genova - Coro Soreghina
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G E N OVA n u o v a PERIODICO PER GLI ALPINI DELLA SEZIONE ANA DI GENOVA Anno IV – N. 1 – Gennaio - Aprile 2016 Direzione e Amministrazione: Mura delle Cappuccine, 33 - 16128 Genova – Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Genova Assemblea dei delegati Genova - Staglieno Commemorazione dei Caduti 120 anni fa: Adua Attività della Sezione Attività dei Settori In Famiglia RIMASTI NELLA PENNA Errori nel numero 3-2015 di Genova Alpina Nuova GRUPPO DI MASONE (pag. 42) Per un salto di impaginazione (anche i computer sbagliano) nella stampa dell’articolo sul raduno del Gruppo di Masone è scomparso un intero periodo. Ecco la versione corretta:”… il capogruppo Piero Macciò ha annunciato la novità di quest’anno, ovvero l’istituzione del premio “alpino d’oro”, consistente nella consegna di una medaglia dedicata a coloro che si siano distinti nell’ambito della comunità masonese. Il riconoscimento in questa prima edizione è andato alla signora Rachele Andreina Pastorino che, da oltre vent’anni, accudisce amorevolmente due nostri concittadini. Dopo la consegna della pergamena e della medaglia d’oro hanno preso la parola il Sindaco di Masone, che ha elogiato l’attività degli alpini,….” *** CAMBIO DI COMANDANTE AL 2° REGGIMENTO ALPINI (pag. 15) Dall’articolo sono scomparsi i nomi dei due ufficiali interessati: il Col. Fabrizio Recchi, cedente e il Col. Paolo Romani, subentrante. Ci scusiamo con tutti. OFFERTE Per Genova Alpina Nuova Gruppo di Borzonasca........................... 70 € Tripodi Saverio ....................................... 15 € Renzo Minaglia....................................... 15 € Vittorio Marchetti ................................... 15 € Marco Sacchetto (sez. Torino) .............. 30 € Carlo Fontana ......................................... 20 € Per Fondo di Solidarietà Gruppo di Borzonasca........................... 70 € Tripodi Saverio ....................................... 15 € Renzo Minaglia....................................... 15 € Vittorio Marchetti ................................... 15 € Marco Sacchetto (sez. Torino) .............. 30 € Ezio Derqui ............................................. 50 € Direttore responsabile: CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI 2016 SEZIONALI SABATO e DOMENICA 3 - 4 SETTEMBRE RADUNO SEZIONALE A MONEGLIA SABATO 8 OTTOBRE ore 16,00 FESTA MADONNA del DON e 144° ANNIV. TT.AA. A SAMPIERDARENA DOMENICA 13 NOVEMBRE ore 09,00 RIUNIONE CAPI GRUPPO INTERSEZIONALI DOMENICA 19 GIUGNO CAPANNETTE DI PEJ RAGRUPPAMENTO SABATO E DOMENICA 9 - 10 - 11 SETTEMBRE RADUNO DEL I° RAGGRUPPAMENTO A SUSA NAZIONALI 13 -14 -15 MAGGIO ASTI - ADUNATA NAZIONALE DOMENICA 29 MAGGIO MILANO - ASSEMBLEA DELEGATI DOMENICA 26 GIUGNO PELLEGRINAGGIO AL CONTRIN DOMENICA 3 LUGLIO COL DI NAVA DOMENICA 10 LUGLIO ORTIGARA DOMENICA 31 LUGLIO ADAMELLO DOMENICA 4 SETTEMBRE PASUBIO SABATO E DOMENICA 8 - 9 OTTOBRE MESTRE - MADONNA DEL DON DOMENICA 20 NOVEMBRE MILANO - ASSEMBLEA PRESIDENTI SEZIONE DOMENICA 11 DICEMBRE MILANO - MESSA IN DUOMO CALENDARI La Sezione ringrazia i Fratelli Migliorini per l’omaggio dei calendari semestrali tascabili. Nicola Pellegrino Comitato di redazione Presidente: PIETRO FIRPO Membri: ROBERTO MARTINELLI GIANCARLO MILITELLO - LORENZO SANTAGATA MAURO TIMOSSI - FRANCESCO TUO PERIODICO PER GLI ALPINI DELLA SEZIONE ANA DI GENOVA Direzione e Amministrazione: Mura delle Cappuccine, 33 - 16128 Genova - Tel.: 010 587236 - Fax: 010 5709480 e-mail: [email protected] Autorizzazione: Trib. di Genova N. 4-2013 del 17/05/2013 Stampa: Arti Grafiche Francescane srls - Corso Europa, 386 b 16132 Genova GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 2 In copertina: Commemorazione dei Caduti di tutte le guerre a Staglieno. GLI ALPINI DELL’ ALTAVALFONTANABUONA LASCIANO LA SEDE DI OGNIO G iovedì 15 ottobre gli alpini del gruppo Altavalfontanabuona hanno consegnato definitivamente le chiavi della sede di Ognio nelle mani del sindaco Stefano Sudermania. Il complesso di Ognio era occupato dagli alpini da circa una decina di anni, il promotore dell’iniziativa era stato il socio fondatore Giorgio Crino nel 2006. La proposta era stata accettata subito con entusiasmo da tutti gli alpini, benchè lo stabile si trovasse in condizioni di grave abbandono e necessitasse, quindi, di un notevole impegno di risorse lavorative e finanziarie. In breve tempo il complesso venne ristrutturato e il fabbricato, con la vasta area adiacente, si presentava fin da subito ordinato e accogliente. Seguirono poi diverse iniziative importanti quali l’intitolazione della sede al pluridecorato caduto in terra di Russia Tenente Alpino Piero Menada, (in merito a ciò è doveroso ricordare la fattiva collaborazione dell’ alpino Alfredo Costa, per il quale tutti gli alpini del Gruppo nutrono grande stima e affetto). Seguì poi la costruzione del monumento ai “caduti alpini” realizzato in prossimità della sede e costruito in gran parte dai soci Dino Garbarino e Andreino Schenone. Negli ultimi mesi la nostra attenzione è stata rivolta alla realizzazione di un’ area destinata all’ elisoccorso, la quale ha impegnato notevolmente tutto il gruppo con grande dispendio di giornate lavorative (giova qui ricordare il contributo di euro 300 dato agli alpini dalla passata Amm. Comunale di Tribogna e utilizzati per l’acquisto della segnaletica relativa proprio all’elisoccorso). Purtroppo a questo punto l’intransigenza dell’Amm. Comunale di Neirone mette in notevole difficoltà il gruppo, costretto, infatti, al pagamento dell’acqua utilizzata nella sede (e quindi anche di quella utilizzata per l’elisoccorso). Già il nostro gruppo annualmente (e da quando si è insediato) paga una cifra dai 700 agli 800 euro per mantenere l’illuminazione esterna, la quale necessita di una potenza piuttosto elevata per lo svolgimento di attività “ricreative” (tra l’altro mai verificatesi). Alla luce di tutto questo riteniamo iniqua tale richiesta da parte del Comune, considerata inoltre la grande mole di lavoro costantemente sostenuto dagli alpini per mantenere nel migliore dei modi tutto il complesso. Visto il “prendere o lasciare” dell’Amm. Comunale di Neirone si è deciso, sebbene con un’immensa amarezza, di lasciare la nostra “baita”. Tuttavia la storia degli alpini dell’Altavalfontanabuona fedeli alle tradizioni di caparbietà e laboriosità non finisce certo qui; una nuova sede punto di riferimento e anima del gruppo in qualche altro punto del territorio risorgerà, unitamente al nostro monumento ai caduti e all’asta per la nostra bandiera, il tutto intitolato al caduto alpino Tenente Piero Menada. L’occasione ci impone a questo punto dei ringraziamenti, a chi in questi anni di permanenza in quel di Ognio ha prestato gratuitamente la sua opera e i suoi mezzi per la realizzazione delle nostre iniziative (e sono: Fiorenzo Basso, Umberto Caricci, Gianpiero Gardella, Pino Cippero). In ultimo i nostri “custodi” Fabrizio e Katia, che in questi anni hanno sempre vigilato sulla sede, avvisandoci tempestivamente in caso di bisogno. Grazie anche a Giansandro per l’ospitalità concessaci nel suo prezioso giornale. A PRESTO ! IL RESPONSABILE DEL GRUPPO ALTAVALFONANABUONA GIOVANNI BACIGALUPO UN CONTAINER ALLA CROCE DI CASELLA seguito di una telefonata di un responsabile del gruppo di Savignone, Mauro Timossi, a tutti noi bennoto, vengo a conoscenza che la Croce Verde di Casella necessita di un container. “Ho pensato di rivolgermi a te, Cavagnaro, perché so che hai lavorato per lungo tempo nel settore marittimo riguardante il trasporto dei container” mi dice al telefono con fare “complice” ed aggiunge: “e poi ti conosco, so che non ti tiri mai indietro ma che, al contrario, sei sempre disponibile!” …. E qui parte la sviolinata a fin di bene! Potevo non attivarmi immediatamente? Contatto il mio ex collega Ivano Bruzzone, direttore operativo della CMA-CGM di Genova che coinvolge nella ricerca il suo collega Vincenzo Scali responsabile del reparto M.&.R: e l’amministratore delegato del deposito Nuovo Borgo Terminal di Genova Voltri Sig. Salvatore Prato. In un tempo brevissimo viene trovato un contenitore da 20’, tanto per intenderci quelli più piccoli da 6 metri, che viene donato alla P.A. Croce Verde di Casella per essere adibito a magazzino per le loro esigenze. Conosco molte persone generose ma, a dire il vero, non speravo in una tale tempestività. Il mio personale ringraziamento più caloroso, quindi, agli amici Bruzzone, Scali e Prato e ai loro collaboratori, ai quali va la gratitudine della P.A. Croce Verde di Casella e, naturalmente, al gruppo di Savignone sempre attento alle priorità e alle esigenze del circondario. Grazie di cuore! Un saluto Alpino - MC A 3 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 E I Z I T NO L IO A D UG F I R C ari amici, normalmente quando si parla del nostro amato Rifugio, si descrivono momenti felici ma anche situazioni difficili, giornate rilassanti ma anche di duro lavoro, quello che conta che alla fine della giornata abbiamo comunque tutti il sorriso sulle labbra perché tutto, bello o brutto, lo facciamo sempre con passione e con il cuore. Questo sorriso ora non c’è, tutti noi siamo a piangere la tragica scomparsa del nostro amico Gianni Parodi, compagno di giornate indimenticabili. Faccio fatica a raccontarvi ora le cose belle della stagione appena trascorsa, del tempo che finalmente è stato clemente, che abbiamo rifatto il dormitorio, che sempre più alpini salgono al Rifugio, che gli stranieri ci scrivono per ringraziarci dell’ospitalità ricevuta e ci danno appuntamento al prossimo anno, che il gruppo bellissimo dei bambini dello Sci Club di Limone ha invaso il rifugio e abbiamo lavato i piatti fino a mezzanotte….(Gianni li asciugava!!!), che le famiglie salgono al Rifugio con i loro bambini e questi ci dicono…” da grande voglio fare l’alpino…”, che i nostri amici di Sanremo hanno portato con loro la storia di un reduce, del loro amico Renato del Btg. Pieve di Teco…grazie ragazzi.. e non vado oltre perché le lacrime bagnano il foglio. Le ho scritte perché in tutto questo Gianni c’era come ci sarà in tutto quello che faremo in futuro. Gianni non era un alpino, ma penso che nostro papà Cantore nel suo Paradiso un angolino lo abbia tenuto anche per lui. Ciao Gianni EMILIO ZAPPATERRA Antonio Todde, IL VARIETÀ. STORIA, ANEDDOTI, DIVAGAZIONI. Edizioni Le Mani A l giorno d’oggi le occasioni di sorridere non sono davvero molte, perciò quando qualcosa mette di buonumore sembra giusto farne cenno. È il caso di quest’opera, IL VARIETÀ. STORIA-ANEDDOTI-DIVAGAZIONI, senz’altro fuori dal comune sia per l’eleganza della forma che per la ricchezza del contenuto. Si tratta infatti di un’autentica miniera, oltre 300 pagine di grande formato, con 250 illustrazioni originali quasi tutte a colori di una novantina di artisti, una ventina dei quali genovesi. Chi va di fretta può semplicemente sfogliare il volume, gustando ritratti, caricature, vignette. Assai più proficuo, però, soffermarsi sul testo assaporando battute, aneddoti, citazioni presenti in quantità e apprezzando, ciliegina sulla torta, l’assenza di errori di stampa, così frequenti e fastidiosi nelle odierne pubblicazioni. All’autore Antonio Todde, genovese d’adozione e amico degli alpini della Sezione di Genova, è dedicata una divertente scheda in cui viene definito “cultore dell’umorismo scritto, parlato, disegnato, dipinto, filmato, GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 4 musicato, cantato e mimato”, “appassionato di storia del varietà” (il libro lo dimostra chiaramente), “petroliniano fervente” (in copertina figura infatti Ettore Petrolini in una espressiva caricatura di Paolo Garretto). Tra le persone cordialmente ringraziate non poteva mancare il genovese Ettore O. Petrolini, nipote del grande attore nonché ufficiale degli alpini. Todde, oltre ad aver curato mostre e cataloghi d’arte, ha pubblicato tra l’altro la biografia illustrata (a suo tempo recensita su Genova alpina) del pittore e disegnatore Giuseppe Novello, il celebre “signore di buona famiglia”, che lo ha onorato di una lunga amicizia e di due lapidarie attestazioni: «Quando non ricordo qualcosa di me, lo chiedo a Todde»; «Todde è il mio storiografo: non posso uccidere nessuno, perché lui lo viene subito a sapere». Novello, com’è noto, era un valoroso ufficiale degli alpini, decorato di una medaglia d’argento e una di bronzo nella prima guerra mondiale e di un’altra d’argento a Nikolajewka, 25 anni dopo. Il volume si articola in trentatré avvincenti capitoli, ognuno dei quali intitolato a famosi artisti o a forme di spettacolo, con dati provenienti per lo più dalla biblioteca dell’autore, straordinariamente fornita (nella “Bibliografia” finale sono citati all’incirca 170 testi riguardanti attori o da loro scritti). Si parte dal café-chantant (italianizzato in caffè concerto), antenato francese del nostro varietà. Negli anni ’30 il varietà si sdoppia: convive con il cinematografo, come spettacolo complementare, con recite che precedono la proiezione (l’avanspettacolo) o prosegue come spettacolo autonomo e concorrenziale (la rivista). Ciascuna delle due forme di intrattenimento è largamente illustrata, con dovizia di nomi, fatti e immagini. I capitoli successivi sono intitolati a singoli attori, coppie (i Fratelli De Rege, Tognazzi & Vianello, Franco & Ciccio), gruppi (Cavalli Marci) e anche autori (Garinei & Giovannini, padri della commedia musicale all’italiana), con un ampio spazio riservato ai genovesi Gilberto Govi e Giuseppe Marzari (quest’ultimo conosciuto meno di quanto meriterebbe) e al sanremese Carlo Dapporto. Di rilievo il corposo capitolo, nel quale locali e artisti liguri sono ben rappresentati, su “Il cabaret”. Si tratta di un genere di spettacolo che, nato a Parigi con una connotazione intellettuale, anticonformista e d’avanguardia, in Italia si afferma nel secondo dopoguerra in chiave prevalentemente comica: numeri brevi, sintetici, incisivi, che si susseguono senza legame né filo conduttore. Vengono menzionati alcuni locali storici di Roma, Milano e Genova. Nella capitale spicca il rinomato Bagaglino, creato nel 1965 e approdato con successo in televisione già nel 1973. Tra i molti locali milanesi, due godono di fama universale dopo il loro approdo televisivo: Zelig, fondato nel 1986 e dal 1997 sul piccolo schermo, e il più recente Colorado, sul piccolo schermo dal 2003. A Genova si distingue un locale esistente dal 1971 il cui nome, Instabile, è quasi un programma, avendo cambiato cinque sedi. In materia di cabaret abbondano i comici genovesi, da Beppe Grillo (in realtà nato a Savignone), oggi in tutt’altre faccende affaccendato, a Piero Parodi, Carlo Pistarino, ecc. Dal cabaret proviene una miriade di interpreti, più o meno bravi, che oggi per merito della televisione sono conosciuti da un vasto pubblico. Proprio gli ultimi quattro capitoli del libro, cioè “Paolo Villaggio”, “Roby Car- letta” (ufficiale degli alpini, socio della Sezione di Genova), “Cavalli Marci” e “Luigi Maio”, tra l’altro tutti genovesi, offrono lo spunto per sottolineare l’importanza del mezzo televisivo nel lancio di un attore. Grazie alla televisione, seguita a ruota dal cinema, Villaggio ha raggiunto una straordinaria popolarità, mentre diversi fra i Cavalli Marci, come pure Carletta, si sono fatti conoscere per le loro apparizioni sul piccolo schermo. Il ruolo senza dubbio fondamentale della televisione è ribadito, stavolta in senso negativo, dal caso di Luigi Maio, sul quale è quasi d’obbligo aprire una parentesi, ricordando che suo padre Tino è stato alpinista provetto e corista “honoris causa” del Monte Cauriol. Ecco le note caratteristiche di Maio tratte dal libro: “musicattore©” (personale crasi, scherzosa ma non troppo, di “musicista-attore”, marchio registrato), capocomico, compositore, pianista, cantante, trasformista, regista, scenografo, costumista, “disegnattore©” (grafico, illustratore, caricaturista, cartoonist), traduttore... In tempo di dominio televisivo, rimane saldamente ancorato al teatro e al ruolo dell’“attore solista”. Pluripremiato, nelle ultime stagioni è presente al Duse di Genova e alla Scala di Milano. A questo punto è lecito chiedersi: quanto più popolare sarebbe Maio se fosse comparso in televisione? Per chi vuol saperne di più cinque pagine sono a lui dedicate. Ma i pregi del volume non si esauriscono con l’ultimo capitolo. Si prosegue con un apparato di dati e informazioni davvero imponente e di grande interesse. Oltre alla “Bibliografia” citata e all’utile “Filmografia”, figura un’inedita “Cronologia” dove sono elencati, appunto in ordine cronologico, poco meno di 600 attori, ciascuno con luogo e anno di nascita. Originale poi la “Geografia ecocomica”, con gli artisti suddivisi per regione di nascita o di elezione: risulta che la Liguria ne annovera così tanti da essere superata solamente da regioni ben più popolose come Lombardia, Lazio e Campania. Nel coro di entusiastici commenti al volume, un’osservazione è stata fatta all’autore: aver dato alla nostra regione un risalto forse eccessivo (poc’anzi segnalato a proposito dei quattro capitoli conclusivi). Tale considerazione, che si può anche condividere, potrebbe d’altra parte essere per i lettori di questo periodico un motivo in più per non lasciarsi sfuggire il libro di Todde. g.d.d. 5 GENOVA ALPINA NUOVA 3/2014 1/2016 VERBALE ASSEMBLEA DELEGATI 2016 Estratto del verbale contenente la relazione morale del Presidente, le attività associative e la sintesi di alcuni interventi. I l verbale completo è a disposizione in segreteria per chi volesse consultarlo. Dopo la S. Messa officiata da Padre Rossi, alle ore 9.30 inizia l’assemblea con la nomina del Presidente Stefano Pansini e del segretario Carlo Zoccola. A seguito dell’appello dal quale risultano rappresentati 50 gruppi sui 57 che compongono la sezione prende la parola il socio Molfino