Art. scientifico Dental Cadmos
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Clinica e ricerca IMPLANTOPROTESI TEMPO MEDIO DI LETTURA 10 minuti Valutazione microradiografica dell’osteointegrazione di un mini impianto caricato immediatamente P. Guazzotti, A. Dagna Liberi professionisti, Alessandria 1. Introduzione L’edentulia è una condizione di invalidità la cui gravità è direttamente proporzionale al numero di elementi mancanti: la perdita totale degli elementi dentari spesso costituisce un grande problema, sia per la compromis- sione della funzione masticatoria e fonatoria, sia per i risvolti negativi sulla vita di relazione dei pazienti. La riabilitazione con protesi fissa su impianti osteointegrati in molti casi può non essere considerata la soluzione primaria, per varie ragioni: l’osso disponibile Riassunto OBIETTIVI. La stabilizzazione delle protesi totali in mascellari atrofici, specialmente inferiori, è da sempre un problema comune a tutti gli studi odontoiatrici, molte volte complicato dalla tipologia dei pazienti che ne chiedono la soluzione: anziani, spesso con patologie croniche e in terapia con farmaci che complicano o controindicano la chirurgia tradizionale. In questi casi possono rappresentare una valida soluzione i cosiddetti “mini impianti”, in commercio da qualche anno, provvisti di attacchi finalizzati alla realizzazione di overdentures; quando le condizioni lo consentono, possono essere inseriti con tecniche chirurgiche scarsamente invasive e caricati immediatamente. METODI. Il caso descritto si riferice a una paziente già portatrice di una protesi inferiore, a cui sono stati inseriti quattro mini impianti intraforaminali, immediatamente caricati; 4 mesi dopo l’intervento, la paziente ha subito un importante trauma facciale ed è stato necessa- CLINICA E RICERCA IMPLANTOPROTESI residuo a volte non è sufficiente per l’inserimento degli impianti, il paziente può avere un atteggiamento psicologico sfavorevole alla chirurgia, possono sussistere controindicazioni legate all’età e alle condizioni di salute e, in ultima analisi, non devono essere trascurate le motivazioni rio rimuovere un impianto. RISULTATI. È stato possibile sottoporre l’interfaccia osso-impianto ad analisi microradiografica, che ha messo in evidenza un soddisfacente grado di osteointegrazione, nonostante il breve periodo trascorso dall’inserimento. CONCLUSIONI. Le indagini microradiografiche effettuate hanno confermato la validità dei mini impianti e il loro elevato grado di osteointegrazione in breve tempo dopo l’iserimento. Parole chiave odontoconsult.it Mini impianti Osteointegrazione Microradiografie Stabilizzazione della protesi Mascellare atrofico DENTAL CADMOS 2009 Novembre;77(9) 1 P. Guazzotti, A. Dagna Abstract Microradiographic evaluation of immediately loaded mini-implant osteo-integration OBJECTIVES. Denture stability in atrophic jaw, especially in the lower one, has always been a common problem in daily practice. This condition is often complicated by patients’ problems such as age, chronic diseases, drug therapy complicating or controindicating traditional surgery. In all these cases a solution may be represented by mini dental implants, marketed for some years, which provide specific attachments for overdentures; if clinical conditions are favourable, they may be inserted by flapless surgery and immediately loaded. METHODS. The authors report the case of a patient with a lower denture; four mini dental implants were inserted in the anterior mandible and immediately loaded; four months after surgery, the patient suffered from a serious facial trauma economiche, che talvolta negano la possibilità di riabilitazioni complesse. In molti casi il problema può essere risolto mediante la realizzazione di overdentures, cioè protesi totali mantenute in posizione da impianti osteointegrati (1,2), efficacemente realizzabili anche da professionisti senza una particolare esperienza di chirurgia e protesi implantare (3). Con