ranibizumab nel trattamento della degenerazione maculare legata
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ranibizumab nel trattamento della degenerazione maculare legata
QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 RANIBIZUMAB NEL TRATTAMENTO DELLA DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL’ETÁ: DIAGNOSI E GESTIONE CLINICA E AMMINISTRATIVA DEL PAZIENTE Authors’ affiliations Alfredo Pece, Vincenzo Isola U.O. di Oculistica, Azienda Ospedaliera di Melegnano, Milano Claudio Azzolini, Simone Donati Clinica Oculistica e Scuola di Specializzazione in Oftalmologia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Morfologiche, Università degli Studi dell’Insubria, Varese Maurizio Battaglia Parodi Dipartimento di Oftalmologia, Università Vita-Salute, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano Ferdinando Bottoni U.O. di Oculistica, Azienda Ospedaliera Luigi Sacco, Università degli Studi, Milano Ugo Introini Dipartimento di Oftalmologia, Università Vita-Salute, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano Vincenzo Pucci, Andrea Musig U.O.C. di Oculistica, Azienda Ospedaliera di Desenzano del Garda, Brescia Francesco Semeraro, Paola Danzi Clinica Oculistica e Scuola di Specializzazione in Oftalmologia, Dipartimento di Specialità Medico-chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, U.O. di Oculistica, Università degli Studi di Brescia, Brescia Francesco Viola U.O. di Oculistica, Fondazione IRCCS Cà Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi, Milano QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH RINGRAZIAMENTI Si ringraziano tutti i partecipanti all’Advisory Board Progetto Luce che in occasione delle riunioni di condivisione hanno fornito un contributo critico e costruttivo per la realizzazione di questo testo. Si ringrazia, infine, Novartis per la realizzazione del Progetto Luce e la Dr.ssa Daniela Baldi per l’attività di coordinamento operativo svolta. II CAPITOLO 2 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH Indice introduzione LA DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL'ETA' (AMD) Alfredo Pece, Claudio Azzolini, Maurizio Battaglia Parodi, Ferdinando Bottoni, Paola Danzi, Simone Donati, Ugo Introini, Andrea Musig, Vincenzo Pucci, Francesco Semeraro, Francesco Viola .......................................................................................... 1. Capitolo 1 DIAGNOSI E PROFILO DEL PAZIENTE CON AMD Alfredo Pece, Claudio Azzolini, Maurizio Battaglia Parodi, Ferdinando Bottoni, Paola Danzi, Simone Donati, Ugo Introini, Andrea Musig, Vincenzo Pucci, Francesco Semeraro, Francesco Viola ........................................................................................... 2. Capitolo 2 ALGORITMO DI TRATTAMENTO E RITRATTAMENTO Alfredo Pece, Claudio Azzolini, Maurizio Battaglia Parodi, Ferdinando Bottoni, Paola Danzi, Simone Donati, Ugo Introini, Andrea Musig, Vincenzo Pucci, Francesco Semeraro, Francesco Viola ........................................................................................... 3. Capitolo 3 PAZIENTI RESPONDER E NON RESPONDER Alfredo Pece, Claudio Azzolini, Maurizio Battaglia Parodi, Ferdinando Bottoni, Paola Danzi, Simone Donati, Ugo Introini, Andrea Musig, Vincenzo Pucci, Francesco Semeraro, Francesco Viola .......................................................................................... 4. Capitolo 4 IL PROFILO DI SICUREZZA DI RANIBIZUMAB Alfredo Pece, Claudio Azzolini, Maurizio Battaglia Parodi, Ferdinando Bottoni, Paola Danzi, Simone Donati, Ugo Introini, Andrea Musig, Vincenzo Pucci, Francesco Semeraro, Francesco Viola ........................................................................................... 5. Capitolo 5 LINEE GUIDA PER L’ESECUZIONE DI INIEZIONI INTRAVITREALI Francesco Semeraro, Paola Danzi . ............................................................................................... 6. Capitolo 6 ASPETTI AMMINISTRATIVI Claudio Azzolini, Simone Donati . ................................................................................................. appendice a Esame del Visus Vincenzo Isola............................................................................................................................... 1 2 4 7 9 10 11 13 > CAPITOLO indice 1 III QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH appendice b L'angiografia con verde indocianina (ICGA) Ferdinando Bottoni....................................................................................................................... appendice c Ranibizumab: sicurezza e farmacovigilanza Alfredo Pece.................................................................................................................................. appendice d Linee guida AIFA Francesco Viola............................................................................................................................. appendice e Ranibizumab and Bevacizumab for Neovascular Age-related Macular Degeneration The CATT Research Group Alfredo Pece.................................................................................................................................. 22 appendice f L’Health Technology Assessment dI ranibizumab nel trattamento della degenerazione maculare senile Alfredo Pece.................................................................................................................................. IV indice 16 18 20 25 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH LA DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL'ETA' (AMD) Alfredo Pece, Claudio Azzolini, Maurizio Battaglia Parodi, Ferdinando Bottoni, Paola Danzi, Simone Donati, Ugo Introini, Andrea Musig, Vincenzo Pucci, Francesco Semeraro, Francesco Viola La degenerazione maculare legata all’età (AMD) è una patologia severa e rappresenta nel mondo occidentale la causa principale di cecità nei soggetti di età superiore a 50 anni. La prevalenza della malattia varia da 1,6% nei soggetti con un’età compresa fra i 52 e 64 anni a 27,9% nelle persone con più di 75 anni. È caratterizzata da un vasto spettro di eventi clinici e patologici, come la formazione di depositi pallidi giallastri chiamati drusen, la degenerazione dell’epitelio pigmentato retinico (EPR), neovascolarizzazioni coroideali (CNV) e degenerazione maculare disciforme. Esistono due forme di AMD, una definita non neovascolare (secca o atrofica) e una definita neovascolare (umida o essudativa). Anche se la forma umida è la meno frequente, è responsabile di circa l’80-90% dei casi di grave perdita della vista, i soggetti affetti presentano una AMD caratterizzata da neovascolarizzazione coroideale (CNV), denominata anche degenerazione maculare senile neovascolare. Il processo della formazione di nuovi vasi sanguigni che porta ad una lesione da neovascolarizzazione coroideale (CNV) è conosciuto come angiogenesi. L’angiogenesi è caratterizzata da una sequenza di eventi ben definiti. La vasodilatazione ed un aumento della permeabilità vascolare sono seguiti dalla degradazione della matrice extracellulare. Questo permette la proliferazione e la migrazione delle cellule endoteliali con formazione di vasi. I neovasi sanguigni coroideali anomali proliferano e penetrano la membrana di Bruch, raggiungono l’EPR estendendosi a volte nello spazio sotto retinico. Questi neovasi patologici hanno un aumentata permeabilità e portano all’accumulo di siero e sangue sotto l’EPR, e/o a livello della retina neuro sensoriale o all’interno della retina neuro sensoriale. L’organizzazione e la formazione di metaplasie fibrotiche e cicatrici disciformi costituiscono la fase finale della AMD associata ad una perdita permanente della vista. Infatti i pazienti con maculopatia essudativa manifestano come primo segno metamorfopsie, poi scotomi centrali o paracentrali e riduzione permanente della vista che può essere marcata o lieve, con andamento lento o rapido nel tempo a seconda del tipo di lesione. Nei soggetti con degenerazione maculare legata all’età, il complesso formato da neovasi coroideali e tessuto fibroso può distruggere i fotorecettori entro un periodo di 3-24 mesi quindi, se non trattata, la patologia conduce ad una ridotta visione centrale entro 2 anni (nelle forme più aggressive si arriva a valori sotto la cecità legale nel giro di pochi mesi), oltre ad avere il 50% delle probabilità che la AMD diventi bilaterale entro 5 anni. Notevoli passi avanti sono stati fatti nella ricerca angiogenica dimostrando che fattori angiogenici quali il VEGF (vascular endothelial growth factor) ed il fattore di crescita dei fibroblasti (bFGF), giocano un ruolo importante nella patogenesi della degenerazione maculare senile in quanto stimolano la neovascolarizzazione. Il VEGF è un polipeptide che esercita un potente effetto mitogeno sulle cellule endoteliali, stimola la loro proliferazione, aumenta la permeabilità vasale fosforilando le proteine di giunzione delle cellule endoteliali. L’impiego di farmaci che bloccano l’attività del VEGF (anti-VEGF) tramite iniezioni intravitreali costituisce oggi la terapia di riferimento nel trattamento della degenerazione maculare legata all’età di tipo neovascolare. Esperti nel settore delle malattie retiniche in Lombardia si sono incontrati per discutere aspetti di interesse comune nell’AMD, sia sotto l’aspetto scientifico che amministrativo per proporre un consensus sulla diagnosi, trattamento e follow up del paziente affetto da AMD neovascolare in terapia con ranibizumab attraverso la revisione delle evidenze scientifiche in letteratura, della legislazione, delle indicazioni del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e soprattutto sulla base dell’esperienza clinica dei partecipanti. INTRODUZIONE 1 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH 1. DIAGNOSI E PROFILO DEL PAZIENTE CON AMD Alfredo Pece, Claudio Azzolini, Maurizio Battaglia Parodi, Ferdinando Bottoni, Paola Danzi, Simone Donati, Ugo Introini, Andrea Musig, Vincenzo Pucci, Francesco Semeraro, Francesco Viola La diagnosi Anamnesi L’anamnesi è fondamentale per capire quali siano i disturbi, da quanto tempo siano presenti, se ci siano altre patologie e se la malattia sia mono o bilaterale. Esame del Visus L’ottotipo ideale per eseguire l’esame dell’Acuità Visiva (AV) è l’ETDRS (Early Treatment Diabetic Retinopathy Study): in quanto è dimonstrato che al di sotto dei 5/10 il test dell’AV con tavole di Snellen risulta inaffidabile. L’ottotipo ETDRS permette una misurazione precisa dei livelli di AV, soprattutto di quelli più bassi in modo standardizzato e riproducibile. Di contro, l’esame del visus con ottotipo ETDRS necessita di un tempo più lungo rispetto alle tavole di Snellen. La velocità di lettura e la sensibilità al contrasto sono esami utili, ma al momento non sono disponibili dati solidi per considerarli esami fondamentali