Antonio Allegri “il Correggio” A cura di Pizzirani Vittorio e Vago
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Antonio Allegri “il Correggio” A cura di Pizzirani Vittorio e Vago
Antonio Allegri “il Correggio” A cura di Pizzirani Vittorio e Vago Alessandro Biografia: Le notizie sulla vita di Antonio Allegri, detto il "Correggio" dal nome del paese della sua nascita, sono scarse e spesso incerte; molte provengono da documenti relativi allʼattività del pittore emiliano, quali stipule di contratti o accettazione di incarichi.Gli storici presumono che la data di nascita sia da collocare nell'Agosto 1489 a Correggio, piccola cittadina della provincia di Reggio Emilia, ma pur essendo solo un borgo, non paragonabile alle grandi città, centri di cultura nel Rinascimento, Antonio Allegri si formò in un ambiente ricco di spunti culturali. Il Borgo di Correggio da secoli era feudo dei nobili Correggio, capitale del piccolo stato di Parma e sede di una corte che nel Quattrocento e nel Cinquecento ebbe una sua importanza culturale, è nota nel mondo letterario la poetessa Veronica Gambara, la celebre studiosa del Petrarca, ammirata dai letterati contemporanei Ludovico Ariosto e Torquato Tasso. Per studiare pittura è quasi certo che Correggio si spostò a Mantova dove fu allievo, in giovanissima età, di maestri che gli inculcarono l'amore per il mito e la classicità facendogli nel contempo assimilare i caratteri di dolcezza della pittura emiliana del pittore Lorenzo Costa. Dal 1503 al 1505 qualche storico lo pone a bottega da Francesco Bianchi Ferrara di Modena, altri lo pongono, almeno fino alla morte di Mantegna avvenuta nel 1506 nella sua bottega del grande pittore. Dopo la morte del Mantegna, dopo aver lavorato alla sua Cappella funebre, sembra si sia spostato a Ferrara (questo è presunto dagli storici che hanno rilevato, nei lavori di Antonio Allegri, l'influenza sul pittore del maestro ferrarese Lorenzo Costa e di e Francesco Francia da dove attinge il classicismo proprio delle sue prime opere.Nel 1514, un contratto che lo incarica di dipingere la Pala di San Francesco, fa presumere che Correggio doveva essere maggiorenne, e cioè venticinquenne, non avendo fatto ricorso ad un tutore per la firma di accettazione.La critica ha a lungo discusso sull'ipotesi del suo viaggio a Roma che oggi si crede, quasi unanimemente, avvenuto nel 1518, avendo rilevato, nei lavori di Antonio Allegri,dopo tale data,dell'influenza sul pittore di Giorgione e di Leonardo.E' probabile che il Correggio si sia recato a Roma per vedere gli affreschi delle Stanze Vaticane e della Cappella Sistina, la cui fama era arrivata anche al nord. 1 Nel 1519 si sposa con Girolama Merlini, dalla quale ha un figlio maschio, Pomponio, che proseguirà il lavoro del padre, senza eccellere, e tre figlie femmine: Francesca Letizia, Caterina Lucrezia, Anna Geria ed a Parma, realizza gli affreschi della "Camera della Badessa". Dal 1520 al 1524 affresca per la Congregazione Benedettina la Chiesa di San Giovanni, a Parma. Ormai Correggio è un pittore affermato, con uno stile riconoscibile e originale, legato alla luce alla quale attribuisce il ruolo principale all'interno della composizione. Il Pittore riesce ad evidenziare, con le sue pennellate, la differenza fra luce terrena e la luce divina che avvolge i Santi che pone nelle belle pale d'altare e nei molti dipinti.Tra il 1526 e il 1530 Antonio Allegri di Caravaggio si dedica totalmente all'imponente opera di affrescare l'abside del Duomo di Parma, un affresco di ben 650 metri quadri con la magistrale della Assunzione della Vergine nella cupola.Nel 1529 alla morte della moglie, il Caravaggio rimasto solo con due figli piccoli, ritorna a Correggio dove realizza opere, oggi perdute.Antonio Allegri da Correggio, muore improvvisamente, nel marzo del 1534 a soli 45 anni, lasciando straordinarie opere in molti musei come altre come la "Madonna di San Gerolamo" (1527, Galleria Nazionale - Parma), la "Adorazione dei pastori" (1530, Gemäldegalerie - Dresda), una scena notturna che è un raffinato esercizio di chiaroscuro e la serie di quadri, con scene mitologiche di raffinato erotismo, commissionati dal duca di Mantova come dono per Carlo V: "Giove e Io" (1532, Kunsthistorisches Museum - Vienna) e "Giove e Antiope" (1532, Musée Louvre - Parigi). 