il termine overdentures si intendono letteralmente le riabilitazioni protesiche ancorate a denti naturali (4); lo stesso termine, nel comune linguaggio odontoiatrico, viene impiegato anche per indicare le protesi mobili ancorate a impianti osteointegrati, sia a supporto implantare, sia a supporto misto implantare e mucoso (5,6). Da alcuni anni sono stati introdotti sul mercato impianti di piccolo calibro finalizzati alla stabilizzazione delle protesi mobili (7), provvisti di un attacco a palla per la realizzazione di overdentures ad appoggio mucoso. Impianti di questo genere possono essere posizionati tramite un approccio chirurgico privo di lembi, poco invasivo; il proto- 2 DENTAL CADMOS 2009 Novembre;77(9) and one implant had to be removed. RESULTS. Although a brief period of time had elapsed, it was possible to examine the bone-implant interface by micro-radiographic analysis that pointed out a good osteo-integration. CONCLUSIONS. Micro-radiographic analisys confirmed efficacy of mini dental implants and their high grade of osteo-integration shortly after insertion and loading. Key words Mini dental implants Osteointegration Micro-radiography Denture stability Atrophic jaw collo è semplice, i tempi di esecuzione sono ridotti e il disagio postoperatorio è scarso; possono quindi essere ideali per quei pazienti in cui, per svariate ragioni, è controindicata la chirurgia tradizionale (8). Il calibro ridotto consente inoltre il posizionamento anche in alcuni casi in cui il volume dell’osso residuo disponibile non sarebbe sufficiente per gli impianti tradizionali, senza dover ricorrere a preliminari interventi di chirurgia implantare avanzata (9,10). È ovvio che, a parità di volumetria ossea, riducendo il calibro degli impianti è più semplice rispettare i confini anatomici dell’osso e ridurre il rischio di effetti indesiderati. In commercio esistono differenti sistemi che prevedono l’impiego di impianti di piccolo calibro provvisti di attacchi per la stabilizzazione delle protesi totali dell’arcata inferiore. La componente intraossea e la componente transmucosa dell’impianto sono simili, così come le metodiche di inserimento dei vari sistemi; le principali differenze invece sono a carico dei dispositivi di ancoraggio, che variano a se- conda dell’azienda produttrice. Nei casi in cui sussistono i presupposti per il carico immediato, la protesi può essere ancorata immediatamente agli impianti. Per “carico immediato” si intende il posizionamento in occlusione di una protesi fissa o rimovibile su barra entro 24 ore dall’inserimento degli impianti. È opportuno distinguere dal termine “funzione immediata”, che fa invece riferimento al posizionamento non in occlusione della protesi, sempre entro 24 ore dall’intervento chirurgico (11); prerogativa della protesi a “funzione immediata” è la possibilità di ridurre o addirittura eliminare il carico dell’impianto, soddisfacendo contemporaneamente le esigenze estetiche e funzionali del paziente (12). Nel caso delle protesi totali stabilizzate da impianti, se vengono rispettati i criteri chirurgici, protesici e di scelta dei materiali atti a favorire l’appoggio mucoso, è probabilmente più corretto parlare di protesi a funzione immediata anziché a carico immediato. Per caricare immediatamente gli impianti, è però necessario rispettare alcuni criteri fondamen- CLINICA E RICERCA IMPLANTOPROTESI Valutazione microradiografica dell’osteointegrazione di un mini impianto caricato immediatamente tali, che sono riassunti in un recente lavoro di Vanden Bogaerde (12): • stabilità dell’impianto appena inserito nell’osso (stabilità primaria): è la condizione indispensabile per il carico immediato; dipende essenzialmente dalla presenza di osso di buona qualità e in quantità adeguata; può essere favorita da alcuni fattori come la tecnica chirurgica (in osso soffice, per aumentare la stabilità, è opportuno sottopreparare il sito) e la geometria dell’impianto: in osso soffice la forma conica