Il canto delle voluttà di Utamaro

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Il canto delle voluttà di Utamaro
LIBRO
IN ASSAGGIO
IL CANTO DELLE
VOLUTTA’ DI
UTAMARO
ARS AMANDI - IMMAGINI
IL CANTO DELLE VOLUTTA’ DI UTAMARO
LA STAMPA EROTICA GIAPPONESE
Le stampe erotiche shunga occupano un posto di assoluto rilievo nella storia delle arti
figurative del Giappone: l'affascinante seduzione del desiderio sessuale ha qui raggiunto una
splendida capacità di stilizzazione e di espressione.
La stessa parola shunga (“ pitture della primavera») è straordinariamente ricca di
sfumature metaforiche. Infatti, se ga indica la pittura, shun designa la primavera, che in
Giappone ha un alto valore simbolico e trasmette un senso di tensione mistica, di emozione
erotica.
L'arte delle shunga venne importata -come in genere tutta la pittura giapponese -dalla
cultura di corte dell'antica Cina dci periodi T'ang e Sung (dal VII al XIII secolo), ma solo in
Giappone essa raggiunse una tale perfezione da assurgere alla dignità di un grande filone
delle belle arti. Infatti, a differenza della Cina, in Giappone non esisteva una dottrina
d'intonazione teologica rigorista che imponesse una morale regolata da princìpi religiosi, e le
arti a soggetto amoroso, come le shunga, non erano dunque sottoposte alla sfera di controllo
delle autorità governative. L'arte delle shunga, che gioca su tutta una gamma di toni che
vanno dalla bellezza delle passioni umane alla grazia femminile, all'esplorazione anche cruda
delle emozioni erotiche, poté così svilupparsi e fiorire.
La tradizione delle shullga fu viva per circa un millennio -dal IX secolo alla fine del XIX -,
sebbene sia pressoché impossibile trovare esemplari delle prime opere, sotto forma di rotoli o
e-maki, risalenti a prima del XIV e del XV secolo. Fortunatamente ci sono state tramandate
repliche oppure antiche copie di shunga dei secoli XII e XIII (come il Koshibagari-zoshi,
risalente al periodo Kamakura), permettendoci così di seguirne l'evoluzione artistica dagli
albori sino alla maturità, sia nella pittura che nella stampa.
*
I canoni della pittura giapponese si svilupparono, come abbiamo detto, sulla base delle
teorie e delle tecniche della Cina. Ma nel periodo Heian (IX-XII secolo) sorse in Giappone uno
stile pittorico assolutamente autoctono, lo yamato-e (Yamato era la regione attorno a Nara,
culla della civiltà giapponese), soprattutto per opera di Koseno Kanaoka, attivo alla corte
imperiale agli inizi del IX secolo. Secondo la tradizione, a lui si deve anche la formalizzazione
del canone shunga, come è riportato nell'appendice a un'antica raccolta di racconti di vario
genere intitolata Kokin Chakumonshii (12p). Vi si racconta che un giorno, avendo Kanaoka
chiesto alla moglie un giudizio su una shunga che aveva appena dipinto, così ella rispose:
L'opera è eseguita in modo eccellente. Tuttavia c'è una pecca. Quando l'uomo e la donna
compiono l'atto della scimmia (samuJtlza, ossia il rapporto sessuale), le dita dei piedi della
donna invariabilmente si piegano, e i suoi occhi sono socchiusi con la pupilla esattamente nel
mezzo. Solo rappresentando particolari come questi si può dire che in un'opera pittorica sia
stato fedelmente riprodotto l'atto amoroso nelle sue autentiche fattezze.
Kanaoka accolse le acute osservazioni della moglie, e puntualmente le seguì,
introducendo nelle sue scene erotiche questi segni dell'estasi che furono poi d'obbligo come
stereotipi sino ai grandi Utamaro e Hokusai.
