galileo galilei - Laboratorio di Geomatica
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GALILEO GALILEI « La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. » Galileo Galilei, Il Saggiatore, Cap. VI UN GENIO VITTIMA DEL SUO TEMPO Galileo Galilei davanti al Sant’Offizio,Olio su tela, 1847, Parigi, in deposito nei magazzini del Louvre, Robert Fleury. IL CANNOCCHIALE Elemento accessorio ma essenziale alla mente arguta di Galileo. Il suo merito non fu di averlo inventato, ma di averlo perfezionato e soprattutto di averne compresa la funzione di strumento scientifico, volgendolo verso l’ alto e usandolo per compiere straordinarie scoperte astronomiche. Ciò che Galileo vide sembrava offrire una conferma del copernicanesimo. Galileo Galilei mostra il cannocchiale al Doge di Venezia, Pisa, Biblioteca Universitaria, 1846, olio su tela, Le sue osservazioni, i cui risultati sono illustrati nel Siderus Nuncius e nell’ Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti dimostravano infatti che: • la superficie lunare mostrava irregolarità, in analogia con quelle terrestri: veniva così meno l’opposizione tra mondo celeste e mondo sublunare, stabilita dagli aristotelici; alle stesse conclusioni portava anche la scoperta delle macchie solari. La Luna, anche osservata ad occhio nudo, presenta delle strutture superficiali: mari, altipiani e crateri. Galileo osservò non solo i "mari" della Luna, quei grandi avvallamenti che ad occhio nudo apparivano come regioni scure sulla sua superficie, ma anche molte regioni di dimensioni minori, contornate da righe scure. Egli notò che la larghezza di queste linee cambiava al variare delle fasi lunari, cioè dell'angolo di incidenza della luce del Sole. Galileo concluse quindi che esse sono ombre e che la superficie lunare ha montagne e crateri. La Luna, dunque, non e' sferica ne' perfetta. Egli notò che la Via Lattea si presentava come un ammasso di stelle lontanissime; dunque i confini dell’universo risultavano enormemente dilatati, proprio come voleva la teoria copernicana. La Via Lattea era composta da un elevatissimo numero di stelle nebulose, sempre più lontane dalla terra. Tale immagine cambiava di molto la visione del mondo. Quando si supponeva l'esistenza di stelle fisse nel cielo, si pensava che tutte, grandi o piccole, ruotassero alla stessa distanza dalla terra. Con le osservazioni sulla Via Lattea, Galileo comprese che le stelle più piccole della volta celeste si presentavano in tal modo all’osservazione solo per il semplice fatto di essere più lontane dal nostro pianeta. Da un universo racchiuso in uno spazio ciclico di dimensioni finite, ora il cielo appariva infinito. Osservato al telescopio, Giove presentava dei satelliti : la terra non era dunque l’unico centro delle orbite. A sua volta Venere presentava fasi, previste nella teoria copernicana, ma escluse da quella tolemaica. I quattro maggiori satelliti di Giove (Io, Europa, Ganimede e Callisto) sono piuttosto luminosi, ma non sono osservabili ad occhio nudo a causa dell’eccessiva luminosità del pianeta Giove. Galileo, mentre concludeva le sue osservazioni sulla Luna, notò dapprima tre e poi quattro piccole “stelle” vicine al pianeta. Dopo averle osservate per diverse settimane, l'astronomo osservò che esse sembravano seguire Giove nel suo moto attraverso il cielo, cambiando però posizione sia tra di loro che rispetto al pianeta. Nel gennaio del 1610, Galileo giunse alla conclusione che non si trattava di stelle, bensì di quattro "lune" che ruotano attorno a Giove, come la Luna attorno alla Terra. Ganimede Io Europa Callisto LA CONDANNA Galileo Galilei davanti al tribunale dell'Inquisizione. Olio su tela di Niccolò Barabino, 1888. Replica ridotta dell'affresco in Palazzo Celesia a Genova (Collezione privata, Genova) Galileo Galilei davanti al Tribunale della Santa Inquisizione, in una stampa posteriore al sec. XVII. Nella vicenda di Galilei, chi subisce denunce, processi, la condanna e l’umiliazione della forzata abiura è lo scienziato più brillante e prestigioso del mondo cattolico dell’epoca, un intellettuale che - se aveva lottato a favore del copernicanesimo e rivendicato la libertà di ricerca in campo scientifico e filosofico non aveva mai messo in discussione i dogmi del cattolicesimo tridentino e aveva sempre riconosciuto la superiorità in campo teologico e morale. 