Il Sovereign of the Seas
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Il Sovereign of the Seas
Il Sovereign of the Seas di Enzo De Pasquale N Un agguerrito vascello dalle geniali soluzioni ell’ottobre del 1634, il costruttore navale inglese Phineas Pett e suo figlio Peter, realizzarono un modellino di bastimento da guerra che sottoposero, tramite lord Howard di Effingham, al re Carlo I, il quale si mostrò assai interessato. Il progetto somigliava alle più moderne navi elisabettiane, allora al servizio di Sua Maestà, ma era quasi una volta e mezzo più grande di qualsiasi unità esistente. La sua configurazione generale presentava, inoltre, molte innovazioni: aveva solo tre alberi, mentre in precedenza le navi da guerra, come i galeoni, erano generalmente attrezzate con quattro; due poppieri a vela latina e quello di mezzana, mentre uno più corto, a poppavia, era chiamato di bonaventura. La sistemazione delle sue vele latine nella zona di poppa era dovuta alla necessità di accostata, perché era impensabile governare un bastimento con un piccolo timone azionato a braccia, per cui l’accostata si faceva con la manovra di questa vela. A quel tempo gli alberi di gabbia erano dei prolungamenti fissi dei fusi maggiori e non si potevano sghindare, ossia scollegare dal fuso. Verso la fine del XVI secolo, si cominciò a fissarli al sottostante tronco maggiore con un sistema che li rendeva rimovibili, così da poter effettuare questa manovra qualora le circostanze lo richiedessero. Successivamente, le dimensioni delle gabbie aumentarono, e la vela di gabbia divenne più am- pia e la bassa vela più piatta. Inoltre sulle navi maggiori venne aggiunta una terza vela quadra sull’albero di trinchetto, che prese il nome di velaccino, e una sull’albero di maestra che prese il nome di velaccio. Intorno al 1620 si trovava comunemente il terzo albero (di mezzana) armato con una piccola vela quadra, oltre a quella latina, mentre scomparivano l’albero e la vela di bonaventura. Una soluzione poco pratica Queste innovazioni divennero presto di uso generale. In questo stesso periodo, a causa dell’aumento delle dimensioni degli alloggi comando, la parte poppiera delle navi era più alta di quella prodiera e questo tipo di costruzione rendeva difficile il governo della nave con vento a poppavia del traverso, pertanto si sentì la necessità di aumentare la velatura a prua con una soluzione poco pratica ma indispensabile, che durò circa un secolo. Il modellino di Pett aveva alberi talmente alti, che su ognuno di quelli prodieri dotati di pennoni, vi erano quattro vele anziché tre: trevo di trinchetto, parrocchetto, velaccino e controvelaccino all’albero di trinchetto; trevo di maestro, gabbia, velaccio e controvelaccio all’albero maestro. Per quanto concerne lo scafo, la maggior parte delle navi elisabettiane esistenti disponevano di due batterie di cannoni: una sul ponte di coperta ed una sul ponte inferiore. La nuova nave era ab- ottobre 2009 25 bastanza alta da accogliere un ulteriore ponte coperto e poteva disporre così di tre batterie in grado di sparare tremende bordate. Inoltre essa aveva la poppa arrotondata anziché a specchio, con migliori qualità nautiche, particolarità che venne successivamente adottata in Inghilterra su tutte le navi. Il Re d’Inghilterra Carlo I, giunto il 26 giugno 1634 in visita al cantiere navale di Woolwich, chiamò da parte il maestro d’ascia Phineas Pett e lo mise al corrente della sua volontà di realizzare una nave che avrebbe dovuto essere la più grande e la migliore del mondo; e già nel gennaio del 1636 ne venne impostata la chiglia. Questa unità, cui sarebbe stato imposto l’altisonante nome di Sovereign of the Seas (Sovrano dei mari), fu una pietra miliare nella L’olio su tela del 1637 di Peter Lely, conservato al National Maritime Museum di Londra, progettazione delle navi da guermostra il Sovereign of the Seas con, in primo piano, Peter Pett che assieme al padre Phineas, aveva progettato la nave. In apertura, la stessa nave in una stampa francese dell’epoca ra, rivelandosi un grande successo, anche se la sua realizzazione comportò la soluzione di non pochi problemi. Un errore di calcolo Re Carlo I d’Inghilterra nella tenuta dell’Ordine della Giarrettiera, olio su tela del 1636 dal pittore fiammingo Antoon Van Dyck, Royal Collection 26 ottobre 2009 La quantità di legname necessario per la realizzazione del vascello, ad esempio, fu sottostimata dai suoi progettisti; furono infatti necessari 10.000 metri cubi di legname, quasi tutto quercia, che non poterono essere forniti dalle vicine foreste del Kent e del Sussex, per cui si dovettero far arrivare dal Northumberland, regione situata a 650 chilometri di distanza. Considerando che i tronchi erano scelti nelle foreste dai maestri d’ascia che valutavano l’omogeneità del legno, l’assenza di nodi, la torsione delle fibre e l’isotropia del materiale, ricercando quei tronchi che con le loro curvature naturali meglio si prestavano alle forme della nave, si può comprendere come questo errore di calcolo determinò un forte aumento delle spese. Alla posa della chiglia, realizzata impiegando legname di spessore pari a 800 mm alla mezzeria, presenziò Sua Maestà in persona. Non più di otto travi diverse costituivano l’intera lunghezza della chiglia; le travi erano collegate tra loro con incastri a palella, ciascuno dei quali era lungo oltre un metro e mezzo. Di particolare importanza fu la sistemazione di una controchiglia che contribuiva a dare ulteriore robustezza longitudinale alla chiglia stessa. Dopo la controchiglia fu sistemato il dritto di poppa e la ruota di prua. Le