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Una delle caratteristiche distintive dello stile delle shunga giapponesi è la
rappresentazione degli organi sessuali, soprattutto maschili, in dimensioni abnormi. Nel Kokin
Chakumonshu già citato, così si scrive a tal riguardo:
Esaminando la tecnica dei maestri di pittura shunga dell'antichità, notiamo che gli organi
sessuali sono rappresentati in dimensioni assolutamente non conformi alla realtà. Cosa ne
dobbiamo dedurre? Noi la definiamo come una tecnica di pittura fedele. Infatti, quando questi
organi sono rappresentati in dimensioni realistiche, conformi alla realtà, l'effetto perde sia in
forza caricaturale che in interesse... Il loro realismo non è dunque realistico.
Una tale rappresentazione degli organi sessuali simboleggia sostanzialmente la potenza
sovrumana del piacere, e assume una connotazione esoterica. Nel Giappone antico, infatti,
gli organi sessuali, in particolar modo quelli femminili, erano venerati come oggetti sacri che
ospitavano il potere del Buddha, e l'enigmatica saggezza della dea della pietà, Kuan Yin, in
cui egli si manifestava. Nell'espressività degli organi sessuali così rappresentati si ritrova
dunque il credo animistico del Giappone antico.
All'inizio del 1600, la scuola di pittura Kano stabilì un insieme di regole sull'estetica
shunga. Questo canone è riportato nel quinto volume di un'opera intitolata Gasen (Della
pittura), pubblicata nel 1721:
Il pene deve avere i colori della carne, con l'asta ombreggiata da un tocco di vermiglio più
scuro (un pigmento speciale detto shudon, ottenuto mescolando il rosso col nero). Il glande
va dipinto con una miscela di vermiglio e di giallo. L'organo femminile deve avere i colori della
carne, con l'aggiunta di un tocco brillante di scarlatto. Comunque bisogna aver cura di variare
i colori a seconda dell'età della donna rappresentata. La parte superiore dell'organo sessuale
femminile dovrebbe essere disegnata con una sola linea. Il colore del pelo pubico dovrebbe
essere grigio scuro, prestando una particolare attenzione al disegno preciso dei riccioli. Lo
sperma potrebbe essere rappresentato usando un argento intenso (gùldei). Vi sono norme e
convenzioni che limitano le shunga a dodici scene (i dodici modi di rappresentare l'atto
sessuale). Queste dodici rappresentazioni simboleggiano i dodici mesi dell'anno.
Che dei pittori di corte, in un monumentale trattato accademico di teoria della pittura,
descrivessero le tecniche delle shunga testimonia che esse erano ormai considerate un filone
delle belle arti, per qualità e valore pari ai paesaggi famosi, alle immagini della natura, ai
ritratti di bellezze femminili, alle scene di ambiente o di maniera tipici delle ukiyo-e («immagini
del mondo fluttuante»).
*
Nell'ultima parte del XVI secolo e nei primi decenni del successivo, nell'ambito dell'uk(yoe e dello stile pittorico yamato-e, anche l'arte shunga raggiunse uno sviluppo Senza
precedenti. Quella fu per il Giappone una stagione di eccezionale splendore (il periodo
Momoyama, 15 73 -I 615). Dopo secoli di lotte civili tra i vari clan guerrieri, il paese poté
godere di un periodo di pace, e una frenesia di vita, un'esasperata ricerca del piacere
esploSe ovunque. Fu proprio lo spirito epicureo diffuso nel paese a permettere il rapido
sviluppo dell'arte shunga. Ad esempio a Kyoto i quartieri dalle luci rosse, detti Shimabara,
raggiunsero una rale diffusione da cosrringere il governo a una loro regolamenrazione e, nel
1589, alla legalizzazione della prostiruzione. Gli Shimabara erano frequentati da nobili di
corte, da ricchi mercanri, da guerrieri d'alro rango (bushi), e anche le cortigiane erano
prosrirute d'alra classe, dotare non solo di eccezionale bellezza, ma anche di profonda
culrura e di squisito senso artistico, esperte in lusinghe e seduzioni, e nelle raffinare arti
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dell'alcova. Con le loro vesti fastosissime, di splendide sere ricamate di fili d'oro e d'argento,
con i loro volri srupendamenre truccari, con le loro magnifiche acconciarure, intrattenevano i
ricchi clienti, producendosi in un rituale erotico poliforme, che conremplava l'arte della
conversazione, del canro, della musica, del cibo, e che accompagnava le voluttà dell'alcova.