2 Le opere: Assunzione della Vergine, Parma, cupola del Duomo, 1526-1528, affresco, cm. 1093 x 1195) 3 Formatosi in ambito emiliano e poi a Mantova presso lʼormai anziano Mantegna, Correggio nel Duomo di Parma coniuga la meditazione sullo sfumato leonardesco con il morbido senso del color giocando al contempo con un virtuosismo prospettico che verrà amato, successivamente, dalla pittura barocca. LʼAssunzione, per il Correggio, é una vicenda corale e grandiosa, dove le figure degli angeli, spogliate della loro individualità, hanno la funzione di accompagnare lʼAssunzione in un tripudio di movimenti festosi, dai colori delicati e accoglienti tipici dellʼautore, atti stavolta ad evocare lʼidea del Paradiso, in cui il riferimento alla musica degli Angeli viene utilizzata come espressione dellʼarmonia divina. Da ottobre 2008 a gennaio 2009, in occasione delle celebrazioni del Correggio nella città di Parma, è stata data la possibilità di ammirare da vicino lʼaffresco salendo, attraverso delle scale metalliche costruite ad hoc, fino ad una piattaforma posta ad otto metri dalla cupola. Da quella posizione si può apprezzare tutta lʼintensa carica suggestiva del capolavoro . Un «tripudio corale»: così gli storici definiscono la cupola, caratterizzata da scorci arditi e da una complessa individuazione emotiva nel ritrarre i molteplici personaggi. Secondo Giorgio Vasari, Correggio fu “pittore singularissimo. Il quale attese alla maniera moderna tanto perfettamente, che in pochi anni dotato dalla natura et esercitato dallʼarte divenne raro e meraviglioso artefice (…) Era nellʼarte molto malinconico e suggetto alle fatiche di quella e grandissimo ritrovatore di qualsivoglia difficultà delle cose, come ne fanno fede nel Duomo di Parma una moltitudine di grandissime figure, lavorate in fresco, e ben finite, che sono locate nella tribuna grande di detta chiesa: nelle quali scorta le vedute al di sotto in su con stupendissima meraviglia.” Da vicino i personaggi sono enormi, d'altronde è normale: la scena è fatta per essere comprensibile dai fedeli a terra. La prospettiva e la luce hanno un qualcosa di unico. Il modo con il quale Correggio sa usare i chiaroscuri è considerato un "punto di non ritorno", cioè la tecnica del Correggio rappresentava l'apice, dal punto di vista artistico, per la pittura rinascimentale. A pochi centimetri di distanza si possono osservare i dettagli dei dipinti: l'erbetta che cresce accanto ai giganteschi apostoli, le fiaccole accese, la ritrattistica dei volti nel vortice di angeli, insomma, un Correggio non solo legato alla iconologia religiosa ma radicato nella verità, alla natura umana. Si noti lʼespressione corrucciata dellʼangelo che sostiene la Vergine tra le sue vesti e che sembrerebbe stonata in questo tripudio di festa e di gioia, ma che denota il realismo ed il naturalismo del pittore nel far sentire, attraverso lo sforzo dellʼangelo, il peso del corpo della Vergine Maria, 4 non solo creatura astratta ma reale, anche nella sua sensibilità per i sentimenti e la fatica umana. Nella coralità della scena il pittore non dimentica infatti i sentimenti dellʼindividuo. Ma quello che si riesce a cogliere forse meglio è l ʻarmonica e coinvolgente commistione di sacro e profano, di mondo spirituale e carnale che è forse uno dei tratti principali del pittore di Correggio. In particolare la carnalità trova lʼesaltazione negli incarnati , nella dolcezza degli sguardi e rotondità delle forme, soprattutto degli angeli,che perdono la loro individualità,in questa festa gioiosa. Addirittura un angelo è girato in modo che non si vede neppure il