Non so immaginare la mia vita senza la pratica Shaolin
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1985 Si avvicina al kung fu in una delle prime scuole in Europa, a pochi metri da casa. 1988 La famiglia Gjergja si trasferisce in Australia, un cambiamento traumatico che lo avvicina però all’Asia. 1995 Si laurea e conclude gli studi tradizionali, per approfondire con maggior libertà la cultura Shaolin. 2004 È il primo discepolo Shaolin non cinese del gran maestro Shi De Yang e avvia attività didattiche in Europa. Non so immaginare la mia vita senza la pratica Shaolin Foto: Sandro Mahler Walter Gjergja, in arte Shi Xing Mi, si allena quotidianamente. lia e oggi vive con me in Ticino, avrei infatti diritto a farvi ritorno quando più lo desidero, per approfondire ulteriormente i miei studi e proseguire lì l’insegnamento». La disciplina con la quale Walter segue i dettami dello Shaolin si rispecchiano nella sua giornata tipo: «Mi alzo tutti i giorni intorno alle 6. Dopo un tè e una colazione leggera mi dedico alla meditazione per circa 30 minuti. Inizio quindi il mio allenamento quotidiano, che dura circa 90 minuti e può tenersi in casa o all’aria aperta, spesso nei boschi della Collina d’Oro. Faccio quindi una seconda colazione, stavolta più sostanziosa, e mi dedico poi al lavoro rispondendo a e-mail, scrivendo articoli e testi per seminari di diverso tipo. Le mie attività didattiche possono infatti spaziare dal corso individuale a Lugano alla con- ferenza coi maggiori dirigenti di una grossa multinazionale in giro per il mondo, in occasione della quale attingo allo Shaolin per infondere nuovi valori che rendano più produttivo e sostenibile il loro lavoro». Il cuore di una giornata di un monaco Shaolin è rappresentato dal pranzo. «Si tratta del pasto principale secondo la nostra cultura, quindi risulta molto abbondante: solitamente consumo molti carboidrati sotto forma di riso o pasta, molte verdure sia cotte, sia crude, uova, saltuariamente formaggio e ancor più raramente del pesce. Nel pomeriggio e la sera insegno, mi concedo una cena abbastanza leggera e infine mi dedico alla lettura, per poi addormentarmi intorno alle 23». Di solito Walter si muove «in borghese», ma non è raro vederlo sfilare nel Luganese con degli abiti tradizionali. «In effetti, se sto andando a insegnare, mi sposto già in uniforme. Questo capita in Ticino, ma anche in altre località del mondo tra stazioni ferroviarie e aeroporti. Qualche volta intercetto degli sguardi perplessi da parte degli altri viaggiatori, ma vengo avvicinato solo da chi riconosce l’uniforme Shaolin, si incuriosice e vuole sapere dove insegno». E in qualche caso la divisa ha avuto il merito di debellare sul nascere una rissa. «Mi trovavo a Berlino, alla stazione centrale. Tre giovani evidentemente ubriachi hanno iniziato a insultare, spintonare e minacciare le persone in attesa. Mi sono avvicinato avvisandoli, con gentilezza, che la loro condotta non era opportuna e in quell’istante uno di loro ha riconosciuto i miei abiti. Il gruppo ha quindi immediatamente smesso di disturbare la folla per farmi molte domande su ciò che loro sapevano sulla cultura Shaolin e sulla pratica del kung fu. I toni si sono così fatti molto pacati e cortesi, e dopo qualche minuto di conversazioni hanno ringraziato, augurato buon viaggio e preso il loro treno». Soffia il vento, in un pomeriggio soleggiato a Montagnola. Le fronde delle piante si agitano, le foglie ondeggiano, ma il Buddha di sasso grigio resta lì: immobile e sorridente. ● Cooperazione · N. 22 del 26 maggio 2015 69
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