VERDEAMARO
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VERDEAMARO What difference is there between a glass of absinthe and a sunset? After the first glass you see things as you wish they were. After the second, you see things as they are not. Finally, you see things as they really are, and that is the most horrible thing in the world. Oscar Wilde Così Oscar Wilde, scrittore inglese e noto esteta, si riferisce all’Assenzio, un distillato di erbe officinali tra cui l’Artemisia Absinthium. Questa pianta, molto comune nelle zone alpine, ha foglie di colore verde argentato simili, per forma, a quelle del prezzemolo e, nel mese di luglio, presenta infiorescenze in cui si possono osservare numerosi capolini penduli di colore giallo. Plinio e Galeno nei loro trattati di medicina ne descrissero ripetutamente le svariate proprietà. L’Artemisia Absinthium contiene tujone, un terpene spesso accomunato al principio attivo della marijuana, il tetraidrocannabinolo o THC. In realtà il tujone non agisce sui recettori dei cannabinoidi, ma anzi, inibisce il recettore GABA A, producendo un effetto stimolante analogo a quello della nicotina. Proprio perché ritenuto una droga, l’assenzio venne messo al bando agli inizi del ‘900 (periodo in cui, proprio a causa della proibizione, nacque il pastis, un suo surrogato a base di anice stellato e tuttora l’aperitivo preferito dai Francesi), ma durante tutto il secolo precedente ebbe notevole diffusione: l’intervallo tra le cinque e le sette era l’heure verte, l’ora verde, momento in cui, soprattutto in Francia, ma anche in tutto il resto del mondo, i boulevard parigini diventavano luoghi di incontro di moltissimi artisti che attribuivano all’assenzio molta della loro creatività. Fra i più noti troviamo Picasso, Van Gogh, Toulouse Lautrec e Degas, ma anche letterati quali Rimbaud, Verlaine, Oscar Wilde e tanti altri. Pablo Picasso, insieme al suo carissimo amico Carles Casagemas, era un grande consumatore di assenzio e il “periodo blu” (si vedano in particolare le opere The Absinthe Drinker e Ritratto di Fernandez De Soto) ha avuto origine proprio dal suicidio per amore dell’amico, che si uccise con un colpo di pistola alla tempia, dopo una bevuta di assenzio, durante una serata in cui Picasso era assente. Lo shock per l’artista fu tremendo e il rimorso per non aver potuto impedire il dramma incancellabile. Picasso, The AbsinthDrinker, 1901 Picasso, Ritratto di Fernandez De Soto, 1903 Si noti come nel Ritratto di Casagemas sul letto di morte del 1901 Picasso accentui a dismisura la tonalità verde del volto, quasi a voler denunciare nella “Fata verde” (così era chiamato l’assenzio) una delle principali responsabili dalla tragedia: Nel percorso artistico di Van Gogh, invece, anche lui affezionato fruitore della bevanda, l’ascendente dell’assenzio si potrebbe notare, a parere di alcuni critici, in particolar modo attraverso l’uso del giallo tipico dei suoi ultimi dipinti. La sua predilezione per questo colore sarebbe stata infatti dovuta all’abuso del distillato, che gli provocava una “visione gialla” (o meglio giallo-verdognola) della realtà, com’è evidente per esempio dal celebre e drammatico Autoritratto con l’orecchio tagliato. Vincent Van Gogh, Autoritratto con l'orecchio tagliato, 1889 Famosi e bellissimi sono poi i manifesti pubblicitari dell’Art Nouveau creati allo scopo di divulgare ancor di più il consumo dell’assenzio e favorirne la vendita. Toulouse Lautrec, che potrebbe avere alluso alla “Fata verde” nel suo quadro Al Moulin Rouge (si veda il misterioso volto verde a destra), era un consumatore accanito di assenzio, che si dice portasse addirittura con sé nella cavità del suo bastone da passeggio. Henry de Toulouse-Lautrec, Al Moulin Rouge, 1892-94 Ma il più celebre fra i dipinti dedicati all’assenzio è senza dubbio L’Assenzio di Degas, da cui emerge una valutazione molto negativa del consumo di questa bevanda da parte dell'autore: infatti egli rappresenta una prostituta e un clochard seduti vicini, ma allo stesso tempo ognuno immerso nel proprio mondo fantastico creato dalla bevanda, dimostrando chiaramente che, come tutti gli alcolici, anche l’assenzio crea una grave dipendenza, non chiamata semplicemente alcolismo, ma absintismo. Degas, L’Assenzio, 1875-76 Tale fenomeno viene ritenuto simile all’alcolismo cronico, ma con sintomi diversi: secondo alcuni esperimenti effettuati su animali provocherebbe crisi epilettiche, aumento della temperatura corporea e morte, oltre a delirio e allucinazioni, ma bisogna precisare che tali esperimenti sono stati compiuti con dosi