentre il resto arriva spontaneamente». Oltre ad Adra è coinvolta anche la mensa di S.Francesco di Paola per la suddivisione dei turni che altrimenti sarebbero doppi. A far funzionare questo meccanismo solidale sono la Gemeaz e la Camst che forniscono i pasti delle rispettive mense, i supermercati Sì con Te, Coop e Ipersimply che mettono a disposizione i prodotti non più commercializzabili, le aziende Fileni, Baldi, Cooperlat e Martellini che garantiscono cibi di prossima scadenza. A questi soggetti e alle associazioni Andra, Amicizia a Domicilio, San Vincenzo de Paoli e Caritas diocesana l'amministrazione dedica il premio nazionale "Vivere a spreco zero" promosso da Last Minute Market assegnato al Comune da una giuria di esperti. La premiazione avverrà lunedì a Bologna, alla presenza del Ministro dell'Ambiente, nell'ambito della convention internazionale "Stop food waste, feed the planet". Il Comune sta lavorando per estendere questo importante servizio anche al recupero di indumenti usati e medicinali. Per questo sono state contattate le farmacie e quelle attività che possono dare il loro contributo. Eleonora Dottori © RIPRODUZIONE RISERVATA VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 76 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tavolo della Solidarieta' per trecento famiglie 21/11/2014 QN - Il Resto del Carlino - Bologna Pag. 26 (diffusione:165207, tiratura:206221) Una mostra per aiutare l'ospedale Wamba UNA MOSTRA, tante visite guidate ed una cena di beneficenza. Con queste iniziative Andrea Venturelli, farmacista di Ponte Ronca, vuole fare conoscere e sostenere l'esperienza dell'ospedale Wamba, uno dei principali presidi sanitari dell'intero Kenya, fondato e voluto da medici cattolici che ogni anno dedicano ferie e risorse alla cura delle popolazioni dell'Africa. «Con il sostegno del consorzio delle farmacie di cui anche noi facciamo parte ho promosso una mostra a Cà la Ghironda con immagini che raccontano la realtà di questo bellissimo ospedale messo in un'area sperduta lontana dalle grandi città», spiega il dottor Venturelli che per queste due settimane (la mostra resterà aperta fino al 30 novembre) farà la guida per classi, parrocchie e gruppi che vogliano conoscere un'esperienza della quale sanitari e volontari italiani sono giustamente orgogliosi. Per dare un aiuto concreto si può acquistare il catalogo della mostra e anche partecipare alla cena in programma il 29 novembre al ristorante Giocondo, presso il museo d'arte zolese. Info www.hellowamba.it Image: 20141121/foto/564.jpg VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 77 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SOLIDARIETA'A PONTE RONCA 21/11/2014 QN - Il Resto del Carlino - Imola Pag. 13 (diffusione:165207, tiratura:206221) SONO andata dalla segreteria della pediatra di mia figlia per rinnovare il libretto dello sportivo di cui ha bisogno sia per motoria a scuola sia per la sua attività sportiva extrascolastica. La segretaria dice che dal 3 novembre è obbligatorio un Ecg e che la prassi prevede che o la scuola o la società sportiva mi rilasci una richiesta, io torni dalla segretaria la quale mi fa un'impegnativa e coi tempi dell'Asl ovviamente il posto ci sarà a primavera 2015. E nel frattempo? Mia figlia non pratica sport? No, abbiamo anche la seconda soluzione ovvero l'Ecg a pagamento e loro hanno il nominativo di un medico che lo fa per 30 euro invece di 35 , tariffa di uno noto ambulatorio privato imolese. Le dico che mi rifiuto perchè è un chiaro gesto di clientelismo e che farò per mia figlia un'autodichiarazione sperando che per il momento basti. A casa comincio a fare ricerche su internet e trovo che per l'attività non agonistica' non è obbligatorio l'Ecg, ma al limite dopo la visita sono i medici a prescrivere accertamenti specifici. Provo a chiedere in Farmacia e mi dicono che c'è una direttiva della Regione che obbliga quindi per l'attività sportiva non agonistica almeno un Ecg (vale anche se lo hai fatto dai 5 anni in su). Chiamo la Medicina sportiva ma non risponde nessuno. Allora chiamo l'Urp dell'Asl dove una prima impiegata non ne sa nulla e la seconda mi dice che questa settimana il direttore dell'Asl e i medici stanno mettendo a punto un iter privilegiato per i minori che devono fare questo Ecg. Ora se le cose stanno così la situazione è davvero grave innanzitutto perché le famiglie non hanno avuto le giuste informazioni da nessuno e in più si inducono i cittadini ad un esborso ad un medico messo a disposizione apposta per farti un esame che a quanto pare non è obbligatorio. Sarebbe interessante che la cosa venisse chiarita per tutti i genitori nella mia stessa situazione, anche perché in linea di principio sono d'accordo col provvedimento ma mi rifiuto di fare un esame a pagamento visto che mantengo già un sistema sanitario nazionale. Annalisa Gagliano, Dozza VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 78 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il libretto dello sportivo? Un'odissea 21/11/2014 QN - Il Resto del Carlino - Rovigo Pag. 4 (diffusione:165207, tiratura:206221) Vendeva medicinali scaduti da tre anni Farmacista condannato a cinque mesi Roberta Merlin CONTINUAVA a vendere farmaci scaduti. E lo faceva da almeno tre anni. Il farmacista Romeo Tomaini, di Frassinelle, è finito nei guai in seguito a un controllo dell'Ulss 18, effettuato nell'ambito di indagini periodiche di settore, realizzate a tutela dell'ambiente e della salute pubblica. Sul bancone della sua farmacia, infatti, sono state rivenute numerose confezioni di farmaci scaduti da almeno tre anni. Non solo medicine da banco', ma anche antibiotici e altri medicinali per la cura di patologie mediche anche importanti. Il farmacista, davanti all'azienda sanitaria e in aula, si è difeso dicendo di non essersi accorto, in mezzo al grande quantitativo di merce presente sugli scaffali, della presenza di queste scatole, non più commerciabili secondo la legge. Una distrazione che però non è passata inosservata all'attento controllo dei sanitari, che hanno subito provveduto a denunciare il farmacista per detenzioni di medicinali scaduti. E il tribunale di Rovigo non l'ha perdonato: ieri mattina il giudice Laura Contini ha dunque condannato il farmacista di Frassinelle a cinque mesi di reclusione, pena sospesa, e a una multa di 70 euro. Un episodio, quello dei farmaci scaduti, che ha destato molta preoccupazione tra i clienti della frequentatissima farmacia, soprattutto per chi non ha l'abitudine di controllare la scadenza dei farmaci anche appena acquistati. Anche se il periodo di validità dei medicinali viene deciso dal produttore sulla base di studi di stabilità condotti prima della commercializzazione del farmaco e l'evenienza che, alla data di scadenza, il farmaco abbia cambiato la sua tossicità generale è piuttosto rara. In pratica, l'arco di tempo definito come periodo di stabilità', definito dalla data di scadenza , serve a garantire l'efficacia del prodotto. Secondo la farmacopea italiana un medicinale deve infatti mantenere almeno il 90% delle quantità in principi attivi dichiarati in etichetta per tutto il suo