Rassegna del 20/07/2015 - Azienda Ospedaliero
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Rassegna del 20/07/2015 INDICE RASSEGNA STAMPA Rassegna del 20/07/2015 SANITÀ NAZIONALE Avvenire 18/07/15 P. 20 MALATTIA Così s'infrange l'ultimo tabù Alessandro Zaccuri 1 Corriere Della Sera 18/07/15 P. 17 Dirigenti licenziabili, via il voto minimo di laurea per i concorsi Enrico Marro 3 Corriere Della Sera 18/07/15 P. 25 Milano, donazione da 12 milioni per un centro pediatrico Simona Ravizza 4 Corriere Della Sera 18/07/15 P. 29 E ora parliamo di grasso Daniela Monti 5 Corriere Della Sera 18/07/15 P. 49 Medici umani Silvio Scarone, Pier Maria Battezzati 7 Donna Moderna 21/07/15 P. 36 Scopro i tumori prima che nascano Mariella Boerci 8 Giornale 18/07/15 P. 29 Monitorati e contenti per vivere meglio Marco Lombardo Io Donna 18/07/15 P. 100 Gli infortuni (numerosi) delle dottoresse Libero 18/07/15 P. 18 Arriva il campus anti-cefalee Oggi 22/07/15 P. 11 Finalmente la nostra scuola insegnerà il pronto soccorso Sole 24 Ore 18/07/15 P. 10 Turino e le vecchie piaghe della sanità siciliana Roberto Galullo 15 Sole 24 Ore 18/07/15 P. 14 Fondo «integrativo» anche per i medici Roberto Turno 16 Sole 24 Ore - Plus 18/07/15 P. 11 Enti pensione, la Gdf fa visita agli infermieri Vitaliano D'Angerio 17 Internazionale 17/07/15 P. 60 Riscrivere la storia con il dna Catherine Mary 18 Internazionale 17/07/15 P. 96 Antitumorali controllati con la luce 21 Internazionale 17/07/15 P. 97 Salute 22 Internazionale 17/07/15 P. 97 Il vaccino contro il colera 23 10 12 Andrea E. Cappelli 13 14 RICERCA Indice Rassegna Stampa Pagina I tare gli infermi. Al Carlo Poma di Mantova le cure palliative sono integrate nel percorso terapeutico, per accompagnare i malati terminali 01 Ell MR, 1\1 Così s'infrange l'ultimo tabù ALESSANDRO ZACCURI INVIATO A MVLANTOVA ui e m pensiero perl'automobile, lei si preoccupa di come dovrà trucstereo stereotipo. Questa onn è é nesirna puntata di maschi contro femmine, rna la quotidianità vista dal „versante più impervio: la malattia terminale. Uno dei tanti tabù del nostro tempo, nel quale corre l 'obbligo di essere sani fino a quando non si è morti . Su ciò che sta nel mezzo non ci si sofferma , specie se comporta sofferenza e perdita di autonomia . «E invece il malato ha diritto a una vita normale e noi abbiamo il compito di preservare la sua dignità fino all'ultimo», ribatte Luciano Orsi, direttore della struttura di Cure palliative attiva dal 2009 presso l'Azienda ospedaliera Carlo Poma di Mantova. L'edificio principale è alto e squadrato, imponente. Di corridoio in corridoio si arriva allo slargo in cui sorge questa palazzina, costruita negli anni Venti in forma di pagoda e originariamente destinata ai tubercolotici. Adesso sotto il portico, riparata da cappello bianco e occhiali scuri , una paziente dell' hospice lascia che la figlia le finisca la manicure. La normalità della malattia è anche questo, è il padre di famiglia che chiede di seguire di persona, sia pure dalla stanza in cui è ricoverato, le pratiche per la vendita dell ' auto, così da non lasciare alla moglie un altro grattacapo. Sono le donne che si presentano al Laboratorio estetico, dove le volontarie della onlus Ioni (Istituto oncologico mantovano) le aiuteranno a scegliere la parrucca o il foulard più adatto, ma anche a dosare il fondotinta, a non esagerare con il rossetto. «La reazione è sempre soggettiva - spiega la psicologa Paola Aleotti -. Sanità nazionale Qualche tempo fa, per esempio, una ragazza in chemioterapia ha preferito rimanere calva, adottando però un make-up molto aggressivo. All'opposto può capitare che a richiedere la parrucca sia un uomo, per il quale la perdita dei capelli sarebbe un disagio intollerabile». Il Carlo Poma è n ospedale pubblico, uno dei pochi (ma non l'unico, come dimostra l'esempio non troppo distante di Crema) in cui le cure palliatine sono perfettamente integrate nel percorso terapeutico. Non una risorsa estrema, ma una dimensione della cura. «In concreto - spiega Orsi - il palliativista partecipa al "giro" tra i pazienti anche prima che si manifesti n'irnmediata necessità del suo apporto. È un volto che i inalati iniziano a conoscere, una persona con la quale si stabilisce una relazione. Quando viene il momento di intervenire, c'è già un fondamento di fiducia e confidenza su cui contare». Lhospice sta al piano superiore della pagoda ed è organizzato in stanze singole, in modo da garantire riservatezza a ciascun malato e ai suoi familiari. Un'altra rampa di scale separa dall'appartamento messo a disposizione dei parenti che arrivano da lontano. In corridoio, pronto a essere aggiornato, c'è il "Diario delle cure palliatine", uno zibaldone al quale affidare paure e speranze, messaggi di ringraziamento e confessioni personali. Appesi alla parete, lì accanto, i disegni dei bambini, nei quali si alternano arcobaleni sgargianti ed eroi dei cartoni animati. Una parte di questo materiale, rielaborata e commentata, si legge nel volume La notte può attendere (Paoline, 2013), che la giornalista Elena Miglioli ha realizzato per illustrare l'attività delle cure palliatine al Carlo Poma. L'hospice è fondamentale, ma non meno importante è la rete dell'assistenza domiciliare», aggiunge Rocio Cabarcas, responsabile delle cure infero ieristiche. La centrale operativa sta Pagina 1 al pianterreno: al visitatore salta subito all'ocdente. «Vengono all'hospice per visitare i pagiunge - ma il sentimento di umanità è fortischio la grande carta della provincia di Mantorenti ricoverati- spiega la dotto ressa Cabarcas simo, fortissima la consapevolezza che la mava, sulla quale le puntine colorate si distribui- e spesso sono i più pronti a intuire, i più delattia obbliga tutti, credenti e non credenti, a scono a disegnare una specie di foresta. Ogni licati nell'affrontare la situazione. Tra i conconfrontarsi con la domanda di senso. Io non puntina indica la presa in carico di un paziente giunti le resistenze maggiori vengono semmai nascondo la mia identità: indosso un abito, e, insierne, lascia intuire una storia che chiedagli adulti, che cercano di naun velo, e so bene che questo de di essere ascoltata. Per questo ci sono i voscondere a sé e agli altri una potrebbe precludermi alcuni lontari, che fanno capo allo Iom e all'associarealtà che non sono in grado di incontri. Nella pratica, però, C'è anche zione "Maria Bianchi", oltre che all'Unitalsi, accettare». Atutti, indipendensuccede il contrario. Si riesce a un diario- zi baldone dialogare con tutti, anche con alle diverse esperienze di solidarietà che ritemente dall'età, viene fornito aperto a tutti spondono con disponibilità crescente ai permateriale informativo (c'è anchi non è cristiano. Con i mual quale affidare paure sulmani, per esempio. In qualcorsi di formazione realizzati in collaborazioche un dépliant rivolto specifie speranze, messaggi che caso addirittura con i Tene con la struttura diretta dal dottor Orsi. Si va catamente ai bambini). E poi ci di ringraziamento dalla preparazione più propriamente tecnica, sono gli psicologi, l'assistente stimoni di Geova. Nessuno ha spirituale. Un incarico, querisposte semplici nel momencon un esplicito investimento sulla cosiddete confessioni ta "aptonomia" (il metodo che invita ad enst'ultimo, ricoperto da suor to in cui la morte si sta avvicipersonali. Appesi trare in relazione con il malato mediante il Brunel la, una religiosa delle Analla parete, lì accanto, nando, nessuno è già preparacontatto fisico), alla sensibilizzazione attracelle della Carità che ci tiene a to, ne può mai pensare di abii disegni dei bambini verso cinefor um, convegni, recital, iniziative risottolineare come quella deltuarsi». volte alle scuole. «Li vede quei volti? - chiede l'équipe sia stata in primo luoLasciarsi ferire, almeno un po': il dottor Orsi-Sono gli autoritratti che gli stugo una scelta di laiforse è questo che significa ogdenti del liceo artistico di Mantova hancità: «Non siamo in un gi "visitare gli infermi". E non arrendersi all'ono eseguito dopo due ore di inambiente confesblio, non rispettare la consegna della smemocontro sul tema della malatsionale - agratezza. Il presidente dello Ioni, Attilio Ansetia». Nelle immagini qualrini, va particolarmente fiero della Giornata del Ricordo. La celebrano qui, dentro l'ospecuno solleva la mano ; ,——. come per difendersi, dale, in un giardino che sta lentamente rifioaltri sembrano rendo e che hanno voluto ribattezzare "HorMARTINO COME FRANCESCO pensierosi, molti tus Conclusus", con un termine che rinvia alNc1i: _ w o1 K t. t,Jdi.? sorridono, la tradizione monastica. Musica, poesie, .. I 3 ,'_;'t lo ;: . u 1 .;: t. . , ,oï i 0 f C -_;ri [ , spunta perfino qualche momento di silenzio che renda n., 3r ìn rf rf a r i,l ì• : iue 'i .c . , una linguacdi nuovo presente chi se n'è andato in 82irlínu1-1 i 1,dc:cú i ' Ilorui cia. «Il disintutta la pienezza e con tutta la dignità p ut:", i- >2i ,o.;: li x-A_a., il teresse dei che ogni essere renano merita. «Mo.A iti - IL t; v i 1 =gliír : ie ragazzi è un rire in un reparto come il vostro è un .lGr 10 ll e a c,0ï _- Il p,-,/a r .,luogo codi 3(.j:11lB privilegio», recita una delle testimomune-insinianze raccolte in La notte può atste il medico tendere. Il dottor Orsi annuisce, ma ir.crt 3 i La r <«r :,`urF :ç1 i ,, a v 3rlino -, la verità è non sembra troppo soddisfatto. «Doil da, ; che di soffese, _-,_,li dr t*- - -:: co d", „_i vrebbe essere la regola, non l'ecceziorenza nessune», commenta. Anche lui, alla fine, riper. teunaparola che ritorna spesso in questo viagìì n. r '' . • lor core u-lF il no ha il coragt V; !: Poi t.c.rgc_ .: t , rïJt..'rr i.. _ _1i_. II gio di parlare, gio tra le opere di misericordia: bellezza. Vale tanto meno con per il corpo che vive, vale per il corpo che sofloro». fre. Vale anche, e specialmente, per il gesto uï. o tro , rt rrl•.