L`Isis, una nuova (triste) realtà
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L`Isis, una nuova (triste) realtà
L’Isis, una nuova (triste) realtà “A new generation of tanker for a new generation of Iraqi military [Image 6 of 9]”, foto di DVIDSHUB, licenza CCBY 2.0, Flickr.com Quello dello Stato Islamico o Isis è un fenomeno totalmente nuovo al mondo occidentale, sviluppatosi in maniera silente fin dal 2007 nei territori dell’Iraq, prima, per allargarsi specialmente in direzione della Siria poi. Ma dove e come è nato quello che è non soltanto un fenomeno caratterizzato dall’estremismo religioso, come considerato in maniera riduttiva da alcuni, ma anche un fenomeno ideologico e politico? Nel delineare le attuali caratteristiche dell’Isis è necessario fare riferimento agli aventi che hanno caratterizzato parte dei territori mediorientali negli ultimi 25 anni. A seguito della prima Guerra del Golfo, che vide contrapposta l’Iraq di Saddam Hussein e gli Stati Uniti, l’esercito iracheno, a seguito della sconfitta patita, fu costretto a ritirarsi dai territori occupati del Kuwait, invasi con l’intento di impadronirsi dei ricchi giacimenti petroliferi del territorio. A seguito di ciò l’Iraq venne sottoposta ad un embargo ultradecennale e ad un regime di ispezioni periodico da parte dell’ONU, che ne smantellò l’arsenale di guerra, soprattutto biologico e chimico. A causa di questi eventi il regime di Saddam, caratterizzato fino a quel momento da uno spiccato laicismo, per cercare di sopravvivere, cominciò a fare leva su un sentimento religioso. Iniziarono così ad emergere differenze dottrinali ed etniche tra i membri della popolazione irachena, già presenti fino a quel momento, ma amplificate dagli accadimenti. Nel 2001, a seguito degli attentati dell’11 settembre, il governo americano incolpò Saddam, reo di aver favorito l’evento e di possedere armi di distruzione di massa, congetture poi risultate false. Nel 2003, gli Stati Uniti, quindi, invasero l’Iraq, abbattendo il regime di Saddam Hussein, poi processato e condannato a morte. La presenza americana sul territorio iracheno può essere considerata come una moderna presenza coloniale, che non tenne minimamente conto dei diritti della popolazione irachena, come dimostrato dalla profanazione di varie moschee e dai noti atti di tortura svoltisi nella prigione di Abu Grahib. Con la caduta del regime militare iracheno si diede una grande occasione ad Al-Qaeda, all’epoca in difficoltà, vista la contemporanea guerra USA in Afghanistan, per rivivere e rafforzarsi, in quanto i combattenti di Al-Qaeda, sparsi in tutto il medio oriente e nel mondo, si erano concentrati sul territorio iracheno per combattere le forze di occupazione americane e formare una resistenza contro l’invasore. Proprio la presenza concentrata di tutti questi jihadisti diede successivamente alla luce l’Isis attuale. Gli Stati Uniti, a causa di un costo economico e “politico” insostenibile, optò per il ritiro dei suoi soldati dal territorio occupato e questo comportò la creazione di un “vuoto” di potere, colmato poi dall’elezione del premier iracheno sciita, Nuri al-Maliki. Questa situazione andava avanti parallelamente alla c.d. Primavera Araba. In particolare, in Siria, la situazione era degenerata in una guerra civile, dove i combattenti stranieri, proprio come in Iraq, ebbero un ruolo di centrale importanza. Siria e Iraq, quindi, si sono ritrovate in un caos politico-istituzionale, che ha portato all’unione di due fronti di guerra e creato i presupposti per la comparsa proprio dell’Isis, ovverosia Al-Qaeda che, in Iraq, ha assunto una nuova denominazione, contemporaneamente al fatto che i suoi militanti sono giunti anche in Siria, annullando i confini statuali tracciati dall’accordo Sykes-Picot. La fusione dei due fronti è stata voluta e favorita anche dagli ex militari del regime di Saddam, in particolare dall’attualmente latitante Izzat Ibrahim al Douri, che avevano perso il lavoro a seguito della decisione precedente del governo statunitense di sciogliere l’esercito iracheno, e che a seguito della fusione con i militanti di Al-Qaeda favorirono la tracimazione di questi in Siria. L’Isis, che si è poi reso indipendente e staccato da Al-Qaeda, come tutti i movimenti fondamentalisti islamici, parte da una mitizzazione dell’islam delle origini, ritenendo che un ritorno a tutti gli effetti all’epoca in cui hanno vissuto Maometto e i quattro Califfi