nella decisione terapeutica o nel follow up. Conclusioni: il test di Snellen non è suggerito come test di valutazione del visus nel paziente da sottoporre a terapia iniettiva. In questo caso, le tavole ETDRS rappresentano lo strumento di elezione. Esso risulta utile per evidenziare alterazioni che possano integrare le informazioni provenienti dagli esami angiografici, come la presenza e l’estensione di emorragie e di fibrosi in sede maculare o altre lesioni biomicroscopicamente evidenti. Utile, inoltre, la descrizione dell’entità ed estensione del distacco dell’epitelio pigmentato retinico (DEP) e del neuroepitelio retinico. Conclusioni: L’esame del fondo deve essere eseguito in midriasi con lenti di Volk o a tre specchi (lente di Goldmann). Fluoroangiografia e Angiografia con verde di indocianina La fluoroangiografia (FAG), preceduta da retinografia a colori e con filtri interferenziali (rosso-priva, infrarosso, autofluorescenza) è l’esame fondamentale per la diagnosi. L’angiografia con verde di indocianina (ICGA) è da effettuarsi in tutti i casi ove sia necessario verificare la presenza di lesioni vascolari particolari (Retinal Angiomatous Proliferations (RAP) e lesioni polipoidali) che potrebbero beneficiare di altre terapie o per evidenziare lesioni subfoveali occulte mal visibili alla FAG. Conclusioni: la FAG e l’ICGA devono essere effettuate al baseline a tutti i pazienti con lesione neovascolare. Per un approfondimento sull’esame del visus, si rimanda all’Appendice A. Per un approfondimento su ICGA, si rimanda all’Appendice B. Esame del fondo Tomografia a Coerenza Ottica È preferibile eseguire l’esame del fondo con lente a tre specchi (meno pratico nella routine clinica), lente di Volk a 78 o 90 D. La tomografia ottica a scansione (OCT) è per la sua praticità l’esame di riferimento da eseguire prima e durante i vari controlli. 2 CAPITOLO 1 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH è raccomandabile eseguire questo esame con un apparecchio di ultima generazione Spectral Domain. Il profilo del paziente eleggibile al trattamento con ranibizumab Le lesioni possono essere localizzate in sede iuxtafoveale, extrafoveale e subfoveale in base alla distanza dalla fovea. Le lesioni subfoveali sulla base dell'aspetto fluorangiografico, possono essere classificate in lesione prevalentemente classica, minimamente classica e occulta. La forma occulta viene trattata in caso di recente progressione che implica la presenza di lesioni emorragiche, diminuzione dell’acuità visiva, aumento della lesione alla FAG e infine ispessimento retinico o progressione del danno visibile all’OCT. Il paziente eleggibile al trattamento con ranibizumab è quello che presenta una CNV classica o occulta monolaterale o bilaterale in fase di attività, anche con AV molto basse. Casi particolari che presentino ampie lesioni emorragiche, CNV associate a rotture dell’epitelio pigmentato o CNV associate ad aree fibrotiche con segni di attività possono essere sottoposti a trattamento. In considerazione della scarsa consistenza dei dati di letteratura, questi casi particolari vanno valutati singolarmente dall’oculista e allo stesso modo si potranno diversificare il trattamento e la gestione del paziente durante il follow up. Una lesione neovascolare viene considerata attiva in base a questi criteri [1]: • spessore retinico anormale, in particolare con evidenza di accumulo di fluido intraretinico, subretinico o al di sotto dell’EPR, confermato all’OCT; • presenza (o ricorrenza) di fluido intraretinico e/o sottoretinico o emorragia subretinica; • nuovo o persistente leakage alla FAG; • aumento di estensione della CNV; • peggioramento dell’AV causato dall’attività della CNV. In caso di lesione contemporanea bilaterale è opportuno iniziare il trattamento nell’occhio con la lesione più attiva e più a rischio di evolvere, a giudizio dell’oculista. Non esistono attualmente dati in letteratura sul tempo minimo che deve intercorrere tra il trattamento di un occhio e l’altro. In considerazione dell’emivita vitreale e plasmatica di ranibizumab, si consiglia un intervallo di almeno 15 giorni. Bibliografia [1] Mitchell P et al. Ranibizumab (Lucentis) in neovascular age-related macular degeneration: CAPITOLO 1 evidence from clinical trials. Br J Ophthalmol 2009;0:1-12. Doi:10.1136/bjo.2009.159160. 3 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH 2. ALGORITMO DI TRATTAMENTO E RITRATTAMENTO Alfredo Pece, Claudio Azzolini, Maurizio Battaglia Parodi, Ferdinando Bottoni, Paola Danzi, Simone Donati, Ugo Introini, Andrea Musig, Vincenzo Pucci, Francesco Semeraro, Francesco Viola FASE DI ATTACCO In tutti gli studi clinici ed indipendentemente dal tipo di lesione, nel periodo corrispondente alle prime tre iniezioni, si osserva il maggiore incremento in termini di acuità visiva. Non sono attualmente disponibili studi su diversi regimi di trattamento [1]. Conclusioni: è opportuno effettuare in tutti i casi la fase d'attacco che consiste in un'iniezione basale, seguita da altre due iniezioni con frequenza mensile (a 30 e 60 giorni dal basale) ed arrivare al terzo mese per rivalutare il paziente. Qual è l’appropriato intervallo d’iniezione di ranibizumab dopo la fase di ATTACCO? Trattamento mensile Gli studi clinici MARINA [2] e ANCHOR [3] e il gruppo con trattamento mensile dello studio EXCITE [4] hanno dimostrato una stabilizzazione del quadro clinico e angiografico a 2 anni nel 90% dei casi, con un aumento dell’AV superiore a 15 lettere nel 40% dei casi. Trattamento trimestrale Studio EXCITE [4]: questo studio ha confrontato il regime dopo la fase di attacco di tre iniezioni, con quello mensile mostrando come il trattamento a iniezioni fisse trimestrali sia inferiore al trattamento mensile (8.3 lettere guadagnate nel gruppo mensile 0.3 mg vs 4.9 e 3.8 lettere nel gruppo a trattamento trimestrale con 0.3 e 0.5 mg rispettivamente). Studio PIER [5-7]: dopo la fase di attacco, lo studio prevedeva un’iniezione ogni 3 mesi senza ulteriori accertamenti diagnostici. Tale studio ha dimostrato un miglioramento 4 significativo rispetto al gruppo di controllo, con una stabilizzazione del quadro clinico a 2 anni nell’82% dei casi e con un guadagno dell’AV superiore a 15 lettere nel 8% dei casi. Studio Sailor: è uno studio in cui i pazienti della coorte 1 sono stati trattati con ranibizumab 0,5mg mensilmente per 3 mesi e successivamente le visite erano trimestrali e se il paziente necessitava, veniva trattato. Con una media di 4,9 iniezioni si è ottenuto un miglioramento di 2,3 lettere a 12 mesi. Trattamento al bisogno o PRN Pro Re Nata Studio PrONTO [8]: è il primo studio che ha cercato di valutare, pur nella ridotta dimensione del campione e senza gruppo di controllo, come fosse possibile trattare il paziente solo in caso di bisogno, adottando un protocollo di trattamento guidato con monitoraggio mensile. Sono state eseguite iniezioni mensili per 3 mesi, ritrattando in presenza di uno dei seguenti parametri: • perdita di 5 lettere e fluido maculare; • aumento dello spessore retinico centrale (CRT) ≥ 100 µm; • nuova neovascolarizzazione coroideale; • nuova emorragia maculare; • fluido maculare persistente evidenziato ≥ 1 mese dopo la precedente iniezione. I pazienti hanno guadagnato 11 lettere di AV: il risultato è simile a quanto ottenuto negli studi con trattamento mensile, ma con un numero di iniezioni inferiori (9.9 iniezioni in 2 anni) [9]. Studio SUSTAIN [10]: anche questo studio prevedeva una fase d'attacco di 3 iniezioni, un ritrattamento guidato con variazioni di OCT e AV, ma con un follow-up mensile secondo giudizio dello sperimentatore: • ritrattamento guidato da AV e OCT nel caso di una perdita maggiore di 5 lettere dell’AV o un aumento dello spessore CAPITOLO 2 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH retinico centrale maggiore di 100 μm; • l’opzione di non trattare in caso di raggiungimento di una AV ≥79 lettere o CRT ≤225 μm o di riduzione minore di 50 μm nel CRT e cambiamento minore 5 lettere nella BCVA dopo 3 trattamenti consecutivi. I pazienti hanno guadagnato AV (+3,6 lettere) in tutto il periodo di studio anche se l'AV a 12 mesi era inferiore al valore di AV riscontrata dopo la fase di attacco (+5,8 lettere). In sintesi: Iniezioni mensili Miglioramento dell’AV in tutto il periodo di studio (MARINA, ANCHOR e EXCITE gruppo controllo attivo). Regime trimestrale (con 3 iniezioni mensili iniziali) PIER: miglioramento dell’AV nei primi tre mesi, poi a 24 mesi declino dell’AV ad un valore simile a quello basale. SAILOR [11]: il trend simile allo studio PIER suggerisce che le visite trimestrali siano insufficienti per mantenere il beneficio acquisito. EXCITE: guadagno dell’AV in tutto il periodo di studio ma a 12 mesi lieve riduzione dell’AV rispetto al valore presente al terzo mese. Regime individualizzato (con 3 iniezioni mensili iniziali) PrONTO: mantenuto il guadagno di AV dopo le prime tre iniezioni (previsto il monitoraggio mensile). SUSTAIN: guadagno dell’AV in tutto il periodo di studio, anche se a 12 mesi si è avuta una lieve riduzione dell’AV rispetto al valore presente al terzo mese (il timing delle visite di monitoraggio era secondo giudizio dello sperimentatore). Conclusioni: I migliori risultati di AV si ottengono con il trattamento mensile continuo. Il trattamento trimestrale non sembra garantire gli stessi risultati del trattamento mensile, in quanto le visite trimestrali sono insufficienti per mantenere il beneficio acquisito dopo la fase iniziale. Il trattamento PRN ed individualizzato consente invece di ottenere risultati sovrapponibili al trattamento mensile, in quanto la fase di attacco ha lo scopo di favorire il massimo miglioramento possibile di AV. Per mantenere questo beneficio nel tempo è importante il monitoraggio mensile, al fine di individuare precocemente eventuali recidive [1] e di trattare il paziente fino a stabilizzazione. In considerazione delle difficoltà pratiche e gestionali che il monitoraggio mensile può implicare nella normale pratica clinica quotidiana, si può suggerire di effettuare un controllo mensile fino al sesto mese e poi valutare se ampliare l’intervallo del follow-up ogni due mesi, se i segni clinici rimangono quiescenti ed in mancanza di recidive. Come gestire le valutazioni diagnostiche durante il trattamento? Durante la fase di attacco, prima di eseguire il trattamento, l'oculista discrezionalmente può rivalutare l'AV, il fondo e lo spessore retinico (OCT) del paziente. Appare facoltativa la FAG, indicata soprattutto nei pazienti peggiorati o in casi particolari. Dopo la fase di attacco di tre iniezioni, ad un mese di distanza dall’ultima iniezione, è opportuno effettuare, oltre l'esame dell'AV, il fondo e l'OCT, anche la FAG. In letteratura, Mitchell P. et al. [1] suggerisce il controllo diagnostico mensile fino al dodicesimo mese (esame visus, esame