tempo di validità. L' articolo 443 del codice penale stabilisce però che chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni'. Roberta Merlin VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 79 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato FRASSINELLE POLESINE ROMEO TOMAINI E' FINITO NEI GUAI PER UN CONTROLLO DELL'ULSS 21/11/2014 QN - Il Giorno - Lodi Pag. 3 (diffusione:69063, tiratura:107480) Succo di mela, etilometro e testper evitare incidenti e vittime «Ora la legge sull'omicidio stradale» LAURA DE di LAURA DE BENEDETTI LODI SUCCO di mela al posto dell'alcol, etilotest monouso in omaggio e un percorso da compiere fra birilli indossando occhiali che simulano la percezione visiva distorta che si ha quando si è ubriachi. L'iniziativa, che si svolgerà domenica dalle 9 alle 12,30 nelle piazze della Vittoria e Broletto, è promosso dall'Associazione familiari e vittime della strada (Aifvs) e dal Comune di Lodi con l'Azienda farmacie comunali. «I produttori della Val di Non porteranno succo di mela, da degustare a offerta libera spiega Marina Dordoni, referente Aifvs . Lo slogan sarà guida con calma; tornare a casa è bello'. Io ne sono qualcosa: ho perso mio marito e tre cugini in incidenti: spesso, dopo anni di tribunali, non arriva giustizia e c'è solo tanto dolore». L'assessore Simone Piacentini aggiunge: «Come immagine della campagna abbiamo scelto una candela che si spegne, lasciando una scia di fumo: quando muore qualcuno, resta il ricordo. La velocità uccide, ma non è la sola: ci sono anche abuso di alcol e droghe sottolinea l'assessore Simone Piacentini . Mi auguro sia approvata la legge sull'omicidio stradale». «IN QUESTI due mesi di servizio spiega Angelo Di Legge, comandante polizia locale ho predisposto 4 servizi notturni: 6 persone sono risultate positive all'etilometro, 15 negative. E quando, come 7 giorni fa, una persona che barcollava si è rifiutata di sottoporsi al test, è scattata automaticamente la sanzione, come fosse un'ammissione di colpa. L'obiettivo non è fare repressione: segnaliamo la nostra presenza con i cartelli, facciamo educazione stradale nelle scuole e, domenica, vogliamo far capire cosa significa bere e mettersi al volante: chi indosserà quegli appositi occhiali, oltre a compiere il percorso, dovrà cercare di aprire un lucchetto. Mostreremo le nostre apparecchiature e distribuiremo etilotest: non misurano il livello di alcol ma danno responso positivo o negativo. Nei prossimi giorni si riunirà l'osservatorio provinciale; intanto, stiamo partecipando a un bando regionale per acquistare lo strumento che rileva l'uso di droghe». L'assessore Andrea Ferrari anticipa: «Vogliamo parlare con i titolari dei locali perché si dotino di etilotest». [email protected] VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 80 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INIZIATIVA IN PIAZZA VITTORIA E BROLETTO 21/11/2014 Il Secolo XIX - Imperia Pag. 15 (diffusione:103223, tiratura:127026) MA IPERCOOP RESISTE ALLA CRISI: IN UN MESE ASSUNTI (O RIASSORBITI) 33 LAVORATORI SILVIA CAMPESE SAVONA. In un momento estremamente drammatico per l'occupazione, qualche segnale positivo arriva dal Centro Commerciale il Gabbiano di corso Ricci. Nonostante alcune chiusure e alcuni passaggi da un marchio ad un altro, il saldo dell'ultimo mese risulta più che positivo. Tra ottobre e novembre, infatti, sono 33 i lavoratori assunti o riassorbiti dalle nuove aperture. Un segnale positivo che permette di tirare un sospiro di sollievo e di garantire un Natale sereno a quelle famiglie che temevano di trovarsi senza un'entrata proprio sotto le feste. A temere per il futuro erano stati soprattutto i lavoratori del Brico, travolti dalla crisi e dalla concorrenza di altri centri commerciali nel savonese. La svolta, al centro commerciale in cui sorge l'Ipercoop, è stata segnata con forza da due nuove aperture: la Farmacia Saettone, che ha dato occupazione a nove dipendenti, e l'apertura, nell'ex sede di Brico, al piano terra, del marchio Scarpe & Scarpe, che ha controbilanciato e riassorbito i dipendenti lasciati a casa dal "Fai da te" e ha creato nuovi posti occupazionali. Per un totale di 24 nuovi posti di lavoro. Un numero significativo a fronte delle continue chiusure che si registrano in città e in altri centri commerciali. Soddisfazione da parte di Coop Liguria che ha lavorato, insieme ai sindacati, per "salvare" i lavoratori perdenti posto e per invitare nuovi marchi ad approdare nel centro più longevo di Savona. «Abbiamo lavorato molto -dicono da Coop Liguria - per tutelare i lavoratori e per individuare nuovi partner per il centro commerciale Il Gabbiano. Quello che ci impegna soprattutto è la ricerca di interlocutori che investano a lunga scadenza, credendo nell'operazione intrapresa, e che, soprattutto, abbiano la serietà di garantire, a fine mese, lo stipendio ai dipendenti». Al giorno d'oggi, purtroppo, un fatto non scontato. «Per questo siamo soddisfatti - concludono - sperando che questa controtendenza rispetto al generale andamento del terziario si confermi anche nei prossimi mesi». Dopo la crisi dell'industria, infatti, il commercio è uno degli ambiti che più sta risentendo dello stallo economico, con ovvie ricadute sugli operatori, costretti in molti casi a chiudere. Un segnale, quindi, che fa ben sperare e che dovrà essere confermato nei prossimi mesi ma che permette di guardare al futuro con un po' più di ottimismo. Foto: Il centro commerciale "Il Gabbiano" VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 81 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato AL CENTRO "IL GABBIANO" DUE NUOVE APERTURE: LA FARMACIA SAETTONE E "SCARPE & SCARPE" 21/11/2014 Il Secolo XIX - La spezia Pag. 25 (diffusione:103223, tiratura:127026) La visita? Un terno al lotto Più facile trovare posto se ci si rivolge al Cup piuttosto che in farmacia SILVA COLLECCHIA «PRENOTARE una visita specialistica o un esame diagnostico a Sarzana? E' come giocare al lotto: se sei fortunato, ma soprattutto se scegli "la strada giusta" o il momento adeguato, fai presto, altrimenti conviene rivolgersi altrove. Se poi ha soldi in tasca, vai da un privato senza pensarci troppo su». E' questo l'amaro sfogo di un pensionato sarzanese di 77 anni. Il nonnino ha problemi alla prostata e fa fatica a camminare a causa di una lombo sciatalgia che non gli dà tregua. Purtroppo si tratta di due patologie per le quali, al momento è davvero difficile fare una prenotazione per essere curati. Da una parte vi è il problema legato alle liste d'attesa che pare non finiscono più, dall'altro in discussione è anche il metodo per la prenotazione. Infatti chi prenota tramite Cup, ha maggiori possibilità di trovare un posto in tempi ravvicinati. I problemi sorgono spesso per le prenotazioni telefoniche tramite l'apposito numero verde dell'Asl e quelle effettuate da parecchie farmacie. I dati che Il Secolo XIX ha verificato di persona sono indicativi. Per recarsi dal fisiatra per curarsi i dolori che affliggono la maggior parte delle persone, (come l'anziano che si è rivolto al Secolo XIX) a Sarzana l'agenda non è disponibile fino a febbraio