>>. AZacc.) Anche la risposta dei mile e solenne della cura. bambini è sorpren© RIPRODUZIONE RISERVATA ura di Cure Palliative di Mantova Sanità nazionale Pagina 2 Pubblica amminii strazi* one Dirigenti lice Zia. ' 1, via il voto minimo laurea per i concorsi ROMA Il governo considera il testo della riforma della pubblica amministrazione approvato ieri dalla Camera quello definitivo. Anche se il disegno di legge delega deve tornare al Senato, dopo gli emendamenti votati a Montecitorio, non saranno consentite altre modifiche. Se necessario, l'esecutivo ricorrerà al voto di fiducia. Il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, vuole chiudere la partita prima della pausa estiva. E sta già scrivendo i numerosi decreti legislativi per attuare la delega, senza i quali la riforma resterebbe sulla carta.1 primi decreti dovrebbero riguardare le novità per famiglie e imprese, poi arriveranno quelli sulla riforma della dirigenza e infine il testo unico sul pubblico impiego. Ma vediamo i principali contenuti del ddl approvato ieri con 253 Sì, 93 no e 5 astenuti. La riforma ruota intorno a un nuovo ruolo dei dirigenti e a una serie di semplificazioni. I dirigenti saranno licenziabili se valutati negativamente e potranno salvare il posto solo se accetteranno il demansionamento. Gli incarichi saranno a termine (4+2 anni) e revocabili in caso di condanne della Corte dei Conti. Nei concorsi pubblici non ci sarà più il voto minimo di laurea per essere ammessi. L'obiettivo è dare la massima importanza alla valu- tazione in sede di concorso. Per combattere l'assenteismo dei dipendenti pubblici i controlli sulle malattie passeranno dalle Asl all'Inps. Sul fronte delle semplificazioni, si prevede: la soppressione del corpo Forestale (dovrebbe essere assorbito nei Carabinieri), la liquidazione delle società partecipate in rosso, il dimezzamento delle camere di commercio e delle prefetture, la drastica riduzione delle pratiche per le grandi opere anche con un uso maggiore del silenzio assenso. Verranno rafforzati i poteri di coordinamento di Palazzo Chigi sui ministeri. I pagamenti verso la p.a., come bollette e multe, potranno avvenire anche con il credito telefonico via sms fino a 5o euro. I numeri di emergenza 113, 115 e 118 dovrebbero confluire tutti in un unico numero, il 112. Ma c'è anche la deroga al tetto di 70 anni per il pensionamento dei magistrati, compresi quelli della Corte dei Conti. Protesta Roberto Giachetti:«Avevamo stabilito solo un anno fa il limite dei 7o anni. Ora scopro che si fa una deroga per i magistrati e una norma ad hoc per quelli della la Corte di Conti. Se ne avvarrà forse il presidente Squitieri?». Enrico Marra © RIPRODUZIONE RISERVATA Marianna Madia , ministro della Pa Sanità nazionale Pagina 3 Milano, donazione da 12 milioni per un centro pediatrico La. Fondazione Invernizzi finanzia il progetto della Statale. Il nuovo polo in collaborazione tra Buzzi e Sacco MILANO Le sue donazioni sono re uniti all'interno della rifortra le più importanti di sempre ma sanitaria lombarda, ma la destinate alla ricerca scientifi- questione è ancora al centro ca. Del resto, il motto del Cava- del dibattito politico). liere di Gran Croce e del Lavoro Romeo ed Enrica, grandi e Romeo Invernizzi è sempre sta- ricchi filantropi della Milano to: «Io ho guadagnato i soldi in che fu, hanno destinato il loro Italia e in Italia voglio lasciarli». patrimonio a scopi sociali - e Inventore del formaggino di in particolare a fini scientifici massa, il produttore della Muc- - quando dovettero rasseca Carolina e di Susanna tutta gnarsi a essere «senza eredi». panna, scomparso nel 2004 a «E aiutare i bambini a guarire, 98 anni, riesce ancora a mante- attraverso la ricerca, li avrebbe nere vive le sue convinzioni. La deliziati», dicono con orgoglio Fondazione Invernizzi, intitola- alla Fondazione Invernizzi, che ta a lui e alla moglie Enrica ha deliberato venerdì scorso (morta a sei mesi di distanza l'elargizione della somma: «In dal marito, dopo aver condivi- Lombardia al momento manca so 69 anni di matrimonio) do- un centro di eccellenza destina 12 milioni di euro all'Univer- nato agli studi sull'infanzia». sità Statale. L'ingente cifra è L'ingresso destinata a un Centro per la riLa facciata cerca in pediatria, che nascerà L'ente dell'ospedale dalla collaborazione tra l'ospepediatrico La dale dei bambini Buzzi e il Sac«Vittore Buzzi» co (i due poli ospedalieri, tra «Fondazione di Milano l'altro, a breve potrebbero esse- Romeo (`oto Ansa) ed Enrica Invernizzi» è stata costituita nel 1990 Così quasi mille metri quadrati di laboratori saranno dedicati allo studio di malattie croniche (come il diabete mellito di tipo I), alla messa a punto di terapie farmacologiche personalizzate durante le varie fasi dell'età pediatrica (attraverso la farmacogenetica), e alla diagnosi di malattie ereditarie (come le patologie endocrino-metaboliche rare). «La generosa lungimiranza della Fondazione Invernizzi - sottolinea il rettore della Statale Gianluca Vago consentirà di portare Milano e la sanità lombarda su livelli di eccellenza internazionale anche per le cure pediatriche». E a un altra donazione record dei coniugi Invernizzi, 20 milioni di euro, si deve la nascita dell'Istituto nazionale di genetica molecolare (Ingm), una cittadella della ricerca da 2.500 metri quadrati all'interno del Policlinico di Milano dove lavora tra gli altri anche l'esperta di cellule staminali e senatrice a vita Elena Cattaneo. Nella stessa riunione di venerdì scorso i vertici della Fondazione Invernizzi hanno stanziato anche 7,5 milioni di euro per l'Università Bocconi e altrettanti per la Cattolica, sempre per progetti destinati alla ricerca scientifica. Simona Ravizza © RIPRODUZIONE RISERVATA Nasce per promuovere studi e ricerche in ambito economico, biologico e delle scienze alimentari Sanità nazionale Pagina 4 II vostro argomento di conversazione preferito riguarda i (troppi) chili o la (poca) ginnastica? Quasi certamente non siete obesi ma ossessionati dal «fat talk». Perché le parole pesano. Tanto ^ E^ E^ 2^ ^^ o Euiapai1aiíi di Daniela Monti 1 fatto che anche Bianca Balti, top model prossima alla perfezione, sia caduta nella trappola del fat talk - del «parlare del grasso», ovviamente con tutto il disgusto possibile - è insieme una buona e una cattiva notizia. Buona perché dopo tante dichiarazioni tipo «io mangio di tutto e resto magra», anche per lei il vento è cambiato (insieme al metabolismo), segno evidente che la giustizia divina esiste. Cattiva perché il fat talk è un flagello, una spia del nostro rapporto malato con il peso, una perversione molto pop (e il movimento contro la criminalizzazione del grasso avrebbe bisogno di sostegno, non di altre voci nel coro). «Adesso che è nata la mia seconda bambina - ha detto la modella a Linkiesta - il mio corpo è diventato un'ossessione! Guardo le altre donne e mi sembrano tutte magrissime, mentre prima mi sembravano tutte ciccione». La top model Bianca Balti dopo la seconda gravidanza: non ho paura di invecchiare ma di ingrassare Anche le modelle, come tutte, fanno dunque fat talk. Battute apparentemente innocue su quante calorie mangiamo (sempre troppe), sul bisogno disperato che abbiamo di andare in palestra («prima ci andavo poco - dice la Balti -, adesso devo farlo tutti i giorni»), su quanti chili dovremmo perdere, sulla birra che gonfia, sul caffè