fondo, OCT), la FAG è facoltativa. Poichè tale modello può essere di difficile gestione organizzativa e logistica, (numero pazienti, personale ridotto): si suggerisce un controllo mensile (esame visus, esame fondo, OCT e FAG facoltativa) per i primi sei mesi e poi ogni due mesi, nel caso non vi sia progressione fino al primo anno. Appare utile fornire al paziente il test di Amsler. Conclusioni: è preferibile il monitoraggio mensile per un anno dopo il trattamento, tuttavia può essere accettabile il monitoraggio mensile fino al sesto mese e poi bimestrale fino all’anno se i segni clinici rimangono quiescenti, fornendo al paziente tutte le opportune informazioni riguardo la malattia e le possibilità di recidiva. È opportuno precisare che l'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha approvato ranibizumab per l'indicazione AMD neovascolare nella dose di 0,5mg, e deve essere somministrato mensilmente CAPITOLO 2 5 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH e continuato fino a ottenimento dell’acuità visiva massima, ovvero acuità visiva stabile per tre controlli mensili consecutivi effettuati durante il trattamento con ranibizumab. Pertanto, l’acuità visiva dei pazienti deve essere monitorata mensilmente. Il trattamento va ripreso quando si verifichi una diminuzione dell’acuità visiva, dovuta ad AMD neovascolare. Le iniezioni mensili devono allora essere somministrate fino a quando non si raggiunga di nuovo un’acuità visiva stabile per tre controlli mensili consecutivi (questo comporta un minimo di due iniezioni). L’intervallo tra le due dosi non deve essere inferiore ad 1 mese [12]. Bibliografia [1] Mitchell P et al. Ranibizumab (Lucentis) in neovascular age-related macular degeneration: evidence from clinical trials. Br J Ophthalmol 2009;0:1-12. [2] Brown DM et al. Ranibizumab versus Verteporfin for neovascular age-related macular degeneration N.Engl.J.Med. 2006;355:1432-44. [3] Rosenfeld PJ et al. Ranibizumab for neovascular age-related macular degeneration. N.Engl.J.Med 2006;355:1419-31. [4] Schmidt-Erfurth et al. Efficacy and safety of monthly versus quarterly ranibizumab treatment in neovascular age-related macular degeneration: the EXCITE study. Ophthalmology. 2011 May;118(5):831-9 [5] Abraham P, Yue H, Wilson L . Randomized, doublemasked, sham-controlled trial of ranibizumab for neovascular age-related macular degeneration: PIER study year 2. Am J Ophthalmol. 2010 Sep;150(3):315324.e1. [6] Regillo CD et al. Randomized, duble-masked, shamControlled trial of ranibizumab for neovascular agerelated macular degeneration: PIER Study year 1. Am J Ophthalmol 2008;145:239-248. [7] Prema Abraham, Huibin Yue et al. Randomized, duble-masked, sham-Controlled trial of ranibizumab 6 for neovascular age-related macular degeneration: PIER Study year 2. Am J Ophthalmol 2010 in press. [8] Fung et al. An Optical Coherence Tomography-Guided, Variable Dosing Regimen with Intravitreal Ranibizumab (Lucentis) for Neovascular Aghe-related Macular Degeneration. Am. J. Ophthalmol. 2007; 143: 566-583. [9] Lalwani Ga et al. A Variable-dosing regimen with Intravitreal Ranibizumab for neovascular Age-related Macular Degeneration: Year 2 of the PrONTO Study. Am J Ophthalmol. 2009;148:43-58 [10] Holz FG, Amoaku W, Donate J, Guymer RH, Kellner U, Schlingemann RO, Weichselberger A, Staurenghi G; SUSTAIN Study Group. Safety and efficacy of a flexible dosing regimen of ranibizumab in neovascular age-related macular degeneration: the SUSTAIN study. Ophthalmology. 2011 Apr;118(4):663-71. [11] Boyer DS et al. A phase III study to evaluate the safety of ranibizumab in subject with neovascular Age-related Macular Degeneration. Ophthalmol. 2009; 116(9):1731-9 [12] R.C.P. Lucentis data ultima revisione 01/2013. Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web dell'Agenzia Europea dei Medicinali: http://www.ema.europa.eu CAPITOLO 2 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH 3. PAZIENTI RESPONDER E NON RESPONDER Alfredo Pece, Claudio Azzolini, Maurizio Battaglia Parodi, Ferdinando Bottoni, Paola Danzi, Simone Donati, Ugo Introini, Andrea Musig, Vincenzo Pucci, Francesco Semeraro, Francesco Viola Pazienti Responder Si definisce responder un paziente nel quale la terapia risulta utile ed efficace, intendendo per efficacia non solo il miglioramento, ma anche la stabilità della AV (perdita inferiore a 15 lettere rispetto al basale). In tal senso possiamo identificare diversi gruppi di risposta al trattamento: • pazienti che guadagnano AV e che mantengono il guadagno nel tempo; • pazienti che guadagnano AV e che non mantengono i benefici della massima AV raggiunta dopo la fase di attacco, ma che si stabilizzano ad un valore superiore a quello basale; • pazienti che guadagnano AV e che non mantengono il guadagno nel tempo con una perdita di AV rispetto al basale inferiore alle 15 lettere; • pazienti che rimangono con un valore inalterato della AV basale cioè pazienti che guadagnano e perdono meno di 5 lettere; • pazienti che non guadagnano AV e che mantengono la perdita di AV entro le 15 lettere. Nonostante il parametro funzionale (AV) sia il gold standard nel definire la risposta al trattamento, i parametri morfo-anatomici (spessore retinico centrale e leakage) rilevati stabili o migliorati dall'OCT e dalla FAG, concorrono alla definizione del paziente responder. Pazienti Non Responder Si definisce non responder un paziente nel quale la terapia non comporta alcun beneficio clinico complessivo - beneficio valutato attraverso parametri funzionali e morfoanatomici del paziente - con un peggioramento visivo immediato o nel tempo. In tal senso possiamo identificare diversi gruppi di risposta al trattamento: • pazienti che perdono più di 15 lettere (totale) in 3 visite successive; • pazienti che perdono più di 30 lettere nel tempo rispetto al basale e/o al migliore valore registrato al basale. Oltre al parametro funzionale del paziente, cioè l’AV, che rimane gold standard nel definire la risposta al trattamento, si definisce non responder il paziente nel quale gli esami OCT (spessore retinico centrale) e FAG (leakage) risultano peggiorati. Non esistono attualmente studi che individuino i criteri esatti per definire i pazienti non responder. Predittività Riferendoci agli studi MARINA ed ANCHOR, è stato possibile definire alcuni parametri predittivi alla risposta al trattamento [1-3]: AV iniziale • Il maggiore miglioramento dell’AV si ha nei pazienti con bassa AV iniziale. Dimensione della CNV • Le piccole lesioni hanno una prognosi migliore rispetto alle grandi lesioni; • ciascun aumento di 1 Area del Disco (DA) equivale alla perdita di 3,4 lettere (ANCHOR); • ciascun aumento di 3,6 DA equivale alla perdita di 5 lettere (MARINA). Età del paziente • I soggetti più giovani rispondono meglio dei più anziani; • ciascun aumento di 13,7 anni equivalgono alla perdita di 5 lettere (MARINA); CAPITOLO 3 7 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH • ciascun aumento di 18,8 anni equivalgono alla perdita di 5 lettere (ANCHOR). Attualmente non esistono dati in letteratura riguardo agli esami diagnostici (OCT: aumento dimensione spessore retinico centrale; FAG: leakage, emorragia) che possano aiutare a definire con chiarezza quali caratteristiche anatomo-morfologiche siano predittive di risposta al trattamento. • aumento progressivo della dimensione della lesione confermato dalla FAG con diminuzione dell’AV superiore a 15 lettere; • aumento dell’attività delle lesioni all’OCT o comparsa di importanti nuove emorragie o essudati con diminuzione dell’AV superiore a 15 lettere. Conclusioni: non sono attualmente disponibili informazioni complete e sufficienti per definire in modo univoco quali caratteristiche del paziente siano predittive di risposta o non risposta al trattamento. La presenza di emorragie o di rottura dell’epitelio pigmentato non presentano necessariamente motivo di sospensione [5,6]. Casi particolari con ranibizumab di interruzione temporanea del trattamento, a discrezione dell’oculista: Criteri clinici per interrompere definitivamente il trattamento con ranibizumab4,5: • reazione di ipersensibilità a ranibizumab sospetta o effettiva; • pazienti non responder; • peggioramento della morfologia delle lesioni nonostante un ottimale schema terapeutico su 3 visite successive; • paziente con precedente endoftalmite o grave uveite o altre complicanze precedenti5; • paziente con ipertono oculare non controllato con terapia medica o chirurgica, superiore a 30 mmHg; • mancanza di compliance del paziente. Bibliografia [1] Kaiser PK et al. Ranibizumab for predominantly classic neovascular age-related macular degeneration: sub group analysis of first year ANCHOR results. Am.J.Ophthalmol 2007;144:850-857. [2] Boyer DS et al. Sub group analysis of the MARINA study of ranibizumab in neovascular age-related macula degeneration. Ophthalmology 2007;114:246-252. [3] P.K. Kaiser et al. Angiographic and Optical Coherence Tomographic Results of the MARINA Study of Ranibizumab in Neovascular Age-Related Macular Degeneration. Ophthalmology 2007; 114:1868-1875 8 [4] Amoaku WM. The Royal Collage of Ophthalmologists interim recommendations for the management of patients with Age-related Macular Degeneration. Eye 2008;22:864-8. [5] Amoaka WM. Ranbizumab: The clinician’s guide to commencing, continuing, and discontinuing treatment. Eye 2009:23, 2140-2142. [6] Elman MJ et al. the natural history of serous retinal pigment epithelium detachment in patients with age-related macular degeneration. Ophthalmol. 1986;93:224-30. CAPITOLO 3 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH 4. IL PROFILO DI SICUREZZA DI RANIBIZUMAB Alfredo Pece, Claudio Azzolini, Maurizio Battaglia Parodi, Ferdinando Bottoni, Paola Danzi, Simone Donati, Ugo Introini, Andrea Musig, Vincenzo Pucci, Francesco Semeraro, Francesco Viola Gli studi clinici a 2 anni hanno indicato che ranibizumab è ben tollerato e i dati indicano una bassa incidenza di eventi avversi seri oculari e non oculari, bassa incidenza di eventi tromboembolici arteriosi (ATEs,) senza differenze significative rispetto ai gruppi di controllo. Inoltre, negli studi clinici non si è verificato alcuno sbilanciamento significativo di eventi avversi sistemici tra ranibizumab ed i gruppi di controllo. E' importante tener presente che i dati di letteratura evidenziano un rischio maggiore di eventi cardiovascolari in pazienti con AMD neovascolare rispetto alla popolazione generale di pari età senza AMD. I soggetti che presentano fattori di rischio per ictus o che hanno manifestato ictus hanno una maggiore probabilità di svilupparne un altro. Conclusioni: ranibizumab risulta sicuro e ben tollerato a livello oculare e sistemico. Negli studi clinici con ranibizumab è stata osservata una bassa incidenza di eventi tromboembolici arteriosi e non si sono osservate differenze tra i gruppi di trattamento. In pazienti con storia o presenza di fattori di rischio per ictus o infarto si consiglia di approfondire con il paziente il profilo di efficacia e sicurezza del trattamento. Per un approfondimento sulla sicurezza di ranibizumab e sui dati di farmacovigilanza, si rimanda all’Appendice C. Bibliografia [1] Boyer DS et al. A phase III study to evaluate the safety of ranibizumab in subject with neovascular CAPITOLO 4 Age-related Macular Degeneration. Ophthalmol. 