Scheda completa dell`opera
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Scheda completa dell`opera
1 Bertel THORVALDSEN (att.) (Copenaghen, 1770 - 1844) Ritratto di Auguste Böhmer Marmo, h cm 43,5 Bibliografia: S. GRANDESSO, in Visages en Pose, Bologna galleria Maurizio Nobile catalogo a cura di A. M. Amonaci e E. Busmanti, Bologna, 2008, pp. 56-59; La Donna tra Sacro e Profano, nell’arte dal XVI al XX secolo, a cura di V. FORTUNATI, cat. mostra Bologna Museo della Sanità e dell’Assistenza, 20 novembre 2011 - 22 gennaio 2012, Treviso 2011, pp. 22-23, 90-91. La correttezza dell’identità qui proposta per l’effigie di questa giovane fanciulla è data dalla stretta somiglianza che unisce i tratti fisignomici di questo bellissimo marmo a un gesso e una scultura conservati al Thorvaldsen Museum di Copenhagen, ritranti con certezza Auguste Böhmer, eseguiti rispettivamente da Friedrich Tieck (1776 – 1851, fig. 1) e Bertel Thorvaldsen (fig. 2). La ragione dell’esistenza di queste due varianti del ritratto di Auguste – di cui solo quella del Thorvaldsen conobbe la traduzione in marmo – sono tristemente connesse con la sofferta vicenda della realizzazione del monumento funebre della giovane fanciulla (1785-1800). Di tratti e modi graziosi ella fu educata alle lettere e alla filosofia dal gruppo dei romantici di Jena, città nella quale crebbe e si formò. Era la figlia di Caroline Michaëlis e del primo marito di questa J. F. W. Böhmer, morto nel 1788. Nel 1796 la madre Caroline contrasse matrimonio col letterato e filoso tedesco Wilhelm August von Schlegel – fratello del più noto Friedrich. Quando nel 1800, all’età di soli 15 anni, Auguste morì, l’inconsolabile madre Caroline decise di commemorarne la memoria erigendo un monumento funebre a lei dedicato. La commissione dell’opera fu affidata nel 1801 allo scultore Friedrich Tieck il quale modellò il busto di Auguste basandosi su un ritratto dipinto da Wilhelm Tischbein. Il busto, terminato nel 1804, fu definito molto somigliante, ma Caroline Böhmer, che nel frattempo aveva divorziato da Schlegel per sposarsi nel 1803 col filosofo Friedrich Schelling, trovava che la scultura di Tieck non riflettesse affatto la bella e affascinante personalità di cui era dotata sua figlia. Nel 1809 Caroline muore col pensiero evidentemente di non aver reso degno onore alla memoria della figlia. È a questo punto che entra in scena Thorvaldsen. Intenzionato a dar seguito alle volontà della moglie defunta Schelling infatti decise di portare avanti il progetto del monumento funebre in onore di Auguste togliendo però la commissione a Tieck per affidarla invece a Bertel Thorvaldsen. Stando al progetto proposto il monumento doveva consistere di un busto e di alcuni rilievi. Nel 1811 Shelling inviò il modello in gesso realizzato da Tieck al Thorvaldsen nel suo studio a Roma cosicché lo scultore potesse ispirarsi per rilevarne i tratti e produrre la sua versione in marmo. Il monumento non fu tuttavia portato a termine sono nondimeno pervenuti al Museo Thorvaldsen, come si è visto, il modello in gesso di Tieck e il busto in marmo di Thorvaldsen. La somiglianza in particolare fra quest’ultimo e l’esemplare qui presentato è strabiliante e non soltanto in rapporto ai dati fisionomici e della posa, ma soprattutto per gli aspetti più propriamente stilistici ed esecutivi benché differiscano nell’acconciatura e per il fatto che il secondo non riporta segno del drappeggio invece presente nel primo. Il processo di idealizzazione che sembra aver ricondotto i bellissimi tratti del volto e della testa di questo busto in una forma plastica pura e semplificata, condotta per ampie superfici variate da morbidi trapassi chiaroscurali. Lo sguardo è dotato di una connotazione psicologica, nella serena, e pur decisa, e nobile distinzione, mentre lo scarto laterale della testa e la sua leggera inclinazione in avanti aggiungono un elemento narrativo e sentimentale alla concentrazione riflessiva dell’espressione. A una prima analisi, i dati formali citati sembrano individuarne l’autore in uno scultore strettamente connesso alla cerchia di Bertel Thorvaldsen e operante tra il secondo e il terzo decennio dell’Ottocento, date alle quali il busto deve risalire anche per la caratteristica foggia dell’acconciatura, con la scriminatura centrale e i capelli raccolti superiormente in una treccia disposta a corona, in uso soprattutto dopo la Restaurazione. La sintesi formale, l’espressione e i dettagli di lavorazione e resa dei capelli richiamano infatti prototipi thorvaldseniani come il busto di Ida Brun (1810, Copenaghen, Museo Thorvaldsen) e di Wilhelmine duchessa di Sagan (1818, Dresda, Staatliche Skulpturensammlung), o il suo busto di Vittoria Caldoni (Copenaghen, Museo Thorvaldsen), ritratta nel medesimo 1821 anche da Pietro Tenerani (Roma, Museo di Roma), il suo principale allievo e uno dei possibili autori dell’opera nonostante il gesso non risulti nella Gipsoteca Tenerani conservata presso il Museo di Roma. A ben osservare tuttavia, l’altissima qualità dell’intaglio e dell’esecuzione, la precisione quasi maniacale nella verifica e nella resa di certi dettagli come il concavo tendersi del nastro teso attorno alla testa – una concavità percettibile soltanto col tatto e non con la vista – la sensuale morbidezza della bocca, il disegno dei lobi auricolari e la precisione di taglio delle palpebre, l’idealizzata astrazione con cui è concepita la forma e l’espressione di questo volto sono tutti elementi che suggeriscono come ammissibile un’attribuzione dell’opera a Bertel Thorvaldsen piuttosto che al contesto a lui correlato prodotto dal suo atelier. 2 3 Fig. 1 CHRISTIAN FRIEDRICH TIECK Auguste Böhmer, 1804 Plaster Copenhagen, Thorvaldsen Museum, Inv. n° G245. Fig. 2 BERTEL THORVALDSEN Auguste Böhmer, 1811-1814 after a bust by C. F. Tieck (Inv. n° G245) marble Copenhagen, Thorvaldsen Museum, Inv. n° A703.
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