che ci ha fatto aumentare la cellulite, sul costume che l'anno scorso ci stava meglio. Quel tipo di conversazione contagiosa perché universale, che decolla in fretta anche con le sconosciute perché crea subito confidenza (ilfat talk con la vicina di ombrellone è un caso di scuola). Basta che una cominci e non c'è più verso di fermarsi. Le donne sono diventate così brave a denigrare il proprio corpo. Perché il problema con il fat talk è questo: non è mai propositivo, non motiva a fare scelte più sane o a prendersi più cura del proprio corpo. No: è il condividere un sentimento di vergogna, un'autopunizione. «Le altre mi sembrano tutte magrissime!». «Non dirlo a me, ho fatto un anno di pilates e guarda che sedere». Invece di scatenare empatia, trascina verso il basso (motivo per cui lo scorso marzo Facebook, negli Stati Uniti, ha rimosso l'emoticon del «mi sento grassa» - faccetta paffuta e doppio mento - dall'elenco degli Sanità nazionale dí aggiornamenti di stato, sotto la spinta di una petizione con migliaia di firme). ll fàt talk ha poco a che fare con un sovrappeso reale e molto con le nostre paure. «Non ho paura di invecchiare: ho paura di ingrassare!» , chiude Balti in crescendo. Rebecca Adams sull'Huffington Post ne parla come di un'epidemia sociale. L'espressione fat talk è stata coniata nel 1994, dopo aver osservato il modo in cui le ragazze di una scuola media parlavano fra di loro del proprio corpo: mai che fossero contente, c'era sempre qualcosa che non andava, qualcosa da «aggiustare». Da allora, sono piovuti studi che dimostrano quanto siano onnipresenti nelle conversazioni, soprattutto femminili, i giudizi negativi sul corpo e sulla propria forma fisica. Se il fat talk prospera è perché il «grasso» è diventato il nostro metro di giudizio. Grasso uguale cattivo. E non c'è redenzione. «Siamo così spaventati che i nostri corpi possano essere percepiti come grassi - scrive la Adams -. E una delle cose peggiori che ci possono capitare». Essere magri è una virtù morale, la risultante della somma di scelte giuste: fare sport, non prendere l'ascensore, mangiare un'insalata a pranzo. Marc Augé scrive che «dimostrare la propria età significa lasciarle prendere le leve del comando». E che c'è di peggio che cedere il timone, autodenunciarsi come «senza carattere»? Con i chili è lo stesso: se mangio quello che voglio, in fondo non sto facendo del tutto il mio dovere. Ho perso il controllo. Renee Engeln, psicologo della Northwestern University, sul New York Times dà i numeri del fenomeno: oltre il go per cento delle donne pratica ilfat talk nonostante solo il 9 per cento sia in realtà in sovrappeso. «Non possiamo controllare un sacco di cose in questo mondo, tipo l'industria della moda che continua a preferire i modelli skinny - scrive - ma possiamo controllare le nostre parole. Per il nostro bene e per il bene degli altri, le donne smettano di parlare in questo modo. Dobbiamo cambiare la conversazione». Tess Holliday è una modella oversize: basta usare aggettivi «buonisti» per definirci Pagina 5 Ecco, cambiare la conversazione. Tess Holliday, modella taglia 52, si è messa a capo della crociata per riappropriarsi dell'aggettivo grasso - al posto dei medicalizzati obeso e sovrappeso o della loro versione fashion over size e curvy - «togliendo potere a chi utilizza la parola solo per giudicarmi». li suo non è un incitamento all'abbuffata (accusa che le viene rivolta da quelli che provano a zittirla). É l'invito ad aprire gli occhi su altri canoni corporei e di bellezza, diversi dalla 42 («Se Dolce e Gabbana facessero abiti nella mia taglia, comprerei tutto! » , ha detto a Vanity Fair). Modelli non per forza «malati». Lo sostiene anche un'altra delle poche voci dissonanti. «Se sei uno dei 45 milioni di americani che hanno intenzione di mettersi a dieta , ho un consiglio per te: non farlo », attacca su Slate Harriet Brown, autrice di «Body of Truth» in cui cerca di fare a ritroso l'intero percorso : come e perché siamo diventati ossessionati dal peso corporeo ? È vero che grasso coincide con poca salute? Lei sostiene di no, non sempre . Certo, leggendo la Brown si scopre che la grassofobia non è invenzione di oggi. «Preferirei morire che essere grassa», diceva Amelia Summerville , attrice . Era il ioi6. ci danicorr L'anno nel quale è stato coniato il termine «fat talk», a partire da una analisi delle conversazioni tra le studentesse di una scuola media americana JNE RISERVATA. Sanità nazionale Pagina 6 Medici umani Abbiamo letto l'articolo di Giangiacomo Schiavi (al medici di domani a scuola di umanità», Corriere del 6 luglio), nel quale molto opportunamente si ricorda come la creazione dei nuovo Dipartimento di Oncologia della Statale segni una tappa importante in un processo di umanizzazione della medicina che, finalmente, ponga al centro dei percorso di cura la persona malata. II polo didattico dell'ospedale San Paolo è una delle istituzioni che hanno contribuito al nuovo Dipartimento. Molti dei colleghi che si stanno impegnando in questa nuova avventura provengono, infatti, dalla nostra sede. Con alcuni di loro abbiamo negli ultimi anni provato a dare una forma originale all'insegnamento della medicina, iniziando un percorso sperimentale di introduzione precoce degli studenti, nei primi giorni di frequenza a Medicina, al mondo della persona malata seguendo gli infermieri nelle prime attività quotidiane di accudimento la mattina presto. In una serie di incontri di riflessione in piccoli gruppi con un internista e una docente di Pedagogia medica, gli studenti rielaborano i profondi sentimenti ed emozioni che originano dal prender parte al rapporto di cura. Al termine del corso, una serie di incontri organizzati dagli stessi studenti con scrittori, filosofi, medici, offre poi l'opportunità di rielaborare i vissuti personali in un contesto culturale ancora più ampio. La frequenza nei reparti è inserita nel nostro corso di Medicai Humanities. Il progetto sperimentale è nato dalla netta consapevolezza che i corsi di Medicina tradizionali, soprattutto nei primi anni, favoriscono una concezione distorta e riduttiva del tipo di medico che la società richiede: la concezione di un medico molto centrato sugli aspetti preclinici e le scienze di base, ma poco interessato alle dimensioni culturali, relazionali e umanistiche di questa professione. Silvio Scarone e Pier Maria Battezzati Dipartimento di Scienze della Salute Polo universitario San Paolo, Milano Sanità nazionale Pagina 7 s col)ro í tumori rzma che ndscdno p oncologa Patrizia Paterl ini ha messo a punto un esame dei sangue che individua le cellule malate con 4 o 5 anni di anticipo sulla normale diagnosi. Un test rivoluzionario per la lotta al cancro: «Perché il tempo, nella cura, fa la differenza» di MARIELLA BOERCI scrivile a [email protected] Sanità nazionale Pagina 8 Per passione, per testardaggine, ma non solo. «Da medico, non sono mai riuscita ad accettare che il cancro uccidesse un così grande numero di persone». Patrizia Paterlini Bréchot, oncologa, docente di Biologia cellulare e molecolare all'universtità Descartes di Parigi e direttore di un'équipe dell'Inserrn (Institut nationaldelasantéetde la recherche medicale), non ricorda una ritorte che le sia stata indifferente: «Ci sono sguardi di pazienti che ancora oggi non riesco a togliermi dalla testa». É la ragione per cui, quasi 30 anni fa, ha deciso di diventare ricercatrice. Da allora questa emiliana adottata dalla Francia haspeso tutte le sue energie,la sua intelligenzae anche molto del denaro di famiglia nella guerra contro il cancro. Con un obiettivo: «Arrivare alla fine dell'esistenzaeguardarmi allo specclriosapendo che sono riuscita a salvare tante vite». Obiettivo centrato, si direbbe. t frutto del suo lavoro il test Iset (Isolamento per dimensione delle cellule tumorali): una tecnica in grado di diagnosticare un tumore anche 4 o 5 anni prima che si manifesti e quindi di abbattere in modo significativo la mortalità. Cos'è l'Iset ? «Un esame del sangueche riesce a individuare lapresenzadicelluleneoplastiche circolanti nell'organismo molto prima che il tumore raggiunga una dimensione tale da essere "visibile" con Pet, Tac e risonanza magnetica. Nel caso del cancro al seno, gli studi epidemiologici hannodimostrato che l'invasione tumorale ha inizio 5-6 anni prima della diagnosi. Un tempo che, nelle cure, può fareladifferenza. Purtroppo il testhaancora un limite: non è i n gradodi individuare l'organo da cui derivano le cellule inalate. Perora, almeno, perché la ricerca è già in fase avanzata». chirurgicamente e, a z anni dall'intervento, nessuno ha sviluppato