Sono loro le incantevoli cortigiane raffigurate nelle shunga dell'ukiyo-e.
In queste forme d'arte, in questa rappresentazione, in questa celebrazione del piacere
splendido ed effimero, possiamo identificare una delle caratteristiche proprie del Giappone, e
scoprire una chiave di lettura della realrà culrurale e artistica del paese.
In seguiro il Giappone poté godere di un lungo periodo di pace, che però non fu opera del
potere imperiale, la cui corte risiedeva a Kyoto, ma di un governo militare, il cosiddetto
«shogunato autoritario» (che aprì il lungo periodo Tokugawa o Edo, 1615-1868), installatosi a
Edo, la futura Tokyo, piccolo agglomerato urbano che ingrandendosi vertiginosamenre
divenne il centro del Giappone moderno. E così dalla pittura erotica aulica, esclusiva di pittori
o di illustratori di corte, si passò -in un quadro sociale e politico profondamente mutato, e con
il perfezionarsi della tecnica della xilografia -alla stampa erotica policroma, le famose ukiyo-e
shunga.
Occorre inolrre ricordare che le shunga, indipendenremente dal diletto estetico ed erotico,
ebbero sin dall'inizio una particolare utilità sociale, svolgendo una funzione didattica. Alle
giovinette che convolavano a nozze veniva fatto dono di queste immagini, abitualmente
raccolre in piccoli manuali, gli Yume-iri makura (« cuscino nuziale»), per renderle edotte
nell'arte dell'alcova.
*
Si tramanda che in Giappone ci si servì per la prima volta della xilografia nel 743, per
disegnare le stoffe delle vesti degli aristocratici. Intorno alla metà del IX secolo la xilografia su
tessuto diede luogo a memorabili riproduzioni del Buddha (suributsu-e). Appare chiaro
l'inrenro di agevolare la più vasta diffusione del buddhismo disegnando e riproducendo, con
la tecnica xilografica, stampe che si potessero comprare a un prezzo accessibile, per i rituali
di culro nelle abitazioni private. Più tardi, all'inizio del XII secolo, la xilografia venne utilizzata
per il famoso Semen Hokkekyo (alrrimenri noto come Semen Koshakyo) in cui il Lotus Sutra
era stampato su carta pieghettata. Fu soprattutto attraverso queste stampe religiose che gli
artisti e gli artigiani del paese si impadronirono di questa tecnica, largamente utilizzata anche
per illustrare opere classiche, fin quando l'avvento del genere ukiyo-e non elevò la xilografia
alla dignità di un'autentica forma d'arte, all'inizio del periodo Edo.
Hishikawa Moronobu (1618-1694) fu il primo artista che disegnò e pubblicò xilografie su
fogli singoli: il clima sociale e culturale giapponese era profondamente mutato, e si avvertiva
ormai l'esigenza di opere che potessero soddisfare gli abitanti delle città -soprattutto di Edo -e
la loro domanda di piccole e vigorose composizioni che rappresentassero la vita così come
essi la conoscevano o la sognavano. Lo stile ukiyo-e poté svilupparsi perché era in grado di
rispondere a questa domanda, e quindi, al pari del teatro kabuki, ebbe soprattutto una
connotazione erotica, destinata a conquistare il favore della borghesia emergente. In effetti il
suo contenuto era, soprattutto agli inizi, così esplicitamente sensuale che i termini ukiyo-e e
shunga vennero spesso usati come sinonimi.
Le shunga venivano spesso utilizzate per illustrare romanzi erotici, .soprattutto le opere di
Ihara Saikaku (1642-1693), un eminente rappresentante della letteratura giapponese
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dell'epoca. Secondo un computo realistico, nella metà del 1600 buona parte dei libri
pubblicati (romanzi e libri di utilità pratica) erano di carattere erotico.
