Nicolas G. Hayek
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Nicolas G. Hayek
Cari amici di Breguet, 39 Quai de l’Horloge. È a questo indirizzo, nell'Île de la Cité a Parigi, che il nostro illustre antenato AbrahamLouis Breguet aprì nel 1775 il suo laboratorio di orologeria. Qui videro la luce orologi fabbricati per Napoleone, Maria Antonietta, la regina di Napoli, lo zar Alessandro, il re Giorgio IV e altre eminenti personalità. Non solo: quell’atelier fu anche il luogo in cui nacquero grandi innovazioni tecniche ed estetiche come il tourbillon, la curva terminale Breguet, il paracadute antiurto, i quadranti guilloché, le lancette à pomme e le cifre Breguet... Sono solo alcune delle innumerevoli invenzioni che a 200 anni di distanza figurano tuttora nel pantheon dell’orologeria. Perciò abbiamo deciso di rendere omaggio alla nostra storia e all’eredità che custodiamo preziosamente intitolando a quello storico indirizzo la nostra pubblicazione. I legami che ci uniscono al più ricco patrimonio esistente in tutta la storia dell’orologeria costituiscono per la marca Breguet, inutile dirlo, una fonte inesauribile d’ispirazione. Ma una tradizione e un’eredità vanno viste nel loro contesto storico. La forza creativa di cui diede prova Abraham-Louis Breguet, il più grande orologiaio di tutti i tempi, gli ha consentito di sopravanzare tutti i suoi contemporanei e anche coloro che gli succedettero. Noi quindi attingiamo alle nostre radici non solo per fare sì che continuino a vivere le invenzioni e le creazioni di Breguet, ma perché vogliamo dare libero corso alla nostra passione per la ricerca e l’innovazione. È questa l’eredità più importante di Abraham-Louis Breguet: la ricerca incessante volta a spostare sempre più in là le frontiere dell’orologeria. Il nostro obiettivo è di offrirvi con Quai de l’Horloge una serie di articoli che da un lato rievocano la vita e l’epoca del nostro celebre antenato presentando le sue numerose creazioni, e dall’altro illustrano come la marca Breguet riafferma la sua leadership in quella forma d’arte che è l’alta orologeria. Ogni numero di questa pubblicazione proporrà quindi rievocazioni storiche e informazioni attuali sul modo in cui noi guardiamo al nostro passato e al nostro avvenire. Questo primo numero di Quai de l’Horloge contiene un omaggio al mio compianto nonno Nicolas G. Hayek. I media hanno sottolineato quanto è stata vasta e profonda la sua attività. Meno nota è invece la sua predilezione nei confronti di Breguet, e la maestria con cui ha guidato l’azienda portandola a occupare la posizione che detiene oggi. Lo slancio incontenibile ch’egli ha impresso a Breguet è testimoniato dagli articoli dedicati alle recenti creazioni della marca: Hora Mundi, Type XXII, Réveil Musical. Ciascuna di queste realizzazioni rappresenta un importante progresso per l’orologeria. Ma non intendiamo certo trascurare la nostra lunga storia. Mi auguro che scoprirete con piacere il ritratto di Carolina Murat, la regina di Napoli che fu una fervente ammiratrice di Breguet, e che grazie a Breguet poté allacciarsi al polso il primo orologio del genere mai realizzato. E potrete rivivere con noi qualche momento della vita di Maria Antonietta, vista nella sua tenuta privata: il Petit Trianon. Cordialmente Marc A. Hayek, Presidente di Montres Breguet SA 2 3 INDICE Indice 1.Nicolas G. Hayek Una straordinaria avventura 2.Hora Mundi Classique 19 3. Il primo orologio da polso 33 4. Il nuovo limite: 10 Hertz 41 5. Guillochage 53 6. Il Petit Trianon 71 7. Réveil Musical 85 8. Breguet al Museo nazionale svizzero 4 7 98 5 NICOLAS G. HAYEK Nicolas G. Hayek «Una straordinaria avventura» di Jeffrey S. Kingston 6 7 NICOLAS G. HAYEK I visionari sono una specie rara. Per capirlo, basta considerare le qualità richieste per essere davvero un visionario. In primo luogo occorre possedere genio creativo, ossia la capacità di far progredire la causa dell’umanità non solo di qualche passo, ma di proiettarla verso nuovi ordini di grandezza. Tuttavia, qualunque sia l’ampiezza di vedute e la creatività di un genio, un visionario agisce su un piano ancora più elevato, perché possiede una comprensione globale che manca a una mente ordinaria circa il modo in cui attuare un’impresa dove nessuno si è mai avventurato prima, oppure di risollevare un’istituzione o un intero settore industriale in piena crisi. ◆◆◆ Poche attività umane possono vantare la presenza di un visionario nel corso della loro storia. Breguet, da parte sua, nei suoi due secoli di vita ha avuto la fortuna di crescere e prosperare grazie a due visionari: Abraham-Louis Breguet, il suo fondatore, e Nicolas G. Hayek, il suo salvatore. Nessuno degli attuali dipendenti di Breguet, va da sé, ha conosciuto personalmente Abraham-Louis Breguet. Quasi tutti invece hanno lavorato con Nicolas G. Hayek. Se un giorno avrete il privilegio di visitare i laboratori della Manifattura sarete sorpresi, come ogni persona estranea all’azienda, dal numero di fotografie di Nicolas G. Hayek che, a molti mesi dalla sua scomparsa, continuano a essere esposte negli uffici, nei laboratori o sui banchi di lavoro degli orologiai, tanto da farlo sembrare onnipresente. «Senior» – così era soprannominato affettuosamente, per distinguerlo dal figlio Nick Hayek Junior e dal nipote Marc A. Hayek – dà l’impressione di presiedere tuttora ai destini della marca. Eppure la sua presenza non è certo frutto di una imposizione, di un decreto della Direzione. Dipende esclusivamente dalla volontà dei collaboratori di Breguet, talmente coinvolti nell’esistenza di Nicolas G. Hayek Senior da volerlo ricor8 dare attraverso la sua foto quando arrivano ogni mattina al loro posto di lavoro. I media internazionali, la stampa in generale e le riviste professionali hanno celebrato i meriti di Senior al momento della sua morte improvvisa. Senior, che dirigeva con successo una società specializzata in consulenze aziendali, era stato incaricato dalle banche svizzere di liquidare le due holding SSIH e ASUAG, ognuna delle quali raggruppava numerose marche di orologi che erano precipitate (come tutta l’industria elvetica dell’orologeria) in una crisi finanziaria che sembrava insanabile. Invece di procedere allo smantellamento delle due holding, che sembrava l’unica soluzione ragionevole, Senior ideò un piano volto a ristrutturare e fondere i due gruppi, in modo che potessero proseguire la loro attività. Senior e un gruppo di investitori acquistarono le due holding, che intanto si erano fuse, e diedero vita alla SMH, oggi nota con il nome di Swatch Group. La SMH non solo ha lanciato il leggendario Swatch, ma è diventata la società madre di una cospicua serie di marche note e apprezzate in tutto il mondo, tra le quali spiccano, oltre a Breguet, Blancpain, Omega, Jaquet Droz, Longines, Glashütte 9 NICOLAS G. HAYEK POCHE CARRIERE MANAGERIALI SONO STATE ALTRETTANTO BRILLANTI Benché i successi da lui conseguiti siano ben noti, pochi conoscono nei dettagli la dedizione di Hayek nei confronti di Breguet. Original ecc. A ognuna di queste marche Senior dedicava la sua attenzione, ma Breguet occupava un posto speciale nel suo cuore. I media hanno descritto diffusamente gli sforzi da lui compiuti per salvare la SSIH e l’ASUAG, che sono serviti d’esempio per tutta l’orologeria svizzera, e hanno sottolineato il successo materiale che ne è risultato, ma hanno sottaciuto l’importanza del suo intervento a favore di Breguet e la bravura con cui ha guidato e ispirato la rinascita di questa marca. Se la stampa finanziaria ha analizzato dettagliatamente i successi commerciali di Senior, senza però approfondire il suo impegno alla testa di Breguet, dove troveremo le tracce di quella vera e propria epopea? Inutile cercare la risposta in documenti stampati: il profilo di Senior emerge a poco a poco conversando con le persone che in Breguet hanno lavorato con lui. Scordiamoci le immagini consuete del capitano d’industria distaccato, chiuso in un vasto ufficio direttoriale e protetto gelosamente da feroci assistenti personali che, come tanti cerberi, sbarrano l’accesso e filtrano le telefonate ammettendo nel sancta sanctorum pochi privilegiati. Senior interagiva totalmente con i dirigenti e con il personale di Breguet, ossia con tutta quanta l’azienda. La genesi della linea Tradition dà un’eccellente idea della cura con cui Senior affrontava la progettazione di un orologio Breguet in ogni minimo dettaglio, e del metodo che usava per incitare i suoi collaboratori a superarsi. Oggi è ovvio constatare che gli orologi di stile classico suscitano una vera e propria infatuazione, tanto che a volte si ha l’impressione che gli addetti al settore Ricerca e Sviluppo stiano setacciando gli archivi e i musei in una ricerca frenetica d’ispirazione dettata dagli antichi segnatempo. Naturalmente l’équipe 10 che stava lavorando intorno alla linea Tradition era consapevole che altri seguivano le sue tracce. Eppure, quando Senior riunì i propri collaboratori, le sue istruzioni furono chiare e concise: «Dimenticate il passato e non fate della Tradition una copia.» Era deciso infatti a lanciare una sfida più ardita, creando una linea che captasse lo spirito del passato, come voleva il suo nome, ma senza assumere la forma di una riproduzione servile. Col passare del tempo quel progetto in divenire ha suscitato una crescente eccitazione. L’orologio Tradition è infatti un orologio moderno, inedito, dotato di un bilanciere in titanio – scusate se è poco – ma conserva l’impronta di un patrimonio genetico vecchio di duecento anni. Il momento cruciale è giunto quando Nicolas G. Hayek ha scoperto il magnifico movimento Tradition. L’équipe ricorda benissimo come Senior si fregava le mani, assaporando il piacere della scoperta senza staccare gli occhi dal nuovo calibro: «Stiamo vivendo un’avventura straordinaria e unica!» diceva. Dopo alcuni secondi affiorò alla sua mente una constatazione evidente: non era possibile nascondere dietro un quadrante convenzionale un meccanismo di tale bellezza e di tanta semplicità. E ordinò di munire il volto dell'orologio di un quadrante di piccole dimensioni, in modo da svelare il cuore del movimento agli occhi del pubblico. Un conto è nutrire un entusiasmo incrollabile nel successo di un’azienda, un altro conto, e assai diverso, è conservare questo ottimismo nel mezzo di una crisi finanziaria internazionale. Senior non solo ha pilotato con avvedutezza Breguet e le altre marche del suo gruppo nei giorni bui della crisi, ma è stato d’esempio per tutta l’industria dell’orologeria, affermando che la sua fiducia in una prossima ripresa gli vietava di privarsi anche di un solo dipendente. Altri operatori del settore che non possedevano né questo ottimismo né questa forza d’animo hanno ceduto di fronte alla tempesta, procedendo a drastici tagli del personale che, in certi casi, hanno colpito la metà degli orologiai. Senior invece non si è limitato a trasmettere la sua visione ottimistica all’équipe di Breguet, e ha spiegato serenamente che la Maison Breguet era nata in un periodo particolarmente agitato, quello della Rivoluzione francese. Abraham-Louis Breguet non solo era riuscito a tenere aperte le porte del suo laboratorio e a proseguire la sua attività anche nei pochi anni in cui era fuggito dalla Francia per trovare riparo in Svizzera, ma aveva ideato il suo Tourbillon nel pieno di quell’epoca ◆ Nicolas G. Hayek e l’orologio Marie-Antoinette. 11 NICOLAS G. HAYEK così tormentata. Pensate: la sua complicazione più famosa, che occupa ancor oggi un posto al vertice dell’orologeria, un dispositivo considerato da tutta l’industria dell’orologeria come la massima espressione di quest’arte, fu ideato in un periodo in cui la società era scossa da sconvolgimenti senza precedenti, e spesso solo un filo teneva attaccata al collo la testa di un uomo... Durante la crisi del 2008, Senior ha considerato quella prospettiva storica come una specie di insegnamento. Ha voluto assicurarsi che lo stesso coraggio che aveva spronato Abraham-Louis Breguet a inventare il tourbillon in tempi così calamitosi fosse condiviso da tutti, per poi imboccare arditamente la strada dell’innovazione fra gli alti e bassi che scuotevano il mondo della finanza. IL MARIE-ANTOINETTE, UN PROGETTO SENZA PRECEDENTI Non c’è mai stato in tutta la storia dell’orologeria un progetto paragonabile a quello di Breguet: ricreare l’orologio Marie-Antoinette. Quattro anni sono stati dedicati alla fabbricazione di un orologio destinato a non essere mai messo in vendita! Senior ha capito presto che cosa significava per Breguet il tourbillon. Abraham-Louis Breguet non solo ha inventato il tourbillon, ma gli ha dato anche il nome con il quale questo dispositivo è noto oggi nella lingua franca dell’orologeria. Mentre Senior rifletteva sull’importanza di questa eredità, decise che il tourbillon avrebbe sempre goduto di un’attenzione particolare tra le collezioni Breguet. Perciò ha incitato i suoi orologiai a ideare nuove varianti dei tourbillon Breguet che già esistevano, e li ha spinti a inventare soluzioni ancora più raffinate per i modelli Tradition Tourbillon, caratterizzati da molteplici novità: cassa in titanio, spirale e scappamento in silicio, fuso collegato con una trasmissione a catena. Dal canto suo il Doppio Tourbillon possiede due tourbillon che, collegati fra loro mediante un differenziale, ruotano insieme alla lancetta delle ore dell’orologio. Il progetto che porta il nome di Marie-Antoinette dimostra che Senior era profondamente consapevole dell’importanza dell’eredità storica di Breguet. Questa consapevolezza l’ha spinto a concepire nuove sfide. Ma riprendiamo questa storia avvincente dai suoi inizi. L’orologio «Marie- 12 Antoinette» rappresenta la creazione più ambiziosa di Abraham-Louis Breguet. Nel 1783, su incarico di un ufficiale della Guardia della regina, che secondo ogni apparenza era anche uno dei suoi ardenti ammiratori, Breguet si immerse nella creazione dell’orologio più complicato che fosse mai stato realizzato. L’orologio doveva possedere «tutte le complicazioni possibili». Ci vollero più di 34 anni per portare a termine quello che è non solo l’orologio più complicato di quei tempi, ma uno dei più complessi che siano mai stati fabbricati fino a oggi. L’orologio disponeva infatti di una ripetizione minuti, un calendario perpetuo, l’equazione del tempo, l’indicazione della riserva di carica, un termometro metallico, una grande lancetta indipendente dei secondi, una piccola lancetta permanente dei secondi, uno scappamento ad àncora, una spirale d’oro provvista della curva terminale Breguet, un doppio paracadute e una carica automatica. Meglio ancora, dando prova di una straordinaria preveggenza, Breguet decise di dotare l’orologio di un quadrante in cristallo di rocca che consentiva di ammirare tutto il meccanismo. I quadranti trasparenti che presentano allo sguardo il lato superiore del movimento hanno conosciuto una vera e propria proliferazione solo in questi ultimi cinque anni. Breguet era in anticipo di due secoli quando adottò per primo quella brillante soluzione. Quell’oggetto d’inestimabile valore è passato per diverse mani prima di essere accolto in Israele nel Museo Mayer, dove fu rubato e considerato perso per sempre. La scomparsa di quel capolavoro ha fatto nascere nella mente di Senior il desiderio di ricrearlo con assoluta fedeltà all’originale. La ricreazione del Marie-Antoinette ha esaudito sotto ogni aspetto il desiderio di Senior di vivere «un’avventura straordinaria». Via via che si sviluppava, il progetto – quanto mai ambizioso, inutile sottolinearlo – ha assunto dimensioni stupefacenti. Ogni orologio altamente compli- ◆ Nicolas G. Hayek con il nipote Marc A. Hayek. cato richiede sforzi enormi e competenze rare, ma il MarieAntoinette esigeva molto di più. Doveva essere la testimonianza di una fedeltà assoluta al mitico modello storico. Come ricorda il nipote di Senior, Marc Hayek, questa era del resto l’idea fondamentale destinata a guidare l’équipe di Breguet. Senior era convinto che la marca Breguet fosse in grado di creare, grazie all’impiego delle moderne tecnologie, orologi che Abraham-Louis Breguet non avrebbe mai potuto immaginare, ed era ugualmente convinto che la marca doveva impegnarsi per far progredire l’arte dell’orologeria, impiegando le nuove tecniche nell’ottica innovativa che aveva guidato a suo tempo Abraham-Louis. Al tempo stesso l’azienda era tenuta a dimostrare di conoscere a fondo tutti gli arcani dell’orologeria e di possedere il know-how necessario per ricreare l’opera del genio che l’aveva ideata. Queste premesse hanno guidato i collaboratori di Breguet nella febbrile ricerca volta a raccogliere tutte le fotografie e le descrizioni disponibili del mitico modello, in modo da 13 NICOLAS G. HAYEK ottenere una visione precisa di ogni sua caratteristica anche minima. Ogni componente doveva essere fabbricato