recidive. Se si pensa che finora l'87%deipazienti è morto a S anni dalladiagnosi,si può capiequantofortesialasperanza.Inuntumore così letale la speranza di sopravvivenzaè legata alla diagnosi precoce, quando la neoplasia si trova allo stadio i,quello di tutti e Si pazienti sottoposti all'Iset. Dopo la divulgazione di questi dati, il Francia il test sta peressere utilizzato sii persone già colpite da neoplasia, in modo da individuare con largo anticipo eventuali recidive e intervenire prima che si manifestino. Ma ci sono altri Paesi interessati, compresa l`Italia». Dall'Italia lei se n'è andata quasi 30 anni fa e non è pIù tornata. «Ma sono fiera di essere italiana: nella classifiche della produzio ne scientifica, siamo i ricercatori che pubblicano di più rispetto ai fondi che hanno. Siamo dunque tra i più efficaci al mondo. lo sono part ita perla Francia perché volevo fare uno stage di biologia molecolare e nel 1988, in Europa, Parigi era il posto migliore, in particolare il gruppo del professor Chri st iati Bréchot». Che poi è diventato suo marito. « successo che il professore siè innamorato del lastagista e la stagista si è innamorata del professore... Contro ogni intenzione, perchévolevodedicaretutta me stessa alla ricerca, mi sono sposata e ho avuto z figli, che orinai hanno 25 e 23 anni e sono indipendenti. In passato, però, non tutto è stato semplice: da italiana, l'attaccamento alla famiglia era più forte di qualsiasi cosa. Perquello che mi riguarda, l'equilibrio casa-lavoro è più difficile di qualsiasi progetto scientifico. Una sfida senza regole clie inette quotidianamente al laprova». MI pare che comunque se la sia cavata. «Pare anche me. h1 fondo, il fattodi avere tara professione che coi ncide cori unapassione è una fonte di stabilità e di sicurezza. Nei confronti della vita, dei figli, del marito, del mondo». Lei lavora con suo marito? «Non più. Sono stata per lungo tempo nella sua unità di ricerca ma, quando lui è diventato direttore dell'Inserin, hofatto un concorso peravere unmio gruppo. L'ho vinto e sono andata perla inia strada». Nella sua lotta contro Il cancro ha usato anche il patrimonio familiare . «Sì, ho costituito una società per sviluppare l'Iset e metterlo a disposizione dei medici. Se avessi aspettato i finanziamenti pubblici, il test non sarebbe ancora arrivato ai pazienti. I brevetti, però, sono di proprietà degli istituti di ricerca. Se nella mia carriera avessi pensato al denaro, a guadagnare dalle scoperte fatte, non dirigerei un laboratorio né insegnerei: farei altro». Oggi vivo tutto questo come una vittoria personale ? «No, ilprogetto è soprattutto una vittoria della ricerca. Nella quale, in particolare, uni ha seguita una collega italiana, GiovarraVona,cheè morta a 35 anni per untumore al colon, Eroica emagnificafinoalla fine, Giovannanon lia mai voluto smettere,continuando a lavorare con l'apparecchio per iniettare i farmaci nascosto sotto il cani ice. Per ine non se n'è rifai andata: questa battaglia per migliorare la vita dei malati di cancro la combattiamo ancora insieme». I ricercatori italiani sono queffi. che firmano piii pubblicazioni rispetto at fondi--che hanno Ma non esistono gufi i "rnarker" per scoprire Il cancro attraverso un prelievo di sangue?«I rnarker sono molecole che possono essere associate auna neoplasia o alla suaevoluzione, ma che non danno la certezza della diagnosi. Invece le cellule sono l'unitàbiologicadel ttnore: isolarne una significa trovare una parte della neoplasia senza il rischio di incorrere in falsi negativi e falsi positivi. Certo, le cellule tuniorali circolanti sono rare: una per millilitro, mescolata aS miliardi di globuli rossi e a 1o milioni di globuli bi anch i. Ma siccome sono pi ú grandi delle altre, per individuarle abbiamo messo a punto un sistenlabasato sulle di nrension i, a cui segue la diagnosi citopatologica. I n prat ica, una sorta di pap-test applicato al sangue. In medicina quello è l'esame che ha salvato più vite: da quando è stato introdotto, le morti per tumore al collo dell'utero sono calate drasticamente». E ii suo test che sicurezza garantisce ? «Quella di riuscirea individuare una cellula nunorale in io millilitri di sangue. Una sicurezza validata da altri scienziati nel inondo e da 42 studi indipendenti su oltre 2.000 pazienti con tumore». Nella ricerca che usa I'Iset sono stati coinvolti dei malati? «Certo. Fin qui 245, di cui 168 affetti da broncopatia cronica ostruttiva: grandi Rimatori a forte rischio di sviluppare un cancro del polnrone.1 n5 di loro il test ha rilevato cellule ttunorali.I noduli sono poi comparsi in un tempo compreso fra i e 4 anni: sono stati rimossi Sanità nazionale Pagina 9 i e contenti per vivere meglio r T9 Marco Lombardo A un certo punto mi bippa il polso: «Alzati in piediperalmeno 2minuti». Ilvicino ditavolo aveva appena chiesto se fosse utile di avere unApple Watch e la dimostrazione arriva immediata, con l'avvertimento che così andando avantineva dellamiasalute. E dellanostra. Insomma: èvero che siamo ormai (quasi) tuttimonitorati, main effetti siamo pure contenti di esserlo perché latecnologia ciracconta delle cose dinoi che dobbiamo tenere sempre a mente. Per vivere più sereni. Certo, ilvicino ditavolo - che tral'altro è nientemeno che il capo designer della JaguarIan Callum - obbietta che lui non lascerebbe mai un orologio tradizionale per uno digitale, però aggiunge che il suo caro amico Jonylve, che è quello che gli Apple Watch li ha ideati, gli ha detto che con questo device Cupertino farà il botto. E c'è da credergli, visto che neiprimiduemesi ne sono stati venduti 3 milioni di pezzi. E che Morgan Stanleycalcolailpossibile mercato dei weare- Sanità nazionale T17_ abledevicein 1.6trilioni di dollari. Insomma: non possiamo più fare a meno di essere controllati e sul mercato arrivano in continuazione nuovipezzi pregiati. La Garmin ad esempio ha pensato a un nuovo smartwatch, ilForerunner225, cheevita a chi corre di dover indossare pure una fascia per tenere sotto controllo la frequanza cardiaca. Fatutto il polso. E il già diffusissimo bracciale Up della Jawbone arriva alla sua versione numero 3 che consente di controllare i battiti appena svegli, indice importante di possibili aterazioni. L'utilità del monitoraggio tech dunque non è in discussione (i dati raccolti dallo stesso Apple Watch verranno usati per studiare le cure alle malattie) ed è vero che sapere il conteggio dei passi quotidiani aiuta a farne qualcuno in più per raggiungere l'obbiettivo fissato. La domanda però è se tutto ciò sia davvero fashion o comunque non sia un po' esagerato: non è ancora il momento infatti di girare con i Google Glass che fanno pure sembrare un po' strabici - il cui lancio è stato rimandato. E pare un po' hard dover indossare il reggiseno progettato da Microsoft per sapere perfino le emozioni di chi lo porta. Poiché per conoscere quelle, diciamolo, non serve certo la tecnologia. Ma un po' disavoirfaire. Pagina 10 ,-9 Gäf samsung gear VR, immersione nella realtà virtuale - m-Tom Cardio Punrler, sensore ottico e Gps . Google Glass, si leggono mail ma pure parametri vitali. Tornerà in vendita , M w., ... apple ach antlozlo Prezzo stimato di Mi.Mu, il prototipo di guanto che trasforma in musica gesti cd emozioni iF..,;asrü2( II Garmin w-- rorerunner no-fascia a Sonysmartwatch 3 traccia le attività in un diario vRn Up 3 di lawbone controlla il cuore al risveglio ? Il wonderbra progetto di Microsoft: segnala stress ed emozioni. E spegne il caldo e la fame Sanità nazionale Pagina 11 SALUTE & LAVORO Gli infortuni (numerosi) delle dottoresse I dati raccolti dalla Clinica del lavoro della Fondazione Maugeri di Pavia (fsm.it) provano che le donne sono più "fragili" di fronte agli infortuni sul lavoro degli uomini. Ed è tutta (o quasi) colpa dello stress. «In campo sanitario, per esempio, otto incidenti su dieci riguardano il sesso femminile» spiega Marcello Imbriani, direttore della Clinica. «Dopo un turno di notte in ospedale, infermiere e dottoresse non riescono a recuperare le ore di riposo perse perché digiorno devono sopportare il peso dellagestione familiare: da qui derivano disturbi del sonno che, uniti all'eccesso di incombenze, provocano un carico di ansia tale da rendere faticoso il clima in corsia e facilitare i sinistri». Manon solo: stanche e semprepiù multitasking, le lavoratrici di qualunque settore incappano più spesso degli uomini in incidenti anche nel tragitto casa-ufficio. «Sono però più consapevoli dell'impatto dello stress, delle sue cause e possibili conseguenze. Per ridurle, serve un'organizzazione che tenga conto delle esigenze delle donne e le