sandro botticelli - collegio ballerini
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sandro botticelli - collegio ballerini
SANDRO BOTTICELLI Alessandro Vaghi Andrea Pancheri Daniele Continanza Francesco Giovanni Vintani 4a scientifico Anno scolastico 2010/2011 BIOGRAFIA Alessandro Filipepi, detto Sandro e poi soprannominato Botticelli dal nomignolo con cui era noto il fratello Antonio, nasce a Firenze nel 1445. Il padre, Mariano Filipepi, è un conciatore di pelli e, nonostante non sia consuetudine per una famiglia come la sua, decide che il figlio compia approfonditi studi letterari. A questa formazione, segue il praticantato pittorico presso la bottega del vecchio Filippo Lippi, dal quale Botticelli si fa guidare per tre anni, assimilandone molte caratteristiche. Al termine di questo periodo, sembra che Sandro vada a bottega da Andrea del Verrocchio o, quantomeno, gli faccia da aiutante per un certo tempo. E’ il 1467 e il Botticelli dipinge alcune “Madonne con Bambino” caratterizzate da una forte influenza del Lippi. Già nel 1470, appena venticinquenne, Botticelli - grazie all’aiuto di Tommaso Soderini, amico della famiglia Medici - ottiene il suo primo incarico ufficiale importante: la “Fortezza”, figura allegorica destinata al Tribunale di Firenze. Nel 1472, Sandro è definitivamente indipendente, tanto che s’iscrive all’Accademia di San Luca. In pochi anni, il giovane pittore fiorentino diviene tra i favoriti della corte medicea. Nel 1475 dipinge uno stendardo per Giuliano de’ Medici, in occasione della celebre Giostra del Poliziano. A lui viene anche affidato l’incarico di ricordare la sventurata congiura dei Pazzi, dove ha trovato la morte lo stesso Giuliano: nel 1478, in Palazzo Bargello, effigia i congiurati impiccati. A quest’epoca risale uno dei suoi capolavori: la “Primavera”, commissionato dai fratelli Lorenzo e Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici. Botticelli è il prediletto di Lorenzo il Magnifico e partecipa alla fervente vita di corte, dove incontra le personalità più eminenti dell’umanesimo e fa proprie le concezioni neoplatoniche della cerchia d’intellettuali. In questo modo la mitologia fu pienamente riabilitata e le venne assegnata la stessa dignità dei temi di soggetto sacro e ciò spiega anche il motivo per cui le decorazioni di carattere profano ebbero una così larga diffusione. Venere, la dea più peccaminosa dell'Olimpo pagano, venne totalmente reinterpretata dai filosofi neoplatonici del tempo e diventò uno dei soggetti raffigurati più frequentemente dagli artisti. Nel 1481, Botticelli parte alla volta di Roma e firma un contratto con l’allora Papa Sisto IV. Il pontefice lo vuole, insieme al Ghirlandaio, al Perugino ed a Cosimo Rosselli, per realizzare la decorazione della nuovissima Cappella Sistina, appena fatta costruire. I soggetti assegnati al Botticelli sono tre storie del Vecchio e Nuovo Testamento. Solo un anno più tardi il pittore rientra a Firenze, di nuovo alla corte medicea per realizzare celebri e splendide opere quali la “Nascita di Venere”. Ormai è il 1492: il periodo di gloria fiorentina del Botticelli volge al termine, in seguito anche, alla morte di Lorenzo il Magnifico. In due anni la crisi politica a Firenze si fa sempre più pesante. Oltre a questo, il frate Girolamo Savonarola instaura una vera dittatura teocratica e il Botticelli sembra essere turbato dalle predicazioni del religioso. Infatti entra in una profonda crisi spirituale. Ha ora cinquant’anni ed un carattere introverso: i soggetti profani che ha trattato nel corso della sua attività iniziano a sembrargli sconvenienti, se non addirittura deprecabili. La sua pittura vira in modo deciso verso il sacro e il religioso. Realizza dipinti allegorici e raffigurazioni sacre come Madonne con bambini, Pietà, Natività e Crocifissioni. Ormai il maestro ha