12-22 - La Gazzetta del Medio Campidano
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PDF Compressor Pro 12 15 giugno 2015 SAN GAVINO Un logo per i Giovani Protagonisti della comunità Andrea Meli, 20 anni, di San Gavino Monreale, è il vincitore del Concorso per la realizzazione del logo in merito al progetto PLUS del Distretto Socio Sanitario di Guspini, dal titolo “Giovani Protagonisti della comunità”. “Mi sono diplomato al liceo artistico di Cagliari - racconta il giovane - e ho cercato di creare un logo semplice, senza particolari o sfumature, un simbolo che fosse insomma facilmente riconoscibile e che trasmettesse l’ idea dell’unione e della giovinezza. Ho fatto il disegno a mano - prosegue Andrea - per poi digitalizzarlo in vettoriale.” Il giovane artista, che ha concorso con altri dieci ragazzi d’età compresa tra i 14 e i 30 anni, provenienti da Guspini, Arbus, Gonnosfanadiga, Villacidro, ha vinto una somma pari a duecento euro in concerti. “Ho sem- pre avuto una grande passione per l’arte, che amo in ogni sua forma perché mi riempie di soddisfazione, e penso che sentirsi soddisfatti sia una delle cose più importanti della vita. Credo inoltre sia importante non osservare niente in modo passivo: siamo circondati dall’arte ed è sufficiente guardarci attorno con umiltà e un pizzico di attenzione per scoprire la bellezza nelle cose”. Il logo, come recitato dalla disciplinare del concorso, identificherà il progetto permettendo a tutti di riconoscerne le iniziative in modo immediato. “Ora faccio il servizio civile a San Gavino. Mi piacerebbe moltissimo in futuro lavorare nel campo dell’arte, ma penso che in fondo ogni lavoro, anche il più umile, se fatto con passione diventi arte.” Francesca Virdis GONNOSFANADIGA SAN GAVINO Monumenti aperti: San Cosimo e la tomba dei giganti i più visitati Resi noti i dati ufficiali di Monumenti Aperti È stata un successo la manifestazione Monumenti aperti che ha portato alla scoperta dei gioielli di Gonnosfanadiga, coinvolgendo associazioni, studenti e appassionati. La tomba dei giganti e il complesso “San Cosimo” risultano essere i siti più visitati con oltre 200 presenze. Seconda per numero di visite la gradinata e la grotta dedicata alla “Madonna di Lourdes”. A seguire il frantoio Sogus e la chiesa campestre di Santa Severa, il monumento dei caduti del 17 febbraio 1943, il tempio a megaron, il montegranatico, l’ex frantoio Porta, le chiese del Sacro Cuore e della Beata Vergine di Lourdes. Preso d’assalto il parco Perd’e Pibera dove sono stati organizzati diversi eventi collaterali che hanno coinvolto più di 1200 visitatori. Originali anche una bella mostra di pittura, l’esposizione naturalistica e la mostra “L’archivio racconta” che ha proposto un viaggio tra i documenti del passato del paese. Ha permesso di scoprire i luoghi incantati del paese l’escursione nella valle di Serru tra vecchie chiese e ulivi secolari. Ora la speranza è che molti di questi monumenti siano fruibili per tutto l’anno e non solo per poche giornate. Gian Luigi Pittau SERRAMANNA SIDDI Un incontro per approfondire la conoscenza dell’Alzheimer Si è svolto venerdì 29 maggio, nella sala Montegranatico a Serramanna, organizzato dall’Università della Terza età e dall’Associazione Anziani “Anni d’Argento” e coordinato da Adriana Puddu, l’incontro formativo “Conosciamo l’Alzheimer?”. La relatrice, la dottoressa Debora Zucca, nel suo interessante intervento ha illustrato i sintomi, il modo in cui si trasforma il comportamento e la vita di chi è affetto da Alzheimer, le difficoltà delle famiglie a seguire e provvedere ad un malato che ha bisogno di essere assistito, controllato, intrattenuto e stimolato durante tutta la giornata. Tra i presenti, numerosi familiari di malati di Alzheimer che hanno avuto così modo di confrontarsi e avere informazioni su un argomento del quale si parla ancora troppo poco, ma che purtroppo coinvolge un numero sempre maggiore di persone, anche nella comunità di Serramanna. «Parlarne e informarsi è importante», sostiene Debora Zucca, «così sulla base di questo incontro è nata la proposta, sua e dei presenti, di farne seguire presto altri, così da aiutare chi convive ogni giorno con questa malattia ad affrontare le grandi difficoltà che essa comporta. Insieme, parlando dei problemi, confrontando le soluzioni, sarà possibile sentirsi meno soli e indifesi di fronte a quel mostro che è il morbo di Alzheimer». Francesca Murgia Nuovo logo del Museo ornitologico Non comporta alcun impegno di spesa per il comune di Siddi il nuovo logo del Museo ornitologico realizzato dalla Arti Grafiche Pisano e approvato dalla direzione del museo e dalla giunta comunale. I costi per lo studio del logo e la fornitura della cartellonistica rientrano infatti nel finanziamento di 220.654,20 euro, nell’ambito del Programma operativo regionale del Fondo europeo di sviluppo regionale 2007-2013. (m.p.) Fondo di 2.300 euro per il culto La giunta comunale di Siddi ha assegnato 2.292,52 euro dai fondi per il culto come quota per realizzare le opere di manutenzione ordinaria della copertura della chiesa parrocchiale, su proposta del parroco del paese, don Roberto Lai, che presenterà apposite pezze giustificative e rendiconto della spesa. (m.p.) “MarmillAttraverso” Dal contributo regionale di 850mila euro per il bando Gal Marmilla “Incentivazione attività turistiche – Azione 1 Itinerari”, che coinvolge un partenariato di 44 comuni, di cui è capofila Tuili, il comune di Siddi beneficerà di 88.162,79 euro per realizzare “MarmillAttraverso”, il progetto di valorizzazione e miglioramento dell’accessibilità del nuraghe “Sa Fogaia” e del sito “Sa dom’e s’orcu”. (m.p.) In attesa della consegna degli attestati di partecipazione ai volontari il sito istituzionale del Comune di San Gavino ha reso noti i risultati della manifestazione Monumenti Aperti, svoltasi il 2 e 3 maggio scorso. Quasi 4.000 i visitatori in totale, di cui il 28% non residenti. Buoni numeri se si considera anche l’andamento degli anni scorsi, seppur con un impercettibile calo anche quest’edizione di Monumenti Aperti si conferma un successo e ratifica la volontà della cittadina sangavinese di essere un centro a vocazione turistica. Inutile ribadire come il sito più visitato rimanga la Chiesa di San Gavino Martire, ben 701 visite per il “Pantheon degli Arborea”, così chiamato in quanto nell’abside vi sono raffigurati gli ultimi giudici della casata Bas-Serra, fra cui Eleonora. Una conferma anche per il Convento basiliano di Santa Lucia, 651 visitatori, normalmente chiuso al pubblico affascina particolarmente per il chiostro. Sono poi 313 le visite sia per la Casa Museo Dona Maxima, il museo etnografico all’interno del quale è stata anche allestita la mostra sulla Prima Guerra Mondiale a cura dell’associazione “Sa Moba Sarda”, sia per la Fonderia, (il presidio produttivo però è stato aperto nella sola giornata di sabato). Anche il Museo Due Fonderie registra 237 visite, in rassegna poi le Chiese di Santa Croce e Santa Chiara con rispettivamente 140 e 142 visitatori, l’Archivio Storico (142) e la Collezione Nuccio Delunas (125). Buoni dati anche per gli eventi collaterali, innanzitutto per la mostra “Abissi/ De Profundis” organizzata dai giovani del gruppo artistico RIP/ART, 651 visite durante la due giorni. La mostra “Nonnora” sul pani pintau, il pane decorativo, ospitata presso la casa Dona Maxima realizza 313 visite. Bel numero di visitatori, 252 anche per il percorso naturalistico a cura della Pro Loco nei locali del CIVIS. L’Amministrazione Comunale ha voluto ringraziare tutte le associazioni e i cittadini che hanno contribuito alla realizzazione dell’evento. Lorenzo Argiolas PDF Compressor Pro 15 giugno 2015 13 Sant’Isidoro e sagra delle ciliegie, grande festa a Villacidro Una grande folla ha assistito alla festa di Sant’Isidoro che ogni anno fa rivivere le più antiche tradizioni del paese legate al mondo dell’agricoltura. SANT’ISIDORO La gente ha accompagnato il percorso della processione con più di 30 “traccas” allestite alla perfezione dai villacidresi che hanno riproposto anche scene tipiche della vita in campagna. La processione è partita dalla chiesa di Sant’Antonio ed erano tantissimi anche il cavalieri presenti. Il presidente dell’associazione culturale Sant’Isidoro è Franco Leo: «È una della festa più sentite a Villacidro e alla processione hanno partecipato 15 gruppi folk e molti gioghi di buoi. All’interno dell’associazione viene individuato un presidente della festa che quest’anno è Giuseppe Casti. Ora abbiamo uno stupendo abbinamento con la sagra delle ciliegie; questo prodotto è tipico di Villacidro e Sant’Isidoro era un agricoltore: un evento rafforza l’altro». Come ogni anno l’as- sociazione di Sant’Isidoro regala momenti di festa ai bambini del paese con l’animazione e la passeggiata a cavallo. SAGRA DELLE CILIEGIE Un fiume continuo di gente ha decretato il successo della 43esima sagra delle ciliegie e dei prodotti locali che si svolge in piazza Dessì: molto gradita la degustazione dei piatti tipici e di questo frutto. PRO LOCO E proprio la sagra, organizzata nei minimi dettagli dalla Pro Loco, diventa un momento di grande promozione del territorio: «Siamo arrivati alla 43esima edizione spiega il presidente Luciano Muscas - e abbiamo ripetuto il successo dello scorso anno. La sagra dà importanza all’agricoltura, un settore trainante per l’intera economia villacidrese e, con la festa di sant’Isidoro, diventa un grande momento di promozione dell’intero paese e delle sue più profonde tradizioni. inoltre cade nel momento più interessante del periodo agricolo». Ad oggi in media un chilo di ciliegie, nelle sue varianti più diffuse a Villacidro “Barracocca” e “Regina”, viene venduto intorno a 4 - 5 euro e la valorizzazione del comparto delle ciliegie può contribuire ad un rilancio dell’agricoltura del paese con molti villacidresi che non hanno mai abbandonato le campagne neppure durante gli anni d’oro del boom industriale. Gian Luigi Pittau La devozione di Gonnosfanadiga per la Madonna della salute La festa in onore della Madonna della Salute è l’appuntamento religioso più importante del paese. Fede, tradizioni e folclore caratterizzano la processione, che è sempre stata un momento di unione e condivisione. La venerazione di Gonnosfanadiga alla Beata Vergine della Salute risale al maggio del 1846, grazie a una signora di Cagliari, che regalò alla Chiesa di Sant’Elia (oggi Parrocchia del Sacro Cuore) una effige della Madonna. Nel maggio del 1849 venne celebrata la prima festa solenne, per l’occasione una statua in legno sostituì l’effige originaria. Nello stesso anno venne affidata la conservazione della festa al viceparroco don Salvatore Vacca. Un comitato costituito da circa 