minuziosamente a mano. Ogni funzione e ogni complicazione doveva funzionare in maniera identica allo storico predecessore. Una squadra di orologiai ha lavorato intorno a questo progetto per quattro anni. ◆ Nicolas G. Hayek con il nipote Marc A. Hayek. Stiamo attenti però a non trascurare un punto decisivo. Senior, che considerava un obbligo per Breguet, nella sua qualità di leader del settore, realizzare progetti che sarebbero stati troppo impegnativi, troppo audaci o troppo ambiziosi per gli altri operatori nell’industria dell’orologeria, al momento di lanciare il progetto Marie-Antoinette non aveva ancora deciso se l’orologio prima o poi sarebbe stato messo in vendita. È una riflessione che merita d’essere fatta: Senior ha diretto l’avventura più complessa e più onerosa di tutta la storia dell’orologeria senza avere in mente un obiettivo commerciale chiaro e preciso! Più tardi, quando l’oggetto cominciava a prendere forma, Senior decise: mai e poi mai l’orologio sarebbe stato messo in vendita. Mentre le voci iniziavano a diffondersi, e le offerte di acquisto a qualunque prezzo si moltiplicavano, Senior si rafforzò nella sua convinzione. Quell’orologio era troppo importante per essere conservato in una cassaforte privata e sottratto allo sguardo del pubblico. Il mitico capolavoro appena rinato, testimonianza fondamentale nella storia dell’orologeria, doveva restare proprietà di Breguet, che avrebbe potuto presentarlo anche nei musei e in esposizioni specializzate per soddisfare la curiosità degli orologiai, dei collezionisti, degli storici e degli appassionati. Tuttavia, per Senior la straordinaria avventura non poteva limitarsi al solo orologio. La reincarnazione dello storico modello meritava uno scrigno, un cofanetto all’altezza del suo contenuto. Una creazione destinata a non essere mai offerta in vendita, a non essere presentata cerimoniosamente a un acquirente potenziale, non poteva accontentarsi neanche dei raffinati cofanetti della collezione Breguet. Le aspettative di Senior erano ben più alte, al punto da concepire il progetto più ambizioso mai immaginato per un contenitore di quella natura. I primi passi furono caratterizzati da un evento tutt’altro che propizio. Un vento aspro e feroce prese a soffiare 14 sulla Francia, concentrandosi con particolare violenza su Versailles. Fra le vittime ci fu una quercia vecchia di 300 anni che sorgeva nel parco del Trianon. Il verdetto degli specialisti non lasciava speranze: i danni causati dalla tempesta e la venerabile età dell’albero non gli lasciavano possibilità di sopravvivenza. Quando la notizia di questo verdetto inappellabile raggiunse la Svizzera, qui cominciò a delinearsi un piano: contattare i giardinieri di Versailles cercando di trovare con loro un’intesa. Gli inviati di Breguet, spediti a Parigi, erano decisi ad acquistare una parte dell’imponente quercia che nel frattempo era stata abbattuta. La risposta del capogiardiniere, abbastanza inconsueta per i nostri tempi, fu laconica: il legno di quella quercia non era in vendita, ma Breguet era invitato a servirsene gratuitamente. La risposta provocò una certa frizione tra la sensibi- lità svizzera e quella francese. Il fatto di servirsi gratuitamente avrebbe contraddetto i principi professati dagli emissari elvetici. Breguet doveva quindi pagare «un certo prezzo», ma il legno «non era in vendita». Tuttavia l’impasse fu soltanto apparente. La soluzione si affacciò quando Breguet propose di fare «una donazione in favore del progetto di restauro di Versailles». Gli ambasciatori di Breguet tornarono in Svizzera con un elenco di progetti che prevedevano per esempio il restauro di alcune statue, mentre per la copertura delle modeste spese sostenute in vista dell’operazione cofanetto sarebbe stato gradito un contributo elvetico. Sottoposto a Senior, l’elenco dei possibili interventi incontrò una totale disapprovazione. I collaboratori di Senior raccontano che i suoi occhi presero a brillare, mentre decideva di fare di più, molto di più. No, disse, il restauro di 15 NICOLAS G. HAYEK HAYEK NON LAVORAVA. SI DIVERTIVA DALLE OTTO ALLE QUATTORDICI ORE AL GIORNO Nicolas G. Hayek irradiava ottimismo, entusiasmo e fiducia qualunque cosa facesse, e instillava lo stesso atteggiamento nei suoi collaboratori. una statua del costo di 10.000 euro non era abbastanza interessante o importante, mentre il restauro di tutto il palazzo del Petit Trianon era, «quello sì, un’impresa degna di Breguet». Meglio ancora Senior, non dimentico delle sue radici d’ingegnere, decise che Hayek Engineering avrebbe messo gratuitamente a disposizione dei responsabili uno dei suoi specialisti, che per tre anni si sarebbe recato sul cantiere ogni settimana. Come contropartita di quel progetto, il cui costo ammontava a diversi milioni di euro, Breguet avrebbe ottenuto il legno della famosa quercia. Il nuovo Marie-Antoinette sarebbe stato custodito in uno scrigno degno del suo rango. Il cofanetto destinato a ospitare il prezioso oggetto che non sarebbe mai stato posto in vendita sarebbe stato fabbricato con il legno di un albero legato storicamente alla destinataria originale del mitico orologio, e avrebbe riprodotto il disegno del parco del Petit Trianon, la tenuta privata di Maria Antonietta. (Ricordiamo qui fra parentesi, perché Breguet non ha mai voluto sottolineare questa circostanza, che quella custodia è sicuramente la più costosa che sia mai stata realizzata nel suo genere.) Per quanto rilevanti siano questi avvenimenti, l’eredità di Senior rifulge anche nelle sue attività più modeste. Senior attribuiva un valore particolare all’ispirazione e alla creatività dei suoi collaboratori. Ai suoi occhi gli organigrammi, le regole per redigere i resoconti, le strutture gerarchiche erano tutti ostacoli al raggiungimento degli obiettivi che gli stavano a cuore. Egli auspicava che si instaurasse un clima fatto di 16 scambi d’idee, lasciando aperti spazi di creatività tesi ad attuare idee innovatrici. Per raggiungere questi obiettivi sfruttava sia la sua acutezza mentale che la sua capacità imprenditoriale. L’acutezza è dimostrata dalla strutturazione della manifattura a L’Orient, una località della Vallée de Joux. Invece di creare piccole isole separate le une dalle altre in base al principio del raggruppamento di funzioni similari, Senior promuoveva l’avvicinamento delle infinite mansioni che si svolgono all’interno della fabbrica. Era il modo migliore per spronare i costruttori di movimenti e gli orologiai a parlare fra loro, accorciando così la distanza fra i loro posti di lavoro. Senior però non ha dato prova della medesima apertura mentale di fronte al consiglio di un consulente che gli spiegava che Breguet aveva bisogno di un organigramma e di una struttura più formale. Un laconico «non è il mio modo di agire» mise fine bruscamente a quell’incontro. In mancanza di un organigramma, Senior era in grado di fare appello alla propensione di ogni suo dipendente a stabilire un rapporto diretto con lui. Certo, questa vicinanza aveva un prezzo, perché egli si aspettava che ogni collaboratore nutrisse una dedizione uguale alla sua nei confronti della marca. Era difficile immaginare una risposta più scortese a una sua domanda della dichiarazione «Non ho tempo.» La sua replica riaffermava immancabilmente un principio che gli era caro: se si vuole essere certi del buon esito di una missione, pensava, è preferibile affidarla a una persona occupata. Se un collaboratore si lamentava per i troppi incarichi, Senior replicava regolarmente: «Non importa, lo farò io stesso.» Era sua convinzione incrollabile che la chiave del successo dipendeva dalla rapidità di esecuzione degli incarichi. L’applicazione di questo principio poteva anche riuscire piacevole. Mentre esortava la squadra addetta all’orologio Marie-Antoinette a lavorare di buona lena, gli orologiai gli comunicarono che sarebbero occorsi tre anni per portare a termine il progetto (in realtà ce ne vollero quattro). E Senior: «Guardatemi in faccia. Sapete cosa significano tre anni per me? Per voi saranno poca cosa, ma io avrò presto ottant’anni!» Naturalmente c’erano circostanze in cui dava libero corso all’umore del momento. Nel corso di una lunga telefonata con un giornalista, Senior si irritò sempre di più, fino a troncare bruscamente la conversazione scagliando il telefo- no sul suo supporto. Lasciò trascorrere qualche secondo per misurare l’effetto del suo gesto, poi scoppiò a ridere e disse, rivolto ai suoi collaboratori presenti nella stanza: «Buon Dio, scusate, ho fatto quasi paura a me stesso!» Questa specie di alternanza tra lo yin e lo yang era una sua costante. Il sabato per esempio compariva per un minuto chiedendo un rapporto sull’evoluzione di un determinato mercato. Il giorno dopo mandava dei fiori per ringraziare della qualità delle informazioni ricevute. Una volta presiedette una riunione decisiva con i direttori di Breguet brandendo uno scacciamosche. L’aggeggio aveva una duplice funzione: la prima consisteva naturalmente nel liberarsi della rumorosa e fastidiosa presenza di quegli insetti, l’altra invece gli consentiva di usare l’arnese come un mazzuolo per dirigere la seduta e «martellare» le sue convinzioni. Forse la cosa più importante da ricordare è il fatto che lavorare lo rendeva felice. Quando lo si interrogava sulle sue attività, la sua risposta era invariabilmente la stessa: «Io non lavoro… mi diverto dalle otto alle quattordici ore al giorno.» Predicava il proprio esempio, incitando chi gli stava intorno. La gioia consisteva nel creare un nuovo, splendido orologio. Nel piacere di realizzarlo. E soprattutto, nella fiducia e nell’ottimismo. È questo probabilmente il motivo per cui la sua fotografia è onnipresente a L’Abbaye (dove si trovano gli uffici di Breguet) e a L’Orient (a cinque minuti di strada, dove sorge la manifattura). La sua «straordinaria avventura» continua. Nicolas George Hayek (* 19 febbraio 1928 a Beirut, Libano; † 28 giugno 2010 a Biel/Bienne) 17 HORA MUNDI Classique HORA MUNDI di Jeffrey S. Kingston 18 19 hora mundi S econdo un principio accettato universalmente, la precisione permea ogni singolo elemento dell’Alta Orologeria. Anzi, per molti di noi essa ne costituisce l’essenza stessa. Infatti la precisione non solo distingue le prestazioni dei migliori orologi esistenti al mondo, ma è un aspetto essenziale della finitura e della decorazione di ogni componente dell’orologio. Inoltre c’è una terza dimensione da considerare. In due secoli e più di evoluzione, l’Alta Orologeria ha maturato una notevole precisione nell’uso della terminologia usata per descrivere la costruzione, le funzioni e le caratteristiche di un orologio. Perciò quando un orologiaio specifica che l’orologio di cui sta parlando è un «calendario perpetuo», i suoi colleghi e i conoscitori colgono immediatamente il significato del termine. Le norme che regolano la realizzazione di un autentico calendario perpetuo sono ben note e codificate minuziosamente. Anche il linguaggio insomma è «preciso». ◆◆◆ ◆ Hora Mundi d’oro rosso con il quadrante Americhe. 20 Tuttavia, per quanto sia rassicurante sapere che il linguaggio dell’orologeria ne ha accompagnato lo sviluppo, c’è un ambito specifico in cui esso si dimostra impreciso: quello degli orologi GMT o con doppio fuso orario. L’imprecisione della terminologia si spiega con l’esistenza di due diversi tipi di orologi definiti entrambi GMT o con secondo fuso orario. Il primo tipo è progettato per i viaggiatori. In questi modelli la complicazione GMT, o secondo fuso orario, indica l’ora di casa attraverso un quadrante supplementare, mentre le lancette centrali delle ore e dei minuti sono facilmente regolabili in modo che indichino la nuova ora locale, nel caso in cui il viaggiatore si sia spostato in un altro fuso orario. Questa impostazione risulta perfettamente logica se il proprietario dell’orologio si trova in un fuso orario diverso da quello in cui risiede abitualmente. Per esempio: durante un volo da New York a Londra l’orologio conserverà l’ora di New York su un quadrante secondario (spesso provvisto di una indicazione 24 ore), mentre segnerà con grande evidenza la nuova ora locale, quella di Londra nel caso specifico. Qual è la funzione più importante in un orologio di questo genere? Indicare l’ora di Londra, nel nostro caso, tramite le lancette principali, leggibili a colpo d’occhio. L’ora di casa compare solo come riferimento, per cui può avere dimensioni ridotte. Chi legge l’ora la consulterà ogni volta che voglia conoscere l’ora di New York, la città in cui risiede abitualmente. Esiste però un altro tipo di orologio GMT, o con doppio fuso orario, che si differenzia radicalmente dal tipo che abbiamo appena descritto. Questo tipo di orologio permette al suo proprietario di scegliere una qualsiasi città del mondo – diversa da quella in cui risiede abitualmente – e di conoscere l’ora del fuso orario in cui si trova quella città. Poiché egli desidera semplicemente conoscere l’ora di un’altra località, l’ora del luogo in cui si trova in quel momento viene indicata dalle grandi lancette centrali, mentre l’ora della città preselezionata compare su un quadrante supplementare oppure, se l’orologio possiede il sistema messo a punto da 21 hora mundi Louis Cottier negli anni 1930, è indicata da un disco girevole sincronizzato con le città i cui nomi sono incisi sulla lunetta. Così, se il proprietario dell’orologio si trova a New York e vuole conoscere l’ora di Londra, l’orologio offre un modo semplice di lasciare che le lancette principali indichino l’ora di New York, e di leggere l’ora di Londra su un quadrante secondario. Questo secondo tipo di orologio con doppio fuso orario è comodissimo per gestire le telefonate intercontinentali, perché permette di evitare chiamate telefoniche a un’ora indebita. Ma si rivela meno pratico come orologio da viaggio, perché costringe il suo proprietario a leggere l’ora del nuovo fuso orario su un quadrante secondario, oppure costringe a effettuare una regolazione completa delle indicazioni temporali per spostare l’ora locale sul sistema d’indicazione principale. Dispiace constatare che il linguaggio dell’orologeria confonde questi due tipi di orologi GMT o con doppio fuso orario, che sono frutto di principi costruttivi totalmente diversi. L’imprecisione consiste nel definire entrambi gli orologi «GMT» o «con secondo fuso orario». Un acquirente non può dunque fidarsi di queste definizioni se vuole sapere che tipo di funzione svolge esattamente l’orologio GMT o con secondo fuso orario che intende acquistare. La soluzione del dilemma – sapere con certezza se un dato orologio appartiene alla categoria «viaggio» o alla categoria «telefono», per così dire – non consiste nel pubblicare un dizionario aggiornato dell’orologeria, e neanche nel redigere lunghe descrizioni degli orologi con doppio fuso orario. La soluzione ce la offre il nuovo orologio Hora Mundi Classique di Breguet. Dotato di una specie di «memoria» meccanica, l’Hora Mundi è in grado di indicare l’ora locale mediante le lancette principali e l’ora di casa in maniera più discreta, come s’addice a un vero orologio da viaggio – oppure di indicare a richiesta l’ora di una città lontana sul quadrante principale e di ritornare immediatamente all’ora di casa. Sono questi i caratteri distintivi di un orologio progettato per assicurare anche la corretta gestione delle conversazioni telefoniche intercontinentali. LA FINESTRELLA ALL’ALTEZZA DELLE 6h RIVELA CHE SI TRATTA DI UN OROLOGIO CON UN SECONDO FUSO ORARIO L’aspetto dell’Hora Mundi fa pensare a un semplice orologio, perché possiede una sola coppia di lancette. La finestrella rivela la ricchezza di funzioni di cui dispone questo orologio. L’Hora Mundi Classique di Breguet non presenta a prima vista l’aspetto dell’orologio GMT o con doppio fuso orario. Il motivo è semplice: possiede una sola lancetta delle 22 23 hora mundi DUE FUSI ORARI SI ALTERNANO Una volta impostati 2 fusi orari sui 24 in cui è diviso il globo terrestre, basta premere un pulsante e l’orologio mostra alternatamente l’uno o l’altro dei due fusi. ore e una sola lancetta dei minuti, e non c’è traccia sul quadrante di una indicazione aggiuntiva dell’ora. Il suo aspetto generale è quello di un orologio dotato di un unico fuso orario. L’unica coppia di lancette però è collegata con una memoria meccanica posta sotto il quadrante, la quale è in grado di conservare l’indicazione dell’ora in vigore in due fusi orari diversi. Basta azionare la corona posta all’altezza delle 8h per passare dall’una all’altra indicazione dell’ora conservata nella memoria. Questo sistema esclude a priori la confusione che potrebbe nascere dalla presenza di due indicazioni separate dell’ora, tipica finora degli orologi GMT o con secondo fuso orario. Al tempo stesso risulta di colpo superata la domanda ricorrente sulla funzione dell’orologio: è stato progettato principalmente per facilitare il cambio rapido dell’indicazione principale dell’ora o di quella aggiuntiva? L’Hora Mundi Classique di Breguet infatti permette di regolare contemporaneamente sia l’ora di casa che quella di un’altra località nel mondo, e di indicare l’una o l’altra secondo il desiderio di chi lo indossa. 