2009; 116(9):1731-9. 9 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH 5. LINEE GUIDA PER L’ESECUZIONE DI INIEZIONI INTRAVITREALI Francesco Semeraro, Paola Danzi In generale si consiglia di eseguire l’iniezione intravitreale1 in luogo “sterile” in condizioni asettiche, con l’utilizzo di strumentazione sterile. Non è necessaria la presenza di un microscopio. È importante considerare che in gran parte dei Paesi la procedura non è eseguita in condizioni di sterilità assoluta, cioè in sala operatoria, ma prevede il solo utilizzo di strumenti sterili. Non esistono dati che dimostrino una diversa incidenza di complicanze infettive tra le diverse procedure. Dopo valutazione del visus, del quadro angiografico e tomografico e inquadramento anamnestico e clinico, il paziente deve aver letto, compreso e firmato un consenso informato esplicativo. Può essere effettuata una profilassi antibiotica e l’occhio da trattare viene dilatato con collirio midriatico. Il paziente deve indossare camice, calzari e cuffia monouso prima di essere posizionato sul lettino operatorio. Al paziente viene applicata un’anestesia locale. Successivamente deve essere eseguita una disinfezione della cute palpebrale, periorbitaria e zigomatica con iodo povidone al 10% e successivamente applicato un telino sterile che permetta il solo accesso all’area da trattare. Dopo l’applicazione del blefarostato, una soluzione di iodo povidone 5% viene instillata direttamente nel fornice congiuntivale e lasciata in sede per circa 2-3 minuti, in modo da permettere una perfetta e sicura disinfezione. L’iniezione intravitreale viene praticata a 3.5 mm dal limbus, preferibilmente nel quadrante infero-temporale del bulbo oculare; può essere utile indicare in cartella clinica il punto d’ingresso dell’ago con un disegno, per evitare che la stessa posizione sia riutillizzata in un’eventuale successiva iniezione. Ci si può aiutare nell’identificazione della distanza dal limbus tramite un compasso sterile. Effettuata l’iniezione è opportuno esercitare una minima pressione sul punto di contatto e sul bulbo oculare. Occorre poi considerare la necessità di dover valutare la percezione della luce, eventuali anomalie tramite oftalmoscopio diretto o indiretto e la pressione oculare. Terminata la procedura si instillano alcune gocce di antibiotico di ultima generazione nel fornice congiuntivale. Utile la terapia ipotonizzante al momento dell’iniezione o nelle 24 ore successive. È opportuno bendare l’occhio del paziente per alcune ore a finalità protettiva: è facoltativo bendare l’occhio per qualche giorno. Il paziente viene trattenuto in osservazione per circa un’ora e poi viene dimesso con la terapia per i successivi 7 giorni (di solito: antibiotico per uso topico), viene programmato il controllo a 24-72 ore dalla procedura iniettiva per valutare l’eventuale insorgenza di complicanze intra ed extra-oculari. Bibliografia [1] Aiello LP et al. Evolving guidelines for intravitreous 10 injections. Retina 2004: 24:S3-S19. CAPITOLO 5 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH 6. ASPETTI AMMINISTRATIVI Claudio Azzolini, Simone Donati Il farmaco ranibizumab, commercializzato con il nome di Lucentis è registrato e approvato per il trattamento della degenerazione maculare correlata all’età di tipo essudativo (AMD). È stato registrato per la prima volta in Italia con provvedimento dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) del 31 maggio 2007 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.130 del 7 giugno 2007 con classe di rimborsabilità: “C”. Successivamente con la determinazione AIFA C.239 del 4/12/2008 pubblicata sulla G.U. Serie Generale n. 295 del 18.12.2008 è stato inserito in classe H/OSP1. Con la determinazione AIFA n.711/2012 del 26/11/2012, pubblicata nella G.U. n.285 del 6/12/2012, ranibizumab ha ricevuto la rimborsabilità dal SSN dal 21/12/2012, nelle seguenti indicazioni: • trattamento della degenerazione maculare neovascolare (essudativa) correlata all'età (AMD); • trattamento della diminuzione visiva causata dall’edema maculare diabetico (DME); • trattamento della diminuzione visiva causata dall’edema maculare secondario ad occlusione venosa retinica (RVO) di branca o centrale. Inoltre con tale determinazione vengono aboliti i precedenti limiti per la rimborsabilità nella cura della AMD: acuità visiva con la migliore correzione = >2/10 e trattamento di un singolo occhio per paziente. Si possono pertanto trattare, in regime di rimborsabilità, i pazienti indipendentemente dall’acuità visiva nonchè l’occhio controlaterale ma a distanza di 15 giorni dall’ultima iniezione. Con decisione della Commissione Europea del 4/07/2013 ranibizumab è stato autorizzato per il trattamento della diminuzione visiva causata da neovascolarizzazione coroideale (CNV) secondaria a miopia patologica (PM), ranibizumab per queste indicazioni è un farmaco “on label” ma non ancora rimborsato dal SSN. Ai fini della prescrizione a carico del SSN, i centri utilizzatori devono compilare la scheda di monitoraggio secondo le indicazioni pubblicate sul sito https://www.agenziafarmaco.gov.it/ registri/, che costituisce parte integrante della presente determinazione. È stato ottenuto il Payment by Result per i soli pazienti non responder con degenerazione maculare essudativa correlata all’età. Con questo si intende la possibilità di ottenere il rimborso in caso di non efficacia del farmaco dopo le prime tre iniezioni mensili. Il rimborso viene accreditato da parte dell’azienda farmaceutica all’azienda ospedaliera. L’AIFA creerà una specifica procedura informatizzata per la gestione delle richieste rimborsi. Nella Regione Lombardia con delibera della Giunta Regionale del 30 marzo 2009 N. 8/9173 (determinazione in ordine del Servizio Sanitario Regionale per l’esercizio del 2009 III Provvedimento) è stato regolamentato l’uso dei farmaci per iniezioni intravitreali. Dopo un iniziale periodo d’incertezza, la procedura d’iniezione intravitreale di farmaci viene effettuata in regime ambulatoriale con codice 14.75 afferente alla branca oculistica escluso il costo del farmaco. I farmaci somministrati per iniezione intravitreale ed indicati per il trattamento della degenerazione maculare essudativa correlata all’età sono raccolti nel File F. La tariffa in vigore per tale prestazione è stata fissata in euro 290,00 ed è comprensiva della procedura iniettiva e delle visite pre e post iniezione. In data 30/9/2009 con Decreto della Direzione Generale Sanità Lombardia n° 8765 è stato approvato il provvedimento con oggetto: “Percorso di verifica di qualità denominato “Controllo Qualità Iniezioni Intravitreali per la Regione Lombardia” ai sensi della DGR n.7/9173 del 30/03/2009. L’adesione al percorso di controllo di qualità rappresenta condizione indispensabile all’effettuazione delle iniezioni intravitreali con farmaci anti-VEGF a carico del SSN regionale. La Commissione Tecnica Scientifica dell’AIFA nella seduta del 26-27 settembre 2012, vista l’esistenza di un farmaco on label, ha disposto quindi la rimozione dell’indicazione dell’uso intravitreale di bevacizumab (commercializzato con il nome di Avastin) dalla lista dei medicinali CAPITOLO 6 11 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH erogabili a totale carico del SSN ai sensi della legge 648/96, per gli usi ancora consentiti, quali la maculopatia essudative non correlate all’età e il glaucoma neovascolare. Ciò premesso a partire da tale data non è più possibile trattare con bevacizumab in regime di rimborsabilità. Nei casi in cui sia necessario continuare il trattamento con farmaci antiVEGF in pazienti che siano già stati trattati con bevacizumab, è prevista la possibilità di uno shift terapeutico su un farmaco on label. L’AIFA rileva inoltre che nel paragrafo “Controindicazioni” degli RCP delle specialità medicinali ranibizumab e 12 pegaptanib (entrambi on label per la wAMD) non sono presenti evidenti e dichiarate controindicazioni al trattamento di pazienti sottoposti a precedenti terapie intravitreali con antiangiogenetici. Viene così abolita la misura cautelativa precedentemente imposta nei Registri per gestire le prime fasi di commercializzazione dei prodotti coinvolti, riguardante la non iscrivibilità di pazienti con pregressi trattamenti intravitreali. Per un approfondimento su Linee Guida AIFA, si rimanda all’Appendice D CAPITOLO 6 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH APPENDICE A - Esame del Visus Vincenzo Isola La misurazione dell’acuità visiva (AV) per lontano, specialmente nei pazienti con malattia maculare e visus basso, è il punto di partenza per un’accurata valutazione della performance visiva; pertanto il test utilizzato deve rispondere fondamentalmente a due scopi: precisione e riproducibilità. Tavole di Snellen Le tavole ottotipiche tradizionali di Snellen a scala decimale, molto in uso nel nostro Paese, non sono standardizzate e certificate per misurazioni dell’AV con visus bassi. Esse sono usate soprattutto a scopo diagnostico, con finalità di screening veloce su un considerevole numero di pazienti e per la valutazione di AV comprese tra 1.2 e 0.05. Vantaggi quali rapidità, praticità e semplicità di svolgimento del test sono limitati dalla variabilità nelle registrazioni, dovuta sia all’esaminatore che alle caratteristiche dell’ottotipo. L’ottotipo di Snellen presenta un diverso numero di lettere per linea, con livello di complessità variabile che aumenta man mano che le lettere rimpiccioliscono e la quantità aumenta. La progressione della grandezza delle lettere non è regolare: diversa difficoltà d’identificazione e comprensibilità (lettere facili A, L e più difficili B,E,F). Non elimina l’effetto apprendimento. La luminosità dello sfondo è variabile a seconda della ditta di costruzione. L’ottotipo di Snellen non permette di valutare adeguatamente i bassi livelli di AV di pazienti ipovedenti, a meno che non si inviti il paziente a spostarsi più vicino alla tavola ottotipica, con conseguente rischio di valutazioni estremamente grossolane, e perdita del reale valore di AV, soprattutto in pazienti con visus < 3/10 e soprattutto < 1/10. Tavole ETDRS (Early Treatment Diabetic Retinopathy Study) Oggi l’ottotipo ETDRS è il sistema di valutazione di AV per lontano più accreditato dalla comunità scientifica internazionale. Il test è il gold standard nella ricerca clinica per le seguenti