1610-1616: Sidereus Nuncius e le Lettere Copernicane •La battaglia per l’autonomia della scienza “Io crederei che l’autorità delle Sacre scritture avesse avuto solamente la mira a persuadere a gli uomini quegli articoli e proposizioni, che son necessarie per la salute loro, e superando ogni umano discorso, non potevano né per altra scienza, né per altro mezzo farcisi credibili, che per bocca dello stesso Spirito Santo. Ma che quel medesimo Dio ci ha dotati di sensi, di discorso e d’intelletto, abbia voluto posponendo l’uso di questi, darci con altro mezzo le notizie che per quelli possiamo conseguire, non penso che sia necessario il crederlo, e massime in quelle scienze delle quali una minima parte […] se ne legge nella Scrittura.” (Lettera, da Galileo Galilei a Benedetto Castelli, 1613) LE CRITICHE • • • • • Ordine domenicano; Ordine gesuita; Tycho Brahe; Cardinale Bellarmino Cardinale Maffeo Barberini (futuro papa Urbano VIII) Tycho Brahe Papa Urbano VIII 1616: Il “decreto anticopernicano” De revolutionibus orbium coelestium di Copernico fu messo all’Indice dei libri proibiti; • Vennero condannate dal Sant’uffizio due “proposizioni”, le quali sintetizzavano il pensiero eliocentrico: • 1) “Che il sole sia nel centro del mondo e immobile per moto locale è preposizione assurda e falsa in filosofia e formalmente eretica, perché espressamente contraria alla Sacra Scrittura.” 2) “Che la terra non sia il centro del mondo, né immobile, ma che si mova con moto eziandio diurno, è parimenti proposizione assurda e falsa in filosofia e teologicamente considerata per lo meno erronea in riguardo alla Fede.” • Galileo venne solo ammonito e costretto ad abbandonare il copernicanesimo per decisione del papa Paolo V: incaricato di svolgere tale solenne ammonizione fu il cardinale Bellarmino in persona, il quale convocò Galilei nel suo palazzo, il 25 febbraio 1616. Lo scienziato accettò l’ammonizione, senza sottomettersi. Papa Paolo V 1633: la condanna del Dialogo sopra i due massimi sistemi • Durante questo processo, svoltosi dopo la pubblicazione del famoso Dialogo, Galilei non ricevette soltanto un’ingiunzione, bensì venne costretto alla pubblica abiura e condannato al carcere perpetuo Urbano VIII ritratto dal Bernini Copertina del Dialogo 22 giugno 1633: la sentenza di condanna contro Galilei • Condannato come “delinquente” gravemente sospetto d’eresia per aver sostenuto nel Dialogo la dottrina eliocentrica di Copernico, dopo che questa era stata definita contraria alle Scritture; • Per ricevere l’assoluzione, Galilei dovrà abiurare le sue idee scientifiche; • Galilei è condannato al carcere perpetuo, anche se il tribunale del Sant’uffizio si riserva di modificare a proprio assoluto arbitrio i termini della pena; • Il Dialogo viene messo all’Indice dei libri proibiti. Frontespizio dell'Indice dei libri proibiti nell'edizione del 1664 che contiene la proibizione del Dialogo di Galileo Nel documento si può osservare uno dei costituti o interrogatori originali di Galileo Galilei di fronte all’Inquisizione. Più in particolare si tratta della parte finale della deposizione che Galileo rese il 12 aprile 1633, da lui sottoscritta. Dopo la condanna delle tesi scientifiche sostenute da Galileo si giunse, com’è noto, all’abiura pronunciata dal grande pisano nella chiesa della Minerva il 22 giugno 1633. Nei mesi che seguirono Galileo ottenne da Urbano VIII di poter scontare la pena della prigionia nella sua villa di Arcetri. Da qui il 17 dicembre 1633 inviava una lettera interamente autografa al suo «protettore», il cardinale Francesco Barberini, per il cui intervento aveva ottenuto quel favore. “Diciamo, pronunziamo, sentenziamo e dichiariamo che tu, Galileo sudetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo S.o Off.o veementemente sospetto d'eresia, cioè d'aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch'il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tener e difendere per probabile un'opinione dopo esser stata dichiarata e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura; e conseguentemente sei incorso in tutte le censure e pene dai sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Dalle quali siamo contenti sii assoluto, pur che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi e detesti li sudetti errori