AVVISO - Grande Guerra Giulie
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AVVISO - Grande Guerra Giulie
AVVISO IL SINDACO DEL COMUNE DI GEMONA AVVISA: per quanto la situazione militare non sia tale da destare preoccupazioni soverchie, tuttavia ad evitare possibili inconvenienti nell’eventualità – che speriamo non si verifichi – di un ordine di sgombero, è consigliabile che donne e bambini lascino Gemona. La linea da seguire è quella di Spilimbergo o quella carreggiabile di Trasaghis, in modo da portarsi, in ogni caso, sulla destra del Tagliamento. Sorretti dalla fiducia nel valore del nostro Esercito – a cui il Signore dia tutte le benedizioni – confidiamo che ognuno potrà, quanto prima, ritornare alle proprie case. Gemona. 28 ottobre 1917 ore 11.30. IL SINDACO f.º Avv. L. FANTONI Note – impressioni - appunti relativi al tempo dell’invasione nemica, in “Voce Amica” anno VI n. 6 1938, nota n. 30 LUCIANO FANTONI Luciano Fantoni (1881-1967) Luciano Fantoni al nassè a Glemone il 23 di dicembar dal 1881. Si laureà in Leç ae universitât di Padue e daspò si dedicà ae ativitât politiche in sen al moviment catolic. Za tal 1907 al fo elet a rapresentâ il so Mandament al Consei Provinciâl di Udin. Tal 1909, intant che al esercitave ancje la libare profession di avocat, al deventà prime prosindic di Glemone e plui tart sindic. Dopo de disfate di Cjaurêt, nol lassà la sô int, ma al restà a cirî di salvâ ce che al jere pussibil doprant dute la sô abitât e diplomazie. Par cheste sô sielte al fo acusât di conivence cul nemì, ancje se daspò al fo riabilitât di cetancj patriots. Dopo de vuere al cjapà part al partît di don Sturzo e tal 1920 al deventà president de provincie di Udin e deputât dal Partît Popolâr (1919-1926), ocupantsi pal plui de cuestion agrarie. Fin dal 1921 si rindè cont dal pericul rapresentât dal fassisim che, une volte cjapât il podê, lu tignì lontan de politiche par une vore di agns. Al cjapà part al Comitât di Liberazion Nazionâl e dal 1946 al 1964 al fo sindic di Glemone e, intune, membri de Assemblee Costituent e dal Senât de Republiche. Al murì a Glemone ai 19 di Jugn dal 1967. VOCE AMICA “Voce Amica”, periodic parochiâl jessût pe prime volte intal jugn dal 1933 par volontât di mons. Battista Monai che al jere rivât a Glemone intal avrîl di chel an istès. Mons. Monai, che al jere diretôr e proprietari, lu veve fondât a Sant Zorç di Noiâr intal 1927. Il gjornâl al è lât daur, intai prins agns, di un scheme simpri compagn: un articul ti font, scrit par solit di Monai, notiziis demografichis, cronache des associazions catolichis di Glemone, talianis e dal mont, contis par insegnâ la morâl e notiziis di storie locâl. Jenfri i colaboradôrs plui nomenâts si à, fin dal prin numar, pre Josef Marchet. La testade dal gjornâl TESTI VOCE AMICA 29 Ottobre 1917 Stanotte a casa mia nessuno ha dormito. Dopo le 11 io mi buttai vestito in letto: ma non potei chiuder occhio. Mi alzai vero le tre e uscii di casa. Trovai gente sperduta per la strada. Pioveva. Recatomi sul piazzale del Duomo, rimasi impressionato nel vedere in fiamme il cascamificio dell’Orvenco, ed un sinistro bagliore di fuoco dalla parte di Tarcento. Il lontano rumoreggiare del cannone rendeva più impressionante la scena. Alberto col cavallo dell’Ospedale venne verso le cinque a prendere i miei poveri profughi per accompagnarli alla stazione. Fu commovente il distacco. Tuttavia io ebbi conforto dal pensiero di avere in qualche modo provveduto alla sicurezza dei miei cari, e di poter quindi ora dedicarmi tutto al bene dell’Ospedale. Confesso però che di ritorno dal Ricovero (casa Baldissera), dov’era stato a celebrare, entrato in casa e trovatala vuota, fui preso da un senso sì forte di tristezza, che piansi… Il fratello Luciano, che copre la carica di Sindaco, spedì il suo bagaglio oltre Tagliamento, coll’idea di lasciare anche lui Gemona al momento opportuno. Io pure tengo pronta la mia valigietta per unirmi alle suore e agli ammalati, se, come fu detto, verranno a prenderci coi camions. Ore 9 – Esco di casa. Strade quasi deserte: botteghe chiuse: che senso di opprimente malinconìa invade l’anima!… Ogni tanto si vedono passare soldati nostri, che, discesi dai monti, annunciano prossima la calata dei Tedeschi… Incontro sulla porta dell’Ospedale il servo Alberto. Egli m’informa che i miei cari non avevano potuto partire col treno; ma che, avendo il capo stazione negata la possibilità del passaggio di nuovi treni ed avendo sollecitato i molti presenti a raggiungere presto la sponda opposta del Tagliamento prima che venisse fatto saltare il ponte, anch’essi sotto la pioggia si erano incamminati alla volta di Braulins. […] Ore 13 - Io ormai dovrò restare, perché a quanto si vede, nessuno pensa a far partire le ammalate. Il servo Alberto è rientrato poco fa con un carico di coperte di lana e di scarpe ottenute dal deposito degli Alpini situato presso la stazione. I soldati addetti al quel magazzino, prima di abbandonare il posto, anziché abbruciare la roba, preferirono distribuirla ai cittadini e molti ne approfittano. Ore 22 - Sono nella stanzetta assegnatami, ch’è quella di ricevimento. […] Verso le 16 lo scoppio fragoroso del forte di Ospedaletto mandò in frantumi molti vetri. Io ero uscito allora dall’Ospedale, dove, nella Cappella interna, avea segretamente trasportato il Santissimo dal Duomo e mi trovava sulla porta di casa. Credetti sulle prime ad un bombardamento: ma capìi di che si trattasse, quando vidi una immensa colonna di fumo