che spiega il lavoro fatto con De Dominicis e Imazio per la stesura di un numero unico nel quale è elencato e brevemente descritto l’operato di più di 300 soci che con il loro impegno hanno contribuito alla vita sezionale. Viene distribuita a ciascun capogruppo una copia invitando all’acquisto di altre copie da distribuire a parenti o conoscenti di figure di spicco riportate nel volume. Prende poi la parola il Presidente cui giunge l’invito di un delegato alla lettura del verbale relativo all’anno 2015 che viene quindi effettuata. Considerando di fondamentale importanza ed esaustivo il richiamo all’Alpinità inserito nella relazione morale dell’anno 2015 il Presidente passa ad elencare le manifestazioni dell’anno trascorso con particolare riferimento all’incontro della Pace realizzato con Assoarma, Comune di Genova, Comando Militare e Croce nera Austriaca e alla commemorazione a Forcella Fontananegra per i cento anni dalla morte di Cantore organizzato assieme alla sezione Cadore. Ancora il Presidente relaziona sulle assemblee di gruppo ( 55 su 57 ) con le votazioni sulla proposta di modifica dell’art. 8 del regolamento Nazionale sul quale la maggioranza si è espressa in maniera contraria. Nell’anno centenario della ricorrenza della G.G. per l’Italia la sezione itinerante del museo di Savignone è stata richiesta anche da altre sezioni fra le quali è da ricordare l’esposizione ad Acqui in concomitanza con il raduno del 1° raggruppamento oltre ad uscite meno importanti ma non meno impegnative. Sono seguite poi le relazioni sul nostro periodico Genova Alpina Nuova dal direttore Pellegrino, sull’attività nelle scuole dal Vicepresidente Militello, sul rifugio Regina Elena da Zappaterra, sul coro sezionale da Cavagnaro, sulla protezione civile da M. GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 6 Rossi e un accenno sulle opere di volontariato seguite da Bellatti. Ha preso quindi la parola il tesoriere Parodi con una puntigliosa descrizione dei movimenti economici della sezione alla quale ha fatto seguito la conferma del buon operato da parte del revisore dei conti Vassallo. Il presidente dell’assemblea apre quindi la discussione per l’approvazione della relazione morale del Presidente che viene approvata all’unanimità, e quella finanziaria con le interpellanze del past president Belgrano, del capogruppo di Valbrevenna Firpo e del Consigliere e coordinatore Banchero, in relazione alla mancata esposizione della relazione economica nei giorni precedenti l’assemblea,all’effettuazione del Pellegrinaggio alla Guardia in data differente da quelle tradizionalmente tenuta nei 18 anni della sua Presidenza,alla ricorrenza di Gennaio a Staglieno svoltasi nella penultima domenica anziché nell’ultima, al vanto esibito da Assoarma per l’organizzazione delle due commemorazioni fatte in maniera congiunta, al motivo del mancato intervento della nostra P.C. in Valbrevenna e Montoggio, chiede chiarimenti sul numero di mezzi di Protezione civile e sui costi assicurativi ed infine presenta una nota di demerito per la mancata convocazione scritta all’assemblea in oggetto ed una al revisore dei conti. Alle interpellanze viene risposto con un mea culpa dal Presidente per la mancata convocazione scritta, con il diritto di veto posto per l’intervento in Valbrevenna trattandosi di operare su rifiuti speciali, nessun problema sulla possibilità di ripristinare le date di fine aprile e fine gennaio per commemorazione e pellegrinaggio. Il Presidente chiarisce ancora l’argomento relativo al numero e ai costi assicurativi dei mezzi di P.C. e conferma, come già ampiamente chiarito il diritto di qualsivoglia delegato di poter controllare i libri contabili. L’assemblea si conclude con un accorato invito del Vicepresidente vicario Militello all’alpino Gianni Belgrano, nella sua qualità di Past President per una fattiva collaborazione con l’attuale CDS ed in particolare con il Presidente Sezionale. CORO SOREGHINA CANTAMIGRANTES 2015 etti che ci sia un gruppo di amici di un coro ANA che vivono i valori alpini. Metti che ci sia in atto una situazione mai vista prima di flussi migratori verso il nostro paese. Metti anche che quel gruppo di amici legga questa situazione e la vagli col setaccio dei valori alpini e il gioco è fatto: dal 2013 il Coro Soreghina organizza Cantamigrantes (nato da un’idea del Presidente Onorario Raffaello Pignatelli) con il desiderio, appunto, di contribuire ad una maggiore conoscenza e accoglienza delle comunità di stranieri presenti nella nostra città attraverso uno dei modi migliori: il canto. Sì, perché il canto è una delle più grandi modalità di espressione di un popolo. Cantamigrantes è un incontro Musicale, al quale partecipano alcuni gruppi corali di comunità appartenenti a etnie diverse presenti nella nostra città. A questa terza edizione l’8 novembre u.s., nella prestigiosissima cornice del Salone del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale, hanno partecipato, oltre al Coro Soreghina, organizzatore e padrone di casa, il Coro S. Caterina da Genova della Cura Pastorale Latinoamericana, composto da Ecuadoriani e Peruviani, il M Coro della Comunità Ucraina presso la Chiesa di S. Stefano, il “ Filipinos Religious Group” della Comunità Filippina e, molto gradita novità di questa edizione, il Gruppo African Gang Stars, formato da giovani richiedenti asilo, provenienti dalla Nigeria, dal Gambia e dal Mali ed ospiti dei Centri della Caritas di Genova. I numerosi spettatori presenti hanno potuto assistere ad un grande spettacolo e “portarsi a casa” o riscoprire una cosa: il cuore dell’uomo è lo stesso, indipendentemente dalla provenienza geografica; questo lo si poteva percepire nei canti di tutti i gruppi e nel silenzio ricco di partecipazione e unità alla “preghiera” finale espressa in canto della tradizione friulana: ai preat….ho pregato che il Signore fermi la guerra, tutte le guerre! Francesco Del Sorbo CORO SOREGHINA NATALE ...IN CORO abato 12 dicembre il nostro Coro Sezionale “Soreghina” ha offerto alla città il tradizionale Concerto di Natale. I numerosissimi partecipanti che hanno gremito la bellissima chiesa medioevale di San Donato sono stati introdotti e avvicinati al Natale da un programma molto vario, fatto di canti popolari e d’autore, alpini e non, natalizi e non. Non appena il coro si è schierato è stata letta la Preghiera dell’Alpino, accompagnata dal “muto” di “Signore delle cime”, dopodiché il coro, magistralmente diretto per l’occasione da Roberto De Luca, ha eseguito il programma, iniziando con il tradizionale “Adeste Fideles”, quasi ad invitare gli ascoltatori ad “esser presenti”, attenti cioè, per non perdersi nulla di quanto “raccon-cantato” e questo era lo scopo di tutti i canti eseguiti, sia che si riferissero a Quel Natale di S 2000 anni fa a Betlemme (Nenia di Gesù Bambino, Lauda dell’Epifania , I pastoi, in dialetto genovese), 7 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 sia che volessero ricordare Natali più recenti, passati in condizioni difficili, come quello degli Alpini durante la ritirata di Russia (L’Ultima Notte). Come bis, per congedarsi e ringraziare tutti i presenti, il coro ha eseguito per la prima volta in pubblico una canta friulana imparata per l’occasione “In cil’e jè une stele”, la cui bellissima armonizzazione di Andrea Mascagni sottolinea, con il suo incalzare di accordi sospesi fino al pacificante accordo finale, che se ci si saluta (jo ti dis mandi ninine) non si può impedire al cuore di desiderare, di sperare con una “speranza certa” che ci vedremo ancora domani (si viodarin doman). L’impegno per i concerti natalizi non si è esaurito con il 12 dicembre, infatti il coro ha addirittura raddoppiato l’impegno del sabato successivo 19 dicembre: nel pomeriggio ha partecipato all’inaugurazione del famoso presepe di Pentema, alla presenza del Consigliere Regionale Pippo Rossetti, della neo eletta Presidente dell’ Ente Parco Antola Daniela Segale e del Presidente del G.R. pentemino, che, con il pub- blico presente, hanno molto apprezzato l’intero concerto, iniziato con una conosciutissima poesia delle valli liguri, recitata in modo commovente dal corista e Presidente Sezionale Piero Firpo; alla sera, invitato dalla Pro loco di Busalla, il Soreghina si è esibito nella Cappella di N.S. della Guardia, dove un pubblico attento e numeroso ha potuto gustare i canti eseguiti che lo hanno proiettato verso il Natale; al termine, sulla piazza del Comune, ancora alcuni canti durante il rinfresco offerto ai coristi. Infine, giovedì 24, il coro ha partecipato al Presepe vivente di Bavari, accompagnando la rappresentazione, cantando durante la Santa Messa di mezzanotte e offrendo agli intervenuti un mini concerto natalizio al termine della celebrazione. Insomma, un dicembre particolarmente intenso, durante il quale il nostro Coro Sezionale ha portato, ad appassionati e non, i valori e le tradizioni degli alpini e della montagna, che ben accompagnano il cammino verso il Natale. Ernesto Barbieri CHIAVARI STELMILIT, CAMBIO DELLA GUARDIA ALLA SCUOLA DI TLC, unedì 28 settembre ha avuto luogo alla caserma Leone di Chiavari il passaggio di comando, dopo due anni, tra il Comandante cedente, Capitano di Va- L scello Vincenzo Luigi Ciriello, ed il pari grado subentrante, Giuseppe Cannatà. La cerimonia, suggestiva e ricca di significato, si è svolta alla presenza dell’Ammiraglio di Squadra Ruzittu, Comandante delle scuole della Marina Militare, e di numerose Autorità civili, religiose e militari. Da parte alpina erano presenti i Consiglieri Sezionali Lazzari e Sciandra, con Vessillo, ed i Gagliardetti dei Gruppi di Carasco, Casarza Ligure, Cogorno, Favale di Malvaro, Orero, e S.Colombano Certenoli, oltre il consocio reduce e ferito di guerra, Generale di Divisione Modesto Marchio. Rammentiamo, peraltro con orgoglio, che da circa un anno è alloggiato presso la Scuola, e dalla stessa gestito, un nucleo militare formato da alpini a rotazione, per il servizio a Genova, di “strade sicure”. Il giorno seguente la cerimonia del cambio di Comandante, il 29 settembre, in occasione della festività dei SS.Arcangeli, coincidente con la festa dell’Arma delle Trasmissioni, il Vessillo sezionale, portato dal sottoscritto, è ritornato in Caserma, alla Cappelletta della Scuola, ed ha preso parte alla speciale funzione celebrata per la ricorrenza, alla presenza dei massimi rappresentanti militari sia della Scuola che delle Autorità cittadine. In chiusura degli interventi, nota comune è stato il richiamo all’attenzione sulla ingiusta protratta detenzione in India del nostro fuciliere di Marina. Valter Lazzari GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 8 MARCINELLE 3 - 4 OTTOBRE 2015 MILANO 13 DICEMBRE 2015 1°MESSA RADUNO DEGLI ALPINIDEGLI ALPINI IN EUROPA a Messa nel Duomo di Milano è sempre un appuntamento importante per gli Alpini che anche quest’anno hanno voluto manifestare con la loro presenza che non si deve aver paura di testimoniare i valori civili e morali di cui sono portatori: rispetto, carità, famiglia, altruismo e tolleranza. Ancora una volta, gli Alpini sono stati elogiati per la capacità con cui riescono a mettersi al servizio delle comunità: con “educazione e riservatezza” ha detto Monsignor Borgonovo, “svolgono il loro servizio di sicurezza davanti a questa Chiesa”. Valori che varrebbe la pena di diffondere e sostenere nei giovani ha ribadito il Presidente Luigi Boffi, della sez. di Milano, durante l’allocuzione in piazza dopo la S. Messa. “In alto i cuori” ha cantato il Coro ANA “Mario Bazzi” di Milano e mentre il generale Luigi Morena, medaglia d’argento al valor militare, ha recitato la preghiera dell’Alpino nessuno è stato dimenticato: né i caduti, che sono “andati avanti”, né i due Marò, la cui situazione non è ancora risolta. Carlo Fontana L Gagliardetti nel Duomo Cappellani alpini Preghiera dell’Alpino Il Gagliardetto di Rezzoaglio In Piazza 9 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 C.A.S.T.A. 2016 l 25 gennaio 2016 si è svolta al Sestriere in Val Chisone la 68° Edizione dei C.A.S.T.A.( Campionati Sciistici delle Truppe Alpine ). Era presente il nostro Vessillo Sezionale scortato dai consiglieri Ten. Gino Berta e Pier Angelo Fassone (foto 1) Come sempre, i vari momenti della manifestazione, sono stati emozionanti dall’inizio della sfilata delle 16 rappresentative straniere insieme agli atleti nazionali della F.I.S.I.P. (Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici) al suono del 33 (foto 2), al toccante passaggio del tedoforo, l’Alpino Ferdinando Giannini, Medaglia d’Argento al Valore Civile (perdeva l’arto inferiore destro travolto da un mezzo mentre prestava soccorso sull’autostrada a persone ferite in un incidente). (Foto 3) Al suono degli inni nazionali eseguiti dalla Fanfara della Brigata Alpina Taurinense, venivano issate sui 16 pennoni le rispettive bandiere, con il sole che faceva capolino dietro le meravigliose montagne innevate.(foto 4) Durante i giorni delle gare sono stati raccolti fondi a favore della F.I.S.I.P. Berta e Fassone I 1 2 3 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 4 10 BRESCIA 23 GENNAIO 2016: “PERCHÉ I CADUTI NON MUOIANO” el suo “Cristo con gli alpini” il beato Carlo Gnocchi così intitolava un racconto: “perché i caduti non muoiano”, che proseguiva: e molti andavano lentamente alla deriva in quella marea scomposta di sbandati, uscivano barcollando ai margini delle colonne, perdevano terreno, si accasciavano lungo le piste, si rialzavano ebbri di freddo, di stanchezza e di fame, per trascinarsi ancora un poco (qualcuno a quattro mani, come gli animali!) e poi si abbandonavano perdutamente nella neve, facendosi punti oscuri sempre più piccini ed insignificanti in quella pianura sterminata di neve bianca …(Cristo con gli alpini, ed ‘Ancora, 2011 p.105). Sono le immagini che ritornano ossessive nelle giornate della “memoria”, oggi a Brescia, domani a Staglieno ed altrove ovunque si celebri il ricordo di quei fatti di settantatre anni fa. Siamo davanti alla scuola Nikolajewka in una giornata tiepida che contrasta con i racconti di freddo e neve, al microfono un vecio della Cuneense, 2° regg. alpini, btg Dronero, tornato ”a baita” perché fortunosamente trovatosi nella scia della Tridentina: il suo racconto è fatto di neve, fame, enormi carri armati che stritolano sotto i cingoli i nostri giovani. Il pensiero di chi ascolta ritorna nella pianura infinita di neve, a quei puntini neri ora solitari ora in lunghe tortuose disperate file che vanno verso ovest ignare di quello che c’è dietro a quel dosso, là all’orizzonte. Prende la parola il presidente Favero e parla della scuola che è li testimone della memoria, dell’asilo a Rossosch, di un ponte che costruiremo là dove tanti giovani dell’una e dell’altra parte hanno lasciato la vita, i più coperti solo dalla neve pietosa … “per non di- N La lapide Il Presidente Nazionale e i Reduci La Fanfara 11 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 menticare”, parole ripetute da Favero più volte, l’ultima urlata come a farsi sentire anche da chi pare non avere orecchi né per i morti, né per i valori di cui la nostra civiltà dovrebbe essere fiera portatrice. Valori ed il tener viva la memoria ritornano nei brevi saluti del sindaco, del rappresentante dei reparti in armi in piazza Della Loggia, nella cattedrale nell’omelia del cardinale Re concelebrante con mons. Bazzari ed alcuni cappellani alpini ed infine durante la presentazione di due volumi sull’argomento “Russia” tenutasi nella sede sezionale sita a due passi dalla scuola per diversamente abili Nikolajewka. Oggi c’è ancora chi ricorda, ma … domani? Gagliardetti in sfilamento Carlo Fontana Piazza della Loggia GENOVA 24 gennaio 2015 MESSA PER I CADUTI A STAGLIENO GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 12 S an Sereno continua a mostrarsi ben disposto verso noi Alpini. Anche quest’anno la tradizionale commemorazione dei Caduti presso il Cimitero Monumentale di Staglieno si è svolta sotto un cielo azzurro. Come di consue- to, decine di Alpini, schierati davanti al vessillo della sezione di Genova e a tanti gagliardetti dei Gruppi, insieme alle Associazioni d’Arma e alle autorità civili e militari della provincia di Genova, hanno reso omaggio al sacrificio di tutti i Caduti, con la deposizione di corone al monumento all’Al- pino e a quelli dei Caduti in Russia e dei Morti senza Croce. La Santa Messa, celebrata dal nostro cappellano Padre Rossi, è stata accompagnata dai canti del Coro Soreghina, e seguita dalla preghiera dell’Alpino. RAPALLO 10 FEBBRAIO 2016 GIORNO DELLA MEMORIA lpini e Marinai delle Sezioni di Genova nella Giornata della Memoria per i Martiri delle foibe. A 13 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 Nel 120° anniversario dell’infausta battaglia APPUNTI SUGLI ALPINI DI ADUA 3 Adua è una località dell’Etiopia (o Abissinia, come si diceva una volta), presso il confine con l’Eritrea. Nei suoi dintorni un corpo d’operazione italiano, al comando del generale Oreste Baratieri, subì il 1° marzo 1896 contro le truppe del negus Menelik una grave disfatta, dovuta agli errori tattici dei comandi oltre che all’inferiorità numerica (lo stesso Baratieri nelle sue Memorie d’Africa parlò di “catastrofe di Adua”). scelto soprattutto perché la durata della leva era di un anno invece di tre e la paga era maggiorata). Non va inoltre dimenticato che diversi ufficiali degli alpini erano in organico ai reparti di fanteria e indigeni. Premesso che le informazioni disponibili nei particolari riguardano come al solito gli ufficiali e assai di rado i sottufficiali e la truppa, è opportuno cominciare 4 1 La battaglia di Adua, qui raffigurata nell’insieme da un artista etiopico [fig. 1] e in un macabro dettaglio da Giovanni Fattori [fig. 2], rappresentò per gli alpini il cruento battesimo del fuoco ma anche l’inizio del “mito”, grazie all’eroico comportamento del I battaglione alpini d’Africa. Questo