24 L’Hora Mundi si distingue anche per la sua notevole semplicità d’uso. Per il primo fuso orario (l’ora di casa) l’utente seleziona una città appartenente al proprio fuso orario in una finestrella all’altezza delle 6h, poi regola l’ora esatta per mezzo della corona. Successivamente può scegliere nella finestrella una qualunque città di uno dei 24 fusi orari del globo e, premendo la corona all’altezza delle 8h, fa sì che l’orologio indichi, da quel momento in poi, l’ora della città prescelta. Se il viaggiatore si è recato in questa città, l’indicazione impostata precedentemente gli consente la lettura immediata dell’ora locale. Per conoscere l’ora di casa gli basta premere la corona e, grazie alla memoria meccanica, ecco comparire l’indicazione desiderata. Questa è l’esatta funzione che offre l’orologio da viaggio. Se invece il proprietario non ha intenzione di viaggiare, ma vuole semplicemente sapere che ora è in un’altra località, gli basta far ruotare la corona all’altezza delle 8h per leggere l’ora del fuso orario desiderato, e premendola un’altra volta torna a poter leggere l’ora di casa. E questo è il funzionamento perfetto di un orologio progettato per gestire le telefonate intercontinentali. Mai prima d’ora un orologio con doppio fuso orario ha soddisfatto in modo altrettanto efficiente esigenze così diverse. La memoria meccanica che compie questa prodezza tecnica deve molto alla struttura del cronografo. Tra i componenti essenziali di un cronografo c’è la cosiddetta «camma a forma di cuore». Quando un braccio chiamato in gergo «martelletto» viene spinto contro la camma, quest’ultima ruoterà sempre verso la stessa posizione a causa della sua forma logaritmica, e posizionerà il martelletto al centro del cuore. In un cronografo la camma a forma di cuore e un martelletto sono usati per riportare a zero le lancette. Qualunque sia la posizione della camma, essa tornerà nella posizione zero pre-programmata ogni volta che verrà percossa dal martelletto. L’Hora Mundi Classique di Breguet fa ricorso a due camme separate a forma di cuore, ognuna fissata a una ruota mossa dagli ingranaggi dell’orologio. Quando si seleziona un fuso orario nella finestrella all’altezza delle 6h, la posizione di una delle camme viene modificata. Al cambiamento di fuso orario, un martelletto percuote una delle camme e la fa ruotare affinché centri il martelletto sulla parte superiore del cuore. Premendo ancora la corona, l’altra estremità del martelletto urta l’altra camma e la mette in moto finché il martelletto si trovi sulla parte superiore del cuore. Pressioni successive della corona provocano movimenti di va e vieni tra le posizioni dei due cuori, cioè tra i due fusi orari programmati. Naturalmente la situazione è leggermente più complessa di quanto possa sembrare da questa descrizione, perché entrambe le lancette devono essere mosse dall’ingranaggio dell’orologio in ognuna delle posizioni comandate dalle camme. Occorre quindi ricorrere a un differenziale. Questo dispositivo è in grado di ricevere e associare due informazioni distinte, trasmesse l’una dall’ingranaggio dell’orologio e l’altra dalle due camme a forma di cuore. Un’ulteriore sofisticazione è rappresentata dall’adozione di una molla. Quando si preme la corona all’altezza delle 8h, questa pressione trasmette la sua energia a una molla. Non appena si libera il pulsante, l’energia accumulata dalla molla viene trasmessa a uno dei martelletti per effettuare il cambio del fuso orario. Si dirà: perché complicarsi l’esistenza introducendo una molla? Perché una molla carica trasmette sempre la stessa quantità di energia ai martelletti. Se la pressione fosse esercitata direttamente sui martelletti, l’energia trasmessa potrebbe variare notevolmente a seconda della forza con cui si esegue l’operazione. Il meccanismo a molla invece protegge il movimento da possibili danni provocati da pressioni eccessive. IL SEGRETO DELL’HORA MUNDI: UNA MEMORIA MECCANICA In alto, i principali componenti della memoria meccanica: camme a forma di cuore, il martelletto per passare da un fuso all’altro e il differenziale connesso con la lancetta delle ore. 25 hora mundi Il sistema di memoria meccanica adottato dall’Hora Mundi Classique di Breguet per indicare l’ora di due fusi orari costituisce già di per sé un progresso notevole nella costruzione degli orologi chiamati GMT. Tuttavia esso ci svela solo una parte della sua stupefacente funzionalità. Dobbiamo rivolgere la nostra attenzione a due altre indicazioni essenziali: la data e l’indicazione 24 ore (o giorno/notte). Per essere davvero utile, un orologio con molteplici fusi orari dev’essere in grado di indicare la data locale (perché il suo proprietario desidera legittimamente sapere qual è il giorno del mese nel luogo in cui si trova), associata all’informazione relativa alle ore del giorno e della notte nel fuso orario di casa (perché fa una grande differenza telefonare ai propri cari alle tre del pomeriggio o alle tre del mattino). L’Hora Mundi Classique di Breguet affronta vittoriosamente entrambe queste sfide. Quando l’orologio passa dall’uno all’altro dei tempi memorizzati, sia la data che l’indicazione giorno/notte si modificano tenendone conto. Risultato: la data che compare nella finestrella coincide sempre con quella per la quale sono state regolate le lancette, e la lancetta dell’indicazione giorno/notte, che mostra il sole per le ore diurne e la luna per quelle notturne, segue la stessa regola. Come ben sanno i conoscitori degli orologi da viaggio, non è semplice mantenere la coincidenza tra la data e l’ora locale. Infatti, quando si regola una nuova ora locale, la data indicata potrebbe essere quella del giorno precedente. In altre parole l’indicazione della data, per risultare sempre corretta, deve consentire aggiustamenti in avanti e all’indietro. I molti sistemi d’indicazione della data che consentono solo cambiamenti in avanti non sono in grado di rivaleggiare con le funzioni dell’Hora Mundi Classique. La Manifattura Breguet ha dovuto ideare un sistema che permettesse cambiamenti sia in avanti che all’indietro. Questa grande funzionalità, che soddisfa tutti i desideri di chi ama gli orologi con doppio fuso orario, sembra piuttosto complessa quando viene descritta a parole, mentre si rivela di una semplicità estrema quando si tiene in mano l’orologio. Prima di tutto conviene regolare l’ora e la data di casa. Basta estrarre la corona all’altezza delle 8h e farla ruotare in un senso e nell’altro, fin quando compare nella finestrella il nome della città desiderata. Una volta definito il primo fuso orario, la regolazione dell’ora e della data relative 26 27 hora mundi DISPONIBILI TRE VARIANTI DI QUADRANTE L’elaborato quadrante dell’Hora Mundi è disponibile con la raffigurazione dell’Asia (a sinistra), dell’Europa o delle Americhe. 28 29 hora mundi all’ora di casa si effettua come in un normale orologio. La corona che occupa la tradizionale posizione all’altezza delle 3h ricarica la molla motrice quando la si preme contro il telaio, permette di regolare la data quando è estratta di uno scatto, e di regolare l’ora quando è estratta completamente. Effettuata la regolazione dell’ora e della data, tutte le informazioni sono aggiornate per l’indicazione considerata dai più come «l’ora di casa». Per conoscere l’ora di uno qualsiasi degli altri 24 fusi orari basta estrarre la corona alle 8h e farla ruotare finché la città desiderata compare nell’apposita finestrella. La data e l’indicazione 24 ore cambiano automaticamente quando cambia la città indicata nella finestrella. Selezionata la seconda città, è di una semplicità elementare passare dall’una all’altra città memorizzata, ossia dall’uno all’altro fuso orario. Una pressione sulla corona all’altezza delle 8h carica la molla che effettua lo spostamento fra le due città. Le tre indicazioni – ora, data e 24 ore – sono sincronizzate con i cambiamenti effettuati nel frattempo. Oltre a questa rivoluzionaria funzione di secondo fuso orario, l’Hora Mundi Classique possiede la tradizionale raffinatezza estetica propria di Breguet. Il quadrante è suddiviso in quattro parti realizzate in oro, salvo una larga sezione centrale su cui figurano: una delle grandi aree del mondo, una minuteria esterna, i due elementi che costituiscono l’indicazione 24 ore, delle nuvole incise a mano e un fondo di lapislazzuli, unica eccezione all’impiego dell’oro. La zona centrale è la più difficile da realizzare. È composta di un disco d’oro che, prima levigato, assume poi una forma bombata. L’intaglio della finestrella della data precede una seconda levigatura del disco. Per disegnare la sagoma del continente si usa il laser. I continenti illustrati sono tre: le Americhe, l’Europa e l’Asia. Segue poi una sabbiatura per le terre emerse e un motivo a onde che indica gli oceani. Infine si applicano numerosi strati di lacca per i colori. Anche le nuvole dell’indicazione 24 ore richiedono un minuzioso lavoro manuale. È su questo elemento decorativo che viene inciso il numero dell’orologio. Il Breguet Classique Hora Mundi sarà disponibile in oro rosso o in platino 950. 30 31 IL PRIMO OROLOGIO DA POLSO BREGUET CREA PER UNA REGINA Il primo orologio da polso di Emmanuel Breguet ◆ Carolina Caroline Murat, Murat, reine reginadediNaples Napoli, dipinto par Gérard del barone François Gérard PascalFrançois Simon, baron Pascal (1770-1837) Simon (1770-1837). 32 33 IL PRIMO OROLOGIO DA POLSO F ra tutti i membri della famiglia Bonaparte è con Caroline Murat (1782-1839) che la Maison Breguet allaccia le relazioni commerciali più strette. La sorella più giovane di Napoleone, che aveva sposato nel 1800 Gioacchino Murat, allora comandante della Guardia consolare, e che sedette con lui sul trono di Napoli dal 1808 al 1815, acquistò il suo primo Breguet nel 1805, all’età di 23 anni, e continuò a ritmo sostenuto fino al 1814, per un totale di 34 orologi e pendole. Durante il suo movimentato regno Carolina Murat incoraggiò le arti, si occupò dell’arredamento dei palazzi reali, si interessò agli scavi archeologici di Pompei e di Ercolano e incoraggiò le industrie manifatturiere. Fece conoscere a Napoli pittori francesi come Ingres e artisti parigini attivi nel campo della moda, del teatro e... dell’orologeria. ge fra il 1810 e il 1812 e che riguarda la nostra Carolina Murat e... un orologio da polso. A Carolina, è chiaro, piaceva l’alta orologeria, e apprezzava in particolare le creazioni che uscivano dai laboratori artigiani di Quai de l’Horloge. Era un tratto, questo, che condivideva con il resto della sua famiglia. Negli archivi Breguet relativi al periodo napoleonico compaiono tutti i nomi e titoli della famiglia, a cominciare dallo stesso Napoleone, che acquistò tre orologi prima di partire per la campagna d’Egitto, nel 1798. Poi si trovano i nomi delle due imperatrici, Giuseppina (Joséphine de Beauharnais) dal 1797 e Maria Luisa d’Austria dal 1811. E ancora Giuseppe, re di Napoli e poi re di Spagna, Luigi, re d’Olanda, e Luciano, principe di Canino, Gerolamo, re di Westfalia, Paolina e il suo secondo marito, il principe Borghese, Elisa, granduchessa di Toscana… Senza contare i personaggi della cerchia imperiale, alti dignitari, marescialli e generali… Si potrebbe fare uno studio completo degli acquisti dei membri della famiglia imperiale! Lasciamo da parte le testimonianze che parlano di orologi montati a posteriori su dei braccialetti o appesi a grossi bracciali, e concentriamo la nostra attenzione su quelli che furono progettati fin dall’inizio per essere portati al polso. Per molto tempo la Maison Patek Philippe di Ginevra ha rivendicato la sua precedenza in questo settore, citando «la richiesta, avanzata nel 1868 dalla contessa ungherese Kocewicz, del primo autentico orologio da polso». Ed è proprio analizzando gli acquisti degli uni e degli altri che si scopre una curiosa storia, una storia che si svol34 Un orologio da polso a quell’epoca? Impossibile, dirà qualcuno. Troppo presto, dirà qualcun altro. L’orologio da polso, così si pensava, fa una timida comparsa intorno al 1880, destinato in un primo tempo alle signore e poco più tardi agli uomini. I ciclisti, i cavalieri, i pionieri dell’aviazione e dell’automobile cominciano a poco a poco, verso il 1910, ad adottare l’orologio da polso, che ormai ogni marca propone nel suo catalogo in una o più versioni. Tutto questo riguarda anni ben lontani dalla storia che stiamo raccontando. Ma come avviene con le invenzioni, ci sono sempre degli antefatti, degli episodi lontani nel tempo, dimenticati da tutti o noti soltanto agli specialisti. L’orologio Breguet disegnato per la regina di Napoli Carolina Murat risale a quasi 60 anni prima. Ma che cosa sappiamo esattamente di questa storia che sembra tanto improbabile? Che cosa dicono gli archivi disponibili? Andiamo a Parigi, nel cuore della Place Vendôme, dove sono conservati con grande cura gli archivi storici della marca Breguet. Apriamo prima il libro degli ordini speciali (a quell’epoca si parlava di «commissioni»), che contiene le richieste particolari di clienti che non avevano trovato quanto cercavano fra i modelli disponibili. Quel libro appassionante è pieno di «complicazioni» di ogni genere e di creazioni inedite, che ◆ Napoli. Il Palazzo Reale, litografia a colori. 35 IL PRIMO OROLOGIO DA POLSO Abraham-Louis Breguet accettava di realizzare per i suoi clienti, spesso personaggi potenti e celebri. Alla pagina 29 si legge che l’8 giugno 1810 la regina di Napoli ordina due pezzi un po’ particolari: un orologio da carrozza munito di grandi complicazioni al prezzo di 100 luigi, «plus une montre pour bracelet à répétition dont on lui fait le prix 5000 Francs» (e inoltre un orologio per bracciale il cui prezzo è stabilito in 5000 franchi). Questo stupefacente ordine ricompare nel registro di fabbricazione, che descrive dettagliatamente ogni orologio, con il riassunto completo di tutte le fasi della fabbricazione. Durante il suo regno a Napoli, Carolina Murat incoraggia l'arte in tutte le sue forme, procurando la celebrità a numerosi artisti sia francesi che italiani. Inizialmente l'ordinazione della regina di Napoli diventa l’orologio N° 2639 ed è descritto – con un termine inedito – come «répétition de forme oblongue pour bracelet» (ripetizione di forma oblunga per braccialetto). Viene messo in lavorazione l’11 agosto 1810, esattamente due mesi dopo l’ordinazione, ed è terminato il 21 dicembre 1812. La fabbricazione dura quindi circa due anni e mezzo. Apprendiamo che si tratta di un orologio a ripetizione, che ripete cioè i quarti d’ora, cosa consueta per un orologio Breguet, e si scopre anche – fatto eccezionale – che è di forma oblunga, cioè ovale. Il registro delle fabbricazioni ci rivela inoltre che possiede uno scappamento ad àncora ed è dotato di un termometro. La sua realizzazione ha richiesto 34 operazioni differenti che hanno coinvolto 17 lavoratori di cui sono riportati i nomi. All’inizio di dicembre del 1811 l’orologio sembra pronto, e il 5 di quello stesso mese è fatturato 4.800 franchi. Breguet ha non solo rispettato il suo preventivo di 5000 franchi, ma ha addirittura praticato uno sconto di 200 franchi. Eppure passa un altro anno prima che l’orologio venga consegnato. Abraham-Louis Breguet ha deciso senza dubbio di ritardare la consegna. Perché? Perché un orologio si consegna solo quando tutto è perfetto: questa è la regola in 36 ◆ La camera di Carolina Murat nel Palazzo Reale di Napoli, acquerello di Elie-Honoré Montagny, 1811. 