I Comitati Aziendali Europei Studi di caso - CGIL Emilia

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I Comitati Aziendali Europei Studi di caso - CGIL Emilia
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I Comitati Aziendali Europei
Studi di caso
a cura di Volker Telljohann
2006
Un bilancio qualitativo del funzionamento dei CAE: le esperienze di alcuni gruppi italiani.......................... 3
di Volker Telljohann................................................................................................................................... 3
Il Gruppo agroalimentare italiano.................................................................................................................... 9
di Volker Telljohann................................................................................................................................... 9
Il gruppo Danone........................................................................................................................................... 25
di Davide Dazzi e Volker Telljohann........................................................................................................ 25
Il gruppo Eni.................................................................................................................................................. 41
di Davide Dazzi e Volker Telljohann........................................................................................................ 41
Il gruppo Ferrero............................................................................................................................................ 67
di Davide Dazzi e Volker Telljohann........................................................................................................ 67
Il gruppo Marazzi .......................................................................................................................................... 83
di Davide Dazzi e Volker Telljohann........................................................................................................ 83
Il gruppo Merloni .......................................................................................................................................... 93
di Davide Dazzi e Volker Telljohann........................................................................................................ 93
Il gruppo Parmalat ....................................................................................................................................... 103
di Davide Dazzi e Volker Telljohann...................................................................................................... 103
Il gruppo Pirelli............................................................................................................................................ 119
di Mirella Baglioni e Giulio Campanini ................................................................................................ 119
Il Gruppo Riva............................................................................................................................................. 129
di Davide Dazzi e Volker Telljohann...................................................................................................... 129
Il gruppo Whirlpool..................................................................................................................................... 139
di Davide Dazzi e Volker Telljohann...................................................................................................... 139
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Un bilancio qualitativo del funzionamento dei
CAE: le esperienze di alcuni gruppi italiani
di Volker Telljohann
In questo contributo verranno presentati alcuni risultati di una ricerca che si è occupata
del funzionamento dei Comitati aziendali europei (Cae).1 Nell’ambito della ricerca sono
stati realizzati cinquanta studi di caso distribuiti sui vari settori. Per ogni studio di caso sono
stati intervistati un rappresentante del comitato aziendale europeo nel paese in cui il gruppo
ha la sua sede principale ed un delegato del Cae in un altro paese in cui il gruppo è presente
con un’affiliata. Questo approccio ci ha permesso di identificare le differenze che esistono
all’interno dei Cae rispetto alla valutazione del suo stesso funzionamento. Inoltre, sono stati
intervistati i rappresentanti sindacali che hanno assunto il ruolo di coordinatore, il che
significa che hanno il compito di seguire e sostenere il comitato aziendale europeo per conto
delle rispettive federazioni europee o in alcuni casi anche per conto del sindacato nazionale.2
Nell’ambito della ricerca sono stati analizzati il ruolo dell’accordo costitutivo del Cae
per il suo funzionamento ed, inoltre, i vari livelli di interazione del Cae. L’aspetto delle
interazioni riguarda in particolar modo
1. le dinamiche interne al Cae,
2. il rapporto fra Cae ed organizzazioni sindacali,
3. il rapporto fra Cae e strutture nazionali di rappresentanza degli interessi,
4. il rapporto fra Cae ed il management.
Inoltre, si è cercato di esaminare quali sono le attività svolte dal Cae per poter
identificare il suo ruolo effettivo. L’ultimo aspetto dell’analisi riguarda lo sviluppo delle
attività dei Cae e quindi del loro ruolo effettivo nel corso del tempo: è stato analizzato il
modo in cui le attività dei Cae si sono sviluppate dal momento della loro costituzione fino
ad oggi.
Il ruolo degli accordi costitutivi
Per quanto riguarda la rilevanza degli accordi si può osservare che non esiste
necessariamente un legame diretto fra la qualità degli accordi ed il funzionamento dei Cae.
Se un buon accordo non rappresenta una garanzia per la qualità dell’attività dei Cae,
viceversa, esistono casi in cui gli accordi sono mediocri e, comunque, l’attività del Cae è
piuttosto avanzata.
Un altro aspetto riguarda il rinnovo degli accordi che in alcuni casi ha portato ad un
miglioramento dei contenuti. Visto che gran parte degli accordi è stata firmata prima che la
direttiva entrasse in vigore si potrebbe supporre che nel frattempo molti accordi siano stati
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Il progetto “Quality inventories on the operation and results of European Works Councils” è stato finanziato con i
fondi della linea di finanziamento B3-4003 della Direzione generale Occupazione e affari sociali della Commissione
europea. Il contenuto di questo contributo rappresenta esclusivamente il punto di vista dell’autore. La Commissione
europea non è responsabile per l’eventuale utilizzo delle informazioni contenuti in questo contributo.
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La decisione di intervistare anche i coordinatori da parte delle strutture sindacali ha tenuto conto del ruolo oggettivo
che in molti casi i coordinatori svolgono per il funzionamento dei Cae.
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rinnovati. Invece, nella maggior parte dei casi il rinnovo dell’accordo non è ancora
avvenuto. Nei casi in cui invece è avvenuto un rinnovo si possono distinguere due
possibilità: quella in cui l’accordo esistente è stato semplicemente prorogato e quella in cui
il rinnovo ha portato a modifiche, a volte anche significative, del contenuto degli accordi.
L’estensione dei diritti dei Cae come risultato di un rinnovo dell’accordo riguarda, per
esempio, argomenti come la presenza del sindacato agli incontri del Cae, o più in generale il
ruolo del sindacato riguardo al Cae. In diversi accordi viene stabilito che le organizzazioni
sindacali ottengono posti come membri effettivi nei Cae. Altri esempi di miglioramento
degli accordi Cae riguardano il diritto di
• organizzare corsi di formazione per i membri del Cae;
• estendere la rappresentanza all’interno del Cae ai paesi candidati;
• introdurre organismi ristretti all’interno del Cae;
• avere dei momenti di valutazione dopo l’incontro annuale con il management;
• poter visitare gli stabilimenti del gruppo;
• costituire delle commissioni o dei gruppi di lavoro che si occupino di tematiche
specifiche come ad esempio salute e sicurezza, formazione professionale o pari
opportunità.
L’ estensione dei diritti in occasione del rinnovo dell’accordo rappresenta in genere il
riconoscimento di precedenti pratiche informali.
I vari livelli di interazione del Cae
LE DINAMICHE INTERNE AL CAE
Per quanto riguarda le dinamiche interne, l’interesse di ricerca riguardava il rapporto fra
delegati provenienti da culture di relazioni industriali spesso molto diverse fra loro. Inoltre
si è cercato di analizzare il ruolo dei comitati ristretti all’interno dei Cae, così come il
rapporto fra i delegati appartenenti alla casa madre ed i delegati delle sussidiarie presenti
negli altri paesi dell’Unione europea.
Per migliorare la coesione interna e, di conseguenza, il funzionamento vero e proprio
dei Cae, sarebbe da valorizzare di più in futuro la riunione di preparazione, la quale può
avere una funzione fondamentale, non solo per preparare l’incontro con il management, ma
anche per sviluppare la coesione interna al Cae. Nei casi positivi, attraverso uno scambio di
esperienze fra i delegati dei diversi paesi di un Cae, avvengono dei processi di
apprendimento in materia di altre culture di relazioni industriali. Uno dei maggiori problemi
all’inizio dell’attività di un qualsiasi Cae riguarda, infatti, la mancanza di conoscenze
rispetto ai diversi contesti nazionali in cui lavorano gli altri colleghi del Cae. La giornata di
preparazione potrebbe quindi assumere una funzione importante, soprattutto rispetto allo
sviluppo di conoscenze delle realtà negli altri paesi, ma anche rispetto alle possibilità di
organizzare uno scambio di esperienze di buona pratica. In alcuni casi, certe esperienze
positive realizzate in un contesto nazionale sono state riprese da colleghi di altri paesi come
spunto per il loro lavoro di delegato a livello nazionale.
Gli organismi ristretti hanno una funzione importante per facilitare la comunicazione,
soprattutto fra le riunioni annuali. Esiste comunque il rischio che la comunicazione avvenga
solo fra i membri del comitato ristretto, escludendo tendenzialmente gli altri membri del
Cae. Può anche succedere che il management tenti di sostituire il comitato ristretto al Cae,
cercando, per esempio, di abbreviare in questo modo i tempi in caso di ristrutturazione.
Per quanto riguarda i mezzi di comunicazione, esiste ancora in qualche caso il problema
che non tutti i membri del Cae sono raggiungibili durante l’orario di lavoro. Poi esistono
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delle differenze fra impiegati ed operai. Mentre quasi tutti gli impiegati hanno a
disposizione la posta elettronica che facilita la comunicazione, gli operai difficilmente
possono accedere a questa tecnologia. Rispetto agli operai si pone quindi la necessità di
trovare delle soluzioni che garantiscano la loro reperibilità.
Infine vi è il problema della lingua. I risultati della ricerca suggeriscono che fra un
incontro annuale e l’altro i delegati si devono arrangiare e non sempre trovano soluzioni
soddisfacenti. In alcuni casi queste difficoltà di comunicazione rappresentano un vero
limite. In vista della revisione della direttiva si dovrebbero inserire dei diritti attraverso i
quali si possa risolvere il problema della lingua. Si potrebbe per esempio pensare a un
budget di cui il Cae possa disporre per finanziare traduttori ed interpreti. Inoltre sarebbe
opportuno introdurre un diritto alla formazione per poter studiare una lingua.
Per migliorare il funzionamento del Cae è anche indispensabile garantire un monte ore
spendibile per le attività legate al Cae. In genere il monte ore viene calcolato in modo da
garantire la partecipazione alle riunioni annuali e non sono previste delle ore per il lavoro
fra le riunioni annuali. Non concepire un monte ore per le attività nell’ambito del Cae è
indice di poca considerazione di questa struttura di rappresentanza.
Nelle interviste molti membri dei Cae hanno anche evidenziato il bisogno di uno
scambio di esperienze con colleghi di altri Cae. Questo bisogno è dovuto, fra l’altro, al fatto
che muoversi sul campo europeo per i delegati costituisce molto spesso una novità. Si
devono quindi muovere su un campo nuovo e complesso. Tale complessità e le incertezze
che ne derivano rendono necessario un confronto con altri colleghi. Da questo punto di vista
l’iniziativa di creare un portale rappresenta un contributo importante per favorire questo tipo
di scambio.
IL RAPPORTO FRA CAE ED ORGANIZZAZIONI SINDACALI
Il rapporto fra Cae ed organizzazioni sindacali risulta molto complesso perché avviene a
vari livelli: il Cae si rapporta, infatti, con le federazioni europee, con i sindacati di categoria
a livello nazionale e, nel caso di alcuni gruppi italiani, anche con le strutture territoriali e
regionali. In certi casi il pluralismo sindacale può rendere i rapporti ancora più complessi.
In generale si può affermare che, per quanto riguarda l’Italia, il rapporto fra i Cae dei
gruppi italiani e le organizzazioni sindacali è positivo e piuttosto stretto. Il rapporto con il
sindacato viene giudicato utile e c’è una forte richiesta da parte dei membri dei Cae di un
supporto da parte del sindacato, non solo durante le riunioni con il management, ma anche
fra le riunioni annuali. I membri aziendali del Cae chiedono per esempio spesso un supporto
da parte del sindacato in materia di politiche europee. La richiesta di supporto
probabilmente è dovuta al fatto che i rappresentanti delle organizzazioni sindacali hanno in
genere più esperienza sul campo delle relazioni industriali a livello europeo e che, in più,
dispongono di conoscenze specifiche ed approfondite che li rende più preparati a valutare ed
interpretare i dati forniti dal management durante gli incontri annuali.
Ma non esiste solo la richiesta di supporto del Cae nei confronti del sindacato, viceversa
anche il sindacato vede sempre di più l’utilità del Cae come fonte di informazione e, a volte,
come luogo di coordinamento. Alle organizzazioni sindacali possono, infatti, servire le
informazioni che vengono fornite durante le riunioni con il management ed anche le
informazioni sulla situazione sindacale negli altri paesi. Inoltre i Cae possono servire loro
per impostare azioni sindacali a livello europeo, come è avvenuto, per esempio, nel caso
della Fiat dove il sindacato, in questo caso la federazione europea dei metalmeccanici ha
indetto una giornata di azione come risposta alle scelte strategiche del management
nell’ambito della crisi del gruppo Fiat. Inoltre, è da sottolineare che in alcuni casi il Cae, in
stretta cooperazione con il sindacato, ha anche già firmato degli accordi. Non è quindi da
escludere che le strutture sindacali europee, in cooperazione con i sindacati nazionali,
possano cercare di utilizzare i Cae in modo più efficace per conquistare una funzione di
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negoziazione a livello europeo, soprattutto nell’ambito di processi di ristrutturazione.
Riconoscendo, quindi, di più le potenzialità di questo nuovo strumento di rappresentanza a
livello europeo pare che ci sia una tendenza in atto fra le organizzazioni sindacali che va
nella direzione di una rivalutazione dei Cae. Di conseguenza, alcuni sindacati hanno
cominciato a cambiare la loro strategia nei confronti dei Cae investendo di più in questa
nuova realtà.
Per quanto riguarda la cooperazione fra Cae ed organizzazioni sindacali in Italia
esistono diversi approcci. Ci sono sindacati di categoria che affidano la politica di supporto
all’ufficio internazionale, mentre ci sono altri sindacati che affidano questo compito al
dipartimento che segue il gruppo o il settore dal punto di vista contrattuale. Oltre a queste
differenze dal punto di vista della funzione sindacale, esistono anche delle differenze
rispetto ai livelli sindacali: ci sono sindacati che affidano la politica di supporto alle strutture
nazionali, mentre altri la affidano alle strutture territoriali. Tutte queste scelte si basano su
una loro logica, e proprio per questo motivo il vero obiettivo dovrebbe essere quello di
cercare il più elevato livello possibile di integrazione fra le diverse funzioni ed i vari livelli
sindacali interessati alla tematica dei Cae. La scelta di affidare all’ufficio internazionale la
funzione di supporto è ragionevole perché esso si occupa di politiche europee e quindi
riesce a dare un’enfasi alla dimensione europea mentre il dipartimento di contrattazione
potrebbe dare la priorità alle specificità ed alle problematiche di settore o di gruppo. Dal
punto di vista dei livelli organizzativi, le strutture nazionali potrebbero garantire più
visibilità ed esperienza; affidando invece la funzione di supporto alle strutture territoriali si
potrebbe avere il vantaggio di un rapporto più stretto ed immediato fra Cae e sindacato.
Infatti, in quasi tutti i casi analizzati in cui sono le strutture territoriali a fornire un supporto
al Cae il giudizio del Cae stesso rispetto al rapporto con il sindacato è stato molto positivo.
Per quanto riguarda il ruolo formale del sindacato rispetto ai Cae, nei casi dei gruppi
italiani si può osservare che esistono delle differenze fra le varie categorie. In alcune
categorie sono diffusi casi in cui i sindacalisti sono membri effettivi del Cae, in altre
categorie, invece, troviamo quasi esclusivamente casi in cui sindacalisti partecipano
all’attività del Cae come esperti esterni. Una ragione di queste differenze è probabilmente
da ricercare nelle diverse culture e tradizioni di relazioni industriali.
Se, da un lato, è vero che per quanto riguarda il rapporto fra Cae e sindacato esiste, in
generale, un rapporto positivo e costruttivo, dall’altro lato, possono comunque verificarsi
anche dei problemi. Un tipo di problema che si può presentare, soprattutto quando i
sindacalisti sono membri effettivi del Cae, è che i sindacalisti diventino protagonisti
assoluti, dominando in questo modo l’attività dei Cae. Un altro problema riguarda invece la
rinata competizione fra i tre sindacati italiani. Esistono dei Cae nei quali i membri
provenienti dall’azienda hanno avvertito il rischio che le tensioni fra i sindacati vengano
riprodotte all’interno dei Cae. Una tale tendenza significa ovviamente un grave rischio per
l’efficacia del lavoro dei Cae. Inoltre, la riproduzione di conflitti fra sindacati nazionali nel
Cae provoca incomprensione e disappunto soprattutto nei delegati stranieri.
Il problema dell’unità sindacale può anche rappresentare un problema in quei casi nei
quali sindacalisti italiani non partecipano alle riunioni del Cae. In questi casi si può
verificare una situazione di limitata integrazione fra Cae e sindacato in quanto la
comunicazione avviene solo fra i vari membri del Cae ed il loro sindacato di appartenenza.
La ridotta comunicazione rappresenta un problema soprattutto quando non tutti i sindacati
sono rappresentati attraverso un loro delegato aziendale, come succede spesso nei Cae di
gruppi stranieri.
Per quanto riguarda il rapporto fra sindacati e Cae è da evidenziare un altro fenomeno.
Pare che i sindacati nazionali si concentrino a seguire i Cae del proprio paese. I membri dei
Cae con casa madre all’estero invece spesso non vengono seguiti. Questo approccio implica
che da un lato questi delegati non ottengono né supporto né indicazioni di orientamento, e
dall’altro anche che il sindacato rinuncia ad una fonte di informazione che prima non aveva
a disposizione. Da questo punto di vista sembra infatti paradossale che i sindacati
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concentrino le loro risorse sui Cae del proprio paese, che in genere non forniscono un valore
aggiunto significativo rispetto alle fonti di informazione già esistenti nell’ambito del sistema
di relazioni industriali a livello nazionale, mentre trascurano i membri nazionali dei Cae di
gruppi stranieri che invece potrebbero rappresentare una vera risorsa aggiuntiva per il
sindacato.
IL RAPPORTO FRA CAE E LE STRUTTURE DI RAPPRESENTANZA A
LIVELLO AZIENDALE
Il rapporto con le strutture di rappresentanza a livello aziendale è tuttora caratterizzato
da una certa lontananza fra i Cae e le Rsu. Solo in pochissimi casi avviene veramente
un’informazione sistematica da parte dei Cae sui risultati delle riunioni. In molti casi i
delegati che fanno parte del Cae informano la Rsu del proprio stabilimento, ma non c’è una
strategia vera e propria che garantisca di informare in modo sistematico tutte le strutture
delle Rsu. Anche se nella maggior parte dei gruppi italiani analizzati esistono dei
coordinamenti di gruppo, essi vengono utilizzati raramente per diffondere le informazioni
riguardanti le attività dei Cae. Oggi ci sarebbero anche nuovi mezzi di comunicazione;
sarebbe per esempio utile sviluppare una newsletter elettronica o creare un sito intranet del
Cae. Finora anche questi mezzi sono stati poco utilizzati. Si può quindi affermare che
l’integrazione fra Cae e Rsu è ancora poco sviluppata. Per aumentare il riconoscimento dei
Cae anche nell’ambito delle relazioni industriali nazionali diventa indispensabile sviluppare
una politica di informazione più sistematica rispetto alle Rsu, ma anche rispetto ai lavoratori
stessi.