motivazioni: • misurazione molto precisa di bassi livelli di AV con metodo standardizzato; • valutazione della minima variazione dell’AV dopo una terapia, un percorso riabilitativo; • obiettività; • riproducibilità; • rigorosità scientifica. Il classico sistema ETDRS (ETDRS Illuminator Cabinets,™ Precision Vision, La Salle, IL, USA) si compone di un cabinet retroilluminato fissato a muro o su una piantana telescopica regolabile in altezza da 60 a 130 cm con split anteriore e posteriore per l’utilizzo intercambiabile delle 3 tavole ETDRS; in genere 1 tavola per OD e 1 tavola per OS allo scopo di evitare l’effetto apprendimento. Il cabinet ETDRS è illuminato da 2 speciali tubi fluorescenti al neon rivestiti con fogli di alluminio microforato per garantire una illuminazione uniforme con contrasto > 85% e luminanza di 150 cd/m2. Caratteristiche principali delle tavole ETDRS sono: • 14 linee di lettere (ottotipi); • ogni linea contiene sempre da 5 lettere di Sloan (uguali per numero e complessità); • ogni lettera ha il valore fisso di 0.02 logMAR (logaritmo del minimo angolo di risoluzione); • scala geometrica con progressione di 0.01 unità logaritmiche; • una variazione di 3 linee (15 lettere) corrisponde al raddoppiamento dell’angolo di visione; • spaziatura orizzontale: uguale alla grandezza del singolo ottotipo; • spaziatura verticale uguale all’altezza degli ottotipi sottostanti; • ampio spazio tra i caratteri più grandi determina la tipica forma triangolare delle tavole; APPENDICE A 13 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH • AV: espressa in logMAR e frazione di Snellen; • estensione della scala: da 1 a - 0.3 logMAR; • AV:valore in logMAR della linea più piccola riconosciuta senza errori meno somma lettere riconosciute della riga successiva x 0.02. Esempio: legge la riga 0.7 logMAR (2/10) più 2 lettere su 5 della riga 0.6 logMAR; A.V. = 0.7 - (0.02 x 2) = 0.66 logMAR (2.2/10) Svolgimento del Test ETDRS Il test si svolge facendo sedere il paziente a distanza metrica pre-fissata dall’ottotipo (4 m, 2 m o 1 m). La distanza idonea è molto importante ai fini della registrazione delle misurazioni in lettere, logMAR e conversione in equivalente di Snellen. Infatti, il numeratore di Snellen varia in rapporto alla distanza del test. A 4 metri viene calcolato espresso in 20/200, a 2 metri 10/200, a 1 metro 5/200. Il test viene eseguito generalmente alla distanza standard di 4 metri. L’esaminatore chiede al paziente di identificare le prime 3 lettere di ogni linea. Se il paziente identifica correttamente 1 o più lettere, viene invitato a leggere le lettere rimanenti sulla stessa linea e sulle linee sottostanti annotando il numero delle lettere, linee, valore in logMAR, ed equivalente in Snellen sull’apposita scheda di registrazione per i punteggi ETDRS. Nella pratica clinica si è visto che ci può essere una differenza nell’eseguire il test a 4 o a 2 metri e ciò ha una enorme importanza. Il test a 2 metri può essere utilizzato, con notevole risparmio di tempo, per i pazienti con ipovisione, dal momento che non vedrebbero 14 comunque molte lettere a 4 metri. Una possibile spiegazione per le differenze a 4 e 2 metri è che i pazienti con ipovisione si stancano facilmente e individuano in modo errato le lettere sulla tabella a 4 metri prima che il test venga eseguito a 2 metri. Inoltre, l’andamento del test può essere soggetto ad una variabilità che dipende principalmente dell’acuità visiva al momento della valutazione. Per i pazienti arruolati in uno studio dove la maggior parte di essi ha una buona acuità visiva, eseguire il test a 4 metri può essere una distanza ragionevole di partenza, in quanto i pazienti possono facilmente vedere la tabella a 4 metri. Diverso è negli studi che arruolano pazienti con AMD essudativa e scarsa acuità visiva in cui è prevedibile un considerevole incremento di tempo nell’esecuzione del test e in cui il paziente che è stato testato a 4 metri, verrà poi spostato in avanti a 2 metri, se non può essere letta nessuna delle lettere. Nei pazienti con ipovisione (≤20/200, equivalente ≤1/10 Snellen), il test dovrebbe essere effettuato alla distanza di 2 metri dalla tavola ottotipica. Ciò può incidere grandemente nei trial clinici, dove è necessario rilevare con obiettività scientifica una variazione estremamente precisa del visus nei pazienti con acuità visive basse. Il punteggio ETDRS viene quindi assegnato seguendo uno schema grafico di registrazione. Se il paziente ha letto più di 20 lettere a 2 metri, è necessario sommare il numero di lettere registrate a 2 metri + 15. Se il paziente ha letto correttamente meno 20 lettere, allora il test viene effettuato a 1 metro con l’aggiunta di + 0,50 D sf; si annotano nella scheda di rilevazione il numero di lettere correttamente lette che, sommate al numero di lettere registrate alla distanza di 2 metri + 15, registrano il punteggio ETDRS totale. APPENDICE A QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH Bibliografia [1] Ferris FL III, Kassof A, Bresnick GH, Bailey I. New visual acuity charts for clinical research. Am J Ophthalmol 1982;94:91-96. [2] Falkestein IA, Cochran DE, Azen SP, et al. Comparison of visual acuity in macular degeneration patients measured with Smelled and early treatment diabetic retinopathy study charts. Ophthalmology 2008 ;115(2):319-23. [3] Kaiser PK. Prospective evaluation of visual acuity assessment: a comparison of Snellen versus ETDRS charts in clinical practice (An AOS Thesis).Trans Am Ophthalmol Soc 2009;107:311-24. [4] M.Prati, M. Broggini, A. Grundberger, G. Piras and C. Azzolini. The Quality of Low Vision Clinical Outcome: Satisfaction of Working Age Visually Impaired People. ARVO Meeting Abstract May1, 2006 47:5837. APPENDICE A 15 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH APPENDICE B - L’angiografia con verde indocianina (ICGA) Ferdinando Bottoni L’angiografia con verde indocianina (Indocyanine Green Angiography, ICGA) fu introdotta da Flower e Hochheimer [1] nei primi anni ’70. Il suo impiego nella pratica clinica quotidiana è diventato routinario solo nei primi anni’90 [2-7]. L’avvento degli oftalmoscopi a scansione laser (Rodenstock, Heidelberg) ha ulteriormente arricchito questo esame con la possibilità di visualizzare in modo dinamico il flusso vascolare: per la prima volta era possibile non solo vedere la circolazione coroideale ma anche monitorare il progressivo riempimento di una neovascolarizzazione, distinguere cioè un vaso afferente arterioso da uno efferente venoso. Questo è il motivo per cui a tutt’oggi l’ICGA risulta fondamentale per l’identificazione delle vasculopatie coroideali polipoidali [6-9], delle neovascolarizzazioni coroideali associate a distacchi dell’epitelio pigmentato retinico [10], delle neovascolarizzazioni coroideali occulte in genere [11-12] e della proliferazione retinica angiomatosa (RAP) [13]. L’ICGA dinamica inoltre ha anche facilitato l’avvento di nuove terapie come il trattamento dei vasi afferenti [14-15]. Per tali motivi nello studio della degenerazione maculare legata all’età (AMD), la presenza di una neovascolarizzazione coroideale occulta in fluorangiografia impone come supplemento diagnostico l’ICGA. L’importanza dell’ICGA deriva proprio dal fatto che le neovascolarizzazioni occulte sono la causa più frequente di AMD essudativa e che lesioni particolari come RAP e vasculopatia coroideale polipoidale, una volta ritenute rare, hanno dimostrato una prevalenza elevata. Infatti un quarto dei pazienti con neovasi occulti di tipo 2 in FAG (“late leakage of undetermined source”) hanno in realtà una RAP e l’85% dei pazienti con distacchi epiteliali siero/emorragici ha in realtà una lesione polipoidale [16]. Se si considera che entrambe queste lesioni necessitino di terapie mirate, ben si comprende l’importanza dell’ICGA nella diagnostica moderna della AMD. Bibliografia [1] Flower RW et al. Clinical infrared absorption angiography of the choroid. Am J Ophthalmol, 1972;73:458 [2] Yannuzzi LA et al. Digital indocyanine green videoangiography and choroidal neovascularization. Retina,1992;12:191-223 [3] Massacesi A et al. The Prevalence of Retinal Angiomatous Proliferation in Age-related Macular Degeneration with Occult Choroidal Neovascularization. Graefe’s Arch Clin Exp Ophthalmol, 2008;246:89-92 [4] Slakter JS et al. Indocyanine-green angiography. Curr Opin Ophthalmol, 1995;6:25-32 [5] Bartsch Du et al. Confocal scanning infrared laser ophthalmoscopy for indocyanine green angiography. 16 Am J Ophthalmol, 1995;120:642-651 [6] Spaide RF et al. Indocyanine green videoangiography of idiopathic polypoidal choroidal vasculopathy. Retina, 1995;15:100-110 [7] Yannuzzi LA et al. The expanding clinical spectrum of idiopathic polypoidal choroidal vasculopathy. Arch Ophthalmol, 1997;115:478-485 [8] Moorthy RS et al. Idiopathic polypoidal choroidal vasculopathy of the macula. Ophthalmology, 1998;105:1380-1385 [9] Uyama M et al. Idiopathic polypoidal choroidal vasculopathy in Japanese patients. Arch Ophthalmol, 1999;117:1035-1042 [10] Lim JI et al. Indocyanine green angiography-guided photocoagulation of choroidal neovascularization APPENDICE B QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH associated with retinal pigment epithelial detachments. Am J Ophthalmol, 1997;123:524-532 [11] Gelisken F et al. Indocyanine green videoangiography of occult choroidal neovascularization: a comparison of scanning laser ophthalmoscope with high resolution digital fundus camera. Retina, 1998;18:37-43 [12] Lim JI et al. Selective use of indocyanine green angiography for occult choroidal neovascularization. Am J Ophthalmol, 1995;120:75-82 [13] Bottoni F et al. Remodeling of the vascular channels in retinal angiomatous proliferations treated with intravitreal triamcinolone acetonide and photodynamic therapy. Graefe’s Arch Clin Exp Ophthalmol, 2006;244:1528-1521 [14] Staurenghi G et al. Laser treatment of feeder vessels in subfoveal choroidal neovascular membranes. A revisitation using dynamic indocyanine green angiography. Ophthalmology, 1998;105:2297-2305 [15] Shiraga F et al. Feeder vessel photocoagulation of subfoveal choroidal neovascularization due to age-related macular degeneration. Ophthalmology, 1998;105:662-669 [16] Ahuja R et al. Polypoidal choroidal vasculopathy in exudative and haemorrhagic pigment epithelial detachments. Br J Ophthalmol, 2000; 84(5): 479–484. APPENDICE B 17 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH APPENDICE C - Ranibizumab: Sicurezza e Farmacovigilanza Alfredo Pece Il ranibizumab è un frammento di un anticorpo monoclonale umanizzato che presenta un’elevata affinità di legame per tutte le isoforme del VEGF-A. Il suo basso peso molecolare, di 48 KDa, ne consente un’alta penetrazione retinica e allo stesso tempo, una breve emivita sistemica, circa 2 ore e una emivita vitreale stimata intorno ai 9 giorni [1]. È stata dimostrata l’efficacia e la sicurezza di ranibizumab in tre studi registrativi di fase III: il MARINA [2], l’ANCHOR [3] e il PIER [4]. Lo studio SAILOR [5], di fase IIIb, è altresi importante per l’analisi della sicurezza: sono stati arruolati un totale di 4300 pazienti con l’obiettivo di stimare l’incidenza di eventi avversi gravi oculari e non oculari a 12 mesi. Ranibizumab è costantemente valutato sia per la sicurezza oculare sia la sicurezza sistemica. È infatti importante ricordare che i pazienti affetti da AMD, hanno un rischio di malattie cardiovascolari maggiore rispetto a soggetti di pari età, non affetti da questa patologia retinica. Ne consegue la grande attenzione sui possibili effetti collaterali dei farmaci anti-VEGF per uso intravitreale, soprattutto a carico dell’apparato cardio-vascolare. Per la sicurezza oculare gli eventi avversi seri più frequenti, rilevati negli studi clinici, sono risultati correlati alla procedura d’iniezione e verificatisi in <0,1% delle iniezioni intravitreali; essi comprendevano endoftalmiti, distacco retinico regmatogeno, rottura retinica e cataratta traumatica iatrogena. Altri eventi oculari seri osservati tra i pazienti trattati con ranibizumab e verificatisi in <1% dei pazienti comprendevano infiammazione intraoculare e aumento della pressione intraoculare [6]. Nello studio SAILOR non è emersa differenza negli eventi avversi oculari seri tra i gruppi di trattamento. Al fine della valutazione della sicurezza sistemica si farà riferimento al termine “eventi tromboembolici arteriosi” secondo i criteri definiti dall’Antiplatelet Trialists Collaboration 18 Study che con questo termine comprende: infarto miocardio non fatale, ictus ischemico non fatale, ictus emorragico non fatale, morte dovuta a cause vascolari o ignote. Nello studio MARINA a due anni eventi tromboembolici arteriosi si sono verificati nel 4.6 dei pazienti trattati con ranibizumab (0.3 e 0.5 mg), nel 3.8 % di quelli trattati con iniezioni sham. Infarto del miocardio (fatale o non fatale) si è avuto nel 3.4% e 1.3% dei pazienti trattati con ranibizumab (rispettivamente 0.3 e 0.5 mg) e nell’1.7 % di quelli trattati con iniezioni sham2. Nello studio ANCHOR a due anni eventi tromboembolici arteriosi si sono verificati nel 4.4% e 5.0% dei pazienti trattati con ranibizumab (rispettivamente 0.3 e 0.5 mg) e nel 4.2% dei pazienti trattati con PDT. Infarto del miocardio (fatale o non fatale) si è avuto nel 0.7% e 3.6% dei pazienti trattati con ranibizumab (rispettivamente 0.3 e 0.5 mg) e nel 1.4 % di quelli trattati con iniezioni sham. Nello studio PIER a un anno non si sono registrati eventi tromboembolici in nessun gruppo di trattamento. I dati dello studio SAILOR indicano un’incidenza di eventi tromboembolici simile sia nei pazienti trattati con ranibizumab 0.5 mg che con 0.3 mg (rispettivamente 2.8% e 2.6%). La percentuale di pazienti che sviluppato un infarto è identica nei due gruppi di trattamento (1.2%). Sembra esserci un’incidenza numericamente superiore, seppure non statisticamente significativa, di ictus nei pazienti trattati con 0.5 mg rispetto a quelli trattati con 0.3 mg (rispettivamente 1.2% vs 0:7%). Questa differenza numerica diventa ancora più evidente se si considerano i precedenti anamnestici di ictus o aritmie. Nei pazienti con anamnesi positiva per tali patologie l’incidenza è stata 9.6% vs 2.7% (rispettivamente 0.5 mg vs 0.3 mg) nel caso di ictus e 3.5% vs 0.5% (rispettivamente 0.5 mg vs 0.3 mg) nel caso di aritmie. Un’analisi combinata dei dati del MARINA, dell’ANCHOR, del PIER e del SAILOR (coorte APPENDICE C QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH 1), in cui sono stati arruolati 3252 pazienti che hanno ricevuto più di 28.500 iniezioni, mostra una incidenza di eventi tromboembolici arteriosi nel 2.5% circa dei pazienti trattati con ranibizumab [7]. È importante sottolineare che l’incidenza degli eventi tromboembolici dei pazienti trattati con anti-VEGF deve essere correlata all’età avanzata di questi pazienti ed al tipo di patologia retinica di cui sono affetti, questo perché entrambe le condizioni determinano un aumento del rischio di malattie cardiovascolari indipendentemente dall’uso di farmaci antiVEGF. In quest’ottica, l’incidenza media di eventi tromboembolici arteriosi del 2.5% che deriva da tutti gli studi sul ranibizumab è paragonabile a quella riportata in generale per la popolazione affetta da AMD. In un’analisi retrospettiva di 7203 pazienti affetti da AMD, ad esempio l’infarto miocardico e gli eventi cardiovascolari sono occorsi nel 2% dei pazienti [8]. Possiamo concludere dicendo che ranibizumab è stato studiato in un ampio programma di studi clinici ed è risultato avere una bassa incidenza di eventi avversi seri oculari e non oculari, una bassa incidenza di eventi tromboembolici arteriosi e soprattutto nessuna differenza statisticamente significativa negli eventi avversi sistemici tra ranibizumab e i gruppi di controllo (MARINA, ANCHOR, PIER e SAILOR) [9]. La sicurezza e la tollerabilità del farmaco ranibizumab sono monitorate in modo continuo e costante tramite il monitoraggio AIFA a livello italiano e lo sviluppo di un Risk Management Plan (piano di gestione del rischio) richiesto a livello europeo da EMA. Sono stati pubblicati nel Bollettino di Farmacovigilanza dell’AIFA [10] numero 18, le segnalazione di eventi avversi di ranibizumab dall’inizio della commercializzazione di ranibizumab (G.U. n.°130 7.06.2007). Sono state riportate 8 segnalazioni di reazioni avverse da ranibizumab, di cui 6 riguardanti eventi di tipo sistemico e 2 oculari. Gli eventi sistemici, di cui nessuno di tipo fatale, sono i seguenti: ictus ischemico (3 casi), infarto miocardico (1 caso), infarto intestinale (1 caso) e crisi ipertensiva (1 caso). Nei tre casi di ictus, uno dei quali preceduto da un episodio ipertensivo, i pazienti hanno manifestato l’evento da 1 a 3 mesi dopo l’inizio del trattamento con ranibizumab. Due pazienti avevano una storia di ictus pregresso. Nel caso dell’infarto intestinale, l’evento derivato da trombosi arteriosa mesenterica è comparso alla terza somministrazione del farmaco, invece l’infarto miocardico si è verificato in un uomo di 77 anni dopo 6 mesi di terapia con ranibizumab. Nel database dell’OMS, su 1085 report pervenuti per il ranibizumab, 123 riguardano incidenti cerebrovascolari. Bibliografia [1] Gaudreault , Fei D, Rusit J et al. Preclinical pharmacokinetics of ranibizumab (rhuFabV2) after a single intravitreal administration. Invest Ophthalmol Vis Sci 2005;46:726-733. [2] Rosenfeld PJ, Brown DM, Heier JS et al. Ranibizumab for neovascular age related macular degeneration. Report of the pivotal phase III MARINA trial. N Engl J Med 2006;355:1419-1431. [3] Brown DM, Michels M, Kaiser PK et al. Ranibizumab versus Verteporfin photodynamic therapy for neovascular macular degeneration: two year results of the ANCHOR study. Ophthalmology 2009; 116:57-65. [4] Abraham P et al. Randomized, double masked, sham controlled trial of ranibizumab for neovascular age related macular degeneration: PIER Study year 2. Am J. Ophthalmol. 2010. [5] Boyer DS, Heier JS, Brown DM et al. A phase III study to evaluate the safety of ranibizumab in subjects with neovascular age related macular degeneration. Ophthalmology 2009;116:1731-1739. [6] R.C.P. Lucentis data ultima revisione 01/2013. Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web dell'Agenzia Europea dei Medicinali: http://www.ema.europa.eu [7] Boyer DS, Chung CY, Tuomi L. A safety overview of ranibizmab in patients with wet AMD. ANCHOR, MARINA, PIER and SAILOR studies. Presented at the American Academy of Ophthalmology (AAO) 2008 Annul Meting, Atlanta, Georgia, USA. 8-11 November 2008. [8] Schmidt-Erfurth U. Clinical safety of ranibizumab in age related macular degeneration. Exp. Opin Drug Saf 2010;9:149-165. [9] Nguyeb-Khoa BA et al. Hospitalized cardiovascular diseases in neovascular age-related macular degeneratio. Arch Ophthalmol 2008; 126:1280-6. [10] Reazioni - Bollettino di Farmacovigilanza AIFA: anno 4-N. 18– Settembre 2010 APPENDICE C 19 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH APPENDICE D - Linee Guida AIFA Francesco Viola I farmaci anti-VEGF per uso oculare autorizzati all’immissione al commercio da EMA sono pegaptanib (autorizzato in data 31/1/2006), ranibizumab (autorizzato in data 22/1/2007) ed aflibercept (autorizzato in data 27/12/2012 e non ancora rimborsato in Italia). AIFA ha approvato l'autorizzazione all'immissione in commercio in Italia in fascia C in data 5/10/2006 (pegaptanib) e in data 31/5/2007 (ranibizumab) (G.U. n. 130, 7/6/2007). Il 4 dicembre 2008 (G.U., n. 295, 18/12/2008) AIFA ha determinato (determinazione/C 239/2008) il regime di rimborsabilità e prezzo di vendita della specialità medicinale ranibizumab. Ranibizumab è classificato in classe H ai fini della fornitura è classificato come OSP 1 (medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa, utilizzabile esclusivamente in ambiente ospedaliero o in una struttura ad esso assimilabile). Con la determinazione di AIFA del 26/11/2012, n.711/2012, pubblicata nella G.U. n.285 del 6/12/2012, ranibizumab oggi è rimborsato dal SSN, nelle seguenti indicazioni: • trattamento della degenerazione maculare neovascolare (essudativa) correlata all’età (AMD); • trattamento della diminuzione visiva causata dall’edema maculare diabetico (DME); • trattamento della diminuzione visiva causata dall’edema maculare secondario ad occlusione venosa retinica (RVO di branca o RVO centrale). Inoltre con tale determinazione, vengono inclusi nella rimborsabilità anche i pazienti con AMD neovascolare: • acuità visiva con la migliore correzione <2/10; • trattamento del secondo occhio. Inoltre con decisione della Commisione Europea del 4/07/ 2013 ranibizumab è stato autorizzato per il trattamento della diminuzione visiva causata da neovascolarizzazione coroideale (CNV) secondaria a miopia patologica 20 (PM), ranibizumab per queste indicazioni è un farmaco “on label” ma non ancora rimborsato dal SSN. Ai fini delle prescrizioni a carico del SSN, i centri utilizzatori dovranno compilare la scheda raccolta dati informatizzata di arruolamento che identifica i pazienti eleggibili e la scheda di followup sul sito AIFA (https://www.agenziafarmaco. gov.it/registri/), è richiesta inoltre la registrazione per i medici oftalmologi prescrittori (https:// www.agenziafarmaco.gov.it/registrazione/). Ranibizumab è inserito nell’elenco dei farmaci sottoposti a monitoraggio intensivo di farmacovigilanza per sospette reazioni avverse, di cui al decreto del 21/11/2003 (GU 1/12/2003) e successivi aggiornamenti. Per richiedere la rimborsabilità di ranibizumab con il SSN, si deve compilare nel sito AIFA la: • registrazione nuovo paziente (RP) indicando: data di nascita, sesso, luogo di nascita, ASL di