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I Guaraní-Kaiowá del Brasile "I Guaraní si suicidano perché non hanno più terra, non hanno più spazio. Prima eravamo liberi, ora non lo siamo più. I nostri giovani si guardano intorno, pensano che non è rimasto più nulla e si domandano come possano continuare a vivere. Si sentono abbandonati a se stessi, si lasciano vivere per un po’ e infine si suicidano". Rosalino Ortiz, Guaraní Ñandeva “Oltre settemila Indiani lavorano nelle fabbriche di carbone e nel processo di trasformazione della canna da zucchero. Vivono in condizioni di schiavitù. Questa è l’integrazione che ci offre la società dei bianchi. Ma noi, gli Indiani, i primi proprietari di questa terra, non possiamo accettare questa umiliante e disumana integrazione.” Marta Vitor Guaraní, presidente della Kaguateca Association for Displaced Indians I Kaiowá sono un popolo forte che conta 25.000 persone. Vivono nel grande stato del Mato Grosso do Sul, nella zona centro-occidentale del Brasile, vicino ai confini con la Bolivia e il Paraguay. Essi sono uno dei tre gruppi in cui si suddivide il popolo Guaraní del Brasile (gli altri due sono i Ñandeva e gli M’bya). I Guaraní brasiliani sono circa 30.000 e costituiscono una delle più grandi società indiane del Brasile (la popolazione indiana del paese conta attualmente circa 350.000 persone). I Guaraní vivono anche nei paesi confinanti: Paraguay, Bolivia e Argentina. In Paraguay, dove sono 40.000, il guaraní è lingua ufficiale al pari dello spagnolo. I Guaraní Kaiowá sono un popolo profondamente spirituale e credono di essere i primi uomini creati dal “grande padre”, Ñande Ru. Ogni comunità ha una sorta di casa di preghiera. Il cacique, il leader religioso, riveste un ruolo importantissimo nella comunità. La sua autorità dipende dal suo prestigio, non da un riconoscimento formale di potere: “Il cacique vive come uno spirito e nella sua mente c’è una linea telefonica diretta con Dio. Conosce preghiere diverse per proteggerci dai morsi dei serpenti, dagli attacchi del giaguaro, per propiziare il sole o la pioggia”. Ognuno dei gruppi in cui si suddividono i Guaraní ha proprie forme di organizzazione sociale. In comune mantengono però una religione che attribuisce un’importanza suprema alla terra. La terra è l’origine e la fonte della vita ed è considerata come un dono del “grande padre”, Ñande Ru. Quando la loro terra viene occupata, colonizzata o distrutta da estranei, i Guaraní vivono le invasioni non solo come un furto ma anche come un’offesa nei confronti della loro religione. I Kaiowá chiamano i loro territori tekoha: sono i luoghi in cui sono nati, in cui sono sepolti i loro antenati, e li considerano sacri. “Come Indiani, il nostro desiderio è di poter morire dove siamo nati. É una tradizione guaraní-kaiowá. Non vogliamo morire lontano dal luogo in cui siamo nati. Per questo chiediamo la demarcazione della nostra terra. Per il nostro popolo è fondamentale poter tornare nei luoghi natali... Solo così, dopo che i nostri corpi saranno stati sepolti, la nostra anima potrà tornare al creatore, a nostro padre”. I Guaraní credono nell’esistenza di una terra senza dolore, o “Terra senza Demonio”, in cui le anime possono riposare in pace dopo la morte. Raggiungere questo luogo è per loro importantissimo. © Genevieve Vallée / Survival Diritto alla terra o morte molti bambini soffrono gravemente di malnutrizione. Bolivia Mato Grosso do Sul Campo Grande Dourados Paraguay Brasile Area in cui sono concentrati gli Indiani Guaraní del Brasile Terra Fino al 1880, i Guaraní Kaiowá e i Ñandeva potevano disporre, quasi in esclusiva, dell’angolo sud occidentale