37 IL PRIMO OROLOGIO DA POLSO casa Breguet. Per prima cosa si cambia il sistema di minuteria, che non è completamente soddisfacente o che forse si è rotto. Poi si sostituisce – certo su richiesta della regina – il quadrante d’oro rabescato con un quadrante d’argento anch’esso rabescato, di cui si precisa che possiede cifre arabe (le cifre arabe erano consuete nei quadranti smaltati, molto rare invece nei quadranti d’oro o d’argento). Finalmente il 21 dicembre 1812 l’orologio è pronto, e viene probabilmente spedito alla regina Carolina che, rientrata a Napoli, esercita la reggenza in assenza di Murat, che Napoleone ha voluto con sé nella campagna di Russia. Poiché nessuno schizzo è stato ritrovato negli archivi, bisogna proseguire le ricerche per saperne di più circa l’aspetto esteriore dell’orologio. Fortunatamente per noi, l’orologio ricompare nel 1849 in un registro che riporta le riparazioni effettuate sugli orologi Breguet: qualcosa di simile a un attuale servizio postvendita. Vi si legge che l’8 marzo 1849 la contessa Rasponi, «domiciliata a Parigi, al numero 63 della Rue d’Anjou», porta a riparare il suo orologio N° 2639. La contessa non è altri che Louise Murat, nata nel 1805, quarta e ultima figlia di Gioacchino e Carolina Murat, e ha sposato nel 1825 il conte Giulio Rasponi. Quanto all’orologio, la descrizione è perfetta: «Orologio a ripetizione molto piatto N° 2639, quadrante d’argento, cifre arabe, con termometro e anticipo-ritardo fuori del quadrante. Il suddetto orologio è montato su un braccialetto fatto di capelli intrecciati con fili d’oro, chiavetta semplice d’oro. Un secondo bracciale, anch’esso d’oro, è contenuto in un astuccio di marocchino rosso. Da riparare.» È apprezzabile l’esattezza della descrizione, da cui traspare l’ammirazione di chi sta descrivendo un oggetto così raro. Il 27 marzo 1849 l’orologio viene restituito alla sua proprietaria. La riparazione, del costo di 80 franchi, è descritta così: «Abbiamo levigato i perni, riparato il termometro, rimesso in funzione la ripetizione, rimesso a nuovo il quadrante, ispezio- nato, pulito l’orologio in tutte le sue parti e regolato.» L’orologio è stato riparato nuovamente nel 1855, e questa è l’ultima traccia nota a Breguet. L’orologio della regina di Napoli è attualmente introvabile. Non compare nell’inventario di nessuna collezione pubblica o privata. Esiste ancora? Ricomparirà un giorno? Le ricerche sono in corso. Grazie alle descrizioni degli archivi possiamo farci un’idea dell’orologio e, anche se mancano certe informazioni – dimensioni, esatta configurazione del quadrante, forma del bracciale, sistema di attacco e tipo di chiusura – possiamo solo restare stupefatti e ammirati davanti a una tale opera d’arte, a una simile prodezza. Non c'è altro da dire, allo stato attuale delle nostre conoscenze, se non rendere omaggio ad Abraham-Louis Breguet che, prendendo le mosse da un ordine della regina di Napoli dell’8 giugno 1810, ideò appositamente per questo scopo il primo orologio da polso al mondo, un segnatempo dalla struttura totalmente inedita e di straordinaria raffinatezza, trattandosi di un orologio con ripetizioni e complicazioni, di forma ovale, eccezionalmente sottile e montato su un bracciale fatto di capelli intrecciati con fili d’oro. E dobbiamo rendere omaggio anche a Carolina Murat, autentica innamorata dell’orologeria, senza la quale probabilmente Breguet non avrebbe ideato un orologio del genere. E consideriamo per un momento che Carolina Murat avrebbe potuto – chi può dirlo? – regnare su una terra di orologiai, se avesse accettato il principato di Neuchâtel che suo fratello Napoleone I le propose nel 1806, e che essa rifiutò perché le sembrava troppo piccolo… Ma non fantastichiamo troppo: non si rifà la storia. ◆ Gli archivi Breguet – qui un registro delle fabbricazioni – permettono di seguire dettagliatamente le varie fasi della fabbricazione dell’orologio N° 2639, descritto come «Ripetizione di forma oblunga per braccialetto». 38 39 10 HERTZ Il nuovo limite: 10 HERTZ di Jeffrey S. Kingston 40 41 10 HertZ I l progresso, è innegabile, avanza passo a passo. Perfino la legge di Moore, enunciata dal cofondatore di Intel, Gordon Moore, il quale aveva previsto la folgorante affermazione dei microprocessori, non fa eccezione a questa regola nell’ambito dell’elettronica, dove il raddoppio rappresenta l’incremento standard. In un settore completamente diverso, è raro e improbabile assistere a balzi dello stesso ordine di grandezza. Eppure questa è la prodezza compiuta da Breguet con il suo nuovo cronografo Type XXII. Nei due secoli da quando esiste lo scappamento svizzero ad àncora, presente in quasi tutti gli orologi svizzeri di qualità, la frequenza non è aumentata, o è aumentata soltanto in misura marginale. Negli ultimi cinquant’anni la norma oscillava tra le 18 000 e le 28 000 alternanze/ora, e solo un numero ridottissimo di orologi effettuava 36 000 alternanze/ora. Recentemente una marca della Vallée de Joux ha proclamato fieramente d’essere riuscita a innalzare il record a 42 000 alternanze (c’è da dire però che quell’orologio monta un altro tipo di scappamento). Ecco un esempio preciso di quella evoluzione passo a passo che ha scandito la storia dell’orologeria meccanica negli ultimi due secoli, e che ci sembra perfettamente naturale. UN BALZO NELL’AUMENTO DELLA FREQUENZA Un tempo la frequenza degli orologi migliorava lentamente. Di recente un aumento di 7000 alternanze Ora provate a immaginare un aumento non di 6000 alternanze, come quello citato prima, ma un balzo che faccia più che raddoppiare la frequenza consueta, raggiungendo le 72 000 alternanze/ora. Proprio questo è il balzo che ha compiuto Breguet con il Cronografo Type XXII. Riflettete per un breve istante: si tratta di una progressione cinque volte maggiore rispetto all’ultimo record proclamato a gran voce nell’industria dell’orologeria. all’ora è stato considerato un evento rivoluzionario. Il Type XXII presenta un incremento maggiore di cinque volte e più. Tuttavia l’innovazione introdotta da Breguet non può essere ridotta a una semplice questione di cifre. L’aumento della frequenza introduce evidenti miglioramenti nel funzionamento del cronografo, come dimostra la completa trasformazione del moto della lancetta dei secondi. Prima della rivoluzione introdotta dal Type XXII, quan42 43 10 Hertz do la frequenza era aumentata entro i limiti consueti, passando da 18 000 a 21 000 alternanze/ora, solo un occhio esercitato era in grado di percepire una differenza nel moto della lancetta cronografica dei secondi. Quell’incremento modifica la cadenza dei piccoli scatti compiuti dalla lancetta, che avvengono non più a ogni quinto, bensì a ogni sesto di secondo. Sono passi meno grandi, certo, e non rappresentano una differenza sostanziale. La situazione cambia quando il numero delle alternanze supera in un colpo solo il gigantesco scarto che separa dalle 72 000 alternanze/ora. In questo caso il cambiamento è radicale. Invece di compiere piccoli scatti di un quinto o di un sesto di secondo, la lancetta s’immobilizza ogni ventesimo di secondo. L’occhio non percepisce più questa progressione come una successione di piccoli scatti, perché la lancetta sembra effettuare il giro del quadrante scivolando leggermente. La delicatezza di questo movimento è accompagnata da una maggiore risoluzione e da un nuovo aumento della precisione. Poiché ogni secondo è diviso in venti piccole frazioni, diventa possibile misurare periodi di tempo della stessa grandezza, ossia con la precisione di un ventesimo di secondo. A parte questi vantaggi che l’utente nota immediatamente, ci sono altri elementi non meno importanti, anche se restano celati allo sguardo. L’alta frequenza rivoluzionaria di cui stiamo parlando reca rilevanti miglioramenti per quanto riguarda la stabilità e la precisione di marcia dell’orologio. Gli orologiai valutano la qualità di un sistema oscillatorio misurando a quale velocità diminuiscono le amplitudini di un bilanciere (il numero di gradi nella sua oscillazione avanti e indietro) che ha ricevuto un impulso iniziale e oscilla liberamente. Meno diminuiscono le amplitudini, migliore è la qualità della struttura del bilanciere e migliori sono le sue prestazioni di marcia. D’altra parte, quando la frequenza del bilanciere aumenta, cresce contemporaneamente anche la quantità dell’energia. Le leggi della fisica ci insegnano che un sistema oscillante dotato di una elevata energia cinetica è meno sensibile agli urti e alle perturbazioni. Di conseguenza l’aumento della frequenza migliora le prestazioni del bilanciere sotto vari aspetti fondamentali. Per l’utente questi progressi consentono all’orologio una marcia molto più precisa. Nuovi materiali, strutture e configurazioni modernissime hanno permesso di compiere un balzo di proporzioni analoghe per quanto riguarda le prestazio44 45 10 Hertz ni dei movimenti. Il cronografo Type XXII possiede una spirale, un’àncora e una ruota di scappamento fatti di silicio. Il ricorso al silicio in questo modello è il risultato di oltre sei anni di ricerche effettuate da Breguet prima di introdurre l’uso del nuovo materiale negli orologi da polso. I primi orologi muniti di componenti in silicio sono stati i modelli 5197 e 5177, presentati al Salone di Basilea nel 2006. I due orologi erano muniti di scappamenti dalle frequenze tradizionali. Il Type XXII incarna invece una fase nuova, perché sfrutta la leggerezza del silicio per ottenere una frequenza stupefacente. L’uso del silicio colloca di per sé la Manifattura Breguet in primissima linea. Ma Breguet ha esteso ulteriormente la sua leadership per quanto concerne i progressi dell’orologeria. Per due secoli gli orologiai si sono sforzati di minimizzare gli effetti delle variazioni di temperatura sulla marcia degli orologi. In questo settore svolge un ruolo decisivo la spirale, particolarmente sensibile agli scarti di temperatura. L’adozione di leghe quali il Nivarox, che oggi è usato nella maggior parte degli orologi, ha rappresentato una risposta eccellente all’incessante ricerca condotta dagli orologiai per contenere gli effetti delle variazioni di temperatura. L’adozione della spirale di silicio ha promosso nuovi studi sulle temperature. La soluzione proposta da Breguet, che l’ha brevettata, poggia su una tecnica di ossidazione termica messa a punto proprio in funzione del silicio. BREGUET PIONIERE NELL’USO DEL SILICIO A sinistra: la filigrana della ruota di scappamento in silicio del Type XXII. Tuttavia l’evoluzione non investe unicamente la sostituzione di componenti fabbricati abitualmente in Nivarox (per le spirali) e in acciaio (per l’àncora e la ruota di scappamento) con elementi prodotti con altri materiali. Il profilo della ruota di scappamento e dell’àncora è stato modificato sapientemente al fine di diminuire la loro massa (e quindi la loro inerzia). Così, se un’àncora convenzionale d’acciaio pesa 7,5 grammi, l’àncora di silicio del Type XXII pesa appena 2,6 grammi, ossia un terzo. Più importante ancora è il fatto che questo cambiamento riduce l’inerzia al 10% rispetto a quella di un’àncora d’acciaio. La riduzione della massa di questo componente essenziale dell’orologio è stata decisiva per portare la frequenza dell’orologio a 72 000 alternanze/ora. L’impiego del silicio offre un vantaggio ulteriore. Le ruote di scappamento consuete non possono fare a meno di un lubrificante che ne contrasta l’usura. La resistenza naturale del silicio all’attrito elimina la necessità di lubrificare le 46 47 10 Hertz LA CONTINUITÀ DI UNA TRADIZIONE Il Type XXII è il punto d’arrivo di sessant’anni di orologi Breguet destinati all’aviazione, a partire dal Type XX, concepito in origine per l’Aeronautica militare francese. 48 49 10 HERTZ superfici esterne della ruota, cosa particolarmente importante con una frequenza così elevata. Un altro progresso determinante è costituito dalla struttura del bilanciere. Breguet aveva già agito da pioniere brevettando l’uso del titanio per i bilancieri. La leggerezza di questo materiale, combinata con le viti di regolazione d’oro, non solo è ideale per i meccanismi che funzionano con frequenze ordinarie, ma si adatta perfettamente al Type XXII, perché minimizzare l’inerzia è fondamentale con la frequenza eccezionale di cui stiamo parlando. Per un curioso effetto dovuto al caso questa innovazione, che rivoluziona le regole del gioco nella costruzione dei cronografi, ha fatto la sua comparsa mentre si avvicina la celebrazione di un importante anniversario. Il modello originale del cronografo Type XX è stato creato negli anni ‘50 su incarico delle Forze armate francesi, che desideravano disporre di uno strumento destinato ai piloti dell’Aviazione e della Marina militare. Il nome Type XX (ma alcuni dei primi modelli erano stati chiamati «Type 20») dimostra una sorprendente continuità storica, perché l’ultimo aereo costruito da Louis Breguet, bis-bisnipote di A.-L. Breguet e pioniere dell’aviazione, era stato battezzato Type XIX. Gli orologi acquistati dalle Forze armate francesi, e consegnati ai piloti come parte integrante del loro equipaggiamento standard, sono stati fra i primi nella storia dell’orologeria a possedere la funzione «flyback», nota anche come «ritorno in volo». Questa complicazione è particolarmente utile per i piloti che devono compiere, durante il volo, una serie di calcoli relativi alla distanza e al tempo. Prima, quando un pilota superava un determinato punto (un «fi x» nel gergo aeronautico), doveva premere il pulsante di disinnesto e d’arresto, conservare la frazione di tempo registrata e avviare una nuova misura per determinare la sua prossima posizione. Queste operazioni consecutive imponevano l’azzeramento e il riavvio del cronografo. Con un cronografo tradizionale, munito di due pulsanti, bisognava compiere tre operazioni: arresto, azzeramento e riavvio. La complicazione flyback del Type XX ha ridotto notevolmente il carico di lavoro del pilota che, con una semplice pressione del pulsante di azzeramento, blocca la misurazione e rimette in moto la lancetta e l’innesto in vista di una nuova misurazione. I tre movimenti sono insomma ridotti a uno solo. Naturalmente, a parte la sua alta frequenza rivoluzionaria, il Type XXII entra a far parte della famiglia del Type XX mettendo a disposizione la complicazione flyback, che è alla base del successo del Type XX originario. Anche l’aspetto estetico del Type XXII è fedele al suo progenitore, chiamiamolo così. Il diametro generoso – 44 mm – destinato a facilitare la lettura del quadrante, la lunetta girevole, la cassa d’acciaio inossidabile, il quadrante nero di stile militare munito di cifre arabe bianche... Ogni elemento richiama il design del primo cronografo Type XX. 50 La fedeltà estetica al modello originario non ha impedito tuttavia modifiche suggerite dalla maggiore precisione garantita dal movimento ad alta frequenza. Invece di compiere una rivoluzione al minuto, la lancetta cronografica dei secondi ruota due volte più rapidamente sul Type XXII, e compie un giro ogni trenta secondi. Risultato: gli indici dei secondi sono due volte più lontani fra loro rispetto al quadrante di cronografi del tipo consueto. Poiché la lancetta cronografica dei secondi effettua due giri al minuto, occorre un’indicazione che segnali se il valore misurato riguarda i primi o gli ultimi trenta secondi di un minuto. Questo compito viene assunto da punti di riferimento sul quadrante. In comune con il suo predecessore (il Type XXI) il Type XXII possiede una grande lancetta per il contatore dei minuti che si legge su una minuteria esterna, ed evidenzia con chiarezza la differenza fra i primi e gli ultimi trenta secondi registrati dalla lancetta cronografica dei secondi. Il quadrante possiede anch’esso un contatore di 12 ore collocato all’altezza delle 6h. Anche la funzione GMT rappresenta una novità in questa linea di cronografi. La lancetta principale delle ore può essere fatta avanzare a scatti di un’ora, attraverso la corona a vite, per indicare l’ora locale quando l’utente dell’orologio si sposta in fusi orari diversi, mentre l’ora di casa viene conservata su un contatore 24 ore all’altezza delle 3h. Una finestrella del datario all’altezza delle 6h completa i dati forniti dal quadrante. Tradizionalmente tutti i segnatempo della serie Type XX erano muniti di un fondocassa massiccio, com’era consuetudine per uno strumento militare. Il Type XXII si scosta da questa tradizione solo in maniera marginale. È talmente affascinante osservare le oscillazioni ad alta frequenza del suo bilanciere e del suo scappamento che sarebbe un peccato sottrarle interamente alla vista. Perciò il fondocassa d’acciaio inossidabile possiede un’apertura a forma di oblò che permette di osservare una prodezza che nessun altro orologio è in grado di compiere. E siccome il rotore di carica automatica passa periodicamente sotto l’oblò, è stato fatto oggetto di una decorazione particolare. LA CONTINUITÀ DI UNA TRADIZIONE Il Type XXII è il punto d’arrivo di sessant’anni di orologi Breguet destinati all’aviazione, a partire dal Type XX, concepito in origine per l’Aeronautica militare francese. Il Type XXII può essere quindi considerato come un arco teso fra due epoche: gli anni 1950, l’epoca in cui è nato come strumento progettato per le Forze armate francesi, e l’epoca attuale, in cui è diventato portatore – anzi, pioniere – di una tecnologia avanzatissima da cui è nato il primo orologio da polso al mondo dotato di una frequenza di 10 Hertz. 