Un altro aspetto critico consiste nel fatto che il Cae viene vissuto da parte delle Rsu
come una struttura di scarsa utilità per il lavoro quotidiano. Inoltre, si considera molto
limitativo il diritto di informazione e consultazione.
IL RAPPORTO FRA CAE E MANAGEMENT
La qualità del rapporto con il management viene determinata dalla quantità, dalla
qualità e dalla tempestività delle informazioni, da un lato, e dalla presenza o meno di
processi di consultazione, dall’altro. Si possono identificare quattro strategie di
management. Esistono delle esperienze estremamente negative dove un Cae che è stato
costituito poi non si è mai riunito. In questi casi si dovrebbe pensare anche di procedere per
via legale, per costringere il management a rispettare gli accordi firmati. Poi si possono
osservare delle strategie del management che si potrebbero definire minimaliste. In questi
casi il management cerca di rispettare i suoi obblighi senza concedere niente di più. Un altro
tipo di strategia è caratterizzato dal tentativo di strumentalizzare il Cae per gli obiettivi
strategici del management. Quando il Cae non ha una propria strategia ben definita il rischio
è che il tentativo di una strumentalizzazione porti ad una divisione interna o ad una
subalternità del Cae. Questo rischio si pone soprattutto nell’ambito di processi di
ristrutturazione.
Infine, c’è una strategia del management che si può definire costruttiva. Il rapporto fra
Cae e management è caratterizzato dal fatto che il management si dimostra disponibile a
concedere dei diritti che vanno oltre i contenuti della direttiva europea. Il rapporto fra Cae e
management si basa quindi su vantaggi reciproci. Questo atteggiamento costruttivo risulta,
da un lato, in diritti e strumenti nuovi per il Cae e, dall’altro lato, in procedure di effettiva
consultazione, intesa come possibilità di influenzare le decisioni manageriali.
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IL RUOLO DEL CAE
Finora è stato trattato soprattutto l’aspetto del funzionamento dei Cae, che riguarda le
interazioni, gli strumenti a disposizione e i diritti di cui è possibile usufruire. Esiste
comunque anche l’aspetto del contenuto del lavoro del Cae, dei suoi obiettivi, della sua
strategia e del suo ruolo in generale. Nelle interviste effettuate è emerso che spesso il punto
critico riguarda il ruolo che il Cae dovrebbe assumere. In tanti casi viene sottolineato il
bisogno di fare un salto di qualità. Concretamente ciò significa che i Cae finora si sono
trovati spesso in una posizione sostanzialmente passiva, ricevendo delle informazioni senza
essere veramente stati consultati. Un ruolo passivo porta necessariamente, nel corso del
tempo, a problemi di motivazione e di conseguenza si pone la necessità di discutere della
prospettiva del Cae che dovrebbe consistere in un passaggio ad un ruolo attivo.
Rispetto ad una tale prospettiva pare che la dimensione temporale sia di una certa
importanza. Per quanto riguarda alcuni Cae che esistono già da più tempo si può osservare
che c’è stato un processo evolutivo. Nel corso del tempo sono avvenuti dei processi di
apprendimento che hanno portato ad un miglioramento del funzionamento. In qualche caso
questo processo evolutivo ha portato anche alla definizione di una vera e propria strategia
condivisa da tutti i membri del Cae.
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Il Gruppo agroalimentare italiano
di Volker Telljohann
Sintesi
Il Cae del gruppo alimentare è stato fondato nel 2000 ed è quindi ancora relativamente
giovane. Una parte dei problemi di questo Cae è sicuramente dovuta alla mancanza di
esperienza. In più esistono problemi che sono legati alle peculiarità strutturali del gruppo.
Si tratta infatti di un gruppo ancora fortemente ancorata nella tradizione italiana. Così
anche all’interno del Cae sono le relazioni industriali italiane ad essere dominanti e ad
impedire lo sviluppo di una struttura di rappresentanza autenticamente europea. All’interno
del Cae la cultura italiana si scontra con altre culture di relazioni industriali
profondamente diverse. Di conseguenza la ricerca di una strategia condivisa diventa in
questo modo molto difficile. In più c’è un approccio del management che fino ad oggi si è
dimostrato poco rispettoso dei diritti del Cae. Come risultato di questi problemi ed ostacoli
il Cae deve puntare oggi sia a un miglioramento del suo funzionamento da un punto di vista
tecnico ed operativo, sia alla conquista di un ruolo effettivo di informazione e consultazione
da un punto di vista più politico. Per raggiungere questi obiettivi è comunque necessario
migliorare la coesione interna attraverso processi di apprendimento interculturale.
Il gruppo
L’azienda agroalimentare è stata costituita a Parma nel 1877 da una bottega di pane e
pasta ed attualmente rappresenta il primo gruppo alimentare italiano per la produzione e
commercializzazione di pasta, settore nel quale ricopre anche una figura di leader mondiale.
L’attività produttiva si concentra inoltre sui prodotti da forno e sui sughi pronti dove occupa
la prima posizione nel mercato italiano e la terza posizione in Europa. Nel 2001, dai suoi
stabilimenti operanti in Europa, Asia e America sono uscite complessivamente 1.265.000
tonnellate di prodotti alimentari in forma di: pasta di semola, pasta all’uovo e ripiena, sughi
pronti, sostituti del pane, biscotti frollini e farciti, merende, torte e snack, pani croccanti.
L’atteggiamento aziendale mantenuto in un confronto internazionale ha sempre traspirato
un’ottica di un industria di marca che ha fatto della qualità il proprio valore aggiunto.
Proprio nel rispetto di questo principio deve essere considerato il consistente e continuo
investimento pari a 70 miliardi nel 2000, nell’attività di Ricerca e Sviluppo di prodotto e di
processo.
Nei mercati dei paesi di riferimento il Gruppo nel complesso ha registrato un’ulteriore
espansione delle vendite del 9% nel 2000 e la vasta gamma di prodotti ha valicato il confine
italiano e si è ritagliata una consistente porzione dei mercati mondiali (Grafico 1). Nel 2001
si è riscontrato una crescita delle vendite sul mercato estero di circa il 10%, confermando e
superando quindi i valori dell’anno precedente. Particolare interesse ha suscitato l’energico
allargamento del Gruppo sul mercato statunitense dove si è rilevata una dilatazione della
quota di mercato da 11% a 13%. Le attività del Gruppo hanno portato il fatturato di bilancio
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ad una considerevole cifra pari a 2200 milioni di euro, con un incremento
approssimativamente del 5% rispetto al 2000.
Paesi
Grafico 1: Quote di mercato all’estero, 2000
USA
Turchia
Svizzera
Svezia
Messico
Grecia
Giappone
Germania
Francia
Brasile
A ustralia
11%
22%
14%
20%
10%
41%
4%
7%
15%
33%
7%
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
45%
Quote di m e rcato
Fonte: Bilancio 2000.
La struttura organizzativa del gruppo trova la sua sede direttiva a Parma, Italia, e consta
di una intelaiatura di 15 società distribuite su gran parte del globo terrestre, toccando quattro
continenti: America, Asia, Australia ed Europa (Grafico 1). La produzione si sviluppa
attualmente in 27 stabilimenti ed impianti produttivi, di cui 20 rientrano nel territorio
nazionale, e sono così suddivisi: 8 mulini, da cui si ricava circa il 70% delle materie prime
occorrenti, 7 pastifici, 11 forni ed 1 stabilimento per surgelati e piatti pronti.
L’organico del Gruppo al 31 dicembre 2001 in Europa era pari a 7033 unità, di cui 5406
in Italia (Tabella 1), rivelando così una struttura aziendale radicata ancora profondamente
nel territorio italiano e solo parzialmente orientata ad assumere una configurazione globale.
Considerando i valori occupazionali in percentuale si mette ancora più in evidenza la
preponderanza della popolazione lavorativa italiana nel gruppo: il 76,8% della forza lavoro
del gruppo è concentrata nella casa madre, in Italia. Tra gli anni 2000 e 2001 il livello
occupazionale del gruppo ha subito una leggera flessione passando da 7340 nel 2000 a
7033, come ricordato prima, nel 2001. È da registrare una diminuzione del personale tra il
1999 e il 2000 di 1151 unità dovuta principalmente all’effetto dell’uscita dal consolidato di
una società che faceva parte della Holding del gruppo come conseguenza di una crescente
divergenza di strategie, di canali distributivi e di tecnologie che non rendevano
l’appartenenza al Gruppo economicamente favorevole. L’intero pacchetto azionario della
suddetta società, che conta 752 dipendenti, è stato trasferito dalla Holding ad una finanziaria
di proprietà sempre del gruppo e quindi, pur rimanendo sotto il controllo del presidente del
gruppo, i suoi risultati di bilancio non sono confluiti nel consolidato della Holding.
Osservando la tabella n.1 si rileva che mentre il livello occupazionale mondiale nel 2001 è
diminuito di circa 300 unità, il livello europeo ed italiano sono saliti sensibilmente. Da ciò si
arguisce che le strategie aziendali tendono ancora a concentrarsi sul territorio italiano o per
lo più europeo.
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Tabella 1: Dipendenti del Gruppo in Europa, negli anni 1999-2000-2001
Paese
Totale 1999
Totale 2000
Totale 2001
59
43
144
69
353
178
655
66
18
67
364
187
654
64
18
6
17
18
19
1652
1305
2564
5521
5784
8491
1614
1231
2422
5267
6624
7340
1604
1257
2545
5406
6755
7033
Francia
Germania
Grecia
Svezia
Norvegia
Danimarca
Olanda
Benelux, Iberia,
Svizzera, Austria, Regno
Unito
Italia
Servizi vari
Primo Piatto
Bakery
Totale Italia
Totale Europa
Totale Mondiale
Fonte: Bilancio 2000 e 2001.
In termini organizzativi si rileva una struttura orizzontale portante all’interno della
quale si diramano verticalmente altre due strutture operative per business: Primo Piatto e
Prodotti da Forno La struttura organizzativa a matrice così articolata deriva dalla
trasformazioni del 2001 miranti ad ottenere una maggiore focalizzazione su mercati e
prodotti di competenza. Proprio nel 2001 si sono infatti costituite le due strutture operative a
livello globale denominate: Primo Piatto, per Pasta, Sughi e Gastronomia e la seconda per
prodotti da Forno (Bakery). Nel 2000 si è verificata la cessione, da parte del Gruppo, del
ramo logistico-distributivo ad una società controllata in modo tale da offrire un
collegamento tra produttore e venditore nel mondo della Grocery attraverso una presenza
capillare sul territorio (oltre 80000 i punti serviti). Nel 2001 il Gruppo confermava la sua
preminenza in Italia sul mercato della pasta, detenendone il 32,8%, dei prodotti da forno,
31,2% biscotti e 48,9% fette biscottate, e dei sughi, 25,1%. La gestione delle due nuove
business unit sono affidate a due distinti Amministratori Delegati.
La linea strategica adottata dal Gruppo presenta una duplice tendenza. Da un lato mira a
entrare nei mercati internazionali proponendo, attraverso due marchi di fama mondiale,
prodotti di riconosciuta qualità che hanno fatto della loro semplicità e genuinità una
prerogativa: pasta di semola, pasta all’uovo, sughi ed un ampio ventaglio di prodotti da
forno indirizzati in particolar modo alla famiglia. Dall’altro lato si tende a penetrare nei
mercati locali attraverso l’acquisizione di marchi nazionali, o a caratterizzazione regionale,
di sperimentata maturità, così come è accaduto in Svezia, Turchia, Grecia ed ultimamente
anche in Messico e in Germania dove nel 2002 è stata acquisita la più grande azienda
panificatrice di Europa, con 1750 miliardi di euro di fatturato nel 2000 e 13806 dipendentiescludendo la società partecipata francese. Il passaggio di proprietà è avvenuto però con
l’accordo, per l’azienda tedesca, di mantenere un’entità legale indipendente a Düsseldorf e
per il gruppo italiano di non disinvestire in nessuna delle operazione in corso della società
tedesca.
La struttura organizzativa del Gruppo si sviluppa trasversalmente articolandosi in tre
diverse aree territoriali: Regione Europa, Regione Nord America e Regione dei Mercati
internazionali in via di sviluppo. A sua volta la Regione Europa viene suddivisa in altri 5
sottoaree geografiche: Italia, Sud-Est Europa (Grecia, Albania, Macedonia, Bulgaria), SudOvest Europa (Francia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Spagna, Portogallo, Regno
Unito, Irlanda), Europa Centrale (Germania, Austria, Svizzera, Polonia) e Nord Europa
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(Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia). A livello Europeo il Management centrale in
Italia accentrerà le funzioni di Finanza, Customer Service Logistico Europeo, Risorse
Umane Europee, Unità di Customer Business Development con gestione degli International
Key Account, Category Management eTrade Marketing Service La strategia organizzativa
in Europa si propone di individuare un polo di coordinamento per ognuna della 5 sottoaree
geografiche europee con funzioni di Trade Marketing, Category Management, National
Account, Finance, Human Resources, Sales Administration e Customer Serivice Logistico.
Contemporaneamente si mira a sviluppare a livello nazionale dei Sales Department secondo
un principio di coerenza e sostenibilità con la dimensione della Business Unit. Dal punto di
vista del Trade il Gruppo preme su tre punti commerciali nevralgici in Europa, oltre
ovviamente a quello italiano, per allargare i propri mercati: sulla Germania per il mercato
nord est europeo, sull’Olanda per il mercato nord ovest europeo e sulla Francia per il
mercato sud europeo.
Nel 2000 si sono registrati ingenti investimenti, pari circa a 100 milioni di euro, in
immobilizzazioni materiali finalizzati al miglioramento tecnologico e al potenziamento
della capacità produttiva in Italia ed all’estero. L’intento che gli investimenti intendevano
perseguire trova una sua concretizzazione nell’inaugurazione del nuovo pastificio di Tebe
(Grecia), nella nuova ala dello stabilimento di Castilgione delle Stiviere ormai il più grande
polo europeo per prodotti da forno, nell’installazione nel sito di Cremona di nuovi sistemi
per la produzione e il confezionamento delle torte, nella nuova linea di produzione a Melfi e
nel restauro del Mulino danneggiato a Bolu (Turchia).
Il contesto delle relazioni industriali
All’interno del gruppo sono presenti tre sindacati di categoria, la Flai-Cgil, la Fai-Cisl e
la Uila-Uil. Di questi tre sindacati la Flai-Cgil è la più rappresentativa. In passato i rapporti
fra di loro erano caratterizzati da un’unità d’azione nell’ambito della quale venivano firmati
accordi aziendali unitariamente. In seguito alle recenti tendenze di competizione fra le
rispettive confederazioni Cgil, Cisl e Uil anche a livello di gruppo i rapporti fra i tre
sindacati di categoria si sono inaspriti. Esistono comunque a livello degli stabilimenti delle
Rsu che sono strutture di rappresentanza unitarie e a livello nazionale esiste un
coordinamento di gruppo, ovvero un coordinamento unitario delle Rsu.
Le relazioni industriali italiane sono state tradizionalmente di tipo cooperativo e
caratterizzate da un buon livello di informazione, consultazione e contrattazione. I processi
di internazionalizzazione, secondo il delegato italiano outsider, hanno portato ad un
cambiamento nei rapporti fra sindacato e management. Sempre secondo il delegato il
management centrale utilizzerebbe i processi di internazionalizzazione per creare un clima
di competizione fra gli stabilimenti e per fare pressione soprattutto sui sindacati italiani e
sulle strutture di rappresentanza a livello aziendale. Di conseguenza, in Italia le relazioni
industriali si sono inasprite. Ciononostante 2 dei 3 intervistati delegati italiani insider
dichiarano che le relazioni industriali sono di tipo cooperativo. Solo un delegato incider
descrive le relazioni industriali come una cooperazione conflittuale. Tutti i rappresentanti
del management nel Cae, sia gli italiani, sia lo svedese, considerano le relazioni industriali
cooperative.
Mentre in Italia le relazioni industriali sono considerate di tipo rivendicativo in paesi
come Svezia e Germania anche i rispettivi modelli di codeterminazione sono di grande
rilevanza nell’ambito delle relazioni fra management e rappresentanti dei lavoratori. Questi
modelli vengono percepiti da parte dei delegati italiani come modelli incentrati di più sulla
partecipazione.
Esistono poi anche delle differenze per quanto riguarda il rapporto fra le strutture di
rappresentanza aziendale e le organizzazioni sindacali. In Germania per esempio il consiglio
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di azienda (Betriebsrat) del gruppo agroalimentare è formalmente autonomo rispetto alle
organizzazioni sindacali. Le sue competenze sono definite dalla legge e riguardano più
diritti di partecipazione mentre l’attività delle Rsu si concentra soprattutto sulla
contrattazione.
La costituzione del Comitato aziendale europeo
LA FASE DI COSTITUZIONE
Il Cae è stato costituito su iniziativa congiunta delle organizzazioni sindacali e della
direzione centrale. Secondo il delegato italiano outsider le Rsu hanno cominciato a partire
dal 1995, quando ha iniziato il vero processo di internazionalizzazione del gruppo, ad
avanzare la richiesta di costituire un Cae. Il fatto che il Cae poi è stato costituito solo nel
2000 era dovuto sia all’inesperienza delle Rsu rispetto ai processi di europeizzazione delle
relazioni industriali, sia alla mancata convinzione da parte del management centrale nella
prima fase di internazionalizzazione. Successivamente il management ha comunque preso
atto che in seguito alle sue acquisizioni nei paesi dell’Unione europea era tenuta a
conformarsi alla direttiva europea sui Cae. In questa fase iniziale la maggior parte dei
membri Flai-Cgil delle Rsu ha partecipato a corsi di formazione sui Cae organizzati dalla
Flai-Cgil. Il delegato italiano outsider che è membro della Flai-Cgil non è al corrente se
anche gli altri due sindacati Fai-Cisl e Uila-Uil hanno organizzato dei corsi per i loro
delegati.
Nelle negoziazioni per la costituzione del Cae erano coinvolti per conto dei lavoratori
rappresentanti della Federazione europea dell’industria agroalimentare e delle
organizzazioni sindacali nazionali dei paesi interessati all’attività del gruppo.