bianco alzarsi dalla parte di Ospedaletto. Avendo ormai deciso, d’accordo con la Rev.da Madre Vicaria, di trasferire in Ospedale la mia dimora, messa un po’ di biancheria nella valigietta da viaggio, esco di casa sull’imbrunire. La Catina Bisi mi accompagnava. Scorgo un gruppo di soldati nostri in piazza. Al fine di scansarli, andiamo su per la riva presso il Municipio: ma giunti nella piazzetta dietro il municipio stesso, udimmo alcuni colpi di fucile dietro di noi… Ci mettemmo a correre, e, attraversando la strada principale, seminata di armi gettate via dai nostri soldati nella fuga, raggiungiamo l’Ospedale col cuore in sussulto. Come ho saputo dopo, eravamo stati quasi a contatto con la prima pattuglia di austriaci calata dal Foredor. Venne riferito più tardi che un alpino giaceva morto sul suolo dove comincia la via che conduce in Maniaglia. Mi recai tosto sopra luogo con due uomini muniti di barella, e feci trasportare il poveretto nella nostra cella mortuaria… Ma basta. Le profonde emozioni di questa tragica giornata mi hanno molto abbattuto. Sento bisogno di riposo: il buon Dio mi assista… 30 Ottobre 1917 Stamane, appena uscito di stanza, appresi da suor Afra che gli austriaci erano giunti, ed avevano già accompagnati dei feriti in Ospedale. M’incontrai più tardi col Cappellano militare, un congregazionista tirolese, che mi lasciò ottima impressione. Fra le altre cose mi raccontò d’essersi introdotto lui nella cella di Battisti a Trento prima della esecuzione per indurlo a confessarsi: ma purtroppo inutilmente. Nel pomeriggio dall’uscio di casa assistetti al passaggio di una compagnia di soldati tirolesi, ben equipaggiati e disciplinati. Il capitano che li comandava, quando fu vicino a me, guardandomi, disse ironicamente: «Entrano i barbari!...». Si acquartierarono nella caserma degli Alpini. Fu qui oggi un medico militare, e lasciò capire che bisognerà mettere altre camere a loro disposizione. Vedremo domani il quid agendum. 31 Ottobre 1917 Oggi mettemmo a disposizione dell’Autorità militare l’ambulatorio del medico e i due cameroni adiacenti, che ben presto vennero occupati da soldati ammalati o feriti. Fra questi ve ne sono anche dei nostri. Al vitto finora pensammo noi: in avvenire si spera che provvederà il Comando. Durante la giornata passaggio pressocchè continuo di carriaggi e truppe. Furono svaligiati alcuni negozi, e dispiace il doverlo notare che anche parecchi cittadini vi parteciparono. Siamo proprio in balìa del nemico. Iddio ce la mandi buona ed abbrevi i giorni del castigo. 1 Novembre 1917 Oggi non ci accorgiamo che sia festa!... Continua il passaggio di truppe austro-ungheresi o germaniche e dei pesanti carriaggi, che fanno tremare le case. Orribili le strade: mattatoi e cucine improvvisate un po’ dappertutto. 2 Novembre 1917 Ricordiamo in questo giorno i nostri cari defunti quasi invidiando la loro sorte!… In Duomo s’è cantata la Messa: ma fu scarso il numero dei fedeli. Il sagrato del Tempio è occupato da cavalli e soldati, che bivaccano in mezzo ad elmetti e armi d’ogni fatta sparse qua e là. Ed il tradizionale mercato?… Continuò ancor oggi l’irritante spettacolo di tanta gente, specialmente forestiera, che, gareggiando col nemico nei negozi e nelle case abbandonate, si appropria e ruba più che può. L’Arciprete, giustamente sdegnato, è riuscito con altri volenterosi a fermare sulla pubblica via parecchi di questi ladri, obbligandoli a depositare la merce rubata, in Duomo, nella stanzetta degli inservienti dietro la sacristia, e così è diventata un magazzino… di varietà. 5 Novembre 1917 Avidissimi e prepotenti oltre misura questi Prussiani, che ci sono capitati fra i piedi… Essi vogliono tutto… l’arrogante Maggiore di ieri fu di nuovo in Duomo e domandò candele per illuminare le stanze e le case dove si trovano alloggiati lui ed i suoi uomini, mancando la luce elettrica. Fu giocoforza consegnargli un fascio di candele e candelotti, già consumati in parte… […] Son partiti quest’oggi dall’Ospedale 18 ammalati, diretti a Tarvisio. Il Festa resiste ancora: ne fan fede le forti cannonate udite nel pomeriggio. […] 6 Novembre 1917 I soldati italiani feriti, entrati stamane in Ospedale, mi raccontarono che i nostri continuano a ritirarsi oltre il Piave. In Municipio fu tenuta un’adunanza per concretare i mezzi di ristabilire l’ordine in paese. E l’ormai famoso Maggiore, che comanda da despota, ha imposto al Sindaco, a Mons. Arciprete, al sig. Iseppi Gio. Batta, all’ing. Zozzoli, al sig. Nicolò Venturini e ad un altro cittadino, abitante in Ospedaletto, di restar chiusi fino a nuovo ordine nel Palazzo Comunale come ostaggi responsabili di qualsiasi atto ostile, che eventualmente venisse commesso dai cittadini contro i Tedeschi. Oggi si presentarono altri ufficiali germanici a visitare i locali dell’Ospedale: non si e potuto capire per quale scopo. Nel tardo pomeriggio fu accolto d’urgenza un fanciullo di Artegna gravemente ferito per scoppio di bomba. 