51 GUILLOCHAGE Guillochage di Jeffrey S. Kingston 52 53 GUILLOCHAGE E misfero sinistro. Emisfero destro. Razionale e funzionale, oppure artistico ed emotivo? Con quale frequenza la mente classifica oggetti o motivi in un’area o nell’altra del nostro cervello? La risposta è: sempre o quasi sempre. Per questa ragione nessuno, ma proprio nessuno scrive poesie che hanno per tema l’auto di famiglia, o prepara decorazioni floreali per le esercitazioni di una unità da combattimento... Tuttavia, se cerchiamo un’eccezione che confermi la regola, il guillochage costituisce un esempio perfetto. Se il quadrante di un orologio è paragonabile a una tela sulla quale l’orologiaio dipinge, esiste qualcosa che sia più ◆ N° 7337 Vari tipi di rabescatura. A sinistra: grains d’orge (quadrante principale); panier alterné (giro delle ore interno); soleil radiant raffinato, luminoso ed elegante di un guillochage, in quel- (piccoli secondi); liseré la forma d’arte che è l’orologeria? Basta una rapida ricerca (bordo del giro delle ore); storica per constatare che Abraham-Louis Breguet, il primo orologiaio che adottò la tecnica del guillochage, era panier (fasi lunari); filet (bordo delle decorazioni in rilievo). mosso da considerazioni estetiche quando cominciò – oltre due secoli or sono – a eseguire delle rabescature sui qua54 55 GUILLOCHAGE ◆ N ° 5707 A destra: clou de Paris (quadrante principale); pavé de Paris (contatore alle 3h); vieux panier (contatore sopra le 9h); flammé (contatore sotto le 9h); grains d’orge (contatore alle 6h); liseré (bordo del giro delle ore); filet (bordo delle decorazioni in rilievo). 56 57 GUILLOCHAGE dranti dei suoi orologi. Sarebbe sbagliato però fermarci qui, perché non renderemmo pienamente giustizia alle motivazioni di Breguet quando decise di adottare questa tecnica. Uno studio accurato della sua carriera dimostra che Breguet è sempre stato convinto che, nella fabbricazione di un orologio, la funzionalità doveva venire prima di ogni altra considerazione. Per Breguet il guillochage rappresentava un elemento bello, ma anche funzionale. Molti secoli prima di Breguet, l’incisione ornamentale era una tecnica artistica praticata già dai greci. È difficile stabilire con precisione quando fecero la loro comparsa gli strumenti che permettevano di eseguirla meccanicamente. Alcuni pensano che fu un ingegnere francese, un certo Guillot, a inventare un tornio con cui era possibile incidere motivi su un metallo. Altri ritengono invece che il guillo- Pagina 58 : ◆ N ° 8828 In alto a sinistra: vagues (quadrante principale). ◆ N ° 5827 In basso a sinistra: flinqué alterné (quadrante principale). Pagina 59 : ◆ N ° 5967 In alto a sinistra: cube art déco. chage è stato inventato da un tedesco, Hans Schwanhardt. ◆ N ° 5177 Comunque sia, pare che Breguet scoprì l’esistenza del In alto a destra: damier croisé. guillochage durante un viaggio a Londra, dove quest’arte era impiegata diffusamente per decorare i mobili. 58 59 GUILLOCHAGE ◆ N ° 5157 A destra: clou de Paris (quadrante principale); liseré (bordo del giro delle ore), filet (bordo delle decorazioni in rilievo). 60 61 GUILLOCHAGE Forte della sua scoperta londinese, Breguet, rientrato a Parigi, effettuò una serie di esperimenti volti ad applicare quella tecnica ai quadranti degli orologi. Non c’è dubbio che scoprì i notevoli vantaggi funzionali che offriva questo tipo di incisione. In primo luogo, collocare una decorazione finemente rabescata sotto le lancette aumentava non poco la loro visibilità e quindi la leggibilità del quadrante. A quell’epoca lo stile barocco dominava incontrastato il disegno delle lancette. Le grandi lancette barocche, riccamente lavorate, spiccavano su qualsiasi sfondo. Il guillochage spianò la strada alla fabbricazione di lancette più fini e più eleganti. La presenza di una trama disposta a contrasto sotto le lancette favorì la comparsa delle lancette à pomme ◆ N ° 5347 A sinistra: panier circulaire (quadrante principale); liseré (bordo del giro delle ore). ◆ N ° 5317 di acciaio brunito che, diventate presto classiche, oggi sono In basso: clou de Paris (quadrante note universalmente, nel lessico orologiaio, con il nome di principale), vague circulaire «lancette Breguet». I primi esperimenti di Breguet misero in luce un altro (quadrante della riserva di carica); liseré (bordo del giro delle ore); filet (bordo delle decorazioni in rilievo). vantaggio pratico. Modificando il disegno dell’incisione praticata sulla superficie del quadrante, Breguet constatò che poteva evidenziare diverse zone del quadrante stesso 62 63 40 GUILLOCHAGE 30 20 10 0 B R E GUE T nelle quali era possibile collocare delle complicazioni e delle indicazioni particolari. Fin dagli inizi, o quasi, la varietà dei motivi è stata una costante nell’uso del guillochage da parte di Breguet: ogni suo quadrante poteva ospitare svariati disegni, destinati a distinguere le diverse aree. Le motivazioni artistiche e funzionali che spinsero Breguet ad adottare l’incisione a guillochage per gli orologi che uscivano dal suo atelier di Quai de l’Horloge 39 64 65 GUILLOCHAGE restano perfettamente valide anche oggi. Due elementi tuttavia hanno subito un’evoluzione negli ultimi duecento anni. In primo luogo, Breguet non dorava i suoi quadranti rabescati che, d’oro o d’argento (Breguet usava entrambi i metalli), esibivano con fierezza il colore originale del nobile metallo. Oggi i quadranti in metallo degli orologi Breguet sono d’oro massiccio oppure, in certi modelli per signora, di madreperla. Quando sono d’oro, questo metallo 66 67 GUILLOCHAGE ◆ N° 5497 A destra: flinqué alterné (giro interno delle ore); drapé è delicatamente argentato (una lavorazione che ai tempi di Breguet non si praticava), allo scopo di ottenere una mag- moiré (quadrante principale); giore profondità. In secondo luogo, pur impiegando tuttora filet (bordo delle decorazioni lo stesso tipo di tornio per rabescare – azionato interamente in rilievo). a mano, come ai vecchi tempi – nuovi motivi ornamentali sono venuti ad arricchire il repertorio, che ora offre quindi una gamma di varianti estetiche senza precedenti. Immaginate che le foto inserite in questo articolo siano come dipinti esposti in una mostra. Ogni volta che voltate una pagina, scoprirete qualche aspetto inedito della galleria di guillochages creata da Breguet. 68 69 IL PETIT TRIANON IL PETIT TRIANON della Prof. Marie-Hélène Huet ◆ Il Padiglione Francese 70 71 il Petit Trianon L a Francia è ricca di castelli che tengono vivo il ricordo delle dame che li abitarono nei tempi passati. Ma sono due le residenze reali che si distinguono per il loro particolare splendore: Chenonceau, l’elegante costruzione che sorge a cavallo dello Cher, associata per sempre al ricordo dell’incantevole Diane de Poitiers, la favorita del re Enrico II; e il Petit Trianon, l’elegante dimora in cui la regina Maria Antonietta visse le sue estati più felici alla vigilia della Rivoluzione francese. ◆◆◆ Il Petit Trianon fu progettato in origine come un dono regale di Luigi XV a Madame de Pompadour, una borghese che aveva conquistato il cuore del re con la sua bellezza e la sua intelligenza. Dal loro incontro nel 1745 fino alla sua morte, nel 1764, Madame de Pompadour non smise mai di incoraggiare e proteggere le arti. Il progetto del Petit Trianon fu affidato a Jacques-Ange Gabriel, uno degli architetti più ammirati di quell’epoca. La costruzione ebbe inizio nel 1763. Senonché Madame de Pompadour non ne vide la fine: morì prima che l’opera fosse terminata, e il piccolo castello fu inaugurato nel 1768 dal re e da Madame du Barry, donna dal carattere vivace, ma molto meno raffinata, che aveva preso il posto di Madame de Pompadour nel cuore di Luigi XV. Nulla poteva essere più lontano dal maestoso splendore di Versailles del Petit Trianon. Questo incantevole palazzet72 to, situato a pochi chilometri di distanza dalla reggia di Versailles, sembra sorto in un luogo magicamente isolato, nel cuore di un meraviglioso parco dai viali sinuosi, ricco di boschetti e di padiglioni estivi. In un gioco di contrasti con la rigorosa simmetria dei giardini di Versailles, il parco del Petit Trianon continua a stupire i visitatori offrendo vedute inattese sui meandri di un corso d’acqua o sulle rive di un laghetto. L’elegante giardino alla francese, l’unica parte conservata fino a oggi del parco originale, crea un perfetto contrasto con il disegno dei giardini all’inglese, dove la natura dà l’impressione di prosperare libera da ogni costrizione. È innegabile che questi superbi effetti sono il risultato di un’arte consumata, e che un progetto minuziosamente elaborato ha dettato la sistemazione del parco. Tuttavia, rispecchiando in qualche modo le estati spensierate che Maria Antonietta trascorse al ◆ La facciata ovest e il giardino francese. 73 il Petit Trianon perfettamente la necessità di smussare le linee severe di quella architettura neoclassica, lasciando prevalere la libertà e la spontaneità, vera o apparente, dei giardini all’inglese. Piccoli padiglioni estivi punteggiano gli itinerari curvilinei del parco. Il Belvedere, dedicato alla musica, e il Tempio dell’Amore, eretto su un’isola artificiale in mezzo al laghetto, ricordano ai visitatori che una natura così rigogliosa, che sembra crescere spontaneamente, è il frutto invece di un’accurata pianificazione. Il lavoro di risistemazione durò parecchi anni. I graziosi padiglioni furono disposti strategicamente, al fine di offrire armoniose vedute sui giardini da ciascuna finestra del palazzetto. IL PETIT TRIANON: UN DONO REGALE Nessun dono poteva riuscire più gradito alla regina ◆ Il teatro di Maria Antonietta. Petit Trianon, libera finalmente dalla cerimoniosità della Corte, i deliziosi giardini voluti dalla regina e il palazzetto su cui essa lasciò la sua impronta irradiano una sensazione di piacevolezza e di armonia che niente riesce a turbare. Luigi XVI fece dono del Petit Trianon a Maria Antonietta nel 1774 perché fosse sua proprietà assoluta, un luogo privato di piacere e di svaghi. Nessun regalo poteva essere più gradito a una regina diciannovenne che mal sopportava la rigida etichetta e il cerimoniale opprimente di Versailles. La sovrana incaricò i migliori architetti e artisti dell’epoca di provvedere all’arredamento interno e di trasformare il parco. Fece del Petit Trianon la sua proprietà esclusiva, dedicandosi all’allestimento degli appartamenti principali, ordinando mobili raffinati e sacrificando l’orto botanico per sostituirlo con un meraviglioso parco dotato di un corso d’acqua, un laghetto e una grotta. Era assistita nei suoi progetti dall’architetto ufficiale del re, Richard Mique, il quale comprese 74 Maria Antonietta, che a Versailles non poteva sottrarsi alle costrizioni imposte da un cerimoniale arcaico, regnava liberamente sul Petit Trianon. Nessuno era autorizzato a recarvisi senza un invito personale. Fece sostituire alcuni dei grandi dipinti che decoravano i vasti appartamenti del piano terreno con opere che le ricordavano la sua infanzia viennese. Nel vestibolo spiccavano due imponenti arazzi del pittore austriaco Johann Georg Weikert, al quale Maria Antonietta aveva ordinato di riprodurre alcuni dipinti ch’egli aveva realizzato in occasione della messa in scena di un lavoro teatrale scritto e interpretato a Vienna dai figli dell’imperatore in occasione delle nozze del loro fratello maggiore, l’arciduca Giuseppe. In uno di quei dipinti, intitolato «Il trionfo dell’Amore», compare la giovane Maria Antonietta che danza graziosamente con un valletto sotto lo sguardo di Cupido. Il significato e il simbolismo di questa raffigurazione non sfuggono al visitatore: la tenuta appartiene a una giovane regina, e vi si celebrano tutti i piaceri legati alla tirannia sbarazzina del dio dell’amore. Con la sua simmetria neoclassica, l’esterno del palazzo non dà un’idea precisa delle dimensioni reali del Petit Trianon e neanche della sua complessità. Ogni facciata è diversa, ogni finestra inquadra un nuovo paesaggio, ogni piano è collegato con gli altri da un complesso sistema di scale, alcune delle quali accuratamente nascoste alla vista, e ogni stanza sembra celare un segreto. Lo splendido appartamento della regina occupa il piano principale, che comprende anche sale da ricevimento e il misterioso «Gabinetto degli specchi mobili», dove un complesso sistema di pulegge permette di far scendere delle pareti di specchi nascosti nei diciannovenne del Petit Trianon, riservato ai suoi svaghi e al suo piacere personale. ◆ Ritratto di Maria Antonietta di Jean-Baptiste Gautier-Dagoty, 1775. 75 il Petit Trianon Vaudreuil e la bellissima duchessa di Polignac – si abbandonavano a svaghi poco innocenti. Certi scritti pettegoli che circolavano erano sicuramente redatti, o se non altro incoraggiati, da vecchi personaggi della Corte, ai quali bruciava non poco l’essere stati messi da parte dalla giovane regina dalla mentalità così aperta. Maria Antonietta si recava ogni estate al Petit Trianon, dove poteva godersi alcuni mesi di libertà, padrona del suo tempo e dei suoi piaceri. Pare che lo stesso re venisse solo quando era invitato, e sembra che non abbia trascorso neanche una notte nell’appartamento che era stato predisposto per lui. La giovane regina organizzava giochi, gite e si divertiva a mettere in scena delle commedie in un piccolo teatro dalle proporzioni perfette, progettato anch’esso da Richard Mique, ch’era diventato il suo architetto favorito. Maria Antonietta amava il teatro a tal punto che più di una volta si era allontanata segretamente da Versailles, in compagnia del giovane fratello del re e di alcuni amici, per assistere a rappresentazioni teatrali a Parigi. Benché travestita, la regina era stata prontamente riconosciuta, e presero a circolare nuovi pettegolezzi che denunciavano le sue imprudenti scappatelle. Il teatro del Petit Trianon consentiva alla regina di soddisfare la sua passione in maniera più consona al suo rango. Poteva assistere agli spettacoli senza timore di suscitare scandalo, e anche prendere parte personalmente alle rappresentazioni. Nei primi tempi soltanto gli amici della sua cerchia ristretta erano autorizzati ad applaudirla, ma a poco a poco gli inviti si allargarono fino a comprendere altri membri privilegiati dell’aristocrazia e alcuni ufficiali del re. L’ultima parte interpretata da Maria Antonietta fu quella di Rosina nel Barbiere di Siviglia di Beaumarchais nel 1785. ◆ Il grande scalone. ◆ Console fabbricata nel 1788 da Jean-Ferdinand Schwerdfeger per la camera da letto di Maria Antonietta. NESSUNO POTEVA RECARSI AL muri allo scopo di schermare le finestre. Grazie a questo dispositivo Maria Antonietta poteva disporre di una stanza assolutamente privata, ermeticamente isolata dal mondo esterno. Quello spazio personale era circoscritto, certo, ma era anche un luogo dove si poteva dare libero corso a tutte le fantasie, lontano dai censori che tormentavano l’esistenza della regina a Versailles. Difficile non vedere nel Gabinetto degli specchi mobili una risposta ironica alla maestosa Galleria degli specchi che Luigi XIV aveva voluto a Versailles perché riflettesse pubblicamente la sua gloria. La stanza pri76 vata di Maria Antonietta conserva ancor oggi i segreti di quei giorni, che furono i più felici della sua esistenza come regina di Francia. Chi erano dunque le persone invitate a condividere l’intimità del suo salotto, così ben protetto dalla curiosità del mondo esterno? Inevitabilmente circolavano voci maliziose. Si insinuava che la ristretta cerchia di amici invitati regolarmente al Petit Trianon – fra i quali figuravano il conte d’Artois, fratello minore di Luigi XVI, il conte di Dopo la Rivoluzione il Petit Trianon fu adibito per breve tempo a locanda, fin quando fu rivendicato da Napoleone, che intendeva offrirlo alla sua sorella favorita, la bella e un po’ scandalosa Paolina Borghese. La vita avventurosa di Paolina non le permise di soggiornare a lungo in quell’oasi di pace. Dopo la morte del primo marito, Charles Leclerc, sposò il principe Camillo Borghese e si stabilì in Italia, dove fu immortalata da Antonio Canova come Venus Victrix in una celebre scultura, oggi esposta alla Galleria Borghese di Roma, che la raffigura seminuda, con le gambe ricoperte da un drappo. La duchessa d’Angoulême, figlia di Maria Anto- PETIT TRIANON SENZA INVITO Le estati trascorse al Petit Trianon rappresentavano una parentesi di libertà per la regina. I personaggi della Corte potevano farle visita solo se invitati. Questa regola valeva anche per il re, che vi soggiornò un’unica volta. 