sarebbe l’ideale per il risorgimento della comunità musulmana. Questo si riflette molto bene nel simbolo scelto, la bandiera: nera, come quella del profeta Maometto e con la scritta «Non vi è altro Dio all’infuori di Allah e Muhammad è il Suo Messaggero», caratterizzata da un cerchio, che si ritiene essere il sigillo di Maometto stesso. Delineato il profilo storico, come si potrebbe definire oggi il fenomeno in analisi in maniera efficace? Un’idea semplice ma opportuna potrebbe consistere nel collocare l’ISIS nella macrocategoria del terrorismo, seppur esso sia un fenomeno innovativo. Questo in quanto gli strumenti con cui viene trattato sono ancora “vecchi” e si ha un grande difficoltà a farlo rientrare nelle attuali categorie esistenti di diritto internazionale. Come detto l’Isis è l’evoluzione di un fenomeno insurrezionale, nato nel 2003 con l’invasione USA dell’Iraq e la caduta di Saddam Hussein. Si presenta come lo Stato Islamico propriamente detto, ma non è una realtà a se stante, vivendo in contrapposizione con realtà autonome locali di tutta l’area mediorientale. Lo Stato Islamico può oggi essere definito come un “protostato” teocratico sunnita di fatto, che detiene il monopolio della violenza, gestisce un’economia prevalentemente fondata sul petrolio, con introiti giornalieri variabili da 1 a 3-4 milioni di dollari, che amministra la giustizia, riscuote tasse, fornisce servizi pubblici essenziali, e che ha una popolazione stimata in circa 6 milioni di abitanti, in un territorio che si potrebbe definire Siraq. Ha avviato, inoltre, moltissime collaborazioni a livello mediatico e virtuale, seppure scarse dal punto di vista pratico, con molti gruppi insurrezionali o terroristi che vivono al di fuori dei confini dello Stato Islamico propriamente detto. di Montecruz Foto “Berlin against ISIS”, licenza: CC BY-SA 2.0, www.flickr.com L’Isis può essere visto anche come jihadismo insurrezionale ed ideologico, che si impone non solo con le armi, ma anche tramite la “conquista” delle menti delle persone presenti sui territori conquistati e oltre, grazie all’utilizzo fatto della tecnologia. Oggi l’Isis è presente e collocabile su tre piani diversi: sul piano reale l’area occupata dai combattenti dello Stato Islamico è quella del Siraq, un’area non omogenea, né uniforme, della quale l’Isis, però, controlla il territorio anche tramite le principali vie di comunicazione, legate alle città di rilievo strategico, e le zone dei principali giacimenti petroliferi; sul piano virtuale l’Isis presenta se stesso come un soggetto che va ben al di là dei limiti geografici predetti, spostandosi, nelle intenzioni, in uno spazio che va dall’Andalusia fino all’India. Molti gruppi anti-governativi, infatti, come detto, hanno giurato fedeltà, via web, allo Stato Islamico (un esempio lampante è quello di Boko Aram in Nigeria); sul piano della percezione l’Isis è presente ovunque vi sia una connessione internet, ovunque arrivi la capacità comunicativa dei suoi professionisti della comunicazione e le azioni violente registrate negli ultimi mesi in vari paesi del mondo come Canada, USA, Australia e Francia, dimostrano come lo Stato Islamico riesca a trasmettere il suo messaggio e a indurre soggetti ad esso non fisicamente collegati a commettere atti ad esso stesso immediatamente riconducibili, anche grazie ad un’ampia eco concessagli a livello massmediatico. La finalità politica dell’Isis è ben definita ed è quella di costituire un Califfato tradizionale con confini politici delineati. Per ottenere ciò l’Isis stesso non si preoccupa minimamente di rispettare le norme di diritto internazionale globalmente riconosciute e al contrario non le riconosce assolutamente, utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione, tra cui la violenza, anche eccessiva, per raggiungere il suo obiettivo, giustificando il tutto con la religione. Oggi l’Isis ha capacità di natura prevalentemente politico-militare e di carattere comunicativo. Politicamente ha la capacità di gestire un’area geografica di circa 250 mila km quadrati, con una popolazione differente ed eterogenea, con una economia “drogata” dal flusso di denaro proveniente dall’esterno e dal commercio di petrolio. In più ha istituito governi locali “autonomi”, nel rispetto delle direttive del “governo” dello Stato Islamico centrale. Dal punto di vista militare ha forte capacità offensiva, data dall’alto morale delle sue truppe, le quali, essendo