7 Novembre 1917 Ho tentato un colpo, che, grazie a Dio, è felicemente riuscito. Munito del bracciale della Croce Rossa e con un coraggio, che a me stesso, ora che ci penso, sembra inverosimile, mi portai al magazzino dello Spaccio Comunale per generi alimentari. Erano con me Alberto col carretto ed un altro uomo. Dico al soldato tedesco di guardia, il quale probabilmente capì un’acca, che devo prelevare della roba per l’Ospedale, e, senza curarmi della risposta, entro nel deposito. Quanta grazia di Dio!... Olio, riso, pasta, formaggio, conserve ecc. Ordino ai miei uomini di caricare il formaggio. In poco tempo sono ben 72 forme, fra cui alcune molto grandi, che passano dal magazzino all’Ospedale. Prendemmo anche parecchi vasi di conserva: ma poi decidemmo di sospendere il lavoro, col proposito però di riprenderlo domani, se al Signore piacerà. In Ospedale abbiamo nascosto il formaggio un po’ dappertutto: perfino sotto l’altare nella Cappella delle Suore!... Nel pomeriggio attraversò il paese una fila interminabile di soldati nostri, fatti prigionieri nel canale di S. Francesco. Chi sa dove ora li manderanno?!... Il Comando germanico si portò a visitare la casa Baldissera; non si sa ancora per quale scopo. Si vocifera però che questo Comando verrà presto cambiato, e noi ce l'auguriamo di cuore, perché ci va proprio come il fumo negli occhi. Altra voce in giro: che anche la Svizzera sia in guerra contro l'Italia: ma chi sa s'è vero? Hanno fatto ritorno alcune famiglie di gemonesi, che non sono riusciti a passare... in Italia. Raccontano scene terrificanti della fuga disastrosa dei nostri... 8 Novembre 1917 Deo gratias!... Il colpo è riuscito anche oggi. Due bei fusti e mezzo, contenenti circa undici quintali d'olio d'oliva, abbiamo trasportato nella cantina dell'Ospedale. Ci accingevamo a prendere alcuni sacchi di riso: ma allora venne la proibizione, e noi, fingendo di protestare, uscimmo, ringraziando però il Signore di aver potuto impadronirci almeno del formaggio e dell'olio... Vista del Comando a casa Isola. Che mulinano nella lor mente questi signori?... Intanto pare che non vadano tanto d'accordo i prussiani cogli austriaci. Oh! si avverasse il proverbio: “fra i due litiganti il terzo gode”: ma temo invece che il terzo, cioè noi, dovremo soffrire di più... Infatti compariscono sempre nuove ordinanze o per una cosa o per l'altra, con minacce di pene gravissime ai trasgressori. 15 Novembre 1917 La scorsa notte un violento incendio distrusse una casa presso S. Rocco. Quest’oggi ho mandato il Durisotti col cavallo fino a Buia per vedere se colà si trova del granturco da comperare, giacchè qui, dalle indagini fatte, risulta che ve n’è poco, e chi lo ha, lo tiene per sé. Fortuna che possediamo ancora carretto e cavallo: poveri noi, se il giorno dei Santi non fossi riuscito a farceli restituire dal Comandante germanico, che già se li era appropriati fermando Alberto per istrada. Si dice che i nostri fanno resistenza sul Piave. 20 Novembre 1917 Stamattina è morto un altro soldato italiano. È il quinto nel breve periodo di sei giorni!… È vero che le pallottole usate dai tedeschi sono esplosive e quindi, lacerando i tessuti, rendono più difficile la guarigione del ferito; mi sembra però che anche il servizio sanitario, il metodo di cura, l’assistenza, almeno qui, lasciano molto a desiderare... A me si premette di compiere presso gli ammalati le opere del mio ministero; ma non si vuole ch’io riceva alcuna cosa in consegna dai medesimi; né, quando uno muore, mi si lascia vedere la piastrina, onde da essa possa trascrivere le generalità del defunto. Pazienza!... 25 Novembre 1917 Quanto ci fa stare in pena il non aver notizie dei nostri cari profughi! Parecchie famiglie sono ritornate, e raccontano colle lacrime agli occhi i crudi patimenti sofferenti, le scene strazianti vedute nel loro esodo doloroso! Molti, giunti a casa, l’han trovata completamente svaligiata, e non solo dai soldati, ma dai borghesi stessi. Oggi nuovo passaggio di truppe germaniche, che pernotteranno qui. Si dice che vengano mandate in aiuto dell’esercito combattente sul Piave, dove i nostri oppongono un’accanita resistenza. 6 Dicembre 1917 Ieri fui a Udine col cavallo, perché la ferrovia non fa ancora servizio per viaggiatori. Passando mi fermai a Ribis, dove trovai quella succursale al completo ed anche abbastanza ben provvista, grazie alle buone disposizioni di Comando di Tricesimo. In città quale desolazione!... Rarissimi passeggeri: frequenti le sentinelle, i soldati…I negozi, le case portano le tracce delle devastazioni sofferte: anzi alcuni edifici sono completamente distrutti dal fuoco. Non vi esiste più alcuna vita, alcun commercio, perché gran parte dei cittadini sono fuggiti, ed anche i pochi rimasti vivono per lo più tappati in casa. Udine e proprio un città morta!... Chi l’avrebbe detto appena due mesi fa?... Chi avrebbe anche solo immaginato che sullo storico Castello dovesse sventolare la bandiera tedesca ed austriaca?... Quale repentino, disastroso mutamento nelle vicende della nostra guerra…[…] 25 Dicembre 1917 È Natale: ma non il Natale degli anni scorsi, la cara festa di famiglia che risvegliava tante dolci memorie… È Natale di guerra reso più triste dalla lontananza dei proprio parenti, dei quali finora si può saper nulla, e… dal tempo, ch’è rigido e nuvoloso. Oh!... il celeste Bambino esaudisce i nostri voti e ci doni presto la pace, Egli ch’è il vero princeps pacis. Chi sa che non servano a preparare la via le trattative già in corso fra la Russia e gl’Imperi centrali!