Il 18 dicembre 2000 è stato siglato nella sede della casa madre del Gruppo l’accordo di
costituzione del Comitato Aziendale Europeo. Si tratta quindi di un accordo ex articolo 6
della direttiva europea. L’accordo si estende a tutte le società del Gruppo direttamente
controllate e operanti nel territorio dell’Unione Europea ed ha una durata di quattro anni,
salvo disdetta delle parti almeno tre mesi prima della scadenza. È previsto che in caso di
nuove acquisizioni l’accordo potrà essere esteso alle rispettive società del gruppo operanti in
altri paesi dell’Unione europea.
GLI OBIETTIVI
L’accordo si propone, conformemente alla direttiva Europea 94/95, di “…definire una
procedura per lo scambio di informazioni e consultazioni per il dialogo tra la Direzione
Centrale ed i rappresentanti dei lavoratori su tematiche di rilevanza di tipo transnazionale
europeo, con particolare riferimento alla situazione sociale, economica e finanziaria del
Gruppo, alle prospettive di sviluppo del business, alle strategie di investimento, a
cambiamenti fondamentali riguardanti l’organizzazione e l’introduzione di nuovi metodi di
lavoro, ed alla prevedibile evoluzione dell’occupazione”.
Nell’accordo viene specificato che per informazione e consultazione si intende “…la
fornitura di dati, elementi, notizie nonché lo scambio di opinioni tra i rappresentanti dei
lavoratori e la Direzione Centrale”. Questa definizione corrisponde sostanzialmente alla
formulazione della direttiva europea. Non vengono quindi meglio specificati modalità e
tempi delle procedure di informazione e consultazione il che sarebbe invece importante per
garantire la loro efficacia. Viene anche esplicitamente sottolineato nell’accordo costitutivo
che il Cae non può assumere funzioni negoziali.
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LA COMPOSIZIONE DEL CAE
Il Cae è caratterizzato dalla presenza di una duplice rappresentanza (Tabella 2):
1. la rappresentanza della Direzione Centrale formata da un Presidente nominato
dalla Direzione del Gruppo e assistito da esponenti aziendali da lui indicati;
2. 20 rappresentanti dei lavoratori inclusi i delegati designati dalle organizzazioni
sindacali. Dei 20 rappresentanti almeno 14 devono essere dipendenti di aziende
del gruppo. I nominativi sia dei rappresentanti dei lavoratori che dei delegati
sindacali sono comunicati dalle Organizzazioni sindacali alla sede direttiva della
casa madre.
Tabella 2: Rappresentanti dei lavoratori nel Cae secondo l’accordo costitutivo
Rappresentanza manageriale
Rappresentanza dei lavoratori
14 rappresentanti dei lavoratori dipendenti del
Gruppo: 6 Italia
1 Francia
2 Germania
1 Grecia
2 Svezia
Presidente assistito da esponenti aziendali da lui
1 Danimarca
individuati
1 Norvegia
6 delegati designati dalle OO.SS.:
3 Italia
1 Germnia
1 Grecia
1 Svezia
Esperti dipendenti del gruppo e esperti esterni scelti consensualmente dalle parti
Dal punto di vista della composizione il Cae del gruppo agroalimentare potrebbe essere
classificato come un esempio del modello francese. Il presidente del Cae è di estrazione del
management; in più anche i partecipanti da parte del management provenienti dai diversi
Stati membri in cui il gruppo è presente sono formalmente membri del Cae.
L’altra particolarità riguarda la presenza di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
nel Cae. È interessante che nel caso del gruppo agroalimentare non sono solo rappresentati i
sindacati italiani e la federazione europea come è abbastanza diffuso in altri Cae di gruppi
italiani nel settore agroalimentare, ma che è stata stabilita la possibilità che oltre alla
Federazione europea tutte le organizzazioni sindacali dei maggiori paesi, e in particolare
dell’Italia, della Germania, della Svezia e della Grecia abbiano il diritto di partecipare al
Cae come membri effettivi. Questo significa che che i rappresentanti delle organizzazioni
sindacali rappresentano il 30% della rappresentanza complessiva dei lavoratori. Il diritto di
partecipare al Cae come membri effettivi rappresenta dal punto di vista delle organizzazioni
sindacali sicuramente l’aspetto più avanzato dell’accordo costitutivo. Questa composizione
della delegazione dei rappresentanti dei lavoratori, caratterizzata dalla presenza sia di
delegati aziendali, sia di rappresentanti delle organizzazioni sindacali è tipico del modello di
rappresentanza italiano che può essere considerato sostanzialmente un modello a canale
unico il quale garantisce alle strutture esterne delle organizzazioni sindacali un ruolo
importante anche a livello aziendale.
All’interno della rappresentanza degli lavoratori la delegazione italiana è con 9
componenti la più forte. Questa dominanza è dovuto al fatto che anche a livello
occupazionale il gruppo è ancora molto radicato in Italia. Mentre fino al 2002 l’80% di tutta
l’occupazione a livello europeo era concentrata in Italia i delegati italiani dei lavoratori
all’interno del Cae coprono solo il 45% di tutta la rappresentanza dei lavoratori. I delegati
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italiani, sia quelli sindacali, sia quelli aziendali, sono distribuiti sui tre sindacati di categoria
che sono la Flai-Cgil, la Fai-Cisl e la Uila-Uil.
L’accordo prevede la possibilità di ricorrere ad esperti qualora risulti necessario allo
svolgimento dei compiti del Cae. In linea di massima anche gli esperti dovrebbero essere
dipendenti del gruppo. L’eventuale assistenza di esperti esterni può avvenire purché in
accordo fra le parti.
IL COMITATO DI COORDINAMENTO
All’interno del Comitato Aziendale Europeo si costituisce un Comitato di
Coordinamento i cui compiti consistono nell’organizzare gli incontri del Cae e in particolar
modo nel definire l’agenda degli incontri e l’ordine del giorno. Il Comitato di
Coordinamento è composto da 4 membri: un rappresentante del management, assistito
eventualmente da una delegazione manageriale e da tre rappresentanti delle Organizzazioni
Sindacali (un coordinatore EFFAT [European foodworkers’ federation] italiano, un
rappresentante tedesco ed un rappresentante svedese). Nella fattispecie il rappresentante
svedese e quello tedesco sono rappresentanti dei lavoratori a livello aziendale. Nel caso
tedesco questo significa che il rappresentante fa parte del consiglio di azienda [works
council] (Betriebsrat) che formalmente è una struttura autonoma dal sindacato. La funzione
di coordinatore della Federazione europea viene delegata ad un sindacalista italiano. Nella
fattispecie questo ruolo viene coperto dal segretario provinciale della Flai-Cgil [Italian trade
union of foodworkers affiliated to CGIL]. È da sottolineare che è la dichiarata linea della
Flai-Cgil di scegliere i suoi coordinatori fra i sindacalisti provinciali che in genere hanno un
rapporto più diretto e stretto con le strutture di rappresentanza a livello aziendale.
GLI INCONTRI
L’accordo di costituzione contempla una riunione ordinaria annuale del Cae presso
l’Unione Parmense degli Industriali. Solo in circostanze eccezionali è prevista la possibilità
di organizzare l’incontro annuale in altri paesi dove il gruppo è presente.
Le riunioni annuali vengono preparate di concerto tra la Direzione Centrale ed il
Comitato di Coordinamento. Secondo l’accordo, la documentazione redatta dall’azienda
dovrebbe essere tradotta nelle principali lingue e trasmessa ai membri del Cae almeno 15
giorni prima della riunione. La riunione dura un giorno ed è preceduta da una riunione
preparatoria della stessa durata. In circostanze eccezionali è prevista la possibilità di un
ulteriore momento di valutazione nella giornata successiva. La possibilità di avere un
momento di valutazione rappresenta un altro aspetto che va oltre agli requisiti minimi
definiti dalla Direttiva europea. I costi per le riunioni annuali che prevedono anche il
servizio di traduzione simultanea sono a carico dell’azienda.
Di fronte a sviluppi che incidano in modo rilevante sui lavoratori e che abbiano riflessi
di carattere transnazionale è concessa la possibilità di convocare una riunione straordinaria,
previa richiesta scritta con un anticipo di 30 giorni alla Direzione Centrale.
I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
Mentre i delegati italiani sono stati nominati dai loro rispettivi sindacati di categoria i
delegati svedesi sono stati eletti dalla struttura aziendale del sindacato. La motivazione del
delegato svedese di partecipare al lavoro del Cae è da ricercare nel interesse alla
cooperazione a livello internazionale e a relazioni industriali più avanzati. Anche da parte
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dei rappresentanti italiani esiste questo interesse che comunque viene legato all’interesse ad
una crescita personale nella funzione di rappresentante degli interessi. Con la loro attività
nel Cae i rappresentanti italiani del management vorrebbero favorire anche a livello europeo
il sistema di relazioni industriali adottato in Italia.
Secondo i rappresentanti del management partecipano 17 uomini e 2 donne al Cae.
I processi
LE RISORSE DEL CAE
Per quanto riguarda le risorse a disposizione del Cae pare che ci siano problemi in
quanto i delegati italiani e svedesi dichiarano di non disporre delle necessarie attrezzature di
ufficio. Il Cae non dispone di fondi specifici per il lavoro legato al Cae. I delegati italiani
aziendali e i delegati svedesi dichiarano di non avere accesso a strumenti di comunicazione
di comunicazione elettronica. Solo il sindacalista italiano ha accesso alla posta elettronica
attraverso il sindacato per il quale lavora.
Esperti esterni non hanno mai partecipato alle riunioni annuali del Cae. La spiegazione
sta probabilmente nel fatto che nel caso del gruppo agroalimentare i sindacalisti sono
membri effettivi del Cae e quindi non c’è bisogno di coinvolgere il sindacato nelle attività
del Cae attraverso un invito come esperto come succede in altri Cae. La partecipazione dei
sindacalisti è comunque considerato un punto di forza per il Cae in quanto i sindacalisti in
genere hanno una migliore visibilità, più esperienza e anche le necessarie competenze per
poter valutare la qualità delle informazioni fornite dal management. Perciò i sindacalisti
rappresentano un supporto importante per i delegati aziendali.
L’unico aspetto decisamente positivo dal punto di vista delle risorse riguarda le
iniziative di formazione (vedi par. “La formazione”). Complessivamente, la situazione delle
risorse a disposizione dei rappresentanti dei lavoratori aziendali sembra piuttosto critica.
LA FORMAZIONE
Nel 2001 alcuni delegati del Cae del gruppo agroalimentare hanno partecipato ad un
progetto di ricerca comparato sulle esperienze di vari Cae nel settore agroalimentare in
Germania ed Italia. Il progetto si proponeva di analizzare il rapporto fra i Cae e le
organizzazioni sindacali ai vari livelli nei due paesi presi in esame. Alla fine del progetto
veniva organizzato un seminario al quale parteciparono i delegati italiani e tedeschi del
gruppo agroalimentare e che serviva a capire meglio la diversa natura dei rapporti fra Cae ed
organizzazioni sindacali nei due paesi. In seguito all’approfondimento del caso del gruppo
agroalimentare i delegati tedeschi svilupparono la proposta di organizzare in un momento
successivo un altro seminario dedicato esclusivamente all’esperienza del Cae del loro
gruppo.
La proposta trovava d’accordo sia i delegati italiani, sia il management centrale. Così
nel 2002 ha avuto luogo il primo corso di formazione per tutto i rappresentanti del Cae.
Come il primo seminario anche quello del 2002 è stato finanziato con i fondi della
Commissione europea. La direzione centrale che era responsabile per la gestione del
progetto aveva incaricato un istituto di ricerca per la direzione scientifica e didattica del
progetto. Il progetto aveva diversi obiettivi: approfondire le conoscenze sui vari modelli di
relazioni industriali, identificare i problemi di funzionamento del Cae e sviluppare possibili
soluzioni. Il progetto che era diviso in una fase di analisi ed in una fase di presentazione dei
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risultati ha visto coinvolti tutti i membri del Cae, sia i rappresentanti del management, sia i
rappresentanti dei lavoratori.
I principali problemi che durante il seminario finale sono stati messi in evidenza
riguardavano la dominanza degli membri italiani all’interno del Cae, i problemi di
funzionamento del Cae e in particolar modo il malfunzionamento del comitato di
coordinamento ed infine la insoddisfacente politica di informazione e consultazione attuata
dal management centrale. Per quanto riguarda i problemi di funzionamento i partecipanti
hanno cercato di individuare possibili soluzioni per il futuro.
Secondo i partecipanti al seminario il progetto è stato utile in quanto è riuscito a
contribuire ad una maggiore consapevolezza dei problemi esistenti all’interno del Cae, sia in
termini pratici, sia in termini di dinamiche fra i vari attori. Per raggiungere questi risultati
pare che sia stata importante il ruolo di un moderatore esterno svolto dall’istituto di ricerca.
Dopo le positive esperienze con i progetti del 2001 e 2002 i delegati propongono per il
2004 un altro progetto/seminario sulle tematiche di internazionalizzazione del gruppo,
l’esigibilità dei diritti di informazione e consultazione e l’impatto delle acquisizioni sulla
composizione del Cae.
IL RUOLO DEL COMITATO DI COORDINAMENTO
Nonostante il comitato di coordinamento sia responsabile per l’organizzazione degli
incontri del Cae e in particolar modo per la definizione dell’agenda degli incontri sia il
delegato svedese, sia un delegato italiano dichiarano che sia il management a definire
l’agenda. Secondo il delegato svedese i rappresentanti dei lavoratori non hanno neanche la
possibilità di inserire punti nell’agenda. In realtà il comitato di coordinamento non era stato
convocato e di conseguenza non aveva avuto la possibilità di preparare l’agenda. Inoltre,
esiste un problema di comunicazione fra i membri del comitato di coordinamento dovuto
alla mancanza di una lingua comune. Questo significa che anche il comitato di
coordinamento non è ancora riuscito a svolgere la sua funzione come viene definita
nell’accordo costitutivo.
GLI INCONTRI ANNUALI DEL CAE
Gli incontri di preparazione dei delegati dei lavoratori sono ritenuti utili per scambiarsi
esperienze realizzate nei rispettivi contesti nazionali e per capire meglio le culture di
relazioni industriali negli altri paesi. Comunque, questi incontri di preparazione sono troppo
corti e non permettono uno scambio approfondito. Secondo il delegato svedese queste
riunioni non consentono di preparare in maniera efficiente le riunioni con il management.
Oltre ad essere troppo brevi le riunioni dei rappresentanti dei lavoratori sono secondo il
delegato svedese anche poco strutturate.
Ciononostante lo scambio di informazioni fra i delegati serve anche a verificare
l’esattezza delle informazioni fornite dal management centrale.
Mentre gli incontri di preparazione dei delegati dei lavoratori precedono gli incontri con
il management le riunioni ex-post di valutazione finora non hanno ancora avuto luogo.
Il Cae si incontra una volta all’anno. Finora le riunioni sono sempre state organizzate a
Parma. Non è previsto il principio di rotazione delle riunioni annuali.
Da parte del management alle riunioni annuali partecipano come funzioni manageriali
gli amministratori delegati, rappresentanti delle funzioni risorse umane e relazioni
industriali così come rappresentanti delle operations. Per quanto riguarda invece i livelli
manageriali partecipano rappresentanti della casa madre, dei business internazionali e del
management dei vari paesi europei.
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I rappresentanti dei lavoratori criticano che durante le riunioni annuali il tempo a
disposizione per discutere la presentazione del management centrale sia insufficiente.
All’interno del Cae non sono stati costituiti gruppi di lavoro per temi specifici. In
generale, lo sviluppo di un approccio a livello europeo sull’occupazione o delle politiche
sulle risorse umane non è un aspetto delle attività del Cae.
I delegati dei lavoratori nel Cae considerano un incontro all’anno troppo poco per poter
sviluppare un’attività di rappresentanza incisiva a livello europeo. Non avendo nessun
impatto né a livello europeo, né a livello delle relazioni industriali nazionali sembra che il
Cae finora sia fine a se stesso.
Finora non hanno mai avuto luogo riunioni straordinarie del Cae.
CONTENUTO DELLE INFORMAZIONI E SUA VALUTAZIONE
Per quanto riguarda il tempismo e l’adeguatezza dell’informazione ricevuta dal
management il giudizio dei rappresentanti dei lavoratori è piuttosto critico. Si riceve la
documentazione solo durante la riunione del Cae mentre dovrebbe essere invece inviata
prima della riunione. In più, anche la qualità viene criticata in quanto si ritiene che
l’informazione sia troppo generica e non esauriente. In più si critica da parte dei
rappresentanti dei lavoratori che la direzione centrale comunica le sue decisioni strategiche
solo dopo che le decisioni sono state prese. Di conseguenza non avviene mai una
consultazione del Cae. Come esempio si fa riferimento all’acquisizione di un importante
gruppo tedesco che opera nel settore agroalimentare. Rispetto a questa acquisizione il Cae
non è mai stato interpellato. I delegati hanno appreso la notizia dai giornali.
Secondo il delegato italiano outsider il Cae produce un valore aggiunto anche dal punto
di vista del sindacato italiano. Le informazioni ottenute durante le riunioni annuali del Cae
sono comunque servite al sindacato e alle Rsu a capire meglio la strategia di investimento
del management centrale e, di conseguenza, a elaborare una strategia sindacale più adatta.
Questa funzione del Cae dovrebbe essere sviluppata ancora di più in futuro.
Al contrario dei rappresentanti dei lavoratori i rappresentanti del management valutano
il Cae in modo positivo.
Per il management il valore aggiunto del Cae consiste nel
• garantire la condivisione delle decisioni aziendali per facilitare la loro
implementazione,
• sostenere l’internazionalizzazione dell’azienda in quanto momento di aggregazione
di culture e mentalità diverse,
• aiutare a comprendere la dimensione sopranazionale.
Comunque, secondo il management esistono anche dei rischi legati al Cae. Si vede per
esempio il rischio che il Cae diventi una sovrastruttura che appesantisce il gruppo di
burocrazia e rituali. Sarebbe anche pensabile che il Cae rallentasse i processi decisionali e di
cambiamento. In più, la mancata comprensione delle strategie aziendali potrebbe diventare
un ostacolo allo sviluppo.
Sempre secondo il management in futuro il Cae dovrebbe contribuire di più ad una
armonizzazione delle politiche del lavoro e delle politiche delle risorse umane. Per poter
raggiungere questo obiettivo sarebbe auspicabile progettare dei corsi di formazione
congiunta.