del Brasile. I contatti coi colonizzatori bianchi cominciarono quando le loro terre vennero esplorate dai coltivatori di tè. Ma, oggi, la minaccia più grande per i Guaraní e le loro terre viene dai taglialegna e dagli allevatori. “Mato Grosso” significa “foresta fitta”, ma gli alberi sono tutti scomparsi e gran parte del legname è stato venduto proprio dal FUNAI, la Fondazione Nazionale per gli Indiani, che ha il compito di difendere i diritti alla terra degli indigeni. Tra colonizzazione e furti, ora i Guaraní non hanno più terre sufficienti a sostenere una società basata sulla caccia, la pesca e l’agricoltura di sussistenza. Gli Indiani sono costretti a cercare lavoro come manovalanza migrante nelle piantagioni di canna da zucchero e nelle distillerie d’alcol distanti anche più di 100 chilometri dalle loro case. Tre mesi di lavoro in tali condizioni di semi-schiavitù spesso non fruttano agli Indiani che poche decine di dollari a testa. Negli ultimi dieci anni, le terre del Mato Grosso do Sul che gli Indiani cercavano di conservare sono state dimezzate, e oggi misurano meno di 25.000 ettari. A Campestre, una delle comunità più piccole, 400 Guaraní sono costretti in soli 9 ettari di terra circondata da colline disboscate su cui pascolano le mandrie degli allevatori. L’appezzamento sfuggito al furto è troppo piccolo per poter essere coltivato e Gli Indiani del Mato Grosso do Sul hanno sferrato una disperata campagna per proteggere le loro terre da un governo e da un sistema legale che quasi sempre prendono le parti dei coloni e degli allevatori. Negli ultimi anni, stanchi di aspettare l’intervento delle autorità, alcune comunità che erano state sfrattate dagli allevatori alcuni decenni fa hanno rioccupato le loro terre. Spesso gli allevatori assoldano dei sicari per intimidire e picchiare gli Indiani. Molte comunità sono state cacciate con grande violenza e le loro case e proprietà sono state distrutte. Gli allevatori godono di solito della connivenza dei politici locali; per questo i casi che riguardano l’occupazione territoriale e gli sfratti vengono sempre chiusi a danno degli Indiani oppure languono per anni nelle aule dei tribunali. Marta Vitor Guaraní è amareggiata per il fatto che gli allevatori in tribunale sembrano vincere sempre: “Gli Indiani sono come le piante... Come possiamo vivere senza il nostro suolo, senza la nostra terra?”. Il Governo federale non ha saputo prevenire le violenze e ha fatto molto poco per demarcare e proteggere le terre dei Guaraní. Suicidi Un numero sempre crescente di Guaraní Kaiowá sta decidendo di non essere più in grado di continuare a vivere. Nel 1995, tra loro ci sono stati 56 suicidi, molti di giovani e persino bambini. La suicida più giovane è stata Luciane Ortiz, di soli 9 anni. Sono circa 300 i suicidi denunciati negli ultimi 14 anni. Sembra che molti di loro abbiano deciso che la morte è preferibile alle condizioni di vita cui sono stati forzati. Tra le comunità guaraní che sono riuscite a rioccupare le loro terre, il tasso di suicidi è drasticamente diminuito. "I giovani si suicidano perché rimpiangono il passato. Rimpiangono le loro foreste, vogliono mangiare i suoi frutti e uscire in cerca del miele; vogliono usare i loro rimedi naturali e tradizionali. A Dourados, dove è avvenuta la maggior parte dei suicidi, un giovane mi disse che non voleva più vivere perché con le sorgenti inquinate e senza alcuna possibilità di cacciare e di pescare, non c'era più ragione di vita" (Amilton Lopes). Il furto della terra, tanto importante per i Guaraní, ha messo molte comunità a rischio. Le comunità guaraní in passato erano molto unite e venivano rafforzate