migliora sensibilmente la stabilità (13,14); • torque di inserzione superiore a 30 N/cm; • frequenza di risonanza superiore a 50 (espressa in quoziente di stabilità implantare, ISQ); • controllo del carico occlusale: è importante ridurre il carico occlusale all’indispensabile, oppure eliminarlo completamente nei casi in cui sia possibile. La maggior parte degli autori, per stabilire se la stabilità primaria è idonea al carico immediato, indica come principali criteri obiettivi due prove strumentali: • misurazione del torque di inserzione: deve essere superione a 30 N/cm (12,15,16); • analisi della frequenza di risonanza: tale tecnica considera la frequenza di risonanza emessa da un trasduttore collegato a un impianto o a una mesiostruttura (11); il valore della frequenza di risonanza è correlato alla rigidità di connessione dell’impianto con il tessuto osseo (17,18) e viene espresso dagli apparecchi di ultima generazione in ISQ, secondo una scala di valori che varia da 1 a 100. Sicuramente, tra i due parametri considerati, il torque di inserzione è molto più pratico e agevole da valutare: la maggior parte CLINICA E RICERCA IMPLANTOPROTESI delle apparecchiature per l’inserimento degli impianti attualmente disponibili sul mercato ne permettono l’impostazione e quindi la misurazione; l’analisi della frequenza di risonanza, necessitando di un’apparecchiatura apposita, non può essere una metodica alla portata di tutti gli odontoiatri, specialmente quelli che non si occupano nello specifico di impianti: può essere la soluzione ideale per lo specialista che si dedica principalmente all’implantologia. 2. Materiali e metodi Viene presentato il caso di una paziente, G.M., anni 65, giunta alla nostra osservazione poiché da alcuni anni lamentava notevole instabilità della protesi totale mobile dell’arcata inferiore. Il problema era già stato affrontato presso altri studi odontoiatrici ma senza sostanziali miglioramenti, nonostante numerose modifiche e ribasature, oltre al rifacimento della protesi. Era stata esclusa la stabilizzazione con impianti per il grado di atrofia mandibolare, che, a giudizio dei colleghi, richiedeva il ricorso a innesti ossei, categoricamente rifiutati dalla paziente. L’esame clinico e radiologico (fig. 1) metteva in evidenza una notevole atrofia mandibolare, con osso disponibile residuo, a seconda dei siti, delle Classi 5-6 di Cawood e Howell (19), comunque compatibile con il posizionamento di impianti di piccolo calibro senza necessità di interventi di chirurgia implantare avanzata. La soluzione è stata accettata dalla paziente. Previa induzione di anestesia plessica, con tecnica chirurgica senza lembi, sono stati inseriti quattro impianti di piccolo calibro (fig. 2) delle seguenti lunghezze e posizioni: • lunghezza 12 mm in posizione 3.3; • lunghezza 10 mm in posizione intermedia tra 3.2 e 3.1; • lunghezza 14 mm in posizione intermedia tra 4.1 e 4.2; • lunghezza 10 mm in posizione 4.3. Fig. 1 Particolare dell’ortopantomografia del caso iniziale Fig. 2 Impianti in situ DENTAL CADMOS 2009 Novembre;77(9) 3 P. Guazzotti, A. Dagna Gli impianti in titanio utilizzati per il caso descritto (MIB, Mini Implant Ball, Progress Anthogyr) sono caratterizzati da una parte intraossea filettata e un collo transmucoso lucido di forma trapezoidale, con la base maggiore rivolta a livello coronale; a essa è ancorata la componente implantare dell’attacco; alla base dell’attacco è presente l’ancoraggio per il dispositivo di inserimento dell’impianto nell’osso. Sono disponibili in tre differenti lunghezze (10, 12 e 14 mm); hanno forma leggermente conica, con diametro di 1,8 mm all’apice e di 2,6 mm all’emergenza. La superficie della porzione intraossea è rugosa, tipo SLA® (ITI, Straumann Institute), per effetto di un doppio trattamento di sab- biatura e mordenzatura con acido nitrico e fluoridrico (8). È ormai noto che la superficie implantare condiziona la qualità dell’osteointegrazione: essa si realizza più rapidamente