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Herbert Matter, courtesy Artek Aino and Alvar Aalto Savoy vase, Iittala. Courtesy Artek L’umanità degli Aalto The Aaltos’ Humanity TXT_Anniina Koivu A sinistra, il making of della coppia di braccioli della poltrona 401, 402, 406; a destra, il ristorante Savoy, aperto a Helsinki nel 1937. Left, the photo shows the making of the armrest pair of the Armchair 401, 402, 406; right, the Savoy restaurant, opened in Helsinki in 1937. courtesy Artek L’idea di una modernità in armonia con la natura umana ha permesso ad Alvar e Aino di impegnarsi a ogni scala del design e dell’architettura, indicando nuove strade del progetto ancora oggi percorse ed esplorate da molti contemporanei The idea of a modernity in harmony with human nature allowed Alvar and Aino to tackle design and architecture on every scale, indicating new directions that are still being followed and explored by many designers today Paimio Chair, Artek 128 549 549 129 Courtesy Artek Courtesy Artek Courtesy Artek Alvar Aalto ha creduto nelle riforme sociali e teoriche lanciate dai modernisti all’inizio del XX secolo. Ma, da progettista, alla “geometria” del Bauhaus ha preferito una modernità più umana. L’architettura doveva essere “in armonia con il genere umano”. Grazie al suo eccezionale senso delle proporzioni, è stato capace di liberare il modernismo dalla sua tendenza all’astrazione e alla iper-concettualizzazione. Così per comprendere il design di Alvar Aalto, è impossibile non considerare la sua architettura: questi campi creativi in lui sono semplicemente troppo connessi per poter valutare uno senza l’altro. E in effetti, molti dei suoi più famosi progetti per mobili e lampade non sarebbero esistiti senza un progetto architettonico. Prendiamo la Paimio Chair (1930-31), perfetto esempio del modo in cui un oggetto nato in un contesto progettuale del tutto particolare può diventare un pezzo di arredamento universale. In origine questa poltroncina di legno fu pensata come seduta per pazienti tubercolotici, capace di garantire condizioni igieniche ottimali, comfort e non apparire come un classico arredo da ospedale. Nel 1928 Alvar Aalto e sua moglie Aino avevano vinto il concorso per la progettazione di un sanatorio vicino alla città di Paimio e fu loro commissionata anche la realizzazione degli arredi per i vari ambienti della struttura. Gli Aalto conoscevano bene la poltrona in tubolare di acciaio di Marcel Breuer (avevano la Wassily in casa) e infatti per prima cosa pensarono di usare il metallo, il materiale appropriato: moderno, innovativo e igienico. Ma poi pensarono che “i mobili di acciaio sono psicologicamente provanti per un ambiente dove devono vivere persone malate”. Quindi, scelsero il legno perché era più caldo e più morbido. Gli Aalto avevano cominciato già nel 1924 le sperimentazioni con il legno facendone bollire pezzi in una casseruola per curvarlo. Ma solo nel 1930, grazie alla collaborazione con la fabbrica di legnami Korhonen, riuscirono a ottenere risultati promettenti con la betulla, essenza molto diffusa in Finlandia e piuttosto conveniente. Alla fine nacque la Paimio Chair, un singolo e sottile strato di compensato fissato tra due telai di legno 130 549 As architect Alvar Aalto (1898-1976) believed in the social and theoretical reforms inspired by the modernism of the early 20th century. But, in contrast to the geometry of the Bauhaus, he favored a more human kind of modernism. For Aalto, architecture should be “in harmony with the human being.” Thanks to his exceptional sense of scale, he was able to liberate modernism from its tendency towards abstract, over-conceptualized – and inhuman – results. When it comes to understanding Alvar Aalto’s furniture designs, we should also look at his architecture. These different creative fields are too closely connected to be separated in terms of understanding. In fact, many of Alvar Aalto’s best known stand-alone furniture and lightning designs would not exist outside of his architectural projects. Let us consider the Paimio Chair (1930-31), as it illustrates particularly well how work in a very specific context led to the creation of a piece of