Lo screening non serve ma l`esame sì
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Lo screening non serve ma l`esame sì
PREVENZIONE Test del PSA Lo screening non serve ma l’esame sì La recente pubblicazione della Task Force USA per la prevenzione che nega l’utilità dello screening per il cancro prostatico ha fatto discutere, ma in gioco c’è l’esame a tappeto, non quello effettuato per la presenza di disturbi specifici o per rischio familiare a cura di AGNESE CODIGNOLA uando, pochi mesi fa, la United States Preventive Services Task Force si è espressa in maniera netta contro lo screening del tumore della prostata basato sul dosaggio dell’antigene prostatico specifico, il famoso PSA, sulla popolazione sana maschile – sconsigliandolo apertamente in assenza di sintomi o motivi fondati (cioè di fattori di rischio specifici) – una buona parte della comunità scientifica ha reagito invitando i propri pazienti a non tenere conto di quello che la Task Force – organismo attendibile, indipendente e serio che si occupa di salute pubblica – aveva concluso. Q Pur ammettendo i limiti del test del PSA, infatti, molte società scientifiche e singoli autorevoli personaggi si sono affrettati a spiegare che il PSA ha salvato molte vite e che, in assenza di alternative affidabili, va comunque consigliato. Un recente studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, sembra dare forza all’indicazione contraria al test a tappeto, perché esso non inciderebbe sul numero di coloro che muoiono a causa di un cancro della prostata. L’esame manterrebbe la sua validità, invece, in condizioni specifiche, cioè a livello individuale. Si cerca di controllare ogni aspetto della vita EFFETTI CONTROVERSI Lo studio, effettuato da urologi ed epidemiologi del National Cancer Institute di Bethesda (Maryland) ha valutato quanto è accaduto a 77.000 uomini con più di 50 anni che, tra il 1993 e il 2001, erano stati suddivisi in due gruppi, uno dei quali sottoposto a un esame del PSA annuale e a un’esplorazione rettale ogni quattro, l’altro lasciato libero di effettuare i test che voleva. Tredici anni dopo, il tumore era stato diagnosticato a 4.250 di coloro che avevano compiuto controlli regolari e a 3.815 uomini del gruppo di controllo; il dosaggio del PSA aveva quindi consentito di individuare più tumori. Tuttavia, andando a verificare i decessi, non era emersa alcuna differenza tra i due tipi di strategia: c’erano stati 158 decessi nel primo gruppo, 145 nel secondo. Il dato sembrerebbe quindi dare ragione a chi, come la US Preventive Services Task Force, ritiene che non ci siano i presupposti per consi- gliare il PSA a tutti coloro che hanno compiuto i 50 anni e che sia giunto il momento di vedere l’esame come un test utile solo in certi casi. Tuttavia, nel medesimo periodo è stato pubblicato anche lo studio Europeo ERSPC (European Randomized Study of Ottavio S c r e e n i n g DeCobelli, for Prostate urologo Cancer), che dell’IEO ha interesdi Milano sato 182.000 uomini di sette Paesi europei a partire dal 1992. Anche qui gli uomini sono stati suddivisi in due gruppi: uno sottoposto a dosaggi del PSA programmati nel tempo e a un’eventuale biopsia prosta- GIUGNO 2012 | FONDAMENTALE | 7 PREVENZIONE Test del PSA NON ESISTE SOLO L’ESAME STANDARD MA ANCHE FORME PIÙ SOFISTICATE E AFFIDABILI SI FA PRESTO A DIRE PSA... limiti e le ambiguità della misurazione del PSA sono noti da anni, e per questo la ricerca di alternative più affidabili non conosce sosta. Ecco alcuni dei principali parametri misurati in alternativa al semplice PSA nel sangue. I PSA velocity: misura la velocità alla quale il PSA cambia nel tempo; se si nota un significativo aumento in un arco temporale limitato si può ragionevolmente pensare di approfondire la situazione, perché il sospetto che ci sia un tumore può essere fondato. Il parametro è diventato popolare da quando, nel 2006, uno studio ha mostrato che gli uomini che hanno un valore di PSA velocity superiore a 0,35 ng/mL l’anno (nei quali cioè il PSA aumenta più di 0,35 ng/mL in 12 mesi) hanno un rischio di morte superiore a quello di coloro che, pur partendo da valori di base simili, hanno una velocità di crescita inferiore. PSA density: poiché la quantità di PSA circolante dipende anche dalle dimensioni della prostata, si è pensato che tenerne conto potesse aiutare ad avere una stima più personalizzata della situazione. In questo caso, quindi, il valore di PSA viene corretto in base al volume della prostata. Rapporto tra PSA libero e PSA legato: il PSA circola nel sangue in due forme distinte: libero oppure attaccato a una proteina; il primo è quello dosato normalmente e si alza di più in presenza di una malattia non tumorale, mentre quello legato cresce in maniera più consistente quando è presente un tumore. Valutare entrambe le forme può quindi essere utile per