Lezione 16 - GLI ANALOGHI DELL`INSULINA
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Lezione 16 - GLI ANALOGHI DELL’INSULINA Dia 1. In questi ultimi anni, i diabetologi sono stati sempre più proiettati verso l’ottenimento di un controllo metabolico ottimale sia nei diabetici di tipo 1 che di tipo 2, avendo come punto di riferimento e per entrambi le tipologie di diabetici, un livello di glicoemoglobina inferiore al 7%. Il maggiore ostacolo a questo processo di ottimizzazione del controllo glicemico è stato, ed è tutt’ora rappresentato, dai diabetici di tipo 2 con sovrappeso ed obesità, per le barriere nei confronti della terapia insulinica costituite, oltre che dal fastidio legato all’iniezione, soprattutto dal pericolo delle ipoglicemie. E gli episodi ipoglicemici, se non costituiscono ostacolo nel diabetico di tipo 1, il quale non ha alternative al trattamento insulinico, divengono la vera barriera nel diabetico di tipo 2, il quale riesce a vivere bene lo stesso senza terapia insulinica, ed essendo oltretutto di una certa età, presenta un rischio aumentato di eventi cardio-vascolari, che possono anche essere innescati dallo sconvolgimento metabolico indotto da una crisi ipoglicemica, in particolare, una scarica catecolaminica con innalzamento dei valori pressori. Vediamo allora di analizzare le motivazioni che sono alla base e quali possono essere le soluzioni. I problemi sono legati essenzialmente alla insulinizzazione basale, che è un problema finora insoluto, ed al conseguente problema della variabilità dell’effetto insulinico. Dia 2 Quando si è analizzato il pattern della secrezione insulinica nella lezione sugli algoritmi per la terapia insulinica, ci si è ampiamente soffermati a dividere la secrezione insulinica in 2 parti: secrezione basale (circa 1 U all’ora) e secrezione in occasione del pasto (in relazione al suo contenuto glucidico). Come si vede dal grafico che viene riproposto, il tempo in cui il fabbisogno insulinico è soddisfatto dalla secrezione basale è notevole. Se si ipotizzano 3 ore di secrezione insulinica in occasione del pasto di mezzogiorno e della sera e 2 ore per la colazione del mattino, si giunge a circa 8 ore su 24 in cui il controllo glicemico è soddisfatto dall’insulina evocata dal contenuto glucidico dei pasti. Le altre 16 ore sono soddisfatte dalla secrezione basale, che rappresenta così un tempo corrispondente a 2 terzi di 24 ore. E’ evidente che sono proprio queste ore lontane dai pasti che divengono ad elevato rischio di ipoglicemia. Quindi è necessario gestirle con grande accortezza per ridurre al minimo gli episodi ipoglicemici. Dia 3 Questo disegno mostra chiaramente il fabbisogno insulinico basale, rappresentato dalla zona azzurra che identifica l’iperglicemia basale, sulla quale poi si innestano le 3 colline in verde, che rappresentano le iperglicemie evocate dai pasti. Questa zona azzurra è circa la metà di tutto il fabbisogno insulinico e deve essere gestita e, quindi, il più possibile abbassata dall’insulina basale, fino ad ottenere un buon compromesso con gli episodi ipoglicemici che ineluttabilmente iniziano quando ci si avvicina a livelli glicemici ottimali. E’, quindi, la gestione del fabbisogno basale il vero problema della terapia insulinica, perché è quello che è caratterizzato da valori molto prossimi a quelli ipoglicemici. Dia 4 Analizziamo ora le cause degli episodi ipoglicemici, prima notturni e poi diurni. In una lezione abbiamo sottolineato come l’effetto a collina della insulina intermedia, chiamata anche NPH, è un importante problema ed abbiamo spiegato le motivazioni per cui si giunge ad eseguire l’iniezione il più tardi possibile per evitare l’ipoglicemia notturna. A questo problema che è il più serio, si inseriscono altri quali - la variabilità dell’assorbimento di questo tipo di insulina dal sottocute, variabilità che è maggiore rispetto all’insulina regolare, - il fatto che i pazienti, se utilizzano le siringhe e non le penne, possono fare errori di dosaggio o non effettuino sempre l’agitazione raccomandata del flacone prima dell’aspirazione della dose, ed infine, potrebbero non rispettare in modo accurato l’ora di somministrazione. Dia 5 Anche durante il