200 fedeli, infatti, provvede annualmente ad organizzare la festa civile e religiosa. Il Presidente del comitato, Gianni Lisci, passerà alla storia per l’idea della capsula del tempo (un contenitore appositamente preparato per conservare oggetti o informazioni destinate ad essere ritrovate in un’epoca futura. Si tratta di un metodo per comunicare in modo unidirezionale con il futuro). La capsu- la del tempo è stata interrata nella piazza Vittorio Emanuele e conterrà tutti gli oggetti che i cittadini vorranno depositarvi per futura memoria. «È la prima volta che mi trovo a vivere questa festa in onore della Madonna della salute - ha dichiarato il parroco don Giorgio Lisci - per rapporti di vicinanza, essendo di Pabillonis, ne avevo sentito parlare, ma non avrei mai potuto comunque immaginare la grandissima partecipazione e la sentita devozione alla vergine. Mentre la processione si snodava per le vie della cittadina e notando i tanti che affollavano le strade e gremivano i balconi e le terrazze, mi sembrava di trovarmi a Cagliari per la festa di sant’Efisio. Devo dare atto al comitato ed a tutti i fedeli di aver svolto un lavoro eccellente, se dovessi dire cosa mi ha colpito di più, non avrei dubbi nell’affermare le copiose lacrime che riempivano i volti degli anziani e dei malati. Sì, è stata una bellissima manifestazione di fede e devozione, auguro a tutti di portare sempre nel cuore questo spirito e di impegnarsi perchè ogni volta sia sempre meglio. Atrus annus cun saludi e cun presciei». Francesco Zurru Serrenti: il paese in festa per il patrono degli agricoltori Una riscoperta delle tradizioni e la mostra dei prodotti locali. Sono stati questi gli elementi della sagra di Sant’Isidoro che anche quest’anno ha rappresentato un’occasione di festa per gli agricoltori e i lavoratori dei campi in genere (nelle foto di Renato Sechi). Un’occasione, molto sentita, per chie- dere la protezione sulle colture agricole contro le improvvise e rovinose tempeste di fine stagione: la ge nt e de i c a m pi ha se m pre se nt i t o m ol t o vi c i no Sant’Isidoro come un Santo che in campagna è di casa. Numerosi i gioghi di buoi e i cavalli bardati a festa con la rappresentazione delle attività agricole nelle traccas. Uomini, donne, giovani e meno giovani si sono dati da fare per addobbare al meglio le loro macchine caricandole di allegre comitive inserite nelle “traccas” in ambienti domestici e rustici ricostruiti. Renato Sechi PDF Compressor Pro 14 15 giugno 2015 Medio Campidano SAN GAVINO. ASSEMBLEA SINDACALE DEI DOCENTI Scuola: le ragioni del dissenso Nel l’aula magna della sede di via Tommaseo dell’Istituto di Istruzione Superiore di San Gavino, si è svolta recentemente un’assemblea pomeridiana promossa dalle RSU in carica presso l’Istituto “MarconiLussu”. È stata percepita la necessità di coinvolgere i colleghi docenti, personale ATA, studenti, genitori attraverso un momento di incontro per sostenere le ragioni della protesta e del forte dissenso nei confronti del disegno di legge sulla “Buona Scuola” che prossimamente sarà all’attenzione del Senato per la definitiva approvazione. I rappresentanti sindacali attivi nell’Istituto appartenenti alle sigle sindacali FlcCgil, Cobas e Anief hanno voluto con questo incontro ascoltare le ragioni di quanti sono coinvolti nel mondo della scuola e come è stato sottolineato nei diversi interventi dei colleghi insegnanti i quali hanno a cuore la futura formazione degli studenti. La riforma Renzi sulla scuola promette tanto ma realisticamente rimane poco convincente, per nulla condivisa con le rappresentanze di docenti, nazionali e tantomeno locali, che proseguono con la protesta e verosimilmente rimarrà in essere durante le operazioni di scrutinio finale, ad eccezione naturalmente per la garanzia dei servizi minimi essenziali per le classi che si preparano all’esame di Stato. L’entrata in vigore e l’avvio di un rinnovamento che nella più felice delle ipotesi risulterebbe assolutamente inutile dal momento che, stando al dibattito condotto durante l’assemblea, si ritiene per nulla capace di alcun beneficio sul sistema di istruzione pubblica statale. L’apertura dell’assemblea avviene attraverso la lettura del documento con il quale si manifestano le critiche sostanziali alla proposta di riforma. Dalla confronto fra i diversi punti di vista dei colleghi docenti, è emersa una sintesi, condivisa dalle stesse RSU e sottoposta all’attenzione dell’assemblea, la quale ha condiviso il netto rifiuto per una riforma che, oltre l’inutilità, non promette nulla di buono; a cominciare dalla tanto celebrata assunzione dei precari. Essi già lavorano; la novità riguarda la modifica contrattuale e tutto rimane invariato per quanto riguarda la diffusione delle condizioni di lavoro che rimarrebbero assolutamente identiche, favorevoli in alcune realtà e meno felici, se non drammatiche, in altre. In un profilo futuro ancora più inquietante per gravità, viene proposta inoltre una riorganizza-zione amministrativa che non dice nulla su molti aspetti importanti (Organi collegiali nella scuola, Albo territoriale dei docenti, Criteri per la stesura, approvazione ed esecuzione del Piano dell’Offerta formativa, solo per citare alcuni esempi) per i quali è prevista una delega integrale al Governo sulle cui intenzioni appunto non è dato sapere. Gli interventi dei partecipanti hanno inizio con il contributo di un collega docente in servizio presso un Istituto del territorio. Prende la parola quindi il segretario locale del Medio Campidano della Flc-CGIL, Gianni Spiga che nella discussione mette in evidenza il possibile ripetersi del fenomeno degli esodati dal momento che di fatto una gran parte di docenti rimarrà priva di incarico di servizio e non ancora nelle condizioni per la pensione. Cosa sarà di loro ? Intanto le nuove generazioni fremono. Un giovane studente invitato a partecipare, rappresentante dell’associazione Rete Studenti Medi, esprime le carenze evidenti nell’intervento per il diritto allo studio. Lamenta la necessità di maggior sostegno compensativo sulle disuguaglianze che stanno alla base dell’effettiva fruizione dei servizi di istruzione scolastica, che comincia dai licei e prosegue nella formazione universitaria. Al termine dell’incontro si percepisce un fatto; è ancora possibile incontrarsi, discutere, confrontarsi con opinioni diverse e, in una parola, fare informazione e manifestare liberamente il proprio pensiero su una questione di civiltà; ricordiamo l’esortazione di Antonio Gramsci: cresciamo in cultura e istruzione nell’interesse dei giovani e per il benessere di tutti. Giovanni Contu Entro il 16 giugno bisogna pagare la Tasi e l’Imu Scadono il 16 giugno l’Imu e la Tasi. Le imposte sono dovute dal contribuente in auto-liquidazione. Le aliquote e le detrazioni da utilizzare in occasione dell’acconto (si può pagare anche in unica soluzione) scadente il 16 giugno 2015, sono uguali a quelle usate per l’anno precedente. In occasione del saldo del 16 dicembre 2015, il contribuente dovrà preoccuparsi di procedere ad eventuali conguagli, qualora le aliquote approvate per l’anno 2015 risultino differenti rispetto a quelle vigenti nell’anno 2014. Le imposte possono essere versate tramite il modello F24 o utilizzando apposito bollettino postale. Sono disponibili sui siti istituzionali dei Comuni i software on-line che permettono al cittadino/contribuente di effettuare il calcolo Tasi e la stampa dei modelli F24. L’Imu (imposta municipale propria di natura patrimoniale) è dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali. La Tasi (Tributo servizi indivisibili), invece è il tributo per l’erogazione dei servizi indivisibili comunali. Il presupposto impositivo è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di fabbricati, ivi compresa l’abitazione principale, e di aree edificabili, come definiti ai sensi dell’imposta municipale propria, ad eccezione, in ogni caso, dei terreni agricoli. La Tasi è dovuta dal contribuente in auto-liquidazione, a carico sia del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile. Dario Frau Scompaiono gli artigiani Le imprese artigiane sono travolte da una crisi senza fine. Nella Provincia del Medio Campidano gli artigiani non riescono proprio a sopravvivere. La maglia nera delle aziende che chiudono i battenti è allarmante: sono 113 le attività che hanno dichiarato fallimento nei primi sei mesi nel 2014. Ma non solo: il Medio Campidano è al secondo posto per concordati con le banche per evitare i fallimenti (41), preceduta solo da Cagliari (99). Tali dati, che la sezione del Cna del Medio Campidano e la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa hanno diffuso, elementi che sono stati ricavati dall’Osservatorio regionale sull’Artigianato e risultano davvero allarmanti. I numeri che rappresentano lo stato di salute delle aziende artigiane fanno segnare un negativo -0,29% . AZIENDE IN DIFFICOLTÀ - È una crisi senza fine per le imprese artigiane sarde che continuano inarrestabilmente a chiudere i battenti.«Nessuno ha più forza nelle braccia per nuotare, tutti provano a galleggiare», con queste parole i vertici della Cna di Cagliari hanno fotografato la crisi che sta attraversando l’Isola e che sta colpendo in particolare il Sud. Sull’Isola il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 21,6%, che in valori assoluti equivale a meno 84.000 occupati nell’arco di un anno. In 5 anni si è perso l’11% di PIL in Sardegna. Il report illustrato dalla Cna del capoluogo mostra una situazione particolarmente critica per l’artigianato. In Sardegna, a Cagliari, la differenza tra apertura e chiusura segnala un saldo negativo rispettivamente di – 236 aziende e di – 186. «Cagliari è l’emblema della sofferenza provocata dalla crisi economica, che non conosce soste», si legge nella nota della Cna. Il capoluogo ha, infatti, un record assoluto negativo. I settori che risultano in sofferenza sull’Isola sono le costruzioni (-92), il manifatturiero (-37), i trasporti (-28), servizi alle persone (6), mentre gli altri settori evidenziano un andamento stazionario. Tutti i settori manifestano una situazione di difficoltà ad eccezione dell’agroalimentare. I sintomi dell’aggravamento della crisi si colgono nel calo della produzione, del fatturato e degli ordinativi. LE PROPOSTE - Il Report della Cna è anche ricco di proposte concrete per risalire la china.