furniture with near-universal appeal. Originally, the low wooden chair was designed as seating for tubercolosis patients – a chair that allowed for dust-free hygiene and comfort, without looking like typical hospital seating. In 1928 Alvar Aalto and his wife Aino (1894–1949) won an architectural competition for a tubercolosis sanatorium near the town Paimio. They were also commissioned to build the furniture for various spaces. Familiar with Marcel Breuer’s tubular steel club chair (the Aaltos had the Wassily chair at home), they first considered using metal. It was modern, innovate and hygenic. But soon the couple realized that “steel furniture seemed to be psychologically too hard for an environment of sick persons.” They thus decided to use wood, which is both warmer and softer. It is said that the Aaltos had begun experimenting with bentwood furniture – by boiling pieces of wood in a saucepan – as early as 1924. But only in 1930, after they began working with wooden furniture manufacturer Korhonen, did they begin to get promising results from their experiments with wood – more precisely birchwood, which is widely available in Finland and a relatively inexpensive material. Ultimately Sopra, Tapio Wirkkala, Pendant lamp TW003 (1960). A lato, il vaso Savoy, entrambi di Aalto in rosso e, in alto, ciotole Savoy per Iittala. Nell’altra pagina, gli sgabelli E60 (1934) e le sedie per bambini N65. Above, Tapio Wirkkala, TW003 pendant lamp. Left, the the Savoy vase in red and, top, Savoy bowls, both for Iittala. Opposite page, stools E60 (1934) and the children’s chairs N65. Gli 80 anni di Artek Nell’ottobre 1935 a Helsinki Alvar e Aino Aalto con la mecenate appassionata d’arte Maire Gullichsen e lo storico d’arte e critico Nils-Gustav Hahl, fondarono Artek, un progetto molto originale per il tempo che aveva come obiettivo: “Commercializzare mobili, ma anche promuovere una cultura e un modo di vivere moderni attraverso esposizioni e altre forme di comunicazione”. I mobili, le lampade e gli oggetti degli Aalto, divenuti dei classici, costituiscono il nucleo della collezione Artek. Ma il catalogo è completato da progetti di importanti maestri del design nordico quali Ilmari Tapiovaara, Tapio Wirkkala, Eero Aarnio e Yrjö Kukkapuro e dalle più recenti collaborazioni con architetti, designer e artisti internazionali come Shigeru Ban, Enzo Mari, Konstantin Grcic, Ronan ed Erwan Bouroullec. Ora, per i suoi 80 anni, Artek presenta due Edizioni speciali Anniversario di Aalto: il Rilievo Sperimentale in Legno (1934), uno dei più raffinati esperimenti con il legno realizzati dal maestro in un’edizione limitata a soli 80 esemplari (etichettati e numerati) e il tavolo Maison Louis Carré (1958), ancora soltanto 80 pezzi, basato sui disegni originali, realizzato con gambe di betulla naturale laccata e un piano di betulla laccato nero. Nelle immagini, Alvar Aalto, Rilievo Sperimentale in Legno di Aalto (1934, sopra) e il tavolo Maison Louis Carré (1958). Marc Eggimann, courtesy Artek Artek’s 80 years In Helsinki in October 1935 Alvar and Aino Aalto, together with the patron and lover of art Maire Gullichsen and the art historian and critic Nils-Gustav Hahl, founded Artek, a highly original project for the time that set itself the objective of “selling furniture and promoting a modern culture of living by exhibitions and other educational means.” The Aaltos’ furniture, lamps and other objects, now classics, make up the core of the Artek collection. But the catalogue is completed by the creations of other important masters of Nordic design like Ilmari Tapiovaara, Tapio Wirkkala, Eero Aarnio and Yrjö Kukkapuro and by more recent collaborations with architects, designers and artists from other parts of the world like Shigeru Ban, Enzo Mari, Konstantin Grcic and Ronan and Erwan Bouroullec. Now, to celebrate its 80 years, Artek is presenting two special Anniversary Editions of Alvar Aalto’s designs: the Experimental Wood Relief (1934), one of the designer’s most refined experiments with wood produced in an edition limited to just 80 (labelled and numbered) pieces and the Maison Louis Carré Table (1958), again in just 80 pieces, based on the original drawings and made with legs of natural lacquered birch and a top of black lacquered birch. Alvar Aalto, the Experimental Wood Relief (1934, above) and the Maison Louis Carré table (1958). 