e eresie, e qualunque altro errore e eresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel modo e forma da noi ti sarà data. E acciocché questo tuo grave e pernicioso errore e transgressione non resti del tutto impunito, e sii più cauto nell'avvenire e essempio all'altri che si astenghino da simili delitti. Ordiniamo che per publico editto sia proibito il libro de' Dialoghi di Galileo Galilei. Ti condaniamo al carcere formale in questo S.o Off.o ad arbitrio nostro; e per penitenze salutari t'imponiamo che per tre anni a venire dichi una volta la settimana li sette Salmi penitenziali: riservando a noi facoltà di moderare, mutare o levar in tutto o parte, le sodette pene e penitenze. E così diciamo, pronunziamo, sentenziamo, dichiariamo, ordiniamo e reservamo in questo e in ogni altro meglior modo e forma che di ragione potemo e dovemo [...] ” «Io Galileo, fig.lo del q. Vinc.o Galileo di Fiorenza, dell’età mia d’anni 70, constituto personalmente in giudizio, e inginocchiato avanti di voi Emin.mi e Rev.mi Cardinali, in tutta la Republica Cristiana contro l’eretica pravità generali Inquisitori; avendo davanti gl’occhi miei li sacrosanti Vangeli, quali tocco con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l’aiuto di Dio crederò per l’avvenire, tutto quello che tiene, predica e insegna la S.a Cattolica e Apostolica Chiesa. Ma perché da questo S. Off.o, per aver io, dopo d’essermi stato con precetto dall’istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione che il sole sia centro del mondo e che non si muova e che la terra non sia centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere né insegnare in qualsivoglia modo, né in voce né in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d’essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l’istessa dottrina già dannata e apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna soluzione, sono stato giudicato veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto che il sole sia centro del mondo e immobile e che la terra non sia centro e che si muova; Pertanto volendo io levar dalla mente delle Eminenze V.re e d’ogni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla S.ta Chiesa; e giuro che per l’avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione; ma se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d’eresia lo denonziarò a questo S. Offizio, o vero all’inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovarò. Giuro anco e prometto d’adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo S. Off.o imposte; e contravvenendo ad alcuna delle dette mie premesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da’ sacri canoni e altre costituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Così Dio m’aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani. Io Galileo Galilei suddetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel convento della Minerva, questo di 22 giugno 1633. Io, Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria.» 1981-1992: La Chiesa riconosce l’ingiusta condanna Papa Giovanni Paolo II auspicò che l'esame del caso Galilei venisse approfondito da «teologi, scienziati e storici, animati da uno spirito di sincera collaborazione, [...] nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque parte provengano» per rimuovere «le diffidenze che quel caso tuttora frappone, nella mente di molti, alla fruttuosa concordia tra scienza e fede, tra Chiesa e mondo». Dopo oltre 11 anni dall'inizio dei lavori e 359 anni dopo la condanna di Galileo, nella relazione finale della commissione di studio datata 31 ottobre 1992, il cardinale Poupard scrive che la condanna del 1633 fu ingiusta, per un'indebita commistione di teologia e cosmologia pseudoscientifica e arretrata. “C’era una volta un famoso scienziato che si chiamava Galileo Galilei. Fu processato dall’Inquisizione e costretto a ritrarre i propri insegnamenti. Ciò causò grande agitazione e per ben duecentocinquant’anni e più il caso continuò a suscitare indignazione e eccitazione, molto tempo dopo che l’opinione pubblica aveva vinto la sua battaglia e la Chiesa era diventata tollerante nei confronti della scienza. La scienza galileiana non ha più nemici: la sua vita, d’ora in poi, è sicura.” Karl Popper, Scienza e filosofia
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