era un reparto di formazione, composto da personale volontario tratto dai reggimenti alpini (l’arruolamento volontario nelle truppe coloniali veniva 2 dalla fotografia dedicata al “battaglione alpini d’Africa che partecipò alla battaglia di Adua” [fig. 3]. Ci sono diciotto ufficiali: il tenente colonnello genovese Davide Menini (12), comandante, il tenente Carlo Marchiori (8), aiutante maggiore, e sedici ufficiali in ragione di quattro (un capitano, uno o due tenenti, uno o due sottotenenti) per ciascuna delle quattro compagnie di cui è composto il battaglione. I capitani al comando delle quattro compagnie sono Giovanni Trossarelli (13) alla 1ª, Ernesto Mestrallet (4) alla 2ª, Lorenzo Blanchin (3) alla 3ª, Pietro Cella (18) alla GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 14 4ª. Il battaglione comprendeva inoltre un ufficiale medico, il tenente Luigi Mauri, e un ufficiale di vettovagliamento, il tenente Davide Lomarini (17), per un totale di venti ufficiali. Per la precisione nella foto manca il sottotenente Alfredo Marini della 4ª compagnia mentre c’è il tenente Lomarini. Dal punto di vista uniformologico, interessante l’apposito elmo o casco coloniale, detto familiarmente “pentolone”, indossato dal tenente Alessandro Grassi (11) e posato ai piedi del sottotenente Guido Bassi (15). Nella foto un elmo per la truppa in dotazione agli alpini d’Africa appartenente alla collezione Paolo Cera [fig. 4]. BATTESIMO DEL FUOCO Il corpo d’operazione nella battaglia di Adua era costituito da quattro brigate (brigata indigeni, I, II e III brigata fanteria), comandate rispettivamente dai generali Matteo Albertone, Giuseppe Arimondi, Vittorio Dabormida, Giuseppe Ellena. Supportati dall’artiglieria con 56 cannoni, ne facevano parte il I battaglione alpini d’Africa e altri 22 battaglioni: 16 nazionali (14 di fanteria e 2 bersaglieri) e 6 indigeni. La composizione dei battaglioni non era però omogenea, tanto che i battaglioni indigeni avevano mediamente un numero di effettivi più che doppio rispetto ai battaglioni nazionali. La forza di questi ultimi era costituita per il 7% dal battaglione alpini, ma non era insolito trovare ufficiali degli alpini anche nei reparti di fanteria e indigeni. Gravissime le perdite: sebbene manchino dati definitivi, si calcola che circa 4.600 militari italiani, di cui 263 ufficiali (tra loro 2 generali, 2 colonnelli, 3 tenenti colonnelli e 16 maggiori), furono uccisi nei combattimenti e 1.700 catturati. Gli effettivi del battaglione alpini impiegati nei combattimenti erano meno di 600, di cui 20 ufficiali. Come specificato dal ruolino nominativo, 15 ufficiali, 23 sottufficiali e 463 uomini di truppa risultarono “dispersi, morti o prigionieri” (i dati provengono da approfondite ricerche di M. Dominioni e P. Scolè). Questa carneficina ha una spiegazione: gli alpini, inquadrati nella brigata di riserva Ellena e schierati in ordine sparso quando le sorti della battaglia erano ormai segnate, si sacrificarono per proteggere i reparti (e lo stesso generale Baratieri, come si vedrà più avanti) che ripiegavano disordinatamente. La cartolina [fig. 5] documenta la tragedia. Sono caduti sul campo nove ufficiali, che saranno decorati con una medaglia d’oro, sei d’argento e due di bronzo: il tenente colonnello Menini, il capitano Cella (al quale fu conferita la prima medaglia d’oro al valor militare nella storia degli alpini), sei tenenti e un sottotenente. Stranamente nella cartolina non c’è il capitano Blanchin, che aveva lasciato il comando della 3ª compagnia al tenente Carlo Cora, medaglia d’argento alla memoria, essendo rimasto al campo di Saurià. Blanchin si distinse in combattimento lì e durante la ritirata alla testa di un reparto eterogeneo, cadendo infine nella difesa delle salmerie, ma inspiegabilmente non gli fu concessa alcuna decorazione nonostante la relativa proposta. Altissimo il numero di onorificenze al valor militare 5 conferite agli ufficiali del battaglione alpini d’Africa: 1 medaglia d’oro alla memoria, 8 d’argento (di cui 6 alla memoria), 7 di bronzo (di cui 2 alla memoria). Numerose pure le ricompense (medaglie d’argento e di bronzo, encomi solenni) date a sottufficiali, graduati e soldati. Non meno glorioso il futuro di alcuni appartenenti al battaglione. Basterà citare il capitano Trossarelli, già decorato per Adua, che nell’agosto 1915 sarà insignito di medaglia d’oro alla memoria quale colonnello comandante dell’89° reggimento fanteria sul Mrzli. Al tenente Giuseppe Treboldi, anche lui decorato per Adua, sarà assegnata una medaglia d’argento nella campagna di Libia nel 1912. In precedenza aveva comandato nel 1907 la “compagnia grigia”, formata da elementi della 45ª compagnia del Morbegno, che aveva sperimentato la nuova uniforme, adottata l’anno dopo. Iniziata la guerra 1915-18 come maggiore, diverrà brigadier generale dopo aver comandato battaglioni alpini, reggimenti, gruppi alpini e brigate. Nominato cavaliere e poi ufficiale dell’Ordine militare di Savoia, sarà ispettore delle T.A. dal 1929. Il sottotenente Alfredo Marini, uno dei quattro ufficiali non decorati per Adua, avrà modo di rifarsi abbondantemente. Come tenente riceverà una prima medaglia d’argento al valor militare nel 1900, in tempo di pace, per aver disarmato un soldato che, ubriaco, aveva sparato delle fucilate contro i passanti durante i campi estivi nell’alta valle della Stura di Demonte. Dopo aver ricevuto un’altra medaglia d’argento come capitano in Libia nel 1913, ne otterrà una di bronzo nella prima guerra mondiale da maggiore comandante di un battaglione alpini; infine, tenente colonnello alla testa del 246° reggimento fanteria, cadrà prigioniero dopo Caporetto proteggendo strenuamente il ripiegamento delle altre unità sul Tagliamento. PRIGIONIERI DI ADUA Si è visto sopra che il bilancio delle perdite di Adua fu terribile: oltre ai 4.600 uccisi, ci furono circa 1.700 militari italiani catturati, con molti cannoni. Nella serie di francobolli emessi dall’Etiopia nel centenario della battaglia (1996), il quinto valore [fig. 6] mostra appunto il momento della cattura. Una curiosità filatelica: nel fran- 15 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 cobollo è usato il nome inglese della località, ossia “Adwa”. Si legge invece “Adua” in un precedente francobollo [fig. 7], il valore più alto di una serie di sei sovrani etiopici emessa nel 1964. Dedicato a Menelik II, effigiato nel tondo con l’anno (1889) della sua ascesa al trono, il francobollo rappresenta schematicamente ma con efficacia il campo di battaglia. La vittoria etiopica appare attribui- gnia, il tenente Giuseppe Treboldi e il sottotenente Giuseppe Borgna della 2ª compagnia, l’aiutante maggiore tenente Carlo Marchiori (i primi due insigniti di medaglia d’argento, gli altri di medaglia di bronzo). Numerosi pure i sottufficiali, graduati e soldati alpini catturati, anche se risulta praticamente impossibile conoscere le vicissitudini di tutti. GIUDIZI AUTOREVOLI 6 bile all’intervento soprannaturale di san Giorgio, raffigurato peraltro anche nel dipinto mostrato all’inizio [fig. 1]. Da notare l’ordinale “II”: secondo la tradizione locale, infatti, il primo Menelik sarebbe il leggendario figlio del re Salomone e della regina di Saba. Tra gli ufficiali catturati, una sessantina, c’erano il generale Matteo Albertone, comandante della brigata indigeni, e il maggiore Giovanni Gamerra, comandante di un battaglione indigeni, i quali scontarono l’intero 7 periodo di prigionia. Il colonnello Luigi Nava, comandante del 5° reggimento di cui faceva parte il battaglione alpini, fu invece rilasciato con altri già in maggio, mentre i prigionieri rimanenti rimpatriarono a partire da fine anno. Dato che - come detto sopra - gli ufficiali alpini considerati “dispersi, morti o prigionieri” nella battaglia di Adua sono quindici, oltre ai dieci caduti accertati ci furono cinque prigionieri. Sono il tenente medico Luigi Mauri, il sottotenente Riccardo Gritti della 3ª compa- GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 16 Fra i giudizi sugli alpini di Adua, tutti oltremodo favorevoli, uno dei primi fu espresso poche settimane dopo la battaglia dall’esperto colonnello Costantino Gazzera, secondo il quale il battaglione alpini d’Africa «ha scritto la migliore e più splendida pagina di storia e di martirio che mai fu dato scrivere ad alcun reparto di truppa». Di particolare importanza e degno di un commento dettagliato appare senza dubbio il giudizio del generale Baratieri, il comandante unanimemente considerato responsabile della disfatta, che dopo la battaglia aveva inviato al governo italiano un telegramma in cui accusava di sbandamento se non di vigliaccheria le sue truppe. Per la verità, nelle sue memorie egli insisté che le notizie trasmesse erano cifrate e riservate, affermando testualmente: «Se fossero state pel pubblico avrei scritto ben diversamente, né mi sarebbe sfuggita parola che potesse far torto ai nostri soldati». Comunque, tra l’altro si leggeva: «Allora non valse nessun ritegno, nessun ordine per ritirata successiva. Invano ufficiali cercavano trattenere soldati su qualcuna delle successive posizioni, perché nemici irrompenti e pochi cavalieri scioani [da Scioa, la regione dell’Etiopia centrale con capoluogo Addis Abeba il cui ras Menelik era divenuto nel 1889 negus d’Etiopia (N.d.R.)] scorrazzanti in basso bastarono a travolgere tutto. Allora ricominciarono le vere perdite; soldati come pazzi gettavano fucili e munizioni per l’idea che se presi senz’armi non sarebbero stati evirati, e quasi tutti gettavano viveri e mantelline». Poche righe prima era scritto che «anche battaglioni alpini della riserva [per l’esattezza si trattava di compagnie del I battaglione alpini (N.d.R.)] non erano più grado di opporre resistenza venivano travolti dai fuggiaschi man mano che si presentavano». In effetti, come precisa l’africanista Gian Carlo Stella, «Buona parte dei morti non si ebbero in battaglia, bensì nella ritirata; questa durò più giorni con strazi inenarrabili, ma non imposti dagli armati di Menelik, che non inseguirono gli italiani oltre Saurià, ma dalla regione in fiamme, dai predoni e dai contadini fattisi audaci». Ciò premesso, risulta ancor più lusinghiero per gli alpini quanto dichiarato dallo stesso generale Baratieri in una lettera dell’ottobre 1897: «Ricordo l’arrivo ad Adigrat del battaglione alpino quale avanguardia dei rinforzi italiani e il modo col quale si è presentato serio, pronto, disciplinato, eccitando l’entusiasmo degli indigeni e degli europei [gli ascari, impressionati dall’enorme carico portato dagli alpini, li chiamarono simpaticamente “elefanti bianchi” (N.d.R.)]. Ricordo la serena energia fisica e morale con la quale conservava la sua forza e il contegno esemplare nei disagi, nelle privazioni e nelle marce, resistendo con tenacia alpina alle influenze deleterie. Ricordo come parecchi mi hanno fatto gli elogi del contegno degli alpini durante la battaglia del 1° marzo, malgrado le circostanze difficilissime nelle quali hanno dovuto combattere le quattro compagnie. Ricordo come ufficiali e soldati alpini si sono accostati a me nei momenti più terribili della ritirata e come nell’ultimo disperato tentativo di costruire un nucleo di retroguardia, parecchi alpini risposero con altri soldati all’appello e come ultimo vidi presso di me il tenente colonnello Menini, il quale cadeva subito dopo per secondare i miei sforzi». ALPINI IN POESIA* Mentre i giudizi dei due ufficiali possono apparire in certo qual modo scontati, sorprendente è l’interesse destato dagli alpini di Adua in Olindo Guerrini, poeta verista popolarissimo a fine ’800 e conosciuto con vari pseudonimi, tra i quali Lorenzo Stecchetti e Argia Sbolenfi. Scrittore e giornalista, studioso e critico letterario, erudito e bibliofilo, nonché avvocato non praticante e consigliere comunale, le sue opere erano sovente improntate alla denuncia e alla satira talvolta feroci del conformismo morale, religioso, sociale. Guerrini portò avanti una contestazione socialistoide, ma non anarchica o rivoluzionaria, e nella vita privata tutelò valori tradizionalmente borghesi, come la famiglia e il lavoro, occupandosi pure di cucina, turismo, fotografia. In particolare condannò duramente la politica coloniale del governo, accusato di favorire il tornaconto dei capitalisti a danno del proletariato urbano e rurale, che vedeva i propri figli andare a morire in terra africana. Nelle Rime, sotto il titolo “Affrica” (come si scriveva allora) compaiono diverse poesie di aspra polemica contro la guerra combattuta lì dagli italiani, quali “Mentre partono”, “In anticamera”, “Alpini”, “Ultime notizie”, “Alle madri”, “Ai reduci dallo Scioa”, “Agli eroissimi” (in cui figura un motto da lui coniato che avrà un enorme successo: “armiamoci e partite”). Il sonetto “Alpini”, di forma classicheggiante ma di contenuto tragico, mentre ribadisce il concetto di “inutil sacrificio”, conferma al tempo stesso che il comportamento eroico fino all’estremo del I battaglione alpini d’Africa era ormai di pubblico dominio. 8 PER GRAZIA RICEVUTA Infine, due interessanti ex voto provenienti da santuari piemontesi ci tramandano i nomi di due alpini impegnati nella battaglia di Adua, detta anche di Abba Garima da un’altura nei pressi della città. Si tratta di Lorenzo Sibona, sopravvissuto alla prigionia, e Francesco Barachino, “reduce d’Affrica”. Espressivo e storicamente accurato il primo ex voto [fig. 8], dove si vede Sibona in tenuta di marcia ferito e catturato da cavalieri galla, accanto a due commilitoni uccisi (gli Oromo o Galla sono il gruppo etnico più numeroso e di ceppo più puro in Etiopia e la loro cavalleria ebbe un ruolo determinante nella battaglia). Va ricordato che Sibona figura tra i sei alpini semplici insigniti di medaglia d’argento al valor militare per Adua, con questa significativa motivazione: «Combatté con fermezza e valore fino all’irrompere del nemico nelle posizioni occupate dal suo reparto, finché, ferito e sopraffatto, venne tratto prigione [fatto prigioniero]». Nell’altro ex voto [fig. 9], di stampo più tradizionale, l’alpino Barachino, tornato a casa per grazia ricevuta dalla madre raffigurata in preghiera, indossa la tipica uniforme in uso nella madrepatria. Gabriele de Dominicis 9 Quando l’ora verrà, l’ora che deve esser l’estrema che vedrete al mondo, voi cercherete invan col moribondo occhio l’alpe natìa, bianca di neve e indarno de’ ghiacciai la brezza lieve ricercherete nell’ansar profondo... Oh, quanto lungi al labbro sitibondo saran le fonti ove il camoscio beve! Ahimè, madri dolenti e fidanzate dolenti, dite voi se questo è il santo, il giocondo avvenir che sognavate? Vanno all’inutil sacrificio e intanto noi veneriam le vanità sfacciate cui piacque il sangue loro e il vostro pianto! 17 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 (Quasi) un secolo di Alpini Genovesi A lla fine del 2013 il socio Gabriele de Dominicis manifestò il proposito di ricordare i personaggi che, nel corso di quasi un secolo, si sono avvicendati nel gestire le varie attività della Sezione di Genova (fino al 1961 Sezione Ligure) o hanno contribuito a farla conoscere al meglio. Allo scopo si formò un “comitato di redazione” (Gabriele de Dominicis, Federico Imazio, Bruno Molfino) che ha concretizzato l’idea, basandosi sulla provvidenziale memoria e competenza di Bruno, sulla ricerca effettuata sui giornali sezionali da Federico e sulla puntuale stesura dei dati da parte di Gabriele. Il tutto è stato migliorato con la chicca delle foto di (quasi) tutti i personaggi citati, più di 300. Mentre tante sezioni, compresa la nostra, hanno impostato in ordine cronologico la loro storia, che possiamo paragonare a una “ruota”, in quest’opera sono stati elencati in ordine alfabetico i suoi “raggi”, ossia i singo- ANA genova li che hanno fatto procedere nel tempo la Sezione di Genova. Occorre precisare che sono citati nella quasi totalità le cariche e gli incarichi sezionali che si sono avvicendati negli anni e quanti ultimamente si stanno avvicinando con assiduità alla vita sezionale. Non sono stati però dimenticati alcuni amici degli alpini che hanno fatto conoscere aspetti poco noti della storia alpina con i loro scritti o sono stati determinanti per la buona riuscita di importanti iniziative sezionali. Quanto ai capigruppo, che rappresentano la spina dorsale dell’A.N.A., sono stati menzionati soltanto coloro che hanno ricoperto cariche o incarichi di vario genere a livello sezionale o hanno contribuito a far conoscere la Sezione di Genova con monumenti o costruzioni sul loro territorio o con manifestazioni di particolare rilievo o con un appoggio concreto alle attività sezionali. Quindi mancheranno certamente dei capigruppo di primo piano, che peraltro hanno svolto la loro opera meritoria unicamente nell’ambito dei loro gruppi. In linea di massima, per ogni personaggio sono stati evidenziati inizialmente i dati anagrafici, l’eventuale partecipazione a eventi bellici, le cariche più importanti ricoperte prima a livello sezionale e poi di gruppo, quindi in ordine cronologico i vari incarichi svolti, gli interventi di protezione civile, le partecipazioni a singole attività sezionali, ecc. Il comitato di redazione che, a suo insindacabile giudizio, ha scelto i nominativi qui elencati si scusa con le persone che, pur essendo state anche più meritevoli di tante citate, non figurano per mancanza di informazioni su quanto hanno fatto. Ciò è dovuto, prima della seconda guerra mondiale, all’inesistenza di stampa alpina sezionale e alla perdita dei documenti conservati nella sede di via San Giuseppe distrutta nei bombardamenti. Nel dopoguerra, invece, alla carenza di dati significativi e di comunicazioni opportune. Giunto alla fine del lavoro, fiducioso che i nuovi soci vi possano trovare e apprezzare la memoria storica dei loro illustri predecessori destinata altrimenti a perdersi, il comitato non può fare a meno di