77 il Petit Trianon nietta, trascorse alcuni giorni al Petit Trianon durante il regno di Luigi Filippo. In seguito l’elegante palazzetto divenne oggetto delle attente cure dell’imperatrice Eugenia, che venerava la memoria di Maria Antonietta e che riacquistò parte dei mobili ch’erano stati venduti durante la Rivoluzione. Nel 1867 la residenza estiva di Maria Antonietta fu trasformata in un museo. Anche se non fu mai abbandonato, il Petit Trianon sopravvisse in uno stato di conservazione passiva e a poco a poco venne oscurato da Versailles, fin quando la grande tempesta del 1999 suscitò inaspettatamente un ritorno di interesse nei confronti della regina e della sua residenza privata. ◆ La camera da letto di Maria Antonietta. Questo nuovo capitolo della nostra storia prende le mosse dalla morte, nel parco di Versailles, di una quercia vecchia di trecento anni, che si diceva avesse accolto spesso sotto la sua ombra ristoratrice Maria Antonietta. Indebolita dalle intemperie, la storica quercia era morta durante la canicola del 2003 e la si dovette abbattere. La Maison Breguet, il cui fondatore Abraham-Louis aveva avuto l’onore di contare tra i suoi clienti il re Luigi XVI e la regina Maria Antonietta, si interessò alla sorte del vecchio albero e maturò a poco a poco l’idea di sostenere finanziariamente il restauro del meraviglioso parco e del suo palazzo fatato. Nella Vallée de Joux si tenne una riunione «in un paesaggio invernale che avrebbe meritato di essere immortalato su una cartolina illustrata», come ricordava scherzosamente Nicolas Hayek. Al termine dell’incontro Montres Breguet SA espresse l’intenzione di assumersi l’intera responsabilità del restauro del Petit Trianon. OGNI APPARTAMENTO HA UNA DECORAZIONE E UN COLORE PARTICOLARI Le stanze del Petit Trianon conservano la memoria degli svaghi della regina. Chi poteva ardire di controllare i suoi divertimenti? 78 Faceva molto freddo e nevicava il giorno in cui abbiamo avuto il privilegio di visitare il Petit Trianon in compagnia di due giovani storici e di una delle conservatrici del palazzo. Un vento pungente proveniente da nord spazzava la vasta spianata davanti alla reggia di Versailles, e ci fece piacere essere condotti in automobile attraverso l’immenso parco fino alla porta della tenuta privata di Maria Antonietta. Pochi visitatori avevano sfidato i rigori dell’inverno quel giorno, e noi apprezzammo l’atmosfera particolarmente ospitale e il dolce tepore che ci accolsero nel palazzo. La decisione di restaurare il Petit Trianon così come si presentava nei giorni precedenti la Rivoluzione che travolse la famiglia reale, esiliandola per sempre da Versailles, consente al ◆ La stanza della musica. visitatore di apprezzare in maniera diretta i gusti di Maria Antonietta e il suo amore per le arti. Attraversando le sale da ricevimento, oggi aperte al pubblico, siamo stati guidati dall’ammezzato all’attico, il secondo piano dove una complessa successione di appartamenti, di corridoi, di scale dissimulate e di pannelli mobili ci hanno dato la sensazione di entrare in un luogo magico. Splendide tende di broccato dalle tinte vivaci incorniciano le finestre. Le tappezzerie e le carte da parati riprodu- cono fedelmente i motivi originali scelti dalla regina. Un delizioso salotto invita a conversazioni intime. Una camera da letto arredata con gusto esprime un’elegante forma di ospitalità. Una piccola sedia ornata da ghirlande di rose, con il suo poggiapiedi assortito, è stata rivestita con delicatezza. Sollevando la fodera che la protegge dalla polvere, la conservatrice ci mostra il tessuto originale, identico in tutto e per tutto a quello attuale: solo le tinte sono scolorite per il passare degli anni. Questa rapida occhiata al tessuto originale rende palpabile il tempo trascorso, e rievoca la tragica 79 il Petit Trianon L’esplorazione delle parti lasciate nell’ombra rivela un altro aspetto della vita spensierata che si svolgeva un tempo al Petit Trianon. Fra gli appartamenti privati vi sono stanzini privi di finestre, ammobiliati unicamente con un tavolo e una sedia. Erano destinati a ospitare le lunghe attese dei servitori, invisibili ma pronti a rispondere a ogni chiamata. La sala da pranzo è famosa anche a causa dell’ingegnoso meccanismo progettato per far salire e scendere attraverso il pavimento tavole perfettamente imbandite, di modo che i pasti sembrassero comparire per magia, serviti da domestici invisibili. Anche se non è mai stato installato, questo meccanismo può essere considerato il simbolo di un palazzo dove tutto funzionava in maniera fantasmagorica, e al tempo stesso il segno dell’abisso che separava le classi sociali, e che avrebbe presto contribuito a fare scoppiare la Rivoluzione. Comunque sia, il Petit Trianon conserva ancor oggi il ricordo dei momenti sereni prima della bufera. «Chi avrebbe osato criticare gli svaghi di una giovane regina, graziosa e vivace?»1, ha lasciato scritto Madame Campan, la prima cameriera della regina. Nelle sue Memorie essa descrive una delle serate che contribuirono a dare al Petit Trianon una reputazione fiabesca. ◆ Il Tempio dell'Amore nel giardino all’inglese del Petit Trianon. fine dei sogni di felicità che abitavano il Petit Trianon. Ma mostra anche che i lavori di restauro hanno conservato fin nei più piccoli dettagli il fragile fascino del passato. Ogni appartamento è decorato in maniera diversa, con una varietà di tinte e di sfumature armoniose in cui si alternano il grigio chiaro e il verde tenero che sono caratteristici di quell’epoca. La presenza di bordi interrompe le linee severe dei mobili neoclassici, dovunque le curve addolciscono il rivestimento di pannelli. Per esempio le 80 porte di una stanzetta d’angolo sono arrotondate, come pure le serrature che le chiudono, facendo pensare a segreti ben custoditi in un’esistenza che si svolge entro un bozzolo. In questa stanzetta tutti si sorprendono a bisbigliare, come se temessero di turbare il fascino di tempi ormai remoti. Porte inattese si aprono nei pannelli di legno, su corridoi e scale dissimulate che conducono in un altro ambiente di quell’edificio che sembra – ma è un’impressione errata – avere la semplice forma di un cubo, mentre invece è un vero e proprio labirinto. «Si diede al Petit Trianon una festa di un genere nuovo. L’arte con cui si era non dico illuminato, ma invaso di luce il giardino all’inglese produceva un effetto incantevole: delle lampade interrate, celate da tavole dipinte di verde, irradiavano luce sui cespugli d’arbusti o di fiori e ne mettevano in risalto i diversi colori. Alcune centinaia di fascine accese nel fossato dietro il Tempio dell’Amore creavano un grande chiarore che rendeva il tempietto il punto più luminoso del giardino.»2 Musica e danze, serate brillanti, giochi interminabili rallegravano le splendide estati che precedettero il 1789. «Non tengo corte là», dichiarava Maria Antonietta, «vivo come una persona privata, e Madame Campan avrà sempre l’incarico di eseguire gli ordini relativi alle feste di palazzo che voglio dare.»3 ◆ Durante la cerimonia inaugurale per il restauro del Petit Trianon, Nicolas G. Hayek presenta l’orologio Marie-Antoinette di Breguet nello scrigno ricavato dalla vecchia quercia della regina, danneggiata irreparabilmente da una tempesta. UN INCONTRO FELICE PROVOCATO DA UNA TEMPESTA La morte di una quercia tricentenaria, alla cui ombra Maria Antonietta amava soffermarsi, ha dato il via a una serie di eventi culminata nella decisione di Breguet di finanziare il Madame Campan, La vita segreta di Maria Antonietta, cap. IX. Ibid, cap. VIII. 3 Ibid, cap. IX. 1 restauro del Petit Trianon. 2 81 IL PETIT TRIANON UNA STORIA DI FANTASMI Il 10 agosto 1901 due signore inglesi, Charlotte-Ann Moberly e Eleanor Jourdain, stavano visitando Versailles. Passeggiavano nel parco alla ricerca del Petit Trianon. Faceva caldo, l’atmosfera era afosa e le due donne sbagliarono strada e si smarrirono. Mentre camminavano lungo sentieri non segnalati e in mezzo ad alberi che sembravano stranamente «piatti e senza vita», arrivarono ai margini di un bosco vicino al Tempio dell’Amore. Una delle due donne vide una fattoria semiabbandonata e dei giardinieri che indossavano abiti di tempi remoti. L’altra notò un uomo seduto presso un chiosco: il suo viso era segnato dal vaiolo e aveva un’espressione malevola. Dopo avere attraversato un ponte e incontrato diversi altri personaggi curiosamente abbigliati, le due signore giunsero finalmente al Petit Trianon, dove Charlotte-Ann Moberly osservò una scena che la mise a disagio. «Una donna stava seduta, reggendo in mano un foglio di carta che sembrava voler esaminare tenendo il braccio teso. Ho pensato che avesse abbozzato un disegno, e che per questo motivo avesse portato con sé la sua sedia pieghevole. Avevo l’impressione che stesse schizzando degli alberi che si ergevano a poca distanza davanti a lei, dato che non c’era nessun altro elemento che potesse attirare la sua attenzione. Essa ha notato la nostra presenza mentre le passavamo accanto, e ha voltato la testa per osservarci con attenzione. Il suo viso non era giovane e, anche se era piuttosto grazioso, non l’ho trovato attraente. In testa aveva un curioso cappello bianco che lasciava scoperta sulla fronte una massa di bei capelli. Indossava un abito estivo che le copriva le spalle come uno scialle: aveva un elegante bordo color verde o oro che permetteva di constata- re che era semplicemente appoggiato, ma non infilato nel corsetto sciancrato… L’ho guardata in faccia, ma una sensazione indescrivibile mi ha fatto distogliere lo sguardo e fuggire da quel luogo.»4 Charlotte-Ann Moberly ed Eleanor Jourdain videro scene diverse e sorprendenti, ma ne parlarono tra loro solo qualche giorno dopo la loro strana esperienza. Furono estremamente stupite di rilevare che, dove una di loro aveva visto una donna accompagnata da una ragazzina, l’altra non aveva notato nulla, e che l’uomo dall’espressione sgradevole era apparso soltanto a una di loro. Dieci anni dopo Charlotte-Ann Moberly ed Eleanor Jourdain pubblicarono un racconto della loro strana visita al Petit Trianon sotto lo pseudonimo di Elizabeth Morison e Frances Lamont. Turbate perché non avevano visto i medesimi personaggi, benché entrambe avessero provato uno sgradevole senso di oppressione, ognuna delle due redasse un resoconto separato della loro passeggiata in cerca della tenuta di Maria Antonietta. Il libro, intitolato An Adventure, narra quell’esperienza e racconta dettagliatamente tutte le indagini che fecero in seguito, consultando in particolare gli archivi francesi nella speranza di identificare gli strani personaggi che avevano incontrato. Giunsero alla conclusione che l’uomo dal volto scuro e dall’espressione sgradevole non era altri che il conte di Vaudreuil, uno degli amici intimi di Maria Antonietta e ospite abituale del Petit Trianon. La donna seduta che disegnava indossando un leggero abito verde, vista unicamente da Charlotte-Ann Moberly, somigliava senza ombra di dubbio al ritratto di Maria Antonietta dipinto da Wertmuller e descritto da Madame Campan. La lady inglese era certa di non avere mai visto prima quel dipinto, che era stato mandato alla Corte di Svezia. Le loro conclusioni sono molto più complesse di quelle che si incontrano di solito nelle storie di fantasmi. «Ci siamo chieste», scrivono, «se eravamo entrate inavvertitamente in un atto che celebrava il ricordo della regina quando era ancora in vita, e se questo poteva spiegare la nostra curiosa sensazione di clausura e d’oppressione. Niente di più probabile, abbiamo pensato, che, durante le ore passate nella sala dell’Assemblea legislativa o alla Conciergerie, Maria Antonietta abbia richiamato alla mente, con un ricordo molto vivo, altri mesi d’agosto trascorsi al Petit Trianon»5. È interessante rilevare che le due inglesi non riuscirono a trovare tracce sulle mappe moderne dei paesaggi che avevano osservato mentre camminavano alla volta del Petit Trianon. Invece identificarono il chiosco e il ponte su mappe più antiche e nelle descrizioni di progetti elaborati in vista della risistemazione dei giardini. Inutile precisare che il loro libro fu discusso appassionatamente dalle società di parapsicologia. Fu ripubblicato a più riprese e suscitò una rinnovata attenzione quando si venne a sapere, dopo la morte di Eleanor Jourdain, che le due dame appartenevano alla migliore società. Charlotte-Ann Moberly aveva ricoperto la carica di rettore al St Hugh’s College di Oxford dal 1886 al 1905, ed era figlia di un provveditore che divenne in seguito vescovo di Salisbury. Eleanor Jourdain possedeva anch’essa un titolo universitario, era figlia di un vicario e succedette a Charlotte-Ann Moberly al St Hugh’s College. Una mistificazione sapientemente organizzata, la loro? Un’illusione dovuta al caldo? An Adventure si legge come un viaggio meraviglioso e leggermente inquietante nel passato. Quando la nostra visita al Petit Trianon volgeva al termine, gli ultimi visitatori se n’erano già andati. Mentre attraversavamo le superbe stanze che compongono l’appartamento della regina abbiamo udito uno stridìo acuto: sembrava provenire da un lampadario risplendente. Una delle nostre guide si è rivolta ai colleghi osservando: «Il suono è tornato.» «Sì», ha risposto la conservatrice, «va e viene, nessuno riesce a capire come si forma.» Voltandomi d’impulso verso la conservatrice, le ho sussurrato: «Sono forse i fantasmi?» Scioccata, mi ha risposto recisamente: «Lei non ci crede, vero?» «Certo che no, non ci credo», ho risposto. E in effetti non credo che i fantasmi abitino il Petit Trianon. Tuttavia, ascoltando con attenzione quel suono che dava i brividi, non udivo forse un mormorio di voci leggere e l’eco di una musica lontana? Il delizioso piccolo castello, restaurato con amore nei minimi dettagli, opera una sorta di incantesimo sui visitatori, e in nessun altro luogo il ricordo dei piaceri che precedettero la Rivoluzione si fa sentire così intensamente come nella tenuta privata di Maria Antonietta. Se vi recate a visitare il Petit Trianon, porgete l’orecchio e ascoltate con attenzione mentre passate sotto il magnifico lampadario di cristallo. Potrete percepire attraverso un acuto mormorio le ultime battute di un minuetto, e forse vedrete addirittura la giovane regina mentre si appresta a uscire dal Trionfo dell’Amore di Weikert. 4 5 An Adventure, London, MacMillan and Co, 1911, p. 8-9. Ibid, p. 23. ◆ Johann Georg Weikert: Il trionfo dell'Amore. 82 83 RÉVEIL MUSICAL Réveil Musical di Jeffrey S. Kingston 84 85 RÉVEIL MUSICAL I l mondo in cui viviamo è caratterizzato dal sottofondo musicale. Per dirla tutta, oggi è praticamente impossibile sottrarsi alla presenza della musica. Un’ondata di suoni ci investe da tutte le direzioni: CD, radio, iPod, telefoni cellulari, valanghe di dati, musiche scaricate da computer... Spesso ci sentiamo sommersi da uno tsunami musicale, in questa nostra epoca dominata dall’elettronica. LE SCATOLE MUSICALI Pur vantando una storia vecchia di secoli, ed essendo spesso incorporate in orologi da tasca, le scatole Molti secoli fa la situazione era ben diversa. Ogni incontro con la musica aveva qualcosa di magico, specialmente quando il suono scaturiva da una scatola capace di eseguire meccanicamente un qualche motivo, senza l’intervento di strumenti o di musicisti. Lo storico che vuole ritrovare le tracce di questa musica senza musicisti deve risalire fino al IX secolo della nostra era. A quell’epoca i persiani costruirono, in quello che è l’attuale Irak, un organo a funzionamento idraulico, nel quale un cilindro rotante da cui spuntavano delle piccole sporgenze produceva dei suoni. Poiché la fonte di energia era l’acqua corrente, era difficile che questa invenzione fosse ospitata nelle case di persone importanti, ed era impossibile che trovasse posto in una qualche tasca. Ma quello strumento presentava una novità interessante: un tamburo rotante fornito di piccoli denti con cui «registrava» o «programmava» la musica. Non per niente questa coppia di elementi – tamburo e denti – incontrò un notevole successo nei secoli successivi, grazie a scatole musicali sempre più perfezionate. musicali sembravano incompatibili con gli orologi da polso. 86 Il primo accoppiamento di un dispositivo del genere con un movimento d’orologeria risale alla fine del XVI secolo. Quell’oggetto meccanico incontrò un successo folgorante, e divenne un simbolo di ricchezza. Due innovazioni comparse in Svizzera nel giro di pochi anni consentirono per la prima volta di fabbricare orologi da tasca musicali. La prima, introdotta nel 1796, fu dovuta a un orologiaio ginevrino che sostituì i campanelli, ai quali fino allora era toccato il compito di emettere i suoni, con un pettine composto da varie lamelle e da piccoli denti. Ogni lamella, incontrando un dente, produceva una nota specifica. La seconda invenzione seguì la prima a quattro anni di distanza. Aveva la forma di un disco girevole munito di sporgenze e sostituì, dopo un migliaio d’anni di fedele servizio, il cilindro come strumento di programmazione standard. 