volto ma solo il corpo, con la sua nudità evidenziata in modo così “scandaloso”, almeno per quei tempi, al punto tale che la figura è stata posizionata in un punto che non poteva essere visto dal popolo durante le funzioni ma solo dai celebranti. Il soggetto religioso diventa quasi un pretesto per mischiare lʼesaltazione della spiritualità, attraverso un vortice di luce che trascina verso un cielo luminoso lʼumanità guidata dalla figura della Vergine Maria verso cui il figlio quasi si precipita per abbracciarla e lʼesplosione della carnalità attraverso un trionfo degli incarnati rosa che si avviluppano uno allʼaltro in un miscuglio di figure maschili e femminili, nude e vestite, tra cui spiccano unʼEva tentatrice ed un Adamo dubbioso. La scena principale rappresenta lʼAssunzione di Maria Vergine attirata, assieme allʼumanità, dal vortice di luce che promana da Gesù nel cielo, ma nello stesso tempo irresistibile forza attratrice del Figlio che quasi precipita verso di Lei .Questo duplice movimento, armonico e corale verso lʼalto dellʼumanità guidata da Maria Vergine e quasi scomposto del figlio che si precipita verso la Madre, potrebbe essere visto come una sintesi dello spirito religioso di questʼumanità salvata e lʼirresistibile forza della natura che spinge il Figlio che si è incarnato, verso la madre. 5 Decorazione della cupola di San Giovanni evangelista 1520-1524 circa,affresco, 940 x 870 Parma 6 La decorazione ad affresco della cupola di San Giovanni Evangelista a Parma fu la prima commissione pubblica di elevato impegno e di indubbio prestigio che il Correggio riuscì ad ottenere.I pagamenti registrati nei Libri del monastero della chiesa parmense si snodano dal 6 luglio 1520 al 23 gennaio 1524. In origine gli affreschi si dispiegavano, oltre che sulla superficie della cupola,sui pennacchi,al di sopra della porta, collocata nel braccio sinistro della crociera, dove è rappresentato San Giovanni Evangelista in atto di scrivere, e sulla superficie concava dell’abside che ospitava l’Incoronazione della Vergine. Quest’ultimo affresco, tuttavia, fu distrutto nel 1587. La decorazione di San Giovanni tradisce suggestioni provenienti dagli affreschi di Michelangelo della Cappella Sistina e, in maniera ancor più limpida, una riflessione su alcune opere di Raffaello, quali la Visione di Ezechiele, allora conservata a Bologna presso i conti Ercolani, o la cappella Chigi, in Santa Maria del Popolo a Roma. Pertanto essa ha indotto a pensare, ancor più della decorazione della Camera del Monastero di San Paolo, un soggiorno di studio del Correggio a Roma.Ma il dato più rilevante è senz’altro da ricercarsi nell’innovativo impianto prospettico immaginato dal Correggio. A differenza della tradizione cinquecentesca, la decorazione appare libera da partiture architettoniche e organizzata per essere guardata da due distinti punti di vista. Quello che avevano i frati benedettini, riuniti nel coro, i soli a cui era dato di vedere la figura di San Giovanni, e quello dei fedeli nella navata. In questo, l’opera si impone come uno dei più originali e riusciti esperimenti illusionistici della pittura del Cinquecento. L’abilità a gestire le figure in scorcio, quella che era allora considerata una delle più ardite difficoltà dell’arte e che il Correggio aveva già indagato negli ovati della Camera di San Paolo, trova nell’architettura di nuvole degli affreschi di San Giovanni la sua prima compiuta espressione. La lezione dell’illusionismo di Mantegna, già valorizzata nella decorazione della Camera di San Paolo, è adesso portata a un vertice altissimo che solo la successiva decorazione per la cupola del Duomo potrà superare ma che resterà unico per tutto il corso della produzione artistica del Cinquecento. Esiste un buon numero di disegni preparatori per le figure degli apostoli e del Cristo che dimostrano l’accuratezza con cui ogni singolo dettaglio fu studiato dal Correggio.Il soggetto rappresentato è la Parousia, cioè