in presenza di superfici rugose (12,2023) e, nel caso specifico, la superficie sabbiata e mordenzata “ha portato a risultati clinici ottimali” (24); in letteratura si trovano numerose segnalazioni in merito alle qualità della superficie SLA®, in grado, rispetto alle superfici liscie, di incrementare la percentuale di contatto tra osso e impianto (25,26), di favorire la neoapposizione ossea sin dalle prime fasi di guarigione (27) e di aumentare il torque necessario alla rimozione dell’impianto (28-30). Gli impianti sono stati inseriti con accesso senza lembi (23,3134), che può essere considerato un approccio predicibile se la selezione dei pazienti e la tecnica chirurgica sono appropriate (8,32,35). I neoalveoli implantari sono stati realizzati senza esporre l’osso, opercolando la gengiva a tutto spessore con il bisturi circolare da contrangolo in dotazione alla sistematica impiegata, con diametro calibrato all’estremità coronale della porzione transmucosa dell’impianto. Il sistema di ancoraggio è di tipo “O-Ring”, con durezza dell’anello in gomma pari a 60 shore. L’attacco “O-Ring” presenta soddisfacenti requisiti ritentivi e buona resistenza nei confronti del carico masticatorio (36); of- Fig. 3 Esiti del trauma facciale, con attacco per “O-Ring” dell’impianto in posizione 4.3 danneggiato Fig. 4 Lembo di accesso Fig. 5 Fresa carotatrice in azione Fig. 6 Impianto rimosso 4 DENTAL CADMOS 2009 Novembre;77(9) CLINICA E RICERCA IMPLANTOPROTESI Valutazione microradiografica dell’osteointegrazione di un mini impianto caricato immediatamente fre inoltre la possibilità di compensare la resilienza della mucosa durante la funzione, in modo da ridurre il carico dell’impianto. Gli attacchi del caso descritto sono stati fissati alla protesi nella stessa seduta, contestualmente alla ribasatura con resina Tokuso Rebase II Fast (Tokuyama Dental), con immediato beneficio funzionale. Circa 4 mesi dopo, in seguito a un importante trauma facciale, la protesi della paziente, provvista di armatura metallica, si è deformata e si è verificata la necessità di rimuovere la stessa per mezzo di strumenti rotanti, in modo da separarla in due pezzi. Durante l’intervento di rimozione è stato irrimediabilmente danneggiato l’attacco a palla dell’impianto in posizione 4.3. Successivamente al trauma, si è inoltre instaurato un processo infiammatorio a livello dei tessuti perimplantari dell’elemento danneggiato (fig. 3), favorito dall’assenza di gengiva aderente. Essendo ormai inservibile ai fini della stabilizzazione protesica, si è optato per la rimozione dell’impianto, nonostante le difficoltà derivanti dal grado di atrofia mandibolare. Allo scopo, è stata impiegata una fresa carotatrice del diametro interno di 3 mm; poiché il diametro del collo transmucoso dell’emergenza implantare era di poco inferiore a quello della fresa, per evitare il rischio di notevole attrito e surriscaldamento si è preferito rimuovere preventivamente la componente extraossea con una fresa a fessura, montata su un manipolo diritto, previo scollamento di un piccolo lembo a tutto spessore (fig. 4; da questa immagine si può già apprezzare l’intimo contatto tra l’osso e la superficie implantare, anche se la stima visiva diretta è puramente empirica e non adeguata per valutare l’osteointegrazione). La fresa carotatrice è stata impiegata sino a una profondità pari a circa il 50% della lunghezza dell’impianto (fig. 5). Non è stato ritenuto opportuno raggiungere una profondità maggiore per il timore di fenestrare lingualmente la corticale ossea della mandibola e il rischio di ledere i vasi del pavimento della bocca, con le ovvie conseguenze (37). La parte profonda, non carotata, dell’impianto è stata rimossa, con notevoli difficoltà, in una prima fase median- Fig. 8 Microradiografia della seconda sezione dell’impianto CLINICA E RICERCA IMPLANTOPROTESI te lussazione con una leva sottile, analogamente a un residuo radicolare, quindi svitata con una pinza ossivora. L’impianto