difficoltà a trovare dei committenti, la sua luce è oscurata dai grandi astri del tempo: Michelangelo, Leonardo, Raffaello. Egli, ormai vecchio e stanco, appare superato nella sua concezione pittorica e muore, dimenticato da tutti, nel 1510. RISCOPERTA DEL BOTTICELLI NELL’OTTOCENTO Se oggi la figura del Botticelli è considerata come una delle più celebri del Rinascimento, il pittore in realtà finisce i suoi giorni in povertà, dimenticato dai ricchi committenti. Ne è prova il rifiuto da parte di Isabella D'Este, nel 1502, di commissionargli un’opera, sebbene il pittore gli fosse stato caldamente raccomandato. Dopo la morte, l’oblio che lo avvolge in vecchiaia peggiora e la sua pittura viene ignorata, quando non screditata. Solo nell’Ottocento, grazie all’opera del critico inglese John Ruskin e alla passione che dimostrano per lui i Preraffaelliti, Sandro Botticelli viene nuovamente scoperto, studiato, apprezzato e largamente imitato. Nell'Ottocento, la città di Firenze diviene meta prediletta di colti viaggiatori stranieri, in particolare inglesi e americani, che la eleggono loro patria d’adozione. Tra gli intellettuali che prediligono Firenze vi sono i Preraffaelliti. Gli appartenenti a questo movimento inglese, costituito nel 1848, scelgono apertamente di qui il loro nome - di ispirarsi alla cultura che ha preceduto Raffaello, all’arte del Trecento e del Quattrocento, con una predilezione particolare per Botticelli. Il critico inglese Walter Pater parla di “un senso di smarrimento e perdita”, ravvisando nelle sue tele una profonda malinconia, celata dietro alla perfezione ideale del disegno e della linea. I Preraffaelliti dipingono immagini mitiche, mutuando temi e stilemi dal maestro fiorentino. Da lui, inoltre, sembrano apprendere il gusto per la linea ondulata e sinuosa, che tutto avvolge e armonizza, e la minuziosa ricostruzione delle forme vegetali. BOTTICELLI A ROMA La politica riconciliativa di Lorenzo de' Medici verso gli alleati della Congiura dei Pazzi (soprattutto Sisto IV e Ferdinando I d'Aragona), si realizzò in maniera efficace anche attraverso scambi culturali, con l'invio dei più grandi artisti fiorentini nelle corti italiane, quali ambasciatori di bellezza, armonia e del primato culturale fiorentino. Il 27 ottobre 1480 Botticelli, Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino e i rispettivi collaboratori partirono per Roma per affrescare le pareti della Cappella Sistina. Il ciclo prevedeva la realizzazione di dieci scene raffiguranti le Storie della vita di Cristo e di Mosè ed i pittori si attennero a comuni convenzioni rappresentative in modo da far risultare il lavoro omogeneo come l'uso di una stessa scala dimensionale, struttura ritmica e rappresentazione paesaggistica; inoltre utilizzarono accanto ad un'unica gamma cromatica le rifiniture in oro in modo da far risplendere le pitture con i bagliori delle torce e delle candele. Secondo il programma iconografico voluto da Sisto IV, i vari episodi vennero disposti in modo simmetrico per consentire il confronto concettuale tra la vita di Cristo e quella di Mosè, in un continuo parallelismo tendente ad affermare la superiorità del Nuovo Testamento sul vecchio. Botticelli si vide assegnare tre episodi e il 17 febbraio 1482 gli venne rinnovato il contratto per le pitture, ma il 20 dello stesso mese morì suo padre, costringendolo a tornare a Firenze, da dove non ripartì. I tre affreschi eseguiti da Botticelli, con ricorso ad aiuti che un'opera di tale vastità richiedeva, sono le Prove di Mosè, le Prove di Cristo e la Punizione di Qorah, Dathan e Abiram, oltre ad alcune figure di papi ai lati delle finestre (tra cui Sisto II) oggi molto deteriorate e ridipinte. In generale negli affreschi della Sistina Botticelli risultò più debole e dispersivo, con difficoltà nel coordinare le forme e la narrazione, che genera