la visione del secondo avvento di Cristo,avuta da San Giovanni sull’isola di Patmos.Non abbiamo testimonianze di quale fu la reazione della committenza e del pubblico a questa innovativa opera del Correggio, ma a giudicare dal fatto che l’artista ottenne, negli anni in cui vi attendeva, il compito di affrescare la cupola del vicino Duomo di Parma si può credere che, sebbene ancora in fieri,il lavoro riscuotesse un elevato successo.Fu probabilmente la decorazione della cupola di San Giovanni a sancire l’affermazione della fama del Correggio a Parma. Nella prima metà degli anni venti egli ottenne un gran numero di importanti commissioni e il 26 agosto 1525, il suo nome è registrato in una lista di periti e artisti (tra cui Alessandro Araldi e Michelangelo Anselmi) chiamati a giudicare la stabilità della chiesa di Santa Maria della Steccata a Parma. Da qui in avanti le commissioni che l’artista riceverà saranno sempre più importanti. 7 Danae 1531-32 circa,olio su tela, 161 x 193,Roma,Galleria Borghese 8 Raccontiamo brevemente il mito: la bellissima Danae era stata rinchiusa dal padre Acrisio, re di Argo, nella stanza più alta di una torre d’oro. Questa decisione il re l'aveva presa per scongiurare l’evenienza che sua figlia desse alla luce un eroe che lo avrebbe spodestato, secondo la predizione di un oracolo. Giove (ma dovremmo dire Zeus) ne fu informato nelle sue perlustrazioni e pensò di visitarla in forma incorporea, nubilosa. Dapprima si aprì certamente un colloquio, e Amore stesso favorì le comunicazioni del gran dio. All'apice del trasporto affettuoso il nume giunse nella stanza, superando ariosamente ogni ostacolo. Nascerà Perseo, l'eroe uccisore della Medusa.La tela rappresenta Danae, dal sorriso commosso, mentre riceve la visita di Zeus che si congiunge a lei sotto forma di pioggia d’oro. Cupido, ossia Amore in persona, ha preparato la fanciulla trepidante ed ora è pronubo al vaporoso amplesso: egli rimuove il candido lenzuolo che svela l'eburneo corpo della fanciulla, timidamente aiutato da questa. I piccoli eroti hanno già giocato con la giovane principessa e idealmente ne hanno riscaldato il cuore con le loro freccette inducenti. Danae distende il corpo adolescente trattenendosi nel pensiero del momento amoroso, che avviene nel silenzio di un cielo aurorale. Essa porta nella capigliatura il messaggio del suo donarsi: la mirabile treccia sopra alla sua tempia sinistra significa "dedizione alla divinità", ossia il voto di legame al dio, e la stupenda ciocca disciolta sulla spalla destra esclama la vocazione di sposa, il richiamo nuziale.Nell'arte italiana è una delle prime raffigurazioni di questo soggetto. Vasari nel 1568 ricordava il dipinto come una Venere con “alcuni amori che delle saette facevano prova su una pietra, quella dell’oro e del piombo, lavorati con bello artificio”. La maggior luce nella stanza torrigiana proviene da destra ed è ampia e forte; questa illuminazione nitida e vibrante produce tuttavia ombre morbide ed effetti di sfumato. Non manca un'effusione argentina dalla finestra aperta: così il paesaggio è l’altro campo vivido, che contrasta con il tono tenero e profondo della stanza. L'osservazione attenta dei putti indica peraltro uno scendere dolce di luce anche da un opercolo superiore, ora occupato dalla nube, come indizio indispensabile all'entrata della pioggia divina. Il variare meraviglioso della carezzante illuminazione fa pensare che le figure siano state studiate con attente prove da modelli viventi, ricolmi di venustà. Il Cupido - splendidamente giovane e dotato di grandi ali - è a lato di Danae, ed agisce avendo un rapporto preordinato con Giove: egli accenna al dio e scosta il velo nuziale per il palpitante connubio. Di questa figura nei testi antichi non vi si fa menzione, pertanto l’invenzione del Correggio ne risulta straordinaria. L’equilibrio compositivo e la suprema armonia del dipinto furono rilevati in ogni tempo, sino all’ammirazione