grandi ordinate di quercia furono messe in opera già finite di quartabono, l’angolo variabile dalla chiglia alla testa della costola per consentire la perfetta aderenza del fasciame. Sopra i madieri fu sistemato un paramezzale, per collegare il quale a chiglia e madiere furono forse usati chiodi e chiavette forgiate e ribadite, ma rimane il dubbio su come venne realizzata queNel disegno il Sovereign of the Seas appare in assetto di navigazione, con le bandiere spiegate sta enorme quantità di fori. e tutta la tela a riva; notare i tre ponti di batteria, novità assoluta per quell’epoca Sulle costole vennero applicate le tavole di fasciame gio, non si poteva pensare di fare l’abbattimento di numero dispari a partire dalla chiglia fino alla in chiglia di un bastimento così pesantemente cinta, trattate, prima dell’applicazione, con acarmato, ma tutt’al più si faceva passare un cavo qua calda per renderle più malleabili e facili da applicare; questi corsi di fasciame con spessori così forti avevano una sezione trapezoidale; le tavole di numero pari a partire dal sottocinta, erano anch’esse a sezione trapezoidale. La linea di comento veniva ricavata copiando l’orlo di ogni tavola dispari già sistemata in opera in modo che gli orli sposavano perfettamente. Nei comenti tra tavola e tavola fu effettuato il calafataggio con una particolare stoppa catramata. Il fasciame del fondo e del ginocchio fu ricoperto integralmente da striscioline di rame; perché l’ossido di rame combatte la vegetazione che tende a formarsi sulla carena. La poppa del vascello, perfettamente riprodotta in uno splendido modello in scala, mostra, A quei tempi, non esioltre alla grande lanterna inalberata sul cassero, la ricchezza delle decorazioni che coprivano l’intera nave stendo i bacini di carenag- ottobre 2009 27 terie (di sinistra e di dritta) le consentivano di sparare ciascuna, in una sola micidiale bordata, una tonnellata di palle. Inoltre, a prora, disponeva di quattro pezzi lunghi che potevano sparare, come si soleva dire, “in caccia” durante l’inseguimento delle unità nemiche, particolarmente vulnerabili in queste situazioni in quanto molto raramente le poppe erano armate. Nel settembre del 1637 la nave era pronta per il varo longitudinale; il primo tentativo fallì a causa della marea troppo bassa, ma alcune notti più tardi una favorevole Questo particolare della prora di un altro bel modello dell’unità (che riproduce concomitanza di vento e di marea probabilmente il Royal Sovereign, essendo meno ricco di decorazioni) permette lo resero possibile a mezzanotte. di vedere la monumentale polena e i quattro cannoni lunghi postati in caccia Inspiegabilmente nei suoi primi anni, questa nave di formidabisotto la carena da poppa a prua per rimuovere la le potenza fu impiegata di rado in battaglia, forse vegetazione. perché era considerata troppo preziosa per esporla a inutili rischi. Dopo l’avvenuta Restaurazione, Ornamenti splendidi nel 1660, al vascello, che in quegli anni aveva efIl Sovereign of the Seas era ornato lungo le intefettuato i grandi lavori, venne cambiato il nome re fiancate di sculture, pitture e dorature tali da in Royal Sovereign, e con questo continuò la sua far sembrare le altre navi spoglie. A prora campeglunga vita operativa ancora per circa quarant’angiava, come polena, una statua equestre dorata ni. Verso la fine del secolo però, quando altre nadel sovrano Edgar il Pacifico, primo vero Re degli vi cominciavano ad avvicinarsi alle sue dimensioanglosassoni, in atto, a dispetto del suo soprannoni, l’ex Sovereign of the Seas iniziò la sua carriera me, di calpestare trionfante sette capi tribù scondi nave da guerra e partecipò a numerose campafitti, mentre un cupido romano attraversava la gne sia contro i francesi, a Barfleur, sia contro gli scena cavalcando un leone. olandesi. La poppa aveva bassorilievi che raffiguravano La sua presenza in combattimento si fece noErcole e Giasone. I fianchi e le paratie erano ortare specialmente nella battaglia di San Giacomo, nati di cariatidi, unicorni e dragoni alternati a sedurante la seconda guerra olandese, nelle due batgni dello zodiaco. All’altezza del ponte intermetaglie di Shooneveld ed in quella di Texel, nel cordio correva un fregio rappresentante una panoso della terza guerra olandese. plia di armi, strumenti e stendardi; sul cassero fiLa tragica fine di questa bella unità avvenne nel gurava invece la scritta “Qui mare, qui fluctus, ven1696 e, singolarmente, non fu dovuta a cause bellitos, navesque gubernat, sospitet hanc arcam, Carole che né a una tempesta, ma ad una banale disattenMagne tuam”, ossia “colui che governa il mare, i zione. La nave infatti, realizzata, come abbiamo viflutti, i venti e le navi sospinga anche questa tua sto, in ottima quercia stagionata, scomparve in un arca, o Carlo Magno”, con riferimento al grande immane rogo causato da una candela lasciata accesa condottiero franco cui il vascello era stato dedida un marinaio in una cabina e non sorvegliata. cato. Infine, la nave aveva a poppa una giganteNave precorritrice dei tempi, con le sue dimensca lanterna che svolgeva una funzione sia pratisioni ed il suo armamento il Royal Sovereign non ca che decorativa. avrebbe sfigurato a Trafalgar un secolo più tardi; in Una volta completata, contava 104 cannoni di tutti i casi si può considerare un antenato in linea bronzo, vale a dire due terzi in più del Prince diretta del Victory di Orazio Nelson e degli altri Royal, una delle maggiori dell’epoca, e le due bat“100 cannoni” di quell’epoca successiva. ■ 28 ottobre 2009
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