87 RÉVEIL MUSICAL L’orologio musicale da tasca toccò l’apice all’inizio del XIX secolo, quando comparve una serie di segnatempo, alcuni muniti di rulli, altri di dischi rotanti, che eseguivano una melodia grazie ai denti di un pettine. La difficoltà principale che si incontrava nel fabbricare questi orologi nasceva dal metodo usato per determinare l’esatta collocazione dei denti sul rullo o sul disco. Questa operazione doveva essere eseguita con estrema precisione. Infine si arrivò a creare una specie di macchina per scrivere. Un musicista suonava col tempo giusto le note, che venivano segnate una per una in una posizione precisa su un cilindro o un disco girevole inserito nella cosiddetta macchina per scrivere. Poi l’orologiaio collocava dei denti nei punti contrassegnati, per cui la melodia poteva essere riprodotta dall’orologio proprio come il musicista l’aveva eseguita. Le esigenze tecniche imposte da questa complessa costruzione assicuravano agli orologi musicali una posizione al vertice della piramide delle complicazioni, e ovviamente anche dei prezzi. Dato il prestigio che li circondava e il loro costo elevato, questi orologi eccezionali erano ospitati abitualmente in casse di grande bellezza, e dotate quasi sempre di un quadrante sontuosamente decorato a mano, per esempio con una miniatura smaltata. Mozart, Haydn e Beethoven composero musiche per orologi meccanici musicali chiamati in vario modo. Oggi quasi tutte le complicazioni presenti in passato negli orologi da tasca sono state incorporate negli orologi da polso, ma si direbbe che la complicazione musicale sia stata invece trascurata. Presentando il Réveil Musical, Breguet ridà vita alla grande tradizione di questo dispositivo raro e romantico, e realizza al tempo stesso una «prima mondiale»: il primo meccanismo di suoneria musicale abbinato alla funzione sveglia in un orologio da polso. Per gli orologiai, trasferire da un orologio da tasca a un orologio da polso una complicazione dalle dimensioni piut88 tosto rilevanti, con tutti i vincoli imposti dallo spazio ridotto, ha sempre rappresentato una sfida. Il fatto che nessuno sia riuscito a proporre una suoneria musicale completa in un orologio da polso prima di Breguet dimostra inequivocabilmente la difficoltà del compito. Uno studio accurato porta alla conclusione che quasi tutte le altre classiche complicazioni presenti negli orologi da tasca sono state adattate alle dimensioni ridotte di un orologio da polso riducendo le dimensioni dei loro componenti. I calendari perpetui, i tourbillon, i cronografi (di tipo tradizionale o muniti di rattrapante), le ripetizioni minuti, l’indicazione di un secondo fuso orario, l’ora universale... Tutte queste raffinatezze sono state incorporate negli orologi da polso grazie a un processo di miniaturizzazione, conservando intatto il principio ispiratore e i criteri che ne hanno favorito l’evoluzione all’epoca degli orologi da tasca. Ma questa regola non vale più quando entra in gioco una suoneria musicale, perché questo prodigio tecnico richiede ben più di una semplice riduzione delle parti componenti. Naturalmente tutti gli elementi che costituivano la suoneria musicale di un orologio da tasca esistevano già quando Breguet cominciò a progettare il Réveil Musical. Restava da definire un metodo per programmare una melodia e un metodo per far risuonare le note. E qui era possibile attingere alle soluzioni tradizionali: un disco rotante provvisto di denti per programmare la melodia e un pettine per far risuonare ognuna delle note. Come sappiamo, questi due dispositivi erano stati ideati intorno al 1800. C’è da dire che questi componenti, per quanto refrattari agli sforzi di miniaturizzazione necessari per poterli inserire in un orologio da polso, rappresentavano solo una ristretta parte dei problemi incontrati da Breguet nelle prime fasi della messa a punto del Réveil Musical. L’ottenimento di un importante volume sonoro, la riproduzione del ritmo UNA SCATOLA MUSICALE AL POLSO Breguet ha affrontato sfide che parevano impossibili per creare una scatola musicale contenuta nello spazio limitato di un orologio da polso. e una sufficiente riserva d’energia costituivano delle sfide gigantesche. Senza risolvere a fondo ciascuna di queste difficoltà il Réveil Musical non sarebbe mai nato. Gli orologiai di duecento anni or sono, sfruttando il cospicuo spazio di cui disponevano, inserivano in un orologio da tasca dotato di suoneria musicale grandi bariletti e lamelle di grandi dimensioni, allo scopo di ottenere un volume sonoro sufficiente. Analogamente le vaste superfici che offrivano quegli orologi facilitavano la propagazione del suono a partire dall’interno della cassa. A rigor di logica una minore quantità d’energia, una molla motrice meno lunga, lamelle più corte e superfici minori avrebbero dovuto ridurre inevitabilmente l’intensità del suono. E anche se la miniaturizzazione dei componenti era realizzabile, l’amplificazione del livello sonoro che il proprietario dell’orologio percepiva, vale a dire il numero di decibel trasmessi all’esterno della cassa dal meccanismo, richiedeva soluzioni totalmente inedite rispetto ai metodi impiegati in passato. Occorreva quindi definire una struttura che permettesse di migliorare il passaggio del suono dal movimento all’esterno della cassa. Questa necessità era evidente, ma la risposta 89 RÉVEIL MUSICAL implicava un nuovo problema. La «soluzione semplice», già adottata da un’altra marca di orologi in una ripetizione minuti, consisteva nel praticare dei fori sul fondocassa d’oro per facilitare la propagazione del suono. Il lettore esperto di orologi non tarda a capire che, così facendo, si risolve un problema ma se ne crea un altro. Certo, i fori praticati nella cassa favoriscono la propagazione del suono, ma permettono anche all’umidità e alla polvere, nemici mortali dei meccanismi di precisione, di penetrare all’interno dell’orologio – e la ripetizione minuti della marca suddetta era obbligata a evitare come la peste ogni minima infiltrazione d’acqua. Breguet ha affrontato la questione in un’ottica diversa. Invece di praticare prima dei fori per poi sigillarli, ha cominciato col cercare un materiale capace di entrare in risonanza con la suoneria, un materiale le cui vibrazioni potessero intensificare l’emissione sonora. I materiali impiegati abitualmente per il fondocassa, ad esempio il vetro zaffiro o i metalli preziosi, non vibrano di per sé con le stesse frequenze della suoneria. La soluzione scelta da Breguet si basa su una tecnologia recentissima: una membrana di metallo liquido. Le proprietà fisiche di questo materiale sono simili a quelle di una pelle di tamburo che risuona nella stessa gamma di frequenze della melodia. Breguet ha compiuto ricerche approfondite per definire la geometria della membrana in questione e per far sì che essa possegga vari picchi ◆ El iduciamet laut ◆nella stessa gamma di frequenze della melodia. di risonanze La funzione del fondocassa di metallo è quindi trasformata: eatumquas maximod ipsaectur adit omni ut que nobis ma serve a proteggere la membrana di metallo liquido all’internonsect verum, omnimetur no simaximus della cassa sequam da eventuali urtiatureicae o danneggiamenti. Inoltre la cavità, lo spazio d’aria tra la membrana di metallo liquido e ipis excepeliquid mil evendit inveris et vellibus et alicae il fondocassa metallico, è fatta oggetto di grandissime attennobistr uptati tet, et porrumquae. Omnimodis isim zioni perché dà origine a un fenomeno che gli ingegneri del suono chiamano «risonanza di Helmholz». A dispetto del nonesciunt esti ut lab idebissit etus aliquam fugitem nome un poco ostico, questo fenomeno fa parte della nostra doluptat offici nobitibus sit quotidiana omnis velecum eos dolupta esperienza perché le sue proprietà sono sfruttate da strumenti musicali come il violino, da apparecchi audio tendipsame eatumquas aliquam fugitem doluptat offici come i subwoofer e perfino dai filtri dell’aria dei motori a nobitibus sit omnis velecum eos dolupta benzina. Questo spaziotendipsame d’aria possiede le proprie frequenze di risonanza, che sono accordate con quelle della melodia nel momento in cui si praticano i fori. Breguet non si è accontentato di collocare una semplice membrana non decorata, anche se resta celata alla vista. Non solo ha messo a punto un procedimento assolutamente inedito per definire 90 91 RÉVEIL MUSICAL la geometria adatta alla membrana, ma l’ha decorata con un motivo rabescato. Il proprietario del Réveil Musical apprezzerà il fatto che gli orologiai, quando staccheranno il fondocassa del suo orologio per effettuare il servizio d’assistenza, saranno premiati con la visione, purtroppo negata agli occhi dei profani, del primo guillochage mai praticato su una membrana di metallo liquido. Il secondo problema cruciale da affrontare era la regolazione del ritmo musicale. Come in ogni suoneria, il meccanismo è alimentato dall’energia fornita da un bariletto. Ovviamente la forza esercitata dalla molla è maggiore quando il bariletto è interamente carico rispetto a quando è quasi scarico. Se un bariletto del genere fosse semplicemente collegato con la suoneria, la forza decrescente della molla si tradurrebbe in un rallentamento progressivo del ritmo della melodia via via che il bariletto si scarica. Il metodo abituale per contrastare questo inconveniente consiste nel costruire un regolatore che, inserito nell’ingranaggio, aziona la suoneria. Come dice il suo nome, il regolatore mantiene costante il ritmo mentre la suoneria rallenta. Senonché un regolatore contiene componenti rotanti, e questi elementi producono un suono caratteristico che altera la purezza melodica della suoneria. Anche qui la «soluzione» di un problema ne fa sorgere un altro. Per la seconda volta Breguet, durante la messa a punto del Réveil Musical, si è rivolto alla tecnologia e ha inventato nientemeno che un regolatore silenzioso, basato su una tecnica mai impiegata finora per produrre orologi da polso meccanici: ci riferiamo alle calamite. Di norma le calamite, e in linea generale i campi magnetici, erano considerati un vero e proprio veleno per gli orologi. I materiali usati comunemente per garantire una misura precisa del tempo sono amagnetici. Ma se incontrano un campo magnetico sufficientemente intenso si magnetizzano a loro volta e modificano notevolmente l’accurata regolazione della marcia effettuata dall’orologiaio quando monta l’orologio. Per ovviare a questo fastidioso fenomeno, la soluzione consueta consiste nello smagnetizzare l’orologio, riportandolo allo status quo ante. Si tratta di un’operazione semplice, ma parecchi proprietari di orologi si preoccupano, giustamente, se rilevano che il prezioso oggetto che portano al polso perde la sua leggendaria precisione quando si magnetizza a loro insapu92 IL PRIMO REGOLATORE MAGNETICO DEL MONDO È FIRMATO BREGUET In alto: la forza centrifuga spinge verso l’esterno i dischi argentati del regolatore portandoli sotto le calamite, che tendono a rallentare la rotazione. In basso: a una velocità ridotta le molle risospingono i dischi verso l’interno, per consentire una rotazione più veloce. 93 RÉVEIL MUSICAL ta. Così, cercando di costruire un regolatore magnetico silenzioso, Breguet ha dovuto affrontare due difficoltà: determinare i criteri costruttivi di un regolatore e garantire che i materiali magnetici non influiscano sulla marcia dell’orologio. Il principio di funzionamento del regolatore nato da queste ricerche è particolarmente ingegnoso e opera attraverso un dispositivo incorporato per la prima volta in un orologio da polso meccanico. Il dispositivo assomiglia per molti aspetti a un generatore elettrico. I bracci rotanti del regolatore, che sono di metallo, sono circondati da calamite fissate sulla circonferenza del regolatore. Ruotando in quell’ambiente magnetico, i bracci metallici generano un campo elettrico il quale, via via che si forma, si oppone al campo magnetico prodotto dalle calamite. Più la rotazione è rapida, più è grande la resistenza e viceversa: più lenta è la rotazione, più è debole la resistenza. Il risultato di tutto questo è un dispositivo che garantisce una rotazione costante, perché sia l’accelerazione che il rallentamento incontrano una resistenza opposta di pari intensità. Siamo di fronte a un sistema silenzioso che, oltre a essere completamente nuovo, elimina un problema connesso con la struttura tradizionale di un regolatore. Il metodo usato di norma per regolare una suoneria meccanica poggia sulla frizione. In linea generale i bracci che ruotano all’interno di un cilindro sfregano le pareti del cilindro per regolare la velocità di rotazione. A causa della forza centrifuga, maggiore è la velocità di rotazione, più i bracci rotanti premono fortemente contro le pareti del cilindro e accrescono la frizione. Naturalmente l’attrito esercitato sulle superfici richiede una lubrificazione. Nella struttura che abbiamo descritto il contatto fra due componenti non produce soltanto un ronzio, ma anche un logorio che cresce quando il lubrificante si deteriora. Evitando il contatto fra i componenti in 94 rotazione e la parete interna del cilindro, Breguet è riuscito a eliminare contemporaneamente il rumore e il logorio. Questa perfetta soluzione ha richiesto uno studio esauriente dei problemi causati dalla presenza di calamite all’interno del movimento. E qui si sono imposti da sé metodi piuttosto convenzionali. Tenendo conto che si sono resi «antimagnetici» parecchi orologi militari incapsulando il movimento in una gabbia di ferro, Breguet ha circondato con una cassa di ferro il regolatore. In tal modo i campi magnetici del regolatore restano confinati all’interno della gabbia, che sottrae alla loro influenza le altre parti del movimento. Due altre scelte costruttive garantiscono che le calamite del regolatore non alterino la precisione di marcia dell’orologio. In primo luogo lo scappamento e la spirale sono fatti di silicio, che è un materiale non magnetico. In secondo luogo il regolatore è stato collocato lontano dal bilanciere e dallo scappamento dell’orologio. Restava da risolvere un ultimo problema: rendere disponibile la notevole riserva di energia necessaria all’emissione della melodia per una durata sufficiente a gratificare l’utente e a fungere davvero da sveglia. Bisognava quindi trovare il modo di inserire all’interno del movimento due bariletti dedicati esclusivamente alla suoneria. Non dimentichiamo che occorre un bariletto aggiuntivo per garantire il funzionamento dell’orologio, il che porta a 3 il numero totale dei bariletti. Per essere realmente apprezzata, una suoneria musicale non deve limitarsi a risuonare come un allarme-sveglia in un momento predeterminato. Certo, la funzione allarmesveglia è importante – e richiede complicazioni aggiuntive per mettere a punto un metodo che consenta di regolare l’ora della sveglia. Ma altrettanto importante è la possibilità di far risuonare a richiesta la melodia. Il Réveil Musical svol- RIPRODURRE UNA MELODIA Per riuscire gradevole, una melodia richiede non solo una perfetta regolazione degli intervalli delle note, ma anche una cospicua riserva di carica. ge l’una e l’altra funzione. Premendo un pulsante sul fianco della cassa all’altezza delle 8h, l’orologio suona il motivo musicale per la durata di venti secondi. Ma il piacere non consiste soltanto nell’ascoltare un motivo musicale. Breguet ha collocato i «perni di programmazione» su un disco fisso che si trova sotto il quadrante rabescato. Quando si aziona la suoneria, il quadrante ruota per la durata di venti secondi e compie una rotazione completa mentre la suoneria suona la sua melodia. Se invece è inserita la modalità allarme-sveglia, l’orologio suona il motivo musicale per un lasso di tempo eccezionalmente lungo: 80 secondi, pari a quattro giri del quadrante. Ricordiamo che, di norma, la durata del suono in un orologio dotato dei sistemi consueti di allarmesveglia è di 15 secondi! Gli esperti di orologeria si domanderanno senza dubbio: che succede se l’allarme si interrompe mentre la suoneria è in funzione? Siccome i piccoli denti ruotano insieme al quadrante, la musica continuerà a suonare fino al momento in cui il quadrante conclude la sua rotazione e riassume la sua posizione consueta. Gli ingegneri di Breguet hanno preso in considerazione un’altra circostanza ancora nel progettare il movimento: che succede quando la riserva d’energia 95 RÉVEIL MUSICAL della suoneria non basta per garantire un giro completo? Sul quadrante figura ovviamente l’indicazione della riserva di carica, ma l’indicazione potrebbe essere ignorata da chi indossa l’orologio... Per evitare questo inconveniente, Breguet ha ideato un sistema di bloccaggio che impedisce al quadrante di immobilizzarsi in una posizione diversa da quella abituale, quando la riserva di carica non basta per effettuare un giro completo del quadrante. Per selezionare la modalità allarmesveglia basta premere un pulsante posto sul fianco della cassa all’altezza delle 10h. Se l’allarme-sveglia è sulla posizione «on», in una finestrella del quadrante compare una nota musicale. L’ora della sveglia si legge sulla faccia del quadrante con l’aiuto di una grande lancetta che reca sulla punta una chiave di sol. Nel Réveil Musical è stata inserita un’ingegnosa caratteristica del Réveil du Tsar di Breguet. I meccanismi consueti di allarme-sveglia presentano di solito un piccolo inconveniente. Siccome ci dev’essere un collegamento tra il meccanismo di allarme e l’indicazione dell’ora, la regolazione delle ore e dei minuti modifica abitualmente l’ora predisposta per la sveglia. Occorre quindi effettuare una nuova regolazione sia dell’ora che della sveglia. Breguet ha trovato una soluzione a questo problema mentre progettava il Réveil du Tsar: una frizione inserita nel dispositivo di regolazione della sveglia. Quando si estrae la corona per regolare l’ora, la frizione sblocca il meccanismo della sveglia. Di conseguenza la modifica delle indicazioni orarie non altera l’ora predisposta per la sveglia. Lo stesso dispositivo è stato inserito nel Réveil Musical. ◆ Gioacchino Rossini. La prima melodia registrata nel Réveil Musical è tratta da La gazza ladra di Rossini. Una scelta quanto mai indovinata, dal momento che il compositore italiano possedeva un Breguet! Il movimento di base che anima il Réveil Musical è il calibro di manifattura Breguet 777, munito di scappamento in silicio, spirale libera con curva terminale Breguet (anch’essa in silicio) e viti di regolazione d’oro. La sua riserva di carica è di 60 ore. Il Réveil Musical sarà disponibile in oro giallo o in oro bianco. 