philomena - Salesiani Firenze
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PHILOMENA di Stephen Frears (Philomena) REGIA: Stephen Frears. SCENEGGIATURA: Steve Coogan, Jeff Pope, basata sul libro "The Lost Child of Philomena Lee" di Martin Sixsmith. INTERPRETI: Judi Dench, Steve Coogan, Sophie Kennedy Clark, Anna Maxwell Martin, Ruth McCabe, Barbara Jefford. FOTOGRAFIA: Robbie Ryan (Formato: Panoramico/Colore). MUSICA: Alexandre Desplat. PRODUZIONE: Gabrielle Tana, Steve Coogan, Tracey Seaward. DISTRIBUZIONE: Lucky Red. GENERE: Drammatico. ORIGINE: Gran Bretagna. ANNO: 2013. DURATA: 94’. Irlanda 1952. Rimasta incinta, la minorenne Philomena viene mandata in convento dove, dopo il parto, vive separata dal neonato che vede raramente. Inutilmente prova ad opporsi quando il bambino viene dato in adozione ad una famiglia benestante di Washington. Cinquanta anni dopo, Philomena, sposata, madre e ora vedova, incontra casualmente il giornalista Martin Sixsmith. Costui, incuriosito dalla storia, accetta, dopo qualche incertezza di occuparsene e di scriverne un libro. Comincia allora una ricerca che porta i due negli Stati Uniti, fino alla ricostruzione della verità, al ritorno in Patria e ad un confronto finale con le suore dello stesso convento, in particolare con quella, vivente, che si era occupata a suo tempo dell'affidamento del piccolo…. L’aspetto più interessante del film sta nello scontro (e incontro) tra due individui, Martin e Philomena, lontani l’uno dall’altro non (o non soltanto) per ragioni d’appartenenza sociale, ma per un modo di concepire i rapporti, di reagire al dolore (uno gridando vendetta, l’altra con una sofferenza silenziosa) e di sostenere le proprie credenze, religiose o politiche che siano, che li differenzia in modo radicale. Uno scontro, il loro, che Frears dirige con ironia e intelligenza, riuscendo ad evitare pericolosi stereotipi e affidandosi al talento indiscutibile di due attori come Judi Dench e Steve Coogan che, in corso d’opera, riescono a donare sfumature sempre più interessanti ai loro personaggi. Ma è soprattutto il dono dell’ironia e quella capacità di toccare argomenti scottanti in modo delicato, ma sempre con rispetto e lucidità, che lega Frears ai suoi attori e segna la differenza tra il suo e altri film, accostabili ad esso per genere o tono. Ne risulta una storia che mette in evidenza valori importanti e commuove soprattutto perché ci presenta una protagonista che fa della propria fede una ragione di vita e del perdono un mezzo per attuare nel concreto questa fede. * In concorso a Venezia 70, il film è stato a lungo in lizza per i premi più importanti, ottenendo alla fine solo il Leone per la migliore sceneggiatura. Ha fatto invece incetta di molti premi 'collaterali', primo tra i quali il Premio SIGNIS, il più antico tra i riconoscimenti attribuiti al Lido (in precedenza era il Premio OCIC), la cui giuria internazionale ha assegnato il premio al film: "Perché offre un intenso e sorprendente ritratto di una donna resa libera dalla Fede. Nella sua ricerca della verità, sarà sollevata dal peso di un’ingiustizia subita grazie alla sua capacità di perdonare". Verità e perdono sono certamente i due elementi dentro i quali è racchiusa la parabola di Philomena, che da giovanissima subisce una violenza impossibile da dimenticare, che infatti per mezzo secolo non dimentica e che pure, ricostruiti i fatti, non alimenta in lei istinti di vendetta o di rivincita. Al giornalista che si meraviglia di tale generosità, la donna, anziana ma lucida, offre una lezione di civiltà e umanità, derivata da una fede che non è dogma, ma intelligenza, tesoro di spirito e di preghiera, apertura verso l'altro. Giustamente premiato per la scrittura incalzante, serrata, stringata del copione, il film offre molti altri temi sottotraccia, sguardi non convenzionali sulla società inglese e americana, sulla religione, sulla famiglia. La regia di Frears miscela come sempre al meglio serenità, furbizia, attualità e Judi Dench avrebbe meritato la coppa Volpi a Venezia come migliore attrice.
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