constatare amaramente la scarsa collaborazione avuta, salvo alcune lodevoli eccezioni, nella ricerca di dati e foto. Il Comitato di Redazione Il libro è a disposizione presso la Segreteria della Sezione di Genova al costo di euro 10,00 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 18 BELLUNO, 2-3 aprile 2016 20° CISA (Congresso Itinerante Stampa Alpina) SIAMO (QUASI) I CAMPIONI Q uesta ventesima edizione del CISA è stata veramente positiva sotto più di un aspetto. Non solo per l’ottima organizzazione e gestione logistica, ma anche perché la nostra rivista “Genova Alpina Nuova” ha vinto il secondo premio del concorso biennale Vittorio Piotti per le pubblicazioni dei Gruppi e delle Sezioni dell’Associazione Nazionale Alpini. E come potete leggere sull’attestato firmato dal Presidente Nazionale, per poco nomn abbiamo vinto il primo premio; solo per colpa di una copertina graficamente un po’ scarsa siamo stati superati dalla Sezione di Udine. Pazienza, le indicazioni sono precise, vedremo di rimediare tra due anni. Oltre alla soddisfazione per il riconoscimento e l’apprezzamento, che naturalmente sono estesi anche a tutti i collaboratori del nostro periodico sezionale, mi ha fatto piacere ritrovarmi dopo trentasette anni nella mia sede di naja e vedere la mia ex caserma (del Gruppo art. mont. Lanzo) salvata dall’abbandono grazie al trasferimento da Feltre del 7° alpini nei due complessi contigui delle Caserme D’Angelo (ex Gruppo art . mont. Lanzo) e Salsa (ex B.a.r. Belluno); anche se, ad essere sinceri, all’epoca avevo avuto spesso pensieri dinamitardi (non a caso le due caserme si trovano in Via Col di Lana). E parlando con i Bellunesi, veci, bocia e donne (anzi “mule”), mi sono reso conto che anche loro sono contenti che a Belluno siano rimasti gli Alpini, speriamo per un bel po’ ancora. IL DIRETTORE (SODDISFATTO MA NOSTALGICO) NICOLA PELLEGRINO 19 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 Le quattro cupole corazzate del forte Montecchio/Lusardi di Colico (Lecco) I progressivi miglioramenti delle artiglierie contribuirono al rapido declino delle costruzioni militari con coperture in pietrame totalmente incapaci a resistere alle granate torpedini introdotte dal 1885; la successiva introduzione della spoletta ritardata montata su proiettili con esplosivo ad alto potenziale permise di aumentare notevolmente il potere distruttivo. Esperimenti balistici furono svolti in vari stati europei come in Francia negli anni 1886-87 e successivamente in Belgio e Prussia. In Italia si fecero esperimenti negli anni 1909-10 utilizzando come banco di prova il forte Varisello nei pressi del Moncenisio, un’opera in pietra costruita solo trent’anni prima. Le valutazioni dei risultati indusse le autorità militari italiane ad avviare un importante piano fortificatorio: un comitato governativo fu incaricato di pianificare opere da costruire secondo le più moderne dottrine militari su tutto l’arco alpino con particolare attenzione alla difesa di Venezia e Verona. La commissione dopo un lungo lavoro di ricerca sul territorio elaborò le sue proposte presentando un articolato documento comprendente ben novantasette Piazze fortificate. Fra il 1908 e il 1914 tutto il confine Forte Col Vidal in Cadore GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 20 nord del Regno d’Italia venne trasformato in un vero e proprio cantiere, creando una linea fortificata costituita da moderne fortificazioni in calcestruzzo e acciaio, materiali nuovi per l’epoca, ritenute indistruttibili. Il promotore delle opere austroungariche fu Franz Conrad von Hotzendorf (1852-1925). Arrivato nel 1905 all’apice della carriera mai aveva nascosto la sua avversità verso l’Italia, nonostante fosse alleata con l’Austria - Ungheria tramite il trattato della Triplice Alleanza. Per quanto riguarda l’Italia il generale del genio Enrico Rocchi scrisse molti saggi riguardanti la fortificazione permanente italiana; le sue idee innovative nell’utilizzo delle fortezze del tutto indipendente alla difesa del fronte diedero le linee guida alla fortificazione italiana del confine. Il forte modello Rocchi era semplicissimo: una stretta costruzione rettangolare di calcestruzzo lungo 60-80 metri e largo 10-15 metri; l’armamento di artiglieria era costituito in genere da 4 cannoni da 149/35 in acciaio, disposti in linea retta, installati nelle cupole corazzate a “pozzo” ad intervalli di 10-15 metri l’uno dall’altro. I pozzi erano serviti da un lungo corridoio che percorreva in lunghezza la costruzioni e tramite una breve rampa di scala si accedeva all’interno della cupola. L’interno della cupola era illuminato mediante lampade elettriche di bassa potenza mentre il ricambio dell’aria era assicurato da un ventilatore che immetteva aria pura; erano presenti gli alloggiamenti per i proiettili pronti all’uso e i tubi acustici portavoce con i quali era possibile comunicare con la centrale di tiro. La cupola poggiava su un treno di sfere di acciaio dal diametro di 10 cm, mentre la rotazione a 360° era ottenuta mediante un ingranaggio moltiplicatore mosso a manovella. I servizi per il personale, depositi e laboratori polveriera per i proiettili erano ricavate fuori dal forte in luoghi defilati al tiro del nemico. Questo costrinse a collegare le batterie con lunghi corridoi e scale e con sistemi di trasporto del proiettile su rotaia. Il confronto con le batterie austriache che si sarebbero contrapposte in guerra si concentra sui criteri di costruzione e sulla resistenza ai proiettili di artiglieria. Mentre gli austriaci corazzavano i forti, provandoli sotto il tiro dei 305 mm, con gettate di calcestruzzo di 4-5 metri di spessore e cupole corazzate di 300 mm, gli italiani installavano cupole con spessore di 140 mm e i muri spessi non più di 2-2,5 metri. La differenza fra cupole italiane e quelle austroungariche è notevole. La cupola italiana aveva un aspetto più schiacciato, quasi lenticolare per presentare una superficie più sfuggente ai tiri diretti e composta da due o tre “spicchi” saldati. L’unica eccezione a queste tipi di cupole corazzate è rappresentato dalla batteria Chaberton, costruita tra il 1898 e il 1910 in alta Val di Susa, dotata di cupole in lamiera a corazzatura leggera dallo spessore di cinque centimetri a tipica forma navale. Le cupole imperiali erano semisferiche, forgiate in fonderia in un pezzo unico d’acciaio affogate di oltre 2 metri nel cemento del forte offrendo una maggiore resistenza al complesso “cupola/pezzo”. E’ inoltre da notare che se le cupole italiane erano disposte in linea retta quelle austriache avevano una disposizione Le cupole corazzate del forte di Pian dell’Antro in Cadore mimetizzate durante una esercitazione prima del conflitto (collezione L. Santagata) Primo piano delle casematte del forte Chaberton: si possono notare i supporti per la manutenzione esterna e l’oblò posteriore. (collezione L. Santagata) più casuale e con maggiore mimetismo naturale intervallate da finte cupole in cemento per ingannare il nemico. Le batterie corazzate italiane, costruite in massima economia con scarsa qualità del calcestruzzo, nate già vecchie rispetto alla veloce evoluzione tecnologica dei proiettili dimostreranno tutto la loro inadeguatezza alla prova del fuoco; tuttavia le batterie di primo Novecento, nei pochi esempi rimasti integri, con tutte le loro architetture ancora legate ad una bellezza estetica ci offrono splendidi esempi di arte e tecnologia che vale la pena di valorizzare dal punto di vista turistico. Sezione di una cupola corazzata per forte modello Rocchi. Lorenzo Santagata 21 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 LA GRANDE GUERRA DI GIACOMO TORTORA: IL 1915 seconda puntata Il 21 ottobre, nell’ambito della apertisi. Ai primi di novembre la III battaglia dell’Isonzo, in soli 3 Bergamo, si sposta di poche centinaia giorni la Bergamo registra 1356 di metri verso nord per provare ad perdite per nuovi insensati attacattaccare l’adiacente ugualmente imchi. Il giorno 24 il Val Dora appena prendibile collina di Santa Maria e uscito dalla trincea e costretto a sotto q. 588 arrivano le brigate Benetransitare per un passaggio obblivento e Messina: a quest’ultima verrà gato, viene falciato. Il suo comanproprio in quei giorni assegnato il dante, maggiore Soria, rifiuta sdegiovane neo sottotenente genovese gnosamente di riportare inutilGiacomo Tortora. I resoconti parlano mente gli uomini al massacro: viedi clima proibitivo, di trincee terrose ne destituito il giorno dopo “per “ruscellanti per la pioggia” che le malattia”. Nell’imminenza della sbriciola distruggendo i precari ricocattiva stagione e della sospensioveri, di un mare di fango che appene delle operazioni su tutti i fronsantisce le divise dei soldati ed inti, tuttavia qui si impartisce diceppa le armi, delle prime notti gelisposizione che i reparti continuide. Luglio 1915 – Il caporale Giano ad esercitare forte pressione como Tortora a Genova di ritorChi è Giacomo Tortora? Nasce il sul nemico. Inizia così la stagione no dal fronte pochi giorni pri23 settembre 1894 a Conegliano Vedelle pericolosissime pattuglie ma di essere inviato al Corso neto (TV), dove il padre Stefano, oriUfficiali di Modena. Pornotturne che strisciano fin sotto le Allievi ginario di Oneglia (oggi Imperia), ta ancora le mostrine della briopere passive nemiche trascinan- gata Salerno. svolge le funzioni di Pretore. La mado i tubi di gelatina per aprire dre è la genovese Luigia Costa, figlia varchi. I rischi sono altissimi, in molti non tornano, di Giacomo Costa, importante industriale oleario e spesso gli esplosivi non si innescano per varie caufuturo capostipite di una tra le più note dinastie itase, gli esiti di queste temerarie imprese nulli perché liane di armatori. Ai primi del Novecento, e dopo la il nemico si è attrezzato con gabbioni costruiti con nascita nel 1899 del fratello Emilio, la famiglia si trafilo spinato che vengono facilmente spinti con precisferisce definitivamente a Genova, presso il cui Trisione dall’alto andando a tappare eventuali varchi bunale il padre ottiene l’incarico definitivo. Conseguita la maturità classica presso il Ginnasio Liceo “Cristoforo Colombo”, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza. A partire dal novembre 1913 presta servizio militare, come allora potevano svolgerlo gli studenti, in qualità di “Soldato Volontario di 1 anno”, arruolato nel 90° Rgt. Fant. - Brigata Salerno, di stanza a Genova. Dalle lettere che scrive alla famiglia si apprende che il reparto svolge l’addestramento sull’Appennino Ligure, tra le località di Casella, Busalla, Ronco Scrivia e alture circostanti. In tali frangenti si rivela un ottimo camminatore, dotato di notevole resistenza. Questa dote, che gli rimarrà per tutta la vita, gli consentirà di effettuare numerose escursioni e di diventare un 10 ottobre 1915 – L’allievo ufficiale Giacomo Tortora al corso di Modena esperto conoscitore delle scoscese indossa già la divisa da ufficiali. L’aspetto austero dei suoi Genitori montagne dell’Appennino ligure. maschera viva apprensione. GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 22 Un alpino senza la penna! Congedato col grado di caporale il 30 novembre 1914, viene richiamato il 10 maggio 1915 per la mobilitazione generale in vista dell’ormai imminente dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria; due giorni dopo, infatti, parte con la Salerno, inserita nell’ 8ª Divisione di Fanteria, IV° Corpo d’Armata, per il settore dell’Alto Isonzo, dove il reparto sarà duramente impiegato in sanguinosi ed infruttuosi attacchi sui Monti Mrzli e Sleme. Proprio in quei primi giorni del conflitto matura in lui l’idea di tenere un diario, che avrà quindi il La testa di ponte di Tolmino ripresa da nord con a sinistra la cittadina; al cenpregio di abbracciare tutta tro l’Isonzo che scorre dal basso della foto verso l’alto in direzione di Gorizia; la sua vita militare (dal ’15 alla sua destra il Mengore (Santa Maria) e dietro il Cvetje (Santa Lucia). al ’19); ma intanto quella di salimmo, per sentieri orribili, su per la collina di S. Lucombattente/soldato semplice è destinata a durare cia. Alla mezzanotte raggiungo il comando della compaassai poco, perché i militari istruiti – e quindi tutti gnia, quasi in trincea, in località detta: Roccione. gli studenti universitari – devono diventare ufficiali di complemento, ruolo di cui nell’esercito italiano del ’15 c’è una gravissima carenza. Destinato a frequentare un Corso accelerato per Allievi Ufficiali di Complemento nell’Arma di Fanteria all’Accademia di Modena, ritorna in linea nel novembre 1915 con il grado di Sottotenente, in servizio presso il 93° Rgt. Fant. - Brigata Messina, che opera nel settore del Medio Isonzo, tra Tolmino e Canale. Attraverso il diario seguiamo ora la sua avventura sul Santa Lucia. 17 Novembre. Giungo, assieme a circa altri 300 ufficiali, a Cividale e mi presento al Comando di Tappa. 19 Novembre. Sono assegnato al 93° Reggimento di fanteria: alla mattina, con gli altri ufficiali destinati al 133°, si parte in camion per Prepotto e indi, risalendo la valle dello Iudrio, per Kambresco e Pusno. Indi a piedi scendemmo per la mulattiera che discende in valle Doblar, e arrivammo alle 19 circa al comando di reggimento (Casa Stergari). Quivi io sono assegnato al 4° Battaglione: 16a Compagnia. 20 Novembre. Faccio la conoscenza del capitano comandante del mio battaglione (cap. Chamard), del mio comandante di compagnia (sott. Limentani) e gli altri: il battaglione è attendato in una regione tutta fangosa, chiamata: Scuole Rute. 21 Novembre. Viene annunziato a me e agli altri nuovi venuti che alla sera saremmo andati in trincea. Ci mettemmo in cammino alla sera verso le 19: per una mulatCartina della testa di ponte di Tolmino, dove il Santa tiera si scese attraverso un folto bosco al torrente Usnik, Lucia è indicato col nome della cima Selski Vrh (m. attraversammo la famosa e pericolosissima passerella e ri588). 23 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 per un lungo camminamento si arriva sulla linea dei piccoli posti. Posizione infelicissima: gli austriaci sopra, e noi sotto, a 40, o cinquanta metri. Il ricovero per l’ufficiale è una tana scavata nella terra, nella parete di un camminamento a circa 1 metro da terra. E’ molto umida e, con la bassa temperatura era tutta incrostata di ghiaccioli: avvolti in una coperta, ci si riposava ugualmente! 24 Novembre. Alla notte vengo estratto a sorte per frequentare una lezione sull’uso dei tubi esplosivi. Vengo quindi sostituito in trincea dal sott.te Limentani e, assieme al sott.te Petruzzi, nelle prime oIl Santa Lucia da sud est; dietro la mole squadrata del Mrzli con alla sua destra il Vodil ed alle sue spalle lo Sleme. La punta innevata che domina la zona è il re del mattino discendiamo da Monte Nero. S. Lucia e risaliamo a Scuole Rute. Qui ci inviano a Vo22 Novembre. Essendo di servizio nella sovrastante grinki dove si giunge verso le 9 dopo più di 6 ore di martrincea un altro sottotenente, io rimango col comando di cia faticosa e continua. Essendo stati rimandati gli especompagnia anche per assuefarmi un po’ al luogo. Di giorrimenti, alla sera, con altre 6 ore di cammino, ce ne torno si può appena uscire, per un paio di metri fuori dalniamo a S. Lucia. l’entrata di una grotta, a causa delle mitragliatrici e dei 25 Novembre. Appena da due ore eravamo giunti, fucili puntati degli austriaci. quando un nuovo ordine, giunto per telefono, ci ingiunge 23 Novembre. Alle 6 di mattino, prima che facesse di trovarci per le 8 del domani mattina a Vogrinki. Di completamente giorno, vado su in trincea a fare il mio gran fretta ci rimettiamo, sebbene stanchi, in cammino, e turno. Si sale una difficile scalinata nella viva roccia e poi giungiamo in tempo. Un colonnello del genio, ci dà alcune spiegazioni sui tubi a gelatina esplosiva. Stando là ho occasione di vedere in azione i grossi mortai da 210. Alla sera siamo rimandati d’urgenza in trincea, perché al domani dovrà aver luogo un attacco a S. Lucia. Verso mezzanotte giungiamo: per la via dell’Usnik incontriamo grosse colonne di muli portanti rifornimenti e munizioni: inoltre circa 400 complementi destinati al 93° e tutto il 4° Bersaglieri, che recavasi in linea. La distanza per sentieri tra S. Lucia e Vogrinki si aggira sui 15 chilometri in terreno mediamente accidentato (questo all’incirca il percorso: discesa dal S. Lucia, salita a Scuole Rute – situate Schizzo a cura dello Stato Maggiore del Santa Lucia che mostra chiaramente tra il Krad Vrh ed il Varda le sacrificate e precarie posizioni tenute fino al gennaio 1916 dalle truppe itaVrh – quindi ridiscesa in Valliane. GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 24 le Doblar e risalita fino a Vogrinki); il nostro protagonista, compiendo nell’arco di poco meno di 48 ore due volte tale percorso, avrebbe quindi coperto circa 60 Km in un tempo di 24 ore complessive di marcia: il tutto per “… alcune spiegazioni sui tubi”! 26 Novembre. All’una di notte il comando di Battaglione ci avverte che per le ore 4 dovranno essere posti e essere fatti brillare tubi esplosivi nei reticolati austriaci di quota 588: incaricati di ciò sarò io e Petruzzi con una quindicina di soldati. Con grande circospezione usciamo dai camminamenti, occupati dalla 15a comp. e dai bersaglieri e si at- Tali foto dei giorni nostri mostrano il terreno impervio degli scontri e la completa scomparsa in superficie di segni di quelle battaglie. In particolare, la foto traversa il tratto di circa 40 m. sotto è stata scattata sul punto di massimo avanzamento italiano (zona del separante le nostre posizioni muretto di sacchi a terra): nella boscaglia si intuisce quota 588. dalle avversarie. I tubi sono accesi, ma non esplodono (si seppe poi che il genio si era dimenticato di mettere le capsule tra la miccia e la gelatina). Segue poi nella mattinata un discreto bombardamento delle trincee nemiche. Alle ore 11 i bersaglieri del 4° regg.to escono all’assalto, ma essendo i reticolati intatti, falciati dalle mitragliatrici, devono ripiegare nelle primitive posizioni. Nonostante il fallimento della missione, l’ordine di attacco era stato ugualmente impartito. 