un insieme spesso frammentario, forse a causa dello spaesamento del pittore nell'operare su dimensioni e tematiche non congeniali e in un ambiente a lui estraneo. LE PROVE DI MOSE’ E LE PROVE DI GESU’ I due dipinti presi in considerazione sono quelli più rappresentativi. Il tema della decorazione era il parallelismo tra le Storie di Mosè e quelle di Cristo. Si voleva sottolineare la trasmissione della legge divina dalle tavole della Legge al messaggio evangelico di Gesù, il quale poi scelse san Pietro come suo successore, legittimando il potere, la supremazia e l'infallibilità dei suoi successori, cioè i pontefici stessi. La scena delle Prove di Mosè raffigura vari episodi della giovinezza di Mosè tratti dal Libro dell'Esodo ed ha evidenti parallelismi con la scena sulla parete opposta in posizione simmetrica, sempre di Botticelli, le Prove di Gesù. Da destra si vede Mosè che uccide l'egiziano che aveva maltrattato un israelita e fugge nel deserto (per cui può essere visto come prefigurazione di Cristo che sconfigge il demonio); nell'episodio successivo combatte con i pastori che volevano impedire alle figlie di Ietro, tra cui è la sua futura moglie Sefora, di abbeverare il gregge al pozzo e attinge per loro l'acqua; nel terzo in alto a destra Mosè si toglie i calzari, poi si avvicina al roveto ardente e riceve da Dio la missione di tornare in Egitto e liberare il suo popolo; infine in basso a sinistra, egli guida il suo popolo verso la Terra Promessa. Dei tre episodi affrescati da Botticelli questo è il più coordinato nello svolgimento dei numerosi episodi che compongono la scena narrata. Mosè è sempre riconoscibile per la veste dorata e il mantello verde. Il tratto migliore resta però la vigoria dei ritratti e la ricchezza di invenzioni iconografiche, che però in alcuni casi formano un insieme frammentario, forse a causa dello spaesamento del pittore nell'operare su dimensioni e tematiche non congeniali e in un ambiente a lui estraneo. La scena delle Prove di Cristo raffigura tre episodi evangelici della vita di Gesù. In alto a sinistra Cristo incontra il demonio, sotto le sembianze di un eremita, che lo invita a tramutare in pane le pietre; al centro Cristo e il demonio sono sulla sommità del frontone di un tempio, ispirato all'Ospedale di Santo Spirito in Saxia, e il demonio sfida Gesù a gettarsi nel vuoto e ad essere salvato dai suoi angeli; infine, a destra, Cristo fa precipitare il demonio nudo da una rupe dopo il suo rifiuto di dominare il mondo. In primo piano si svolge un rito sacrificale, interpretato come quello offerto dal lebbroso dopo essere stato risanato da Cristo e in cui il sommo sacerdote simboleggia Mosè, che passa la Legge, e il giovane si identifica con Cristo, che sarà lui stesso sacrificato per redimere l'umanità intera. BOTTICELLI A FIRENZE LA PRIMAVERA La Primavera è un dipinto tempera su tavola (203x314 cm) databile al 1482 circa e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Si tratta del capolavoro dell'artista, nonché di una delle opere più famose del Rinascimento italiano. Il suo straordinario fascino che tuttora esercita sul pubblico è legato anche all'aura di mistero che circonda l'opera, il cui significato più profondo non è ancora stato completamente svelato. DESCRIZIONE L'opera è ambientata in un boschetto di aranci e va letta da destra verso sinistra, forse perché la collocazione dell'opera imponeva una visione preferenziale da destra. Zefiro, vento di primavera che piega gli alberi, rapisce per amore la ninfa Cloris, fecondandola. Da questo atto ella rinasce trasformata in Flora, la personificazione della stessa primavera rappresentata come una donna dallo splendido abito fiorito che sparge a terra le infiorescenze che tiene in grembo. A questa trasformazione allude anche il filo di fiori che già inizia a uscire dalla bocca di