549 131 Mark Eggimann, courtesy Artek Courtesy Artek A destra, il Tea Trolley di Alvar Aalto (1936) reinterpretato da Hella Jongerius (2015). Nell’altra pagina, Ronan & Erwan Bouroullec, Reb 003 Kaari Table (2015, a sinistra) e Ilmari Tapiovaara, Pirkka Stool (1955). Right, the Tea Trolley 901 by Alvar Aalto (1936), re-interpreted by Hella Jongerius (2015). Opposite page, Ronan & Erwan Bouroullec, Reb 003 Kaari Table (2015, left) and Ilmari Tapiovaara, Pirkka Stool (1955). di forma sinuosa, senza alcuna imbottitura per non favorire la proliferazione di germi. Ma l’ingegnosa costruzione degli Aalto aveva reso la sedia comunque elastica e sorprendentemente confortevole. Per Alvar Aalto il legno era “un materiale profondamente umano, capace di ispirare le forme” e per tutta la sua carriera continuò a sperimentare con il compensato sviluppando ingegnose collezioni di sedie, sgabelli, tavoli e anche scaffali basati sull’idea del “bent knee” (il ginocchio piegato), l’elemento a forma di L comune a tutti i pezzi. Gli Aalto erano consapevoli di essere arrivati a qualcosa di speciale con i loro esperimenti sul legno e, insieme alla mecenate Maire Gullichsen e allo storico dell’arte Nils-Gustav Hahl, nel 1935 decisero di fondare Artek. L’idea era vendere mobili, ovvio. Ma i loro obiettivi includevano la promozione di una moderna cultura dell’abitare anche attraverso mostre e progetti educativi. Credevano fermamente che l’arredamento, per essere innovativo, dovesse essere prodotto in serie e influenzato sia dall’architettura che dall’arte moderna. E tutto questo era riassunto nel nome dell’azienda: Arte e tecnologia = Artek. Il modernismo organico degli Aalto, nell’architettura come nel design, ottenne subito una grande attenzione internazionale. Negli Stati Uniti, George Nelson dichiarò che gli esperimenti con il compensato dei finlandesi erano rivoluzionari e che “guardando al meglio della nostra moderna produzione di mobili e alle sedie di Eames, le più americane tra tutti, si comprende come senza il precedente lavoro di Aalto in Finlandia e Matthson in Svezia le cose sarebbero andate diversamente”. Tuttavia il modernismo organico non è uguale al design organico. Questa semplificazione rischia di ridurre il lavoro di Aalto a un mero approccio stilistico. Certamente c’è del vero nell’idea che la natura abbia istruito il suo lavoro. Lui stesso ha celebrato questo rapporto con affermazioni come: «La forma deve avere un contenuto e il contenuto deve essere legato alla 132 549 composed of a single sheet of thin plywood fixed between two free-shaped frames, the Paimio Chair has no upholstery – as befits an environment in which germs proliferate. Instead, the Aaltos’ ingenious construction makes the wooden chair “springy” and surprisingly comfortable. For Aalto, wood was a “form-inspiring, deeply human material,” and throughout his career, he continued to experiment with plywood, developing an ingenious series of chairs, stools, tables and even shelving systems based on the idea of “a bent knee” – all the pieces have an L-shaped module in common. The Aaltos knew they were onto something with their wooden experiments and, together with patrons of the arts Maire Gullichsen and art historian Nils-Gustav Hahl, they set up the Artek company in 1935. Artek was based on the idea of selling furniture, of course. But its goals also included the promotion of a modern culture of habitation, which would be accomplished through exhibitions and other educational means. They believed in furniture that is innovative, rationally produced, and influenced by both architecture and modern art. This was reflected in the company’s name: Art + technology = Artek. Aalto’s “organic modernism,” consisting of both architecture and furniture designs, quickly began to receive high levels of international attention. In the US, George Nelson said that the Finns’ plywood experiments were groundbreaking. “If one takes the best of our modern furniture pieces and regards the Eames chairs