27 Novembre. Alle 4 del mattino io e Petruzzi, dietro ordine del capitano Chamard e del tenente colonnello Rubino, dei bersaglieri, andiamo a porre altri tubi al medesimo punto timo, vado a Casa Stergari dove sono presentato al codel giorni prima. Questa volta scoppiano benissimo e amandante della “Brigata Messina”, magg. generale Baprono un discreto varco nel reticolato. ronis. Sia l’aiutante di campo, capitano Duprais, che il 30 Novembre. Scoperto un secondo reticolato nemico, generale, mi annunziano di avermi proposto per una ripochi metri più in là del primo, sono nuovamente inviato compensa al valore. Al pomeriggio ritiro dall’ufficio ama far brillare i tubi a quota 588. Constatata la eccessiva ministrazione l’indennità di entrata in compagnia (Lire profondità di queste opere accessorie, l’imperversare del 365.=), conferita per questi fatti. maltempo, pare che il comando abbia abbandonato l’idea “Bollettino Ufficiale 18 Ottobre 1916 – Disp. sa 92a di seguitare negli attacchi a S. Lucia. Il 4° bersaglieri la– pag. 5401: S. Ten Tortora Giacomo, del 93° Regg. Fanscia le trincee e va a riposarsi in 2a linea a Scuole Rute. teria. Medaglia di Bronzo al valore: Incaricato di dirigere 15 Dicembre. Assieme ai miei colleghi promossi da ul- 25 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 94°, ritorniamo alle nostre compagnie. I lavori che erano sempre stati chiamati “di seconda linea” proseguono con crescente alacrità: da due notti numerose corvèes di muli e di uomini hanno portato via dalla collina di S. Lucia tutto il materiale trasportabile: lamiere, scudi, tubi inesplosi rimasti dal 26 nov., armi, ecc. Si lavora ininterrottamente tutta la giornata. 31 Gennaio. Giornata fresca. Alla sera grande movimento, che preannuncia qualcosa di insolito. … noi riceviamo l’ordine di prepararci ad andare in trincea. Sull’imbrunire si occupano le nuove trincee, da noi stessi Zona del punto del massimo avanzamento italiano con il muretto di sacchi a terra costruito dal Val Dora (vedi prima puntata). sotto q. 588 - Sullo sfondo l’imcostruite dalla metà di dicemprendibile vetta del Santa Lucia - Foto scattata dopo la riconquista austriaca. bre in poi. Si sa che il 94° nella notte abbandonerà le posialcuni militari di truppa nel collocamento e brillamento zioni di S. Lucia!…. La 16a comp. ha l’ordine di appodi tubi esplosivi nei reticolati nemici, eseguiva tale comstarsi sullo Lible-vrh (uno sperone avanzato) per protegpito per tre giorni consecutivi, ottenendo lo scopo, sotto il gere il ripiegamento, nell’eventualità che il nemico se ne fuoco violento di fucileria, bombe a mano e a gas asfisaccorgesse. Tutto procedette nel massimo ordine: il 94° venne via a scaglioni: alla mezzanotte anche le ultime siante. S. Lucia di Tolmino – 26-28 Novembre 1915”. vedette avevano lasciato l’infausta collina di S. Lucia e Gli ultimi di gennaio 1916/primi di febbraio, avevano passato la passerella dell’Usnik, distruggendoTortora annota infine queste importanti notizie. la: il ripiegamento era avvenuto. 30 Gennaio. Consegnate le truppe ad ufficiali del 1 Febbraio. All’alba lasciamo l’appostamento e prendiamo posto nelle trincee nuove in prossimità della Sella del Krad-Vrh. … gli austriaci non si sono accorti per niente del nostro ripiegamento: anzi, forse stimolati dal nostro silenzio, si accaniscono nel lanciar bombe contro le antiche nostre posizioni. Oggi di tutta quella lotta sul Santa Lucia non esiste più traccia, fa notare il prof. Alliney. I folti boschi cresciuti dopo la guerra ed il terreno piuttosto instabile hanno cancellato ogni genere di postazione; solo qualche reperto metallico affiora dal terreno. Impressionante foto aerea della collina di Santa Lucia con le linee delle trincee ed i colpi delle artiglierie. A sinistra si vede l’abitato di Selo, a destra verso l’alto la cima della collina (q. 588). Sotto sinuoso, da destra a sinistra, corre l’Isonzo verso Gorizia. GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 26 Giancarlo Militello ALPINI DELLA GRANDE GUERRA Simone Pennazio I l sergente maggiore Simone Pennazio, classe 1883, sottufficiale del battaglione “Val Dora” del 3° Reggimento Alpini, fu decorato di medaglia d’ argento al V. M. con la seguente motivazione: “Esempio costante ai dipendenti di attività militare, dava continua mirabile prova di perizia e coraggio nel guidare il proprio plotone durante il combattimento, non desistendo dal suo compito, sebbene ripetutamente ferito.- Monte Ortigara, 19 giugno 1917.” Il battaglione “Val Dora”, del 3° Reggimento Alpini, era costituito dalla 231a e 232a compagnia, alle quali si aggiunse poi, alla fine del 1916, la 3a, già del “Pieve di Teco”, a seguito dello scioglimento di questo battaglione. Il “Val Dora” allo scoppio delle ostilità, inquadrato nel Gruppo Alpini B, opera nella zona dell’Isonzo, partecipando a duri combattimenti, soprattutto nell’agosto e settembre 1915 nel settore di Santa Maria e Santa Lucia di Tolmino. Dall’11/2/1916 presidia Monte Rosso, approntando sistemazioni difensive e lottando contro neve e tormenta. Il 27/3/1916 lascia il settore dell’ Isonzo e viene trasferito in Carnia, dove, il 21/4/1916, passa a far parte del Gruppo Alpini C. Nel marzo 1917 è assegnato al 2° Gruppo Alpini e trasferito in Trentino. Nel giugno, mentre è in corso la battaglia dell’Ortigara, il battaglione è trasferito in questo settore prima a Pozza dell’Ortigara, poi, il 15 giugno, al Passo dell’Agnella, dove viene sottoposto a violentissimi bombardamenti. “Il mattino del 19 ,” come si legge nella storia ufficiale del battaglione “Val Dora”,” la 231a si slancia all’attacco di quota 2105 conquistandola insieme ad altri riparti, mentre la restante parte del battaglione punta verso M. Castelnuovo. Vengono catturati molti prigionieri e molto materiale; le perdite riportate dal “Val Dora” però sono sensibili: più di trecento uomini.” E’ in queste drammatiche circostanze, evidentemente, che si distingue e viene gravemente ferito il sergente Simone Pennazio. Il battaglione “Val Dora” nel novembre e dicembre 1917, dopo il disastro di Caporetto, è duramente impegnato nella difesa delle nostre linee a Monte Tondarecar, Monte Badenecche, Malga Lora in rincalzo alle truppe che difendono Monte Fior, e infine sulle pendici di Monte Castelgomberto. Il 9 dicembre 1917 il reparto è sciolto, a seguito delle gravissime perdite subite, che, nei tre anni di guerra ammontano a 11 ufficiali caduti, 32 feriti, 35 dispersi; 285 sottufficiali, graduati e alpini caduti, 699 feriti, 563 dispersi. Nella foto del sergente maggiore Pennazio, scattata, probabilmente alla fine del 1918, sono visibili, sulla parte alta della manica destra, cinque distintivi di ferita. Per curare tali gravi ferite fu ricoverato anche nell’ Ospedale Militare di Genova, e successivamente in Francia. Il sergente maggiore Pennazio, come si legge in un documento ufficiale, era nativo di Riva presso Chieri, in provincia di Torino. Congedatosi, tornò alla famiglia, conducendo con laboriosità, tenacia e energia una prospera azienda agricola a Poirino (TO). Si spense prematuramente, nel 1942, a causa di una malattia, aggravata dalle ferite riportate in guerra. Salutiamo la figlia, signora Laura, residente da lunghi anni nella nostra Riviera di Ponente, alla quale porgiamo i nostri più vivi auguri; la ringraziamo delle foto e dei documenti che ha messo a nostra disposizione per ricordare questa splendida figura di alpino, di combattente, di marito e padre esemplare e di lavoratore intelligente e appassionato. Francesco Tuo 27 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 NOTIZIE DAI SETTORI SETTORE GENOVA - GRUPPO DI NERVI Ricordo di GIOVANNI BATTISTA SALVI Capizzone (BG) il 29 Agosto 1920 “Alpino, Reduce di Russia” re il fatto, la circostanza; quello che mi preme che il lettore colga, sono invece le sensazioni che io, figlio, ho provato nel sentire frammenti di vita vissuta, di episodi, di emozioni che ho fatto mie, centellinate goccia a goccia, come di un raro distillato, in questi anni fortunati che mi hanno consentito la vicinanza con mio padre. Le emozioni che ho ricevuto, quasi rubato, da brevi cenni con parenti, amici alpini, non sono stati voluti da Giovanni, schivo da ogni protagonismo, ma gli sono stati carpiti. Introduzione La storia Questa storia è una delle tante storie di uomini nati intorno al 1920 che hanno subito tutto il peggio della loro gioventù negli anni della 2a Tutto inizia con l’arruolamento nella Divisione Tridentina date le sue origini bergamasche, fronte Italo Francese, per l’esattezza Monte Bianco, Entreves, ed è forse stato il periodo più spensierato, primo perché nuova esperienza (e a 20 anni partire per una avventura, bella o brutta che potesse essere, aveva sempre un suo fascino), poi perché nulla di troppo cruento e forte da vivere è avvenuto in quel periodo. Nel 1974 iniziai a frequentare Courmayeur che nel frattempo era diventata una famosa località sciistica e mondana e quando nei week end partivo, mio padre mi guardava con uno sguardo pensieroso e la sensazione che ne avevo era di un suo senso di pena per me. Perché? Raramente si faceva scappare, Lui che vive al mare, “ne hai proprio voglia di andare a prendere un sacco di freddo; senti come si sta bene qua!” Ma in questa dichiarazione solo dopo anni ed anni ho capito cosa si nascondeva: un senso di freddo costante che aveva subito e che gli era rimasto dentro, per esserci andato con un equipaggiamento alquanto povero, cappottone di lana, scarponi di pelle che poco avevano di diverso dal cartone, coperta di lana pesantissima ma che poco riparava dal freddo. Guerra Mondiale e che si sono portati dentro per altri 74 anni considerandolo un prezzo dovuto per essere riusciti a sopravvivere a quegli eventi. La storia di Giovanni Battista Salvi è proprio una di queste, era uno degli ultimi rimasti e a Giugno 2014 ci ha lasciati. Proprio perché così rara e preziosa, prima che il ricordo delle sue gesta si spenga definitivamente, voglio raccontarvela affinché sia ad esempio per noi figli e soprattutto per nipoti e pronipoti. Non ho mai saputo ed ho avuto il pudore di non chiedere cosa si prova a vent’anni nell’essere chiamato alle armi perché la tua nazione è entrata in Guerra, ma posso solo immaginare che le speranze nel futuro vengano inghiottite dagli eventi e dal vivere attimo dopo attimo, consapevoli che ogni minuto, ora, giorno , siano: un dono di Dio, una “fortuna”, un segno del destino, tutto fuor che quello che avresti voluto. Questo ricordo non vuole essere un racconto di cronaca di episodi della guerra che ha coinvolto mio padre, solo alcuni momenti e nomi di luoghi verranno citati, per defini- GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 28 Cosa potevo saperne, io, che andavo con il piumino Monclair prima e con i doposci di pelo o foderati di goretex, dopo. Ma questo era ancora niente, rispetto a quello che sarebbe accaduto successivamente sui fronti prima Greco –Albanese e poi Russo. In casa da sempre o almeno da quando io le ho potute vedere, sopra il frigorifero, ci sono due carapaci di tartarughe di terra e immaginate la curiosità di un bambino che le vede, dopo aver visto nell’album da colorare un disegno della tartaruga. La domanda che ne scaturiva è “ma il corpo dov’è?” Dal volto di mio padre si apriva un sorriso e la risposta era “sono morte” e le ho trovate in Albania, un posto di là dal mare, dove ci sono andato in nave ed era il mio primo viaggio per mare. Diversi anni dopo venni a sapere che i mesi passati nella guerra in Albania erano stati mesi di pioggia e pioggia dove più che in guerra col nemico erano stati in guerra con il fango, impantanati a spingere i cingolati o le camionette, con pochi viveri, ortaggi rubati nei campi e brodo di tartaruga, animale alquanto frequente in quelle terre e quei due carapaci erano solo una minima rappresentanza, presentata come un ricordo di quella terra. La campagna di Russia E’ evidente che il periodo più triste, fatto di sofferenze fisiche, ma soprattutto morali, strazianti, prima che l’abitudine alla perdita degli amici fosse cosa divenuta “normale,” si è consumato sul fronte Russo. Di stanza sulle rive del Don, lo scopo era quello di fermare le truppe russe e di non farle avanzare, erano alleati ai tedeschi di cui avevano rispetto, ma soprattutto invidia dei loro equipaggiamenti, i mezzi meccanici e le armi, non a caso i primi a scappare verso la fine del ‘43 ed iniziare la ritirata sono stati pro- NOTIZIE DAI SETTORI prio loro subendo perdite nettamente inferiori a quelle italiane Inizialmente è stata una guerra di posizione, dove la mira dei cecchini, su un fronte o sull’altro, faceva la differenza, il freddo era tanto, ma trincee, igloo, e baracche lo mitigavano. Poi il tempo, il gelo e la fame, hanno iniziato a minare gli equipaggiamenti, i muli, gli uomini. Le scarpe di cartone non tenevano più e parecchi iniziavano ad avere segni di congelamento. Anche Battista ne venne colpito, a due dita del piede destro e ciò gli consentì di essere rimpatriato a Tivoli in ospedale per le cure, riuscì a salvare le dita, e cosa più importante dopo tanti mesi, a rivedere mia madre, la sua fidanzata di allora. La convalescenza durò poco e presto ritornò sul Don, giusto in tempo per partecipare da attore alla ritirata, ma forse fu proprio grazie a quel breve periodo passato in Italia che si salvò. Il tempo di rifocillarsi e ritornare in forza prima della più grande sciagura che migliaia di uomini avessero a subire. Ormai, tanto è stato scritto e tanto abbiamo letto su questo argomento; fin dalle medie, per fortuna, ci hanno fatto leggere Mario Rigoni Stern e Giulio vedeschi. Ingenuamente, da ragazzino, pensavo che mio padre, che aveva vissuto quell’avventura, e ne era uscito vivo, potesse essermi di aiuto nel fare il riassunto di Centomila Gavette di Ghiaccio o del Sergente nella neve… invece, quando chiedevo, il suo viso si adombrava, trovava qualcosa di urgente da fare e mi sfuggiva. Per anni, in estate, già nel 1966 avveniva tra la nostra famiglia e quella di Fagetti di Chiavenna (So) lo scambio del periodo di vacanze tra i figli di entrambi, che per coincidenza avevano la stessa età, mia sorella Laura di 18 anni, la Rosaria di 19, suo fratello di 13 ed io di 12. Per tutti era una festa, per Rosaria e suo fratello occasione di venire al mare, per Laura ed io di andarcene ai monti e soprattutto in gita in Svizzera per gli acquisti di cioccolato e dadi da brodo che mia madre riteneva essere molto più buoni che quelli italiani. Avevamo la fortuna che il Fagetti avesse una macelleria nel centro di Chiavenna e che producesse una bresaola da favola, nel solo scrivere la parola mi ritorna in bocca il sapore e sento il profumo di quei pezzi di carne aromatizzata, che ci davano per merenda. Era occasione perché i due amici si incontrassero e questo è stato per parecchi anni, erano giorni sacri, dove i due passavano pomeriggi in loro solitudine o nei famosi Crotti, incontri a cui raramente partecipavano sia i figli che le mogli. Il Fagetti era un alpino e assieme a Giovanni Battista si era fatto la famosa ritirata di Russia. Credo che mio padre, compagnone per natura e simpaticissimo, non abbia avuto nei suoi 94 anni vissuti un più bel rapporto intimo di fratellanza, oso dire neppure con i suoi tanti fratelli. Il ricordo, in questa retrospettiva, va alle volte che passeggiando o frequentando qualche locale assieme, a Chiavenna o a Nervi, se incontravamo un alpino la prima cosa che facevano era di presentare l’amico e di presentarlo come un “compagno di Russia”. A seconda dell’interlocutore e dell’attenzione a loro rivolta, in poche parole e sguardi si passava da stati d’animo in netto contrasto; il sorriso si spegneva e non di rado gli occhi diventavano lucidi; Per noi sentire nominare persone, date, luoghi irripetibili come Nikolaiewka, Polsen, Brennero, 8 settembre, era una noia una perdita di tempo, ma quei volti, quegli sguardi ci facevano capire che qualcosa di triste era da associare a quelle parole. Accadeva anche spesso che un banale accadimento, il passaggio di una cornacchia, un rumore li facesse iniziare a raccontare dei fatti per noi insignificanti, ed iniziassero a ridere sino alle lacrime…chissà a cosa avesse fatto ripensare. Ancora sino a pochi mesi fa, mio padre,nella sua quotidianità, utilizzava due oggetti da cui credo non avrebbe mai voluto separarsi. Sono una cintura di cuoio nera, ormai lucida e consunta dagli anni (per l’esattezza, 70) ma sempre utile allo scopo e un cucchiaio di acciaio Krupp il cui ovale è ridotto a due terzi dall’uso quotidiano e dallo sfregamento col piatto, sì perché da settanta anni usava quello e non c’è altra posata che lo sostituisse, così come la cintura sembrava sostenere non solo i calzoni, ma la sua intera esistenza. Devo dire che per anni non avevo fatto caso a questi due elementi, mi sembrava che fossero di uso comune, finché un giorno, apparecchiando, avevo scambiato il cucchiaio. Con un gesto di stizza si alzò e subito sostituì la posata, ebbi la sfrontataggine di dirgli che sempre di un cucchiaio si trattava e lui folgorandomi con un’occhiataccia mi disse che quello era il Suo cucchiaio. Solo recentemente, con l’avanzare dell’età, fatto alquanto comune, le persone anziane, forse pensando che non avranno ancora molto tempo per le relazioni, tendono ad aprirsi agli altri e in un momento di confidenza mio padre mi comunicò che sia la cintura che il cucchiaio provenivano dalla steppa russa. Mi raccontò che durante la ritirata, incontrando alcune isbe, entravano per chiedere ai contadini russi un po’ di pane o nella migliore delle ipotesi una minestra calda che grazie ai buoni modi italiani