«Da sei anni si registra una situazione di calo - lamenta Monica Mereu, segretario della Cna del Medio Campidano - che continua anche nel secondo trimestre del 2015. Occorrono risposte adeguate a questa terribile crisi che vive l’impresa».Sconforta poi il fatto che la nostra terra perde appeal turistico e gli investitori esteri vanno altrove. Che fare allora? «Occorrono risposte forti dalla politica: un fisco più orientato a premiare chi investe e non chi vive di rendita, un accesso al credito, ordinario e agevolato, da rendere possibile e non una chimera, meno burocrazia, investimenti produttivi, miglior utilizzo dei fondi europei, lotta senza quartiere alla corruzione per premiare il merito». Mauro Serra Guspini: i contadini senza foraggio Potrebbero esserci problemi per l’alimentazione del bestiame da allevamento. Presenta il conto l’annata con scarse piogge. I guai maggiori li temono gli agricoltori e allevatori. È a rischio il 15% del foraggio, come spiega la Coldiretti sarda: «Gli allevatori denunciano una perdita di produzione dal 10% al 35% della raccolta di foraggio». L’allarme è lanciato dall’allevatore Sergio Pusceddu: «A queste difficoltà se ne aggiunge una che risuona per la prima volta nelle orecchie dei non addetti ai lavori, vale a dire il furto notturno di balloni di foraggio come se fossero oro. Un vero e proprio allarme sulle caratteristiche stesse della “materia prima” estratta dai terreni. Credo che quest’anno non avremo oltre alla quantità una buona qualità di foraggio, soprattutto nelle zone del Medio Campidano a causa della mancanza di piogge nel mese di febbraio marzo». Decine le segnalazioni che stanno arrivando in queste setti- mane alla Coldiretti di Cagliari che denunciano i problemi degli agricoltori, che ormai hanno preso atto della reale produzione di foraggio. Un ulteriore problema che si aggiunge alle ben note difficoltà del settore: una piccola azienda agricola a gestione familiare fa fatica a tirare avanti, vuoi la crisi, la concorrenza dei grossi produttori europei e non, e la battaglia dei prezzi sui prodotti caseari potrebbe partire con gravi problemi rispetto alla concorrenza di altre regioni. Il tutto mentre si avvicina a grandi passi l’estate e le temperature sembrerebbero confermare la mancata produzione di foraggio, con i coltivatori diretti che hanno già tagliato il fieno. Le lamentele sono diffuse e numerose, come spiega una Coldiretti sempre più preoccupata per la piega che la vicenda sta assumendo. Gli agricoltori possono contare sull’assistenza dell’Associazione come assicura il responsabile Priamo Picci: «I nostri uffici di zona sono in costante contatto con le aziende. Monitoriamo la situazione e lo stato dei pascoli visto che il nostro sistema zootecnico oltre a produrre il latte di alta qualità svolge anche un ruolo fondamentale nella tutela del territorio e nella difesa dell’ambiente». Le associazioni degli agricoltori fortemente preoccupati intendono chiedere alla Regione Sardegna che sondi la possibilità di acquisto, quanto prima, di grandi quantità di foraggio da altre regioni europee al fine di calmierare i prezzi del prodotto che ormai è salito alle stelle. (m.s.) PDF Compressor Pro 15 giugno 2015 15 STUDENTI GIORNALISTI La Gazzetta del Buonarroti Figumorisca day: un giorno speciale contro la mafia Nei dintorni di Gergei, il 18 di Aprile, c’è stato un grande evento, che ha coinvolto numerose scuole, provenienti da tutta la Sardegna. Il “Figumurisca day”, un giorno speciale, e soprattutto un’occasione importante per mostrare che certi atti di violenza scivolano subito via grazie anche alla grande collaborazione dei giovani. Questo evento è stato organizzato dalle associazioni “Libera Sardegna” e “Sardegna Solidale”, in un terreno confiscato alla Mafia, dove veniva riciclato denaro sporco; quindi il messaggio mandato dalle persone che hanno partecipato è un segnale chiaro, di forza, di volontà e di presenza contro l’illegalità. In questo giorno, ogni azione, ogni gesto e ogni atto, erano dei simboli, che significavano solidarietà, voglia di partecipazione, voglia di mettersi in gioco. Se si va ad analizzare fino in fondo, il piantare foglie di “figumurisca” non era solo un gesto che mandava un segnale, era anche un tributo alle numerose vittime della Mafia. Sicuramente un compito onorevole quello dei ragazzi, perché era come se in ogni singola foglia ci fosse una piccola anima di ogni persona morta per mano della Mafia. Quindi è stata molto importante la presenza di Libera, associazione che si è sempre occupata di combattere la Mafia, ovviamente senza violenza, ma “solo” con una grande forza di volontà. Il presentatore del Figumurisca day ha guidato il tutto, esponendo i motivi per cui è stato fatto questo incontro, per poi dare il via al piantamento del figumurisca, accompagnato da una canzone di sottofondo. Infatti tutto si è svolto sottoforma di flash mob. La cosa bella era anche l’ambiente, sia come locazione, sia come energia che trasmetteva: in mezzo alla natura, all’aria aperta, con una vista unica. Il buon umore era talmente alto e presente, che quasi lo si poteva toccare. Tutti quanti hanno partecipato con il sorriso, perché è il sorriso la prima “arma” con la quale mandare questo segnale di pace e di forza. Il Figumurisca day si può quindi definire una giornata perfetta, dove tutti i partecipanti hanno dato il meglio di loro, dove ognuno ha imparato qualcosa, soprattutto a non arrendersi mai e dove con un piccolo gesto è stato fatto qualcosa di molto grande. Davide Marongiu “Scuola e volontariato: insieme per un mondo solidale” Il progetto che la mia scuola e la mia classe ha seguito quest’anno è un progetto di “Sardegna Solidale”, un’associazione che si occupa di solidarietà e volontariato. Il progetto si chiamava “Scuola e volontariato” ed era diviso in diverse sezioni e giornate. Noi come classe abbiamo partecipato a due sezioni di questo progetto, una era chiamto concorso “Give me Five” e l’altra “Figumorisca day”. Il concorso “Give me Five” consisteva nel creare o ideare un racconto breve, una poesia, una canzone, un video o una foto che aveva a che fare con i temi della solidarietà e del volontariato, con un premio in denaro per chi avesse vinto. I premi erano divisi per categorie, per la categoria singoli si potevano vincere 200,300 o 500€, mentre per i gruppi 1000 o 2000. Al concorso hanno partecipato quasi tutte le scuole della Sardegna. La mia scuola si è distinta perché abbiamo avuto cinque riconoscimenti, tutti nella sezione singoli. I vincitori sono Francesca Pintus 5^C Ind. Mecc., Riccardo Frau 5^A S.I.A., Asia Sofia Vaccargiu 3^A S.I.A., Mara Casu 3^A S.I.A., Sanela Marjanovic 4^A S.I.A. Io ho vinto con un racconto breve che trattava, L’esperienza a Padova: il premio letterario Galileo per la divulgazione scientifica Il giorno 8 maggio 2015, si sono riunite nella città di Padova, per la 9ª edizione del “Premio Galileo”, all’interno del Galileo Festival, 75 scuole superiori che rappresentavano le loro rispettive province. Ogni scuola ha selezionato quattro studenti frequentanti tra le classi 4ª, per costituire la giuria studentesca avente il compito di decretare il libro vincitore del “Premio letterario Galileo per la divulgazione scientifica”. Il concorso si è svolto in due fasi: la prima dove la giuria scientifica, il cui presidente è Vittorio Andreoli, ha selezionato i cinque finalisti, la seconda, dove si è decretato il vincitore tramite la votazione della giuria studentesca, in cui ogni scuola aveva un voto. Il “Premio letterario Galileo” si è tenuto presso il Palazzo della Ragione alle 16, dove si sono riuniti i ragazzi delle scuole scelte. La cerimonia è stata condotta dalla presentatrice Maria Luisa Vincenzoni e dal comico e presentare Dario Vergassola, i quali hanno presentato i cinque libri finalisti e i loro rispettivi autori. La fase più interessante della cerimonia è stata quando ogni autore ha parlato del pro- prio libro e risposto alle nostre domande e ciò ci ha permesso di capire meglio il perché hanno voluto realizzare quel libro e il perché di quei temi trattati, svelandoci il lato umanistico che racchiudono. Per me capire ciò è stata la parte più difficile della lettura dei cinque testi, soprattutto per il carattere scientifico di questa tipologia la quale è molto oggettiva e non invoglia i ragazzi a proseguire la lettura. Io non credevo che un libro scientifico, sotto il suo mantello di teorie e schemi, avesse un fondo di moralità e significato. Riccardo Incani classe: 4ª A S.I.A. come richiesto, del volontariato, e per idearlo ho pensato di inventare una storia che aveva come protagonisti dei ragazzi della mia età caduti nel tunnel della droga e dello spaccio. Un giorno però “fortunatamente” questi vengono sorpresi a rubare in un negozietto e portati in questura dai carabinieri gli viene inflitta come “pena” o unirsi al volontariato e iniziare a cambiare vita o fare dei lavori socialmente utili per tre mesi. Il protagonista della storia è l’unico che sceglie la via del volotariato e grazie a questa sua scelta intelligente riesce a riflettere e cambiare radicalmente la sua vita. Vincere questo concorso è stato per me una vera e propria gioia e parteciparvi mi ha dato uno stimolo in più per credere in me stessa e mi ha fatto capire che nella vita bisogna sempre sfruttare le opportunità che ci vengono offerte, anche se a volte non vanno a buon fine. Entrambe le serate sono state per me sinonimo di crescita e condivisione; mettersi al servizio degli altri e lottare contro la mafia sono due cose che tutti dovrebbero fare; e vedere tutti collaborare felicemente e attivamente a questo progetto è stata una sensazione molto bella. Asia Sofia Vaccargiu 3^ A S.I.A. Entrare nel mondo della scienza per un pensiero razionale e critico La cerimonia della nona edizione del Premio Letterario Galileo per la divulgazione scientifica si è svolta l’8 maggio nel Palazzo della Ragione a Padova. Galileo Festival è un progetto che fa sì che il mondo della letteratura scientifica si incontri con quello dei giovani. I cinque finalisti del concorso, selezionati da una giuria scientifica presieduta da Vittorino Andreoli , elencati dal primo all’ultimo classificato sono: il vincitore Carlo Ravelli “La realtà non è come ci appare”; Roberto Defez, “Il caso OGM. Il dibattito degli organismi geneticamente modificati”; Vincenzo Schettino “Scienza e arte. Chimica arti figurative e letteratura.”; Claudio Bartocci, “Dimostrare l’impossibile. La scienza inventa il mondo”; Marco Massa e Romano Camassi “I terremoti. Quando la Terra trema.” Hanno assistito alla cerimonia circa 700 studenti, quattro rappresentati per provincia, che avevano l’incarico di leggere i cinque testi e indicare il preferito. Per la provincia del Medio Campidano è stato selezionato il nostro istituto, il Buonarroti di Guspini, e abbiamo partecipato con una delegazione di tre studenti: Lorenzo Spina, Riccardo Incani e Roberta Murtas. I ragazzi hanno avuto il privilegio di formulare domande agli autori, approfondendo così le loro conoscenze. Per gli autori è stata una