Queste prime xilografìe shunga erano in inchiostro nero, ma progressivamente la tecnica
venne raffìnata sino a ottenere splendide immagini disegnando i contorni e preparandoli per i
colori, che venivano poi aggiunti a mano. A esse fu dato il nome di tan-e (disegni a minio) e
beni-e (stampe rosse, dipinte in rosa carico). Grandi fogli di queste prime xilografìe erano
costituiti esclusivamente di shunga.
Fu grazie ai progressi che nell'anno secondo dell'era Meiwa (1765) videro la luce le prime
splendide xilografìe policrome chiamate nishiki-e (disegni di broccato), per opera di Suzuki
Harunobu (1725-177°) e del geniale stampatore Kichiemon Kamimura, che introdusse una
nuova tecnica, il kento: la nuova arte aveva infatti un carattere «comunitario », che richiedeva
un'armonica collaborazione tra gli e-shi, gli illustratori, i pittori, gli artisti da una parte e gli
intagliatori, gli stampatori, gli artigiani dall'altra.
Anche le nishiki-e furono influenzate dalle stampe cinesi a colori dell'ultimo periodo Ming
(metà del XVII secolo), ma ben presto le superarono sia per la tecnica che per i contenuti
artisti
ci. Inoltre nelle stampe cinesi non apparivano scene salaci, presenti invece con
straordinaria ricchezza nella produzione giapponese: Harunobu e il suo grande epigono Isoda
K6ryusai (1722-1789) furono i primi a usare la nuova tecnica per la creazione di meravigliose
shunga. Tali primizie erano riservate al ceto superiore e benestante: i signori, i daimyo, i
samurai di alto lignaggio, i mercanti di Edo e delle altre città in tumultuoso sviluppo.
Bisognerà attendere ancora trent'anni, ossia fìno al 1790, per avere nishiki-e -e dunque
shunga -più popolari, che renderanno l'arte erotica, le rappresentazioni giocose o
drammatiche o umoristiche dell'amplesso, una componente della cultura dei ceti sociali in
ascesa: sarà soprattutto l'arte meravigliosa di Utamaro, all'inizio del XIX secolo, a portare
queste splendide premesse a piena maturità.
A parte i libretti shunga, di cui più oltre parleremo, le nishiki-e erano stampe di grande
formato (misurano infatti 39,3 x 26,3 cm) indipendenti e più raramente riunite in serie.
Bellezze muliebri, ritratti di attori, scene di costume e, naturalmente, shunga sono il soggetto
della maggior parte di queste stampe, che per lo più videro la luce durante l'era Tenmei (178 I
-I 787) e nel periodo immediatamente successivo, l'età dell'oro delle ukiyo-e, nonostante
l'intervento censorio del governo che promulgò due editti (1793 e 1798) di severa
regolamentazione, non solo per i contenuti, ma anche per i colori, ridotti a due o al massimo
tre. Ma queste limitazioni non impedirono la splendida fìoritura dell'arte dell'ukiyo-e e delle
shunga, per opera di grandi artisti come il già citato Kitagawa Utamaro (1753-1806), e come
Torii Kiyonaga (1752-1815), Katsukawa Shunsh6 (1726-1792) e altri.