… Speriamo… Non ostante la critica situazione presente, tutt’i ricoverati hanno avuto quest’oggi a pranzo qualche cosa di più del solito… PROFUGHI I SFOLÂTS Ai 24 di otubar dal 1917 lis trupis austro-todescjis a sfondarin lis liniis talianis inte concje di Cjaurêt. Cu la invasion la violence de vuere e coinvolzè in maniere direte dute la popolazion di Glemone. Se un trop al rivà a partî cui trens metûts a disposizion dal comant militâr, la plui part e scugnì rangjâsi a cjatâ la fate di scjampâ di là de aghe. Lis descrizions di chel esodi a son tremendis e la situazion e deventà ancjemò piês colpe la ploie che e durà a dilunc, tant di rindi dificil passâ il Tiliment. Tes setemanis daspò de disfate plui o mancul 1.500 scjampâts a jerin tornâts in citât parcè che a vevin cjatât li stradis plenis, i puints sbarâts o fats saltâ, o se no parcè che a jerin stâts superâts de rapide avanzade des trupis austro-todescjis. Chei che a jerin rivâts a passâ la Plâf a àn scugnût afrontâ un an plen di soference. I sfolâts a jerin stâs distribuîts par dute Italie e intal 1918 lis condizions di vite che a lavin in piês, a scjadenarin diviersis barufis tra i sfolâts e la popolazion che ju ospitave. FORTE DI OSPEDALETTO IL FUART DI OSPEDÂL Il fuart di Ospedâl al jere part di une grande struture difensive permanente fate di fuarts ancje piçui, postazions di artiliarie, cavernis e sbaraments che e lave des monts fin ae Basse furlane e che e cjapave tant che riferiment il cors dal Tiliment. Cheste linie e fo progjetade sul finî dal Votcent cun chê di protezi il confin cul imperi austro-ungaric. Il fuart, pal solit metût in alt dulà che si vierç une valade, al jere fat di un bloc retangolâr di beton che al podeve sei lunc fin a 60 metris, che al ospitave une rie di cupulis cun canons di 149 mm in açâr. Al jere cenglât di un cjaminament che al permeteve, intune cun lis trinceis e chês altris fortificazions, la difese ravicinade cuant che a vessin atacât i fants. Piçulis casermis e altris locâi di servizi a jerin rigjavâts in zonis riparadis. Lis viertiduris des vals dal Tiliment e de Fele a jerin vegladis de Fortezza Alto Tagliamento, che e jere componude dai fuarts di Scluse, dal monte Festa, dal monte Ercole e di Osôf, intune cui apostaments par batariis di cuel Curnic, dal Sflincis, dal Sant Simeon, dal Cumieli e di siele Sante Agnês. Didascalia: sisteme difensîf dal Alt Tiliment SOLDATI I SOLDÂTS Daspò de disfate, i soldâts talians si cjatarin a scugnî ritirâsi, agjint dut câs in manieris tant difarentis. Se cetancj a restarin a difindi lis postazions fin tal ultin lant daûr dai ordins dai lôr uficiâi, altris, cence plui un vuide a scuinderin armis e divisis cirint di cjapâ sù ce che a cjatavin intai paîs. Chest mût di reagjî si lu capìs se si pense ae frustrazion e ae rabie che chescj soldâts a vevin di vê dât dongje inte lungje e disumane vuere di trincee. Cualchidun di lôr par salvâsi de presonie si tirà dongje in gruputs e al cjatà ricet su pes monts, dulà che al rivà a tirâ indenant in gracie dal jutori che la popolazion dai paîs dulintor i puartà. In Friûl lis zonis dulà che pal plui si ricjatarin a forin lis monts di Narusêt, Ceregnons, Festa e Sant Simeon. Altris ancjemò a forin fats presonîrs e a scugnirin patî ogni sorte di dificoltât e malatie. I presonîrs talians a forin in dut plui o mancul 600.000. Di chescj 100.000 no tornarìn plui a cjase, pal plui par colpe de tubercolosi, pal frêt o pe fam. Une part de colpe di cheste murie e je dal Guvier talian che al decidè di intervignî diretamentri in socors dai presonîrs dome cualchi setemane prime de fin de vuere e dome parcè che al jere pocât dai aleâts, dal Vatican e de opinion publiche nazionâl. Soldâts in place Libertât a Udin PRIMA PATTUGLIA DI AUSTRIACI La prima pattuglia nemica entrò in Gemona verso le ore 19.30. Era composta di 5 uomini della 22 Div. Schützen (2° Regg.) e guidata dal ten. Giorgio Hinterhofer, giornalista, di Graz, morto poi in combattimento. Disarmò alcuni alpini che passavano e, poi, l’Ufficiale, recatosi in Municipio, nel gabinetto del Sindaco, presenti, fra i pochissimi altri, il geom. G.B. Iseppi, l’ing. cav. G.B. Zozzoli ed il sig. Madile Giuseppe fu Francesco, dichiarò al Sindaco stesso che “prendeva possesso di Gemona a nome di S.M.I.R. Apostolica. Carlo I” (v. giornale “ la Patria del Friuli” n. 13 del 26 Gennaio 1919). Poi, “verso le ore 22” - racconta - “La Patria del Friuli” del 13 Maggio 1919 - “vinte le ultime resistenze di qualche pattuglia alpina e dei reparti del 49° Fant., giunti in linea il giorno prima, dalla Sella Forador calò in città il 3° Batt. del I° Regg. Kaiserschutzen. Era comandato dal polacco maggiore Forebesky – un mutilato - che aveva per aiutante il roveretano tenente Franceschini: la stessa formazione e gli stessi ufficiali che, come raccontò Forbesky nel poco d’italiano che biascicava, aveva fatto prigioniero Cesare Battisti. Mentre la truppa sostava silenziosa nelle vie e sentinelle custodivano sul sagrato del Duomo nuclei del 49° fatti prigionieri, il Comandante e tutta l’Ufficialità cappellano compreso invasero la canonica. Il Sindaco fu fatto alzare dal letto per il primo colloquio con chi assumeva il Comando Militare della Città. Poco dopo echeggiava cupo nella notte un rombo: era il ponte sul Tagliamento a Trasaghis che saltava”. Alla occupazione di Gemona, gli austo-germanici hanno dato particolare rilievo senza dubbio perché li aveva portati alla linea del Tagliamento. […] Note – impressioni - appunti relativi al tempo dell’invasione nemica, in “Voce Amica” anno VI n. 2 1938, nota n. 6 BATTISTI Cesare Battisti (1875-1916) Cesare Battisti al nassè a Trent intal 1875, cuant che al faseve ancjemò part dal Imperi austro-ungaric, di pari comerciant e di mari nobil. Al frecuentà la scuele a Trent, trasferintsi daspò a Graz dulà che si svicinà al marxisim. De piçule citât si spostà a Firenze par frecuentâ l'Universitât. Culì al otignì prime la lauree in Letaris e dopo chê in