bella opportunità per incontrare i propri lettori, ricevere proposte di chiarimento e capire ciò che li ha interessati. Il bello dei testi letterari-scientifici scritti dai ricercatori è che la scienza viene raccontata dagli stessi studiosi e questo suscita un maggior interesse nel lettore che entra direttamente in contatto con le scoperte e soprattutto con il pensiero dello scienziato che tratta argomenti di scottante attualità. Un messaggio molto importante che è stato trasmesso agli studenti è di imparare ad avere un pensiero razionale e critico, di continuare negli studi in base alle passioni personali per sfruttare al meglio le proprie capacità. Roberta Murtas PDF Compressor Pro 16 15 giugno 2015 S. S. 131: tratto Sar La Supers dei vel di Saimen Piroddi I FATTI Pubblichiamo i risultati delle analisi chimiche del liquido che trasuda dai pilastri e dal suolo nel nuovo tratto Sardara- Sanluri della 131. Dimostrano una presenza di metalli pesanti inquinanti, tra cui arsenico e cadmio, presenti nei materiali usati come riempitivo per la costruzione del tratto stradale. I lavori sono terminati già da alcuni anni, eppure dai pilastri e dal sottofondo stradale continua ad uscire un liquido rossastro, che altro non è che lo scarto dei materiali provenienti dell’ex miniera d’oro di Furtei. Di questo scempio ambientale, che sta provocando enormi danni all’agricoltura e all’allevamento, se ne è parlato poco anche se ci sono state diverse denunce da parte delle associazioni ecologiste. PIETRO CIUCCI: “NON CONOSCO IL PROBLEMA” Venerdì 8 maggio una delegazione sarda, composta da attivisti di Tempio, Sinnai e Sardara, si è recata a Roma con la portavoce del M5S, l’europarlamentare Giulia Moi, per incontrare il commissario straordinario per l’alluvione in Sardegna, il direttore generale (ora dimissionario) dell’Anas Pietro Ciucci. Si è parlato della “Olbia-Tempio”, dei cedimenti della “nuova 554”, e in particolare dei fanghi velenosi della statale 131. “Sardara in Movimento”, presente all’incontro, ha affermato: «Emblematico il momento in cui, a precisa domanda, il commissario straordinario per la Sardegna, Pietro Ciucci, affermando di non conoscere il problema, ha visto “sbattersi” sul tavolo le analisi chimiche delle acque e dei fanghi presenti sui 10 Km di SS 131, comprovanti la presen- za di scorie industriali altamente inquinanti provenienti dal sito minerario di Furtei. Si sta lavorando per un coinvolgimento, a breve, dei vertici regionali Anas al fine di programmare interventi tecnici atti a mitigare o eliminare i danni creati e sensibilizzare l’ente affinché non abbiano a ripetersi tali nefandezze». I COMMENTI Sardara in movimento: «Con la raccolta firme abbiamo coinvolto 500 cittadini, prodotto un intervento in consiglio comunale ed una interrogazione al Senato, prima firmataria Manuela Serra, portavoce del M5S. Trattandosi di fondi Comunitari, appare altresì importante l’interessamento di Giulia Moi, europarlamentare e portavoce del M5S, atto a verificare l’utilizzo dei finanziamenti erogati, dove si presuppone lo smaltimento illecito di scorie industriali provenienti dal sito minerario di Furtei interessato dal noto “disastro ambientale” affinché la questione non venga, come spesso succede, insabbiata finendo nel dimenticatoio e negli ingranaggi paradossali della prescrizione. Oltre alla bonifica, che dobbiamo pretendere per quanto tecnicamente possibile, ed alle eventuali responsabilità civili e penali che potranno essere eventualmente accertate e che crediamo debbano essere riconosciute anche in termini di risarcimento del danno subito, risulta fondamentale creare i presupposti affinché il nostro territorio non venga più sottoposto a tanta umiliazione. È nello spirito del M5S operare affinché si contrasti il sistema criminale politico-imprenditoriale diffuso in tutto il territorio nazionale. Cedimenti di viadotti, sprofondamenti di intere carreggiate, occultamenti di discariche abusive etc. sono solo alcuni esempi degli ultimi scandali Anas, che progettano per 100, appaltano per 65 e sub-appaltano per 50, per poi rimediare con perizie di assestamento, di variante e suppletive e PDF Compressor Pro 15 giugno 2015 17 DOSSIER rdara - Sanluri strada leni con l’utilizzo di materiali e modalità operative non conformi. È notizia di questi giorni l’approvazione del “ddl ecoreati”, fortemente voluto dal M5S, per cui chi inquina rischia sino a 20 anni di galera». Fortemente preoccupato l’ex sindaco di Sardara Giorgio Zucca: «Non solo le indagini non devono fermarsi, anzi devono accelerare. Bisogna risolvere il problema subito. Il paese non può restare nel dubbio se c’è o meno l’inquinamento. Il pericolo reale che eventuali veleni possano infiltrarsi nelle falde acquifere e conseguentemente nei pozzi utilizzati per l’agricoltura e per l’abbeveramento degli animali e, ancora, addirittura arrivare alle acque termali, per il paese sarebbe la fine. Bisogna agire subito anche con ordinanze ad hoc». L’assessore all’ambiente di Sardara Andrea Caddeo, interpellato per dire la sua, non ha voluto esporre il suo pensiero. Nel periodo di ottobre 2014 l’amministrazione sardarese ha avviato un’azione legale per un presunto inquinamento dei terreni agricoli del proprio territorio limitrofi alla statale 131. BREVE STORIA DEI VELENI RACCONTATA DAL GRUPPO DI INTERVENTO GIURIDICO E AMICI DELLA TERRA Il 17 ottobre 2012 la Procura della Repubblica di Cagliari ha chiuso le indagini penali sullo stoccaggio dei rifiuti minerari finiti sotto il manto stradale della S.S. n. 131. È stato accertato che l’asfalto tra il chilometro 41 e il 58,500 poggia su un letto di scorie tossiche che, ad ogni pioggia, rilasciano nel terreno acido solforico, ruggine e mercurio. Quattro persone sono attualmente indagate dalla Procura di Cagliari e accusate di traffico illecito di rifiuti: Garry Johnston, australiano, amministratore delegato della Sardinia Gold Mining s.p.a.; Aldo Serafini, rappresentante della Todini Costruzioni s.p.a.; Antonino Marcis, sub-appaltatore; Giorgio Carboni, dirigente dell’Anas, che avrebbe rilasciato il certificato di collaudo, sostenendo di aver eseguito prove per il controllo della qualità dei materiali usati. L’inchiesta, scattata due anni prima, coordinata dal pm Marco Cocco e condotta dai carabinieri del Noe, puntava a far luce sui pericolosi materiali di scarto provenienti dalla Sardinia Gold Mining, poi fallita, che sarebbero stati usati appunto per realizzare un tratto della Statale 131. Secondo la Procura, oltre 700 mila tonnellate di rifiuti provenienti dall’attività estrattiva della miniera d’oro sarebbero finiti sotto l’asfalto (cianuro, mercurio e altri metalli pesanti). L’appalto per la realizzazione di quel tratto di statale era stato vinto dalla Todini di Roma, che aveva poi subappaltato i lavori alla ditta sarda. Secondo l’accusa, Johnston avrebbe ceduto i materiali di scarto ritenuti pericolosi a Marcis (il subappaltatore per conto della Todini) che li avrebbe usati per realizzare il tratto di strada 131 vicino a Furtei. Il problema nasce quando gli acidi hanno cominciato a colare, danneggiando i cavalcavia e inquinando i campi provocando un vero disastro ambientale. Si è scoperto, inoltre, che le analisi chimiche effettuate dall’Anas sono misteriosamente scomparse. La storia ha inizio nei primi anni ‘90 quando la società australiana Sardinia Gold Mining chiede alla Regione Sarda la concessione per l’estrazione dell’oro nelle colline di Furtei. Le associazioni ambientaliste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico si oppongono alla richiesta richiedendo, con iniziative legali, lo svolgimento della valutazione di impatto ambientale, come previsto dalle normative in materia della Comunità Europea. I ricorsi riescono solo a ritardare la concessione e la valutazione d’impatto ambientale, pur obbliga- toria, non viene eseguita. La Regione Autonoma della Sardegna non applicava la direttiva della Comunità Europea che prevede la VIA per tutte le attività estrattive, e ha rilasciato la concessione. La VIA in Sardegna verrà applicata solo a partire dal 2008, dopo due procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea per mancato recepimento della normativa, su altrettanti ricorsi proprio delle associazioni ambientaliste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico. Dopo la chiusura della miniera e l’abbandono degli impianti da parte della società sul territorio sono rimaste le ferite e gli scarti tossici di lavorazione. 47 dipendenti della società si sono trovati sulla strada. Dopo lunghe proteste e denunce della nostra associazione la Regione Autonoma della Sardegna, titolare di una partecipazione minoritaria (20%) del capitale sociale della Sardinia Gold Mining s.p.a., ha dovuto metter mani al portafoglio per evitare un disastro ambientale e sociale. Ha quindi deciso di intervenire per bonificare l’area e per la messa in sicurezza permanente. Ha stanziato 16 milioni di euro, i lavori sono da completare entro il 2015. I lavori però non sono mai iniziati e si è persa ogni traccia anche dello stanziamento. Non si ha, inoltre, alcuna notizia di iniziative poste in essere dalla Regione per ottenere il pagamento delle spese per la messa in sicurezza e il ripristino ambientale da parte della società che gestiva il sito minerario, perlomeno mediante l’escussione delle fideiussioni di legge prestate (che ormai devono essere scadute). Perché la Regione non ha reclamato questi soldi? È presto detto. Chi era all’epoca il presidente del Consiglio di amministrazione della Sardinia Gold Mining s.p.a.? Ugo Cappellacci, l’ex presidente della Regione, che alcuni mesi prima della conclusione del suo mandato attraverso l’Assessorato Regionale all’Industria ha stanziato due milioni e mezzo di euro per la bonifica del sito. Ad occuparsene sarà l’Igea. PDF Compressor Pro 18 15 giugno 2015 UNA PAGINA DI STORIA Forru - Collinas - Forru: andata e ritorno nei secoli D al Dizionario Angius/Casalis si rileva, fra l’altro, che il villaggio di Forru, inserito nella Provincia e nella Prefettura di Oristano, mandamento di Mogoro e dipartimento Partemontis del giudicato d’Arborea, era descritto come un agglomerato di case affossate fra piccole colline che ne celavano la vista “prima che uno siavi sopra”. Agli albori del XVIII secolo era abitato da circa 960 persone raggruppate in 300 famiglie ospitate in 300 case. Il saldo demografico riferito al 1838 era pari a zero, poiché a fronte di 30 nascite si registrarono altrettanti decessi. I suoi abitanti non avevano all’epoca una buona fama poiché, unitamente ai sardaresi e ai mogoresi, erano considerati ladri e assassini di professione. Ci pensò il Marchese di Rivarolo che, nominato Viceré di Sardegna il 2 ottobre 