capire, prima di sottoporsi a esami più invasivi, in che tipo di situazione ci si può trovare. Valori-soglia: fin dai primi anni si è deciso che il valore oltre al quale bisognava iniziare a preoccuparsi era 4 ng/mL. Tuttavia, negli ultimi anni diversi ricercatori hanno proposto di abbassare tale valore a 2,5 o 3, nella speranza di individuare un eventuale tumore ancora più precocemente. Questo approccio può però aggravare i limiti del test, e cioè aumentare il numero di falsi positivi o di diagnosi di cancro per formazioni piccole e non pericolose. In questo articolo: PSA prevenzione screening tica se il PSA risultava superiore a 3ng/mL e un secondo gruppo di controllo. In questo caso la conclusione è stata opposta, in quanto nella fascia di età compresa tra 55-69 anni il gruppo di pazienti sottoposti a screening presentava una minore mortalità per neoplasia prostatica, sia pure di modesta entità. Quindi, nei giovani uomini lo screening potrebbe salvare la vita. sun grande Paese ha mai sponsorizzato campagne di massa; piuttosto, singoli centri hanno talvolta promosso il test su popolazioni comunque più circoscritte”. Lo screening vero e proprio è dunque qualcosa che attiene alla sanità pubblica e a ciò che essa è tenuta a fare per salvaguardare la salute dei cittadini. “Diverso è invece il discorso quando si scende a livello individuale. La stessa Task Force, nel documento pubblicato, non a caso non ha emesso indicazioni riguardo a uomini con sintomi urinari o con familiarità positiva per neoplasia prostatica, mantenendo l’indicazione a recarsi dal proprio medico. Stessa indicazione da parte della American Cancer Society, che suggerisce un incontro con il proprio curante dall’età di 50 anni e incoraggia l’esecuzione del PSA in uomini con parenti che hanno avuto un cancro prostatico. È chiaro infatti che, in questi casi, il PSA mantiene una sua significativa importanza” spiega ancora De Cobelli. La scelta di eseguire il test viene presa caso per caso SI DECIDE DI VOLTA IN VOLTA Spiega Ottavio De Cobelli, professore associato dell’Università di Milano e direttore della Divisione di urologia dell’Istituto europeo di oncologia: "Bisogna fare molta attenzione a non confondere i programmi di screening con gli esami per la diagnosi precoce su cui essi sono basati. Quando si parla di screening, infatti, si intende una campagna finanziata in genere con denaro pubblico rivolta a tutta la popolazione sana. Naturalmente lo sforzo è sempre notevole, e per questo si ritiene che un’iniziativa del genere sia giustificata soltanto quando i risultati (diminuzione di mortalità, metastasi, costo di terapie) che si possono ottenere controbilanciano e anzi sono superiori rispetto ai mezzi impiegati (denari pubblici, ma anche tempo e personale dedicato). Poiché l’esame del PSA presenta dei limiti se applicato in modo indiscriminato su una popolazione sana, nes- UN MARCATORE DELLA GHIANDOLA Il PSA, glicoproteina prodotta dalle cellule prostatiche (e quindi un marcatore della ghiandola prostatica e non tumorale in senso stretto), si può alzare per diversi motivi, che talvolta non hanno nulla a che vedere con un tumore. Tuttavia il riscontro di un PSA superiore Anche se si scopre il tumore non sempre è pericoloso a 4 (nanogrammi per millilitro di sangue), soprattutto se cresciuto rapidamente nell’arco del tempo, può far sospettare un tumore e quindi spingere ad approfondire la situazione con una biopsia prostatica che, se positiva, può portare a interventi chirurgici che possono compor- tare effetti collaterali quali l’impotenza e l’incontinenza, oggi comunque molto contenuti con l’impiego della chirurgia laparoscopica robotica. Va comunque sottolineato che anche quando si scopre un tumore, non sempre si tratta di situazioni pericolose, perché alcuni tumori prostatici hanno una crescita così lenta che chi ne è colpito potrebbe morire prima per altre malattie, ed è per questo che va sempre considerata la possibilità di invitare il paziente a eseguire un programma chiamato di sorveglianza attiva, che rientra nelle linee guida delle più autorevoli società di urologia mondiali e che consiste nel seguire il paziente nel tempo per capire con che tipo di tumore si ha a che fare e se sia il caso o meno di intervenire chirurgicamente. PSA Tutto ciò va chiarito in maniera molto esplicita a chi vuole sottoporsi al test, in modo che possa prendere la decisione più indicata per la sua specifica situazione. “Quindi” conclude De Cobelli “il consiglio è quello di analizzare con il medico i fattori di rischio personali, i possibili benefici, le conseguenze anche psicologiche e di decidere insieme che cosa fare. In caso si esegua il test, bisogna affrontare il responso con serenità e discutendo di tutte le opzioni ”. GIUGNO 2012 | FONDAMENTALE | 9
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