Gjeografie. Laureât, al le daûr des ideis dal barbe, don Luigi Fogolari, e al deventà politic. Si dedicà ai aspiets gjeografics de sô tiere ma intal stes timp al afrontà i problemis politics e sociâi dai operaris trentins. Aderent al moviment interventist che al jere a pro de jentrade de Italie inte prime vuere mondiâl, tal 1915 al decidè di partî volontari. Pal so sprezzo del periocolo in azioni arrischiate al ven premiât cuntun encomio solenne. Tal 1916 al fo cjapât presonîr dai Austriacs e picjât inte so citât intune cun Fabio Filzi. Cesare Battisti Cesare Battisti intes mans dai Austro-Ungarics TRUPPE AUSTROUNGHERESI E GERMANICHE Sono le divisioni del gen. Krauss e, particolarmente, la Deutsche Jäger del Gruppo Bavarese Stein, la quale avendo dovuto, per la vivace difesa fatta dall’esiguo presidio, rimettere l’attacco alle opere di Monte Festa alla espugnazione delle quali era stata destinata, si accampò in parte a Gemona dove prese sede il comando. […] Note – impressioni - appunti relativi al tempo dell’invasione nemica, in “Voce Amica” anno VI n. 2 1938, nota n. 8 PRUSSIANI Le truppe germaniche del Gruppo Stein che faceva parte della 14ª Armata (gen. Otto von Below e capo di S.M. gen. Kraft von Dellmensingen) e che aveva, fra le altre unità l’Alpenskorps bavarese e la 12ª divisione Slesiana alla quale il gen. Kraft attribuisce il merito dello sfondamento di Caporetto, giunsero a Gemona la mattina del 31 ottobre. Esse tengono il primato nel saccheggio, nelle devastazioni e nella brutalità. Come primo atto di prepotenza – incuranti delle proteste del Sindaco – dopo di aver occupato con i cavalli la loggia, invasero tutti i locali del Municipio, penetrarono nel suo gabinetto, scassinarono lo scrittorio ed uno di essi, estratta la sciarpa tricolore, l’indossò con dileggio. Avvertito di ciò il Sindaco corse in Ufficio, strappò al militare - che non ebbe reazione - la sciarpa, e la portò a casa propria, servendosene, poi, per la celebrazione dei matrimoni, che, anche durante l’invasione, furono contratti. Nella notte del giorno stesso, e cioè del 31 ottobre, un reparto di dette truppe - leggesi nella Relazione al Cons. Com. in data 6 giugno 1919 n° 1902, dalla quale abbiamo tratto anche i dati precedenti - portati nella sala consigliare un pianoforte (era di Luigi Tedeschi, titolare del caffè ora “Stella d’oro”), vini, liquori e materassi, bivaccarono e gozzovigliarono dileggiando e insultando i sentimenti italiani… Spetta, anche, ai Germanici l’alto onore di aver ridotto, a stalla, per vacche e cavalli, la chiesa di S. Giovanni. Ed è a qualcuno di essi che va attribuito il furto dei sei migliori quadri della raccolta Baldissera esistenti in Municipio e della miglior parte della raccolta numismatica che vedesi, tuttora, nella stanza del Podestà. […] Note – impressioni - appunti relativi al tempo dell’invasione nemica, in “Voce Amica” anno VI n. 3 1938, nota n. 14 MONTE FESTA IL MONTE FESTA Il fuart dal Festa al fâs part dal complès sisteme difensîf dal alt Tiliment. Al fo fat sù a partî dal 1910, e ae vilie de vuere al jere armât cuntune batarie di canons 149A in cupulis corazadis, une altre di 149G e 2 tocs di 75 mm. Il fuart al tignive sot control l’imbocjadure de Val Fele a est e de Bût pui a ovest, cun di plui al podeve difindi e impedî di doprâ la ferade de stazion di Cjargne e controlâ la citât di Tumieç. Il fuart, che si cjate sul versant nord dal Sant Simeon, al veve insom une postazion pe osservazion dai tîrs di artiliarie. Il riforniment di munizions al jere garantît oltri che de strade blancje, di une plui rapide teleferiche che e vignive sù di Damâr. Nonostant la sô impuartance strategjiche, il fuart nol jere stât completât cuant che e tacà la vuere: a mancjavin dutis li struturis pe difese di dongje: trinceis e reticolâts di fîl spinât. Cu la ritirade dal esercit talian dopo il sfondament austro-todesc di Cjaurêt, il Monte Festa al deventà un dai ponts di difese sielzûts dal Gjenerâl Cadorna par cirî di fermâ il nemì su la linie dal Tiliment. Ai 28 di otubar dal 1917 al rivà al fuart il cjapitani Riccardo Noel Winderling, uficiâl de 262 batarie d’assalt de zone dal Pal Piçul. Chest milanês determinât al veve vût l’ordin di tornâ a meti in vore la potenzialitât dal fuart ma, cuant che al rivà, al cjatà mancul di 200 oms. Dopo di vê cirût di ripristinâ lis difesis dal fuart, Winderling al proviodè a tornâ a armâlu e a dâ dongje lis risorsis alimentârs. Al domandà ancje rinfuarçs ma cun risultâts deludents. Ai 2 di novembar i Talians a rivarin mandâ indaûr i AustroUngarics che a cirivin di meti adun un puint sul Tiliment, ma za daspò doi dîs i atacs a deventarin plui direts e i fants, che a vevin pierdût la uniche metraie, a scugnirin difindisi butant ju claps pes rivis de mont. Il Comant de Decime Armade Austriache al domandà alore la rese: "Al Regio Presidio Italiano di Monte Festa. Siete circondato da ogni parte ed invitato ad arrendervi. Il nostro parlamentare è atteso per le ore 11." Il Cjapitani Winderling intune cui siei uficiâi al decidè di refudâ: "Al Comando della Imperial Regia X Armata Austriaca. Al foglio di Codesto Comando chiedente la resa del forte, inviatomi stamane a mezzo parlamentare, ho l'onore di rispondere negativamente". Une part dai soldâts, vuidâts di Winderling, daspò di vê fat saltâ ce che al restave des postazions di difese, e vignì jù de bande di Somplât, cuant che i malâts e i ferîts a restarin intal fuart vuardeâts dal miedi, il tenent Domenico Del Duca. La plui part de