dal potere del cacique. Poiché molti Guaraní sono stati sfrattati e costretti a trasferirsi nelle città, oggi, le loro strutture sociali stanno perdendo di significato. Alcuni missionari, specialmente i Pentecostalisti, sono entrati nelle terre dei Guaraní e alcuni Indiani credono che abbiano contribuito al crollo della loro società. Molti dei Kaiowá che si sono uccisi vivevano ai margini delle aree urbane, estromessi dalla loro terra sacra. Secondo Mauricio Vilalba Souza, uno studente Guaraní, “Il suicidio è una protesta fatta da una persona che non può più esprimere le parole di Ñande Ru”. Gli obblighi del Brasile Secondo la costituzione del Brasile, il governo federale è obbligato a demarcare e a proteggere la terra indiana. Sfortunatamente, nel gennaio 1996 il Presidente Cardoso ha firmato il Decreto 1775, che permette ai colonizzatori, agli allevatori e ai taglialegna (o chiunque altro abbia un interesse nell’occupare la terra indiana) di mettere in discussione la demarcazione delle aree indigene inasprendo il conflitto sui diritti alla terra. Una delle prime aree ad esser stata messa in discussione è l’area indigena Sete Cerros. Una società agricolo-industriale di nome Sattin vuole usare quest’area per allevarvi bestiame. Queste contestazioni complicano ulteriormente la già gravissima situazione dei Guaraní: le aree demarcate sono troppo piccole e non corrispondono al territorio necessario e storicamente occupato. I Guaraní che sono stati estromessi dal governo dal loro tekoha e reinsediati in grandi riserve come Dourados e Amambai, dove si verifica il maggior numero di suicidi, devono poter riavere le loro terre secondo quando stabilisce anche la costituzione brasiliana, che riconosce “i diritti originali dei popoli tribali alle terre abitate da tempi immemorabili.” Un anziano sciamano ha detto: “Come puoi sopravvivere nella tua casa se non hai nemmeno la legna per accendere il fuoco? Quando le foreste vengono abbattute, diventi vuoto, spiritualmente vuoto. Quando invece vivi in simbiosi con la natura, circondato da foreste rigogliose, sei vivo e hai tutto”. Survival sostiene i Guaraní Kaiowá e la battaglia che essi combattono per mantenere la propria dignità di fronte all’oppressione. Chiede al governo del Brasile di riconoscere loro il diritto alla proprietà della terra e il diritto di determinare il proprio futuro. "Penso alle condizioni in cui viviamo, in queste case così piccole, sopraffatti da una miseria degradante. Non abbiamo niente da mangiare, eppure il nostro popolo ha ancora la forza di cantare con gioia e con speranza, e continua a cercare la "Terra senza Demonio"... Noi Indiani non vogliamo denaro o ricchezze. Vogliamo solo terra sufficiente per poter vivere come preferiamo". Marta Silva Bibliografia Diseredati - Indiani del Brasile, Survival International, 2000 Conflitos de Direitos sobre as Terras Guarani Kaiowá no Estado do Mato Grosso do Sul, CIMI/CPI 2000, São Paulo, Brasile Por que os Guarani e Kaiová se suicidam?, Pauletti, M., Schneider, N., e Mangolim, O., CIMI, 1997. Richiedere i testi del CIMI a: CIMI-MS, C.P. 2129, 79002-070, Campo Grande, MS, Brasile. Diritto alla terra o morte © Survival 2000. Per ricevere altre copie di questo e/o altri background e maggiori informazioni: Survival International (Italia), Casella Postale 1194, 20101 Milano, Italia Telefono: 02-8900671 - Fax: 02-8900674 www.survival.it Survival è un’organizzazione mondiale di sostegno ai popoli tribali. Difende il loro diritto di decidere del proprio futuro e li aiuta a proteggere le loro vite, le loro terre e i loro diritti umani.
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