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ALTRE DIMENSIONI DI INTERAZIONE
Le interazioni all’interno del Cae
I delegati intervistati avvertono grosse differenze fra le diverse culture di relazioni
industriali e si sente il bisogno di approfondire le conoscenze rispetto alle varie tradizioni di
relazioni industriali presenti nel Cae. I delegati italiani considerano il loro approccio alle
relazioni industriali più rivendicativo, mentre prendono atto che in paesi come la Svezia e la
Germania i rispettivi modelli di codeterminazione sono di grande rilevanza nell’ambito dei
rapporti fra management e rappresentanti dei lavoratori. Per migliorare la coesione interna si
considera necessario aumentare le conoscenze sui modelli di relazioni industriali nei vari
paesi. Queste conoscenze vengono considerate necessarie non solo per capire meglio le
attività di rappresentanza negli altri paesi, ma anche per poter arrivare ad una struttura di
rappresentanza a livello europeo che tiene conto delle varie tradizioni nazionali. Da questo
punto di vista gli incontri di preparazione servono ai delegati del Cae per conoscere meglio
le culture di relazioni industriali.
Esiste comunque il problema che il modello di relazioni industriali italiano influisce
molto sulle attività del Cae. Questo non è solo dovuto ai rappresentanti dei lavoratori italiani
ma anche a quei del management. Sono poi i delegati tedeschi e svedesi che criticano
maggiormente questa predominanza culturale. Viene sottolineato che esistono punti di vista
divergenti all’interno del Cae per quanto riguarda la definizione di codeterminazione e le
strategie per metterla in pratica. Si discute anche di queste divergenze senza comunque
arrivare ad una posizione condivisa.
Per rendere la comunicazione all’interno del Cae più efficace, soprattutto fra le riunioni
annuali, i delegati ritengono necessaria l’organizzazione di corsi di lingue. Se fra le riunioni
annuali i contatti fra i rappresentanti dei lavoratori sono quasi inesistenti questo è dovuto fra
l’altro anche al problema delle insufficienti conoscenze delle lingue.
Le interazioni fra Cae e strutture di rappresentanza degli interessi a
livello aziendale
Il delegato italiano outsider dichiara di conoscere sia quei delegati italiani del Cae che
lavorano nella sede principale del gruppo, sia i rappresentanti italiani del management che si
occupano della gestione delle risorse umane e che in questa qualità partecipano anche alle
riunioni annuali del Cae.
Il delegato italiano outsider riferisce che da quando esiste il Cae è stato informato solo
una volta dei risultati di una riunione del Cae. Questo significa che almeno in Italia i flussi
di comunicazione fra Cae e strutture di rappresentanza a livello aziendale non sono ancora
ben sviluppati. Non si parla del Cae nemmeno durante gli incontri del coordinamento di
gruppo che sarebbe invece l’occasione giusta per informare tutte le Rsu. Si può dire che
l’informazione delle Rsu avviene in modo casuale. Il delegato italiano outsider viene
informato soprattutto in modo informale attraverso un membro del Cae che conosce
personalmente. A lui non è mai stato chiesto un input in fase di preparazione delle riunioni
annuali del Cae. In generale, il delegato si augurerebbe una strategia di informazione e
coinvolgimento più efficace da parte del Cae.
I delegati del Cae confermano che non sono stati stilati verbali e che le strutture di
rappresentanza a livello nazionale non sono state informate in modo sistematico.
Ai dipendenti invece le informazioni sul Cae in genere non arrivano proprio, né
attraverso assemblee, né attraverso l’esposizione dei verbali in bacheca. Di conseguenza la
maggior parte dei dipendenti ignora l’esistenza del Cae.
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I risultati
IMPATTO SUL CORPORATE DECISION MAKING E SULLA CORPORATE
GOVERNANCE
Il Cae non è stato informato dell’acquisizione della più grande panificatrice tedesca che
è avvenuta nel 2002 e che ha portato ad una crescita notevole del gruppo. Il livello
occupazionale del gruppo è passato da ca. 7.000 dipendenti a ca. 22.000 dipendenti.
Secondo il delegato italiano outsider le strategie di internazionalizzazione che poi sono
anche l’argomento durante le riunioni del Cae vengono utilizzate da parte del management
centrale per mettere in concorrenza fra di loro i delegati dei vari paesi e di fare pressione in
particolar modo sui delegati italiani, essendo Italia un paese importantissimo dal punto di
vista dei livelli occupazionali.
Così come il Cae non ha avuto nessun ruolo rispetto al corporate decision making non
ha avuto nessun impatto sulla corporate governance.
I rappresentanti dei lavoratori considerano i risultati finora deludenti e non vedono un
vero valore aggiunto del Cae. Secondo loro il Cae non ha migliorato né la quantità, ne la
qualità delle informazioni. Più in generale il Cae non è ancora riuscito a sviluppare una sua
identità. In mancanza di reali competenze a livello europeo, secondo alcuni delegati, il vero
valore aggiunto del Cae sta finora nella possibilità di avere uno scambio di esperienze fra i
delegati dei diversi paesi. In prospettiva il delegato italiano outsider si augura che il Cae
possa avere anche una funzione negoziale in quanto, secondo lui, il diritto alla
contrattazione sarebbe indispensabile per poter contrastare il tentativo del management
centrale di mettere in competizione gli stabilimenti fra di loro.
Al contrario dei rappresentanti dei lavoratori i rappresentanti del management valutano
l’operato del Cae in modo più positivo. Secondo loro il Cae ha avuto successo o almeno
parzialmente successo.
Comunque, rimane il fatto che finora i vantaggi del Cae esistono solo a livello teorico.
Il Cae è quindi ancora utilizzato in modo insufficiente.
Conclusioni
Il gruppo agroalimentare è ancora fortemente radicato nella tradizione italiana. Di
conseguenza anche l’esperienza del Cae del gruppo è ancora molto influenzata dalle
relazioni industriali nella casa madre italiana. La predominanza della cultura italiana è
dovuta al ruolo importante dei delegati italiani nel Cae. Se perciò il Cae del gruppo è ancora
lontano da poter essere considerato una struttura di rappresentanza genuinamente europea
questo è anche dovuto all’approccio del management centrale che ha cercato di limitare le
informazioni al minimo ritenuto necessario escludendo in questo modo la possibilità di
avere momenti di effettiva consultazione. L’approccio del management al Cae è quello
tipico di una direzione che ha consentito alla costituzione della rappresentanza europea solo
perché si sentiva obbligata dalla direttiva europea. Questa interpretazione minimalista da
parte del management non ha ancora portato a problemi rilevanti per i rappresentanti dei
lavoratori in quanto si tratta di un gruppo in crescita che finora non ha dovuto gestire
processi di ridimensionamento dei livelli occupazionali.
C’è da constatare che anche da parte del management centrale esistono dei rapporti
privilegiati con i rappresentanti dei lavoratori italiani. I rappresentanti dei lavoratori
provenienti dagli altri paesi si sentono emarginati di fronte alla predominanza delle relazioni
industriali italiani. Il risultato è una mancanza di coesione interna che si esprime attraverso
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tensioni soprattutto fra i delegati italiani e quelli degli altri paesi. Si tratta di un problema
tipico della fase iniziale di un Cae costituito in un gruppo con forte radicamento nel paese in
cui è nato e cresciuto storicamente. In più, i processi di internazionalizzazione sono ancora
molto recenti e di dimensione limitata. Tutti questi fattori hanno portato ad un’esperienza
che finora ha visto il Cae come una estensione delle relazioni industriali italiane.
Il delegato italiano outsider si aspetterebbe una migliore informazione delle Rsu da
parte dei membri del Cae visto che le informazioni che ottiene il Cae potrebbero essere di
utilità anche durante i processi di contrattazione nel contesto nazionale. In generale, lui
ritiene che l’utilità che il Cae potrebbe avere venga ancora sottovalutato.
A giudizio dei rappresentanti dei lavoratori non si è ancora riusciti ad utilizzare appieno
le potenzialità del Cae. Il delegato italiano outsider critica infatti che il Cae non è mai
riuscito ad essere incisivo rispetto alle decisioni strategiche del gruppo. La mancanza di
influenza reale del Cae rappresenta ovviamente anche un problema per quanto riguarda la
definizione del ruolo del Cae. Visto che le strutture di rappresentanza nei vari contesti
nazionali ormai non sono più in grado di affrontare efficacemente i processi di
internazionalizzazione i delegati dei lavoratori si augurano che il Cae in futuro riesca a
sviluppare un ruolo di rappresentanza a livello europeo.
Se il Cae fino ad oggi è stato dominato dall’esperienza italiana di relazioni industriali e
se, quindi, non è ancora riuscito a diventare una struttura genuinamente europea è
comunque da sottolineare che i corsi di formazione a cui i delegati del Cae hanno
partecipato hanno contribuito a sviluppare una consapevolezza dei problemi fra i membri
del Cae, sia fra i rappresentanti del management, sia fra quelli dei lavoratori. I corsi di
formazione hanno anche contribuito a superare certe incomprensioni e ad indicare possibili
soluzioni per superare determinati problemi.
Le prospettive
Come è stato descritto, secondo i delegati il Cae finora non è ancora riuscito a
decollare. Il Cae si trova oggi quindi di fronte ad una serie di sfide.
Dovrebbe essere un obiettivo prioritario per il Cae affrontare il rischio di una
rinazionalizzazione delle relazioni industriali cercando di sviluppare una vera identità
europea della struttura europea di rappresentanza. La dominanza della cultura italiana ha
creato tensioni all’interno del Cae e del comitato di coordinamento che richiedono
un’urgente soluzione se si vuole garantire l’operatività di questa struttura di rappresentanza
a livello europeo. Per migliorare la coesione interna sembra indicato puntare anche su corsi
di formazione che potrebbero contribuire a superare reciproche incomprensioni.
Un altro aspetto critico da affrontare in futuro riguarda la politica di informazione e
consultazione del management che in passato è stato motivo di dure critiche da parte dei
rappresentanti dei lavoratori, in particolar modo di quei stranieri. Per il Cae sembra di una
certa rilevanza poter stabilire le sue competenze e quindi definire meglio il suo ruolo. Il
primo passo dovrebbe essere quello di arrivare a procedure di effettiva consultazione del
Cae. Per poter sviluppare un ruolo di rappresentanza effettivo a livello europeo è
indispensabile, secondo i rappresentanti dei lavoratori, che il Cae si riunisca più di una volta
all’anno.
L’efficacia del Cae dipende anche da aspetti pratici. Anche a questo livello esistono
lacune notevoli che sono ancora da colmare. Il management centrale dovrebbe innanzi tutto
rispettare i contenuti del accordo costitutivo e garantire che il comitato di coordinamento
possa svolgere la sua funzione correttamente. Sarebbero inoltre da affrontare la questione
delle risorse da mettere a disposizione del Cae e dei corsi di lingua per favorire la
comunicazione fra le riunioni annuali.
21
Per utilizzare meglio il Cae sarebbe necessario garantire una migliore integrazione fra la
struttura europea e le strutture di rappresentanza a livello nazionale.
References
Accordo costitutivo, 2000
Bilancio del gruppo agroalimentare, 2000 e 2001
22
Annex 1 - Gli intervistati
Delegato italiano, insider
- lavora nel gruppo dal 1992
- tecnico in un centro di ricerca
- membro delle Rsu e del comitato bilaterale
- nominato per il Cae dal sindacato nazionale Flai-Cgil
- non era coinvolto nelle negoziazioni per la costituzione del Cae
Delegato italiano, insider
- lavora nel gruppo dal 1988
- manutentore meccanico
- membro delle Rsu e del comitato bilaterale
- nominato per il Cae dal sindacato nazionale Uila-Uil
- era coinvolto nelle negoziazioni per la costituzione del Cae
Sindacalista italiano, insider
- membro della segreteria nazionale della Uila-Uil
- segue il gruppo anche nell’ambito della contrattazione collettiva
- era coinvolto nelle negoziazioni per la costituzione del Cae
Rappresentante del management centrale in Italia, insider
- Responsabile Relazioni industriali di gruppo
- lavora nel gruppo dal 1969
- era coinvolto nelle negoziazioni per la costituzione del Cae
Rappresentante del management italiano, insider
- responsabile delle risorse umane del business “Bakery”
- lavora nel gruppo dal 1990
- era coinvolto nelle negoziazioni per la costituzione del Cae
Rappresentante del management italiano, outsider
- lavora nel gruppo dal 1987
- lavora nell’area risorse umane
Delegato italiano, outsider
- lavora nel gruppo dal 1982 come operaio
- è membro delle Rsu e del coordinamento di gruppo
- è membro del direttivo provinciale e nazionale della Flai-Cgil
Direttore risorse umane, Svezia, insider
- lavora per il gruppo dal 1998
- membro del Cae per conto dell’impresa svedese
Delegato sindacale, Svezia, insider
- lavora nel gruppo dal 1977
- membro della struttura sindacale a livello aziendale [local union]
- fa parte degli organismi di codeterminazione a livello aziendale [member of
boardmeeting]
- è stato eletto nel Cae dai membri della struttura sindacale a livello aziendale
- era coinvolto nelle negoziazioni per la costituzione del Cae
Delegato sindacale, Svezia, outsider
- lavora nel gruppo da 10 anni
- impiegata nell’area vendite
23
Il gruppo Danone
di Davide Dazzi e Volker Telljohann
Sintesi
Il Comitato Europeo del gruppo Danone è da considerarsi tra i primi istituti di
rappresentanza a livello europeo. Sicuramente il caso Danone rappresenta un caso di
eccellenza in quanto, oltre alla funzione informativa e consultiva, esercita anche un potere
negoziale. Negli ultimi anni, però, si avverte la tendenza ad accentrare sempre più l’attività
informativa, consultiva e negoziale al vertice determinando, in tal modo, problemi di
rappresentatività. Il ruolo da protagonista interpretato dal management centrale e dai
rappresentanti del sindacato mondiale potrebbe infatti produrre uno scollamento tra
l’attività delle relazioni industriali sviluppate a livello locale e a livello nazionale. Si
dilaterebbe, quindi, la distanza percettiva tra Comitato Europeo e lavoratori.
Il gruppo
Nel 1966 due industrie vetrarie francesi, la Souchon- Neuvesel e la Glaces de Boussois,
si fusero in una unica azienda, denominata BSN (Boussois, Souchon- Neuvesel), per far
fronte alle nuove dinamiche di mercato e per avviare una azienda sufficientemente
competitiva per misurarsi con le altre realtà industriali del Mercato Comune. Nel gennaio
del 1969 la BSN assunse il controllo di Evian, nel 1970 di Kronenbourg e della Società
Europea delle fabbriche di birra. Al termine del 1970 la BSN si è trovata ad essere in
Francia la principale produttrice di birra, acqua minerale e cibo per bambini. Nel 1973 la
BSN e la Gervais Danone, interessate entrambe ad estendere i loro mercati, annunciarono
che si sarebbero fuse, originando in tal modo il più grande gruppo francese nel settore
alimentare. In conseguenza alla crisi economica degli anni ’70, il gruppo decise di
concentrare la propria attività esclusivamente nel settore alimentare.
Il gruppo comincia ad estendere la propria rete commerciale e le proprie unità
produttive prima in Italia e Spagna, il cui mercato difettava di centri di grande distribuzione,
e poi, attraverso acquisizioni e joint venture di aziende locali, si espande anche in tutto il
mercato sud-europeo e poi in Germania e Inghilterra. Nel 1986 il gruppo acquistò la
General Biscuit, un gruppo le cui aziende erano in Germania, Italia, Belgio, Francia e Paesi
Bassi. Nel 1989 il gruppo prese il controllo anche delle sussidiarie europee della Nabisco:
Belin in Francia, Jacob’s nel Regno Unito e Saiwa in Italia. Alla fine degli anni ’80 il
gruppo divenne market leader in Francia, Germania, Belgio, Spagna, Italia, Lussemburgo e
Portogallo. Successivamente alla caduta del muro di Berlino, il gruppo penetrò anche nei
mercati dell’Europa dell’Est con l’annessione di aziende focalizzate nella produzione di
biscotti, quali la Cokoladovny nella Repubblica Ceca e Bolshevik in Russia ed al contempo
consolidò la sua presenza nell’Europa occidentale con l’acquisizione di Papadopoulos in
Grecia e W&R Jacob in Irlanda, operanti nel mercato dei biscotti, Volvic e Mont Dore in
Francia, nel mercato dell’acqua, e la Danone SA in Spagna, nel mercato dei latticini.
25
Nel 1993, la BSN Gervais Danone creò una divisione specializzata nelle esportazioni
grazie anche alla quale il gruppo ebbe la possibilità di raggiungere i mercati in via di
sviluppo dell’Asia, dell’America Latina e del Sud Africa ed in un secondo momento in
Medio Oriente. Nel 1994 la BSN Gervais Danone cambiò denominazione in Gruppo
Danone in modo tale da beneficiare dei vantaggi commerciali garantiti dalla risonanza del
marchio omonimo.
Nell’intento di focalizzarsi sulla propria attività di core business, la strategia Danone
tende a liquidare le linee di prodotti che ad esse non appartengono, quali la produzione
dolciaria e i prodotti di drogheria. Nel 1999, continuando in questa direzione strategica,
vengono progressivamente abbandonati il Container Business e la produzione di birra e nel
2002 avviene la cessione della Galbani. Attualmente il Gruppo Danone è al primo posto tra i
leader mondiali nel settore dei latticini freschi e nel Beverage e al secondo posto nel settore
Cereal Biscuits & Snacks. Nel 2002, sulle attività di core business del gruppo si concentrava
il 97% dell’attività del gruppo, ed in particolare: il 44% nei latticini, 28% nel Beverage e il
25% in Biscuits & Cereal Foods.
Perseguendo una leadership a livello globale, il gruppo ha deciso di creare 4 divisioni:
una per ogni business unit di prodotto (latticini freschi, Cereal Biscuits & Snacks, Beverage)
ed una divisione Asia, per la relativa area geografica. A capo di ogni Divisione è collocato
un Vice Direttore Generale. L’organizzazione del management presenta, prevalentemente
per funzioni commerciali e amministrative, una struttura orizzontale. Nella primavera del
2002 è stato aperto a Vitapole, vicino Parigi, un nuovo centro di ricerca multi-disciplinare la
cui attività è di supporto alle tre linee di business.