residenza/domicilio del paziente, occhio eleggibile; • scheda di eleggibilità e dati clinici per singolo occhio (E_DC) indicando: diagnosi, data di prima diagnosi, data di prima valutazione, OCT e/o FAG, BCVA, precedenti iniezioni IV, terapia in corso con altri anti-VEGF sistemici o oculari; • richiesta farmaco (RF) per singolo occhio indicando: data di somministrazione, dose precompilato, reazioni nocive successive alla prima somministrazione; • scheda di rivalutazione (RV) per singolo occhio, indicando: data di rivalutazione, esame effettuato OCT e/o FAG e BCVA); • scheda di dispensazione del farmaco (DF) per singolo occhio indicando: data di somministrazione, dose e singola confezione dispensata, questi dati sono precompilati; • scheda di fine trattamento (FT) per singolo occhio indicando: causa di APPENDICE D QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH fine trattamento, numero di richiesta farmaco in automatico, se la fine trattamento è il decesso si richiede di motivarne la causa e la data. La scheda di eleggibilità e dati clinici per singolo occhio (E_DC) richiede l’identificazione della diagnosi; nello specifico i pazienti eleggibili al trattamento con ranibizumab sono pazienti con: • degenerazione maculare neovascolare (essudativa) correlata all’età (AMD); • diminuzione visiva causata dall’edema maculare diabetico (DME); • diminuzione visiva causata dall’edema maculare secondario ad occlusione venosa retinica (RVO di branca o RVO centrale). Una volta scelta la diagnosi, le schede sono uguali per tutte e tre le patologie. La diagnosi è documentata con l’esame OCT o la FAG/ICG e la BCVA; il visus è possibile valutarlo con le tavole di Snellen decimali o con le tavole ETDRS, secondo pratica clinica del medico. Il trattamento con ranibizumab inizia con una fase di una iniezione al mese per tre mesi consecutivi. Dopo 3 iniezioni (RF1-1, RF2-1 e RF3-1) l’AIFA richiede una rivalutazione (RV1). Nell’apposita scheda di rivalutazione da compilare on-line viene richiesta la data della rivalutazione, le possibili complicanze (si/ no), gli esami eseguiti OCT e/o FAG/ICG e la migliore acuità visiva (sezione A, B e C). Per la scheda di rivalutazione è possibile compilare una delle tre sezioni A,B o C secondo la pratica clinica del medico. Dopo la fase di carico con tre iniezioni mensili consecutive, la fase di prosecuzione, se necessaria, prevede la possibilità di altre iniezioni intraoculari, non necessariamente consecutive, previa compilazione della scheda di rivalutazione e della richiesta del farmaco. In particolare, per ranibizumab è richiesto: 1. una rivalutazione (RV1) con data di rivalutazione successiva alla terza somministrazione (RF3-1) e precedente alla quarta somministrazione (RF1-2) al fine di inviare la richiesta per la prima somministrazione del secondo ciclo; 2. una rivalutazione (RV-2) con data di rivalutazione successiva alla sesta somministrazione (RF3-2) e precedente alla settima somministrazione (RF1-3) al fine di inviare la richiesta per la prima somministrazione del terzo ciclo; 3. una rivalutazione (RV-3) con data di rivalutazione successiva alla nona somministrazione (RF3-3) e precedente alla decima somministrazione (RF1-4) al fine di inviare la richiesta per la prima somministrazione del 4 ciclo; 4. una rivalutazione (RV4) con data di rivalutazione successiva alla dodicesima somministrazione (RF3-4) e precedente alla tredicesima somministrazione (RF15) al fine di inviare la richiesta per la prima somministrazione del 5 ciclo; 5. non ci sono limiti al numero di somministrazioni per i pazienti. L’intervallo tra due dosi non deve essere mai inferiore a 30 giorni nello stesso occhio e di 15 giorni in caso di trattamento dell’occhio controlaterale, in quanto la somministrazione contemporanea non è consentita. È richiesta inoltre la compilazione della scheda di fine trattamento in caso di, non efficacia, tossicità, non somministrazione, decesso, perdita del follow up e trasferimento. Infine è stato mantenuto il Payment by Result per i soli pazienti non responder con degenerazione maculare neovascolare (essudativa) correlata all’età (AMD): cioè payback totale fino a tre dosi della fase di carico, tramite nota di accredito da parte dell’azienda farmaceutica all’azienda ospedaliera. L’AIFA metterà a disposizione una specifica procedura informatizzata per la gestione delle richieste rimborsi. APPENDICE D 21 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH APPENDICE E - Ranibizumab and Bevacizumab for Neovascular Age-Related Macular Degeneration. The CATT Research Group Alfredo Pece Sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i risultati a 12 mesi dello studio CATT (Comparison of AMD Treatment Trials), un trial indipendente di confronto diretto tra ranibizumab e bevacizumab nel trattamento della degenerazione maculare legata all’età (AMD) essudativa [1]. I risultati a 24 mesi sono stati pubblicati invece a maggio 2012 su Ophthalmology [2]. Lo studio, finanziato dal National Eye Institute (NEI), è un trial multicentrico, randomizzato, prospettico in singolo cieco di non inferiorità il cui obiettivo era valutare la relativa efficacia e sicurezza di ranibizumab e bevacizumab nel trattamento della degenerazione maculare legata all’età. Lo studio è stato condotto su circa 1208 pazienti che sono stati randomizzati in 4 gruppi di trattamento secondo un rapporto 1:1:1:1. I dati a un anno sono disponibili per 1161 pazienti e su 1107 pazienti a due anni. Il disegno dello studio prevedeva: 1. ranibizumab 0,5 mg al mese (n = 300) per 12 mesi: alla fine del primo anno i pazienti sono stati nuovamente randomizzati (1:1) a ranibizumab somministrato mensilmente o al bisogno (PRN); 2. ranibizumab 0,5 mg al bisogno (PRN) (n = 300) per 24 mesi, con una dose singola somministrata al momento della randomizzazione seguita da somministrazione al bisogno; 3. bevacizumab 1,25 mg al mese (n = 300) per 12 mesi; alla fine del primo anno i pazienti saranno nuovamente randomizzati (1:1) a bevacizumab somministrato mensilmente o al 22 bisogno (PRN); 4. bevacizumab 1,25 mg al bisogno (PRN) (n = 300) per 24 mesi, con una dose singola somministrata al momento della randomizzazione seguita da somministrazione al bisogno. Per la somministrazione al bisogno (PRN), il trattamento con ranibizumab o bevacizumab iniziava con una singola dose, seguita da valutazioni mensili e le iniezioni erano somministrate in base a linee guida predefinite. L’outcome primario considerava la variazione media rispetto al basale dell’acuità visiva (AV) al 12° mese valutata con la ETDRS (Early Treatment Diabetic Retinopathy Study) con un limite di non inferiorità di cinque lettere. Il gruppo trattato con somministrazioni mensili di ranibizumab 0,5 mg era il gruppo di riferimento, con cui erano confrontati gli altri gruppi di trattamento; lo studio aveva l’obiettivo di valutare se gli altri gruppi erano non inferiori al gruppo di riferimento. Il manuale del CATT sottolineava come interessanti anche altri confronti: bevacizumab al bisogno vs ranibizumab al bisogno, bevacizumab al bisogno vs bevacizumab mensile e bevacizumab mensile vs ranibizumab al bisogno. Gli outcome secondari (valutati a 12 mesi e 24 mesi) comprendevano: il numero di trattamenti, la variazione della AV di 15 lettere misurata con la tavola ETDRS, la variazione delle dimensioni della lesione valutata con la fluorangiografia, la variazione dello spessore retinico valutata con l’OCT e i dati di sicurezza (l’incidenza di endoftalmite, distacco della retina, cataratta, uveite e l’incidenza di eventi avversi). Nel caso della somministrazione mensile APPENDICE E QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH bevacizumab è risultato non-inferiore rispetto a ranibizumab nel cambiamento di AV in 12 mesi, vi è stato un miglioramento rispettivamente di 8 lettere con bevacizumab e di 8,5 lettere con ranibizumab, evidenziando una sostanziale parità delle due molecole su questo aspetto. Rispetto all’iniezione mensile, quella effettuata al bisogno ha dato risultati minori, con una leggera differenza tra i due farmaci a favore di ranibizumab, ma non significativa. L’aumento dell’AV è stato pari a 5,9 lettere con bevacizumab contro 6,8 con ranibizumab. Bevacizumab al bisogno è risultato infatti noninferiore rispetto a ranibizumab al bisogno nel cambiamento di AV in 12 mesi. Bevacizumab al bisogno non ha raggiunto l’endpoint primario di non-inferiorità rispetto a ranibizumab mensile e bevacizumab mensile, pur avendo bisogno di un più alto numero di iniezioni richiesto per bevacizumab (7.7) rispetto a ranibizumab (6.9). Si sono però osservate differenze significative tra i due farmaci e i due schemi posologici per quanto riguarda altre misure, in genere a favore di ranibizumab e della somministrazione mensile rispetto a quella al bisogno. Le differenze nella riduzione dello spessore retinico erano significativamente maggiori a 12 mesi nel gruppo trattato con ranibizumab mensile rispetto a tutti gli altri gruppi. La riduzione dello spessore della fovea centrale, rispetto al valore basale è risultata significativamente maggiore nei due gruppi trattati con ranibizumab rispetto ai due trattati con bevacizumab (P = 0,03) e pari a -196 micron nel gruppo ranibizumab una volta al mese e -168 micron nel gruppo ranibizumab al bisogno contro -164 micron con bevacizumab una volta e mese e -152 micron con bevacizumab al bisogno. Anche, il laeakage alla fluorangiografia è risultato significativamente più elevato con bevacizumab rispetto a ranibizumab (42,3% contro 53,3%; P < 0,001) in caso di somministrazione al bisogno, mentre non si sono riscontrate differenze significative di questo parametro tra i due farmaci per la somministrazione mensile. La differenza nella riduzione dello spessore retinico, suggerisce come ranibizumab potrebbe dimostrare una efficacia superiore a bevacizumab oltre l’anno di trattamento. Per quanto concerne i dati di sicurezza nello studio CATT, sebbene non fosse uno studio atto a individuare le differenze nella sicurezza a causa del limitato campione statistico, si sono verificati più decessi ed un rischio significativamente superiore di eventi avversi seri sistemici associati ad ospedalizzazione con l’utilizzo intravitreale di bevacizumab, rispetto a ranibizumab: 24,1% contro 19,0% (risk ratio 1,29; P = 0,04). I dati a due anni confermano i risultati sia di efficacia che di sicurezza emersi durante i primi 12 mesi dello studio. Infatti a due anni i pazienti trattati con ranibizumab al bisogno mantengono i guadagni di visione del primo anno (6.8 lettere) con una media di 5.7 iniezioni nel secondo anno. Al contrario, i pazienti trattati con bevacizumab, al bisogno hanno subito un declino maggiore nella visione (da 5.9 lettere nel 1° anno a 5.0 nel 2°) nonostante siano trattati con un numero superiore di iniezioni anche durante il secondo