96 97 BREGUET AL MUSEO NAZIONALE SVIZZERO ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ L’ESPOSIZIONE BREGUET AL MUSEO NAZIONALE SVIZZERO ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ di Jeffrey S. Kingston 98 99 BREGUET AL MUSEO NAZIONALE SVIZZERO ◆ Il Château de Prangins, sede del Museo nazionale svizzero nella Svizzera romanda. A sinistra: Il Museo nazionale di Zurigo. L a documentazione reperibile in diverse fonti storiche potrebbe facilmente far credere che Abraham-Louis Breguet era un orologiaio francese. In effetti egli visse in Francia dal 1762 fino alla sua morte, nel 1823, con una sola interruzione di due anni, e possedeva la cittadinanza francese. Per molti anni ha esercitato la sua professione nel cuore di Parigi, al n° 39 di Quai de l’Horloge, nell’Île de la Cité. Personaggi eminenti e membri dell’aristocrazia fecero parte della sua clientela: Maria Antonietta, Napoleone, Luigi XVIII, Charles-Maurice de Talleyrand, fino al generale Charles-Victor-Emmanuel Leclerc. Fu membro dell’Accademia delle scienze. Sua moglie era francese. Il figlio e il nipote continuarono brillantemente la sua professione di orologiaio in Francia per molti decenni. Il suo bis-bisnipote, Louis Breguet, è stato uno dei pionieri dell’aeronautica francese. Eppure, a dispetto delle apparenze, Abraham-Louis Breguet era svizzero. ◆ ◆ ◆ 100 Per celebrare l’ascendenza elvetica di Breguet il Museo nazionale svizzero rende omaggio alla sua esistenza, scandita da realizzazioni eccezionali, attraverso due mostre speciali, una al Castello di Prangins, nella Svizzera romanda, e l’altra a Zurigo, nella Svizzera tedesca. Nato a Neuchâtel, Abraham-Louis Breguet trascorse in Svizzera i primi quindici anni della sua vita, molti dei quali nella triste condizione di orfano. Trasferitosi a Parigi nel 1762 per imparare e praticare il mestiere di orologiaio, Breguet stabilì e mantenne anche in seguito stretti rapporti con altri artigiani svizzeri residenti nella capitale francese. Nella cerchia che frequentava spiccavano Ferdinand Berthoud, anch’egli nativo di Neuchâtel e già famoso per i suoi cronometri da marina; Jean-Antoine Lépine, un rinomato costruttore di pendole nato in una località vicino a Ginevra; e Jean-Pierre Droz, nativo di La Chaux-de-Fonds, che fabbricava medaglie e monete. Ma i rapporti di Breguet con la Svizzera andavano ben oltre i personaggi che frequentava a Parigi. Era in costante contatto con Abraham-Louis Perre- let, orologiaio di Neuchâtel, e acquistava i componenti dei suoi orologi presso una vasta rete di fornitori svizzeri. Durante il turbolento periodo che seguì la Rivoluzione francese, Breguet – sebbene fosse un sostenitore della prima ora delle idee egualitarie (circostanza paradossale, se si considera che la maggior parte della sua clientela era su posizioni opposte) – si rese conto che i suoi rapporti professionali con gli ambienti aristocratici e moderati lo rendevano sospetto agli occhi del nuovo potere. Decise perciò di riparare con tutta la famiglia nella relativa oasi di pace che gli offriva la sua terra natale. Per due anni visse in Svizzera, prima a Ginevra e poi nelle città di Neuchâtel e Le Locle. Il soggiorno in Svizzera fu tutt’altro che una perdita di tempo. Nei due mesi e mezzo che trascorse a Ginevra rinsaldò i suoi legami commerciali con i produttori di ruote, spirali e altri componenti d’orologeria che aveva incontrato nel suo atelier parigino. Un progetto più ambizioso lo spinse a tentare il rilancio della vecchia manifattura di movi- 101 BREGUET AL MUSEO NAZIONALE SVIZZERO menti fondata da Voltaire a Ferney, un villaggio francese che oggi si trova nelle immediate vicinanze dell’aeroporto di Ginevra. L’impresa era ardita, per non dire temeraria. A quell’epoca la Francia, decisa a controllare le attività di Ginevra, stringeva la città in un terribile blocco economico. Una delle conseguenze era di imporre un costo proibitivo a chi volesse impiantare un centro di produzione nella città lacustre, mentre Ferney, situata sul lato francese della frontiera, presentava minori ostacoli sotto l’aspetto economico, anche se non era priva di rischi politici per Breguet. Purtroppo le circostanze si dimostrarono troppo avverse, e l’ambizioso orologiaio dovette rinunciare a riportare in vita l’atelier di Voltaire. I mesi che trascorse a Ginevra non furono però inutili. La sua ammissione alla Société des Arts di Ginevra rappresentò per lui un pubblico riconoscimento che la sua città di adozione, Parigi, gli negò ancora per parecchi anni dopo il suo rientro in Francia. I suoi soggiorni a Neuchâtel e a Le Locle ebbero un esito più positivo. Creò un laboratorio in cui si assemblava- 102 no i meccanismi d’orologeria destinati a rifornire la sua azienda parigina, e affidò a un reparto speciale il compito di continuare gli esperimenti volti a perfezionare i movimenti. In linea generale gli anni d’esilio furono contrassegnati dal bisogno di garantirsi la sopravvivenza in un ambiente estraneo e lontano dalle sue abitudini parigine. Succede spesso che una profonda frattura spinga in secondo piano la voglia d’inventare, la creatività e l’ispirazione. Non così per Breguet. I due anni trascorsi in Svizzera costituirono un intermezzo particolarmente fruttuoso. A parte i progetti di aprire un laboratorio a Ginevra e a Neuchâtel, egli gettò le basi per un’ampia gamma d’invenzioni che esplose letteralmente al suo ritorno in Francia. La prima di queste invenzioni fu il tourbillon. Riflettiamo su questa circostanza: uno dei progressi più importanti di tutta la storia dell’orologeria germogliò nella mente di un rifugiato. Ma non è tutto: il tourbillon non fu l’unica invenzione maturata durante il soggiorno in Svizzera. Breguet ideò anche l’orologio a tatto, un orologio munito di un’unica lancetta, applicata all’esterno della cassa, che permetteva di conoscere l’ora palpando con discrezione la sua posizione. E creò la pendola simpatica, che ospitava in un’apposita nicchia un orologio da tasca il quale si sincronizzava automaticamente sull’ora della pendola. ESPOSIZIONI MAI VISTE FINORA Breguet è l’unico orologiaio al quale alcuni dei più grandi musei del mondo hanno concesso l’onore di esposizioni dedicate a lui personalmente. Durante gli anni svizzeri la fertile immaginazione di Breguet non si rivolse solo all’orologeria meccanica. Gran parte del suo interesse si concentrò sull’aspetto commerciale della sua attività. Mise a punto un metodo completamente nuovo per vendere gli orologi, basato sul principio della sottoscrizione. La sua idea, rivoluzionaria dal punto di vista commerciale, spianava inoltre la strada alla produzione in serie così come la conosciamo oggi. A quell’epoca un orologio era di solito fabbricato su ordinazione, motivo per cui ogni esemplare era un pezzo unico. Invece gli orologi da sottoscrizione proposti da Breguet rispondevano a criteri di semplicità e di uniformità. Possedevano quadranti smaltati e un’unica lancetta che indicava le ore. Adottando il principio di una fabbricazione standard, Breguet anticipò il modo 103 BREGUET AL MUSEO NAZIONALE SVIZZERO 104 in cui gli orologi sarebbero stati prodotti nei decenni successivi. È legittimo affermare, alla luce delle conoscenze storiche di cui disponiamo oggi, ch’egli fu il primo a imboccare la strada della produzione in serie. Ma AbrahamLouis Breguet non si limitò a proporre orologi standardizzati e più semplici a un prezzo contenuto, che li rendeva accessibili anche a borse modeste, e di conseguenza a categorie sociali più vaste. Sviluppò parallelamente un nuovo sistema di commercializzazione, sempre con lo stesso obiettivo che oggi definiremmo democratico. Grazie alla nuova procedura, al momento dell’ordinazione il cliente versava una parte del prezzo (di solito un terzo) ed effettuava versamenti successivi nel corso della fabbricazione e poi alla consegna dell’orologio ultimato. Questo metodo contrastava nettamente con la prassi abituale a quell’epoca, che imponeva il pagamento del prezzo totale al momento dell’ordinazione. li può essere separato dagli altri. È in questa duplice prospettiva che ha preso forma il progetto di una mostra destinata a rendere omaggio al suo genio. Ed è apparso subito evidente che questa mostra sarebbe stata presentata sia in Francia che in Svizzera. Come si vede, percorrendo la vita e l’opera di Breguet si incontrano elementi svizzeri e francesi, nessuno dei qua- L’importanza di questa retrospettiva è stata sottolineata al momento dell’inaugurazione al Louvre. Tra le perso- La prima retrospettiva franco-svizzera dedicata a Breguet si è tenuta al Museo del Louvre fra il giugno e il settembre 2009. Per la prima volta il celebre museo parigino ha aperto una delle sue sale principali – la sala della Cappella, che confina con la piramide dell’ingresso – per ospitare l’opera di un solo orologiaio. A tutt’oggi infatti Breguet è l’unico orologiaio che uno dei più prestigiosi musei del mondo ha onorato con una delle sue grandi esposizioni. Pochi anni prima, nel 2004, un altro omaggio era stato reso ad Abraham-Louis Breguet dal Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo. nalità presenti spiccavano Nicolas G. Hayek, il presidente del Louvre Henri Loyrette e l’ambasciatore svizzero a Parigi, Ulrich Lehner. La mostra ha attirato più di 110.000 visitatori durante i due mesi e mezzo di apertura, e il catalogo pubblicato per presentare l’evento ha fatto registrare un record di vendite presso il bookstore del Louvre. Il Museo nazionale svizzero presenta la parte svizzera dell’esposizione nelle sue due sedi: il Castello di Prangins, nella Svizzera romanda, dal giugno al settembre 2011 e il Landesmuseum di Zurigo dall’ottobre 2011 al gennaio 2012. In seguito questi capolavori dell’orologeria saranno esposti alla curiosità degli appassionati in altri Paesi. lasciate da Breguet in persona, annotazioni che partono dalla data di ordinazione e percorrono le varie fasi della lavorazione fino alla consegna al cliente. Prendere visione di questi documenti catapulta il visitatore indietro nel tempo fino a duecento anni fa e lo introduce nel leggendario laboratorio al n° 39 di Quai de l’Horloge, offrendogli la possibilità di assistere in differita alla nascita di capolavori inestimabili. Anche se il catalogo degli orologi esposti differisce leggermente da una esposizione all’altra, resta il fatto che circa 120 orologi e pendole sono stati riuniti per la prima volta in occasione di questo evento, che espone nelle sue vetrine non soltanto una rassegna di orologi. Molti degli esemplari più importanti sono corredati di annotazioni dettagliate 105 BREGUET AL MUSEO NAZIONALE SVIZZERO ◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆ ESEMPLARI STORICI IN MOSTRA ◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆ Venduto nel 1814 al futuro Re d'Inghilterra Giorgio IV e attualmente proprietà di S. M. la Regina Elisabetta e di S. A. R. il Principe Filippo d'Inghilterra 106 ◆ N° 666/721 PENDOLA SIMPATICA E OROLOGIO SIMPATICO: pendola con quadrante d’argento orlato da un filo d’oro, cassa di mogano con vetri sui quattro lati; orologio con quadrante smaltato e cassa d’oro. Venduti nell’agosto 1814 al futuro re Giorgio IV d’Inghilterra. Gentile prestito per questa esposizione di Sua Maestà la Regina Elisabetta e Sua Altezza Reale il Principe Filippo d’Inghilterra. 107 BREGUET AL MUSEO NAZIONALE SVIZZERO ◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆ ESEMPLARI STORICI IN MOSTRA ◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆ Acquistato nel 1798 da Napoleone Bonaparte ◆ N° 178 OROLOGIO DA VIAGGIO (PENDULETTE) CON RIPETIZIONE DEI QUARTI E CON ALMANACCO: cassa di bronzo dorato con colonne doriche, vetri su tre lati, quadrante d’argento con grande finestrella per le fasi lunari, falsa placca di metallo dorato che reca incisi tralci di fogliame con tre finestrelle per indicare la data, il mese e il giorno della settimana. Movimento 8 giorni con scappamento ad àncora in linea retta. Questo orologio da viaggio fu acquistato da Napoleone Bonaparte nel 1798, un mese prima dell’inizio della campagna d’Egitto. Era uno dei tre orologi destinati a completare l’equipaggiamento militare del Generale. 108 109 BREGUET AL MUSEO NAZIONALE SVIZZERO ◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆ ESEMPLARI STORICI IN MOSTRA ◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆ Fabbricato per Maria Antonietta ◆ N° 1160 OROLOGIO PERPETUO CON RIPETIZIONE MINUTI «MARIE-ANTOINETTE»: cassa d’oro, quadrante in cristallo di rocca, lancette d’oro e d’acciaio, calendario perpetuo completo, equazione del tempo, riserva di carica, termometro metallico, grande lancetta indipendente dei secondi e piccola trotteuse. Questo orologio è stato fabbricato da Montres Breguet SA tra il 2004 e il 2008 in base ai disegni dell'orologio N° 160 Marie-Antoinette, realizzato nel laboratorio parigino di Breguet dal 1783 al 1827. 110 111 BREGUET AL MUSEO NAZIONALE SVIZZERO ◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆ ESEMPLARI STORICI IN MOSTRA ◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆ Venduto nel 1800 all 'Imperatrice Joséphine Bonaparte ◆ N° 611 PICCOLO OROLOGIO MEDAGLIONE A TATTO: cassa d’oro smaltata blu, freccia con diamanti incastonati, elementi da tastare costituiti da diamanti rotondi, quadrante d’argento, scappamento a cilindro di rubino. Venduto all’imperatrice Giuseppina Bonaparte nel febbraio 1800. L’orologio fu poi donato dall’imperatrice a sua figlia Hortense de Beauharnais, regina d’Olanda. All’orologio vennero quindi aggiunti una H sovrastata da una corona e nuovi diamanti, più grandi di quelli originari. Un orologio a tatto possiede una grande lancetta esterna, la cui posizione permette di conoscere l’ora anche al buio. 112 113 BREGUET AL MUSEO NAZIONALE SVIZZERO ◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆ ESEMPLARI STORICI IN MOSTRA ◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆◆ Venduto nel 1813 alla granduchessa di Toscana Elisa Bonaparte ◆ N° 2603 OROLOGIO MEDAGLIONE CON RIPETIZIONE DEI QUARTI: quadrante tipo regolatore, cassa d’oro rabescata, cuvette d’oro, quadrante d’argento con piccoli quadranti anulari supplementari per le ore e i secondi, minuti indicati sul bordo della lunetta, scappamento a cilindro di rubino. Venduto nel novembre 1813 alla granduchessa di Toscana Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone. 114 115 Nº 1 EDITORE Montres Breguet SA CH-1344 L’Abbaye Svizzera Tel.: +41 21 841 90 90 www.breguet.com RESPONSABILI DEL PROGETTO Géraldine Joz-Roland CAPOREDATTORE Jeffrey Kingston AUTORI Jeffrey S. Kingston Prof. Marie-Hélène Huet Emmanuel Breguet SPECIALI RINGRAZIAMENTI A: Christian Lattmann Nakis Karapatis Alain Zaugg PRESTAMPA E STAMPA Courvoisier-Attinger SA FOTO Collection Montres Breguet SA Joël von Allmen Lionel Deriaz Xavier Reboud Pixmédia Photo 2000 ALTRE ILLUSTRAZIONI © RMN/Gérard Blot p32/33 © RMN (château de Versailles)/Gérard Blot p75 © Château de Versailles /Jean-Marc Manaï p78, p82/83 © Collection Swatch Group p8, p13, p14, p17 © Getty Images p35, p36/37 © Musée national suisse p100, p101, p109, p114/115 © The Royal Collection 2011 Her Majesty Queen Elisabeth II p107 © Patrick Tourneboeuf p70/71, p74, p 76, p77, p79, p80 © Ullstein Bild p96 ADATTAMENTO IN LINGUA ITALIANA Silvano Daniele IDEAZIONE, GRAFICA, DESIGN, REALIZZAZIONE A+, Basilea, Svizzera Gregorio Caruso, Marie-Anne Räber DIREZIONE ARTISTICA Gregorio Caruso La riproduzione di ogni testo, fotografia o disegno contenuti in questa pubblicazione è concessa solo dietro autorizzazione preventiva scritta di Montres Breguet SA. © Montres Breguet SA 2011 FOTOLITOGRAFIA Gravoractual 116 Stampato nel dicembre 2011
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