massicce, eccessive per chiunque. Lo stesso Verlaine era affetto da abstintismo: per tutta la vita fece abuso di assenzio, che lo portò ad atti di violenza sia nei confronti della madre e della moglie, sia nei confronti del suo amante Rimbaud, come ben viene evidenziato nel film Poeti dall’Inferno di Agnieszka Holland. David Thewlvis e Leonardo Di Caprio in Poeti dall’Inferno Nonostante la loro complicata storia d’amore, i due viaggiarono e passarono molto tempo insieme, condividendo la maggior parte dei momenti nei café. Il loro preferito era L’Académie, che, di comune accordo, in base ad un’idea di Rimbaud, rinominarono Académie d’Absomphe. In Italia il consumo di assenzio fu sempre piuttosto limitato: i principali consumatori di questa bevanda furono gli esponenti della Scapigliatura, libera traduzione italiana del francese bohème, termine riferito alla vita libera, anticonformista e di eccessi della Parigi dell’800. Per gli artisti e letterati di questi movimenti l’uso di alcol era una normale abitudine, caratteristica, inoltre, dello spirito dionisiaco, simbolo di ebbrezza, eccitazione e volontà di potenza, portato alla ribalta dal filosofo F.W. Nietzsche. L’assenzio ha in comune con il dionisiaco l’ambivalenza: creatività e distruzione, dove la figura del dio greco Dioniso incarna l’ambiguità stessa. Nonostante Nietzsche fosse a favore dell’uso di droghe di ogni genere, era però contrario all’uso di assenzio, come la scrittrice e poetessa inglese Marie Corelli, che nel suo romanzo Wormwood: A Drama of Paris esplicita tutto il suo disappunto sulla vita condotta in compagnia del distillato a Parigi. Ne è un esempio eclatante la sua poesia I am the Green Fairy: I am the Green Fairy My robe is the colour of despair I have nothing in common with the fairies of the past What I need is blood, red and hot, The palpitating flesh of my victims. Alone, I will kill France, the present is dead, Vive the future… But me, I kill the future and in family I destroy The love of country, courage, honor, I am the purveyor of hell, penitentiaries, hospitals. Who am I finally? I am the istigator of crime I am ruin and sorrow I am shame I am dishonor I am death I am Absinthe. In realtà, per quanto possa sembrare paradossale e addirittura ridicolo, l’assenzio non ha nessuno dei poteri "maledetti" che gli furono attribuiti. Soprattutto, non ha alcun effetto stupefacente: nessuna delle erbe officinali che vengono usate per produrre l'assenzio ha proprietà allucinogene, anzi, esse sono di uso molto comune anche in cucina. L’assenzio venne messo al bando per ben altre ragioni: l’alcolismo era un fenomeno straordinariamente diffuso nell’800, soprattutto nel periodo successivo alla rivoluzione industriale: gli operai, strappati dalle campagne con la promessa di un lavoro in città, si ubriacavano per dimenticare i turni di lavoro logoranti nelle fabbriche, mentre gli artisti, oppressi dal rifiuto della società borghese, cercavano spesso un'alternativa all'emarginazione nei paradisi artificiali di cui parla Baudelaire. In Francia l’assenzio aveva incontrato un successo così travolgente da renderlo in breve tempo l’alcolico più bevuto, specialmente dopo l'epidemia di fillossera che mise in ginocchio i viticultori. Molti imprenditori senza scrupoli cercarono di sfruttare la sua popolarità imitandolo e vendendo prodotti simili, ma assai nocivi per la salute, in cui l’alcool di vino veniva spesso sostituito con alcool di patate o di melassa. Altri agenti chimici molto nocivi per la salute venivano utilizzati per ottenere un colore più appariscente (mentre il vero assenzio è giallo-verdognolo). In sostanza quindi, furono tre le principali ragioni che portarono alla messa al bando dell’assenzio: il fatto che, essendo l’alcolico più bevuto, l’assenzio si prestava bene a diventare il capro espiatorio per colpire l’alcolismo; il contrasto con le lobby di produttori di distillati da vino, preoccupati per le consistenti quote di mercato che avevano perso a causa dell’assenzio, e sufficientemente potenti per fare pressione sul governo allo scopo di eliminare un pericoloso concorrente; la presenza di prodotti di pessima qualità ed altamente nocivi per la salute etichettati sotto il nome di assenzio. Tutto il resto venne costruito ad arte per screditare l’assenzio, creando il mito “maledetto” della Fata Verde. Bibliografia -Il libro dell’assenzio, Phil Baker, Edizione Voland, novembre 2008 -La ricerca del pensiero, Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, Edizioni Paravia Sitografia
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