giorno vi sono pericoli di ipoglicemie, anche se la presenza dei pasti porta a ridurre il rischio. Il fabbisogno basale è integrato nelle 3 dosi di insulina regolare che coprono sia il fabbisogno basale che quello richiesto dai glicidi del pasto. Se il paziente viene trattato con insulina regolare, la copertura di 6 ore permette di congiungere bene il fabbisogno basale, ma, per evitare l’ipoglicemia dopo 3-4 ore dal pasto è necessario far precedere l’iniezione insulinica di 15-45 minuti rispetto all’inizio del pasto. Se il paziente utilizza l’analogo veloce che ha la durata di 3 ore e non di 6, il fabbisogno basale rimane scoperto per alcune ore. Inoltre durante il giorno l’attività fisica, che, come abbiamo detto, condiziona in modo notevole l’efficacia dell’insulina, è piuttosto erratica ed imprevista e difficilmente standardizzabile, per cui molti episodi ipoglicemici sono da ricondursi a questi motivi Dia 6 Riepilogando, il periodo di digiuno è certamente il più rischioso per l’ipoglicemia e quindi le ore più a rischio sono la notte, fra i pasti, soprattutto il periodo che precede il pranzo e la cena, e tutte le volte in cui si effettua attività fisica non prevista, soprattutto se coincide con il periodo di digiuno. Dia 7 Quindi nei regimi fin’ora adottati, l’insulinizzazione basale è ottenuta durante la notte dall’insulina ad azione intermedia NPH e durante il giorno dall’insulina regolare o dall’analogo veloce che, per la sua brevità d’azione, non riesce a coprire l’intero fabbisogno basale. Dia 8 Certamente l’insulina basale ideale dovrebbe avere una durata di 24 ore, non dovrebbe avere l’effetto a collina, e dovrebbe avere un effetto insulinico stabile e riproducibile nei vari giorni. Finora questo obbiettivo è stato raggiunto soltanto trattando il paziente con il microinfusore, che, permettendo una infusione sottocutanea costante di insulina ad azione veloce, permette una insulinizzazione basale costante alla quale si aggiungono i boli di insulina in occasione dei pasti e proporzionali al loro contenuto glucidico. Dia 9 La soluzione di questi problemi oggi si trova nell’uso dell’insulina glargine (nome commerciale Lantus) che è stata resa disponibile in Italia dalla primavera del 2004. Essa è un analogo ad azione prolungata, ottenuto sostituendo alcuni aminoacidi, che permettono un assorbimento lento e continuo dal sottocute, in grado di mimare l’assorbimento insulinico ottenuto dal trattamento con microinfusore. Dal 2006 è disponibile in commercio un altro analogo dell’insulina ad azione prolungata, il Detemir, del quale non siamo ancora in grado di dare sufficienti informazioni. Dia 10 Tutto quello che si è detto fin’ora trova documentazione sperimentale in questo studio della scuola perugina che valuta la dispersione intorno alla media dei valori insulinemici a digiuno in soggetti trattati sia con insulina intermedia NPH, sia con glargine che con microinfusore (CSII= Continuous Subcutaneos Insulin Infusion). Il coefficiente di variazione è ottenuto calcolando la deviazione standard dei valori insulinemici, cioè la loro dispersione intorno al valore medio e poi calcolando la percentuale della deviazione standard rispetto alla media. Si vede chiaramente come l’assorbimento dal sottocute dell’insulina ad azione intermedia NPH (il primo istogramma a sinistra) è molto più elevato, e, quindi i valori insulinemici sono molto più dispersi intorno al loro valore medio, denotando un assorbimento dal bolo sottocutaneo molto erratico. Viceversa i valori che si riferiscono a glargine, (istogramma al centro) sono molto più bassi e non significativamente diversi da quelli ottenuti con microinfusore (istogramma a destra). Ciò significa che glargine si avvicina molto come farmacodinamica, all’assorbimento insulinico dal sottocute ottenuto mediante microinfusore che oggi è il migliore in senso assoluto. Dia 11 Quest’altra esperienza è ottenuta studiando l’effetto insulinico con infusione di glucosio in modo da tenere la glicemia costante. Il pattern di glucosio, infuso che è in funzione dell’azione insulinica, disegna bene l’effetto insulinico nel tempo, dal momento in cui esso inizia e per tutta la sua durata. Si vede chiaramente