Quando gli ultimi bagliori dell'« età dell'oro» cominciarono a svanire dalla scena della
rinascita culturale di Edo, emerse una scuola di nuovi artisti -Utagawa Toyohiro (1735-I 814)
e i suoi allievi, Keisai Eisen (179 J-I 848) e soprattutto Ichiryusai Hiroshige (1797-I 858) e il
grande Katsushika Hokusai (I 760-I 849), «Il vecchio pazzo per la pittura» -che
accompagnarono l'ukiyo-e verso il suo definitivo e inevitabile tramonto. L'età di Edo volgeva
al termine: l'isolamento in cui il Giappone era vissuto per oltre due secoli venne interrotto
dalla spedizione americana dell'ammiraglio Perry nel 1853, che ebbe profonde ripercussioni
interne. Nel 1868 scoppiò la cosiddetta «rivoluzione imperiale» che soppresse lo shogunato e
le caste feudali, avviando il Giappone verso una rapida modernizzazione. I costi furono
enormi in termini sociali, culturali e artistici, e uno dei più dolorosi fu la messa al bando, nel
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1873, delle ukiyo-e e delle shunga. Quest'arte millenaria e meravigliosa si spense così in
Giappone, e per ironia della storia rifiorì a nuova vita in Occidente, influenzando
profondamente artisti come Van Gogh, Manet, Degas, e in genere l'impressionismo francese,
suscitando l'interesse di letterati come i Goncourt e Huysmans, divenendo oggetto
ambitissimo di grandi collezionisti europei e americani.
*
Per concludere questa breve panoramica è doveroso soffermarci su un aspetto
particolare delle shunga: esse infatti assunsero ben presto la forma di piccoli libri illustrati.
Assistiamo alloro apparire già dalla fine del XVI secolo, e poi dal primo fiorire della xilografia
in inchiostro nero sumi a opera di Hishikawa Moronobu. Fin verso il 1770 si pubblicarono
svariati tipi di libri illustrati shunga (e di dimensioni diverse), ma dopo il 1774, per l'influenza di
un nuovo tipo di letteratura popolare, comparvero i cosiddetti kiibyoshi, o libri dalla copertina
gialla, veri e propri racconti illustrati. La letteratura erotica si uniformò a questo nuovo genere.
Nacquero così gli enpon, o libri di racconti erotici illustrati e abbelliti dalle shunga. Ma per
ritrovare in essi le illustrazioni policrome tipo nishiki-e fu necessario attendere fin verso il
1800. Prima di questo periodo i libri illustrati shunga sono abbelliti da stampe del tipo beni-e
facenti uso di almeno due colori fondamentali: il giallo e il blu, oppure di una mistura di tre o
quattro colori leggeri. I libretti erotici di Suzuki Harunobu erano alla china e in quelli di
Utamaro del 1790 le stampe sono monocrome o si limitano a due o tre colori.
Questi piccoli libri erano costituiti da diverse illustrazioni non correlate l'una all'altra,
costringendo così lo sguardo e l'attenzione del lettore a concentrarsi su ciascuna di esse,
carpendone tutta la bellezza, prolungando il godimento. Ogni illustrazione era inoltre
accompagnata da un commento in forma di breve dialogo, costituendo quindi veri e propri
«fumetti» ante litteram: questi brani di conversazione sono chiamati kaki-ire-kotoba (“parole
scritte e inserite»), e producono effetti comici o drammatici di una modernità sorprendente.
Era infine presente un breve scritto allusivo come introduzione, firmato da autori di fantasia,
che spesso erano noti letterati: ad esempio in Ehon kiku no tsuyu di Utamaro, la poetica
introduzione èfirmata da un ipotetico Jinkyotei, che si suppone sia in realtà Shinro Tei, autore
drammatico assai noto all'epoca.
Da un calcolo approssimativo risulta che dall'epoca di Moronobu all'ultima parte del XIX
secolo siano stati pubblicati non meno di duemila libri di racconti shunga illustrati in seicento
soggetti. Un fenomeno così imponente non deve sorprendere: la cultura classica in Giappone
è soffusa di erotismo e di culto fallico, e il sesso è considerato da sempre dal popolo di
questo paese uno dei piaceri essenziali, naturali della vita.
KAZUHIKO FUKUDA
Questo testo è stato pubblicato nel 1980 dalle edizioni SugarCo di Milano in Kazuhiko
Fukuda, L'arte erotica gÙlppollese, nella traduzione di Maria Paola Cervi e Giovanni Piazza.
Aggiornata il mercoledì 6 agosto 2008
Edizione Mondolibri S.p.A., Milano
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