ad accettare nuove prenotazioni. «La visita fisiatrica le garantiamo che sarà fatta entro il 2015 - ci dicono al telefono - ma al momento non sappiamo quando». Ma non è tutto. Dall'Asl 5 ci assicurano che il Distretto avrebbe aperto una finestra per le prenotazioni per i primi tre mesi del nuovo anno e che pertanto è possibile essere visitati in tempi abbastanza contenuti. Per quanto siamo riusciti a comprendere, l'inghippo starebbe nel fatto che l'operatore telefonico addetto alle prenotazioni "vede" solo posti disponibili nella sua griglia relativi ai 30 giorni successivi dal momento della chiamata. Pertanto essendo ancora novembre al momento nessun posto libero per una visita fisiatrica sarebbe visibile per i prime tre mesi dell'anno nuovo nonostante siano stati resi disponibili dal Distretto. Per urologia, dove prenotare una visita è davvero complicato e i tempi sono biblici, viene a galla un paradosso all'italiana. Se è vero che per essere visitati normalmente dall'urologo di turno bisogna attendere a lungo per chi soffre di calcoli e accede direttamente al Centro di calcolosi del San Bartolomeo, il tempo massimo per la prima visita (salvo in casi eccezionali), non supera i 10 giorni. Anche in questo caso i dati non hanno bisogno di alcun commento. I pazienti che saranno visitati questa mattina hanno tutti prenotato nel periodo di tempo compreso tra il 27 ottobre e il 17 novembre. Ma anche in questa "isola felice" della sanità locale si registra un'anomalia nelle prenotazioni che confermerebbe che qualcosa non funziona a dovere al momento dell'appuntamento. Infatti tra le visite in programma stamani (nonostante nei mesi precedenti non vi siano stati nè intoppi nè problemi e le visite siano state tutte fatti in tempi veloci) una persona ha fatto la prenotazione il 17 giugno scorso: ben cinque mesi fa. Foto: LISTE CHIUSE A FISIATRIA Foto: Le nuove prenotazioni si potranno fare solo nel 2015 Foto: Pazienti in attesa di prenotare una visita specialistica al Cup VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 82 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SLALOM DEI PAZIENTI TRA LISTE D'ATTESA E DIVERSI SISTEMI DI PRENOTAZIONE 21/11/2014 QN - La Nazione - Empoli Pag. 15 (diffusione:136993, tiratura:176177) Mario Mannucci NUOVE nomine per le società partecipate di Pontedera. Per la Fondazione Pontedera Teatro il Comune ha prorogato per un anno i suoi rappresentanti, mentre per l'azienda delle farmacie li ha rinnovati. Come è noto, l'amministrazione comunale ha da tempo aperto a tutti i cittadini la possibilità di entrare nei consigli delle società partecipate, rapporto che pur resta fiduciuario e sotto la completa responsabilità del sindaco. E se aveva sollevato aspre polemiche la conferma di Fabio Minisci nel cda di Ecofor (che si occupa di rifiuti industriali) per la società della farmacie ex comunali, dove il comune è in minoranza rispetto alla società Alliance, sono stati prescelti Paolo Mannini, quarantottenne di Viareggio, per il consiglio di amministrazione (prende il posto di Renzo Ciangherotti), Fabrizio Tellini, 51 anni di Pisa come sindaco revisore e Francesco Scuffi, 42 anni di Bientina, revisore supplente. Come detto, c'è invece la proroga per un anno di Antonio Chelli, 60 anni, alla presidenzae della Fondazione Teatro, Sergio Giuntoli, 64 anni nel consiglio di amministrazione, Matteo Sarti e Barbara Simoneschi sindaci revisori. Tutti di Pontedera. Mario Mannucci VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 83 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Nuove nomine per le partecipate 21/11/2014 QN - La Nazione - Livorno Pag. 14 (diffusione:136993, tiratura:176177) «Querela-boomerang per Lippi e i suoi assessori» CECINA «LA QUERELA del sindaco alla Lista Arcobaleno sarà un boomerang. Ancora più sorprendente è la compattezza con cui la giunta ha appoggiato l'iniziativa del sindaco. Questi assessori dimostrano un basso spessore politico, danno l'impressione di essere in balia degli umori del sindaco». Lo aferma il Movimento 5 Stelle di Cecina, che affermna ancora: «Nell'arena politica bisogna accettare qualsiasi critica, anche quelle forti e indirizzate personalmente, anche quelle eventualmente scorrette. A queste si risponde con i fatti, dimostrando di essere una persona per bene: il tempo è la migliore medicina, chiude la bocca ai delatori». «LA MOSSA del sindaco aggiunger il M5S dimostra un certo nervosismo, abbiamo la sensazione che si voglia mandare un avviso ai naviganti, puntare una istola a colui che ha intenzione di muovere una critica. Ci chiediamo fra l'altro se questa querela sarà a carico dei cittadini o l'avvocato sarà pagato personalmente dal sindaco e dai componenti della giunta? Il Comune ha molti problemi di bilancio, non dispone di grandi risorse e non crediamo sia salutare spendere denari in questo modo». E ANCORA: «Sulle vendita delle farmacie, dopo una prima disponibilità che però è stata tradita dal neo sindaco, anche il Movimento 5 Stelle è stato molto duro nelle sue critiche. Sia chiaro: il M5S non rinnega una sola parola di quanto dichiarato sui mezzi d'informazione. Chiediamo al sindaco Lippi e a tutti gli assessori di ritirare la querela e riportare il confronto politico nel suo alveo naturale. Pertanto, vi chiediamo di fermarvi e riflettere. Se non intendente recedere assumetevi le eventuali spese, i cittadini non hanno nessuna voglia di spendere i loro soldi in questo modo. La vostra iniziativa rischia di far piombare la dialettica politica, il sale della democrazia, in un Vietnam giudiziario. Vi è il rischio di un quinquennio di accuse, di querele e controquerele, di testimoni e delatori. L'avallo politico della querela da parte del Pd è la notizia più triste, poteva essere il momento della riflessione, di una sospensione del giudizio». «E INVECE NO concludono i grillini anche qui ha prevalso la teoria dell'uomo forte al comando. Noi del M5S non ci stiamo e non ci facciamo silenziare da nessuno, diremo tutto quello che i cittadini avranno il diritto di sapere, la verità, costi quel che costi. Siamo convinti che la strategia del sindaco e del Pd, che probabilmente a questo punto è la stessa cosa, non funzionerà e darà solo fiato alle trombe alle opposizioni; una parola, opposizioni: parola che con tutto il rispetto le consigliamo di scrivere nel suo diario, signor sindaco. Ebbene si, esistiamo!». Image: 20141121/foto/1106.jpg VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 84 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CECINA ANCHE I 5 STELLE CONTRO LA MOSSA DEL SINDACO: «ADDIO SALE DELLA DEMOCRAZIA» 21/11/2014 QN - La Nazione - Prato Pag. 11 (diffusione:136993, tiratura:176177) Ruba integratori, arrestato ORE 11 di mercoledì mattina, in una farmacia Etrusca affollata di clienti, va in scena una rapina impropria con il malvivente, vistosi scoperto dai dipendenti, che inizia a tirare calci e a scaraventare contro di loro qualsiasi cosa gli si parasse sotto mano. Ma è stata la prontezza dei farmacisti e del personale del dottor Gennaro Brandi a bloccare la furia di un cinese di 46 anni che ha fatto man bassa di prodotti costosi, integratori