l’effetto a collina e complessivamente più breve della NPH, e l’effetto molto più costante e duraturo di glargine. Dia 12 Vediamo ora gli studi sperimentali attualmente disponibili, suddividendoli in studi eseguiti su diabete di tipo 1 e studi su diabetici di tipo 2. La suddivisione è dettata dalle differenze fra i 2 tipi in termini di secrezione insulinica, assente nel primo caso, presente ma deficitaria nel secondo. Dia 13 Questo studio della scuola di Perugia si riferisce a 51 diabetici di tipo 1, trattati in maniera più che intensiva, in quanto il fabbisogno basale era rappresentato da 4 iniezioni di NPH (una come sempre prima di coricarsi, e le altre 3 al momento dei 3 pasti principali, quando venivo iniettata l’analogo rapido per il pasto. Essi venivano divisi in 3 gruppi di 17. Uno continuava con il regime appena descritto, il secondo sostituiva le 4 iniezioni di NPH con una sola iniezione di glargine prima di pranzo e il terzo sostituiva le 4 iniezioni di NPH con una sola iniezione di glargine prima di cena. Ovviamente tutti i gruppi continuavano ad iniettarsi l’analogo rapido in occasione dei pasti e lo studio fu portato avanti per 3 mesi. Dia 14 Con glargine, somministrata sia a pranzo che al momento di coricarsi, si ottennero in diversi momenti della giornata glicemie significativamente più basse (p<.05, individuate dall’asterisco in alto) rispetto al trattamento con NPH. I momenti statisticamente significativi erano: prima e dopo colazione, prima di pranzo e dopo cena. La glicemia notturna, alle 3, viceversa fu significativamente più bassa con NPH, rispetto ai due trattamenti con glargine e questo fatto è certamente favorevole perché la notte rappresenta il momento più rischioso per le ipoglicemie. In complesso, le medie glicemiche giornaliere dei 2 trattamenti con glargine erano significativamente più basse rispetto al trattamento con NPH. Dia 15 Il controllo glicemico dei 51 soggetti suddivisi in 3 gruppi, all’ingresso dello studio, rappresentato dai valori di glicoemoglobina, è ottimale essendo i valori molto vicini al 7%. Dopo i 3 mesi di studio, mentre il gruppo che continuava lo stesso regime con 4 iniezioni di NPH mostrava un controllo sostanzialmente identico ai 3 mesi precedenti, i 2 gruppi trattati con glargine mostravano valori di glicoemoglobina significativamente più bassi di 0,4%. E ciò è spiegabile per i migliori valori glicemici registrati. Per quanto riguarda le ipoglicemie, intese come valori inferiori a 72 mg%, sia sintomatiche che non sintomatiche, i due gruppi trattati con glargine presentavano un numero significativamente minori di episodi, a fronte di un miglioramento del controllo glicemico. Dia 16 Ma i vantaggi di glargine sono presenti in particolare nel diabete di tipo 2, soprattutto perché in questi pazienti si è fin’ora troppo tollerato, certamente a torto, un controllo metabolico non adeguato, sia per la difficoltà di ottenere una adesione da parte di pazienti che per anni hanno trattato il proprio diabete con farmaci orali, sia perché si attendeva, medico e paziente insieme, la tanto agognata riduzione ponderale. Questo studio finlandese qui riportato, pubblicato nel 2000, è il primo di una serie che dimostra come glargine sia in grado di ottenere livelli di controllo molto soddisfacenti in 456 diabetici di tipo 2, certamente in sovrappeso, come dimostra il BMI medio di 28.9, trattati con ipoglicemizzanti orali ma con controllo metabolico insoddisfacente, dimostrato dai livelli di glicoemoglobina compresi fra 7,5 e 12%. Essi venivano divisi in 2 gruppi di egual numero e trattati rispettivamente per un intero anno: uno con insulina NPH, cioè intermedia, l’altro con glargine, entrambe a dosi tali da portare la glicemia a valori a digiuno inferiori a 120 mg% Dia 17 I soggetti che riescono a raggiungere il target prefissato, cioè glicemia inferiori a 120 mg% sono il 30% nel gruppo trattato con NPH, ma in % maggiore (il 41%) nel gruppo trattato con Glargine. La ragione di questa modesta percentuale è data dalla paura degli sperimentatori di non ottenere un numero inaccettabile di ipoglicemie. I grafici della glicoemoglobina sono di 2 tipi: linea continua che indica tutti i pazienti trattati