1735, con la sua spietata lotta contro il banditismo rimise in sesto la Sardegna, imprigionando più di 3000 persone e giustiziandone 400. Di lui si ricorda anche una curiosa disposizione con la quale si vietava l’uso delle barbe lunghe perché occultavano i connotati (problema attuale proprio di questi tempi!). In conseguenza di ciò il villaggio di Forru tornò ad essere abitato da “uomini tardi”, d’umor serio, tenaci delle antiche abitudini, dissimulatori, contenti del loro poco, generosi co’ forestieri e nella povertà sdegnosi di mendicare. Le attività prevalenti erano rappresentate dall’agricoltura e dalla pastorizia, in minor misura dall’ar- tigianato. Col trascorrere del tempo il villaggio di Forru subì un lento ma progressivo sviluppo, sia in termini di popolazione residente e sia in termini di attività produttive; queste ultime cominciarono a differenziarsi rispetto al preminente settore agricolo e pastorale. Il livello d’istruzione, tuttavia, continuava a restare basso. Basti pensare che, nel 1835, nessun membro del consiglio comunale di Forru, compreso il Sindaco, sapeva leggere e scrivere; l’unico “letterato” era il Segretario comunale! Si arrivò quindi al periodo storico più rilevante, influenzato in parte dall’illustre figura di Giovanni Battista Tuveri al quale, fra l’altro, si deve l’istituzione dell’obbligo d’istruzione di scuola elementare e dietro sua proposta nel 1863, ricoprendo egli allora la carica di sindaco, l’amministrazione decise di sostituire al nome di Forru quello, forse più significativo, di Collinas. Seguì un lungo periodo caratterizzato da una profonda metamorfosi culturale e sociale per cui, verso la metà del secolo scorso, il paese raggiunse il suo massimo splendore. All’epoca Collinas contava intorno a 1200 abitanti con un sufficiente livello culturale ed economico e poteva vantare al suo interno in campo agricolo-pastorale, artigianale e commerciale, come in quello culturale e ricreativo, tutte le attività atte ad assicurare ai propri cittadini, nel presente e nel tempo, un livello di vita assai confortevole. Purtroppo la dilagante crisi economica ha sconvolto l’equilibrio che si era venuto a creare negli anni e ha portato la popolazione alla precaria situazione attuale. Collinas conta oggi circa 800 abitanti in larga massima anzia- ni e non pochi ultra ottantenni; i giovani, costretti ad emigrare nella speranza di un lavoro, abbandonano il proprio territorio e gli affetti più cari. Le attività produttive sono ridotte al lumicino con alcune imprese edili e due falegnamerie, mentre quelle commerciali contano appena tre rivendite di materiali edili, due negozi di generi alimentari, peraltro in procinto di chiudere i battenti a causa dell’ingerenza della grande distribuzione, un panificio, una macelleria, una pescheria e un solo bar. Per quanto concerne l’istruzione, dopo aver perso la Scuola Media, accorpata a Villanovaforru, a breve, per carenza di alunni, si perderanno anche la Scuola Primaria e la Scuola Materna; sull’orizzonte politico, infine, da segnalare l’adesione al Consorzio dei comuni della Marmilla, cui sono già state demandate alcune delle funzioni previste dalla norma in vigore. In buona sostanza è in atto un cammino a ritroso verso l’antico “Villaggio di FORRU”, con la differenza che, in origine, si trattava di una comunità autosufficiente anche se povera, mentre oggi per qualsiasi necessità si è costretti a dipendere da altri: il flusso continuo verso Sardara, Sanluri, San Gavino Monreale, lo dimostra ampiamente. E “is forresus”, nel frattempo avranno mantenuto i propri valori di dignità etica e morale, saranno ancora tenaci nella fatica, contenti del poco, accoglienti con i forestieri, rispettosi del prossimo, sdegnosi di mendicare? Chissà! Nel proprio intimo ciascuno troverà la risposta! Francesco Diana Tre scrittori di Serramanna premiati ad Arbatax Domenica 24 maggio 2015, in occasione della quinta edizione del “Festival della parola”, l’editore Claudio Moica ha premiato i vincitori del concorso letterario “Il Vento” aperto, a livello nazionale, a tutti gli scrittori già affermati o emergenti, indetto con la collaborazione della curatrice Margherita Musella, scrittrice e creatrice del Caffè letterario itinerante “La Rosa dei venti” . Per l’occasione è stata scelta una location da sogno: una struttura in legno in mezzo al mare, presso il Circolo Nautico di Arbatax. I primi dieci classificati sono stati inseriti nell’antologia “Uniti da un soffio di vento”, edita dalla Pettirosso Editore. Dieci autori provenienti da tutta Italia, tra i quali ci sono tre autori di Serramanna: Valentina Spiga con il racconto dal titolo “Anima nel vento”, Francesca Murgia con il racconto dal titolo “Io sono il vento” e Cristian Sanna con il racconto dal titolo “La voce del vento”. Una serata ricca di emozioni per tutti coloro che hanno partecipato all’evento. Non nasconde la sua soddisfazione la curatrice del concorso Margherita Musella, che ha ammesso che il progetto è stato un vero successo. Un inno alle persone che hanno donato il loro tempo per giocare con le parole, con la loro inventiva, con la loro passione. Un gioco che ha fatto nascere un libro con storie che hanno come protagonista il vento. Oltre ai tre scrittori di Serramanna, gli altri classificati sono: Alessandro Caltabiano (San Giovanni Suergiu), Violetta Arangini (Lanusei), Cristina Giuntini (Prato), Maria Baingia Dettori (Alghero), Sebastiano Mario Fiori (Tortolì), Sonia Planamente (Roma), Roberto Rossi (Vicenza). (r. m. c.) PDF Compressor Pro 15 giugno 2015 19 GUSPINI I FORNI PER LA CALCE Attraverso la memoria storica di una terra ricca di sfumature, dove natura e umanità si uniscono sapientemente, il lavoro individua il ruolo centrale di questo territorio, forte delle proprie tradizioni ma attento ai cambiamenti, e ne segnala l’autenticità di “gente unica”. Guspini era il maggiore centro di produzione di calce per l’area del Campidano. Questa attività si affermò nel territorio per la sua capacità di integrare il reddito famigliare, soprattutto a tarda primavera e in autunno, utilizzando la manodopera in eccesso nelle attività pastorali e agricole svolte vicino a casa. Non va dimenticato che l’onere di trasporto di questa preziosa merce spettava ai ragazzi e alle donne Le famiglie, sino al 1960, erano costituite da numerosi componenti e le poche attività della campagna non erano sufficienti a garantire una dignitosa sopravvivenza. Per questo le nostre genti impararono capacità e conoscenze particolarmente apprezzate nel campo dell’imprenditoria artigianale e sono stati diversi i guspinesi che hanno dato lustro alla propria terra creando piccole e grandi aziende che hanno fatto dei loro prodotti un vanto per il paese. Tra le arti tipiche locali di particolare importanza per l’economia fu la produzione della calce, attività assai diffusa. Bambine/i ragazze/i e donne si inoltravano lungo i sentieri che attraversano le colline di argilla di Cuccureba per cercare le pietre bianche e venderle ai proprietari delle fornaci, le calcinaie. I forni venivano costruiti dove era facile reperire le materie prime necessarie e legna, acqua e pietre bianche, assieme alla conoscenza dei segreti della lavorazione, erano alla base per la produzione della calce. In particolare, nel territorio di Guspini, si contano oggi 15 forni, ma si ritiene che in passato essi fossero più numerosi e dai dati risultano “carcinargius” ancora attivi negli anni ’60 del 1900. La tipologia costruttiva dei forni, dalla forma tronco-conica, ricorda l’architettura del nuraghe, il singolare monumento megalitico che caratterizza il paesaggio sardo. I forni più grandi, con i 12m. di diametro alla base per poi restringersi fino a 4m. nel loro alzarsi fino ai 6-7m., documentano notevoli capacità architettoniche pur nel contesto di una cultura arcaica. La produzione Una volta terminate le operazioni preliminari si provvedeva a caricare il forno. La fase di riempimento era la più fati- cosa, poiché richiedeva la raccolta e il trasporto, per lo più a spalla, del materiale: una squadra d’operai si occupava della materia prima e una seconda squadra del legnatico. Nella parte centrale, vicino al fuoco, erano posti i blocchi più grandi, mentre man mano che ci si allontanava si collocavano i pezzi più piccoli. Terminata la fase di riempimento si procedeva all’accensione del fuoco. A ridosso del forno era allestito un piccolo ambiente utilizzato dagli operai come riparo sia nei mesi estivi che invernali. Il lavoro e la fatica sostenuta erano immani e, per portare a compimento il processo di cottura di un solo forno, era indispensabile la presenza di almeno 8-10 persone, che si alternavano per due alla volta per un intero mese, di gior- no e di notte o, in altri casi, con squadre più ridotte: era infatti prioritario non far spegnere il fuoco altrimenti tutto il lavoro sarebbe stato inutile. La tecnica per la cottura delle pietre calcaree si tramandava nel tempo fra le famiglie, e solo pochi erano in grado di praticarla correttamente. Non bisognava solo far fuoco, era necessario conoscere i materiali adatti e soprattutto i tempi ed il grado di cottura. La calce così prodotta riusciva a soddisfare le esigenze di un villaggio intero. Veniva usata, mescolata alla sabbia, come materiale per la costruzione delle case, come intonaco, per l’imbiancatura dei locali (date le sue caratteristiche disinfettanti), così come in agricoltura. Mauro Serra COLLINAS Teatro del ricordo È una pièce teatrale quella che i soci della Pro Loco Collinas hanno intenzione di mettere in scena quest’estate, probabilmente ad agosto. Sono passati cento anni dalla prima guerra mondiale, la Grande, quella che per la prima volta coinvolse il pianeta intero su vari fronti, raccogliendo battaglioni di giovani e vecchi secondo logiche nuove e terribili, inaspettate, come i traumi che lasciò e tutto ciò che da essi deriva. In onore del centenario, verrà messa in scena la rappresentazione scritta da Antonio Pusceddu, che sarà presente anche nei panni di attore. Il titolo della pièce “Cento anni in prima linea” non lascia scampo ad equivoci e vuole sottolineare un dialogo col presente storico che è sicuramente il punto focale dell’intera rappresentazione. Non solo, quindi, un racconto del passato e di guerra, come tanti se ne vedono, spesso infarciti di retorica e stereotipi, ma anche una riflessione sulla natura umana, sulla sua condizione in bilico eterno fra salvazione e dannazione. La sceneggiatura è una trasposizione abbastanza libera di due opere letterarie che hanno attratto fortemente l’attenzione dell’autore: “Un anno sull’altipiano” di Emilio Lussu e “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus. Il progetto è sicuramente