colone e fo cjapade dal moment ma un gruput, cul Cjapitani, al rivà, dopo cuarante dîs, fintremai a Feltre. Didascalie: Il comandant dal fuart dal Monte Festa Riccardo Noel Winderling Il complès dal Monte Festa SOLDATI NOSTRI Culì o presentìn cualchi bocon di dal diari di un cechin talian anonim che al à combatût intal otubar dal 1917 a Nevee, comun di Scluse, e che, cjapât presonîr, al è muart di polmonite intal 1918. Lu vin sielzût tant che testemoneance de vite di ogni dì di un soldât de Prime Vuere Mondiâl. Cap. 2° FIRENZE 1917 Ho 23 anni e vivo a Firenze a casa di un mio zio, un ricco commerciante di vino. Lui a casa non c’è mai è sempre in giro per paesi e grandi città. Sua moglie, mia zia acquistata, viaggia sempre con lui e non hanno figli. I miei genitori se ne sono andati già da quando avevo 9 anni, uno dopo l’altra. Quindi vivo orfano sia nella mia vita famigliare che in quella reale infatti sono sempre stato solo in casa con governante e servitù. […] La ultime pagjine dal diari Cap. 3° TUTTI PARTONO MA IO NO Raccontavo che i miei compagni di scuola e gli altri amici della Firenze benestante che frequentavo erano ormai partiti tutti. Io invece ero stato schivato, schivato ma non ferito, dalla partenza perché mio zio, in un incomprensibile slancio era riuscito tramite i suoi danarosi uffici e alle sue varie conoscenze di caserma, a non farmi chiamare alle armi come soldato usando la scusa che il mio scrivere piccoli trafiletti di storia sul giornale locale e negli affissi dei circoli, rappresentava una forma di propaganda per la guerra. […] Per avvalorare, forse su consiglio di qualcuno, tutto questo inganno, mi aveva addirittura iscritto, e sarei dovuto partire dopo circa tre mesi, alla scuola di ufficiali, e non perché voleva che io indossassi i lustri di una carriera militare che avrebbe nobilitato ancora di più l’albero delle genti della mia e sua famiglia, ma perché, come mi disse l’unica volta che mi concesse di parlare di questo argomento ”intanto il tempo trascorrerà fra la chiamata e l’addestramento da ufficiale come trascorrerà intanto anche la guerra che potrebbe essere già finita prima che tu sia pronto per morire e poi bisogna sempre dimostrare la propria belligeranza e voglia di essere giovani patrioti”. […] Ero distrutto, mi sentivo un vigliacco nei confronti dei miei amici e di tutti. […] Cap. 4° LA DECISIONE Non ricordo di preciso come mi convinsi ad andare alla Caserma ma mi ricordo solo che ero li davanti all’ufficiale matricolante infila dietro almeno 15 ragazzi tutti li per arruolarsi chi d’obbligo chi per fede. Tutto il resto era lontano ricordo che sentivo non appartenermi più, ero un uomo nuovo e consapevole delle proprie responsabilità. […] L’ufficiale mi guardò e mi soppesò allungo ed in silenzio e poi con moderate parole ormai dette e ridette mi disse: “Bravo! Questo e un vero patriota che sente il dovere di difenderci dall’invasore. Metterò una parola io personalmente, sottolineò con austerità, perché lei sia un esempio. Se poi lei dice che e bravo a tirare di fucile meglio ancora! Abbiamo bisogno di gente con qualità”. […] Non sapevo o speravo che da li in poi il mio nome sarebbe stato cambiato in un altro considerato più cattivo, più subdolo, non sarò più chiamato, se non in qualche rara occasione, perfino dai camerati, col mio nome ma con quello di “cecchino” oppure “ cecco” ed altri più o meno simpatici ma sempre con lo stesso significato. Solo un ufficiale, una volta, ad Eboli, mi spiegò comprensibilmente il significato di questa parola: ”Cecchino è un nomignolo dato dai nostri soldati in trincea ai tiratori che a tradimento colpiscono la precisione di un fulmine. A tradimento come ci ha traditi quell’imperatore borioso e stucco Francesco Giuseppe. Cap. 5° CARNIA […] Dopo un viaggio di quasi due giorni passato su un treno dove eravamo ammassati come ci impediva tutti i movimenti e ingobbiva perfino i più aitanti, non vedevo l’ora di arrivare visto che poi non avevamo, nessuno, mai messo un piede per terra. Il primo giorno in treno era stato all’insegna della quasi baldoria anche se erano in molti quelli che erano tristi per la famiglia o la morosa o quelli che avevano paura e che se ne stavano relitti da una parte; i graduati non ci lasciavamo scherzare o gridare: eravamo fermi ed inquadrati in un silenzio irreale e denso: ormai ci rendevamo conto di cosa ci aspettava o di che cosa ci aspettavamo noi. […] Mi lascio dietro la Chiusa, brulicante viavai di soldati, treni, carri, muli e quant’altro di umano e non è, come se passassi in un'altra dimensione, mi addentro nella gola di Nevea verso il fronte. […] Dopo circa solo mezzora ci ordinarono di inquadrarci per riprendere il cammino. Infilati nelle righe passarono i sottufficiali per la conta e poi subito fischietti in azione. Quando mancava qualcuno nella fila, cosa assai normale, veniva chiamato il rapporto con un fischietto o a gran voce. Non era raro che, specialmente nelle soste o nei bivacchi, che qualcuno si allontanasse per i cavoli suoi o tentasse di fuggire o, più semplicemente, si addormentasse di brutto. A parte che per la diserzione la quale veniva repressa con l’arresto e con la relativa e sicura condanna pesante se non, addirittura, con la fucilazione, il resto di queste bravate finiva, spesso e volentieri, a schiaffoni e calci nel culo da parte dei sottufficiali che riversavano il loro disprezzo, rabbia e imbarazzo sul malcapitato. Non che non ne avessero ragione, anche perché anche i graduati