con la circostante porzione di osso carotato (fig. 6) è stato fissato in formalina al 10%, disidratato con serie ascendente di alcoli e trattato per l’inclusione in poli-metil-meta-acrilato (PMMA) senza alcuna decalcificazione. Il campione è stato sezionato con microtomo a lama circolare diamantata per ottenere sezioni longitudinali dell’impianto e dell’osso circostante di 200 µm, preventivamente montate, fatte aderire a un supporto di poliestere con nastro biadesivo onde evitare artefatti. Dopo pulizia delle sezioni con carte abrasive e lucidatura con allumina, sono state effettuate microradiografie su pellicola ad alta risoluzione (Kodak SO343) tramite X-Ray Generator Compact 3K5 a 15 kV e 15 mA, per 5 minuti. Dopo sviluppo con liquido HC-110 e fissaggio, le microradiografie sono state fotografate tramite Axiophot Zeiss. Fig. 7 Microradiografia della prima sezione dell’impianto Fig. 9 Immagine che evidenzia le zone della superficie implantare sottoposte a indagine microradiografica a maggior ingrandimento (larghezza di campo 5,47 mm) DENTAL CADMOS 2009 Novembre;77(9) 5 P. Guazzotti, A. Dagna 3. Risultati Le microradiografie dell’impianto evidenziano la presenza di osso nella metà esterna dello stesso (figg. 7 e 8). L’analisi microradiografica, effettuata in collaborazione dal Dipartimento di Anatomia e Istologia dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e dal Dipartimento di Patologia Umana ed Ereditaria dell’Università degli Studi di Pavia, è una tecnica ampiamente descritta in letteratura (38) per la valutazione del grado di osteointegrazione degli impianti; essa garantisce risultati sostanzialmente sovrapponibili alle indagini istologiche (39) ed è adottata da vari autori (40-45). L’analisi microradiografica delle sezioni ricavate dalla porzione centrale dell’impianto (figg. 7-9) ha evidenziato la presenza di un robusto e fitto trabecolato osseo in via di compattazione (figg. 1013, larghezza di campo 1.100 µm). Il grado di osteointegrazione della porzione di impianto avvolta dall’osso è sostanzialmente vicino al 95-100%. Si osservano numerosi canali aventi direzione ortogonale alla superficie dell’impianto, prodotti per erosione dell’osso precedentemente deposto, destinati a portare nutrimento al tessuto osseo perimplantare. 4. Conclusioni Dal risultato di un singolo caso non si possono trarre conclusio- ni definitive sull’efficacia di un trattamento, tanto meno sulla predicibilità di una metodica. Pur tenendo ben presente questo concetto, non si può negare che le indagini microradiografiche effettuate, evidenziando l’ottimo livello di osteointegrazione, hanno confermato i risultati positivi di un recente lavoro clinico (46) in cui la percentuale di successo a un anno dall’inserimento di questo tipo di impianti è stata del 98,07%. Ringraziamenti Gli autori ringraziano per la gentile e preziosa collaborazione nell’esecuzione degli esami microradiografici il prof. Davide Zaffe del Dipartimento di Anato- Fig. 10 Particolare di microradiografia sedi a 1.100 µm di ingrandimento (riquadro “a” in fig. 9) Fig. 11 Particolare di microradiografia sedi a 1.100 µm di ingrandimento (riquadro “b” in fig. 9) Fig. 12 Particolare di microradiografia sedi a 1.100 µm di ingrandimento (riquadro “c” in fig. 9) Fig. 13 Particolare di microradiografia sedi a 1.100 µm di ingrandimento (riquadro “d” in fig. 9) 6 DENTAL CADMOS 2009 Novembre;77(9) CLINICA E RICERCA IMPLANTOPROTESI Valutazione microradiografica dell’osteointegrazione di un mini impianto caricato immediatamente mia e Istologia dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e il prof. Annibale Renzo Botticelli del Dipartimento di Patologia Umana ed Ereditaria dell’Università degli Studi di Pavia. Conflitto di interessi Gli autori dichiarano di essere esenti da conflitto di interessi. Bibliografia 1. Quaranta M, Malchioldi L. Implantologia orale. Bologna: Martina, 1995. 2. Chiapasco M, Romeo E. 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