aiuti a conciliare lavoro e famiglia: in caso si facciano turni, il riposo fra l'uno e l'altro non deve mai scendere sotto le I2 ore». Elena Meli Sanità nazionale Pagina 12 `I I. ,Ia_ II IC Al via venerdì a Cervia la due giorni per gli sportivi che soffrono di mal di testa cronico ERE L'estate della Riviera Adriatica non significa soltanto aperitivi in spiaggia e movida notturna, divertimento e dissolutezza . Per tutti gli sportivi falcidiati dal mal di testa è infatti partito il conto alla rovescia per la seconda edizione di "Scatta in testa", corsa non competitiva di beneficenza in programma il 24 e 25 luglio presso il Fantini Club di Cervia. Nata da un 'idea dell'Associazione italiana per la lotta contro le Cefalee (AIC), la manifestazione è organizzata dal Ravenna Runners Club e si pone l'obiettivo di «battere in velocità qualsiasi tipo di emicrania». Nel pomeriggio del 24 luglio, otto medici specialisti di cefalee incontreranno gratuitamente chiunque abbia bisogno di un parere per individuare il tipo di mal di testa da cui è affetto. La serata sarà invece caratterizzata da una cena di beneficenza in cui esperti, giornalisti e personaggi dello spettacolo animeranno un dibattito per scoprire le cause del proprio mal di testa. La corsa competitiva partirà alle ore 18 del secondo giorno. Gli incassi dell'iniziativa - aperta a chiunque voglia partecipare - saranno devoluti all'AIC. Testimonial d'eccezione saranno i celebri campioni di velocità Stefano Tifi e Carlo Simionato (vicecampioni del mondo della 4x100 ai mondiali di Helsinki 1983 ) insieme a Josefa Idem, campionessa mondiale e olimpica nella specialità del Kl (kayak individuale). Scopo del- Sanità nazionale l'evento è quello di sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della cefalea, che solo in Italia colpisce 20 milioni di persone . Quello che viene comunemente chiamato «mal di testa», infatti, è la malattia più invalidante al mondo. Lo conferma il prof. Piero Barbanti - ideatore della manifestazione - che si dice pronto a combattere «un'importante battaglia nella guerra a un nemico comune che affligge oltre 2 miliardi di persone in tutto il globo ». L'iniziativa ha ricevuto il pieno sostegno delle istituzioni, Comune di Cervia in primis. « Crediamo fortemente in questo progetto» afferma l'assessore allo Sport Giovanni Grandu, «oltre che per il suo carattere sportivo, perché di notevole importanza sia per il turismo locale che per la comunità cervese. Crediamo nei valori che l'AIC rappresenta e promuove con iniziative come questa . Esprime la sua soddisfazione anche il patron Claudio Fantini, presidente del Fantini Club: «Sport, cibo e benessere sono valori che il nostro club promuove e diffonde ogni giorno attraverso le sue attività. Questo perché crediamo fortemente in un turismo che risponda alle rinnovate esigenze dei nostri ospiti, che oggi richiedono soprattutto movimento, relax e alimentazione sana». ANDREA E . CAPPELLI Pagina 13 LA NOSTRA SALUTE DI UMBERTO VERONESI direttore scientifico Istituto Europeo di Oncologia, Milano FINALMENTE LA NOSTRA SCUOLA INSEGN ERA I L -1[_RO. N'.11() SOCCO 1 So NEL DISEGNO DI LEGGE DELLA SCUOLA APPENA APPROVATO VIENE STABILITO L'OBBLIGO DELL' INSEGNAMENTO DELLE TECNICHE DI PRONTO Livio S., Rrescla SOCCORSO. È COSÌ IMPORTANTE ? L o ritengo non solo importante, ma fondamentale per svariati motivi. Insegnare agli alunni delle scuole secondarie del primo e secondo grado come soccorrere un ferito, come assistere una persona svenuta o, soprattutto, come attivare nei modi giusti e appropriati le tecniche di un massaggio cardiaco può spesso significare salvare una vita . Quanto sia attuale questa legge lo dimostra un semplice dato statistico. In Italia ogni anno dei 70 mila casi di arresto cardiaco solo il 3 per cento viene soccorso in tempo e salvato; sono, Invece, oltre II 60 per cento i casi di sopravvivenza che si potrebbero ottenere se venisse attuata la rianimazione cardiaca. La nuova legge, finalmente, impone l'obbligo di insegnare nelle scuole le tecniche di primo soccorso che sono essenziali se praticate nelle giuste maniere. Prima, la decisione se fare formazione sanitaria rientrava nell'autonomia di ogni dirigente scolastico e pochi la attuavano, mentre in altri Paesi come Germania, Francia e Danimarca da anni è nel piano di studi. Secondo gli esperti dell'Italian Resuscitatfon Council, l'Associazione nata nel 1994 con l'obiettivo di diffondere la cultura e promuovere l'organizzazione della rianimazione cardiopolmonare in Italia, i giovani odierni sono facilmente in grado d'ilsparare la tecnica e anch'io sono convinto che i nostri ragazzi, dal 12 anni in su, sapranno addestrarsi in fretta e bene. Le mosse da fare, nei casi di arresto cardiaco, sono poche e semplici, fna fondamentale è intervenire subito per prevenire i danni al cervello causati dal mancato apporto di ossigeno, e in attesa dei soccorsi sanitari. Sono anche convinto che imparare tali tecniche di pronto soccorso sia uno di quei gesti virtuosi che fanno parte della Welfare Community, in cui tutti siamo chiamati a contribuire responsabilmente alla conquista e al mantenimento dei nostro benessere. Le lettore vanno indirizzate a: Umberto Veronesi - La nostra salute , Oggi, Via Angelo Rizzoli 8, 20132 Milano. Oppure collegandosi al nostro sito: www.oggl,it Sanità nazionale Pagina 14 Crocevia di appalti e rapporti politici, Asl, cliniche e ospedali sono stati «fatali» anche a Cuffaro e Lombardo Turino e le vecchie piaghe della sanità siciliana di Roberto Galullo isanità, inSicilia, silnuore. Non nelle corsie di ospedale ma nei corridoi della politica. Non è un caso se gli ultimi tre Governatori della Regione - Salvatore Cuffaro, Raffaele Lombardo e Rosario Crocetta - hanno dovuto fare i conti con il "pianeta sanità", che infetta anziché guarire le piaghe della politica e della società siciliana. Matteo Tutino - 54 anni anni, chirurgo plastico ed estetico di fama internazionale, 14 pagine di curriculum vitae sul sito Internet degli Ospedali Riuniti di Palermo e una coda sterminata di amicizie altolocate in ogni salotto, da Palermo a Milano, da Bruxelles a New York, da Praga a Città del Messico - è solo l'ultimo anello di una catena sanitaria che prima si snoda e poi strangola. Tutino non è solo il medico personale di Crocetta ma anche di magistrati, dirigenti delle Forze dell'ordine, politici, imprenditori e professionisti inseriti nelle caselle chiave della diplomazia siciliana. Nemmeno il tempo di scalare ilvertice delreparto di chirurgia plastica del centro traumatolo- L Il CHE A LA La spesa sanitaria pesa per circa la metà del totale regionale. Da 11 miliardi del2013 si è saliti agli 11,8 dello scorso anno gico Villa Sofia di Palermo il 17 settembre 2013, che ad attenderlo c'è una raffica di ricorsi contro la sua nomina (ma il Tar gli diede ragione).Unatempestain un bicchiere d'acqua se paragonata a quanto accadrà il 29 giugno di quest'anno, quando Tutino viene arrestato con l'accusa Sanità nazionale di falso, abuso d'ufficio, truffa e peculato. La Procura di Palermo - in un filone che si ramifica in più rivoli - gli contesta un intreccio tra incarichi pubblici e affari privati. Del resto la sanità in Sicilia se non è tutto è molto. È cura e malattia al tempo stesso, con miliardi di deficit che ballano nei bilanci ed un piano di rientro siglato il 31 luglio 2007, a causa di una spesa incontrollabile e di una macchina impazzita alle quali, da ultima, ha tentato di porre argine e rimedi Lucia Borsellino, primogenita del giudice assassinato 23 anni fa in Via D'Amelio con cinque uomini di scorta. Una spesa che attira mafia e corruzione come mosche e che continua ad alimentare anno dopo anni i sistemi criminali. L'ultima fotografia, scattata dalla Corte dei conti sull'esercizio finanziario 2014, non lascia dubbi. Nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Siciliana, il procuratore generale Diana Calaciura Traina, dapaginal4 accende i riflettori su un mondo che nel 2014 ha speso 9,168 miliardi, il 46% del totale della spesa regionale (19,9 miliardi), che sale al 54% se si considera l'aggregato. Tuttavia la spesa sanitaria, considerata per funzioni-obiettivo, è stata di n, 8 miliardi, contro gli n de 12013. Insomma: invece di scendere, sale. A dispetto del piano di rientro dal deficit. Una parte rilevante della spesariguarda il personale, che a fine 2014. si attestava a48.530 unità di cui 43.975 a tempo indeterminato e 4.555 a tempo determinato. Nonostante questo esercito di professionisti i siciliani continuano a curarsi anche fuori regione (nel 2014 il saldo tra quanto speso perla mobilitàpassivae