penetrato in territorio iracheno, si sono appropriate di armamenti pesanti di due divisioni corazzate irachene, mezzi che fungono da forte deterrente per le forze di resistenza locali, come ad esempio i peshmerga curdi. L’Isis ha adottato il metodo di guerra c.d. blitzkrieg o guerra lampo, usato dalle truppe tedesche nella II Guerra Mondiale. Le sue capacità difensive sono, invece, più limitate perché sono limitate le sue capacità logistiche, sostanziali e concettuali, motivo per il quale ha una grande capacità di avanzata ma non di consolidamento delle posizioni. Lo Stato Islamico ha la capacità di riuscire a contrapporsi e combattere su due livelli: il fronte simmetrico e quello asimmetrico. Il fronte simmetrico è quello classico, fatto di truppe che si combattono tra loro su un campo di battaglia; quello asimmetrico riguarda, invece, la guerriglia, la cui tecnica è stata migliorata e perfezionata negli ultimi anni in Iraq e Afghanistan contro le forze di occupazione statunitensi. Le capacità comunicative dell’Isis sono molto rilevanti, vista l’immensa capacità di trasmettere il proprio messaggio, molto efficace, descrivente una realtà distorta da quella esistente, e che riesce a far sì che soggetti in occidente e in generale al di fuori del Siraq guardino allo stesso come punto di attrazione e riferimento. Ma che minaccia rappresenta oggi l’Isis per il mondo? Sul piano reale si fa riferimento al rischio di un suo allargamento nell’area mediorientale, con un aumento significativo di instabilità nell’area in questione e, di riflesso, nell’area del mediterraneo. Questo rappresenta un problema per l’Italia e l’Europa in quanto l’Isis può sfruttare debolezze occidentali nella gestione di alcune criticità, tra cui il traffico di esseri umani, quello di armi e petrolio, la pirateria e la vulnerabilità energetica. Quest’ultimo punto riguarda direttamente proprio l’Italia, che importava il 25% del suo fabbisogno energetico dalla Libia. Oggi l’ importazione da tali territori è quasi a zero, dopo che l’Italia stessa ha spostato il raccordo di risorse energetiche verso l’Algeria; sul piano virtuale si ha uno stretto legame tra fenomeni insurrezionali locali e transazionali riconoscibili, avvenuti in paesi mediorientali e africani, grazie alla bandiera nera del Califfato; sul piano della percezione, il messaggio che vuole far passare l’Isis è quello della consapevolezza di poter essere sempre e comunque colpiti. L’Isis si avvale, come accennato, di diverse fonti di sostentamento, seppur esse siano in fase di riduzione a seguito dei bombardamenti dell’occidente, mirati a colpire obiettivi infrastrutturali e, in particolare, i pozzi petroliferi di petrolio e gas. Sfruttando le risorse energetico sul territorio lo Stato Islamico raffina petrolio in Iraq e Siria. Una parte di esso torna in Iraq, a Mosul, e viene concesso quasi a titolo gratuito agli abitanti della città. Il resto viene trasferito e venduto dalla Siria alla Turchia tramite 500 micro-oleodotti. Altre importanti fonti di sostentamento sono fornite dalla finanza islamica, costituita da enti caritatevoli e istituzioni religiose che garantiscono introiti, dal contrabbando di beni archeologici, visto che l’Isis controlla 4000 siti, un terzo delle aree archeologiche irachene, da estorsioni e rapimenti e dal traffico di esseri umani. Quali sono i rischi attualmente rilevabili legati all’Isis? Certamente la crescita del numero di aderenti, visto che il 70% della popolazione in nord africa e medio oriente ha età inferiore a 25 anni, creando un bacino amplissimo per il reclutamento, tenendo anche presente che in quelle zone del mondo c’è un livello di povertà molto elevato e un’assenza di prospettiva futura, fattori sfruttabili dallo Stato Islamico, che si presenta come la soluzione a tutti i problemi. Informazioni reperite e basate su: • “La Spada e il Corano. Politica e religione nell’Islam di fronte allo Stato islamico”, conferenza svoltasi nell’ambito della manifestazione Biennale e Democrazia il 29 Marzo 2015; • “Isis. Dov’è lo Stato? Dove sono i diritti?”, conferenza svoltasi presso il Campus Luigi Einaudi di Torino il 2 Marzo 2015; • “ISIS: tra fatti e diritto. Dialogo sullo Stato islamico fra consenso e reazioni”, conferenza tenutasi al Campus Luigi Einaudi di Torino il 6 Maggio 2015; • “The Islamic State”, documentario rintracciabile al sito www.youtube.it;
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