I marchi principali del gruppo sono Danone e Dannon, per i latticini, Evian, Volvic e
Aqua, per il mercato delle acque minerali, e Lu, per il mercato dei biscotti. Nel 2002 il
fatturato era di 13.555 milioni di euro registrando un incremento del 6% rispetto all’anno
precedente. L’utile operativo nel 2001 raggiungeva 1.609 milioni di euro mentre l’utile
netto ammontava a 1.282 milioni di euro (tabella 1). Nel 2001 l’utile operativo si distribuiva
così: 29% in Francia, 36% nel Resto d’Europa e il 35% nel Resto del Mondo. Confrontando
i dati del primo semestre del 2000, si scopre che il settore dei biscotti è quello meno
redditizio avendo un margine di rendimento pari a 7,9% rispetto al 12,3% del beverage e
all’11% dei latticini.
Tabella 1 – Utile operativo per business
Milioni di Euro
Latticini freschi
Beverage
Biscotti
business alimentare/ altro
Container
Dismissioni
Totale del gruppo
2000
712
513
282
49
-6
1.550
2001
46%
33%
18%
3%
100%
790
432
316
60
11
1.609
49%
27%
20%
4%
100%
Nel 2002, i dipendenti del gruppo sono 92.209 in più di 120 paesi, registrando una
diminuzione rispetto all’anno precedente in cui i dipendenti del gruppo erano 100.560. Il
calo più significativo si verifica nell’Europa Occidentale con 4.446 dipendenti in meno. La
principale causa dei tagli al personale è la ristrutturazione in atto nel gruppo volta a
focalizzare la produzione nelle aree di core business. La presenza del gruppo Danone nel
mondo può essere suddivisa in 6 macroaree geografiche: Europa Occidentale, Europa
Orientale, America Latina, Nord America, Africa e Medio Oriente e Asia (tabella 2).
26
Tabella 2 – Il gruppo Danone nel Mondo, 2002
Area geografica
Europa Occidentale
Europa Orientale
America Latina
Nord America
Africa e Medio
Oriente
Asia
Vendite
€ -miliardi
%
Posizione di Mercato
n.1 Latticini
n.1 Biscuits & Snacks
n.2 Beverage
n. 1 Latticini
n. 1 Discotti & Snacks
n.1 Latticini
n.2 Biscuits & Snacks
n.1 Beverage
n.2 Beverage
7.9 59%
23.856
0.9
7%
9.497
1
7%
11.718
1.5 11%
n.1 in Sud Africa
n.1 Biscuits & Snacks
n.1 Beverage
Dipendenti
2.1
15
%
Marchi
Evian, Danone, Volvic, Lu Jacob’s,
Blèdina, Chateau d’Eau
Danone, Lu, Opavia, Zywiec Zdroj
Lu, Bagley, Bonafont,
Villavicencio, Danone, La
Serenissima
Evian, Dannon, Sparkletts,
4.729
Stonyfield Farm
Danone Bimo, Sotubi, Djurdjura, Al
Safi
Wahaha, Robust, Aqua, Danone
41.961
Britannia, Griffin’s, Amoy, Frucor
Dalla tabella 2 si può notare come nell’Europa Occidentale, che coinvolge quasi tutti i
paesi dell’Area Economica Europea, pur avendo un alto livello di vendite, il numero dei
dipendenti è di molto inferiore rispetto ai dipendenti del gruppo in Asia, dove le vendite
rappresentano solo il 15% del totale. La diminuzione dei dipendenti del gruppo in Europa
Occidentale è avvertibile fin dal 1995 con un deciso calo nel 1998-1999 e
contemporaneamente si assiste ad un importante aumento dell’occupazione nelle altre aree
geografiche (tabella 3). Tale aumento è il prodotto anche di politiche strategiche del gruppo
orientate soprattutto ai mercati emergenti in Asia, America Latina ed Europa Orientale,
verso cui si concentra il 31% delle vendite del gruppo.
Tabella 3 – La forza lavoro del gruppo Danone
Area
Europa
Occidentale
Fuori
dall’Europa
Occidentale
Totale
di cui
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
54.061
52.386
50.770
44.863
42.170
33.764
28.023
28.302
14.120
21.437
30.809
35.768
36.775
42.201
58.634
72.258
68.181
73.823
81.579
80.631
78.945
75.965
86.657
100.560
21.743
26.644
18.864
13.380
21.696
24.797
20.651
11.801
22.023
27.846
23.031
3.065
23.692
28.835
31.042
3.088
24.129
30.553
44.556
1.322
Latticini freschi
Biscuits
Beverages
Altro
Nel 2001, il numero di dipendenti del gruppo all’interno dell’Unione Europea
rappresentava circa il 28%, di cui circa il 43% in Francia, della forza lavoro del gruppo a
livello mondiale. Si rileva un progressivo aumento dei dipendenti nelle attività di core
business, soprattutto nell’area Beverage dove la forza lavoro dal 1997 al 2001 è cresciuta
del 136%. La presenza globale del gruppo e la elevata distribuzione della sua forza lavoro
consentono di affermare che il gruppo ha perso la sua dimensione nazionale e si sta
rapidamente proiettando verso una dimensione globale.
Incalzata da crescenti pressioni dovute a fughe di notizie, il gruppo Danone, nel 2001,
ha annunciato i suoi programmi di ristrutturazione e riorganizzazione della produzione dei
27
biscotti in Europa. L’intendimento che la ristrutturazione si propone è ri-assettare la
capacità produttiva del gruppo in modo tale da renderla più efficiente e al contempo favorire
una produzione più allargata e specializzata. Il processo di ristrutturazione e
riorganizzazione del lavoro coinvolge molti dei paesi europei tra cui Francia, Regno Unito,
Irlanda, Italia, Polonia, Ungheria, Spagna, Belgio e Paesi Bassi. Il gruppo Danone intende
chiudere 11 stabilimenti in Europa, di cui 7 in Francia, tagliando circa 3.000 posti di lavoro
(“La Danone taglierà almeno 3 mila posti di lavoro”, Rassegna Ondine, 11 gennaio 2001)
In fase di attuazione del processo riorganizzativo, il gruppo ha cercato di trovare una
soluzione che consentisse un replacement dei dipendenti che avrebbero perso il posto di
lavoro.
Il contesto delle relazioni industriali
La cultura di relazioni industriali del gruppo Danone è considerata partecipativa da tutti
gli intervistati. Lo stesso coordinatore italiano del Cae definisce “molto corrette e ricche” le
tradizioni di relazioni industriali del gruppo. Il gruppo Danone ha sempre mostrato una certa
attenzione per le ricadute sociali risultanti dalle loro scelte strategiche. Le attività di
controllo e di contenimento delle ripercussioni sociali sono sempre state sviluppate
unitamente alla parte sindacale. Nella gestione degli elementi di criticità a livello europeo il
gruppo, proprio per la sua dimensione e strategia globale, riconosce come interlocutore
naturale le organizzazioni sindacali mondiali o nazionali ponendo in secondo piano, invece,
le strutture sindacali periferiche.
Il pionierismo del gruppo Danone nell’area di Relazioni Industriali è chiaramente
osservabile nelle linee di sviluppo che hanno condotto alla costituzione di un istituto
europeo di rappresentanza i cui poteri vanno oltre a quanto previsto dalla direttiva europea
sui Cae. Infatti a parte la maturità dell’istituto europeo, la cui attività conta ad oggi più di 15
anni, è da sottolineare il potere negoziale che ad esso è attribuito. A giustificazione di una
tale propensione al dialogo con la parte sindacale, molti commentatori hanno addotto la
filosofia personale del primo presidente del gruppo, Antoine Ribaud, espressa efficacemente
in Responsabilité Sociale, Rapport 1999: (mia traduzione) “il gruppo ha costruito la sua
identità attorno ad una convinzione: i risultati aziendali derivano dalla attenzione riservata ai
lavoratori. Questo è il significato del doppio progetto economico e sociale introdotto nel
1971 dal fondatore del gruppo, principio che continua ad essere di riferimento per il
personale del gruppo Danone sia nelle decisone strategiche che nel loro lavoro quotidiano”.
Attualmente è in atto un processo di riorganizzazione del business dei biscotti ed anche
in questa occasione la parte sindacale è stata chiamata in causa per decidere congiuntamente
al management quali avrebbero dovuto essere le traiettorie da seguire nella fase
riorganizzativa. In Italia, per esempio, è stato deciso di deindustrializzare lo stabilimento
dismesso a Locate (Milano) in modo tale da creare una potenzialità di impiego, circa 250
posti di lavoro, che compensi la riduzione di personale del gruppo Danone, pari a 274
dipendenti, e di incrementare l’occupazione nello stabilimento rimasto aperto a Capriata
(Alessandria), di 101 unità. In Polonia si provvederà alla chiusura di uno dei due
stabilimenti. In Belgio ed Olanda il processo di ristrutturazione si è già concluso con la
chiusura di stabilimenti mentre in Francia è sfociato in sentenze giudiziarie. Nel Regno
Unito ed in Irlanda, invece, non vi sono state chiusure di stabilimenti ma avendo una
produzione a ciclo continuo si sono presentati problemi di riorganizzazione del lavoro e di
gestione degli organici.
Il continuo confronto tra area manageriale e area sindacale ha avviato un percorso
costruttivo lungo il quale sono state elaborate delle convenzioni tra il gruppo Danone e la
Uita (sindacato mondiale degli alimentaristi), ancor prima della direttiva europea sui Cae.
Le suddette convenzioni stabiliscono delle norme minime per tutti gli stabilimenti del
28
gruppo Danone che avranno effetto sulle disposizioni vigenti a livello nazionale soltanto
qualora siano migliorative rispetto a queste ultime. Le convenzioni concluse sono:
• Pareri comuni: principi base e programmi di lavoro congiunto Danone/Uita, 1988
• La piattaforma delle informazioni economiche e sociali delle società del gruppo Bsn,
1989
• La piattaforma d’azione in favore dell’uguaglianza professionale uomini/donne, 1989
• La piattaforma di applicazione bsn-Uita formazione qualificante, 1992
• Dichiarazione comune Uita/Bsn sull’esercizio del diritto sindacale, 1994
• Avviso comune in caso di modifica di un’attività che incide sull’occupazione o sulle
condizioni di lavoro, 1997
La costituzione del Comitato europeo di informazione e
consultazione dei dipendenti Danone
LA FASE DI COSTITUZIONE
Il gruppo Danone ha sempre dimostrato di essere dotata di una certa sensibilità per
quanto attiene alle politiche di relazioni industriali sia a livello nazionale che a livello
europeo. I primi contatti tra il management del gruppo ed il sindacato mondiale degli
alimentaristi (Uita) risalgono al 1985 (forme di rapporto risalgono addirittura al 1972) ed il
primo incontro tra il management, rappresentanti dei sindacati nazionali, Uita e il suo
comitato europeo (Ecf-Iuf) si tenne nel 1986. A partire da questo incontro è iniziato uno
scambio di informazioni epistolari tra management e Uita tramite le quali si concordò di
costituire un “Comitato consultivo europeo” per la divisione alimentare del gruppo BSN
(oggi Danone). La composizione di tale organismo include rappresentanti del management,
funzionari sindacali a livello nazionale ed internazionale e i rappresentanti dei lavoratori.
Gli incontri del cosiddetto “Comitato consultivo europeo” iniziarono con frequenza annuale
nel 1987, ragione per cui non si compie alcun forzatura nell’affermare che fu uno dei primi
Comitati aziendali europei ad essere costituito. In seguito alla direttiva europea 94/45,
l’istituto europeo venne formalizzato, ex art. 13, il giorno 11 marzo 1996.
L’accordo di costituzione di “Comitato del gruppo Danone per l’informazione e
consultazione”, (da ora in poi “Comitato Europeo”), è stato siglato dal management Danone
e dai sindacati che rappresentano i lavoratori del gruppo, coordinati dal sindacato
internazionale degli alimentaristi IUF-Uita (International Union of Food Agricolture, Hotel,
Restaurant, Catering, Tobacco and Allied Worker’s Associations).
L’AMBITO DI APPLICAZIONE, LA STRUTTURA E GLI OBIETTIVI DEL
COMITATO EUROPEO
L’accordo di costituzione è applicabile a tutte le aziende controllate dal gruppo Danone.
L’accordo costitutivo stabilisce che il gruppo Danone ha un controllo diretto sulle aziende
qualora possegga più del 50% del loro pacchetto azionario, qualora rivesta una posizione
dominante rispetto agli altri proprietari o qualora le gestisca direttamente.
Nell’accordo di costituzione si specifica che il Comitato ha la funzione di verificare
periodicamente le dinamiche a cui il gruppo è soggetto e di facilitare il dialogo con i
rappresentanti sindacali. Altro scopo che il Comitato si prefigge è diffondere informazioni
29
riguardanti tematiche di carattere internazionale e le decisioni strategiche del gruppo
Danone. L’accordo di costituzione definisce in modo dettagliato i punti su cui
l’informazione è tenuta a focalizzarsi:
• La posizione economica e finanziaria del gruppo e lo sviluppo dei suoi business
• I principali progetti industriali e tecnologici con ricadute occupazionali
• Eventuali ottimizzazioni, riorganizzazioni e ristrutturazioni delle attività e i siti produttivi
coinvolti
• Le principali decisioni in tema di investimenti con riguardo ad acquisizioni, fusioni e
joint-venture
• Politiche aziendali generali in tema di lavoro
• Salute e Sicurezza e condizioni di lavoro
• Pari opportunità
• L’esercizio e il rispetto dei diritti sindacali
Si prevede, inoltre, che le aree tematiche su cui il Comitato Europeo ha diritto di essere
informato possono essere concordate congiuntamente.
La composizione del Comitato Europeo sarebbe accostabile a quella del modello
francese dei comitati aziendali europei in quanto i suoi membri sono sia rappresentanti
manageriali che rappresentanti dei lavoratori. Il fatto però che tra i membri ufficiali
compaiano i funzionari sindacali consente anche di avvicinarlo ad un organismo di relazioni
industriali a canale unico.
La delegazione sindacale non può superare le 50 persone, di cui non più di 6
provenienti dalle aziende vetrarie. L’accordo di costituzione prevede che la delegazione
sindacale sia composto da 30 rappresentanti dei lavoratori, dipendenti del gruppo, insieme ai
funzionari sindacali –che fungono da coordinatori sindacali nazionali- individuati
dall’organizzazione sindacale internazionale (Uita) in modo tale che tutte le attività del
gruppo siano rappresentate e si mantenga un equilibrio in termini di genere. Per ogni paese,
comunque, non vi possono essere più di 10 rappresentanti.
Per l’Italia sono garantiti tre seggi per i rappresentanti dei lavoratori, uno per ogni
sindacato di categoria (Flai-Cgil, Fai-Cisl, Uila-Uil), e normalmente vengono riconfermati
sempre gli stessi. Attualmente per l’Italia partecipano un delegato per la Flai-Cgil, un
delegato per la Fai-Cisl e, in qualità di coordinatore sindacale, un segretario nazionale della
Uila-Uil.
L’accordo istitutivo prevede che la composizione del Comitato Europeo debba tenere in
considerazione il peso rappresentativo dei vari sindacati all’interno del gruppo. Alle riunioni
dei Comitato partecipano in qualità di membri ufficiali anche rappresentanti dei lavoratori e
sindacalisti di Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca. Agli incontri del Cae possono
partecipare anche i segretari regionali del Uita.
La rappresentanza manageriale è composta, attualmente, esclusivamente dal
management centrale ed in specifico dal Presidente del Gruppo, il Direttore Generale delle
Risorse Umane e i Direttori delle attività economiche più importanti, a cui si aggiungono di
volta in volta rappresentanti manageriali diversi in base alle tematiche inserite nell’ordine
del giorno.
IL COMITATO DI PILOTAGGIO
L’accordo di costituzione del 1996 prevede la costituzione di un comitato di pilotaggio
incaricato di preparare la riunione annuale del Comitato, elaborare, sentiti la Uita e il gruppo
Danone, l’ordine del giorno ed il programma degli incontri del Comitato Europeo. Inoltre
ha, in base ai contenuti dell’accordo istitutivo, il compito di provvedere alla stesura del
piano di azione per l’anno in corso e quello successivo.
30
I membri del comitato del coordinamento sono designati rispettivamente dal sindacato
mondiale Uita e dal management del gruppo Danone. Attualmente i membri del comitato di
pilotaggio sono alcuni dei coordinatori sindacali nazionali tra i quali vi sono un italiano,
segretario nazionale del sindacato di categoria Uila-Uil, un belga ed un francese. Agli
incontri del comitato di pilotaggio è sempre presente un funzionario del sindacato mondiale
degli alimentaristi (Uita) nella veste di coordinatore.
Il Comitato di pilotaggio è l’organismo tramite il quale la volontà contrattuale del
Comitato Europeo si traduce in termini operativi. I coordinatori sindacali nazionali, infatti,
sentite le opinioni del Comitato Europeo, incontrano e contrattano direttamente con il
management centrale del gruppo. I coordinatori sindacali nazionali partecipano non in
rappresentanza della propria delegazione nazionale ma in rappresentanza, formale, del
sindacato mondiale degli alimentaristi, Uita, in quanto da essa designati. In occasione della
ristrutturazione del settore dei biscotti, il comitato di pilotaggio è stato allargato e a tale
nuovo organismo si è attribuito il potere di contrattare direttamente con il gruppo.
LE PROCEDURE DI INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE
La prima convenzione, nel 1988, sancisce i principi base sui quali il gruppo e la Uita
hanno convenuto di lavorare in comune. Tra i principi basilari elencati appare anche
l’impegno di sviluppare una politica volta a “raggiungere lo stesso livello e la stessa qualità
d’informazione, nel campo sia economico che sociale, in tutti i luoghi d’insediamento delle
aziende BSN” (ora Danone Spa). L’interesse per la questione della qualità e diffusione
dell’informazione è argomento quindi del confronto tra il gruppo e la parte sindacale prima
ancora che l’istituzione del Cae, nel 1994, la ponesse in primo piano.
L’accordo di costituzione sottolinea il carattere consultivo del Comitato Europeo e lo
definisce come luogo di scambio di opinioni e dialogo. Inoltre si sancisce espressamente la
facoltà del Comitato Europeo di suggerire iniziative in linea con le politiche sociali del
gruppo. Da quanto emerge dall’accordo di costituzione si evince che all’istituto europeo
sono attribuite anche competenze che esulano dalle procedure di informazione e
consultazione. Si prevede, infatti, che il Comitato Europeo presenti avvisi comuni e negozi
misure in ambito di occupazione, formazione, informazione, sicurezza e condizioni di
lavoro e l’esercizio dei diritti sindacali.
Risorse del Comitato Europeo
L’accordo di costituzione contempla la presenza di esperti esterni durante le riunioni del
Comitato Europeo, tra cui l’esperto inviato dai sindacati francesi, previo accordo tra le parti.