quanto incassato per quella attiva è stato negativo per 161 milioni) ma, soprattutto, continua la corsa agli incarichi esterni. Il numero dei consulenti (sanitari e non) e dei collaboratori nominati dalle aziende sanitarie e ospedaliere nel 2014 è stato di 1.004 unità. Anche Cuffaro e Lombardo hanno fatto i conti con questo mondo. Il 22 gennaio ton Cuffaro -laureato in Medicina, assunto nel 1989 all'Ispettorato regionale alla Sanità e in aspettativa dal 1991, dopo essere stato per la prima volta eletto all'Assemblea regionale - fu definitivamente condannato dalla Cassazione a sette annidi reclusione. Nel procedimento vennero travolti, tra gli altri, Giuseppe Guttadauro (aiuto primario di chirurgia), Michele Aiello (il "re" della sanità privata siciliana), Salvatore Aragona e Domenico Miceli (medici). Dopo di lui arrivò Lombardo. Laureato in medicina con una specializzazione in psichiatria forense, il 19 febbraio 2014 viene condannato in primo grado asei anni e 8 mesi per concorso esterno a Cosa nostra. Le sue frequentazioni con le aule di giustizia sono retrodatate, però, al 22 aprile 1992: in un'inchiesta su presunte irregolarità in un concorso pubblico all'Asl 35 di Catania, venne arrestato con l'accusa di interesse privato in atti d'ufficio e abuso d'ufficio, condannato in primo grado e assolto in appello. Il 23 luglio '94 venne nuovamente arrestato per associazione a delinquere per un appalto da48 miliardi di lireper ipasti all'ospedale Vittorio Elnanuele II di Catania: secondo l'accusa c'era un comitato d'affari ma i giudici non lo riconobbero e, tra gli altri, Lombardo sarà assolto e gli sarà riconosciuto un indennizzo di 33mila euro per detenzione ingiusta. C'è ancora qualcuno che si meraviglia se ogni elezione che si celebra in Sicilia vede le liste piene di medici candidati e i loro comitati elettorali pieni di clientes? Guardie o ladri robe rtogolullo.blog. ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 15 Prestazioni sanitarie su misura Fondo « integrat ivo » anche per i medici Roberto Turno ww, Anche i medici d'Italia avranno presto il loro Fondo sanitario integrativo . Decollerà già entro quest'anno e con il 2016 assumerà contorni e fisionomia d'intervento precisi, nel solco della "categoriaDoc". Nasce sotto l'egida dell'Enpam e ha come soci fondatori i sindacati Fimmg, Fimp, Sumai, Andi, Anaao e Cimo. Il grosso dei convenzionati e dei dipendenti del Ssn, insomma. Con una forza d'urto potenziale di prima grandezza rispetto a tuttiiFondieleCassegiàesistenti: laplateadeipotenziali aderenti (l'iscrizione è su base volontaria) di 356.373 medici e dentisti attivi iscritti all'Enpam e di 98.396 pensionati dell'Ente. Se poi si aggiungono i familiari, oltre al personale (e familiari) di dipendenti degli Ordini e delle organizzazioni sindacali, potrà salire fino a 1-1,5 milioni di iscritti. Come dire: piatto di iscritti ricco, possibili vantaggi di acquisto sul mercato altrettanto vantaggiosi. «Come medici vogliamo difende l'universalismo del Ssn, di cui andiamo orgogliosi, anche se è chiaro che ormai la coperta è corta come dimostra la spesa privata e il peso dei ticket, che il nostro Fondo intende riequilibrare», anticipa a Il Sole 24 Ore il presidente della Fondazione Enpam, Alberto Oliveti. Che Sanità nazionale aggiunge: «La nostra è un'iniziativa di welfare professionale, che daunlato tutelala salute dei nostri professionisti iscritti e dall'altro ne tutela il lavoro». Promuovendo il Ssn, in sostanza, si "promuove" insieme anche la categoria. L'atto costitutivo del Fondo è già stato depositato. A ruota seguirà lo statuto. Dopo l'estate ci sarà il lancio e via via si partirà Per un'iscrizione che sarà su base volontaria. Aspettando naturalmente che vengano definiti costi, tipo di prestazioni e modalità di accesso alle stesse, convenzioni e tutte le necessarie modalità operativeperil decollo di un'iniziativa di così vasta portata. Oggi i medici attraverso l'Enpam possono aderire a una polizza assicurativa, che sarà superata dal nuovo Fondo integrativo. Magari anche in attesa di capire se col 2016 arriveranno novità sul fronte fiscale, nell'ambito degli interventi allo studio del Governo. La gestione sarà affidata a una NewCo costituita da Enpam (Enpam Sicura), una srl a socio unico, con funzioni di brokeraggio e provider. Una start up, in pratica, spiega Oliveti. In attesa di quelle alleanze e accordi con altri soggetti per moltiplicare laforzadelnuovo Fondo. Nella speranza che i medicivogliano scommettere su se stessi. ® RI PRO DD ZIO, N E RISERVAI A Pagina 16 Enti pensione, la Gdf fa visita agli infermieri di Vitaliano D'Angerio I militari della Guardia di Finanza, nucleo polizia tributaria di Roma, sono tornati di recente a far visita alla cassa di previdenza degli infermieri (Enpapi). È la seconda volta che le Fiamme gialle si presentano nella nuova sede Enpapi di Via Farnese 3, a Roma. Il motivo è sempre lo stesso: acquisire «la documentazione ufficiale afferente all'acquisto, ristrutturazione e manutenzione dell'immobile destinato a sede dell'ente, già oggetto di relazione da parte della Corte dei conti, sezione controllo enti». È quanto scrive il collegio sindacale Enpapi nel verbale del 26 maggio 2015. A inviare i militari è stata dunque, per la seconda volta, la magistratura contabile: la Gdf che si è presentata in Via Farnese fa capo, però, al gruppo tutela spesa pubblica e in particolare alla sezione che si occupa di danni erariali. Dell'acquisto della nuova sede Enpapi, se ne era occupato per primo il Sole24Ore (20 ottobre 2010) con un articolo dal titolo: «La villa che si rivaluta del 25% in un giorno». In sostanza veniva evidenziato che la cassa, il 29 aprile 2009, aveva comprato la nuova sede per 20 milioni: una villa che, lo stesso giorno, era passata di mano per una cifra di 16 milioni di euro. All'epoca, a presiedere la cassa degli infermieri era Mario Schiavon che è anche l'attuale presidente oltre che vicepresidente Adepp, associazione che riunisce le casse di previdenza. I vertici Enpapi confermano la seconda visita delle Fiamme gialle e si dicono meravigliati dall'ulteriore richiesta di documenti: «È opportuno precisare che l'operazione di acquisto dell'immobile-sede era stata già sottoposta a istruttoria da parte della sezione controllo enti della Corte dei conti, con esito che non faceva per nulla presagire un'indagine successiva da parte della procura - spiega Fabio Fioretto, direttore generale Enpapi -. Si ritiene, in questo senso, che vi sia stata dall'esterno una segnalazione o un esposto che hanno condotto all'accertamento in corso». Stadi fatto che i magistrati contabili hanno mandato i militari esperti in "danni erariali". Chissà se dopo cinque anni si verrà finalmente a capo di questa vicenda. v.dongerio @ilsole24ore. com O RIPRODUZIONE RISERVATA l'IZ()II :SSI( )\ I S!'1 i,>1 1. 12151'\I:\ I1() I. . ii.iili ii ii aìuta Sanità nazionale Pagina 17 Riscrivere la storia con il dna Catherine Mary, Le Monde, Francia. Foto di Steve McCurry Le ricerche dei genetisti sulle origini delle popolazioni sono sempre più numerose. Ma non sempre sono attendibili e spesso entrano in conflitto con i dati storici Ricerca Pagina 18 A. 11. ., IL- 'I * =q monio genetico nel quale si sono integrate le variazioni che caratterizzano le loro diverse origini, in particolare quelle anglosassoni. I risultati indicano senza ambiguità che gli anglosassoni si mescolarono con le popolazioni preesistenti", spiega entusiasta Peter Donnelly del Wellcome trust centre for human genetics di Oxford, che ha coordinato la ricerca. "Lo studio rivela anche che prima dell'arrivo degli anglosassoni ci fu un'ondata migratoria di popolazioni provenienti dall'attuale territorio francese, un fatto sconosciuto finora. Ora gli storici e gli archeologi sanno in che direzione cercare", continua Donnelly. "Questa ricerca illustra quali eventi portarono alla nascita di quello che oggi è il popolo dei `Regni Uniti", ribadisce Lluis Quintana-Murci dell'istituto Pasteur, che da una ventina d'anni studia la genetica delle popolazioni. Inizialmente concepito per stabilire delle correlazioni tra variazioni genetiche e predisposizione alle malattie, lo studio ha interessato più di duemila persone di cui si conosce la regione d'origine. Per ogni persona sono state sequenziate 5oomila porzioni del loro genoma e note per contenere dei marcatori genetici dell'origine geografica. Una volta individuati, questi marcatori sono stati analizzati grazie a un modello informatico in grado di confrontarli con quelli contenuti in una banca dati e di stabilire il profilo genetico di ognuno dei