di olio di pesce. Era da qualche giorno che alla farmacia Etrusca il cinese, che poi è stato arrestato da una volante della polizia di Stato, era tenuto sott'occhio proprio perché oltre a prendere prodotti come acqua distillata e siringhe al banco era stato visto arraffare prodotti costosi. E l'altra mattina, il cinese, conosciuto per essere un consumatore di droga, aveva nascosto sotto la giacca otto scatole di integratori ricchi di Omega 3, che poi avrebbe rivenduto per riprendere dai 20 ai 50 euro, per un valore di circa 300 euro. I dipendenti della farmacia si sono avvicinati all'orientale e gli hanno detto di rimettere la roba al suo posto; a queste parole ha reagito dando in escandescenza, forse perché sotto effetto di sostanze stupefacenti. A questo punto sono stati fatti uscire i clienti dalla porta posteriore e il cinese è stato trattenuto grazie all'intervento di tutti i dipendenti, anche un filippino che lavora in farmacia. Arrestato dai poliziotti, il cinese è stato processato per direttissima al Tribunale di Prato. L'orientale è recidivo e la Procura ha chiesto la custodia cautelare in carcere. Image: 20141121/foto/1905.jpg VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 21/11/2014 85 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL FATTO BLOCCATO DAI FARMACISTI DELL'ETRUSCA PROFESSIONI 3 articoli 21/11/2014 Internazionale - N.1078 - 21 novembre 2014 Pag. 40 (tiratura:130000) Parliamo di aborto Scegliere di interrompere una gravidanza ha la stessa valenza morale della decisione di avere un figlio. Ma la guerra contro la libertà delle donne continua. La denuncia di una scrittrice statunitense Katha Pollitt, The Nation, Stati Uniti Io non ho mai abortito, ma mia madre sì. Non me ne parlò mai, ma stando a quanto ho ricostruito dopo la sua morte dal suo dossier dell'Fbi - che mio padre, il vecchio estremista, aveva richiesto insieme al suo successe nel 1960, perciò come quasi tutti gli aborti di quell'epoca fu illegale. L'agente che si occupava del suo dossier scrisse che quella primavera era in cura da un medico per problemi ginecologici, e mi piace pensare che fosse un modo cavalleresco per metterla al riparo da ulteriori indagini, ma forse ne era all'oscuro anche lui e si limitò a scrivere quello che sapeva. Per un certo periodo sono stata arrabbiata con lei, come si è arrabbiati con i morti per aver conservato i loro segreti fino a quando è troppo tardi per fare domande. Pensavo di avere diritto a un po' di onestà, invece dei racconti - o almeno in aggiunta a questi - sulle nove proposte di matrimonio che aveva già ricevuto quando conobbe mio padre, se ne innamorò al primo sguardo e fuggì con lui tre mesi dopo, appena compiuti i 21 anni. Sapere che aveva abortito avrebbe potuto aiutarmi. Avrebbe potuto fornirmi un'immagine più realistica della vita quando ero una donna giovane e molto romantica senza la minima idea di come stessero le cose. Quando mi chiedo perché da tanto tempo sono assillata dal problema del diritto all'aborto, mi domando se aver saputo dell'aborto di mia madre - la sua illegalità, il fatto che non l'avesse detto a mio padre, l'impossibilità di conoscere le sue ragioni o i suoi sentimenti su quella esperienza - non sia parte della risposta. Mi sorprendo a chiedermi: l'intervento fu eseguito da un vero medico? Fu gentile con lei? Rispettoso? Fece del suo meglio per evitarle il dolore? Lei si fece accompagnare da qualcuno? Ricordo di averla sentita parlare con la sua amica Judy di un'altra donna che aveva avuto "un raschiamento", l'eufemismo che all'epoca si usava spesso per indicare un aborto, perciò forse la sua cerchia di amiche la indirizzò da un buon medico. Forse la sua amica Judy la aspettò nella sala d'attesa - se c'era una sala d'attesa - e dopo la riportò a casa in taxi e le fece una tazza di tè. Spero di sì. Sarebbe ingiusto se la mia dolce, fragile mamma avesse dovuto affrontare tutto questo da sola. Cosa significa che mia madre aveva dovuto violare la legge per porre termine a una gravidanza? Significa che l'America sostanzialmente le aveva detto: è il ventesimo secolo, perciò ti permettiamo di votare e andare all'università, di avere una famiglia e un lavoro - non un gran lavoro, non quello che desideravi, perché purtroppo quello è riservato agli uomini - e i tuoi conti aperti ai grandi magazzini, e il tuo abbonamento all'Heritage book club. Ma sotto questa normale e progressista vita borghese della New York di metà novecento c'è la vita segreta e clandestina delle donne, e quella devi gestirtela fuori dalla legalità. Se l'operazione va storta, muori o la polizia ti arresta, potrai prendertela solo con te stessa, perché la vera ragione per cui sei sulla Terra è partorire figli, e puoi sottrarti a questo dovere solo a tuo rischio e pericolo. Oggi è diverso Mi chiedo se mia madre sapeva che sua nonna era morta di aborto dopo aver dato alla luce nove figli, quando era ancora in Russia durante la prima guerra mondiale, o se la madre l'aveva tenuta all'oscuro di quel segreto come lei aveva fatto con me. La vita delle donne oggi è diversa, così diversa che corriamo il rischio di dimenticare com'era un tempo. Legalizzare l'aborto non ha semplicemente salvato le donne dalla morte, dalle lesioni fisiche e dalla paura di essere arrestate, non ha solo permesso alle donne di studiare e lavorare liberandole dai matrimoni forzati e dai troppi figli. Ha cambiato il loro modo di vedere se stesse: non più madri per destino, ma per scelta. Finché ha la possibilità di abortire, perfino una donna convinta che l'aborto sia un omicidio compie una scelta quando decide di tenersi il bambino. Può sentirsi in dovere di avere quel figlio: Gesù o i suoi genitori o il suo ragazzo le dicono che deve farlo. Ma in realtà non è obbligata. Sceglie di avere quel bambino. La sentenza Roe contro Wade (con cui, nel 1973, la corte suprema statunitense ha di fatto neutralizzato le restrizioni di molte leggi americane sull'aborto) ha dato alle donne una PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/11/2014 87 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato In copertina 21/11/2014 Internazionale - N.1078 - 21 novembre 2014 Pag. 40 (tiratura:130000) PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/11/2014 88 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato libertà che non è sempre gradita - anzi, a volte è piuttosto dolorosa - ma è diventata parte integrante di quello che sono. Una cosa che quella sentenza non ha fatto, però, è rendere l'aborto una questione privata. Un mese fa la corte suprema ha bloccato una legge del Texas che imponeva alle cliniche dove si poteva abortire requisiti così onerosi in tutto lo stato ne erano rimaste aperte solo otto; la Louisiana ha approvato una legge simile, ora temporaneamente bloccata da un giudice; i legislatori del Missouri adesso pretendono un periodo di attesa di 72 ore per chi si rivolge all'unica clinica superstite dello stato. A volte aspetto di leggere queste notizie e penso: che strano, il parere del giudice Harry Blackmun nel caso Roe contro Wade metteva al centro la privacy, ma la parte più privata del corpo di una donna