as the ‘most American’ of them, then without the earlier work of Aalto in Finland and Matthson in Sweden, these chairs would not have turned out as they have.” However, “organic modernism” does not equal “organic design”. Such (over)simplification runs the risk of reducing Aalto’s work to a mere stylistic approach. Certainly, there is truth to the idea that nature informs his work. Aalto himself has celebrated this link, with statements like: “Form must have a content, and that natura». Eppure dire che le linee sinuose dei suoi esperimenti con la betulla o dei suoi vasi (per esempio, il Savoy del 1936) riproducono le forme delle rive dei laghi finlandesi è troppo facile, soprattutto considerando quanto anche l’arte moderna lo abbia influenzato. (Forti similitudini si trovano tra le forme simboliche di Aalto e artisti come Jean Arp). Ma è osservando la sua architettura che l’idea di un Aalto ispirato soltanto dalla natura crolla e, dopotutto, nessun edificio può essere creato semplicemente ritratteggiando le forme naturali. Aalto aveva un’abilità unica nel percepire l’atmosfera di un luogo; nell’analizzare le condizioni della luce, la ventilazione, la temperatura; nel leggere la topografia e nel cogliere le viste. Sapeva dimostrare il suo innato senso per ciò che costituisce un ambiente naturale. E sapeva anche trasformare spazi e arredi in una sorta di “seconda natura”, dove gli elementi architettonici, le luci e i pezzi d’arredamento interpretano ruoli della stessa importanza. content must be linked with nature.” But to say that the sinous outline of his bentwood experiments or different vases (take, for example, the 1936 Savoy vase) reproduce the curving lake shores of his native Finland is too simplistic as an approach, especially when modern art had also had an important influence on his work. (Striking similarities can be found, for example, in the symbolic, free shapes of Aalto and artists like Jean Arp.) The idea that Aalto was “only” inspired by nature falls apart when we consider his architecture. After all, no building could be created simply by retracing natural forms. Aalto had a unique ability to read the particular climate of a site; to analyze its conditions of lighting, ventilation, temperature; to read its topography and views. In this realm, Aalto shows his particular sense for what constitutes a natural setting. He was able to turn spaces and furniture pieces into a kind of “second nature”, where architectural elements, lightning and furniture all play roles of equal importance I vetri di Aino Fino al 1949, anno in cui morì prematuramente, Aino Aalto lavorò a fianco del marito con la responsabilità diretta del dipartimento disegno dello studio. Ma nel frattempo lavorò anche a progetti propri. La ricordiamo soprattutto per le sue collezioni di vetri. Bölgeblick, termine riferito ai cerchi che si formano quando si lancia una pietra nell’acqua, era il nome di una collezione di bicchieri che propose alla manifattura vetraria finlandese Iittala. Era il 1932, si concludeva il lungo periodo del proibizionismo, e la Finlandia fu investita da un’improvvisa domanda di nuovi bicchieri. Il set composto dalla brocca e dai bicchieri rigati ha avuto il suo riconoscimento internazionale, la medaglia d’oro alla VI Triennale di Milano (1936). Con il nome di Aino, è oggi la più antica collezione prodotta da Iittala. Aino’s glassware Working closely with her husband until her premature death in 1949, Aino Aalto ran the architectural office’s drawing department. But she also took on personal projects and is best remembered for her glass series. Originally entitled Bölgeblick, a term to describe the circles created by a stone thrown in water, she designed a series of drinking glasses for the Finnish glass manufacturer Iittala. The year 1932 ended a long period of prohibition, and Finland was in the throes of a sudden demand for new glass sets. The striped glass pitcher and drinking glasses won her international recognition, and the gold medal at the 6th Triennale di Milano (1936). Called the Aino series, today it is the oldest collection in production at Iittala. 549 133
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