Il ruolo dell’esperto, in particolare di quello francese, non si esaurisce all’interno della
riunione ma riveste un ruolo importante anche nel periodo che intercorre tra una riunione e
l’altra. Infatti in occasione di trasferimenti di produzione da stabilimenti francesi a
stabilimenti italiani, l’esperto francese è stato mandato dai sindacati della casa-madre per
verificare se il trasferimento era il risultato di una logica perversa e “globalizzata” volta a
ridurre il costo del lavoro o se era effettivamente dettato da esigenze tecniche.
I membri del Comitato Europeo hanno diritto a dei permessi retribuiti per poter
partecipare alle riunioni annuali. Tutte le spese relative agli spostamenti e ai pernottamenti
per la riunione annuale del comitato sono a carico delle singole aziende da cui provengono i
rappresentanti dei lavoratori. Mentre le spese di viaggio derivanti dagli incontri del comitato
di pilotaggio sono, purché non superino i due incontri annuali, coperte dallo stesso gruppo.
Le spese di allestimento degli uffici destinati alla riunione e le spese del servizio di
interpretariato sono pagate dal gruppo Danone Una quota, pari ad 1/3, delle spese di viaggio
31
e di pernottamento dei sindacalisti che partecipano alle riunioni annuali sono anch’esse a
carico del gruppo.
Durante le riunioni annuali del Comitato Europeo il gruppo provvede a fornire il
servizio di interpretariato mentre questo non avviene per le riunioni del comitato di
pilotaggio.
Gli incontri
L’INCONTRO DEL COMITATO DI PILOTAGGIO
Il comitato di pilotaggio si incontra molto più frequentemente di quanto faccia il
Comitato Europeo. Il comitato di pilotaggio si riunisce qualora le circostanze lo richiedano.
Solitamente gli incontri sono almeno due all’anno, ma nel caso di ristrutturazioni o processi
di riorganizzazioni il numero degli incontri può anche aumentare. Gli incontri avvengono a
Parigi. Nell’occasione i sindacalisti che vi partecipano non rappresentano il loro paese di
provenienza bensì il sindacato mondiale degli alimentaristi, Uita.
L’ASSEMBLEA ANNUALE DEL COMITATO EUROPEO
L’accordo di costituzione prevede che il management del gruppo Danone è tenuto a
consegnare la documentazione informativa un mese prima dell’incontro annuale che
solitamente si svolge a Ginevra (Svizzera), presso l’Ufficio Internazionale del Lavoro
(OIL). Prima del 2002 esisteva a livello di paese un coordinamento manageriale dell’area
Risorse Umane la cui funzione consisteva nel raccogliere informazioni inerenti alle
dinamiche interne del gruppo nei vari paesi e riferirle in sede di Comitato Europeo ai
membri dello stesso. Ad oggi, avendo il gruppo una struttura più consolidata, tale organismo
di comunicazione ed informazione è stato abbandonato.
L’incontro annuale dura due giornate. La mattina del primo giorno è previsto un preincontro tra i rappresentanti dei lavoratori al fine di preparare l’incontro con i rappresentanti
manageriali. Il pomeriggio dello stesso giorno e la mattina del giorno seguente si svolge la
riunione del Comitato Europeo in cui avviene il confronto ed il dibattito tra la
rappresentanza manageriale e la rappresentanza dei lavoratori. Nella presentazione dei dati
relativi al gruppo, il management si avvale del supporto di lucidi i cui contenuti vengono
consegnati anche agli altri partecipanti della riunione. Nel pomeriggio del secondo giorno i
membri del Comitato Europeo si incontrano nuovamente per valutare i risultati dell’incontro
e programmare le azioni seguenti.
L’incontro del Comitato Europeo è presieduto, secondo l’accordo, da una persona
nominata dal sindacato Uita e sempre lo stesso sindacato ha l’incarico di provvedere in
termini pratici all’organizzazione dell’incontro.
Al termine della riunione viene stilato un verbale della riunione ed inviato ai
coordinatori delle delegazioni nazionali, i quali hanno, a loro volta, il compito di diramare le
informazioni nel loro paese.
Contenuto delle informazioni e sua valutazione
Il manager italiano coinvolto nell’attività del Comitato Europeo ritiene che il vero
valore aggiunto dell’informazione ricevuta in sede europea sia la possibilità di avere una
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conferma di come il gruppo stia agendo a livello europeo e mondiale. A volte si è anche
verificato che durante la riunione del Comitato Europeo venisse anticipata una scelta
strategica del gruppo. Ciò è accaduto, per esempio, quando il gruppo decise di abbandonare
il settore della pasta e diffuse, prima ancora di informare il management delle aziende
interessate, la notizia attraverso il Comitato Europeo.
Le tematiche discusse nelle riunioni del Comitato Europeo non hanno solo un carattere
europeo ma, essendo il gruppo articolato in divisioni globali, le informazioni ottenute hanno
spesso una dimensione mondiale.
In tema di ristrutturazione, l’informazione fornita in sede di Comitato Europeo ha
seguito le procedure informative previste in Francia in caso di riorganizzazione aziendale. Si
è quindi fornito alle rappresentanze dei lavoratori di tutti i paesi coinvolti i libri 3-4 di
bilancio del gruppo, offrendo così un’informativa aggiuntiva rispetto a quanto disposto dalla
normativa italiana.
Tra le tante utilità dell’istituto europeo evidenziate dal manager coinvolto nell’attività
del Comitato Europeo, vi è anche quella di rendere la comunicazione aziendale ancor più
efficace di quanto avvenisse prima perché “le parole che vengono dette lì restano scolpite
nella pietra”. La capacità dei funzionari sindacali di leggere e percepire gli elementi di
criticità al momento della informativa europea, contribuisce ad avvalorare il momento
informativo e a sviluppare un confronto costruttivo con il management.
Secondo il sindacalista italiano, le informazioni ricevute durante gli incontri del
Comitato Europeo sono di utilità solo quando riguardano processi di ristrutturazioni,
riorganizzazioni e innovazione i cui effetti si riversano a livello europeo o mondiale. La
possibilità di avere nel Comitato Europeo una visione a tuttotondo del gruppo, permette di
comprenderne con maggiore lucidità le strategie. Il Comitato Europeo, quindi, non offre un
valore aggiunto informativo qualora fornisca dati ed informazioni inerenti all’ordinaria
amministrazione.
I vari livelli di interazione
L’INTERAZIONE ALL’INTERNO DEL MANAGEMENT
Fino a quando si è resa necessaria la presenza del coordinamento nazionale dell’area
Risorse Umane, il management italiano aveva un suo rappresentante che partecipava al
Comitato Europeo. Risultava, così, costantemente informato degli eventuali risultati ottenuti
in sede europea sia informalmente che formalmente durante le riunioni mensili con la
commissione nazionale che raggruppava tutte le aziende in Italia. Attualmente non c’è una
rappresentanza del management italiano ma partecipa solo il management centrale, il quale
si incarica di inviare una copia del resoconto al management periferico.
I contatti con il management internazionale continuano a mantenersi frequenti nel
comitato allargato di pilotaggio. Il manager italiano, coinvolto nel Comitato Europeo,
avverte comunque una riduzione dei contatti anche in questo contesto in quanto passando
dalla fase di progettazione alla fase di applicazione dei processi di ristrutturazione, il lavoro
viene concentrato principalmente nel contesto nazionale e si perde progressivamente il
confronto internazionale.
Ogni due mesi il gruppo organizza delle riunioni dove si incontrano il management
dell’area Risorse Umane a livello internazionale per discutere sì delle ristrutturazione ma
anche di altre tematiche che da essa esulano. Si esamina, infatti, lo sviluppo e la mobilità del
personale in ambito europeo, tema su cui il gruppo sta investendo molto.
Dall’intervista al manager italiano che non partecipa direttamente all’attività del
Comitato, emerge che la informazione tra il management non avviene in maniera
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sistematica e formale. Infatti il manager esterno al Comitato Europeo è venuto a conoscenza
dell’esistenza dell’istituto di rappresentanza europeo solo nel 2001 in occasione della
ristrutturazione del business dei biscotti, quando gli è stato chiesto di fornire, con scadenza
mensile, dei dati sul personale dello stabilimento in cui è Direttore. Il manager italiano
coinvolto nell’attività del Comitato Europeo, avendo tuttora l’incarico di occuparsi del
progetto di ristrutturazione in Italia, informa il management locale della Saiwa, con
scadenza settimanale, di quali sono i risultati della riunione del comitato allargato di
pilotaggio.
LE INTERAZIONI TRA IL COMITATO DI PILOTAGGIO ED IL
MANAGEMENT
Avendo il comitato di pilotaggio anche un potere negoziale, incontra il management
centrale durante gli incontri che si tengono a Parigi nell’ambito della ristrutturazione del
business dei biscotti. Durante la fase di contrattazione gli incontri erano molto frequenti,
anche più incontri nell’arco di una settimana.
Qualora ve ne sia la possibilità e la necessità, il management del gruppo deve, come
riportato esplicitamente nell’accordo di costituzione, sforzarsi di informare i sindacalisti del
comitato di pilotaggio sulle decisioni che potrebbero avere delle ricadute sull’occupazione o
sulle condizioni di lavoro in uno o più paesi.
L’INTERAZIONE TRA I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
ALL’INTERNO DEL COMITATO EUROPEO
Dalle interviste emerge che i rappresentanti dei lavoratori che partecipano agli incontri
del Comitato Europeo sono particolarmente interessati, soprattutto in seguito agli ultimi
sviluppi negoziali, al confronto con le altre realtà del gruppo.
La possibilità di guardare al proprio sistema di relazioni industriali con una maggiore
capacità critica è, a volte, causa di tensioni. Il manager, coinvolto nell’attività del Comitato
Europeo, ricorda lo stupore ed il disappunto delle rappresentanze inglesi del management e
dei lavoratori quando sono venute a conoscenza dell’alto livello di protezione sociale
garantita in paesi come Francia e Italia. Per mitigare la tensione il gruppo rispose che il
livello di protezione sociale è in stretta connessione al contesto nazionale di riferimento.
Secondo, il sindacalista italiano, la delegazione francese si dedica all’attività del Cae
con meno convinzione di quanto facciano le altre delegazioni. Questo atteggiamento si
pensa sia dovuto principalmente alla complessità della legislazione lavorativa francese che
in qualche modo esaurisce l’interesse sindacale.
L’INTERAZIONE TRA IL COMITATO EUROPEO E LE ORGANIZZAZIONI
SINDACALI
I paesi, in cui il gruppo ha una presenza industriale importante, sono rappresentati da un
sindacalista nazionale. All’interno del Comitato Europeo, i sindacalisti nazionali rivestono il
ruolo di coordinatori delle varie delegazioni nazionali composte dai rappresentanti dei
lavoratori. Alcuni dei sindacalisti nazionali fanno anche parte del comitato di pilotaggio,
organismo contrattante, e sono un italiano, un francese ed un belga. All’interno del comitato
di pilotaggio e alle riunioni del Comitato Europeo è presente anche un funzionario della
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Uita. I sindacalisti del comitato di pilotaggio presenziano all’incontro con il management
non in rappresentanza del rispettivo paese ma in rappresentanza del sindacato mondiale,
Uita.
È da sottolineare la presenza del sindacato mondiale, nonostante il Comitato Europeo,
come si intuisce facilmente, sia un istituto di natura europea. Le motivazioni che si possono
addurre alla presenza del sindacato mondiale, e non europeo, sono sicuramente da ricercarsi
nella tradizione storica delle relazioni industriali del gruppo e nella presenza globale a cui
corrisponde una struttura manageriale di dimensione mondiale, più vicina quindi ad un
sindacato internazionale piuttosto che macroregionale.
Il sindacalista nazionale per l’Italia è un segretario nazionale del sindacato degli
alimentaristi per la Uil (Uila). Dopo le riunioni del Comitato Europeo il coordinatore
italiano informa anche le altre due segreterie nazionali dei risultati emergenti, la Flai-Cgil e
la Fai-Cisl, o per via telefonica o inviando la documentazione relativa alla riunione o nella
informativa periodica volta ad informare i sindacati nazionali degli sviluppi dei vari Cae.
L’informazione cade poi a cascata su tutte le strutture sindacali periferiche. Il coordinatore
italiano ruota ogni 4 anni in modo tale che vi sia un’alternanza dei tre sindacati di categoria,
ossia Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil.
Le tensioni nei rapporti tra le tre confederazioni non hanno avuto, a parere del
coordinatore italiano, alcuna conseguenza sulle dinamiche interne del Comitato Europeo.
Dall’intervista al manager coinvolto nell’attività del Comitato Europeo, si desume che
le organizzazioni sindacali periferiche non hanno accolto con eccessivo favore l’accordo
sulla gestione delle riorganizzazione del business biscotti concluso tra il gruppo e il
sindacato mondiale Uita in quanto lo consideravano una restrizione della propria sovranità
locale. Al contempo si sottolinea, però, che il disappunto per la sottrazione di potere
contrattuale veniva in qualche modo diluito dalla bontà dei contenuti dell’accordo.
L’INTERAZIONE TRA IL COMITATO EUROPEO E LE STRUTTURE DI
RAPPRESENTANZA A LIVELLO NAZIONALE
Dall’intervista al manager italiano, emerge che in fase costitutiva i rappresentanti dei
lavoratori in Italia hanno mostrato un certo distacco per le procedure di informazione e
consultazione a livello europeo. A causa di questo scarso interesse, in fase iniziale si è
incontrata qualche difficoltà nell’individuazione dei delegati italiani disposti a partecipare
alle riunioni del Comitato Europeo. Con il passare degli anni e con l’acquisizione di una
certa esperienza sul campo, i rappresentanti dei lavoratori che partecipano fisicamente alle
riunioni del Comitato Europeo cominciano ad apprezzare l’utilità di un confronto con le
altre delegazioni nazionali. Coloro, invece, che non hanno modo di intervenire direttamente
alle riunioni continuano a guardare all’Europa con un certo distacco.
L’INTERAZIONE TRA IL COMITATO EUROPEO ED I DIPENDENTI
Da quanto emerge dalle interviste, si desume che i lavoratori non direttamente coinvolti
nell’attività del Comitato Europeo non siano particolarmente interessati alle relazioni
industriali a livello continentale. Questa mancanza di interesse deriva principalmente dalla
scarsa risonanza data all’istituto europeo da parte dei sindacati nazionali e periferici e da
una tradizione culturale locale ancora molto forte che induce i singoli lavoratori a
focalizzarsi sulle proprie problematiche aziendali.
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I risultati [Outcomes]
IMPATTO SUL CORPORATE DECISION MAKING
Come contemplato nell’accordo di costituzione, il Comitato Europeo, attraverso il
comitato di pilotaggio, ha assunto anche un potere negoziale. In realtà il titolare della
contrattazione è il sindacato mondiale Uita ma la trattativa è condotta dagli stessi
coordinatori del Comitato Europeo che traduce in termine pratici le intenzioni contrattuali
risultanti dall’incontro del Comitato Europeo. La presenza di attori del Comitato Europeo
nella fase negoziale fa sì che si crei una continuità operativa e istituzionale tra i diversi
momenti lungo cui si sviluppa il sistema di relazioni industriali del gruppo.
Nel maggio del 1997, il gruppo Danone e il comitato di pilotaggio in rappresentanza
della Uita, siglano un accordo congiunto in cui si individua il piano sociale da seguire in
caso le trasformazioni organizzative e strutturali del gruppo abbiano delle ripercussioni
negative sullo stato dell’occupazione o sulle condizioni di lavoro. L’accordo è applicabile,
come gli altri accordi precedentemente siglati, a tutti i paesi europei, dentro e fuori l’Unione
Europea, e agisce in modo complementare alle misure nazionali già esistenti.
In occasione della ristrutturazione del business dei biscotti, è stato concluso con il
gruppo un accordo quadro a cui tutti i processi di ristrutturazione a livello nazionale si
devono adeguare. In tale occasione si è costituito un organismo ad hoc per la contrattazione
con il gruppo Danone: il comitato allargato di pilotaggio. I risultati dell’accordo sulla
riorganizzazione sono stati comunicati al Comitato Europeo il 29 marzo 2002. Dopo tale
comunicazione sono partite le trattative a livello nazionale il cui monitoraggio è affidato
sempre al comitato allargato di pilotaggio.
COMITATO ALLARGATO DI PILOTAGGIO
Al fine di definire le condizioni di ristrutturazioni e le misure sociali minime da
garantire, si è avviata, in occasione della ristrutturazione del business dei biscotti, una
contrattazione tra il gruppo Danone ed il comitato allargato di pilotaggio formato da
esponenti manageriali, 7 rappresentanti sindacali nazionali dei paesi coinvolti e un
rappresentante dei lavoratori per ogni azienda che chiude e per ogni azienda che di riflesso
deve supplire il vuoto produttivo. La contrattazione ha prodotto un accordo quadro,
riprendendo alcuni punti dell’accordo del ’97 tra Danone e Uita, a cui le trattative a livello
nazionale si devono attenere.
Una volta concluso l’accordo, al comitato allargato di pilotaggio è stata affidata una
funzione di monitoraggio sulla fase applicativa nazionale. In tal modo si è voluto più
efficacemente controllare che i processi di ristrutturazioni a livello nazionale fossero
conformi a quanto previsto dall’accordo e quindi prevedere forme di ammortizzatori che
non fossero necessariamente quelli statali o tradizionali ma prevedessero diverse forme di
intervento: rivolgersi a società di outplacement, aiutare nel cercare un’abitazione vicino al
nuovo posto di lavoro, aiutare il coniuge a trovare lavoro nell’area circostante e così via.
Gli incontri del comitato allargato di pilotaggio non hanno una scadenza fissa e
avvengono tutte a Parigi. Ognuno dei rappresentanti delle aziende fa una relazione e
presenta lo stato di attuazione del progetto di ristrutturazione sia dal punto di vista tecnico
che sociale con particolare interesse per la problematica del ricollocamento delle persone e
della deindustrializzazione. I risultati emersi dagli incontri del comitato allargato di
pilotaggio sono poi riportati in modo generale e sintetico anche nelle riunioni del Comitato
Europeo. Secondo il manager italiano coinvolto nell’attività del Comitato Europeo, la
continuità tematica e degli attori tra comitato allargato di pilotaggio e Comitato Europeo
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porta a considerare il primo come un’emanazione del secondo, o meglio una sua “modalità
di espressione”.
COMITATO MONDIALE DEL GRUPPO DANONE
Con frequenza annuale, il gruppo Danone organizza una riunione in cui i membri del
Comitato Europeo incontrano i rappresentanti dei lavoratori delle altre realtà mondiali del
gruppo. Nel Comitato mondiale fanno parte anche le rappresentanze di quei paesi che, pur
essendo in Europa, hanno un peso industriale irrilevante per il gruppo, come la
rappresentanza greca.