ambizioso, infatti le due fonti sono testi particolarmente ricchi di contenuti filosofici e di immagini complesse. Tuttavia il periodo storico affrontato dai due scrittori è, almeno in parte, lo stesso, e inoltre sono comuni anche alcune problematiche di base. Sono invece differenti le forme estetiche che veicolano i messaggi dei due artisti. Parliamo, infatti, di un’opera che si situa al confine fra memoriale e romanzo, per quanto riguarda lo scritto di Lussu, mentre l’opera di Kraus vuole essere una tragedia dalle mille sfacettature, che include al suo interno vari generi letterari e infinite diagnosi del male che colpisce l’umanità. Difficile, dunque, il lavoro di sintesi tra codici differenti, ma allo stesso tempo di sicuro interesse. Un’anteprima del testo gentilmente concessaci dalla Pro Loco ci ha permesso di fare alcune considerazioni. Innanzitutto la complessità dei messaggi e delle immagini ci è sembrata mitigata da un uso della lingua semplice e scorrevole, inoltre la drammaticità ovviamente intrinseca al racconto viene alleggerita da intermezzi comico-ironici, laddove l’ironia vuole comunque essere uno sguardo lucido e tagliente sugli eventi passati alla storia come emblema della follia e della crudeltà umana.La trama si svolge in diversi scenari geografici, seguendo le vicende di due differenti gruppi di persone, uno coinvolto direttamente nella guerra e l’altro invece nella sua analisi. In entrambi i casi la descrizione di una civiltà e di un ordine gerarchico sull’orlo del baratro traspare dai dialoghi tra i personaggi. Emerge un’amalgama di individui di tutte le età che vaga attraverso paesaggi distrutti dalla furia irrazionale della guerra, aggrappata a bottiglie di Stock. A impreziosire la rappresentazione saranno alcune registrazioni, compiute dallo stesso Antonio Pusceddu, riportanti i racconti del nonno materno Antonio Usai, che partecipò alla prima guerra mondiale sul Monte Grappa. Importanti memorie che diventano sempre più rare e sconosciute a un’umanità che sembra aver dimenticato l’orrore del passato e gli insegnamenti del tempo. A Collinas, quest’estate. Paolo Onnis PDF Compressor Pro 20 15 giugno 2015 Su sadru chi seus pedrendu Trespinnigòsus amesedador’e mraxãis Contixeddu de Venanziu Tuveri furriau in sadru de tziu Arremundicu Tenìat sa futia de bivi in su sàtu e de papài, candu ndi tenìat gana, ous friscus, de puddas pesàdas a poddini, trigu e trimoriscu, chi cerrìant presciadas in su corratzu mannu e dromìant in su stabi, serrau, apatadas apitzus de pabõis de linna, e onniuna fiat mèri de dromì bisai in àtu o in basciu. Ma is puddas bisant? E chi ddu scìt. Fut carignosu cun cussas e dd’is potat s’arrest’e su mandiari: pãi tostau, arrest’e fruta o bidrura. Papàt cun prexei is ous, ma no sa pudda, e sa mama ndi fadìat de mancu de dda coxinai candu in domu nci fiat Speràu. Dd’as arregallant a is amigus o parentis. E candu Sperau andàt in baganzia cuncua pudda arrustu o a buddiu dda codìant puru. Trespinnigòsus fut su nominigiu chi dd’iant postu sa dì chi no iat agradessiu su chi dd’iat nau u cumpangiu de scolla e, pinnigosu a faci, a su stogumu e torra a faci, su cumpangiu nci fut arrutu pabas a terra sen’e nai bah. U nominigiu chi si potàt avatu ma ponìat arrispetu a is avedalis. Chi su mraxãi, chi fiat intrau in s’om’e is puddas, dd’essat scipiu, iat’essi abarrau atèsu. Sperau iat agatau duas puddas mòtas, iat tzerriàu sa mama, chi nde dd’as iat bodditas po ddas interrai. Impari iant cicau de cumprendi abì fut intrau, e gei dd’iant agatau: u stampu in sa retza, iant penzau de ddu serrai cun fiu ‘e ferru, pois Sperau iat nau a sa mama: «Abèta mama, no serrist su stampu, ollu ponni u làtzu po cassai su mraxãi.» «Nou -iat arrespostu sa mama - su mraxãi est nasciu scàpu e no tenèus su deretu de ddu ingolli.» «Ma deu no dd’ollu bocì, mama, dd’ollu cassai po ddu connosci mellus e pois ddu scàpu.» «E ddu lassas andai sen’e ddi fai nudda?» «Ti ddu promitu.» Iant serrau a sa bella mellus su stampu e Trespinnigòsus iat cicàu luegus tabas, puncias e fiu ‘e ferru po fai su làzu. Iat penzau a ua arretonèra, chi tenìat u cumpangiu: cument’e u passaritziu cun s’èca cumandada de ua molla chi dda fadìat serrai cun s’animabi aintru. Iat traballau tòtu sa dì e candu su babu fut torrau a domu dd’iant posta anant’e su stampu, assegurendidda a sa retza. «Tòtu fàtu - iat nau prexau Trespinnigòsus- aspetaus chi torrit su mraxãi.» «E pois - iat pedìu su babu - ti ndi fais ua istimenta?» «Nou, dd’apu promitiu a mamai, no ddi fatzu nudda, dd’ollu connosci pagu pagu.» Sa nòti fut cabendu, is puddas si fiant acobiadas asut’e su stabi, e bab’e fillu iant serrau s’enna de s’om’e is puddas e fiant intraus in domu insòru po si sciacuài prim’e xenai. Pàssat sa nòti ma su mraxãi no si fiat fatu bìi. Fut passada totu sa xida senza chi s’animabi essat cumpàtu, e Trespinnigòsus fut pedrendu sa spera de ddu cassai. A sa de tres cidas, fut torrau, passendu in su stampu chi connoscìat ma abarrendu presonèri in su làzu. Su trumentu po si fui no iat potau a nudda. Aici, a mangiãu, candu Speràu fut andau a bìi dd’iat agatau. Si fut infromau po scìi cumenti bivìant e ita papànt custas bestias. Ma no tenìat tonigheddus bìius o pibaras de ddi ‘onai, e nimancu ua bistèca, sen’e ddu pedì a sa mama; insaras iat pigàu u arrogh’e pãi, ua meba e ua pariga de nuxis e nc’iat ghetau totu aintr’e sa gabia, sperendu chi su mraxai essat cumprendiu; ma custu no si fut acostau a papai, frotzis at a tenni sidi, iat penzau, e fut andau a cicai u testevillu cun acua, si fut setziu in terra e iat abetau. Su mrãxai movìat u passu conc’a sa cos’e papai, ma castiàt is puddas. At a tocai a ddi fai u corratzu, iat penzau Trespinnigòsus, de cussus chi faint po is cãis, e u crocadroxu. In d’u furrungõi de sa pratza ddoi fut u arrogh’e retza de ferru, su piciocheddu iat inghitzau a traballai, punciài, cracài pabõis in terra e apustis ua parigh’e oras iat tzerriàu sa mama. «No mi ndi sapu de custa cosa s- iat arrespostu issa - candu torrat babu tuu… t’at a scìi nai.» «Bellu! - iat nau su babu - perou is pabõis funt prantaus pagu, ponèus tabas e ddus punciaus apari, po chi poderint béi sa retza chi ponèus po coberri. Pota tòtu!» Iat traballau ancòra cun su babu e s’arresutau fut praxibi. Dd’iant postu ua scatula de cartocìu po crocadroxu, u stresciu mannu po s’acua e unu po su mandiari. Pois su babu iat pigàu ua fúi, fut arrennesciu a cassai su mraxãi a latzu e nce dd’iat fatu intrai a su corratzu prontu. «At papau cuncua cosa?» «Ua meba, custu mericeddu.» «Chi no papat s’at a tocai a ddu scapài, nci as penzau?» «Speru chi papit», iat arrespostu Speràu. Su mrãxai stadìat mellus in su corratzu, tenìat prus logu de si movi. Trespinnigòsus andàt a ddu bì botas mèda in sa dìi, ddi potat fruta, pãi e cuncu ‘uncõi ‘e petza. Si setzìat anant’e su corratzu e fueddat cument’e chi fessat u cristiãu. Pàssat tempus e su mraxãi s’acostat a pigài sa cos’e papai, de mãus de su pipiu, ma si fuìat luegus. Apustis u mesi Speràu iat dezidiu ca fut ora de ddu potai a passillai, ma dd’iat postu musarolla e loru. Iat cumentzau a ddu potai in pratza, in s’òtu, pois in sa ìia, acou in bidda puru. Passillendu ddu carignàt e ddi ‘onàt cos’e papai. Pois, cun su coru chi pistàt e pistàt, nde dd’iat tiràu su loru e sa musarolla, po bì ita iat’ai detzidiu de fai su mraxãi. Custu iat cumentzau a satai, a curri a girài tres botas agiru de Trespinnigòsus e poi si fut stesiàu. Apustis ua xida fut torrau, Sperau dd’iat agatau anant’e s’enna, abetendiddu. Ma fut scéti po ddu saludai, no po abarrai. A si ‘ntendi mellus. tziu Arremundicu. Scracàlius di Gigi Tatti Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu, custus “scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus lègius chi seus passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si fai scaresci calincunu pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi funt innoi. Sciu puru, ca cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu scòncius, ma apu circau de poni scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus cun dd’unu pagheddu de aqua lìmpia. Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu, circhendu de ddus ligi imparat prus a lestru a ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa chi m’interessat de prus. Fulviu est unu pugili sardu cumbatendi cun dd’unu turcu, e tra una ripresa e un’atra fueddat cun s’allenadori. Fulviu: Mìtziga, ge scudit pagu custu turcu. Ma ge s’at a stancai de mi scudi. S’allenadori: Dai, ca ge ses andendi beni. Biu ca ses pighendindi, ma ses arricendindi puru. Fulviu: Insandus imoi dd’arrogu. S’allenadori: Pensa ca a cussu turcu dde nd’asti fatu po fintzas atzicai. Fulviu: Ma candu? No mi ndi seu acatau. S’allenadori: Certu fiasta a terra in su tapetu. Fulviu: Ma insandus comenti at fatu a si nd’atzicai. S’Allenadori: Certu. At pensau ca t’iat mortu! ................................................................................................................................................................. Unu cuaddu coiau cun dd’una zebra sa prima noti de coia. Sa zebra: Seu totu emotzionada. No sciu ita fai! Su cuaddu: Ti ddu nau deu ita depis fai! Sa zebra: Insaras naramiddu tui, ca ge ddu fatzu. Su cuaddu: Po prima cosa, tiradindi cussu pigiama, ca poi ge ddu sciu deu, ita depeus fai. ................................................................................................................................................................. Galdinu est in vìsita aundi de su dotori. Galdinu: Seu sempri dèbili, sempri a gana mala. Ita cura depu fai? Su dotori: Po prima cosa depit smiti de fait traballus aundi serbit sa conca. Galdinu: Scusimidda, ma no ddu potzu fai. Su dotori: Poita no ddu podit fai? Galdinu: Poita fatzu su parruchieri! ................................................................................................................................................................. Su maistu, in scola, est curregendi is còmpitus. Marieddu ddi fait una domanda. Marieddu: Signor maestro, est berus ca una borta is animalis fueddànta? Su maistu: Custu no ddu sciu de seguru. Ma ca curregendi su chi as scritu, sciu ca imoi scriint! ................................................................................................................................................................. Toniu est discutendi cun s’amigu Brunellu. Brunellu: Deu ti nau ca is fèminas bivint de prus de is òminis. Toniu: E ita ti ddu fait pensai? Brunellu: Càstia cantu viudas ci funt in bidda! .................................................................................................................................................................. Anneta in est fuedendi cun dd’unu piciocu chi at connotu in dd’unu locali. Anneta: Ita traballu fait fostei? Su piciocu: Deu fatzu unu mestieri chi candu fueddu, sa genti m’ascurtat a buca aberta. Anneta: Ita fait su polìticu? Su piciocu: No! Fatzu su dentista! .................................................................................................................................................................. Gerlandu est in dd’unu stùdiu de unu cardiologu. Su cardiòlogu: Signor Gerlandu, dd’arregordu ca mi depit ancora pagai s’atra vìsita. Oghinò, no ddu potzu visitai. Gerlandu: Castit, ca deu timu is retzetas chi fait, non is minàcias! ………………………………………………………...................................