con i 2 tipi di insulina e linee tratteggiate che indicano solo i pazienti che raggiungono la glicemia di 120 mg%. Ovviamente questi ultimi andamenti sono più bassi e si riferiscono ai soggetti più fortunati e dotati di minore instabilità glicemica. E’ da notare, comunque che, anche se i livelli medi di glicoemoglobina non si abbassano al 7%, si è ottenuto in questi pazienti un notevole miglioramento del controllo glicemico, a fronte di una singola iniezione insulinica. Dia 18 Ma il risultato più importante è dato dal modesto numero di episodi ipoglicemici ottenuti con glargine, significativamente più basso rispetto a quello ottenuto con NPH: presi globalmente, gli episodi ipoglicemici sintomatici erano presenti nella metà dei soggetti trattati con NPH, ma solo in meno di un terzo dei soggetti trattati con glargine. Ancor più importanti sono i risultati sugli episodi notturni che sono i più temibili: in un quarto dei casi trattati con NPH, ed appena in un decimo dei casi trattati con glargine. Questo aspetto è di notevolissima importanza se si pensa che uno degli aspetti più preoccupanti della terapia insulinica nel diabete di tipo 2 è proprio la crisi ipoglicemica, soprattutto notturna. Dia 19 Ancor migliori sono i risultati di questo secondo lavoro, multicentrico e randomizzato, molto simile al precedente, svolto negli Stati Uniti, e pubblicato nel 2003, che si è proposto di giungere al livelli glicemici più rigorosi: cioè 100 mg%. Furono selezionati 756 diabetici di tipo 2 con sovrappeso, trattati con iporali e con controllo glicemico inadeguato, a giudicare dai livelli di glicoemoglobina compresi fra 7,5 e 10%. Furono divisi in 2 gruppi di egual numero, trattati rispettivamente con NPH o con glargine, entrambe iniettate prima di coricarsi e furono seguiti per 6 mesi. Dia 20 Le modalità per giungere a livelli di 100 mg% erano ottenute con il seguente algoritmo di comportamento: Si iniziava in tutti i pazienti con 10 unità di insulina di uno dei 2 tipi. Ogni 7 giorni si aggiustava la dose secondo i seguenti passi decisionali Alle 10 unità si aggiungevano 8 unità se la glicemia a digiuno nella settimana precedente era stata costantemente su valori superiori a 180 mg% Viceversa si aggiungevano 6, 4 o 2 unità se la glicemia nella settimana precedente rimaneva compresa rispettivamente fra 140-180, 120-140 o 100-120 mg%. Se, viceversa nella settimana precedente si registrava anche un solo valore inferiore a 72 mg%, si lasciava immutato il dosaggio della settimana precedente Infine si riduceva il dosaggio di 2-4 unità se nella settimana precedente si registrava anche un solo valore di 56 mg% oppure se si aveva una crisi ipoglicemica severa. Dia 21 Come si vede dal grafico, i due trattamenti sono riusciti ad ottenere un livello medio di glicoemoglobina leggermente inferiore al 7%. Ma vediamo a spese di quante crisi ipoglicemiche. Dia 22 Come si vede, solo un quarto dei soggetti fu libero da episodi ipoglicemici, fra i trattati con NPH, mentre per il gruppo trattato con glargine, un terzo dei soggetti, quindi una quota significativamente superiore non ebbe episodi ipoglicemici. Anche questo studio, quindi, con una folta casistica, mette in evidenza la superiorità di glargine nel ridurre le ipoglicemie. Dia 23 Questo grafico evidenzia meglio il numero totale di episodi ipoglicemici nei 2 gruppi di soggetti nel corso dei 6 mesi: circa 1.500 ipoglicemie nei trattati con glargine contro circa 2.100 nei trattati con NPH. Dia 24 Infine, quest’altro grafico ci da 3 informazioni aggiuntive: 1) Il numero di crisi ipoglicemiche (cioè valori inferiori a 72 mg%,) sono espresse come episodi ipoglicemici per paziente per anno, e, come si può notare, il numero medio è molto modesto, cioè è inferiore a 1 episodio per paziente per anno; 2) Gli episodi sono presenti soprattutto nelle ore notturne, dove raggiungono la massima concentrazione, superando, nei pazienti trattati con NPH (linea tratteggiata) il livello di 1 episodio per paziente per anno, e 2-3 ore dopo colazione e dopo pranzo: in pratica durante i periodi in cui si è lontani dai pasti. 