di rapportarsi dei nostri soldati alcune volte riuscivano ad ottenere. In una serata di inizio 1943, già in ritirata, entrò con due suoi compagni in una casa dove trovarono, imboscati due soldati tedeschi a cui sicuramente in quella notte , sono venuti a mancare la cintura, il cucchiaio, probabilmente le scarpe e spero solo questo, dato che altro non sono venuto a sapere anche se confido che per molto altro tempo abbiano tenuto su i loro calzoni con lo spago fornito in cambio da mio padre e mangiato la minestra direttamente dal loro piatto. Durante una riunione di alpini, dei quali feci orgogliosamente parte anch’io, anche se ho partecipato in tempo di pace nella Cadore a Belluno, in un racconto sulla ritirata sentii dire da mio padre queste parole che mi sono rimaste stampate a fuoco nella memoria: “Era un inferno, il gelo era implacabile e animali e uomini costret- 29 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 NOTIZIE DAI SETTORI ti a camminare di continuo. Se dagli stenti crollava a terra un cavallo, dovevi subito usare la baionetta, per staccarne le poche rimaste carni, altrimenti un minuto dopo sarebbe stato impossibile tagliarle; ma spesso accadeva al tuo vicino di passo, all’amico di tanti momenti condivisi in quella tremenda avventura, allora il terrore ti prendeva, ti confidava che non aveva più le forze per andare avanti, lo spronavi, gli ricordavi dei genitori della ragazza a casa e se con le ultime forze riusciva a continuare sino al riparo successivo lo avresti salvato, altrimenti solo un segno di croce potevi fare in vece di saluto eterno, prima che il ghiaccio e la neve lo seppellissero”. Non ricordo i nomi delle persone con cui stesse parlando e mi sorprese per la crudezza del racconto. Ma se chiudo gli occhi, riconosco le facce delle persone presenti e… quanta voglia avrei di chieder loro se ricordassero quel racconto, pronto a scommettere tutto quello che ho, che non una parola sarebbe stata persa nel ricordo di quell’incontro con quel” vecio”. La battaglia finale per uscire dalla sacca si svolse nella notte del 26 gennaio 1943, varie le testimo- nianze del generale Reverberi di molti scrittori e alpini reduci, quello che so io di quella battaglia vissuta da mio padre è nella motivazione delle onorificenze a suo tempo conferitegli dallo Stato e successivamente consegnate dalla Sezione ANA di Genova su proposta del Gruppo di Nervi. Solo successivamente, nel 2011, in occasione di una intervista del Secolo XIX, ho letto, da una sua dichiarazione al giornalista, che si era tenuto una bomba a mano tedesca, quella con il manico di legno, per farsi saltare in aria se fosse stato ferito o catturato. E’ stato un pugno nello stomaco, ma la grande delusione è stata che mai prima di allora me ne avesse accennato. Se i fatti di quel pezzo di vita strappatogli fossero finiti lì, già molto materiale poteva essere usato per costruirci un vero romanzo o addirittura un film, che probabilmente non avrebbe fatto cassetta, ma il destino ha voluto ancora metterlo alla prova e dopo l’8 settembre al rientro in Italia al Brennero fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in Austria in un campo di lavoro per militari. Di quel periodo, durato sino alla liberazione da parte degli americani, mi ha solo accennato alla fame patita, al cercare di imboscarsi qualche buccia di patata, ai calci e botte presi, che al ritorno a casa sono stati presto dimenticati. Il ricordo tangibile, che ancora possiede, è il suo libretto di lavoro “Arbeiter n. 876546…” del campo di Polsen. Se da un lato non mi capacito per non essere riuscito a far emergere tutte le sofferenze patite da mio padre per aiutarlo a portare il suo pesante fardello, dall’altro gli sono fortemente riconoscente di non aver fatto pesare alla sua famiglia ed ai suoi tanti amici questo suo vissuto, che grazie alla forza immensa del suo buon carattere, o forse solo per pudore ci ha voluto risparmiare, per proteggerci dal male. Gli sono grato infinitamente del suo amore e mi auguro che gli siano grati tutti gli Italiani della mia generazione (oggi sessantenni) perché con i suoi 5 anni spesi della giovinezza ha contribuito a farne una migliore per noi. Gianfranco Salvi Gruppo Genova Nervi SETTORE STURA PONENTE - GRUPPO DI MASONE ENCOMIO SOLENNE S abato 05/12/2015, nella Sala Consiliare del Comune di Masone, l’Amministrazione Comunale di Masone, certa di interpretare il pensiero dell’intera cittadinanza, ha espresso al Gruppo Alpini di Masone un doveroso ringraziamento per il loro instancabile contributo al paese. Nel corso della cerimonia il Sindaco, Enrico Piccardo, ha conferito al Gruppo un encomio solenne, consistente in attestato e medaglia, consegnata al Capogruppo Piero Macciò, che l’ha posta al collo del Vice Salvatore Bruzzone. GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 30 NOTIZIE DAI SETTORI Bellissima e toccante cerimonia, al limite della commozione, cui hanno preso parte la Prof. Virginia Pastorino, che ha incantato i presenti con un’appassionante ricostruzione storica sulla storia degli Alpini, presente l’amministrazione comunale al completo, il Presidente della Sezione di Genova, Piero Firpo, il Vice, Saverio Tripodi, i rappresentanti delle Associazioni locali, un gruppo di bambini in età scolare, ed un rappresentante della Gigi Ghirotti, Associazione che si dedica all’assistenza dei malati terminali, con la quale il Gruppo Alpini di Masone collabora da diversi anni. Al termine i ringraziamenti di rito e tutti in piedi a cantare in coro l’Inno Nazionale. SETTORE STURA PONENTE - GRUPPO DI SESTRI PONENTE OBLAZIONE ALLA “GIGI GHIROTTI” V enerdì 11 Dicembre 2015 presso la sede del Gruppo di Sestri Ponente alla presenza dei capigruppo e del coordinatore Tripodi del Settore Ponente è stata consegnata al Prof. F.Enriquet dell’’Associazione Gigi Ghirotti una oblazione di Euro 2.000,00 ricavata dal 9° Raduno del Settore Ponente svoltosi a Sestri Ponente il 19-20 Settembre 2015 SETTORE STURLA AVETO - GRUPPO DI SOPRALACROCE ASSEMBLEA DEL GRUPPO D omenica 31 gennaio 2016 il Gruppo Alpini di Sopralacroce si è ritrovato per l’annuale assemblea. Davanti ai Monumenti dei caduti sono stati posti dei fiori in loro memoria, Don Onesphore ha celebrato la Santa Messa in suffragio di tutti gli Alpini “andati avanti”. Presso la Sede, in un clima di fraterna amicizia, è stato consumato il pranzo e nel pomeriggio si è svolta l’assemblea e il tesserarnento. 31 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 NOTIZIE DAI SETTORI SETTORE TIGULLIO - GRUPPO DI CARASCO MEMORIE DI GUERRA DEL “VECIO ANDREA” V ittorio Andrea Briasco nato il 17/12/1919 a Carasco (GE), “Andrea” come gli piace essere chiamato, è l’ultimo reduce del Gruppo di Carasco e tra i più anziani soci iscritti al Gruppo stesso. Da tempo afflitto da problemi di salute legati alla vecchiaia, ma dotato di grande memoria, oltreché di un buon carattere, in occasione di alcune visite da parte del sottoscritto nei vari luoghi di degenza, ha manifestato il desiderio di rendere parteci tutti gli amici alpini dei suoi ricordi di guerra ancora così vividi e chiari. “Venni giudicato abile ed arruolato ed inviato a Mondovì il 17 Marzo del 1940, preso in carico dal Btg.Valle Arroscia, con la qualifica di conducente muli, battaglione che poi all’inizio del conflitto, il successivo 10 giugno 1940, unitamente ai Btg. Val Tagliamento, Btg. Val Fella, Btg Val Natisone ed al Gruppo Art.Val Tagliamento, andrà a formare il 1° Gruppo Alpini Valle con il motto “Sarin simpri chei” (siamo sempre quelli). Nel periodo che va dall’inizio del conflitto all’ottobre 1940 quando il Btg.Valle Arroscia venne disciolto, il nostro Andrea ebbe modo di vedere ed avere a che fare con GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 32 il mitico Cappellano Padre Generoso da Pontedecimo che il 1° Dicembre 1940 nel proprio diario annoterà “lascio l’ultimo saluto, l’ultimo ricordo ai miei alpini del Btg.Valle Arroscia, appartenenti ora alla colonna salmerie del 1° Alpini”. Esercitazioni, marce fino a Maggio quando Andrea contrae il morbillo e viene ricoverato all’Ospedale militare e dimesso il 24 giugno, due settimane dopo l’intervento del suo Gruppo nel breve conflitto Italo-francese. Raggiungerà il proprio reparto al Forte di Fenestrelle e successivamente sarà acquartierato fino ai primi di Settembre in Val Gesso, di presidio ai valichi ex francesi ed ora in mani italiane. Andrea sarà accampato a Beinette, Rocca dei Bardi e Crava, impegnato in frequenti esercitazioni dal settembre fino ai primi di novembre del 1940 quando all’improvviso tutto il 1° Gruppo Alpini Valle, alpini e quadrupedi, è caricato sulle tradotte con destinazione Tarcento, Friuli Venezia Giulia. Da Tarcento il reparto si porta a Ramanzacco ove è aggregato all’8° Rgt. Alpini della divisione Julia; lì vengono richiesti ventiquattro con- ducenti volontari per costituire una sezione di Sanità alpina, la XII.ma per l’esattezza, ed Andrea si offre volontario. In data 13 novembre una lunga tradotta parte per Brindisi ove tra un bombardamento e l’altro si attende circa due settimane la nave che trasporti il reparto in Albania. Finalmente nella notte del 4 dicembre la nave ‘Viminale’ di Genova, dopo le lunghe operazioni d’imbarco, in specie dei quadrupedi, parte alla volta di Valona ove giunge il 5 dicembre del 1940; dopo le operazioni di sbarco attendamento sotto gli ulivi per qualche giorno e poi colonna pronta, si parte per Berati e poi passando per Fieri verso il fronte. Il 24 dicembre in zona di guerra incontra Pino Costa, conducente muli compaesano di Carasco la cui foto, nell’atto di aiutare il suo mulo ad uscire dal fango, sarà immortalata da numerose istantanee scattate dal fotografo ufficiale della Cuneense, Vittorio Bulla di Moneglia a cui oggi è intitolata la Sede locale del Gruppo cittadino. Al fronte le salmerie della sezione di Sanità provvedevano alle incombenze della sepoltura di decine di Caduti al giorno ed a turno portavano in prima linea viveri e munizioni. Il fronte, in movimento, nel gennaio 1941 indietreggia fino alle vicinanze di Berati ed in tale zona ci si acquartiera in riposo per alcune settimane. A febbraio ci si muove verso Vermici e Bratai in prossimità del fronte ove la sezione effettua servizio trasporto munizioni in linea. In marzo il fronte è stabile. La Grecia si arrende il 22 aprile 41, dopo l’intervento dell’alleato germanico, il reparto di Andrea si dirige a piedi-eufemisticamente la burocrazia militare usava l’espressione ‘per via ordinaria’- a Scutari ove poi rimarrà di servizio di presidio per circa tre mesi. Nel Giugno 1941 la Tridentina NOTIZIE DAI SETTORI rimpatria “e tutti noi,” dice Andrea, “eravamo in trepidazione per l’agognato e sperato rientro in patria”, ma il 20 luglio del 1941 scoppia, violentissima, la rivolta in Montenegro che assumerà per le nostre truppe i connotati di una vera e propria guerriglia urbana. Il reparto salmerie della sezione di Sanità di Andrea viene aggregato alla quinta divisione alpina Pusteria che riceve l’ordine di partire per il Montenegro e si dirige verso Pec e Pristina, successivamente Podgorica, e si iniziano estenuanti turni di rastrellamento e di posti di blocco, per alcuni mesi, sempre in massima allerta, perchè la guerra partigiana si rivela subito insidiosa e cruenta; vi è l’ordine tassativo di muoversi solo in gruppo e bene armati. In questo periodo, ottobre 1941, nella zona di Podgorica, si ricorda tralaltro l’orribile uccisione di un plotone di camicie nere disperso da giorni. Il reparto si sposta a Danilograd nella cosiddetta zona della “Valle Zeta”, con forti presenze di partigiani titini. Andrea racconta un episodio accorso ad un suo commilitone, Antonio, il quale attirato da una bella ragazza nella sua abitazione si rende conto di essere caduto in un tranello, scoprendo il cadavere di un soldato italiano occultato sotto il letto; riesce ad allertare una ronda italiana che fortunatamente passava dalla via; la famiglia viene arrestata e successivamente passata per le armi. Andrea conserva ancora un documento del comando della Divisione Pusteria, dal titolo “Non dimenticare diffida” ove si legge: ”Ti dicono che sei “bono”? Ti offrono da bere e da mangiare? Ti sorridono? Ti allettano? Le femmine ti tentano e ti invitano..? Apri l’occhio e diffida! Bono sì ma non fesso! Diffida sempre e delle femmine diffida il doppio! Nella tua patria lontana hai la casa, il campo, l’officina, non dimenticare mai! Pazienta, là v’è una donna del tuo cuore, madre, moglie, fidanzata, sorella, vi sono i bimbi del tuo amore, tutti incessantemente pregano per il tuo ritorno e ti attendono come partisti, NON DIMENTICARE! DIFFIDA SEMPRE! “ Riguardo l’argomento delle femmine ammaliatrici nella zona di Pristina venne catturata una seducente diciottenne, appartenente alle milizie titine, la quale, venne accertato ufficialmente, aveva attirato con l’inganno, nel volgere di pochi mesi, data la sua non comune avvenenza, ben sette alpini i cui corpi senza vita ed oltraggiati erano stati poi rinvenuti celati in un fienile in prossimità dell’abitazione della procace assassina, arrestata ed immediatamente giustiziata grazie alle indicazioni di un ottavo alpino che era riuscito miracolosamente a fuggire dalla trappola in cui era caduto. Il reparto si portò poi da novembre 1941 alla primavera del 1942 a Nics e Sciabenic ove continuarono con estrema violenza gli episodi di guerriglia e contro guerriglia. Andrea ancora seguente fatto di cui fu testimone: una vecchietta vestita di nero era solita passare tutti i giorni, con una bottiglia vuota di latte in mano, a una certa distanza dalle tende dell’acquartieramento alpino, per recarsi a riempirla presso una vicina stalla e nel passare salutava, da distante, tutti gli alpini. Ma un giorno la vecchietta anziché transitare all’esterno dell’accampamento, inspiegabilmente, si diresse diritta verso le tende sorridendo quando un’esplosione la fece saltare in aria. Fortunatamente nessun alpino rimase ferito, se non lievemente, lo stesso Andrea se la cavò con escoriazioni superficiali. La bonaria ed insospettabile vecchietta, sicuramente con l’intenzione di uccidere, aveva con sé una bomba a mano che per fortuna era esplosa in anticipo, probabilmente poiché con sicura incautamente già rimossa. Nella superficialità dell’opinione pubblica, talora distratta, un alpino che non ha “fatto” la Russia è uno che ha fatto ben poco ma Andrea che ha vissuto per ben un anno intero gli orrori della guerriglia più spietata e disumana del Montenegro, non augura a nessun altro alpino quella terribile esperienza fatta di furtivi assalti notturni da parte di ombre sfuggenti. Finalmente una licenza nel Giugno 1942. In camion Andrea si reca a Podgorica, comando tappa, e poi a Cattaro ove attende 15 giorni la nave Viminale che lo trasporterà a Bari, alla metà di Luglio, con successivo periodo di due settimane di ricovero al Policlinico cittadino. Su una tradotta militare Andrea, da Bari giunge a Chiavari e rientra a casa per la meritata licenza. A settembre a termine licenza, riparte per Udine, destinazione Comando 8° reggimento Alpini,da cui viene inviato in Valle d’Aosta ed esattamente a Chatillon, che il regime aveva ribattezzato “Castiglione d’Ora”, ove aveva posto il 33 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 NOTIZIE DAI SETTORI ma comando al XII sezione di Sanità alpina. Riparte per la Francia e ci si dirige a Grenoble ove, siamo a novembre del 1942, il reparto rimarrà quaranta giorni con compiti di presidio. Nel dicembre successivo il reparto ritorna in Italia, ad Acqui Terme, ove fa vita di presidio ed effettua esercitazioni fino 20 luglio del 1943 quando, improvviso, giunge l’ordine di partire per Cividale del Friuli. (Nel frattempo Andrea, nel periodo di Acqui, nel febbraio 1943 si era sposato per procura e dopo 15 giorni poi il matrimonio religioso effettivo). Da Cividale del Friuli il reparto, a piedi, si dirige a Povoletto ove ri- mane fino all’armistizio con compiti di guardie ed istruzione. Dopo l’armistizio Andrea e quattro altri liguri sfuggono ai tedeschi che nel frattempo stavano disarmando gli italiani per mandare in Germania coloro che non si schieravano al loro fianco. Lui e gli altri “si imboscano” nella zona di Ramanzacco, fino al dicembre 43, rifugiandosi presso casolari e cascine ove effettuavano lavori saltuari per sostentarsi e poi decidono di tentare di rientrare in Liguria in treno, ma dei cinque in fuga solo Andrea, nascondendosi acrobaticamente nella sommità di una toilette, riuscirà ad eludere i controlli dei posti di blocco tedeschi che alla stazione di Voghera catturano gli altri quattro e li inviano in prigionia in Germania. Giunto avventurosamente a casa a Carasco finalmente la fortuna gira, una volta tanto, dalla sua parte e tramite un parente e delle buone conoscenze riesce ad avere documenti nuovi ed un impiego stabile fino al termine del conflitto presso l’Impresa Piacentini che collaborava con l’Organizzazione TODT. Auguri di tanti anni ancora con noi al nostro Vecio del ‘19, decorato di Croce al Merito di Guerra, e che le sue terribili esperienze siano di monito alle nuove generazioni ad evitare sempre ogni tipo di conflitto. VALTER LAZZARI SETTORE TIGULLIO - GRUPPO DI RAPALLO SESSANTESIMO ANNIVERSARIO DEL GRUPPO “C ome sempre, per sempre, per tutti” recitava lo striscione che domenica 25 ottobre 2015, a conclusione di tre memorabili giornate, tra due ali plaudenti di folla, ha accompagnato per le vie del centro le centinaia di penne nere accorse da tutta la Liguria per festeggiare i 60 anni dalla fondazione del Gruppo Alpini di Rapallo, voluto dell’indimenticabile Generale Remigio Vigliero ed al giorno d’oggi egregiamente capeggiato da Dante Radici, aiutato da molti validissimi GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 34 collaboratori. Il folto corteo, preceduto da un plotone di figuranti in uniforme storica del 1915-18, si