duemilapartecipanti alla ricerca. In questo modo i britannici sono stati classificati in 17 gruppi, che riflettono la mescolanza delle popolazioni da cui provengono. Collocati sulla carta del Regno Unito, questi 17 profili hanno permesso di delineare una mappa delle loro origini, che presenta forti somiglianze con quella dei regni esistenti nel seicento, dopo le invasioni anglosassoni. La geografia dei geni 1 opo la caduta dell'impero romano d'occidente, nel quinto secolo, gli angli, gli iuti e i sassoni, popoli provenienti dagli attuali territori della Germania, della Norvegia e della Danimarca, invasero le isole britanniche e fondarono diversi regni indipendenti. Ma gli anglosassoni sostituirono le popolazioni già presenti sulle isole britanniche o si mescolarono con loro? La questione, che da diversi secoli divide gli storici, ha avuto una svolta inattesa grazie ai risultati di uno studio genetico pubblicato il 18 marzo sulla rivista Nature. "Questo studio mostra che gli abitanti del Regno Unito condividono un patri- Ricerca Che riguardino la storia della schiavitù, dei flussi migratorio quella più antica degli esseri umani moderni, gli studi genetici sulle origini sono sempre più numerosi, e ogni settimana la letteratura scientifica propone ricerche che modificano o arricchiscono le conoscenze sulla storia dei popoli e delle nazioni. La società deCODE Genetics in Islanda ha condotto uno studio sull'origine degli islandesi e sulla loro predisposizione genetica alle malattie. I risultati sono stati esaminati in una serie di articoli usciti a marzo sul Nature Genetics. Il consorzio Genographic, lanciato nel 2005 dalla National Geographic society, ha invece l'obiettivo di rappresentare i primi flussi migratori dell'umanità studiando i popoli indigeni, Da sapere Il business delle origini ♦ La ricerca delle origini attraverso l'analisi genetica alimenta un mercato molto florido. Per poche centinaia di euro decine di aziende in tutto il mondo permettono ai clienti di ritrovare i familiari o di conoscere l'origine geografica dei loro antenati. La più celebre è la statunitense 23andMe , che vende il suo kit per prelevare un campione di saliva a 99 dollari (89 euro) e ha quasi un milione di clienti. In Svizzera la iGenea propone tre test -basic, premium ed expert-compresi tra 239 e 1.399 franchi svizzeri (229 e 1.338 euro). Basato sull'analisi di più di 15omila marcatori sul cromosoma Y, sul dna mitocondriale e sulle altre regioni del genoma, il test GenoChip del consorzio Genographic può essere acquistato per 199,95 dollari (175 euro). Oltre all'origine degli antenati, i suoi risultati indicano la percentuale di dna ereditata dagli uomini di Neandertal e di Denisova. insediati da secoli in varie parti del mondo. Uno studio pubblicato nel 2012 sull'American Journal of Human Genetics dall'équipe di Lluis Quintana-Murci conferma che il gruppo linguistico formato dal popolo basco ha un'origine diversa da quella cosiddetta indoeuropea, da cui provengono gli altri europei. Secondo questo studio i baschi discenderebbero dai primi occupanti della regione cantabrica arrivati nel mesolitico o nel paleolitico. Uno studio del 2004 condotto dalla stessa équipe sull'origine dei gruppi etnici che compongono il Pakistan si è concentrato sul traffico di schiavi attraverso l'oceano Indiano. L'analisi del dna mitocondriale trasmesso per linea materna contiene dei marcatori che attestano un'origine africana, di cui è invece sprovvisto il cromosoma Y trasmesso per linea paterna. "Questo dimostra che furono le donne a essere state portate come schiave dall'altra parte dell'oceano Indiano, probabilmente come concubine o domestiche", afferma Quintana-Murci. Infine, secondo un altro studio che ha coinvolto anche la sua équipe, i popoli di cacciatori-raccoglitori avrebbero avuto un'espansione demograficaprima dell'arrivo dell'agricoltura nel Sahel circa cinquemila anni fa. Questo risultato mette in discussione il dogma secondo cui i boom demografici sono la conseguenza della comparsa dell'agricoltura. Inoltre lo studio sulle relazioni tra i popoli bantu e i popoli pigmei del Gabon e del Camerun, condotto da un'équipe multidisciplinare di genetisti, linguisti e antropologi, ha confermato le ipotesi dei genetisti e dei linguisti sulla divi- Pagina 19 sione di queste lingue. "Collaborando cerchiamo di avvicinarci alla Storia con la S maiuscola", spiega Quintana-Murci. "Quello che m'interessa è capire una situazione nel dettaglio, anche lavorando insieme ai musicologi e ai linguisti. Se vogliamo capire la diversità genetica degli esseri umani, dobbiamo capire anche la sua cultura", ribadisce Evelyne Heyer del Museo nazionale di storia naturale di Parigi, che hapartecipato allo studio. Tuttavia questo approccio è atipico tra i genetisti delle popolazioni, spesso criticati dagli specialisti di altre discipline per l'eccessiva fiducia che nutrono nei loro risultati e per la loro arroganza. "I genetisti si considerano un'élite, si credono infallibili e talvoltapassano sotto silenzio -per ignoranza, ma qualche volta anche deliberatamente - i dati raccolti da altre discipline", commenta il paleontologo Jean-Jacques Hublin, dell'istituto Max Planck di Lipsia. Hublin è specializzato nella ricerca sull'origine e l'evoluzione dell'uomo di Neandertal e la- tibetani e solo nel9 percento degli han, l'etnia maggioritaria in Cina. Aiutati da un modello matematico, gli autori di queste ricerche hanno datato la divergenza tra i due popoli, cioè il momento in cui il loro genomna ha cominciato a differenziarsi, al 2750 aC. Ma gli studi archeologici fanno risalire l'apparizione dei primi villaggi neolitici sull'altipiano del Tibet a150oo aC. In seguito, gli autori dello studio genetico hanno corretto il loro modello e hanno finito per trovare una data più coerente con i risultati degli archeologi. Le cause di queste variazioni dipendono dalle incertezze dei modelli matematici usati dai genetisti, dal numero ridotto di soggetti esaminati nello studio e dalla scarsa attendibilità dei metodi di datazione. L'orologio molecolare su cui si basano i genetisti, infatti, è troppo approssimativo. Prende in considerazione un tasso stimato di mutazioni del genoma nel corso di ogni generazione e la durata media di vita di una generazione. Ma uno studio del 2012 su un Nelle società industrializzate il mito scientista ha sostituito le mitologie tradizionali basandosi su dati scientifici ma con un fondo mitologico vora a stretto contatto con i genetisti. "Mi stupisce che gli scenari proposti su Science e Nature avolte siano così distanti da quello che sappiamo attraverso altre fonti. Eppure questi risultati hanno dalla loro parte la forza delle scienze esatte", dice. Cita un modello sulle ondate di popolamento degli indoeuropei proposto di recente dall'équipe di David Reich della Harvard medical school, anche in assenza di conoscenze oggettive. "C'è una valanga di dati nuovi che bisogna integrare, e mettere in relazione con i dati degli archeologi, dei paleontologi e dei linguisti cercando al tempo stesso di mantenere una distanza critica rispetto alla genetica", insiste Hublin. L'incertezza matematica Le polemiche sul gene Epasi, coinvolto nel trasporto dell'ossigeno e le cui variazioni sono in relazione con l'adattamento all'altitudine, dimostra bene le difficoltà che i ricercatori incontrano quando cercano di far concordare i dati provenienti da fonti diverse per capire l'origine di un popolo. Infatti, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Science nel 2010, una variante di questo gene coinvolto nell'adattamento all'altitudine è stato ritrovato nell'87 per cento dei Ricerca padre, una madre e il loro figlio ha mostrato che queste mutazioni si accumulano a un ritmo molto più lento di quello che i genetisti avevano fino ad allora stimato. Questo haportato a rivalutare la data di divergenza del gene Epasi. Più di recente una serie di studi genetici sul genoma di 6.109 tibetani distribuiti in 41 villaggi pubblicata sulla rivista Molecular Biology and Evolution suggerisce che questa etnia si sarebbe evoluta a partire da un popolo nomade fra 3omila e 2omila anni fa. Infine gli archeologi concordano anche sull'esistenza di un "corridoio dell'Asia centrale", di cui il Tibet sarebbe stato il cuore. Questo itinerario, in quanto precursore della via della seta, avrebbe favorito il mescolamento delle popolazioni. Un'altra controversia di carattere ideologico è quella sull'origine degli ebrei, raccontata dal giornalista francese Sylvain Cypel sulla rivista XXI. Nel libro Legacy: a genetic history of jewish people (Oxford University Press 2012), il