sconfinata di Gustave Moreau - gran pittore francese del secondo ottocento - che copiò più volte la tela esclamando:“quanto lavoro, per tanta semplicità!” Ai piedi del talamo - splendida ricreazione classica sotto l'incomparabile sinfonia dei bianchi e degli ori - gli amorini realizzano quel controcanto giocoso che tante volte si registra nelle scene sacre e profane del Correggio. Essi, felicemente estranei al sospiro e all’emozione di Danae, si dedicano a valutare sulla pietra di paragone l’efficacia delle punte delle rispettive frecce. Uno, alato, è considerato l'allegoria 9 dell'Amore sacro (o celeste), e l'altro dell'Amor profano: stanno disputando sugli esiti rispettivamente di una freccia d'oro (la perfezione sentimentale), oppure di semplice metallo (la forza reale dell'eros). Il Correggio - olimpico arbitro imparziale - ci trasmette un tono e un'ambientazione sereni, che rendono ancora più amabile la sontuosa stesura pittorica, trapassante con felicità dal cielo ai tessuti, ai corpi, e che - dopo il recente restauro - ricrea vivissima la gemma della Galleria Borghese. Volto di Cristo Olio su tavola, cent. 24 x 18. (1518 c.)Correggio, Museo Civico 10 Sgarbi smonta l'analisi sul falso e rivela "C'è un altro Correggio dimenticato" Un altro capitolo della querelle su "Il volto di Cristo". Dopo l'analisi tecnica che ne avrebbe dimostrato l'autenticità, Vittorio Sgarbi replica: "La scienza ha dimostrato una sola cosa: la bravura del falsario, che ha utilizzato materiali cinquecenteschi. E' un caso simile alle teste di Modigliani". Poi il critico rivela: "La mostra ha snobbato un capolavoro autografo dell'Allegri, attualmente in esposizione a Correggio" “Per fare un falso, la prima cosa è farlo sembrare autentico. Altrimenti il falsario non sarebbe un falsario, sarebbe un fesso. Le analisi dimostrano una sola cosa: che l'artista è stato diabolicamente bravo”. Chi pensava che davanti alla scienza avrebbe deposto le armi, si ricreda. Più convincente di una perizia sui materiali che piuttosto che certificare “non esclude”, Vittorio Sgarbi rinfocola il dibattito sul presunto falso esposto alla mostra parmigiana del Correggio, “Il volto di Cristo”, e annuncia con tempistica (durante la presentazione del suo ultimo libro) un altro autografo dimenticato: un Cristo trionfante della collezione dei musei vaticani, parte di un trittico smembrato e attualmente esposto nella piccola mostra “Il Correggio a Correggio” nel paese reggiano. Il germe del dubbio su “Il volto di Cristo” instillato dal critico all'inaugurazione della mostra ha fatto il suo corso: prima facendo comparire un punto interrogativo sulla scheda di attribuzione, poi spingendo il proprietario, il gallerista inglese Clovis Whitfield, a commissionare un'analisi diagnostica sul dipinto alla ditta romana MIDA. I risultati delle perizie radiografiche e sul supporto in legno (pigmenti e fissanti non sono stati prelevati) sono stati presentati con rullio di tamburi nel corso di un convegno internazionale sull'Allegri tenutosi a Parma nei giorni scorsi: il “ Volto di Cristo” è autentico. O, meglio, “non emergono elementi materiali e di tecnica esecutivain contrasto con un inquadramento cronologico cinquecentesco del dipinto”. Giallo risolto, la soprintendente Fornari Schianchi può brindare alla vittoria? Dopo quanto affermato da Sgarbi in tutta risposta, il calice le andrebbe di traverso: “Chi vuole realizzare un falso si procura materiali antichi, dell'epoca dell'artista che vuole imitare. Per il supporto, basta una crosta cinquecentesca come se ne trovano tante alle aste, ad esempio. Per la stesura del dipinto, si usano pigmenti naturali. Vi pare che si possa imitare un quadro del Cinquecento usando dei colori acrilici? La scienza determina che i materiali sono antichi, d'accordo, ma si ferma lì. Non può sostituire l'occhio del critico”. E porta ad esempio la più celebre beffa alla critica d'arte di tutti i tempi: le teste di Modigliani. “Fior fior