è snodato dall’Auditorium delle Clarisse per il bel lungomare, Fanfara di Mondovì in testa e reduci di guerra su camionetta militare, fino al monumento cittadino ai Caduti per la resa degli onori e la deposizione di una corona di fiori al monumento, per poi continuare per le vie cittadine fino alla centrale Parrocchia dei Santi Gervaso e Protaso ove è stata celebrata la S. Messa a suffragio di tutti i Caduti di ogni Arma e specialità e di ogni guerra alla presenza delle principali Autorità Cittadine e rappresentanze d’Arma; solo per gli Alpini erano presenti due Vessilli Sezionali e sedici Gagliardetti di Gruppi, anche di altre Sezioni. Una tre giorni di festa tra obiettivi raggiunti e nuove cime da conquistare, anche e soprattutto nel ricordo degli alpini ”andati avanti” di quei “protagonisti silenziosi della storia,” come hanno ricordato Mons. Lelio NOTIZIE DAI SETTORI Rovetta ed il Cappellano del Gruppo Filodemo Apollinaire, i quali hanno dato la loro vita per la libertà, “un bene preziosissimo che molti giovani, oggi, non apprezzano come dovrebbero, ritenendolo spesso un qualcosa di scontato e dovuto”. Al termine della santa Messa, sulla piazzetta del sagrato adiacente la parrocchia si sono avvicendati nei discorsi di rito il Vice Sindaco cittadino, Pier Giorgio Brigati, anch’egli penna nera, il quale ha sottolineato l’importanza della presenza degli Alpini a Rapallo con l’assidua partecipazione a manifestazioni sportive ed eventi pubblici, ma ancor più con l’immane opera di recupero e ristrutturazione compiuta al “Rifugio Margherita”, sul monte Pegge, tornato ad essere, sotto la gestione degli alpini, un punto di riferimento ed un sicuro riparo per tutti gli escursionisti. Il sottoscritto Consigliere sezionale e coordinatore del Settore Tigullio comprendente il Gruppo di Rapallo, ha avuto l’onore, in rappresentanza sezionale, di rimarcare l’insostituibile opera del Gruppo di Rapallo il quale, fortemente coeso e storicamente ben inserito nel tessuto sociale cittadino, espleta un costante impegno nel campo della protezione civile e della solidarietà, sia come supporto ad associazioni benefiche del territorio che alle scolaresche, anche in termini di attività didattiche finalizzate alla difesa e tutela dell’ambiente. Nelle due giornate precedenti, il venerdì 23 ottobre, presso il Teatro Auditorium delle Clarisse, al mattino, a beneficio delle scolaresche cittadine, ed alla sera, a beneficio del pubblico, si sono svolte proiezioni sul dramma dei soldati nella Campagna di Russia 1942-1943 con la straordinaria testimonianza di un alpino dell’A.R.M.I.R., proiezioni a cura di un suo nipote, G.P. Pucciarelli, che si recherà in Russia alla disperata ricerca della tomba del congiunto nello sconfinato universo delle attuali Repubbliche ex sovieti- “bis” per i canti più noti e toccanti. La manifestazione s’è conclusa quindi al “campo Base” di piazzale Escrivà, ove molti rapallesi hanno voluto unirsi alle tavolate degli alpi- che, allora sedi di sperduti campi di prigionia. Nell’intermezzo delle varie proiezioni, il sottoscritto, appassionato di storia, ha succintamente rievocato i fatti più tragici della Grande Guerra, in occasione del Centenario 1915/1918, e successivamente lo scrittore Pier Paolo Cervone, autore di numerose pubblicazioni sulla Grande Guerra, ha presentato brevemente il suo ultimo libro “L’Italia in Guerra, da Sarajevo al Patto di Londra”. Sabato 24 ottobre alle ore 20.45,presso l’Auditorium si è svolta una bella rassegna di canti alpini eseguiti dai cori “Voci d’Alpe” di Santa Margherita Ligure e “Monte Zerbion” di S.Olcese; grande la commozione e l’apprezzamento del pubblico, con reiterate richieste di ni per consumare assieme il rancio alpino e dimostrare così lo storico affetto che la città nutre verso le penne nere. 35 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 NOTIZIE DAI SETTORI Al termine del rancio, si ha avuto luogo la consegna del distintivo d’argento ai soci venticinquennali del Gruppo, Mario Boni, Tiziano Condomo e Mario Valentino, e di quello d’oro al socio cinquantennale, Avvocato Angelo Canessa. Inoltre, ai reduci di guerra Agostino Arata, classe 1919, detto “Gustin”, Guido Pilato ed Antonio Tolaini è stata consegnata una targa commemorativa; una eguale targa commemorativa è stata consegnata anche al Generale di Divisione degli Alpini, Modesto Marchio, classe 1922, socio del Gruppo di Chiavari, reduce con due ferite di guerra e tre croci al merito, già comandante del Battaglione Belluno nel 1963, all’epoca del disastro del Vajont. Complimenti a tutti gli amici alpini rapallesi, che con il loro fattivo operato danno senz’altro lustro al cappello alpino che tutti noi ci sforziamo di portare sempre con onore! SETTORE VALLESCRIVIA GRUPPO DI RONCO SCRIVIA INAUGURAZIONE NUOVA SEDE I n occasione delle feste natalizie il Gruppo Alpini di Ronco Scrivia ha realizzato, in prossimità della nuova sede inaugurata il 2 Giugno 2015, la rappresentazione della Natività con un caloroso apprezzamento da parte della comunità locale. VALTER LAZZARI SETTORE VALPETRONIO - GRUPPO DI CASARZA LIGURE I CENTO ANNI DI GINO DE PAOLI I l socio Gino De Paoli ha raggiunto il traguardo del secolo di età : è nato il 16 novembre 1915 a Valletti, nel comune di Varese Ligure. Arruolato nel maggio 1937 nel 1° rgt Alpini a Mondovì, congedato nel settembre 1938, richiamato nel 1939. Nel 1940 partecipa alle operazioni sul fronte occidentale, poi viene trasferito alla Divisione Julia sul fronte Greco-albanese. Prigioniero nel gennaio 1941, liberato a Sparta dalle truppe tedesche nel maggio dello stesso anno. Mobilitato per la campagna di Russia nel 1942, evita la partenza grazie all’impiego come minatore sul Monte Porcile, fino all’8 settembre 1943. Tanti auguri, Vecio ! SETTORE VALPETRONIO - GRUPPO DI SESTRI LEVANTE GLI ALPINI PER LA CASA DI RIPOSO U n’altra Domenica piena di dolci emozioni. Il 6 Dicembre scorso abbiamo aggiunto al nostro carnet di iniziative una “giornata al servizio del sorriso” per gli altri. GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 36 Coloro che il sorriso hanno perduto a causa della sofferenza fisica e per povertà. Come nell’Ottobre del 2012 abbiamo voluto regalare un pomeriggio insieme agli anziani o- spiti della Casa di Riposo “Le 2 palme” di Sestri Levante. Allora vennero a dar voce al concerto gli amici del Coro ANA “Voci d’Alpe” del gruppo di S.Margherita Ligure NOTIZIE DAI SETTORI e fu un gran bel successo. I canti alpini e della montagna diedero emozioni forti e chiusero il repertorio con “ma se ghe penso” molto applaudito. Prima di lasciare la Casa di Riposo promettemmo ai responsabili della stessa che saremmo ritornati visto il toccante successo e così è stato; questa volta però, forti dell’amicizia dei “Giovani Canterini di Sant’Olcese” abbiamo, o meglio, hanno omaggiato tutti i presentidi un buon numero di canti popolari genovesi. In sala si sono alternati i “trallalleri” e la lettura di poesie recitate da “nonno Bruno”, Bruno Minardi ottantatreenne poeta “caruggé” genovese di nascita e di Avegno per scelta di vita. E’ stato molto bello vedere molti “occhi spenti” dal dolore e dal peso degli anni ravvivarsi, labbra muovere al canto e al sorriso. Il capogruppo, vista la gradita presenza dell’inossidabile e sempre attivo Consigliere Sezionale 1° Capitano degli Alpini e amico Valter Lazzari lo ha pregato di dare chiusura del- l’incontro recitando la “Preghiera dell’Alpino”. Una abbondante “merenda” gentilmente offerta e allestita dal personale ha preceduto il nostro commiato e, dopo uno scambio di doni un arrivederci “alpino”. A cena ci siamo ritrovati al “rancio alpino” in sede e con gli ospiti “canterini” capeggiati dagli amici Paolo e Giuse che, non ancora stanchi, ci hanno allietati con altri bei “tralalleri” fino a tardi. Da porre nel dovuto rilievo l’opera prestata dal nostro alpino Giovanni “Franco” De Vincenzi che nella giornata stessa, per gli “altri” ha dedicato la sua abilità dalle 7 alle 14 e oltre per confezionare il pranzo per i poveri organizzato e donato da una Associazione che ha Sede presso l’Opera Madonnina del Grappa. Il resto della giornata per il rancio alpino in sede. Grazie Franco! Vittorio Rino Biggi SETTORE VALPOLCEVERA - GRUPPO DI BOLZANETO COMMEMORAZIONE CADUTI DELLA GRANDE GUERRA S ignificativa per il numero dei partecipanti la presenza degli Alpini del Gruppo di Bolzaneto alla manifestazione, organizzata dalla locale sezione dell’ Associazione Nazionale Combattenti e Reduci “Nervesa” tenutasi a Bolzaneto domenica 8 novembre relativa alla ri- correnza del 4 novembre (Anniversario della Vittoria e giornata delle FF.AA). Bolza Group 37 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 NOTIZIE DAI SETTORI SETTORE VALPOLCEVERA - GRUPPO DI BOLZANETO MURTA, 6 NOVEMBRE 2015 - ALPINI & ALUNNI Alpini e Alunni Alzabandiera Monumento C ommemorazione dei Caduti della Grande Guerra, con deposizione di corona di alloro al Monumento ai Caduti della Grande Guerra a Murta (opera dello scultore E. Paggiani, primo ad essere inaugurato in Liguria nel 1922) da parte degli Alpini di Bolzaneto e degli alunni della classe 5a delle scuole elementari Doge Giovanni di Murta. Bolza Group GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 38 Saluto I SCARPONCINI BARGAGLI – Elide, figlia del socio Gian Luca Calautti. CARASCO – Simone, figlio del socio Roberto Lertora. CARASCO – Vera e Aurora, bisnipotine del socio Giacomo Cervini. CROCEFIESCHI – Greta, nipote del socio Alberto Federigi. FAVALE DI MALVARO - Vittoria, nipote del socio Gianfranco Mangini. FAVALE DI MALVARO - Anita, figlia del socio Enrico Crino e nipote del Capogruppo Dario Crino. GENOVA CENTRO-BORZONASCA Mattia, nipote del socio Pietro Firpo (Presidente sezionale) e del socio del Gruppo di Borzonasca Giuseppino Maschio. MASONE - Andrea figlio del Socio Piergiacomo Pirlo. PIEVE LIGURE SORI – Matteo, nipote del socio Luigi Olcese. PIEVE LIGURE SORI – Francesco, figlio del socio Roberto Olcese. REZZOAGLIO – Mattia, nipote dei soci Gino (nonno) e Serena (zia). SAN COLOMBANO CERTENOLI Zoe nipote del Socio Francesco Raggio. SANTA MARGHERITA – Lucrezia, nipote del socio Enzo Neirotti (nonno). SANTA MARGHERITA – Gregorio, nipote del socio Gianni Cecotto (nonno). SANTO STEFANO D’AVETO – Myiam, nipote del socio Giovan Battista (Pino) Tosi (nonno). VALVERDE – Davide Paraboschi, nipote del socio Stefano Rebora. VALVERDE – Annamaura, figlia dell’amica degli alpini Lara Rotondo, nipote dei soci Mario Rotondo (nonno) e Claudio Rotondo (zio). ***** Ai genitori i più vivi rallegramenti e gli affettuosi auguri da parte della famiglia alpina. ***** ALPINIFICI BORZONASCA - la gentile signorina Manuela Boni, figlia del socio Bruno Boni, col Signor Danilo Formaggia. MEZZANEGO - la gentile signorina Roberta Ginocchio, figlia del socio Giovanni e nipote del socio Giuseppe Ginocchio con il signor Guglielmo Dal Fiume. SANTO STEFANO D’AVETO – il socio Lorenzo Arado, con la gentile signorina Margherita Tassi. ***** Da tutti gli alpini auguri di tanta felicità ai novelli sposi e tanti bocia. ***** LUTTI SOCI BARGAGLI – il socio Gianfranco Panasidi. BOLZANETO - il socio fondatore del Gruppo, Nicolò Benvenuto, classe 1925. BORZONASCA - il socio Gino Maschio, fratello del Socio Giuseppino Maschio. CARASCO – il socio Gino Podestà, classe 1945. CASTIGLIONE CHIAVARESE - il socio aggregato Albino Chioino. CICAGNA – il socio capo gruppo Stefano Cavagnaro, classe 1936. COGOLETO - il socio Corrado Cavallero, classe 1947, tesoriere del gruppo. LAVAGNA – il socio amico degli alpini Rino Poletto (“Ammiraglio”). MASONE – il socio Adriano Pastorino classe 1932. MASONE – il socio Giovanni Ottonello, classe 1942. MEZZANEGO – il socio Pietro Mario Boero, classe 1917. NE – il socio Bruno Garibaldi, vicecapogruppo. NE – il socio Giacomo Podestà. PIEVE LIGURE SORI – il socio Franco Podestà. RONCO SCRIVIA – il socio Alessandro Tavella, fratello dei soci Francesco, Giancarlo, Giacomo e zio del socio Luigi Tavella . RONCO SCRIVIA – la socia amica degli alpini Maria Vittoria Ansaldi, vedova del socio Severino Parodi. SAVIGNONE – il socio Silvio N F Dacà, classe 1937. SESTRI LEVANTE – il socio Giuliano Corradi, classe 1927. SOPRALACROCE – il socio Luigi Longinotti, classe 1948. ***** FAMIGLIARI ALTAVALFONTANABUONA – la signora Luisa Musante, zia del socio Franco Pastorino. ALTAVALFONTANABUONA - la signora Chiara Gardella, di 102 anni, suocera del socio Franco Montaldo. ALTAVALPOLCEVERA – il signor Gianni Rivera, fratello del Socio Angelo Rivera. ALTAVAPOLCEVERA la mamma del socio Giorgio Repetto. BARGAGLI – la signora Luisa Cevasco, moglie del socio Otello Magnoler e sorella del socio Carletto Cevasco. BORZONASCA – la signora Maria Solimano, cugina dell’Alpino Franco Solimano decorato con M.O.V.M. nella II G.M. CARASCO – il padre del socio Anselmo Cella. CARASCO - la zia del socio Antonio Costa. CARASCO – il suocero del socio Piero Lavezzolo. CASARZA LIGURE – la signora Marisa Vattuone, sorella del socio Franco Vattuone. CHIAVARI – la signora Vittoria Descalsi, centenaria, suocera del socio Luciano Marrubio. CHIAVARI – la signora Rita Filippone, vedova del socio Lucchetti. FAVALE DI MALVARO – il signor Michele Bafico, zio del socio Mauro Foppiano. FAVALE DI MALVARO – il signor Rinaldo De Benedetti, zio della socia aggregata Raffaella De Benedetti. ISOLA DEL CANTONE – la signora Alice Persano, suocera del socio Luciano Persano. LAVAGNA - la signora Giulia Salamida madre del socio Giuseppe Sanguineti. LAVAGNA – La signora Guida Vanda Ghizzoni, suocera del socio Emanuele Soncini. LAVAGNA - La signora Alfonsina Macchiavelli vedova Baratta mamma del socio A M I G L I A Francesco Baratta. LORSICA – la signora Alma Demartini, suocera del socio Guido Demartini. PIEVE LIGURE SORI – la signora Maria Solimano, cugiFranco dell’alpino na Solimano (M.O.V.M.) e madrina del gruppo. RAPALLO - la signora Elena Luciano suocera del socio Mino Figari. REZZOAGLIO – il signor Giuseppe Cuneo, fratello del capogruppo Armando Cuneo. RIVAROLO – la signora Carla, moglie del socio Emilio Benevolo. RONCO SCRIVIA – il signor Stefano Guglielmino, fratello del socio Luigi Guglielmino. SANTA MARGHERITA - il signor Mario Viano, suocero del socio Mario Orecchia. SANTO STEFANO D’AVETO – il Antonio signor Campomenosi, suocero del socio Paolo Pareti. SANTO STEFANO D’AVETO – la signora Giuseppina Cella, madre del socio Paolo Monteverde. SANTO STEFANO D’AVETO – la signora Maria Fugazzi, zia del socio Marino Lusardi. SANTO STEFANO D’AVETO – il signor Maurizio Rezzoagli, cugino dei soci Giampaolo Cristoforo e Rossi Campomenosi, e cognato del socio Giuseppe Cella. SANTO STEFANO D’AVETO – la signora Lidia Mazza, zia del socio Claudio Guardincerri. SANTO STEFANO D’AVETO – la signora Giulia Mazza, zia del socio Antonio Bassa. SERRA RICCO’ – Il signor Magno Testa, suocero del socio Vittorio Martignone. SERRA RICCO’ – il signor Otello Gori, padre del socio Giorgio Gori. SERRA RICCO’ – il signor Vittorio Cassissa, fratello del socio Emilio Cassissa. SESTRI LEVANTE – il signor Giovanni Sivori, fratello del socio Albino Sivori. SESTRI LEVANTE la signora Amelia Lapi, sorella del socio Arturo Lapi. SESTRI LEVANTE – il signor Jean Oneto, cognato del socio Edoardo Vaccheri. TORRIGLIA – la signora 39 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 I N F A M I G L I A Battistina Neri, madre del socio marcello Sciutto e cognata del Socio Zeno Baccarani. VALVERDE - La Signora Giovanna Tola suocera del Socio Battistino Rebora. **** A tutti i famigliari l’espressione del più vivo cordoglio da parte delle penne nere genovesi. ***** NOZZE D’ORO (50 anni) BUSALLA – Il socio Arrigo Sabbi, classe 1928 con la gentile consorte signora Rita Cavo, classe 1927. FAVALE DI MALVARO - Il socio Guido Mazza con la gentile consorte signora Adriana Giannini. SAN COLOMBANO CERTENOLI – il socio Giancarlo Podestà con la gentile consorte signora Graziella. SANTO STEFANO D’AVETO – il socio Olivo Cella, capogruppo benemerito con la gentile consorte signora Maria Teresa Campomenosi. SESTRI LEVANTE – il socio Italo Nando Maggi con la gentile consorte signora Dorina Acquistapace. ***** Agli sposi le nostre sincere congratulazioni ***** CENTENARI NERVI – la signora Natalina Agnetti, 105 anni. Auguri nonna CASARZA LIGURE – il socio Gino De Paoli, classe 1915, 100 anni Auguri Vecio ***** LAUREE La signorina Emanuela Banchero, figlia del socio Enrico Banchero, si è laureata in Scienze Umane dell’Ambiente, del Territorio e del Paesaggio. Congratulazioni, Dottoressa ***** La signorina Romina Mognol, figlia del socio Agostino Mognol, si è laureata in Disciplina dell’Arte della Musica e dello Spettacolo (Drammaturgia e Regia Lirica) Congratulazioni, Dottoressa ***** La signorina Erica Giraldi, nipote del Socio del Gruppo Monte Federico Pastoris, si è laureata in medicina presso l’Università Case Western di Cleveland (USA). Congratulazioni, Dottoressa. MEDAGLIE L’ ingeniere Cinzia Noziglia, figlia del Caporuppo di Zoagli, Michele Noziglia, ha conquistato ben quattro medaglie (un oro e tre argenti) ai mondiali di tiro con l’arco a Terni . ***** Congratulazioni Campionessa GRUPPO DI CAMPOLIGURE CRISTINO PASTORINO Nota del Direttore: questa lettera è così bella che la pubblichiamo integralmente. Gentile redazione, sono la figlia di Cristino Pastorino, un alpino orgoglioso di esserlo, da sempre. Partecipa alle manifestazioni, alle adunate, è tra i custodi del Rifugio Elena e tra i suoi amici alpini si sente sempre a casa. Ho un regalo grande da chiedervi... il 22 gennaio ha compiuto 80 anni e sarebbe felicissimo di leggere sulla vostra rivista, come augurio di buon compleanno, questa poesia che avevo scritto per lui. Ho provato a mettere in versi i sentimenti che animano tutte le vostre iniziative... AL MIO PAPA’ ALPINO Infinita pazienza e dolce calore mani sempre pronte a dare. Universo chiuso tra quattro mura semplice felicità di salde sicurezze. Una vita, fiume veloce acqua limpida i tuoi sorrisi sole che danza. Ringraziandovi, vi mando un grande abbraccio alpino!!! Patrizia Allego anche una foto dove è con il suo amico Santo Oliveri, anni 95, reduce e prigioniero di Russia. Anche per lui sarebbe una bella sorpresa ritrovarsi su GENOVA ALPINA! GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 40 I N F A M I G L I A B U O N E N O T I Z I E GRUPPI DI GENOVA CENTRO E BORZONASCA GRUPPO DI SANTA MARGHERITA LIGURE MATTIA FIRPO GREGORIO I nonni Pietro Firpo (Presidente Sezionale ) e Giuseppino Maschio (Gruppo di Borzonasca) orgogliosi e sorridenti con il piccolo Mattia Firpo. Lo scarponcino Gregorio in braccio al nonno, il socio Gianni Cecotto. GRUPPO DI SANTO STEFANO D’AVETO GRUPPO DI ZOAGLI Il socio Lorenzo Arado nel giorno del matrimonio con la gentile signorina Margherita Tassi, socia amica degli alpini. CINZIA NOZIGLIA La figlia del socio Michele Noziglia continua a mietere allori nel tiro con l’arco. Ai campionati di Terni ha conquistato: il titolo mondiale individuale, la medaglia d’argento nella prova a squadre, il titolo italiano nel tiro di campagna con arco nudo, e la medaglia d’argento a livello assoluto. Congratulazioni, pluricampionessa ! 