…………………………… Assunta est in s’ambulatòriu fueddendi cun su dotori. Assunta: Seu benia, poita pobiddu miu est sempri a dolori de ossus. De ita maladia sunfrit? Su dotori: Est seguramenti mancantza de calcio. Assunta: No podit essi! Poita pobiddu miu est de mangianu a merì castiendi partidas in televisioni! ................................................................................................................................................................. Gennaru est fueddendi cun un abogauu de Casteddu. S’abogau: Spieghit po cali motivu bolit pedì sa separatzioni de sa pobidda? Gennaru: Poita dònnia merì andat a unu locali de Casteddu po fai s’amori. Ita mi narat? S’abogau: Po prima cosa, ddi nau de mi scoviai aundi s’agatat custu locali! ................................................................................................................................................................. Sergiu est in pratza de crèsia fueddendi cun Gianni. Sergiu: Apu scìpiu ca as arregalau unu cani feroci a sroga tua. Gianni: Certu, poita sroga mia est viuda e ddi serbit po guàrdia. Sergiu: Aici dda difendit de is ladronis? Gianni: No. Aici si circat de bessì po beni a domu, dda mòssiat! ................................................................................................................................................................. Unu procu est fueddendi cun dd’unu molenti. Su procu: Ge ses pagu tontu. Ses sempri traballendi a gràtis comenti de unu molenti. Su molenti: Ellu comenti depu traballai, comenti de unu procu? Su procu: Ci podis contai. Deu no fatzu nudda, papu e bufu e m’arriposu. Su molenti: Ge ddu sciu e ti biu. Ma imoi ca ti càstiu beni, no mi parris su procu de s’annu passau! ................................................................................................................................................................. Giustinu est chistionendiendi cun Zenobiu. Zenobiu: Narami o Giustinu, ma a tui ti praxint ancora is fèminas? Giustinu: A mei meda. Scèti ca no m’arregordu poita mi praxint! PDF Compressor Pro 15 giugno 2015 LA SARDEGNA NEL CUORE 21 di Sergio Portas Un convegno per il centenario della morte di Sebastiano Satta I n quel fatale 1914, nel mentre i cannoni d’agosto ancora tacevano (se ancora non l’avete letto vi consiglio il libro sulla “grande guerra”di Barbara Tuchman dall’analogo titolo) a fine novembre morì a Nuoro Sebastiano Satta, a Guspini sei mesi prima era nato Livio Portas, babbo mio. In comune: tutti e due avevano fatto della poesia la loro cifra, una buona ragione per cui vivere. E seguendo il consiglio di Giuseppe Dessì (quello che, tra gli altri, scrisse Paese d’ombre) che giusto cinquant’anni fa si chiedeva a cosa potessero servire queste celebrazioni di poeti, se non a fare i conti con noi stessi, a misurare fino a che punto ancora ci rammentiamo di loro, mi piace di riportarvi l’iniziativa del circolo sardo di Milano che sabato 23 maggio ha ricordato questo centenario con un convegno. Introduce Pierangela Abis, presidentessa del circolo, poi Pasqualina Deriu che un paio di libri di liriche li ha pure pubblicati (e molte altre ne avrà pure nel cassetto se di lei il pieghevole d’invito la dice semplicemente “Poetessa”), e due pezzi da novanta della cultura sarda, due scrittori e saggisti che si sono interrogati su Satta si può dire da sempre, Ugo Collu (suo insieme ad Angela Quaquero: “Sebastiano Satta le opere e i giorni, Moderno e postmoderno nella filosofia italiana, 1992) attualmente presidente della fondazione Costantino Nivola. E Bruno Rombi, sardo di Calasetta, che può vantare una pubblicazione sul poeta di Nuoro fin dal 1983: Sebastiano Satta, vita e opere (prefazione di Manlio Brigaglia), libro che Condaghes ha riproposto l’anno scorso come Ebook, in rete alla modica cifra di 3,99 euro. Comunque sia, se qui dentro è presente un poeta vero, quello è Bruno Rombi, giornalista anche e dal 1956 (col “Lavoro” di Genova, direttore Sandro Pertini, futuro presidente di Repubblica), saggista fluviale (Dessì, Deledda, Cambosu, Satta Salvatore) ma soprattutto poeta, in svariate lingue, oltre al natio tabarchino rima in italiano, francese inglese e rumeno, traduce da tutte queste e anche di più, specie dal macedone. Non chiedetemi come faccia. L’avevo intervistato dieci anni fa in occasione del suo video-oratorio “Tsunami”, la catastrofe che seminò morte nel sud est asiatico con numeri mai veramente verificati, ma il computo parte da centinaia di migliaia. Lui e Collu si lanciano in una dottissima dissertazione tutta mirante a mostrare quanto la saggistica più accreditata (leggi Giuseppe Petronio) abbia sempre sottostimato il valore della poesia di Sebastiano Satta, declassato dai critici letterari a “carducciano minore”. Insomma questi critici gli rimproveravano che avesse continuato a scrivere “come Giosuè Carducci”, quando gli epigoni di lui, segnatamente D’Annunzio e Pascoli, avevano già smesso da tempo. Dispute che volentieri ci vogliamo lasciare alle spalle, dispute di italiani. Veniamo a noi sardi di Sardegna. Cosa rappresentasse per la sua generazione Sebastiano Satta lo faccio dire a babbo, quando nel ’54 riuscì a pubblicare un suo libretto di poesie, eravamo a Verona da due anni, io in seconda elementare, Guspini un ricordo caldo che poco poteva contro la neve veronese: da “Greto allegro”, pag.21 : “Un Seminatore” e sotto “Se l’aurora arderà sui tuoi graniti/ Tu lo dovrai, Sardegna, ai nuovi figli” a Sebastiano Satta (1) : Poeta sardo. Comincia così: “Irto è il tuo bronzo sonoro e in faccia al sole!/ Le trasmigranti nei sangui, arpe fatate, hanno tintinni di luce entro le gole/ dei versi, e gridi di speranza o vate?...” Mi viene da dire che babbo fa poesia con lo stampo di Satta e forse non poteva essere altrimenti, con quale altro “vate” avrebbe potuto incontrarsi a Guspini, diciamo negli anni del fascismo imperante, lui che avrebbe fatto solo le scuole elementari, studiando regolarmente sui libri dei compagni di classe, visto che i suoi erano poveri in canna e nonno Pasqualino che, ben intenzionato ad approfittare delle prebende che il Duce elargiva a famiglie numerose, libri certo non ne comprava? Sebastiano Satta aveva scritto poesie in italiano e in sardo (la fine di “Su battizzu” è davvero troppo bella: “...E a su pizzinnu tottus sa fortuna/ leghene in sas istellas e in su binu/ e li cantana a inghiriu sa cantone./ Ma Antoni, chind’hat bibiu prus de una,/ narat chi tottus han zirau su tinu,/ ca su pizzinnu finit in presone.”) ma allora quelle pubblicate erano solo le “italiane”, che il fascismo tutti i gatti voleva neri di notte, così come le camice del sabato, e delle bandiere coi quattro mori si sarebbe dovuto perdere la memoria. Tra gli ultimi anni dell’ottocento e i primi del novecento Sebastiano Satta sarebbe stato un seminatore per tutta l’intellighenzia dell’isola, i suoi “Canti Barbaricini” sono del 1909 (l’edizione di babbo è del ’33, ma lui la firma da Cagliari 8/12/44) così Satta scrive nella prefazione: “Questo libro, che ha in fronte il nome del mio bambino e si chiude coi ricordi di una pena indimenticabile (gli era morta una figlioletta un anno prima, ndr.), canta o, meglio, narra il dolore della mia gente e della terra che si distende da Montespada a Montalbo, dalle rupe di Coràsi fino al mare; e canta dolor di madri, odio di uomini, pianto di fanciulli...”. Mai parole furono più ricche di verità, il libro è uno di quelli che chi non l’ha letto non può dirsi sardo pieno, zeppo di versi che come dice babbo sono aratri fatti di suono, che scavano nell’anima più intima del sardo, a rimestare insieme con la terra quanto ha di più sacro: “Quando nacque la greggia -ed era bianca/ E lieve come nuvola -fu Dio/ Che a lei cinse una fiorita tanca,/ con siepi di asfodelo in Ugolio/...”, e ancora: “Caprai di Lula, e voi che pei meandri/ Di Corrasi spargete all’alba i branchi/ Snelli, e voi, donne, che tra gli oleandri/ Lavate, lungo le fiumane,i bianchi/ Lini e le lane...”. e ancora: “Oh spillatemi il vin di Valditorta/ Pieno di sole. Candida ed allegra/ Splenda al mezzo la mensa; molto negra/ Elce bruci nel vasto focolar...cogliete molti fior negli orti,/ E spargeteli: a salutarmi i morti/ Verran stanotte e qui vorran cenar...”. È la Sardegna aspra di figli che l’abitano a somiglianza di pecore vaganti, pecore che non sanno né leggere né scrivere, Satta è uno di quei fortunati che faranno liceo e università, anche se perse il babbo a cinque anni e lui e il fratello dovettero scontare le ristrettezze di una famiglia in cui la madre divenne faro di ogni possibilità, distributrice della scarsità che doveva scontare la famiglia. E terribili sono le rime che Bastiano destina alle nere donne sarde, ognuna delle quali sembra riprodursi nella scultura dell’amico suo Francesco Ciusa, quella “madre dell’ucciso” che raccoglie in sé un dolore indicibile, che rende muti e trasforma nella pietra da scalpello. E sul rapporto tra Satta e la madre si sofferma Bruno Rombi: “Credeva Satta?”