di critici gridarono al miracolo. Ma non perché non avessero dubbi sulla tecnica e sulle forme delle sculture, ma perché uno scienziato disse loro che le teste erano rimaste nell'acqua per più di novant'anni. Cedettero di fronte alla scienza. Invece, i falsari spesso vengono smascherati non dalle analisi scientifiche sui materiali, ma per mancanza di mano, perché non sono riusciti a immedesimarsi nella forma dell'autore che vogliono imitare. Questa apparente vittoria in realtà è solo una vittoria del falsario, un giovane pittore che avuto un'ottima capacità di interpretazione del Correggio”.Sgarbi lo ribadisce: l'avrebbe personalmente visto dipingere il “ Volto di Cristo”. Ma il nome del pittore rimane segreto: “Non vuole uscire allo scoperto per paura di essere implicato in un'inchiesta per falsificazione – dice il critico – 11 in realtà non ci sono pericoli, l'ho chiesto al procuratore capo di Parma, che ho incontrato a Zibello alla festa “November Porc”. Gerardo Laguardia mi ha detto che non c'è nessuna notizia criminis finché il quadro rimane esposto. Solo se viene venduto e c'è una denuncia può scattare un'indagine. E andrebbe comunque dimostrato il dolo”. A sostegno della sua tesi (e in polemica con la soprintendente Fornari Schianchi) Sgarbi porta un altro argomento: “Prima del 1994 non c'è notizia del “Volto di Cristo”. Non compare nella letteratura, nessuno sa quale sia la sua storia. Ma come si può mettere in una mostra un quadro che potrebbe essere stato comprato al Mercante in Fiera? Poi, come è successo, un critico lo vede a casa del privato, lo attribuisce e il suo valore schizza alle stelle. Questa è l'avventura di questo quadro. Pensate che un mercante aveva chiesto a me di convincere il presidente di una banca a comprarlo per tre milioni di euro. Ho rifiutato, perché sapevo che era un falso”. A risolvere il giallo, se non si farà avanti questo presunto genio della falsificazione, sarà il destino del dipinto: “Aspettiamo che lo vendano – è la sfida di Sgarbi – un Correggio autografo può essere battuto a quattro milioni di euro. Adesso che il “Volto di Cristo” è appestato dal germe del dubbio, vedremo se supererà i 200mila euro. Se sono così convinti di avere in mano un quadro autentico, perché la soprintendente non lo compra per la pinacoteca di Parma? Il vero danno è per il proprietario, tra l'altro un mio amico. Ma nessun museo rischierebbe di mettere nella collezione un falso. Sfido la Fornari Schianchi a metterci la faccia: lo compri per Parma”.Infine, un'ultima stoccata del critico. Un'altra rivelazione, un altro capolavoro dimenticato dal comitato scientifico dell'esposizione correggesca, “che nell'inseguimento di questi falsi e dubbie attribuzioni all'estero si fanno sfuggire autografi certi in Italia”. Il dipinto del Cristo trionfante proveniente dai musei vaticani ed esposto oggi a Correggio sarebbe da sempre stato attribuito all'Allegri. “Solo agli inizi del '900 qualcuno suppose che fosse una copia secentesca – spiega Sgarbi – non è vero, perché il dipinto presenta dei pentimenti che non esisterebbero in una copia. E' un sottile elemento di attribuzione di un capolavoro che certamente merita di essere studiato, invece non è stato preso in considerazione e adesso si trova a Correggio, tra tante croste. Succede, quando si ha la mente ottenebrata”. Poi, il sindaco di Salemi passa alla presentazione della sua ultima opera “Clausura a Milano e non solo”. Su questa manche, può brindare lui. 12 Indice: pagine 1 e 2 biografia pagine 3-4-5 “Assunzione della Vergine” pagine 6-7 Decorazione della cupola di San Giovanni Evangelista pagine 8-9 “Danae” pagine 10-11-12 “Volto di Cristo” Sitografia: www.settemuse.it/pittori_scultori_italiani/correggio.htm per la biografia voxnova.altervista.org/correggio. & www.correggioarthome.it per le opere parma.repubblica.it/dettaglio/il-volto-di-cristo-e...correggio per il volto di Cristo
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