addetti alle truppe, rischiavano di essere richiamati malamente dagli ufficiali in questi frangenti, ma spesso la scusa della punizione della ”marachella” veniva usata, in seguito, come scusa per compiere ricatti o chiedere favore. Fra i malcapitati ignoranti e fannulloni oppure meno inclini alle regole dell’esercito, c’erano sempre quelli che potevano pagarsi in qualche modo il perdono: chi attraverso semplici piaceri con le riassettare per il graduato da branda o pulire gli stivali…… chi attraverso la tangente di tabacco, caffè, o altro genere alimentare, chi attraverso corvè pesanti e chi attraverso il mero pagamento di denaro o altri generi di valore. Era tutto una catena che, se iniziata, difficilmente avrebbe potuto finire. […] Cap. 6° SELLA NEVEA Sono stato per cinque giorni fermo disteso su una piccola salita che mi affaccia sulla feritoia. Non posso alzarmi più di mezzo metro per non rischiare di essere scorto e fare la fine di quelli che devo riuscire io a finire. […] I sassi mi puntano sempre negli stessi posti e sono pieno di lividi sempre più dolorosi ai quali si sono aggiunte, qua e là, abrasioni. Neanche l’uniforme regge lo sfregamento continuo, il puntare del sasso. Mi sento a pezzi e pieno di dolori. Solo il tempo mi ha risparmiato dandomi solo quattro gocce di pioggia e un caldo accettabile sia di notte che di giorno senza mai il sole a picco anche se saranno circa non più di 16 gradi di giorno e 10-12 di notte. Riesco a muovermi solo quei dieci minuti che mi concedo per il rancio che con molte difficoltà mi viene portato su questa specie di cunetta, lontano dalla prima linea dove sono stato confinato. […] Salvatore, questo è il nome del povero diavolo che mi porta da mangiare. […] Non riesco a spiccicare parola con lui perché parla in un dialetto sconosciuto a me. Ci capiamo, per quei due o cinque minuti che resta a riprendere fiato per la fatica e per la tensione, con due grugniti in italiano incomprensibile ai più e due gesti. […] Cap. 8° LA POSTA […] Un gruppetto di soldati mi guardavano attenti e fiduciosi mentre scrivevo e, quando credevano che vessi finito, mi chiesero se potevo scrivere delle lettere per loro, anche pagando o dando qualcosa. Non presi niente ma, dopo quella volta non ho più voluto scrivere per nessuno. Non era per la fatica di interpretare cosa stavano intendendo e dicendo o come tentavano di dirlo ma per la miseria e l’oscurità dei significati. […] La morte era il ricorrente sempre presente che nessuno nominava mai. La parola era stata cancellata dal vocabolario di tutti. Magari si diceva “non l’ho più visto” o “non c’è più” o “se ne è andato” ma la parola “morte” mai!! […] ANONIMO, a cura di A. Bavecchi e D. Tonazzi, Memorie di guerra, Edizioni Saisera, 2006 PIAVE LA DISFATE DI CJAURÊT La disfate taliane di Cjaurêt, o dodicesime bataie dal Lusinç, e je stade combatude vie pe Prime Vuere Mondiâl tra l’esercit talian e lis fuarcis austro-ungarichis e todescijs. Il scuintri, che al tacà aes 2.00 dal 24 di otubar dal 1917, al fo la disfate plui grande dal esercit talian, tant che ancjemò in dì di vuê, la peraule Caporetto e ven doprade par talian tant che sinonim di sconfite. Daspò che la Russie e à scugnût bandonâ la vuere par colpe de rivoluzion interne, i esercits austro-todescs a poderin puartâ sul front ocidentâl e talian gnovis trupis. Infuartîts cun chescj soldâts, i austro-ungarics, judâts di trupis di èlite todescjis, a sfondarin il front talian a Cjaurêt, culì i talians, impreparâts a une vuere di difese e stracs par lis undis batais dal Lusinç, no rivarin a rezi e a verin di ritirâsi dilunc la Plâf. Il plan, che al jere stât preparât cun acuratece dai austroungarics, nol cjapà di sorprese i talians che, però a jerin daûr a predisponi gnovis liniis, che la lôr posizion e fo ogjet di contrast tra il Comant Suprem e il comandat de seconde armade. La sconfite e puartà ae sostituzion dal gjenerâl Luigi Cadorna, che al veve dât la colpe de sconfite ai siei soldâts, cun Armando Diaz. I soldâts talians si riorganizarin avonde di corse fermant lis trupis austro-ungarichis e todescjis inte sucessive prime bataie de Plâf permetint cussì al esercit di difindi la gnove linie. Didascalia: Bataie di Cjaurêt Didascalia: Soldâts talians che a scjampin di Cjaurêt ESODO DOLOROSO LE LETTERE DI PROFUGHI Da Piacenza, 12 aprile 1918 Siamo qui a pregarla se lei potrebbe occuparsi di scrivere o al nostro comune di Cadeo o al Comitato o in qualche posto di poterci solevare cioè di farci avere le brande o qualche cosa siamo a dormire per terra come bestie abbiamo tante domande e non ci danno niente. Giacomo, Pietro e Antonio Gubiani. Da Macerata, 16 maggio 1918 Pregiatissimo Commissario, dal giorno 29 ottobre non ebbi nuove dei miei cari che credo siano rimasti là? Le sarei gratissima se ci volesse aiutare a farmi avere nuove, tanto per tranquillizzarmi un po’ nei momenti così dolorosi che attraversiamo. Io desidero sapere notizie di mio marito Pietro Cedaro di 55 anni, abitante in Maniaglia al n.16, soprannominato Masin. Anna Cedaro Da Torino, 11 gennaio 1918 Sono a pregare la sua cortesia di farmi sapere qualche notizia di mio marito che del ottobre de l’anno scorso non ho più notizie. Lui si trova nel 115 fanteria. (…) Così mi racomandi in lei se può trovare qualche tracce di questo povero uomo che è un anno che sono in pensiero per lui. Il suo indirizzo è caporale Copetti Antonio, nato a Gemona borgo scugelar. La saluto con stima. Elisa Copetti Lettere di profughi gemonsi