Cloris durante il suo rapimento. Al centro campeggia Venere, inquadrata da una cornice simmetrica di arbusti, che sorveglia e dirige gli eventi, quale simbolo neoplatonico dell'amore più elevato. Sopra di lei vola il figlio Cupido, mentre a sinistra si trovano le Grazie vestite di veli leggerissimi. Chiude il gruppo a sinistra Mercurio, coi tipici calzari alati, che col caduceo scaccia le nubi per preservare un'eterna primavera. INTERPRETAZIONI La Primavera nasconde vari livelli di lettura: uno strettamente mitologico legato ai soggetti rappresentati, uno filosofico legato alla filosofia dell'accademia neoplatonica; uno storicodinastico legato alle vicende contemporanee ed alla gratificazione del committente e della sua famiglia. Lettura legata al committente Partendo dall'inventario mediceo del 1498,si può ipotizzare che il dipinto possa essere l'allegoria del matrimonio tra Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici e Semiramide Appiani; Botticelli lo avrebbe oltretutto eseguito in due momenti successivi, perché l'opera era stata inizialmente commissionata da Giuliano de' Medici in occasione della nascita del figlio Giulio (futuro papa Clemente VII). Ma come è noto Giuliano morì nella congiura dei Pazzi ordita contro il fratello in quello stesso anno, un mese prima della nascita del figlio, per cui il quadro incompiuto venne "riciclato" dal cugino qualche tempo dopo per celebrare le sue nozze, inserendovi il suo ritratto e quello della moglie. Nei vari protagonisti della rappresentazione sono stai individuati vari personaggi di casa Medici: nelle tre Grazie sono state riconosciute Caterina Sforza (a destra) e Simonetta Vespucci che guarda sognante verso Mercurio-Giuliano de' Medici. Lettura storica Alcuni storici dell’arte hanno considerato il dipinto come allegoria dell'età medicea, intesa come età dell'oro, ma sotto la guida di Lorenzo di Pierfrancesco e non del Magnifico, confermandone così la committenza. La presenza di Flora sarebbe pertanto un'allusione a Florentia e dunque alle antiche origini della città. Si tratta di un'interpretazione che riprende la generale tendenza degli ultimi decenni a "smitizzare" la figura del Magnifico in favore del ramo cadetto della famiglia. Le altre figure sarebbero città legate in vario modo a Firenze: Mercurio-Milano, Cupido (Amor)-Roma, le Tre Grazie come Pisa, Napoli e Genova, la ninfa Maya come Mantova, Venere come Venezia e Borea come Bolzano. Lettura filosofica Sicuramente nella Primavera il mito venne scelto per rispecchiare verità morali, adottando un tema antico, quindi universale, a un linguaggio del tutto moderno. Alcuni critici hanno letto la Primavera come la trasposizione di un distico di Agnolo Poliziano, ricco di citazioni letterarie antiche. La scena si svolgerebbe nel giardino sacro di Venere, che la mitologia collocava nell'isola di Cipro, come rivelano gli attributi tipici della dea sullo sfondo (per es. il cespuglio di mirto alle sue spalle) e la presenza di Cupido e Mercurio a sinistra in funzione di guardiano del bosco, che infatti tiene in mano una specie di bastone per scacciare le nubi della pioggia. Le Tre Grazie rappresentavano tradizionalmente le liberalità, ma la parte più interessante del dipinto è quella costituita dal gruppo di personaggi sulla destra, con Zefiro, la ninfa Cloris e la dea Flora, divinità della fioritura e della giovinezza, protettrice della fertilità. Zefiro e Clori rappresenterebbero la forza dell'amore sensuale e irrazionale, che però è fonte di vita (Flora) e, tramite la mediazione di Venere ed Eros, si trasforma in qualcosa di più perfetto (le Grazie), per poi spiccare il volo verso le sfere celesti guidato da Mercurio. Numerose sono le proposte di lettura per le Grazie. Il loro movimento di alzare e abbassare le braccia ricorda filosoficamente il principio base dell'amore (da Seneca), la Liberalità, in cui ciò che si dà viene restituito. Esse possono rappresentare anche tre aspetti dell'amore, descritti da Marsilio Ficino: da sinistra, la Voluttà, dalla capigliatura ribelle, la Castità, dallo sguardo malinconico e dall'atteggiamento introverso, e la Bellezza, con al collo una collana che sostiene un'elegante prezioso pendente e dal velo sottile che le copre i capelli, verso la quale sembra stare per scoccare la freccia Cupido . STILE Nell'opera sono leggibili alcune caratteristiche stilistiche tipiche dell'arte di Botticelli: innanzitutto la ricerca di bellezza ideale e armonia, attraverso un uso del disegno e della linea di contorno. Ciò genera pose sinuose e sciolte, gesti calibrati, profili idealmente perfetti. L'ondeggiamento armonico delle figure, che garantisce l'unità della rappresentazione, è stato definito "musicale”. L'attenzione dell'artista è tutta focalizzata sulla descrizione dei personaggi, e in secondo luogo delle specie vegetali accuratamente studiate, forse dal vero, sull'esempio di Leonardo da Vinci che in quell'epoca era già artista affermato. Minore cura è riservata allo sfondo con gli alberi il cui verde doveva originariamente essere più brillante, ma col tempo si è ossidato arrivando a tonalità più scure. Le figure spiccano con nitidezza sullo sfondo scuro, con una spazialità semplificata, sostanzialmente piatta o comunque poco accennata, come negli arazzi. Questo fatto dimostra l'allora nascente crisi degli ideali prospettici e razionali del primo Quattrocento. LA NASCITA DI VENERE E’ l’opera più rappresentativa del Rinascimento italiano e spesso viene considerata come simbolo della stessa Firenze e della sua arte. Rappresenta una delle creazioni più elevate dell'estetica del pittore fiorentino, oltre che un ideale universale di bellezza femminile. STORIA La ricostruzione storica delle vicende legate alla Nascita di Venere ha molte analogie con quella della Primavera. Vasari, nel 1550, citò il dipinto assieme alla Primavera nella villa di Castello, che all'epoca era di proprietà dei fratelli Giovanni e Lorenzo de' Medici "Popolani", cugini più giovani di Lorenzo il Magnifico. Ciò ha fatto spesso supporre che il committente fosse Lorenzo il Popolano, che si era fatto dipingere la Primavera, e che i due dipinti facessero parte di un medesimo ciclo mitologico di cui faceva parte anche la Pallade e il centauro, sempre agli Uffizi, e Venere e Marte nella National Gallery di Londra. La Nascita di Venere è in genere considerata opera anteriore alla Primavera. Secondo alcuni entrambe le opere risalgono a un periodo vicino, dopo il ritorno del pittore da Roma o immediatamente prima del viaggio. Secondo altri, invece, la Primavera sarebbe stata dipinta prima e la Nascita di Venere dopo il viaggio. DESCRIZIONE Nell’opera si vede Venere che avanza leggera fluttuando su una conchiglia lungo la superficie del mare increspata dalle onde, in tutta la sua grazia e ineguagliabile bellezza. E’ nuda e distante come una splendida statua antica e viene sospinta e riscaldata dal soffio di Zefiro, il vento fecondatore, abbracciato a un personaggio femminile con cui simboleggia la fisicità dell'atto d'amore, che muove Venere col vento della passione. Forse la figura femminile è la ninfa Clori, forse il vento Aura o Bora. Sulla riva una fanciulla, una delle Ore che presiede al mutare delle stagioni, in particolare la Primavera, porge alla dea un magnifico manto rosa ricamato di fiori per proteggerla. Essa rappresenta la casta ancella di Venere ed ha un vestito setoso riccamente decorato con fiori e ghirlande di rose e mirto, piante sacre alla dea. La posa della dea, con l'equilibrato bilanciamento del "contrapposto", deriva dal modello classico della Venus pudica (cioè che si copre con le braccia il seno e il basso ventre) e Anadiomene (cioè "emergente" o nascente dalla spuma marina), di cui i Medici possedevano una statua classica fin dal 1375. Il volto pare che si ispirasse alle fattezze di Simonetta Vespucci, la donna dalla breve esistenza (morì a soli 23 anni) e dalla bellezza "senza paragoni" cantata da artisti e da poeti fiorentini. INTERPRETAZIONE L'opera nasconde un'allegoria neoplatonica basata sul concetto di amore come energia vivificatrice, come forza motrice della natura. Sicuramente la nudità della dea non rappresentava per i contemporanei una pagana esaltazione della bellezza femminile, ma piuttosto il concetto di Humanitas, intesa come bellezza spirituale che rappresenta la purezza, la semplicità e la nobiltà dell'anima. Non a caso è stato fatto un parallelismo tra Venere e l'anima cristiana, che nasce dalle acque del battesimo. Sarebbe dunque un'allegoria dell'amore inteso come forza motrice della Natura e la figura della dea, e la posa di Venus pudica (ossia mentre copre la sua nudità con le mani ed i lunghi capelli biondi) rappresenterebbe la personificazione della Venere celeste, simbolo di purezza, semplicità e bellezza disadorna dell'anima. Questo era del resto uno dei concetti fondamentali dell'umanesimo neoplatonico, che ritorna sotto diversi aspetti anche negli altri dipinti a soggetto mitologico realizzati dal Botticelli all'incirca nello stesso periodo. STILE Il disegno è armonico, delicato; le linee sono elegantissime e creano, nelle onde appena increspate, nel gonfiarsi delle vesti, nel fluire armonico dei capelli della dea e nello stesso profilo della spiaggia, dei giochi decorativi sinuosi e aggraziati. Innegabile è la ricerca di bellezza ideale e armonia, che si ottiene ricorrendo al disegno e alla linea di contorno (derivato dall'esempio di Filippo Lippi). Le forme sono nette, raffinatissime e trovano la loro sublimazione nel nudo statuario della dea, in cui le qualità morali e spirituali, secondo la dottrina neoplatonica, coincidono con la sua bellezza fisica. Tipica dell'artista è la vena leggermente malinconia, ma serena, che serpeggia negli sguardi. Il colore chiaro e nitido, derivato dalla particolare tecnica che imita l'affresco, intride di luce le figure, facendone risaltare la purezza penetrante della bellezza. Ancora più che nella Primavera, la spazialità dello sfondo è piatta, bloccando le figure in una magica sospensione. La progressiva perdita dei valori prospettici fa collocare quest'opera dopo la Primavera, in una fase in cui la "crisi" che investirà Firenze alla fine del secolo, è già più che mai avviata. TECNICA Botticelli usò per quest'opera il supporto della tela, estremamente insolito nella Firenze del Quattrocento. Due teli di lino vennero cuciti tra loro e in seguito venne aggiunta un'imprimitura a base di gesso tinto con un po' di blu, in modo da dare il particolare tono azzurrato a tutto il dipinto. La pittura usa la tecnica della tempera magra, cioè dei colori sciolti in colle animali e vegetali come leganti, che diede una straordinaria luminosità avvicinandosi alla resa dell'affresco. Abbondante è l'uso dell'oro per le lumeggiature, steso essenzialmente con due tecniche: a "pennello", come nei capelli di Venere, e a "missione", cioè con l'aggiunta di mordente, sui tronchi e sulle foglie. BIBLIOGRAFIA L’ARTE ITALIANA vol.2 Il Rinascimento e il Barocco Piero Adorno Casa editrice G. D’Anna STORIA DELL’ARTE ITALIANA vol. 2 Giulio Carlo Argan Sansoni Editore Siti internet: www.firenze-online.com/artisti www.storiadellarte.com/botticelli www.wikipedia.org/botticelli INDICE Intestazione pag. 1 Biografia pag. 2 Riscoperta del Botticelli nell’Ottocento pag. 3 Botticelli a Roma pag. 3 Le Prove di Mosè e Le Prove di Gesù pag. 4 Botticelli a Firenze pag. 5 La Primavera pag. 5 La Nascita di Venere pag. 7 Bibliografia pag.10
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