e la decisione più privata che potrebbe dover prendere nella sua vita non sono mai state così pubbliche. Tutti possono interferire - perfino, secondo i cinque cattolici conservatori della corte suprema, i datori di lavoro. Se l'amministratore delegato di Hobby Lobby, la catena di negozi per il tempo libero, decide che cose come la pillola del giorno dopo e la spirale sono "abortive" e proibite da Dio, allora ha il diritto di escluderle dalla sua copertura sanitaria, anche se non sa come funzionano questi metodi. È religione, i fatti non contano, soprattutto quando è in gioco la libertà delle donne. Forse l'errore di Blackmun fu proprio pensare che una donna potesse rivendicare il diritto alla privacy. La casa di un uomo è il suo castello, ma il corpo di una donna non è mai stato completamente suo. Storicamente, è appartenuto alla nazione, alla comunità, al padre, alla famiglia, al marito (nel 1973, quando fu emessa la sentenza sul caso Roe, lo stupro coniugale era legale negli Stati Uniti). Perché non dovrebbe appartenere anche a un ovulo fecondato? E se quell'ovulo ha il diritto di vivere e crescere nel suo corpo, perché una donna non dovrebbe essere considerata legalmente responsabile del destino dell'embrione e costretta a un parto cesareo se il dottore ritiene che sia meglio così, o essere messa sotto accusa se assume sostanze illegali e partorisce un bambino morto o malato? Incidenti come questi si ripetono negli Stati Uniti già da qualche tempo. Negare alle donne il diritto di interrompere la gravidanza è l'altro modo di punire le donne per il loro comportamento durante la gravidanza, e se non proprio punire, almeno controllare. A marzo del 2014 il parlamento del Kansas ha avanzato una proposta di legge che impone ai medici di denunciare ogni aborto, spontaneo o meno, anche all'inizio della gravidanza. Viene quasi da pensare che le persone contrarie all'indipendenza delle donne e alla loro partecipazione alla vita sociale siano ancora all'attacco. Non possono far tornare indietro le donne del tutto, ma possono usare il loro corpo per tenerle sotto sorveglianza. E questa rilessione genera un desiderio. Il rimedio ideale Sicuramente - mi scopro a fantasticare - esiste qualcosa, una qualche sostanza di uso comune, che le donne possono bere dopo il sesso, o alla fine del mese, per non restare incinte senza che nessuno lo sappia. Qualcosa che si possa comprare al supermercato, o magari diverse cose da mescolare insieme, prodotti così sicuri e comuni che non possano mai essere vietati, da preparare a casa, in grado di ripulire l'utero e lasciarlo rosa, lucido e vuoto senza bisogno di sapere se eri incinta o stavi per rimanerlo. Un infuso di Earl Grey, Lapsang souchong e cardamomo macinato, poniamo. O la Coca-Cola con un cucchiaino di Nescafé e una spolverata di pepe di cayenna. Cose che avete già in un armadietto, in attesa che una persona intelligente le metta insieme, una madre casalinga laureata in chimica che armeggia in cucina a tarda notte. Qualcosa come i miscugli di erbe che la scrittrice Jamaica Kincaid ricorda della sua infanzia: "Quando ero piccola e vivevo in un'isola dei Caraibi, un'isola abitata per lo più da discendenti di continua a pagina 45 » gente portata lì dall'Africa con la forza, ogni tanto mia madre e le sue amiche si riunivano in un punto del nostro giardino e chiacchieravano sorseggiando una bevanda calda e molto scura che avevano fatto con diverse foglie e la corteccia degli alberi. Senza che mi dicessero esplicitamente qualcosa, alla fine mi resi conto che queste pozioni servivano a liberare il ventre da qualunque cosa potesse ostacolare la loro capacità di gestire l'andamento quotidiano delle loro vite. Questa pulizia del ventre, in altri termini, era una componente dell'economia domestica". Provate a pensarci: nessun farmacista che si rifiuta di accettare la vostra ricetta per l'anticoncezionale o la pillola del giorno dopo; nessun fanatico religioso che vi insegue nel parcheggio della clinica gridando "Infanticida!" e vi toglie la targa dalla macchina, sperando che vi salga la pressione del sangue e l'intervento sia rinviato, nessun bisogno di informare i vostri genitori o di ottenere il loro permesso. Tutto il complicato 21/11/2014 Internazionale - N.1078 - 21 novembre 2014 Pag. 40 (tiratura:130000) PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/11/2014 89 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sistema che oggi governa l'aborto scomparso per sempre. La pillola abortiva RU486, oggi più conosciuta come mifepristone, puntava a raggiungere questo obiettivo: qualunque medico poteva prescriverla nel suo studio e nessuno doveva esserne informato. Un'inchiesta pubblicata nel 1999 dal New York Times Magazine la definiva "la piccola bomba" che "può riscrivere la politica e la percezione dell'aborto" anticipandolo e reintegrandolo nella normale prassi medica. È l'antica speranza che una sola scoperta tecnologica o scientifica basti a risolvere una volta per tutte un problema sociale. Ma questa fantasticheria ci fa dimenticare che la nuova scoperta sarà comunque inserita nel sistema esistente e coinvolgerà gli esseri umani esistenti. Per una serie di ragioni - la dificoltà nel procurarsi il farmaco, le leggi che regolamentavano l'aborto farmacologico con la stessa severità di quello chirurgico, la paura degli antiabortisti - solo pochi medici che non si erano mai occupati di aborto hanno cominciato a prescriverla. Che le donne vogliano interrompere precocemente la gravidanza, che molte di loro preferiscano un farmaco alla chirurgia, che sarebbe un bene liberare le donne dall'incubo degli antiabortisti, tutto questo non ha avuto nessuna importanza. Quello che le donne vogliono semplicemente non conta. "Fidatevi delle donne" è uno slogan famoso nel movimento per il diritto all'aborto. Suona un po' sentimentale, non è vero? Fa parte del vecchio armamentario femminista, come quel "potere della sorellanza" che oggi molte persone considerano ridicolo. Ma "fidatevi delle donne" non significa che ogni donna è saggia e buona e ha magici poteri d'intuizione. Significa che nessun altro può prendere una decisione migliore perché nessun altro vive la sua vita, e dal momento che sarà lei a dover convivere con quella decisione - non voi, non i legislatori dello stato o la corte suprema - è molto probabile che stia facendo del suo meglio in una situazione dificile. Mezze misure Il dottor George Tiller, che praticava l'aborto a Wichita, in Kansas, ed era uno dei pochissimi a eseguire l'intervento anche dopo la ventiquattresima settimana, sfoggiava una spilla con la scritta "Fidatevi delle donne". A differenza della grande maggioranza degli statunitensi, non condannava una donna che chiedeva di abortire in fase di gravidanza avanzata giudicandola pigra o stupida o troppo impegnata a fare sesso per occuparsi del problema con maggior anticipo. Non pensava che il corpo smettesse di essere suo perché era incinta. Ebbene, ecco cosa ha ottenuto fidandosi delle donne: nel 2009 è stato ucciso in chiesa a colpi di pistola da Scott Roeder, un attivista cristiano di estrema destra nemico del governo e