Dal punto di vista del coordinatore italiano del Comitato Europeo, il comitato mondiale
è “assolutamente irrilevante” in quanto non ha la facoltà di agire e di intervenire
direttamente per dirimere le controversie sorte a livello globale.
CORPORATE IDENTITY
Dal punto di vista del manager coinvolto dall’attività del Comitato Europeo, l’istituto di
rappresentanza a livello europeo non è utilizzato dal gruppo Danone per diffondere la
propria filosofia tra le varie aziende controllate. La forza, infatti, del Comitato Europeo sono
la sua vitalità e la sua informalità che hanno consentito fino ad ora di raggiungere risultati
importanti sia in ambito informativo e consultivo che in ambito negoziale.
ARMONIZZAZIONE DELLE POLITICHE DEL LAVORO
L’assenza di una legislazione comune sul lavoro crea alquanto complicata, e per il
momento impraticabile, una armonizzazione delle politiche del lavoro a livello europeo o di
Unione Europea. Tale constatazione, espressa dal sindacalista italiano, è valevole anche per
il gruppo Danone. Gli incontri a livello europeo possono sì essere utilizzati come luoghi da
cui attingere esperienze di relazioni industriali degli altri paesi ma gli universi legislativi a
cui tali esperienze si riferiscono ancora troppo diversi l’uno dall’altro.
Conclusioni
Secondo il manager coinvolto nell’attività del Comitato Europeo, la contrattazione a
livello centrale gestita dal sindacato mondiale Uita e dal gruppo Danone ha un duplice
aspetto. Da un lato garantisce una maggiore trasparenza dei rapporti in quanto si crea la
consapevolezza diffusa tra i lavoratori dell’ineluttabilità dell’operazione di ristrutturazione e
al contempo facilita il compito del gruppo che invece di avviare le trattative a livello
nazionale ha l’opportunità di concludere un unico accordo applicabile a livello europeo.
Dall’altro lato, una contrattazione centrale priva il sindacato periferico di una quota di
sovranità contrattuale.
Per il management l’opportunità di confronto offerta dall’incontro del Comitato
Europeo è di molta utilità poiché aiuta a sviluppare un’interpretazione e lettura della realtà
non più ristretta alla singola realtà nazionale ma a livello europeo e globale. Il Comitato
Europeo ha, inoltre, contribuito a creare tra il management forme più sistematiche di
coordinamento tramite le quali poter più efficacemente controllare le aziende sul territorio
europeo. Mentre, sempre secondo il manager coinvolto nell’attività del Comitato Europeo, il
37
sindacato guarda all’istituto di rappresentanza europeo come un elemento di disturbo
nell’espletamento della propria funzione negoziale. Si lamenta, per di più, lo scarso
impegno del sindacato di diffondere le informazioni a livello periferico. Si osserva, infatti,
che gli accordi conclusi con la Uita hanno avuto poca risonanza a livello locale.
Le interazioni informative tra il management del gruppo in tema di Cae non sono
strutturate e formalizzate. La distribuzione dei risultati raggiunti in sede europea avviene,
quindi, principalmente per via informale tra chi partecipa alle riunioni e chi non vi
partecipa. L’informalità della comunicazione potrebbe rappresentare un problema per tutte
le aziende affiliate dal momento che in un futuro molto prossimo è previsto che alle riunioni
dei vari organismi del gruppo a livello europeo partecipi esclusivamente il management
centrale, presumibilmente della casa madre francese. Si corre, quindi, il rischio che i
risultati degli incontri dell’istituto di rappresentanza europeo rimangano circoscritti ad un
ristretto numero di persone.
Il carattere internazionale delle informazioni fornite durante le riunioni del Comitato
Europeo rende, secondo il sindacalista italiano, necessaria la presenza di organizzazioni
sindacali internazionali, nella fattispecie rappresentati dai funzionari sindacali a livello
nazionale. Le diramazioni sindacali periferiche, e ancor più i rappresentanti dei lavoratori,
non sarebbero, infatti, in grado di cogliere le specificità e gli elementi di criticità emergenti
dal dibattito con il management.
La presenza dei funzionari sindacali a livello nazionale è interpretata, sempre dal
sindacalista italiano come un segno distintivo del settore alimentare. Il consumo alimentare,
diversamente dal settore chimico o metalmeccanico, è strettamente vincolato alle abitudini
alimentari a livello nazionale. Da ciò si arguisce quanto sia importante la dimensione
nazionale nell’industria alimentare. Il sindacalista nazionale, inoltre, a differenza dei
delegati di fabbrica, è una figura più stabile e articolata in termini di rappresentanza e la sua
professionalità si presta meglio a ricoprire il ruolo di coordinatore piuttosto che affidare tale
funzione ad un rappresentante dei lavoratori la cui conoscenza è circoscritta alla propria
realtà aziendale.
La presenza del sindacato nazionale a livello di coordinamento è dovuto anche ad
esigenze prettamente tecniche. Infatti mentre nelle riunioni del Comitato Europeo vi è il
servizio di interpretariato, nelle riunioni del comitato di pilotaggio questo supporto manca.
Si rende quindi necessaria la presenza di attori la cui professionalità e formazione consenta
loro di capire e parlare almeno una delle lingue principali del gruppo, francese ed inglese.
Le organizzazioni sindacali garantiscono una guida, secondo il sindacalista italiano, per
i vari delegati nazionali. La logica delle multinazionali, infatti, tende a mettere in
competizione le aziende dello stesso gruppo per stimolarne la continua efficienza produttiva
e questo accende molto spesso delle tensioni tra le varie rappresentanze dei lavoratori. La
diplomazia professionale delle organizzazioni sindacali ha maggiore possibilità di
mantenere le conflittualità entro limiti tali da consentire un confronto costruttivo con il
management.
Prospettive [Outlook]
Secondo il manager coinvolto a livello europeo, il Comitato Europeo, nei prossimi anni,
potrebbe anticipare le condizioni che preparano l’Europa Sociale. L’istituto di
rappresentanza europea potrebbe, acquisendo maggiore potere negoziale, scardinare un
sistema ancora imperniato sulle normative nazionali e creare delle norme comuni a livello
europeo e mondiale. Il Comitato Europeo del gruppo Danone acquisirà, così, maggior
riconoscimento di giorno in giorno dimostrando il proprio valore ed efficacia “sul campo”.
Il Comitato Europeo, infatti, come tutto quanto attiene le relazioni industriali non viene
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legittimato e valorizzato per imposizione esterna ma per convinzione delle parti interessate
dell’utilità dello strumento.
Per consolidare l’esperienza del Comitato Europeo agli occhi dei lavoratori è
fondamentale non sovraccaricare l’istituto di rappresentanza europeo di funzioni che ad esso
non dovrebbero competere. Il rischio che altrimenti si potrebbe correre, secondo il
sindacalista italiano, è quello di creare delle attese nei lavoratori e poi non mantenerle
provocando una delusione diffusa. Il Comitato Europeo dovrebbe quindi concentrarsi su due
versanti. Innanzitutto, consolidarsi nella coscienza della gente svolgendo con rigore e
impegno quello per cui è stato costituito. In secondo luogo, fungere da fulcro e collettore di
pratiche di “democrazia economica” dei vari paesi per costruirne poi forme omogenee a
livello europeo.
Il manager esterno all’attività del Comitato Europeo, preoccupato di non ricevere, in un
futuro prossimo, nessun tipo di informazione sul tema dell’istituto di rappresentanza
europeo e dei suoi sviluppi, propone di migliorare e strutturare formalmente i flussi
informativi tra il management centrale ed il management periferico.
Riferimenti bibliografici
Responsabilité Sociale, Rapport 1999
The Danone Group & International Trade Unionism, maggio 2000.
Convenzioni, Gruppo Danone/Uita, settembre 1999
Bargaining at European Level? Joint Texts negotiated by European Works Council, Mark
Carley, 2001
La Danone taglierà almeno 3 mila posti di lavoro”, Rassegna Ondine, 11 gennaio 2001
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Annex 1
Manager italiano, interno al Comitato Europeo:
− Lavora alla Galbani da più di 30 anni. Al momento dell’acquisizione da parte del
gruppo Danone rivestiva la carica di Direttore del Personale della Galbani.
− La sua esperienza di lavoro nel gruppo Danone è iniziata con l’acquisizione della
Galbani nel 1989.
− All’interno del gruppo Danone ricopriva la figura di coordinatore per le Risorse
Umane per tutte le aziende del gruppo in Italia. Questo incarico è durato fino al 2000
− Attualmente continua a lavorare per il gruppo Danone per portare a termine la
riorganizzazione del Biscuits Business iniziata prima della cessione della Galbani
− In fase costitutiva del Comitato ha partecipato, insieme ai sindacati,
all’individuazione dei rappresentanti che avrebbero poi preso parte alle riunioni del
Comitato Europeo
− Fino al 2000 ha partecipato a 5-6 riunioni del Comitato di informazione e
consultazione con il compito di presentare eventuali dossier informativi sugli
sviluppi inerenti all’area Risorse Umane.
− Partecipa regolarmente al Comitato Allargato di pilotaggio sul tema della
riorganizzazione del business unit dei biscotti, come rappresentante della Saiwa
Manager italiano, esterno al Comitato Europeo:
− Direttore dello stabilimento Saiwa di Milano, tuttora parte del gruppo Danone
− Lavora nel gruppo dal 1996
Sindacalista italiano:
− Segretario nazionale della Uila Uil
− È coordinatore della delegazione italiana al Comitato Europeo.
− Partecipa, in rappresentanza della Uita, al comitato di pilotaggio del comitato
europeo
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Il gruppo Eni
di Davide Dazzi e Volker Telljohann
Sintesi
L’esperienza del Cae ENI è fortemente influenzata dalla realtà italiana. Il sindacato
italiano che è rappresentato con membri effettivi sia nel Cae, sia nel comitato ristretto ha
un ruolo importante all’interno del Cae. Le loro competenze ed esperienze rendono i
rappresentanti sindacali in una certa misura protagonisti del Cae. Il Cae ENI rappresenta
un’esperienza in continuità con il modello cooperativo di relazioni industriali per il quale il
gruppo è conosciuto in Italia. L’esperienza del Cae ENI è comunque in qualche modo
contraddittoria. Da un lato, il Cae è riuscito ad andare oltre una mera funzione di
informazione e consultazione firmando un accordo con il management centrale sulla
formazione a livello europeo. Dall’altro lato, le procedure di informazione e consultazione
vengono criticate dai membri del Cae soprattutto per quanto riguarda la tempestività
dell’informazione e la mancata consultazione rispetto alle decisioni strategiche del
management. I membri del Cae avvertono il bisogno di estendere le competenze del Cae per
renderlo uno strumento efficace in vista soprattutto dei processi di internazionalizzazione
che saranno da affrontare in futuro.
Il gruppo
Eni nasce nel 1953 sotto la conduzione di Enrico Mattei cui è affidato l’incarico di
concentrare tutte le attività energetiche nazionali in un solo gruppo. Il vantaggio
competitivo del gruppo trova la sua massima espressione nella figura imprenditoriale del
suo fondatore capace di proporre ai paesi produttori di petrolio formule contrattuali garanti
una maggiore partecipazione alla gestione delle concessioni e di lanciare la riconversione
del sistema nazionale industriale all’utilizzo del gas di cui l’Italia si è scoperta produttore.
Nel 1992 Eni diventa società per azioni e nel 1995 inizia il processo di privatizzazione
attraverso il quale il Ministero del Tesoro, con quattro offerte, ha collocato sul mercato circa
il 70% del capitale societario ottenendo un ricavato aggregato mai conseguito da un
Governo in Europa Continentale per la vendita di una singola società. Ad oggi lo stato
italiano detiene la maggioranza relativa delle azioni (30,33%) mentre il resto del capitale
esistente è stato collocato sul mercato nazionale e internazionale. Attualmente il capitale
esistente è distribuito per il 43,31% in mano di azionisti italiani, l’11,54% in mano ad
azionisti europei ed il 6,75% sul mercato nord americano. Con una capitalizzazione di Borsa
(il gruppo è quotato sia sulla borsa di New York che italiana) al 30 aprile 2002 di circa 68
milioni di euro, Eni è una delle società energetica integrata più importanti al mondo; l’Eni
opera attraverso Società/Divisioni nelle attività del petrolio (attraverso Agip Petroli) e del
gas naturale (attraverso le società Italgas e Snam), della generazione di energia elettrica
(attraverso Enipower), della petrolchimica (attraverso Polimeri Europa) e della ingegneria e
servizi (attraverso Saipem e Snamprogetti).
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Il Gruppo si propone di riconfermare la posizione di leader del mercato anche negli anni
a venire puntando su una valorizzazione e razionalizzazione del proprio portafoglio
attraverso un più marcato sfruttamento dei vantaggi competitivi, a livello internazionale,
costituiti dall’eccezionale patrimonio di competenze, infrastrutture e relazioni contrattuali di
lungo termine. Al contempo si provvederà ad una ragionata riduzione del peso degli
investimenti dei business non strategici e a perseguire l’integrazione funzionale di core
business per ottimizzare le sinergie operative. Nei prossimi anni si tenderà quindi a
focalizzare le risorse nelle attività di core business, Petrolio e Gas, e ad abbandonare
progressivamente il settore della Chimica. Inoltre si incrementeranno le risorse finanziarie
indirizzate alla ricerca e sviluppo soprattutto, per l’86%, nei settori Esplorazione e
Produzione e Gas & Power.
In Italia, a Roma, è concentrata la gestione direttiva del gruppo Eni che opera in 69
nazioni distribuite sui cinque continenti (Tabella 1) con circa 70.000 dipendenti, di cui
44.256 (tabella 2) in Italia.
Tabella 1: Distribuzione mondiale dei siti appartenenti al Gruppo Eni
EUROPA
ASIA-OCEANIA
AFRICA
MEDIO ORIENTE
AMERICHE
Austria
Croazia
Danimarca
Fed. Russa
Italia
Francia
Grecia
Germania
Irlanda
Norvegia
Paesi Bassi
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Repubblica Ceca
Repubblica
Slovacca
Romania
Turchia
Slovenia
Spagna
Svizzera
Ungheria
Australia
Azerbaigian
India
Indonesia
Kazakistan
Malaysia
Pakistan
Rep. Pop. Cinese
Singapore
Tailandia
Taiwan
Turkmenistan
Vietnam
Algeria
Angola
Egitto
Gabon
Guinea Bissau
Libia
Mauritania
Nigeria
Rep. Congo
Senegal
Somalia
Tunisia
Arabia Saudita
Emirati Arabi Un.
Iran
Kuwait
Oman
Qatar
Yemen
Argentina
Brasile
Canada
Colombia
Ecuador
Guyana
Perù
Usa
Trinidad
Tobago
Venezuela
L’Italia rappresenta il 62,5% dell’occupazione del gruppo ENI, il 32,9% si distribuisce
sulle varie aree extra-comunitarie e gli altri paesi dell’Unione europea, invece,
rappresentano solo il 4,6% del occupazione complessiva. Questo significa anche che in
Italia si concentra il 93,2% dell’occupazione complessiva dei paesi dell’Unione europea. Da
questi dati si può dedurre che l’Unione europea, con l’eccezione dell’Italia ovviamente, non
rappresenta un’area di importanza strategica per il gruppo ENI.
L’attività del gruppo Eni si articola in 4 settori differenti:
• Esplorazione e Produzione: esplorazione e riproduzione di idrocarburi in Italia ed nei
principali paesi produttori;
42
• Gas & Power: approvvigionamento, trasporto distribuzione e vendita di gas naturale
• Raffinazione e Marketing: raffinazione e commercializzazione dei prodotti petroliferi
principalmente in Italia, Europa e America Latina
• Ingegneria e Servizi: attività di costruzioni offshore (condotte sottomarine e installazione
di sistemi galleggianti di produzione di idrocarburi) e ruolo di global contractor per
l’industria petrolifera e petrolchimica
La struttura di portafoglio di business dell’Eni si impernia su una significativa
integrazione verticale (Figura 1) che garantisce una maggiore stabilità dei risultati di breve
consentendo un’efficiente pianificazione nel lungo periodo. Una struttura così descritta
permette all’azienda di mitigare la sensibilità dei risultati alla instabilità dei prezzi
Per quanto riguarda il business del petrolio si rileva una consistente verticalizzazione
del processo funzionale dall’estrazione alla vendita. Una minima percentuale del petrolio
estratto deriva dal territorio italiano mentre una quota significativa della disponibilità totale,
sia di propria estrazione che da paesi terzi, è sottoposta al processo di raffinazione in Italia.
La vendita del petrolio si concentra prevalentemente in suolo italiano (40 milioni di ton.) e
l’incidenza sul mercato estero si riduce di circa la metà (18 milioni di ton.).
In merito al business del Gas Naturale risulta evidente il peso avuto
dall’approvvigionamento estero in termini di disponibilità implicando con questo una
limitata autonomia di produzione italiana. Nel 2001 le vendite di gas naturale dell’Eni
hanno soddisfatto l’84,5% dei consumi nazionali. Il gas venduto dall’Eni è stato
approvvigionato per il 74% dall’estero e il restante 26% è stato coperto dalla produzione
nazionale. La vendita si focalizza in maniera preponderante nel mercato italiano (58,9 mil di
m3 ) lamentando contemporaneamente una scarsa partecipazione al mercato europeo (0,1
mil di m3). Il sistema nazionale del gas, unitamente all’energia elettrica, in seguito anche
agli ultimi sviluppi normativi, si colloca nella trasformazione strutturale in corso in Europa
volta alla formazione di un mercato unico dell’energia.
43
Figura 1: Struttura di portafoglio di business del Gruppo Eni.
Fonte: Eni, Fact Book 2001
Recentemente è stata avviata una fase di ristrutturazione dell’architettura organizzativa
volta a trasformare il gruppo Eni concepito come Holding e società di settore in una società
multidivisionale. Si inserisce in questa prospettiva strategica l’inglobamento dell’attività
Raffinazione e Marketing. Gli altri settori rimangono ancora delle società partecipate ma la
tendenza futura sarà quella di incorporare le varie attività di settore.
44
Tabella 2: Distribuzione dei dipendenti in relazione al settore.