3) La superiorità di glargine è presente soprattutto di notte, e questo è un altro aspetto di grande importanza che fa comprendere come l’era della NPH sia praticamente tramontata, in vista della pericolosità delle crisi ipoglicemiche nelle persone non più giovani. Dia 25 In questo grafico viene ripreso lo studio finlandese e viene tracciata la relazione fra glicoemolobina sulle ascisse e numero degli episodi ipoglicemici notturni per 100 pazienti per anno sulle ordinate ottenuta sia con il trattamento con NPH (linea tratteggiata) che con glargine (linea continua). Come si vede, un controllo glicemico ottimale corrispondente ad una glicoemoglobina di 7% viene raggiunto a spese di circa 250 episodi ipoglicemici notturni per paziente per anno nei pazienti trattati con glargine in confronto con circa il doppio nei pazienti trattati con NPH. Dia 26 Se invece vogliamo determinare la differenza del livello di glicoemoglobina ottenibile con lo stesso numero di episodi ipoglicemici nei 2 trattamenti, è possibile rendersi conto che la differenza è superiore all’1%. Ciò significa che, a parità di episodi ipoglicemici notturni, glargine riesce ad ottenere un controllo glicemico migliore di oltre l’1%. Per rendersi conto dell’importanza di questo dato sperimentale è necessario ricordare che lo studio inglese UKPDS dimostrò come la differenza dell’1% dei livelli di glicoemoglobina nel corso dell’intero studio durato 10 anni , ottenuto con il trattamento intensivo confrontato con il trattamento convenzionale ha portato a significativa riduzione delle complicanze. Dia 27 Vediamo ora di riassumere, sulla base di quello che si è esposto, come deve cambiare il nostro modo di applicare la terapia insulinica. 1) Non utilizzare più l’insulina intermedia (NPH) 2) Nel diabete di tipo 1 sostituire l’NPH della sera, prima di coricarsi con Glargine, tenendo presente che sarà necessario aumentare lievemente la dose, perché deve essere sufficiente a coprire non metà ma tutte le 24 ore. E’ consigliabile utilizzare sempre l’analogo rapido ai pasti, non essendovi più l’utilità di utilizzare l’insulina regolare, con il fastidio di attendere 15-30 minuti dall’iniezione prima di iniziare il pasto. 3) Nel diabete di tipo 2 iniziare la terapia insulinica con Glargine quando tutti gli accorgimenti sul piano dietetico e con ipoglicemizzanti orali non hanno sortito l’ottenimento di una glicoemoglobina inferiore al 7%. Dia 28 Vediamo ora come devono essere modificati gli algoritmi di comportamento. La dose di Glargine non è più pilotata dalla glicemia del mattino a digiuno, come accadeva per l’NPH, ma da tutte e 3 le glicemie pre-prandiali (prima di colazione, pranzo e cena), che devono mantenersi entro valori compresi fra 80 e 150 mg/dl. Diabete di tipo 1 Tenere presente che, se il paziente è in buon controllo, la dose totale giornaliera di insulina non varia, ma è la distribuzione delle dosi che sarà diversa: la dose di glargine aumenterà fino ad essere di circa una metà del fabbisogno totale e le dosi di insulina pronta di ridurranno in modo da coprire l’altra metà del fabbisogno. Se il paziente non è in buon controllo la dose totale aumenterà, ma glargine coprirà sempre una metà circa del fabbisogno. Sarà necessario quindi concentrarsi, nei primi giorni ad ottimizzare il fabbisogno di glargine sulle 3 glicemie pre-prandiali. Una volta raggiunto lo scopo, si potrà ottimizzare il rapporto glicidi/analogo ad azione rapida, in modo da ottenere glicemia, 90’ dopo l’inizio del pasto, inferiori a 180 mg/dl. Dia 29 Diabete di tipo 2 Se il paziente è già in quadriniettiva, valgono le regole per il diabete di tipo 1 Se il paziente è in insulina NPH prima di coricarsi, è sufficiente il passaggio diretto a glargine, aumentando progressivamente la dose che dovrà coprire le 24 ore, tarando la dose fino ad ottenere glicemia pre-colazione, pranzo e cena fra 80 e 150 mg%. Se il paziente ha una glicoemoglobina superiore a 7% e non desidera essere sottoposto a terapia insulinica, è necessario esercitare tutto il proprio carisma per convincerlo ad iniziare la glargine, meglio la sera prima di coricarsi, lasciando gli ipoglicemizzanti orali. Solo se non si ottiene una glicoemoglobina < 7%, sarà necessario passare alla quadriniettiva.
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