dell'aborto, convinto di avere il diritto di uccidere perché, come disse a un giornalista, "le vite dei bambini non nati erano in pericolo". Mentre il processo Roe contro Wade seguiva il suo percorso nei tribunali e vari stati riformavano le loro leggi per consentire l'aborto in caso di stupro, incesto, malformazione fetale e altre situazioni particolari, la femminista radicale Lucinda Cisler, che dirigeva l'organizzazione New Yorkers for abortion law repeal (newyorchesi p er l'abrogazione della legge sull'aborto), metteva in guardia dalle mezze misure che lasciavano le donne nelle mani dello stato e dei medici. Temeva che, una volta stabilite delle limitazioni al diritto fondamentale di abortire, "in seguito per giudici e legislatori sarebbe stato molto dificile cancellarle". A un'assemblea pubblica sollevò un foglio di carta con la legge ideale sull'aborto: era bianco. Cisler giudicò la Roe contro Wade una sconfitta, e probabilmente aveva ragione, perché quelli che allora sembravano dettagli secondari con il tempo si sono rivelati pericolosi punti deboli. La straordinaria deferenza mostrata nei confronti dei medici e delle loro valutazioni confermò l'idea che la volontà della donna di mettere fine a una gravidanza di per sé non bastasse: doveva essere approvata da un'autorità rispettabile, all'epoca quasi sempre un uomo. Inoltre, il divieto quasi assoluto di un aborto tardivo implicava l'idea che il feto avesse diritti superiori a quelli della donna. Non è difficile vedere come questi semi siano germogliati nella mortificante trafila di oggi, che sostanzialmente nega la capacità della donna di decidere indipendentemente sulla sua gravidanza: informazione e consenso dei genitori o in alternativa autorizzazione del giudice, periodi di attesa, consultori familiari, testi imposti dal governo pieni di propaganda antiabortista che i medici devono leggere alle pazienti e così via. In un certo senso, però, Lucinda Cisler aveva anche torto: se nel 1973 la corte suprema avesse convenuto che la migliore legge sull'aborto era non averne nessuna, probabilmente oggi ci troveremmo più o meno allo stesso punto. Avrebbero prevalso il potere e la determinazione del movimento antiabortista e gli scrupoli, le esitazioni e la mancanza di impegno di quasi tutti quelli che a parole sono favorevoli alla libertà di 21/11/2014 Internazionale - N.1078 - 21 novembre 2014 Pag. 40 (tiratura:130000) PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/11/2014 90 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato scelta femminile. È semplicemente dificile accettare che le donne appartengano a se stesse. Eppure le donne continuano a provarci. Rimandano il pagamento dell'afitto o delle bollette per racimolare i 500 dollari necessari a un aborto nel primo trimestre. Attraversano in auto diversi stati per raggiungere una clinica e dormono in macchina perché non possono permettersi un motel. Non lo fanno perché sono sgualdrine senza cuore, o perché odiano i bambini o perché non sono consapevoli delle alternative. Le alternative le conoscono fin troppo bene. Viviamo, come ha scritto la giornalista femminista Ellen Willis, in una società "attivamente ostile alle aspirazioni delle donne a una vita migliore. In questo contesto la donna con una gravidanza non desiderata rischia una terribile perdita di controllo sul proprio destino". L'aborto, sosteneva Willis, è una forma di autodifesa. Probabilmente non lo consideriamo in questo modo perché non crediamo che le donne abbiano il diritto a un sé. Si pensa che debbano vivere per gli altri. Caratteristiche che sono considerate normali e auspicabili negli uomini - ambizione, fiducia in se stessi, franchezza - sono percepite come egoistiche e aggressive nelle donne, soprattutto quando hanno figli. Forse è per questo che la privacy delle donne conta così poco nel dibattito sull'aborto: solo un sé può avere una privacy. E solo a un sé si può riconoscere l'uguaglianza. Molte giuriste femministe, compresa la giudice della corte suprema Ruth Bader Ginsburg, hanno sostenuto che l'aborto avrebbe dovuto essere legalizzato per motivi di uguaglianza piuttosto che di privacy. La gravidanza e il parto, dopotutto, non sono solo esperienze fisiche e mediche. Sono anche esperienze sociali che, negli Stati Uniti di oggi, così come quando l'aborto venne criminalizzato, negli anni settanta dell'ottocento, aiutano a limitare la capacità delle donne di partecipare alla vita sociale al pari degli uomini. Vivremmo in un mondo diverso oggi se il giudice Blackmun avesse basato il diritto all'aborto sulla necessità di eliminare la subordinazione delle donne? Forse le stesse persone che non riconoscono il diritto delle donne alla privacy sarebbero pronte a dire: "Bene, se le donne non possono essere uguali senza l'aborto, significa che dovranno restare al loro posto". Un salto indietro I giornali raccontano il ritorno dell'aborto illegale negli stati dove le cliniche hanno chiuso. Oggi le donne della Rio grande Valley, in Texas, devono percorrere centinaia di chilometri per raggiungere una clinica (nessun problema, ha detto la giudice Edith Jones, basta guidare velocemente). Così attraversano la frontiera messicana per comprare il misoprostolo che provoca l'aborto ed è venduto liberamente come farmaco antiulcera. Anche dove abortire è possibile, le donne non vogliono o non possono andare in una clinica. Perché sono immigrate senza documenti e hanno paura di essere arrestate o non hanno soldi o perché c'è troppa vergogna intorno all'aborto e temono di essere viste da qualcuno che le conosce. Ma ora che le cliniche stanno scomparendo, sempre più donne statunitensi non hanno altra scelta che cercare le pillole, come fanno le donne in Irlanda e in altri paesi dove l'interruzione volontaria di gravidanza è illegale. Alcune finiranno in rianimazione. Alcune riporteranno lesioni anche gravi. Altre potrebbero morire. È questo che avranno ottenuto le leggi che dicono di proteggere le donne dalle cliniche "pericolose". È questo che il cosiddetto movimento "per la vita" avrà fatto alla vita. Un'unica scoperta o invenzione raramente mantiene la sua promessa di profondo cambiamento sociale. Perfino la pillola anticoncezionale, un progresso immenso rispetto ai metodi maldestri e pericolosi che l'hanno preceduta, non è stata all'altezza delle aspettative: negli Stati Uniti la metà delle gravidanze è accidentale. Eppure io immagino mia madre, seduta in cucina con il suo accappatoio a fiori gialli e azzurri, in un giorno qualunque del 1960, che ritaglia articoli del New York Times come le piaceva fare. Accende una sigaretta e sorseggia la sua bevanda calda e scurissima mentre il sole penetra dalla finestra e inonda di luce la stanza. Dobbiamo rimettere le donne vere - donne come mia madre - al centro delle nostre discussioni sull'aborto. I loro avversari sono stati molto eficienti nello spostare le considerazioni di tipo morale sul contenuto di un grembo femminile: oggi perfino un ovulo fecondato non ancora impiantato è un bambino. A meno che non siano coraggiosissime, le donne che vogliono abortire sono state ricacciate nell'ombra. È diverso quando a