all’Ufficio comunale di Firenze (Acg, b.322) in “Pense e Maravee”, anno 17 n. 5 2008 NATALE Una giornata scialba e nevosa quella del Natale 1917! Unico segno della grande Festività cristiana fu l’affluenza dei fedeli in Duomo. Sebbene per i militari cattolici ci fosse stata funzione apposita alle ore 9, pure alla Messa solenne, non pontificata però, assistevano frammisti al popolo numerosi ufficiali soldati e qualche dama della Croce Rossa. La sera precedente, nella sede del Comando Germanico a villa Celotti, il maggiore von Veltheim il nuovo comandante a cui accenna il Diario sotto la data del 26 – aveva adunato tutta l’ufficialità germanica. Nella stanza, ove in un lato era eretto l’albero di Natale, egli tenne un discorso dicendo, sostanzialmente, che era il terzo Natale che egli passava fuori dalla patria: il primo l’aveva trascorso in Russia con tre metri neve, il secondo, in Galizia con un freddo intenso, il terzo - aggiunse - lo passiamo in quest’Italia ideale… speriamo che il Natale prossimo ci trovi in situazione ancor migliore se pur non ci vedrà nelle nostre case. Seguirono alcuni canti: gli ufficiali pure cantavano. Musica lenta e malinconica. Poi furono distribuiti i doni; quindi seguì una lotteria. Mentre nella Casa del Soldato germanica (sita nel locale che, un giorno fu della Cattedra Ambulante) si cantava e ci si divertiva, fuori, nella strada, rischiarata dalla luna, dei soldati austriaci male in arnese, sostavano silenziosi… Nelle famiglie, la desolazione sostituiva il ceppo natalizio… Note – impressioni - appunti relativi al tempo dell’invasione nemica, in “Voce Amica” anno VI n. 9 1938, nota n. 40 OSPEDALE Per almeno settecento anni, fino al 1976, accanto al Duomo ci fu l’Ospedale. Il nucleo originario fu costruito nel 1259 col testamento di un certo Rodolone che stabilì: “Una casa che si trova presso la Chiesa di Santa Maria sia albergo per i poveri. Questa casa dei poveri sia pubblica”. A questa casa nel corso dei secoli se ne aggiunsero altre, gestite per secoli dalla confraternita di San Michele i cui soci si impegnavano a dare ogni anno un’offerta. Più recentemente l’Ospedale fu gestito da un Consiglio di Amministrazione, nominato dal Comune di Gemona. Nel 1880 alcune casette vennero demolite per far posto a fabbricati più capienti e razionali. La maggior parte di questi fabbricati ospitò le malate di mente delle provincie di Udine, di Gorizia e dell’Istria. Dalle cronache del 1886 sappiamo che le malate di mente lì ospitate vivevano abbastanza confortevolmente in ambienti puliti, letti con rete metallica, vitto buono tanto che un visitatore affermò che, più che un manicomio, l’Istituto sembrava un educandato. Le malate eseguivano svariati lavori, premiati con medaglia d’oro all’Esposizione di Udine del 1883 e a quelle di Torino nel 1884. Ecco l’elenco delle attività da loro svolte: filatura, tessitura, confezione di vestiti e di biancheria, stuoie, sporte, pantofole, scarperotti con rifiuti della fabbrica Stroili, maglie, lavori orticoli, fiori artificiali. In T. CANCIAN, Gemona, Arti Grafiche Friulane, 1999, pag. 78 Didascalia: Porta Udine GIUSEPPE FANTONI Giuseppe Fantoni (1869-1938) Giuseppe Fantoni al nassè a Glemone tal 1869, fradi plui grant dal sindic e onorevul Luciano. Lât predi, intal 1892 al deventà prefet gjenerâl di dissipline dal seminari di Udin cun mansions di viceretôr. Dal 1894 al tacà a insegnâ Letaris, prime tal cors gjinasiâl, daspò tal liceu. Tal 1917 al lassà il seminari. Di chel moment al sarà a Glemone, dulà che al fasarà di capelan dal ospedâl civîl, fabricîr, diretôr des sacris funzions e vuardian dal tesaur dal Domo. Daspò de disfate di Cjaurêt tal otubar dal 1917, cuant che lis trupis austro-todescjis a invaderin il Friûl, si cjatà a Glemone tant che capelan dal ospedâl San Michêl. Di cheste teribile esperience al tignì un diari, che al fo publicât a pontadis partint dal fevrâr dal 1938 sul boletin parochiâl di Glemone “Voce Amica”, cul titul Note – impressioni – appunti relativi al tempo dell’invasione nemica. La publicazion e ven interote tal mai dal 1940, cuant che il diari al ere rivât a contâ i fats sucedûts ai 30 di avrîl dal 1918. Si studà a Glemone l’11 di zenâr dal 1938. Didascalia: Mons. Giuseppe Fantoni BIBLIOGRAFIA AA.VV., 1918 L’orribile anno della vittoria, Forum AA.VV., Confine Orientale, Arti Grafiche Friulane, 1997 AA.VV., Glemone, S.F.F., 2001 G. AVIANI, B. LA BRUNA, 1915-17. La Grande Guerra nelle valli del Fella, Aviani editore, 1998 A. BAVECCHI, D. TONAZZI, Memorie di guerra. Il dovere o la regione, Edizioni Saisera, 2006 T. CANCIAN, Gemona, Arti Grafiche Friulane, 1999 G. CORNI, Il Friuli. Storia della società friulana. 1914-1925, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, 2000 G. DEL BIANCO, La guerra e il Friuli, Del Bianco editore, 2001 G. ELLERO, Storia del Friuli, Ribis, 1980 M. ERMACORA, Cantieri di guerra, Il Mulino, 2005 M. ERMACORA, P. STEFANUTTI a cura di, Strade di guerra, Comune di Trasaghis, 2003 M. ERMACORA, Gemona e la Grande Guerra, in “Pense e Maravee”, anno 17 n. 5 2008 L. FABI, G. MARTINA, G. VIOLA, Il Friuli del ‘15/18, Arti Grafiche Friulane, 2003 J. KUGY, La mia guerra nelle Giulie, Edizioni Saisera, 2008 M. PATAT, Sinfonie di nons, Arti Grafiche Friulane, 2003 W. SCHAUMANN, Le nostre montagne. Teatro di Guerra IIIb, Ghedina e Tessarotti ed. s.r.l., SITOGRAFIA www.centrostudibeppefenoglio.it www.cimeetrincee.it www.wikipedia.org www.zam.it
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