anno (6.4 iniezioni p = 0,01). L’endpoint secondario cioè l’assenza di fluido all’OCT e la variazione nella dimensione della lesione a 2 anni è significativamente favorevole per ranibizumab (p = 0.0003) nonostante un numero maggiore di atrofia maculare presente nel gruppo trattato mensilmente con ranibizumab, ma non statisticamente significativo. Per quanto concerne la sicurezza i dati completi a due anni di questo studio su 1107 pazienti affetti da degenerazione maculare neovascolare legata all’età mostrano un rischio superiore del 30% nel totale di eventi avversi sistemici seri con bevacizumab rispetto a ranibizumab (p = 0,004). Questo è un risultato simile a quello dei dati ad un anno. Inoltre, lo studio evidenzia segnalazioni di eventi arterotrombotici, emorragie sistemiche, insufficienza cardiaca congestizia, eventi trombotici venosi, ipertensione e morte vascolare, che sono stati più frequenti nei pazienti trattati con bevacizumab (p = 0,07). Questi eventi sono stati precedentemente associati con il trattamento con anti-VEGF per via sistemica. Inoltre, come ad un anno, ci sono stati significativamente più eventi gastrointestinali nei pazienti trattati con bevacizumab rispetto a ranibizumab (p=0.005). Come commentano gli autori del CATT questa è stata un area di attenzione in precedenti studi con bevacizumab per via sistemica. Nelle conclusioni, l’autore senior del lavoro Daniel F. Martin, sottolinea l’importanza di ulteriori studi per valutare il profilo di sicurezza di bevacizumab [1]. Nelle conclusioni si fa anche riferimento alla necessità di un campione più numeroso per valutare l’incidenza di eventi avversi sistemici perchè lo studio ha un limitato potere statistico per riuscire a identificare eventi APPENDICE E 23 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH avversi importanti ed è in grado di evidenziare solo le differenze più macroscopiche dal punto di vista della sicurezza. Il maggior numero di casi di decessi è coerente con quanto emerso da altri studi clinici3 e dall’analisi Medicare4 condotte su un ampio campione che mostrano che il rischio di mortalità per tutte le cause è superiore con bevacizumab somministrato per via intravitreale. Inoltre, le analisi Medicare hanno anche dimostrato un aumentato rischio di ictus. Queste importanti differenze in termini di sicurezza sono probabilmente correlate alle differenze nella struttura molecolare e all’esposizione sistemica in seguito all’iniezione intravitreale dei due farmaci. Bibliografia [1] Daniel F. Martin et al. Ranibizumab and Bevacizumab for Neovascular Age-Related Macular Degeneration. The CATT Research Group. N Engl J Med 2011; 364 (20):1897-1908. May 19, 2011 [2] Daniel F. Martin, et al. Ranibizumab and Bevacizumab for Neovascular Age-Related MaculaDegeneration. Two year results. The CATT Research Group. Ophthalmology 2012 Jul;119(7):1388-98 24 [3] Carneiro AM, et al. Arterial thromboembolic events in patients with exudative age-related macular degeneration treated with intravitreal bevacizumab or ranibizumab. Ophthalmologica 2011;225:211-221. [4] Curtis LH, Hammill BG, Schulman KA, Cousins SW. Risks of mortality, myocardial infarction, bleeding, and stroke associated with therapies for agerelated macular degeneration. Arch Ophthalmol, 2010;128:1273-9. APPENDICE E QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH APPENDICE F - L’Health Technology Assessment dI ranibizumab nel trattamento della degenerazione maculare senile [1] Alfredo Pece La degenerazione maculare è una malattia con un importante impatto sociale sia per la ridotta qualità di vita dei pazienti che ne sono affetti, sia per i costi sociali che essa comporta. La perdita della visione ha un impatto economico e di natura psicologica significativo, sia per l’individuo che per la società. Una riduzione dell’acuità visiva si associa ad una ridotta performance nelle attività quotidiane, con abilità cognitive ridotte, aumentato rischio di cadute (entro 1 anno il 17% dei pazienti avrà comunque sviluppato una sindrome depressiva dovuta alla perdita visiva e 95 soggetti su 1.000 avranno subito una frattura del femore [2]) e, quindi, una significativa riduzione della qualità della vita del paziente, stimata per circa il 60% [3,4]. Le terapie per il trattamento della degenerazione maculare neovascolare (essudativa) correlata all’età sono state oggetto di Report di Health Technology Assessment (HTA), in molti Paesi europei da parte di agenzie nazionali, prima fra tutte il NICE, il cui report di agosto 2008 (National Institute for Health and Clinical Excellence. Ranibizumab and Macugen for the treatment of age-related macular degeneration, NICE technology appraisal guidance 155. August 2008) ha raccomandato l’utilizzo di ranibizumab poiché costo efficace rispetto a pegaptanib [5]. L’indicazione del NICE, valida per il Regno Unito, e confermata dall’Agenzia Canadese di HTA, è stata recepita nella pratica clinica in molti Paesi europei, tra cui Germania, Austria, Francia, Spagna e Grecia. Anche altre analisi di costo-efficacia condotte a livello internazionale (Germania, Austria, Francia, Spagna, Grecia, Italia) confermano la superiorità di ranibizumab rispetto alle alternative disponibili (best supportive care, terapia fotodinamica con verteporfina, pegaptanib). La valutazione delle tecnologie sanitarie o Health Tecnology Assessment (HTA) nasce in risposta alla diffusione di costose tecnologie sanitarie. L’HTA è strumento di supporto alle decisioni relative all’allocazione delle risorse economiche sempre più limitate. L’HTA, frutto di valutazione multidisciplinare [6], rappresenta un processo sistematico, rigoroso e riproducibile, accessibile e validato, in grado di fare da “ponte” tra il mondo scientifico e quello politico decisionale, policydriven [7,8]. Esso si focalizza sugli effetti clinici, sulla sicurezza, sulla performance tecnica e di efficacia, sui costi e sul costo-efficacia, sulle ripercussioni organizzative, etiche, sociali e culturali delle diverse tecnologie di salute [9], e si applica a settori molteplici: dalle singole tecnologie sanitarie (terapeutiche, come farmaci e apparecchiature mediche e diagnostiche) alle prestazioni mediche/chirurgiche, alle modalità organizzative - gestionali [10]. Il processo di HTA di ranibizumab in Italia si è sviluppato attraverso la creazione di un gruppo di lavoro di esperti in varie discipline (External Advisory Board) in data 6 aprile 2009, che ha analizzato e successivamente elaborato le informazioni disponibili, producendo un analisi critica su i seguenti argomenti [11]: 1. epidemiologia dell’AMD; 2. approccio diagnostico e terapeutico all’AMD; 3. aspetti biotecnologici di ranibizuamb; 4. valutazione economica di ranibizumab vs pegaptanib e vs terapia fotodinamica con verteporfina; 5. aspetti organizzativi e gestionali; 6. analisi etica dell’HTA report su ranibizumab; APPENDICE F 25 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH 7. elementi chiave per il processo decisionale. Alla luce dei dati esaminati nel report dell’HTA e valutato anche dal External Advisory Board si può sintetizzare la riflessione che il livello etico risente di quattro fattori importanti cioè: a. l’efficacia clinica. Ranibizumab ha mostrato di fornire beneficio clinico, portando un contributo positivo alla qualità di vita dei pazienti, e quindi il suo uso sotto il profilo clinico risulta eticamente positivo; b. la non-maleficienza. Il profilo di sicurezza di ranibizumab mostrato nei trial porta a concludere che il principio di non-maleficienza è rispettato; c. la libertà e la responsabilità del paziente. Fatti salvi i requisiti generali per un’appropriata informazione al malato in vista del consenso alle cure (offerta di una corretta informazione in un dialogo personale col medico, comprensione dell’informazione e garanzia di una adeguata libertà e capacità decisionale da parte del malato) e della relativa compliance al piano terapeutico, la decisione sulla terapia con ranibizumab non mostra criticità; d. la socialità e sussidiarietà. Prendendo in considerazione l’equità in termini di giustizia commutativa/distributiva, la sostenibilità economico-finanziaria (l’inclusione di ranibizumab in fascia H di rimborsabilità, e il rapporto costo/ efficacia positivo rispetto ai competitors, pegabtanib e verteporfina) e l’attuabilità organizzativo strutturale si configura così un rapporto positivo di socialità e sussidiarietà per ranibizumab. Complessivamente, ed a queste condizioni, la valutazione etica nell’HTA su ranibizumab per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età è risultata positiva [12]. Bibliografia [1] Cicchetti A. et al., Valutazione economica di ranibizumab vs pegaptanib o vs terapia fotodinamica con verteporfina, in HTA di Lucentis nel trattamento della degenerazione maculare senile, IJPH 2009, Vol. 6, N. 2, supp. 3: s1-s65 [2] Bandello F., Lafuma A., Berdeaux G. Public Health Impact of Neovascular Age-Related Macular Degeneration Treatments Extrapolated from Visual Acuity. Investigative Ophthalmology & Visual Science, January 2007, Vol. 48, No. 1: 96-103 [3] Bressler SB, Maguire MG, Bressler NM, Fine SL, the Macular Photocoagulation Study Group. Relationship of drusen and abnormalities of the retinal pigment epithelium to the prognosis of neovascular macular degeneration. Arch Ophthalmol 1990;108:1442-1447 [4] Brown MM et al. Utilities and age related macular degeneration. Arch Ophthalmol 2000; 118:47-51 [5] Colquitt JL et al. Ranibizumab and Pegaptanib for the treatment of age-related macular degeneration: a systematic review and economic evalutation, Health Technology Assessment 2008; Vol. 12: No. 16; Health Technology Assessment NHS R&D HTA Programme 26 [6] Jonsson E, Banta HD,. Management of health technologies: an international view.BMJ 1999;319:1293 [7] Battista RN. Towards a paradigm for technology assessment. In: Peckham M, Smith R, Eds. The scientific basis of health services. London: BMJ Publishing Group, 1996 [8] Battista RN, Hodge Mj. The evolving paradigm of technology assessment: reflections for the millennium. CMAJ 1999;160:1464-1467 [9] Banta D, Battista R, Gelband H, Jonsson E. Health care technology and its assessment in eight countries, Washington, DC; USA Congress, 1995 [10] Banta D, Behney CJ, Andrulis DP. Assessing the efficacy and safety of medical technologies. Washington: Office of technology Assessment, 1978 [11] La Torre G, Kheiraoui, Ricciardi W. Introduzione all’Health Technology Assessment (HTA) del ranibizumab. IJPH 2009, Vol. 6, Nr 2, Suppl. 3;s1-s3 [12] Sacchini D. Analisi etica nell’HTA report su ranibizumab (Lucentis ®) IJPH 2009, Vol. 6, Nr 2, Suppl. 3;s58-s63 APPENDICE F QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH 27 QIJPH - 2014, Volume 3, Number 1 ITALIAN JOURNAL OF PUBLIC HEALTH 28
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