parlare è la vittima di uno stupro o una donna con una gravidanza desiderata che si è trasformata in una catastrofe medica. Errore di valutazione Ma perché una donna non può semplicemente dire: "Questo non è il momento giusto per me"? Oppure "due bambini (o uno, o nessuno) bastano"? Perché una donna, solo perché le è capitato di restare incinta, deve giustificarsi se sceglie di non avere un figlio? È 21/11/2014 Internazionale - N.1078 - 21 novembre 2014 Pag. 40 (tiratura:130000) PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/11/2014 91 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato come se pensassimo che la maternità è la condizione naturale di una donna, dalle prime mestruazioni alla menopausa. È come dire che una donna ha bisogno di un segnale di Dio per non dire di sì a ogni zigote di passaggio, anche se, come la maggior parte delle donne che abortiscono, ha già dei figli. C'è un profondo disprezzo per le donne in tutto questo, e anche una mancanza di rispetto per l'importanza della maternità. Per molti anni gli esperti hanno escluso che l'aborto un giorno potesse essere fortemente limitato e hanno schernito i sostenitori della libertà di scelta quando ammonivano che sia il diritto sia l'accesso all'interruzione di gravidanza e perfino la contraccezione erano in pericolo. Tutti pensavano che il Partito repubblicano non avrebbe rischiato di svegliare il gigante addormentato, cioè l'elettore della strada più o meno favorevole alla libertà di scelta. Oggi vediamo che le cassandre avevano ragione. Dov'è quel gigante? In alcuni stati si sta stiracchiando e alzando in piedi: la Virginia oggi è passata nelle mani dei democratici perché i repubblicani al potere si sono spinti troppo in là, chiudendo cliniche, cercando di imporre ecografie transvaginali eccetera. In altri stati il gigante continua a sonnecchiare, paralizzato da idee conlittuali e poco meditate sulle donne, il sesso, la famiglia, le minoranze, il governo, e la sensazione generale che l'America stia andando a rotoli. u gc Stefan Hoederath (GETTY IMAGES), SHAWN THEW (EPA/ANSA), FONTE: CENTER FOR REPRODUCTIVE RIGHTS, VICTORIA HERRANZ (DEMOTIX/CORBIS) Da sapere L'aborto nel mondo Proibito o consentito se la vita della donna è in pericolo Consentito per salvaguardare la salute della donna Consentito su basi socioeconomiche Consentito senza restrizioni Da sapere L'Italia e gli obiettori u Secondo l'ultima relazione annuale del ministero della salute sull' applicazione della legge 194 , che riporta i dati definitivi del 2012, in Italia in media sette ginecologi su dieci sono obiettori di coscienza, con un picco di più di 8 su 10 nelle regioni del sud. Le strutture con reparto di ginecologia e ostetricia che efettuano l'interruzione volontaria di gravidanza sono il 64 per cento del totale, con il primato negativo del Molise dove solo in una struttura su quattro si può abortire. Ministero della salute Obiettori di coscienza nei reparti di ginecologia e ostetricia in Italia, % Ginecologi Anestetisti Personale non medico Italia settentrionale 64,1 37,6 34,1 Italia centrale 68,1 50,0 44,1 Italia meridionale 80,4 67,5 76,3 Italia insulare 75,7 67,2 65,8 Media 69,6 47,5 45,0 Fonte: Ministero della salute Da sapere La sindrome inesistente u Secondo uno studio uscito nel 2009 sulla Harvard Review of Psychiatry, l'idea che per la maggior parte delle donne abortire sia un trauma ( sindrome postaborto ) non ha nessun riscontro scientifico. Nel 2013 Corinne H. Rocca dell'università della California di San Francisco, insieme ad altri autori, ha pubblicato una ricerca sulle condizioni emotive delle donne statunitensi una settimana dopo aver abortito o aver ricevuto il divieto di abortire. Lo studio è stato condotto su 843 donne che hanno abortito o non hanno potuto farlo perché avevano superato di poco il limite gestazionale consentito. È emerso che il 90 per cento delle donne che avevano abortito si sentiva sollevato. Anche l'80 per cento delle donne che provavano rimorso rispetto all'aborto riteneva di aver fatto la scelta giusta. Le donne che non avevano potuto abortire, invece, hanno provato più pentimento e rabbia e meno sollievo e felicità di chi l'aveva fatto. Perspectives on Sexual and Reproductive Health, Ansirh L'AUTRICE Katha Pollitt è una saggista femminista statunitense. Gli articoli pubblicati in queste pagine sono degli estratti del suo ultimo libro Pro: reclaiming abortion rights (Picador 2014). Foto: Manifestazione contro la marcia antiabortista a Berlino, 20 settembre 2014 Foto: Manifestanti a favore e contro l'aborto. Washington, 2012 Foto: La parte più privata del corpo di una donna e la decisione più privata della sua vita non sono mai state così pubbliche Foto: Viviamo, come ha scritto Ellen Willis, in una società attivamente ostile alle aspirazioni delle donne a una vita migliore Foto: Manifestazione a favore dell'aborto a Madrid, 8 febbraio 2014 20/11/2014 TOP - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 43 CURE PER TUTTI Secondo una recente indagine Doxa, commissionata da Teva Italia, gli italiani ^individuano nella prevenzione e nell'uso degli equivalenti una speranza &£ per il futuro del nostro Sistema sanitario Ci sono comportamenti all'apparenza semplici, quasi banali, che sono in grado di cambiare il mondo. 0 quanto meno, il "nostro" mondo. Se si parla di salute, per esempio, soprattutto di questi tempi, è evidente che esistono alcuni atteggiamenti che ciascuno di noi può attuare affinchè le cure siano un po' meno costose e più accessibili per tutti. Gli italiani lo sanno bene, secondo quanto emerge da un'indagine Doxa, presentata il 30 ottobre nella splendida cornice della Terrazza Martini a Milano, commìssiata da Teva Italia, azienda leader nel settore farmaceutico, da sempre impegnata nel rendere accessibili cure di alta qualità attraverso lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di medicinali equivalenti, di farmaci innovativi, specialità farmaceutiche e principi attivi. Secondo il campione intervistato - composto da 600 soggetti, uomini e donne di età compresa tra i 18 e i 64 anni - la "prevenzione" e l'impiego di "farmaci equivalenti" sono due strumenti efficaci per combattere gli sprechi e garantire al Servìzio sanitario nazionale sostenibilità ed efficienza. Eppure, nonostante l'interesse dimostrato dalla maggior parte degli italiani, resta ancora qualche reticenza. Dai risultati è smerso infatti che esistono principalmente tra gli italiani quattro atteggiamenti riferiti alla sostenibilità della cura: la figura del "partecipativo", ovvero colui che con ottimismo ritiene di poter "fare molto attraverso il proprio atteggiamento e il proprio comportamento quotidiano", quella dell" arrabbiato" che crede "dì fare già molto attraverso le tasse e che pretende da medici, farmacisti e Istituzioni un maggiore impegno", !"'auto-indulgente", convinto "di poter fare molto poco in qualità di singolo" e il "fatalista", "convinto che "sia inutile darsi molto da fare a cercare soluzioni perché nel sistema italiano le cose non cambiano mai". - » .