41 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 I N F A M I G L I A B U O N E N O T I Z I E GRUPPO DI FAVALE DI MALVARO NOZZE D’ORO Il socio Guido Mazza e la gentile consorte signora Adriana Giannini. GRUPPO DI SESTRI LEVANTE NOZZE D’ORO Il socio Italo Nando Maggi con la gentile consorte signora Dorina Acquistapace GRUPPO DI BUSALLA NOZZE D’ORO Il giorno 15 ottobre 2015 il socio Arrigo Sabbi, classe 1928, e la signora Rita Cavo, classe 1927, contornati da tutti i familiari, hanno festeggiato il compimento di 50 anni del loro felice e fausto matrimonio. GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 42 I N F A M I G L I A GRUPPO DI NERVI B U O N E N O T I Z I E RITROVARSI In occasione del centenario della casermetta Romanin di Forni a Voltri si sono incontrati il sottotenente Giorgio Fattoretto e il Caporal Maggiore Michele Noziglia, del Gruppo di Zoagli in servizio negli anni 1965 - 1966 NATALINA AGNETTI La signora Natalina Agnetti, classe 1910. Centocinque, e non li dimostra ! GRUPPO DI ROSSIGLIONE GRUPPO DI VOLTRI IL Cav. BRUNO PASTORINO BARTOLOMEO VALLE Inossidabile Donatore di Sangue e Volontario della Croce Rossa Italiana, è stato nuovamente eletto Presidente del Comitato Croce Rossa Rossiglione. 50° di iscrizione all A.N.A. Il socio Bartolomeo Valle, che ha raggiunto il 50° anno di iscrizione alla nostra associazione. 43 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 I N F A M I G L I A L U T T I GRUPPO DI BOLZANETO GRUPPO DI CARASCO NICOLÒ BENVENUTO Difficile trovare le parole, che forse nemmeno esistono, per esprimere il dolore che dalle ore 17,00 del 27 gennaio scorso ci sta perforando il cuore. In quel giorno ed all’incirca quell’ora è infatti “andato avanti” Nicolò Benvenuto, alpino, uno dei soci fondatori nel 1955 (ultimo superstite) del Gruppo Alpini di Bolzaneto e che per lunghi anni ha ricoperto la carica di Capo Gruppo. Ma ”Nino” non era solo questo era anche e principalmente un amico fraterno, un saggio consigliere, un punto di riferimento, un “papà” (anche se non aveva avuto figli noi lo abbiamo sempre considerato come un padre) e soprattutto un maestro di vita. Nel giorno dei funerali la Chiesa Parrocchiale di S. Francesco in Bolzaneto a fatica è riuscita ad accogliere tutti. Con i famigliari, il “Cappello di Alpino” adagiato sul feretro e la scorta dei “suoi Alpini” con la loro camicia a quadri verdi e blu e il cappello con la penna. Presenti il Consigliere nazionale Massimo Curasì, i Vice Presidenti Sezionali Orazio Bellatti e Saverio Tripodi (alpino del Gruppo di Bolzaneto) ed i gagliardetti di sette gruppi alpini : Alta Val Polcevera -Busalla – Rivarolo – Sampierdarena – S.Olcese- Serra Riccò – Valverde oltre ovviamente al Suo gagliardetto quello del Gruppo di Bolzaneto. Quasi al termine della cerimonia dopo le toccanti parole dell’elogio funebre pronunciate dall’ex Capo Gruppo Oscar Ochner e la successiva recita della Preghiera dell’Alpino le struggenti note del “silenzio d’ordinanza” hanno accentuato la palpabile commozione che già aleggiava nel Sacro Edificio. Ma in fondo non ci devono essere unicamente tristezza e malinconia perché Nino non ci ha lasciato….è solo andato avanti……ora è un passo avanti a noi. Ciao Nino BOLZA GROUP GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 44 GINO PODESTA’ Gino Podestà del Gruppo di Carasco è andato avanti. Gino, ci hai lasciato all’improvviso, un vero fulmine a ciel sereno, eravamo abituati a vederti di continuo perché tra di noi eri sempre il primo fra i presenti, abile, operoso, di poche parole ma fortemente incisivo quando intervenivi o davi dei buoni consigli a chi, tanti, di noi te li richiedevano conoscendo la tua proverbiale saggezza ed esperienza. Sempre con il tuo amato cappello dalla bella nappina rossa del Battaglione Aosta ove, alla mitica caserma Testafochi, avevi militato con fierezza in gioventù, e ci raccontavi, con gli occhi che ti brillavano, delle lunghe marce su e giù per i bei monti della Val d’Aosta che t’erano rimasti nel cuore! E con il tuo bel sorriso sulle labbra, aperto, schietto e sincero, proprio come è delle persone equilibrate ed in pace con se stesse, avendo realizzato nella tua vita di Uomo probo, Marito e Padre esemplare, quel successo vero che è costruire una famiglia sana, fondata sui principi dell’amore, della concordia, del rispetto, dell’onestà e della solidarietà verso il prossimo che molti cercano ma non tutti riescano a realizzare. Alpino dalla testa ai piedi, dopo la tua naturale prima famiglia, veniva la seconda, quella degli alpini, alla quale hai dedicato così tanto impegno, passione e sincero affetto, ricoprendo nel nostro Gruppo, con entusiasmo, un po’ tutte le varie cariche, alfiere, Consigliere ed ogni ruolo che ti venisse richiesto! Ti occupavi di tutto, anche dei particolari, apparentemente secondari, dall’intrecciare, ad esempio, con le tue mani sapienti le corone di alloro che venivano poi deposte, nelle varie occasioni, ai monumenti cittadini, quelle tue mani abili che lavorando quelle fronde sempreverdi con riverenza pareva che sgranassero un rosario per i poveri Caduti di Carasco.... Chi può dimenticare che in tutte le occasioni, tante, in cui bisognava preparare “armi e bagagli” per le varie trasferte del Gruppo ai Raduni, Adunate e Feste varie, I N dopo aver provveduto ognuno degli alpini alle operazioni di carico e stivaggio del materiale, tutti si fermavano ed in silenzio guardavano a te, aspettando che tu compissi l’ultima determinante manovra, ovvero il tuo mitico “groppo alla carrettiera” con cui tirando ed annodando funi varie, come solo tu sapevi fare, sigillavi in modo sicuro e definitivo tutto il carico! Ora che tu stai scalando le amate cime valdostane per raggiungere il ben meritato Paradiso degli alpini nella luce del Signore, ove ritroverai gli amici alpini della naja, del tuo gruppo e della tua sezione, rivivendo in eterno tutti la fierezza e bellezza della gioventù, ti preghiamo di proteggere da lassù i Tuoi Cari e tutti coloro, F A M I G L I A L U T T I tantissimi, che t’hanno voluto bene ed hanno avuto il privilegio di incontrarti e conoscerti. La tua diletta Anna Maria, moglie, figlia, cognata e nipote di alpini, la quale sempre ti accompagnava in tutte le “trasferte” alpine, ora è diventata la nostra sorella più cara, ciao Gino, grazie per tutto l’amore che ci hai donato, per tutto quello che ci hai insegnato, il tuo esempio sarà per noi il solco maestro da seguire, sei e sarai per sempre nei nostri cuori, non ti dimenticheremo mai! Alpino Gino Podestà? PRESENTE! GLI ALPINI DEL GRUPPO DI CARASCO GRUPPO DI CICAGNA STEFANO CAVAGNARO Ciao Stefano, te ne sei andato un mattino uggioso di novembre, in silenzio, come eri abituato a vivere. Il silenzio è la virtù dei forti. Nel chiasso e nel frastuono l’uomo è debole, perché non ha nulla da comunicare. Tu agivi con i fatti, da vero alpino. Non per questo rimanevi nell’ombra. Anzi! Il vuoto che sentiamo, a causa del tuo “andare avanti”, è incolmabile per Fernanda, tua sposa dal 1972, per i tuoi figli Mara, Marco e Mario, per i tuoi adorati nipotini Alice, Riccardo e la piccolina Erica e per noi, alpini, abituati ad averti accanto in ogni manifestazione, perché la tua presenza ci rassicurava, ci stimolava a prose- guire nella vita del Gruppo, che tu avevi accettato di guidare dall’anno 2000. Ti avevo conosciuto nel lontano 1975, quando fungevo da Segretario ed il Gruppo aveva più iscritti. Il calo – fisiologico – non ti ha spaventato e hai contribuito a mantenere tra gli alpini quel vigore, quell’entusiasmo, quella voglia di superare ogni difficoltà, con pazienza e con tenacia. Ne danno testimonianza la “Sagra della Castagna” e i Raduni Alpini annuali, che sono diventati un motivo di incontro importante per tutta la Val Fontanabuona. Ne dà testimonianza la progettazione – nel 2002 - del caratteristico Monumento agli Alpini, realizzato in granito, con la collaborazione del Comune e degli iscritti. Esso è il riferimento vitale per l’intera comunità di Cicagna, che onora i suoi Caduti nelle cerimonie della Patria. Da sempre avevi sognato una sede alpina, tutta per noi e ti sei dato da fare. Me l’hai ricordato più volte, con un certo rammarico. “Non abbiamo casa !” Il seme gettato darà frutto, ne sono certo. Avevi anche in mente un parco giochi per bambini, da realizzare con l’apporto del Comune. Sei andato via troppo presto. Ora il testimone passa a noi. Tu ci aiuterai da Lassù. Don Mario ha detto di Te: “…è andato incontro alla Luce”. L’iscrizione all’ANA è stata un esempio di affetto e di fedeltà all’Associazione, che i tuoi alpini del Gruppo, due anni fa, hanno voluto riconoscerti, in occasione dei 50 anni di ininterrotta adesione. La tua partecipazione a infinite adunate alpine nazionali ha testimoniato la presenza del Gruppo Alpini di Cicagna nelle città dei raduni. CAVAGNARO Stefano, classe 1936, Alpino della Julia, Btg.Cividale, abbracciato da tantissimi alpini sulla scalinata della Chiesa dei Miracoli, mentre passi per la cerimonia del Commiato, tra due ali di Gagliardetti della Fontanabuona, della Val Graveglia, della Valle Sturla, di Casarza (La Spezia), di Rapallo, con in testa i il Presidente Sezionale Pietro Firpo : PRESENTE ! ENZO VALENCICH ALPINO BTG.CIVIDALE 45 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 I N F A M I G L I A L U T T I GRUPPO DI MEZZANEGO GRUPPO DI PIEVE LIGURE - SORI ADRIANO PICASSO PIETRO MARIO BOERO Pietro Mario Boero è andato avanti. Pietro avrebbe compiuto 99 anni il 3 Maggio 2016. Nato a San Siro Foce di Mezzanego, qui ha vissuto fino al 25 gennaio facendo il contadino. Chiamato alle armi il 21-05-1938 è stato aggregato al 1° Reggimento Alpini battaglione Pieve di Teco, è stato poi trattenuto a causa degli eventi bellici. Ha combattuto sul fronte alpino occidentale, dove è tornato nel 2011 per la commemorazione dei suoi commilitoni caduti e alla frontiera Greco-Albanese dove ha subito un principio di congelamento alle dita dei piedi. Iscritto all’ANA dal 1961, prima con il disciolto gruppo Semovigo-San Siro Foce, poi con il gruppo di Mezzanego, partecipando costantemente alle attività del gruppo. Oltre ai riconoscimenti per il 25° e 50° anno d’iscrizione ha ricevuto nel 1967 un diploma di benemerenza per l’opera svolta quale segretario del gruppo di S. Siro. Un appuntamento al quale non è mai mancato fino a che la salute glielo ha permesso, era la Messa celebrata a Semovigo alla cappella del Criste nel bosco a suffragio degli alpini andati avanti. La foto lo ritrae appunto durante una delle ultime partecipazioni a questa manifestazione Le spoglie riposano in pace nel cimitero di S. Siro Ciao vecio Gli Alpini del tuo gruppo GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 46 Nel terzo anniversario della scomparsa di Adriano Picasso, “Drè”, il Gruppo Pieve Ligure – Sori vuole onorarne la memoria a dimostrazione del legame di affetto che ancora vive nel ricordo. Dapprima socio fondatore, poi consigliere all’interno del direttivo, è stato una figura unica e speciale, sempre presente e disponibile nella vita dell’Associazione, dalle manifestazioni locali ai raduni nazionali all’impegno attivo e personale nei lavori di costruzione della Cappelletta degli Alpini sul Monte Cornua. Per noi soci insegnante di vita, di generosità, di vero spirito alpino, ci manchi tanto fisicamente con la tua allegra compagnia, la tua musica, le tue battute, ma continui a camminare insieme con noi, davanti a noi, ancora e sempre alfiere del gruppo, indossando con la consueta fierezza ed il giusto orgoglio l’amato cappello alpino, presente più che mai nella memoria e nel pensiero di noi alpini. A noi piace soprattutto immaginarti così, ancora presente, bravo fisarmonicista e grande animatore del gruppo, che dal Paradiso di Cantore accompagni con la tua musica i canti e i momenti di fraterna allegria dei tuoi alpini e di tutti gli amici. *** MARIA ROSA SOLIMANO E’ tornata alla Casa del Padre, dopo una vita lunga ed esemplare, Maria Rosa Solimano, cugina dell’Alpino Franco Solimano decorato con M.O.V.M. nel secondo conflitto mondiale. Figura molto cara a tutti e di primaria importanza per il Gruppo di Pieve Ligure-Sori in quanto Madrina dello stesso, nonchè madrina all’inaugurazione della Cappelletta Alpini sul Monte Cornua il 6 giugno 1994, e madrina al varo della Fregata Alpino (F 594) presso la Fincantieri di Riva Trigoso il 13 dicembre 2014. La Signora Maria Rosa mancherà con la Sua presenza fisica ma rimarrà sempre viva nel ricordo e nel cuore di tutti gli Alpini che hanno avuto la fortuna di conoscerla e di apprezzare le doti naturali ed umane. I N GRUPPO DI PIEVE LIGURE - SORI FRANCO PODESTA’ Anche se da qualche anno, per motivi di salute, non potevi più stare con noi, eri sempre il nostro Capo Gruppo! Non posso dimenticare le belle serate in sede, sulle Tofane o ai Raduni allietate dalle note della tua fisarmonica, la tua gentilezza,il tuo saper ricomporre le diatribe che a volte, come in ogni Gruppo, nascevano tra i soci e finivano, come giusto che sia, con un bicchiere ed una stretta di mano, il tuo commuoverti quando parlavi degli Alpini,il tuo attivismo per far nascere il Gruppo Pieve L. – Sori, per ristrutturare la lapide del Gen.Cantore sulle Tofane, per l’edificazione della Chiesetta sul Monte Cornua. Fiero di averti conosciuto ti chiedo un ultimo favore, ora che sei nel Paradiso di Cantore, insieme al mai dimenticato “Dri” suonate e cantate ancora per noi! Ciao grande amico Franco da oggi ci sentiamo più soli e sarà un Natale più triste ma la tua presenza sarà sempre tra noi! MASSIMO GRUPPO DI SESTRI LEVANTE F A M I G L I A L U T T I Nato a Casarza Ligure nel 1927, durante il servizio militare di leva nel Corpo degli Alpini, 4° Reggimento - Battaglione Saluzzo conseguì il brevetto di Marconista e, in una competizione Commiliter vinse il primo premio assoluto. In seguito, coltivando fin da ragazzo questa passione, ottenne la patente e la licenza di Radioamatore. Nel 1952 insieme ad un buon gruppo di amici rifondò il gruppo A.NA. Sestrese (nato nel 1937); parimenti prese in mano l’A.R.l. ed ottenne, insieme ad altri appassionati la sede sociale nella Torre Marconi sulla Penisola di Sestri Levante. Organizzò giornate Marconiane negli anni 70 forte anche dell’amicizia personale che lo legava alla famiglia del grande inventore, portando alla Bimare la Vedova ND. Signora Marchesa Maria Cristina Bezzi Scali e la figlia Elettra Marconi. Fu promotore della posa di due importanti lapidi a “ricordo”. Una ai piedi della Torre dalla quale il Marconi coronò con successo l’esperimento di navigazione alla cieca con radiofaro guidando il suo panfilo “Elettra”; l’altra lapide la fece porre in una curva della cittadina di Borghetto Vara ove nel 1912 il Marconi, proveniente dalla Toscana subì un violentissimo scontro a seguito del quale perse la vista dall’occhio destro. Tale cippo a ricordo venne posto nel Settembre 2007. Nell’Agosto del 2009 venne a mancargli l’adorata compagna della vita, Olga, moglie e madre esemplare. Il nostro Alpino Giuliano l’aveva assistita amorevolmente nei lunghi anni dell’infermità totale. Ma ora chiudiamo queste note biografiche, speriamo che il tempo ci aiuti a ricordarlo sempre come era, un grande Amico Alpino pieno di slanci e di fraterni abbracci, sempre al lavoro alla Sua grande “consolle” di Radioamatore o intento a risolvere il contenuto dell’immancabile Settimana Enigmistica. Ciao ... Vecio ... ci mancherai non poco! I Tuoi amici Alpini ed altri ... VITTORIO RINO BIGGI GIULIANO CORRADI 3 Marzo 2016, ragazzi ... il “Vecio” Giuliano questa notte ci ha lasciati! Giuliano Corradi in silenzio ci ha lasciati, ha spiccato il volo dal Suo ultimo nido di Campegli per raggiungere tantissimi altri Suoi Amici che Lo attendevano in quel Paradiso dove Papà Cantore da quel 20 Luglio del 1915 rimette ordinatamente in fila tante Penne Nere. Dire di Lui ci sarebbe da scrivere un libro. Era fortemente orgoglioso di avere prestato servizio negli Alpini; diceva a noi che dobbiamo fare tesoro del nostro Cappello perché è di foggia speciale come “speciali e migliori” siamo noi che lo portiamo. Ma per brevità e spazio è doveroso per chi lo ricorda in questa pagina trascriverne alcuni tratti che lo riguardano. GRUPPO DI SOPRALACROCE LUIGI LONGINOTTI Il giorno 4 dicembre 2015 l’alpino Luigi Longinotti fratello del socio Rino Longinotti e suocero del socio aggregato Matteo Signaigo è andato avanti dopo una lunga malattia. Il Gruppo Alpini di Sopralacroce si stringe intorno alla famiglia con affetto. 47 GENOVA ALPINA NUOVA 1/2016 RAPALLO 23 - 25 ottobre 2015 60° del Gruppo Uniformi del passato ed un “Alpinetto” del futuro
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