. Pasqualina Deriu dice del nucleo soprannaturale della sua poetica, della visione del mondo panteistica, del meraviglioso e miracolistico che appare come lampo di temporale ( I tre re, Passò Gesù Bambino, Gesù appare ai mietitori del Campidano). Che la morte faccia inestricabilmente parte del vissuto quotidiano d’ognuno è per Satta scontato, lui i morti li fa parlare, spesso tornare. Le generazioni come un continuo calpestare le stesse strade, le stesse tanche. Dice Collu che quando gli nacque Vindice nel 1908, vide l’evento come vendetta, come riscatto della morte della figliolina. E mise sulle spalle del bimbo una eredità poetica che questi faticò a sopportare. Anche perché in quell’anno Satta ebbe una paralisi che l’immobilizzò per il resto della sua breve vita, pur lasciandogli intatte le facoltà intellettive perché potesse continuare a scrivere poesia. Vindice fu magistrato, tentò invano d’instradare il suo di figlio alla poesia, ma fu proprio lui che all’età di quaranta anni vi si dedicò a tempo pieno, pur terrorizzato dalla gravità della figura paterna. Ne lasciò a centinaia e solo da poco vengono pubblicate (“alla tua morte padre, tacque la foresta). Pure il mio di babbo ne ha lasciato a centinaia, vien da dire che ai sardi sia sufficiente di poterne scrivere ogni giorno per sentirsi appagati. Di lui anche un paio di quadri, in stile naif, colori sgargianti per un cielo celeste e un sole abbacinante d’oro, Gesù vestito come l’iconografia classica ce lo presenta e alcuni contadini neri di sole, la falce in mano in mezzo a spighe gialle, tra le colline in sottofondo, mi sembra di ricordare un nuraghe. PDF Compressor Pro 22 15 giugno 2015 Nel regno della Natura, a tu per tu con i fenicotteri rosa U na storia semplice di passione. Passione e amore per la fotografia, per la natura. Matteo Algranati lo conosco da quasi vent’anni, complice lo stesso ambiente lavorativo, aveva un desiderio peculiare: partire dall’hinterland milanese dove è nato e cresciuto per tornare in Sardegna, rimembrando un viaggio fatto tantissimi anni fa, con la moglie Monica, per scoprire o riscoprire angoli suggestivi che solo la natura, complice la regalia del Mediterraneo, sa accordare. Blogger (www.algranati.it) che si occupa di tutte la passioni della sua vita, oltre alla fotografia, i viaggi, gli acquari, il mare tanto per citarne alcune, al suo rientro dall’isola, come un torrente in piena, enuncia sulle giornate appassionate trascorse al di là del Tirreno. Ascoltarlo, enfatico e meticoloso nel dare un volto ai particolari più preziosi, ha donato a me gioia e curiosità, che vivo e respiro quotidianamente di Sardegna. Come nel decantare la riserva di Monte Arcosu, una passeggiata naturalistica infinita sotto un sole primaverile ed una luce accecante che Milano non conosce, in un’area preservata di proprietà del WWF. È la più estesa in Italia ed è la superficie dove viene salvaguardato il cervo sardo. L’habitat naturale ospita una vasta estensione di macchia e foresta mediterranea. «Un incanto - afferma Matteo - una specie di itinerario fra le specie arboree più rappresentative del periodo». Il Monte Arcosu per Matteo era l’obiettivo per perpetuare esemplari faunistici che sono l’elemento di maggiore inte- resse. Nella riserva sono attualmente vigenti oltre mille esemplari di animali, ma è probabilmente in quest’area che il cervo raggiunge la massima densità. Animale piuttosto schivo, il cervo sardo trova nella macchia-foresta il suo habitat ideale in cui rifugiarsi e può essere avvistato solo con silenziosi e pazienti appostamenti. Per Matteo gli equanimi principali erano gli uccelli che vivono nella riserva. Ammonterebbero a circa 70 specie. Il maggiore interesse si concentra sui rapaci, e la presenza più autorevole è quella dell’Aquila reale, la cui popolazione è dell’ordine di pochissime decine di coppie in tutta l’isola. Nelle personali immagini di Matteo diverse varietà di uccelli fotografati nel giro di pochissimi chilometri: garzette, aironi maggiori, aironi cinerini, cavalieri d’Italia, marzaiole, falchi e poiane con una Nikon D610 con obiettivo Tamron 150-600, specifico nel fotografare animali con l’utilizzo alternativo di un grandangolo Sigma 14-24. E poi il piatto forte rappresentato dai fenicotteri rosa: quelli fotografati nell’area di Cagliari, negli stagni di Santa Gilla e del Molentargius, luoghi fra i più considerevoli della sosta europea dell’incantevole trampoliere. Gli appostamenti all’alba e al tramonto di Matteo per immortalarli in almeno cinquecento rappresentazioni. Per molti anni i fenicotteri hanno frequentato gli stagni dell’area cagliaritana senza nidificare, probabilmente a causa della pressione antropica e dei predatori di uova (soprattutto gabbiani). Negli ultimi anni hanno ripreso a nidificare fra Serramanna sulla via di Santiago La storia del Cammino di Santiago si perde lontana nei secoli e arriva fino ai giorni nostri, chiamando anche i serramannesi verso quell’antico percorso. Infatti, nonostante i tempi moderni che impongono di vivere una vita all’insegna della fretta e della corsa, schiavi di impegni e doveri, alcuni abitanti del nostro paese cercano compagni per organizzare insieme il cammino, meta di pellegrini che giungono fino a Santiago da ogni parte del mondo . Ma cos’è che spinge le persone a scegliere di affrontare quel lungo viaggio a piedi? Ognuno, probabilmente, segue un richiamo diverso e, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, non sono solo i credenti a inseguire quella meta: alcuni cercano Dio, altri se stessi, per trovare l’ anima, altri, il senso della vita. Ma com’è nato questo Pellegrinaggio ormai millenario? Si racconta che San Giacomo Apostolo, dopo la resurrezione di Gesù, percorse la penisola Iberica diffondendo le parole del Vangelo e, quando al suo ritorno in Palestina venne fatto decapitare dal Re, i suoi discepoli riportarono il suo corpo nei luoghi dove aveva predicato, dandogli sepoltura in un posto segreto. Nell’anno 816, un eremita guidato da una pioggia di stelle che cadevano su di un colle e da un sogno dove San Giacomo lo invitava a scavare in quel luogo, trovò la tomba perduta. Su quel colle venne costruita una chiesa in onore del Santo e intorno ad essa nacque una città: Santiago de Compostela (San Giacomo del campo della stella). Da allora, con la via lattea che indicava la strada giusta da seguire, cominciò il cammino dei pellegrini verso Santiago. C’era chi intraprendeva il difficile viaggio di Fede perché aveva fatto un voto, chi per chiedere una grazia, altri ancora come penitenza imposta dalla Chiesa. In quei tempi lontani, i pellegrini partivano in gruppo per proteggersi dagli assalti dei briganti e trovavano riparo presso le locande, gli alloggi e le chiese che vennero costruiti lungo il tragitto. Ognuno di loro portava cucita sul mantello o sul cappello una conchiglia raccolta in Galizia o a Fisterra: quello era il simbolo che il pellegrino mostrava per dimostrare di aver visitato la tomba di San Giacomo. E, da allora, seguendo un misterioso richiamo di fede e scoperta, in gruppo o da soli, i pellegrini non hanno mai smesso di camminare portando con loro una conchiglia come simbolo del loro viaggio verso Santiago...e, se dopo aver letto queste parole alcuni di voi sentissero il desiderio di seguire le stelle e raggiungere quella meta misteriosa e spirituale dove il tempo si è fermato a più di mille anni, contattando l’indirizzo e-mail [email protected] potrete trovare altre persone con lo stesso sogno ed insieme a loro sarà possibile organizzare il cammino di Serramanna verso Santiago di Compostela. Francesca Murgia la vegetazione spontanea della palude. Un monitoraggio del 2004 ha censito oltre 6000 coppie nidificanti. Una bella esperienza quella che Matteo mi racconta, insaporita anche dall’ottima cucina tipica sarda e dall’altrettanto rinomata accoglienza: la gentilezza delle persone e la pulizia dei locali e delle stanze d’albergo, lo hanno colpito. Particolarmente suggestionato, rientrando dal viaggio fatto sino a Carloforte all’altezza di Chia, dove a Capo Spartivento, all’altezza della stretta piana costiera sulla quale insistono le formazioni collinari, prevalentemente rocciose, che costituiscono le pendici meridionali dei monti del Sulcis, ha assistito affascinato al matrimonio tra terra e acqua in una mescolanza di colori e situazioni davvero seducente. «Io e Monica - mi spiega Matteo - eravamo in un paradiso che le Maldive si sognano». Rimane quella pecca tipica della Sardegna, che a conti fatti rappresenta la lacuna principale dell’isola che ancora oggi è impreparata a “fare turismo” tutto l’anno, al di là del costo spesso proibitivo dei trasporti. «In un’area incantevole come quella - ribadisce Matteo - praticamente non abbiamo incontrato nessuno». Quando si riuscirà a far sì che la stagione turistica sia composta non solo dai canonici mesi estivi? Ce lo chiediamo tutti, anche il Matteo di turno, che in un breve viaggio d’inizio primavera ha scoperto l’esclusività di un’isola per molti versi ai più sconosciuta. Massimiliano Perlato INVALIDI & DISABILI di Valentino Pitzalis www.valentinopitzalis.it Rifiuto della richiesta di trasferimento se la persona con handicap ha altri familiari in loco Con la recente sentenza del 06/08/2014, n. 04200/ 2014, il Consiglio di Stato (Sezione IV) ha stabilito che la richiesta di trasferimento può essere rifiutata se la persona portatrice di handicap ha altri familiari in loco. È sicuramente una brutta notizia in particolare per il personale delle forze armate e per i dipendenti del ministero dell’interno (agenti di custodia, carabinieri, poliziotti ecc.) che – nel recente passato – hanno fatto leva su questo tipo di beneficio per poter rientrare nell’isola dopo un periodo “di gavetta” in territorio extraregionale; nello specifico, il Consiglio di Stato ha evidenziatole le seguenti ragioni: Con la legge nr. 183 del 2010, è stata eliminata dall’art. 33 della legge nr. 104 del 1992 la previsione dei requisiti della continuità ed esclusività dell’assistenza. Quindi, tali requisiti non possono più essere pretesi dall’Amministrazione come presupposto per la concessione dei benefici di cui al citato art. 33, con la conseguenza che gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione deve valutare se concedere o meno i benefici in questione (nella fattispecie concreta il trasferimento presso altra sede lavorativa) sono le proprie esigenze organizzative ed operative e l‘effettiva necessità del beneficio, al fine di impedire un suo uso strumentale. Ciò significa che la richiesta di trasferimento non rappresenta un diritto incondizionato del richiedente; infatti la pubblica amministrazione può legittimamente rifiutare l’istanza di trasferimento di un proprio dipendente, presentata ai sensi dellï:’art. 33, quando le condizioni personali e familiari dello stesso recedono di fronte all’interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell’Amministrazione. Ne deriva che il diritto al trasferimento è rimesso ad una valutazione relativamente discrezionale dell’Amministrazione e richiede due condizioni: 1. che nella sede di destinazione vi sia un posto vacante e disponibile; 2. che vi sia l’assenso delle Amministrazioni di provenienza e di destinazione. Ne deriva che, anche se il requisito della vacanza e della disponibilità sia soddisfatto, il beneficio può essere negato in considerazione delle esigenze di servizio della struttura di provenienza o di destinazione. Quando poi risulta che la persona portatrice di handicap ha altri familiari in loco e che il richiedente non ha in precedenza prestato attività di assistenza nei suoi confronti, la p.a. può legittimamente respingere la richiesta di trasferimento.
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