genetista Harry Oyster dell'Albert Einstein college dell'università Yeshiva di New York sostiene che esistono marcatori genetici comuni per tutti gli ebrei, che siano ashkenaziti, mediorientali o dell'Africa del nord. Questi dati genetici dimostrerebbero, secondo lui, che gli ebrei discendono dal popolo ebraico dei racconti biblici e spiegherebbero la loro superiorità intellettuale. Tuttavia, l'analisi delle stesse regioni del genoma fatta con altri modelli informatici da altri genetisti porta a risultati molto diversi. Così, secondo il genetista israeliano Eran Elhaik dell'università di Sheffield, gli ebrei ashkenaziti sono in gran parte originari dell'Asia caucasica e non del Medio Oriente. Quanto agli amerindi, si rifiutano di credere ciecamente nelle ricerche sul loro dna. Pensano che la storia sia scritta più nei miti che nel genoma e l'arrivo, negli anni novanta, di genetisti che cercavano di capire la storia del popolamento degli Stati Uniti ha provocato non poche polemiche. Tra gli amerindi, infatti, è ancora vivo il ricordo degli studi scientifici fatti sui loro crani per dimostrare la loro inferiorità e permettere ai coloni di impadronirsi delle loro terre. "Quando ho seguito i primi studi ho constatato che i genetisti impiegavano lo stesso linguaggio usato dai coloni per civilizzare le popolazioni indigene cristianizzandole", ricorda l'antropologo arapaho Kim TallBear dell'università del Texas. TallBear ha scritto Native american dna: tribal belonging and the falseproblem ofgenetic science (University of Minnesota Press 2013), un libro che denuncia l'approccio colonialista dei genetisti. "Consideravano il nostro sangue in modo simile a come consideravano le nostre terre", continua TallBear. Dopo la sua denuncia i genetisti hanno imparato a collaborare con le tribù, che oggi hanno il diritto di controllare le pubblicazioni scientifiche di cui sono oggetto. In Canada una legge chiamata Dna on loan stabilisce l'appartenenza del dna alle tribù. Ma i genetisti, anche se sono consapevoli della portata dei loro studi, sembrano imbarazzati di fronte alle questioni che sollevano. "Quando devo fare delle ricerche su popolazioni indigene, mi rivolgo prima ai capi delle comunità, e spesso ci vuole molto tempo per mettersi d'accordo. Ma spesso alla fine sono riconoscenti perché grazie ai nostri studi il loro villaggio trova un posto sulla carta del mondo", racconta Evelyne Heyer. "È importante dire che esistono delle differenze, valorizzare la diversità", insiste Quintana-Murci, che riconosce il valore pedagogico dei suoi studi ma ne rifiuta la portata politica. Da antropologo Hublin pone il problema senza mezzi termini: "Con gli studi sulle origini il problema è la narrazione. Nelle società industrializzate il mito scientista ha sostituito le mitologie tradizionali basandosi su dati scientifici ma conservando un fondo mitologico". ♦ adr Pagina 20 poter essere attivata e disattivata . Credono di averla trovata nella combretastatina, presente nella corteccia del salice africano (Combretum caffrum). Antitumorali controllati con la luce The Economist, Regno Unito Uno dei problemi della chemioterapia è che attacca anche le cellule sane. Un interruttore ottico, che si può accendere e spegnere, potrebbe renderla molto più precisa uando una cellula si prepara a dividersi, alcune minuscole strutture dell'impalcatura interna, i microtubuli, si dispongono in un fuso che permette ai cromosomi di separarsi e formare due fasci. Siccome questi due fasci diventeranno il nucleo delle cellule figlie, la loro formazione è una fase cruciale del processo di duplicazione. E siccome la duplicazione incontrollata delle cellule è fondamentale nel cancro, la creazione di farmaci capaci di interferire con l'attività dei microtubuli riscuote da tempo grande interesse. Purtroppo la maggior parte dei farmaci esistenti compromette anche i microtubuli delle cellule sane, provocando gravi effetti collaterali e costringendo i medici a usare dosi inferiori a quelle che servirebbero per Ricerca eliminare efficacemente il tumore. Ma Oliver Thorn-Seshold e Dirk Trauner dell'università Ludwig Maximilian di Monaco, in Germania, sperano di cambiare le cose. I due chimici stanno infatti cercando di mettere apunto un farmaco per il controllo dei microtubuli che possa essere attivato e disattivato dalla luce. Oltre la gabbia molecolare L'idea della chemioterapia a controllo ottico non è nuova. Diversi gruppi di ricerca hanno tentato di rinchiudere i farmaci in gabbie molecolari apribili con la luce. Illuminando il punto giusto il farmaco viene rilasciato solo dove serve. La trovata, in sé buona, ha però un difetto: una volta liberato, il farmaco non si può più controllare e quindi può provocare comunque danni collaterali, per quanto minori rispetto alla versione senza gabbia. Inoltre, per aprire questa gabbia servono intensi raggi ultravioletti, anche loro piuttosto pericolosi. Thorn-Seshold e Trauner sono quindi ripartiti da zero e hanno cercato una molecola che fosse in grado di inibire i microtubuli e che fosse fotosensibile, in modo da L'albero contiene diversi tipi di combretastatine molto efficaci nell'interferire con l'attività dei microtubuli , una capacità che forse serve a proteggere la pianta da animali infestanti e parassiti . I chimici hanno esaminato attentamente la versione nota come combretastatina A-4, che ha due isomeri, cioè forme diverse di composti con la stessa formula chimica. Mentre un isomero interferisce poco con l 'attività dei microtubuli, l'altro è molto efficace . I ricercatori hanno quindi dovuto risolvere due problemi: come convertire un isomero nell'altro usando un raggio luminoso e come ritrasformarlo in quello che era prima. Dopo un'attenta riflessione hanno capito di poter fare entrambe le cose sostituendo, nella molecola, due atomi di carbonio adiacenti con due atomi di azoto. Il legame chimico così creato trasforma l'isomero non tossico, poco efficace contro i microtubuli, in quello altamente tossico se illuminato con la luce blu. Per invertire la trasformazione basta spegnere la luce. A differenza di quella ultravioletta , tra l'altro, la luce blu è innocua. Il salto delle fotostatine Come scrivono i ricercatori sulla rivista Cell, in provetta il sistema funziona. Dopo aver unito la combretastatina modificata, che hanno chiamato fotostatina, a cellule tumorali del seno, hanno lasciato alcuni campioni al buio e ne hanno esposti altri a impulsi di luce blu con intervalli di cinque minuti. Il farmaco colpito dalla luce si è rivelato 200 volte più tossico di quello lasciato al buio. Se veniva esposto alla luce viola era 250 volte più tossico, mentre era appena 75 volte più efficace se esposto al ciano. Significa quindi che le fotostatine possono essere dosate in base alle esigenze. Annunci come questo - di potenziali nuovi trattamenti contro il cancro - abbondano, ma solo pochi riescono poi a passare dai laboratori agli ospedali. Se le fotostatine riusciranno a fare il salto, potrebbero portare un progresso straordinario. La ricerca oncologica degli ultimi anni si è concentrata soprattutto sul reclutamento del sistema immunitario per aggredire la malattia. Uno studio come questo dimostra che c'è un margine di miglioramento anche per gli approcci più tradizionali. ♦ sdf Pagina 21 Salute Con la terapia genica è stato possibile restituire in parte l'udito a topi affetti da una forma ereditaria di sordità, scrive Science Translational Medicine. Nei topi erano mutati tmci e tmc2, due geni indispensabili per il funzionamento delle cellule ciliate, che trasformano il suono in segnale nervoso. Iniettando i geni corretti nelle cellule ciliate, queste hanno ricominciato in parte a funzionare. Ricerca Pagina 22 SALUTE Il vaccino contro il colera Una ricerca condotta su più di 26omila persone nelle baraccopoli della capitale del Bangladesh ha confermato l'efficacia dello Shanchol, un vaccino orale molto economico contro il colera. Con due dosi di vaccino, scri. ve The Lancet, i casi di colera sono diminuiti del 37 per cento e fino al 45 tra chi aveva ricevuto anche un kit igienico sanitario (tavolette di cloro e sapone antibatterico). Inoltre i casi molto gravi si sono ridotti della metà. Il vantaggio dello Shanchol è il prezzo: 3,70 dollari a dose, che aumentando la produzione potrebbero ridursi a meno di due. Prodotto da un'azienda indiana dal 2009, il vaccino è già stato usato in Guinea nel 2012 dalla ong Medici senza frontiere. Il colera è endemico in 50 paesi e uccide più di centomila persone ogni anno, per la metà bambini. Ricerca Pagina 23
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