<• . È molto importante evidenziare" spiega Massimo Sumberesi, Managing Director di Doxa Marketing Advice che tra questi archetipi, non è solamente il partecipativo ad avere un ruolo attivo, ma in qualche modo anche l'arrabbiato, sebbene le sue energie si concentrino nell'invettiva e siano eteroriferite". Continua: "Al contrario, l'auto-indulgente e il fatalista hanno un atteggiamento passivo e pessimista, tendono a giustificare se stessi e/o accusare genericamente il sistema di malfunzionamento". In generale, comunque, gli italiani ritengono che lo "sperpero di risorse da parte della pubblica amministrazione" (64%), la "scarsa equità sociale" (63%) e I'"opportunismo e la scarsa onestà di chi è al potere" (59%) siano le principali minacce alla sostenibilità del sistema. Al quarto posto troviamo anche "l'alto costo dei farmaci". "Si tratta di un aspetto che chiama in causa direttamente le aziende farmaceutiche" afferma Hubert Puech d'Alìssac, AD di Teva Italia "in realtà occorre sottolineare come i progressi scientifici registrati negli ultimi 50 anni siano stati enormi e spesso possibili proprio grazie all'impegno e alle risorse investite dall'industria farmaceutica". Continua: "Inoltre le aziende che producono farmaci equivalenti, sono state in grado di far risparmiare al Sistema sanitario italiano 1,5 MLD di € negli ultimi 6 anni. Teva in particolare è un esempio di realtà che oltre a rendere più accessibili le cure con i farmaci equivalenti continua a impegnarsi e a investire in ricerca e sviluppo per creare nuove soluzioni terapeutiche e prodotti specialistici innovativi." Proprio l'utilizzo dei farmaci equivalenti è stato poi indicato dal campione come uno tra i "comportamenti virtuosi" a garanzia di cure più accessibili per tutti. A pensarlo è il 29% degli intervistati, mentre il 38% ritiene che "le autorità sanitarie dovrebbero effettuare più controlli sul SSN" e il 30% che "sarebbe necessaria una maggiore prevenzione, soprattutto se si parla di certe malattie". Gli italiani, in particolare, chiedono di avere più notizie sul farmaco equivalente: sebbene il trend di consumo dei generici sia in crescita, il 26% del campione intervistato sostiene "di non averne mai parlato con il proprio medico curante". Non va meglio in farmacia: cala infatti rispetto al 2013 la percentuale di farmacisti (dal 58 al 53%) che "spesso o con una certa frequenza" propone la sostituzione del griffato con il suo equivalente. "L'indagine dimostra che vi sono ancora molti pregiudizi sui farmaci dal nome generico e che, quindi, è necessaria ancora molta informazione", spiega Silvio Garattini, scienziato e ricercatore in farmacologia, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri". PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/11/2014 92 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Informazione pubblicitaria 20/11/2014 TOP - N.47 - 27 novembre 2014 Pag. 77 Sono la mamma di un bambino di 4 anni. Secondo lei posso fidarmi dei tarmaci generici anche per mio figlio? Bice, Tarante Molti sono i pregiudizi sui farmaci equivalenti che, se autorizzati dal Ministero, sono da considerarsi sicuri. Tuttavia, specialmente nel caso dei bambini, vanno sempre e comunque somministrati sotto stretto controllo oediatrico. PROFESSIONI - Rassegna Stampa 21/11/2014 93 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato DUBBI SUI GENERICI PERSONAGGI 1 articolo 17/11/2014 Corriere.it Sito Web Salute L'indisponibilità di alcune categorie di medicinali in farmacia è un fenomeno che non si blocca. Nonostante la circolare del ministero della Salute del giugno scorso abbia introdotto un sistema di responsabilità e di controlli ben precisi e più stringenti, le farmacie registrano ancora la «scomparsa» di farmaci antitumorali, antidepressivi, per il trattamento del morbo di Parkinson e dell'ipertensione, nonché di antiepilettici, broncodilatatori, anticoagulanti e di preparati anti-colesterolo. Tutti gli «attori» della filiera del farmaco sono impegnati a trovare una soluzione al problema, ma non è così semplice. Da una parte, infatti, Federfarma, Farmindustria e la stessa Agenzia italiana del farmaco individuano nel «mercato parallelo» dei medicinali all'interno della Ue - e dunque nella catena della distribuzione - la causa principale delle carenze. Dall'altra, i grossisti della distribuzione puntano il dito sulle aziende produttrici - che a loro dire limiterebbero i quantitativi «a monte» - e comunque su un sistema regionale che concederebbe in modo indiscriminato e senza controlli autorizzazioni a diventare distributori. Il commercio parallelo di medicinali, occorre ricordarlo, è consentito da leggi europee che si ispirano al principio della libera circolazione delle merci. In cosa consiste? Grossisti e farmacisti autorizzati comprano medicinali destinati al mercato italiano, che mediamente costano il 30% in meno rispetto al resto d'Europa, perché è il Servizio sanitario nazionale a negoziare il prezzo con l'industria farmaceutica. Poi rivendono i medicinali su mercati dove i prezzi di vendita sono superiori, come in Germania, nel Regno Unito o nei Paesi scandinavi, e quindi guadagnano sulla differenza. Secondo Aifa, per altro, l'indisponibilità di farmaci si verifica in alcune regioni più che in altre. Le stesse regioni probabilmente (Campania in primis), dove sono concentrate gran parte delle 360 farmacie che a detta dell'Associazione distributori farmaceutici sfruttano le licenze non per fare attività di distribuzione ma solamente per l'export parallelo. Che la questione delle autorizzazioni alla distribuzione sia un punto cruciale, lo sottolineano anche Aifa e Federfarma nazionale: «Continuiamo a fare pressione sulle Regioni - spiega il presidente Annarosa Racca - perché diano le autorizzazioni soltanto ai veri grossisti e non a chi vuole solo esportare». Anche tra chi si dedica al mercato parallelo, tuttavia, si fanno dei distinguo: «Le farmacie autorizzate alla distribuzione dovrebbero anche essere in regola con le Gpdp (Good parallel distribution practice, ndr) che sono le norme di buona distribuzione stilate dalla Commissione europea - sottolinea Claudia Rinaldi, referente dell'Associazione titolari di autorizzazioni all'importazione parallela di medicinali dall'Europa (Aip) -. In Italia invece siamo in pochi e c'è un problema di controlli».In realtà, le Regioni hanno fatto partire controlli a tappeto. «Le Asl stanno facendo ispezioni sui grossisti: non su tutti i 1.100 distributori italiani, ma su quelli maggiormente conosciuti, cioè i nostri iscritti» si lamenta Sergio Sparacio, presidente di Adf. In generale, produttori, distributori e farmacie invocano un ripensamento delle regole. Lo ha detto anche il Tribunale di Roma che ha archiviato la denuncia presentata un anno fa da Federfarma Lazio sulla vicenda, ma ha sottolineato che «la rarefazione di determinate categorie di farmaci, quantitativamente inidonei a far fronte alle richieste dell'utenza, è conseguenza negativa di un assetto normativo carente». PERSONAGGI - Rassegna Stampa 21/11/2014 95 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'odissea dei farmaci introvabili Colpa del mercato parallelo
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