Settori
Unione Europea
Austria
Belgio
Francia
Germania
Gran Bretagna
Grecia
Italia
Lussemburgo
Olanda
Portogallo
Spagna
Totale EU
Ungheria
Norvegia
Resto Europa
Resto Mondo
Totale
Eni
Esplorazione
Raffinazione Petrol
Costr.
e
Italgas
Ingegneria
International Corporate Altro
e Produzione
e Marketing chimica
Perforazioni
Holding
99
67
273
241
4.495
5
46
277
28
368
7.016
8.638
9.951
7.016
2.057
37
18
741
9.873
52
3
34
10.712
136
70
18
17
2.665
321
12.313 18.484
330
4.917
25.045
42
131
21.733
44
4.780
10
20
1
1
163
1
3.055
6
6
376
1
7
1
3
2.279
2
332
25
3.235
3.020
34
33
204
6.707
544
3.414
8.182
18.180
705
8.110
712
8.110
7
68
2
3
196
1.429 16.416
Tot
114
72
351
302
1.149
1
44.256
2
421
49
775
47.492
2.245
614
3.856
16.619
70.826
Fonte: Eni, 31 dicembre 2001
Nel 2000 il Gruppo Eni ha varato un programma di Recupero di Efficienza e Sviluppo
(RES) per il personale e l’organizzazione con il proposito di:
• promuovere lo sviluppo professionale e manageriale e il ricambio delle risorse critiche
• contribuire al programma di riduzione costi con la razionalizzazione delle funzioni di
staff, la costituzione su base funzionale e/o territoriale di centri di servizio e la
individuazione di strumenti di gestione del personale sempre più flessibili
• focalizzare Eni Corporate sulle funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo e
decentrare alle linee operative le responsabilità inerenti i processi di gestione e sviluppo
del personale
La risposta organizzativa a tali sfide è stata quella di accelerare il processo di
decentramento dell'Eni corporate alle aree di business, dalle funzioni del personale alle linee
operative, accorciando la catena gerarchica e decisionale, per snellire l’intero sistema
migliorandone quindi la capacità di sviluppare iniziative integrate lungo l'intera filiera del
business, per ottimizzare il valore generato. In particolare per reagire alla crescente
dimensione internazionale si opta per una gestione delle Risorse Umane internazionali che
sia unitaria nell’impianto strategico e omogenea nelle modalità operative. Il nuovo modello
organizzativo dell'Eni risponde a questi obiettivi e si propone di individuare delle unità di
coordinamento e di integrazione di tutti i processi di gestione e sviluppo delle risorse umane
coerentemente con le strategie di business:
• unità con ruolo prevalente di indirizzo e controllo strategico - Direzioni con funzioni
Corporate - che supportano l'Amministratore Delegato dell'Eni nella definizione delle
linee guida di Gruppo e degli obiettivi strategici da perseguire, nell'allocazione delle
risorse critiche umane e finanziarie e nell'azione di controllo selettivo da esercitare sulle
Divisioni e sulle Società operative;
• unità di supporto alle attività delle Divisioni e delle Società Operative - Direzioni con
funzioni prevalenti di servizio.
La rete di distribuzione dell’Eni in Italia al 31 dicembre 2001 constava di 8351 stazioni
di servizio (il 59% con il marchio Agip e 41% con il marchio IP). Attualmente il gruppo Eni
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è impegnato in un processo di riqualificazione della rete italiana mediante cessioni, chiusure
delle stazioni di servizio marginali e lo sviluppo della rete portante. L’obiettivo è il
conseguimento di standard europei in termini di erogato e di servizi al cliente
Una particolare attenzione merita infine il tema dei Poli Territoriali, perché è forse uno
degli elementi che più di altri farà la differenza sull'attività gestionale del personale, dal
momento della selezione e assunzione vera e propria, fino alla risoluzione del rapporto di
lavoro. Si tratta di un modello che verrà applicato prevalentemente alle attività "core" del
Gruppo in Italia ed in base al quale i Poli presidieranno processi operativi completi riferiti
alle unità organizzative collocate nel territorio: saranno chiaramente individuate le
responsabilità della committenza (Divisioni/Società) e quelle di erogazione dei servizi, che
si intendono pianificare e esplicitare scrupolosamente.
Nel 1996 si è costituita la società Sieco su decisione della Snam di concentrare le
proprie attività nel core business del gas e quindi affidare a terzi tutte le attività non
strategiche (outsourcing). Sieco attraverso la centralizzazione dei servizi riesce a risparmiare
una cifra vicina ai 23 milioni di euro all’anno ed “alleggerisce” il Gruppo Eni di un
cospicuo carico di incombenze: dalle mense ai centri stampa, dalla posta interna al parco
macchine, dalla vigilanza alla configurazione di spazi di lavoro attrezzati.
Le variazioni più significative in termini societari si riscontrano nell’acquisizione del
controllo della Lasmo Plc, che ha comportato l’inclusione nell’area di consolidamento di 78
imprese, di cui 1 consolidata con il metodo proporzionale e l’esclusione dell’Immobiliare
Metanopoli in seguito alla cessione. Ultimamente il Gruppo Eni ha acquistato il 50% della
spagnola Union Fenosa Gas (5 dicembre 2002) e il 100% della norvegese Fortum Petroleum
AS, affiliata alla omonima società petrolifera finlandese. Eni e EnBW fanno il loro ingresso
nel mercato del gas in Germania tramite l’acquisizione della GVS tedesca, quarto operatore
nel mercato del gas in Germania. Nel 2002 la Saipem ha concluso un accordo con la
Bouygues Construction S.A. per l'acquisto della quota di maggioranza (51%) della
Bouygues Offshore, dando così vita a una società leader mondiale nella esecuzione di
progetti "chiavi in mano" per l'industria petrolifera.
Il contesto delle relazioni industriali
Storicamente il clima di relazioni industriali interne al gruppo Eni è sempre stato
definito positivo sia dai rappresentanti dei lavoratori italiani sia dai rappresentanti dei
lavoratori inglesi. Il carattere delle relazioni industriali del gruppo è sempre stato
cooperativo e partecipativo. Nell’evolvere dei tempi l’approccio partecipativo del gruppo si
è manifestato in diverse forme. Nei primi anni ’90 il gruppo Eni ha dimostrato una certa
lungimiranza nel riuscire a coinvolgere in processi partecipativi le organizzazioni sindacali.
Alla luce di questa considerazione non appare casuale che proprio all’interno del gruppo Eni
si sia concluso il primo accordo di costituzione di un Cae nell’industria chimica e
dell’energia italiana.
Negli ultimi anni il pionierismo in ambito di relazioni industriali del gruppo Eni trova le
sue chiare manifestazioni nella sottoscrizione, il 29 novembre 2002, con i sindacati
nazionali di categoria italiani (Filcea-Cgil, Femca-Cisl e Uilcem-Uil) e la Federazione
internazionale dei sindacati della chimica, dell’energia e delle miniere (Icem) di un “accordo
sulle relazioni industriali a livello transnazionale sulla responsabilità sociale dell’impresa”.
L’accordo giunge a completamento di un quadro di relazioni innovative tra Eni e
organizzazioni sindacali iniziato con la firma del Protocollo di relazioni industriali nel
giugno 2001 e con il rinnovo, sempre nel 2001, dell’accordo costitutivo del Comitato
Aziendale Europeo.
In Italia le relazioni industriali sembrano essere caratterizzate da una certa
centralizzazione. Il membro italiano del Cae lamenta infatti un progressivo spostamento del
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potere decisionale dalle rappresentanze sindacali di base ai vertici delle organizzazioni
sindacali.
Per quanto riguarda la presenza del sindacato in Italia, si registra un tasso di
sindacalizzazione pari al 52,5%, relativamente alto rispetto alla media nazionale.
Recentemente, in seguito alla decisione di abbandonare progressivamente il settore
chimico, si è verificata in tutti i paesi europei, una crescita di tensione.
La costituzione del Comitato Europeo dei dipendenti
Eni
LA FASE DI COSTITUZIONE
Il Comitato aziendale del Gruppo Eni si è insediato il 30 novembre 1995 in seguito
all’accordo del 19 aprile dello stesso anno tra il gruppo ENI, la Fulc (Federazione Unitaria
Lavoratori Chimici) che unisce i tre sindacati di categoria italiani e la Fescid (Federazione
Europea dei Sindacati dell’industria chimica, energia ed affini, oggi Emcef). Accordo
prorogato nel 1998 e rinnovato ultimamente nel 22 giugno 2001 a Roma. La data di
costituzione dell’accordo colloca il caso Eni nella fascia degli accordi volontari ex l’art.13
della Direttiva europea.
L’iniziativa di costituire il Comitato Aziendale Europeo è stata presa dalla Fulc
(Federazione unitaria dei lavoratori chimici) interessata a realizzare una prima esperienza
significativa anche in Italia. L’importante presenza industriale del gruppo a livello nazionale
e il carattere cooperativo delle relazioni industriali hanno fatto cadere la scelta
necessariamente sul gruppo Eni. Fino ai primi anni ’90 il gruppo Eni è stato membro
dell’Associazione imprenditoriale Asap che, in contrasto con Confindustria, ha sempre
cercato di sperimentare nuove forme cooperative di relazioni industriali tramite il
coinvolgimento dei sindacati. In virtù di questo clima cooperativo, l’Eni ha accolto
positivamente la proposta della Fulc di costituzione del Cae. Alla negoziazione hanno
partecipato rappresentanti sindacali della Fulc e rappresentanti del management centrale. Da
parte dei rappresentanti dei lavoratori era presente fin da principio un rappresentante
dell’Emcef ma non erano coinvolte le strutture di rappresentanza a livello aziendale. Quindi
in fase di negoziazione il ruolo più importante è stato interpretato dai tre sindacati di
categoria italiani del settore chimico (Filcea, Femca, Uilcem) e dai rappresentanti del
management centrale.
Le aree tematiche che dovrebbero rientrare nelle competenze del CAE sono di varia
natura:
1. situazione economica e finanziaria
2. programmi di attività ed investimenti
3. stato dell’occupazione
4. significative trasformazioni nella struttura del Gruppo come fusione, acquisizione e
vendita di attività o di business
5. riduzione della dimensione o chiusura di aziende o di unità produttiva che abbiano
ripercussioni internazionali
6. trasferimenti di produzioni in e fuori UE
7. introduzioni di nuove metodologie di lavoro o di nuovi processi produttivi
8. programmi di mobilità transnazionale dei lavoratori del Gruppo
9. politiche ambientali
10. formazione professionale
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11. programmi di azione positive
12. salute e sicurezza sul lavoro.
L’AMBITO DI APPLICAZIONE, LA STRUTTURA E OBIETTIVI DEL CAE
Inizialmente, ossia con l’accordo costitutivo del 1995, il Cae era composto da 27
membri tutti rappresentanti dei lavoratori. A questi poi sono stati aggiunti, in via
sperimentale, tre rappresentanti dei sindacati italiani della Fulc ed un rappresentante della
Federazione Europea Emcef. Oggi, in seguito al rinnovo, le rappresentanze sindacali prima
inserite in via sperimentale sono membri effettivi del Cae. Questo determina l’innalzamento
del numero dei membri del Cae da 27 a 31. Nel 2002 il rappresentante della Femca-Cisl
oltre a ricoprire il suo ruolo di rappresentante sindacale della Fulc in sede di Cae ha ricevuto
anche la delega di rappresentanza dalla Federazione Europea. Oltre ai membri ufficiali del
Cae, agli incontri partecipa, come vedremo in seguito, anche un rappresentante ungherese e
agli altri rappresentanti dei paesi candidati è concessa la possibilità di partecipare come
osservatori.
Il comitato europeo è composto complessivamente da 31 persone:
• 1 rappresentante della EMCEF, primo dell’accordo si presentava in veste di invitato
mentre ora la sua presenza è stata formalizzata
• 3 rappresentanti per i sindacati di categoria FILCEA, FEMCA e UILCEM, inizialmente
introdotti in maniera sperimentale mentre ora la loro presenza alle riunioni del Cae è
riconosciuta ufficialmente
• 27 mandati per i rappresentanti dei lavoratori la cui distribuzione dei seggi è ripartita in
base alla dimensione occupazionale e della rilevanza economico produttiva delle varie
realtà produttive. I rappresentati eletti o nominati dovranno avere un’anzianità di servizio
presso le imprese del Gruppo non inferiore a tre anni.
In generale sono rappresentati tutti i paesi europei che hanno più di 150 dipendenti.
Negli ultimi incontri sono emersi alcuni problemi di reperibilità dei rappresentanti dei
lavoratori disponibili a partecipare alle riunioni del Cae. Infatti, avendo come regola
generale di gruppo che la nomina dei delegati Cae è affidata alle organizzazioni sindacali
affiliati alla Emcef o alla legge o alle strutture di rappresentanza a livello aziendale, si
rilevano posti vacanti per la delegazione spagnola e olandese. La Spagna avrebbe diritto a
due seggi al Cae ma tuttora presenzia solamente un delegato spagnolo in quanto nell’unità
operativa di Madrid risiede un forte sindacato autonomo che sembra ostacolare
l’individuazione del secondo delegato. Caso analogo è quello olandese. Infatti su 600
dipendenti il sindacato maggioritario olandese presenta solamente un iscritto; ragione per la
quale nessun rappresentante olandese presenzia alle riunioni del Cae.
Nonostante la strategia del gruppo Eni sia orientata ad una concentrazione delle risorse
verso le attività di core business, ossia petrolio e gas, e ad un progressivo abbandono del
settore chimico, la composizione del Cae presenta tuttora una consistente presenza chimica,
non riflettendo, come sottolinea il management “insider”, le trasformazioni occupazionali
verificatesi negli ultimi anni. Attualmente esiste una forte dominanza numerica dei
rappresentanti italiani dei lavoratori dovuta alla forte concentrazione dell’occupazione in
Italia. 19 dei 31 membri del Cae sono italiani, di cui 16 sono delegati aziendali e 3
rappresentanti delle organizzazioni sindacali (Tabella 3). I rappresentanti dei lavoratori del
Gruppo dei paesi prossimi candidati all’Unione Europea potranno essere ammessi in qualità
di osservatori. La divisione di genere rileva una netta concentrazione maschile tra i
partecipanti al Cae in quanto la presenza femminile si riduce a 2 componenti. In seguito
all’annessione di Polimeri Europa, all’interno del quale in precedenza si era già costituito un
Cae, si è deciso che una rappresentanza del Cae preesistente dovesse partecipare in qualità
di membri effettivi al Cae del gruppo Eni.
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La componente femminile del Cae è minima in quanto vi sono solamente due donne
come membri effettivi del Cae e due membri supplenti. La composizione di genere del Cae
riflette, anche se in maniera più accentuata, la composizione di genere dell’intera forza
lavoro del gruppo Eni.
Tabella 3: Distribuzione dei seggi del CAE.
Paese
Austria
Belgio
Seggi
1
1
Francia Germania
1
1
Italia
16
Olanda Norvegia
1
1
Spagna
Regno
Unito
TOT
2
3
27
L’accordo di costituzione del Cae ed in seguito anche il rinnovo dell’accordo
riguardano i dipendenti del gruppo Eni Spa e delle società e divisioni (Agip, Agip Petroli,
Saipem, Snam, Snamprogetti, Enichem) così come i dipendenti di tutte le società che
operano in territorio italiano e negli altri Stati che appartengono allo Spazio Economico
Europeo di cui le suddette società e divisioni controllano più del 50% del capitale sociale o
comunque esercitano influenza dominante ai sensi dell’art. 2359 del Codice Civile Italiano.
Da quanto emerge dall’accordo si comprende che il Cae sia inteso come strumento
attraverso il quale si persegue una “…più stretta cooperazione a livello transnazionale tra le
società del Gruppo e le rappresentanze sindacali dei lavoratori”. La costituzione del Cae si
propone quindi di portare un contributo importante alla politica economico-produttiva e
contribuire tramite una maggiore partecipazione dei lavoratori alla competitività e allo
sviluppo occupazionale del gruppo.
È da sottolineare l’obiettivo che formalmente il Cae si propone di raggiungere: “Con
ciò l’Eni intende confermare a livello europeo la propria tradizione italiana di relazioni
sindacali, allargando il confronto alle rappresentanze sindacali dei lavoratori occupati alle
dipendenze di società operanti nell’ambito comunitario”. Questa formulazione inserita sia
nell’accordo di costituzione e ribadita nel rinnovo del 2001 potrebbe dare luogo ad
interpretazioni visto che l’obiettivo dovrebbe consistere nella costituzione di una struttura
partecipativa squisitamente europea. La volontà espressa di confermare a livello europeo la
tradizione italiana di relazioni industriali potrebbe essere intesa sia come l’intenzione di
esportare negli altri paesi europei, in cui il gruppo Eni è presente, il modello di relazioni
industriali italiane, sia come l’intendimento di estendere all’estero semplicemente lo spirito
delle relazioni industriali italiane. Nel primo caso ci sarebbe un’evidente contraddizione con
lo spirito europeo della Direttiva sui Cae in quanto il Comitato Aziendale Europeo non
rappresenterebbe una struttura autenticamente europea ma si modellerebbe su un sistema
nazionale di relazioni industriali, appunto quello italiano.
IL COMITATO RISTRETTO
Con il rinnovo dell’accordo costitutivo del Cae, si è provveduto a costituire un
Comitato Ristretto con funzioni di coordinamento e di interfaccia con la Direzione. I
membri del Cae nominano le figure che andranno a costituire il Comitato Ristretto: un
Coordinatore, italiano, ed 4 componenti di cui 2 italiani e 2 di altri paesi europei,
attualmente un inglese ed un austriaco, che rimarranno in carica, salvo disdetta, fino al
prossimo rinnovo dell’accordo. Il Comitato Ristretto ha anche il diritto di partecipare come
osservatore alle riunioni annuali del Comitato di Relazioni Industriali previsti dal
summenzionato Protocollo di relazioni industriali del 2001.
La funzione principale del comitato ristretto, in relazione all’attività del Cae, è la
definizione dell’ordine del giorno che, secondo l’accordo, dovrebbe essere comunicato ai
membri del Cae almeno 30 giorni prima della data prestabilita per la riunione. Inoltre
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l’accordo consente ai membri del Cae di proporre al comitato ristretto degli argomenti per
l’agenda della riunione annuale del Cae. In realtà il rappresentante dei lavoratori italiani che
non partecipa all’attività del Comitato Ristretto entra in possesso dell’agenda solamente al
momento della riunione annuale e non esercita nessuna influenza sulla definizione
dell’agenda. Il rappresentante inglese del Comitato Ristretto si rende disponibile a fungere
da ricettore delle richieste dei lavoratori inglesi e a riportarle poi nel pre-meeting.
Il Comitato Ristretto ha anche la possibilità di concordare, unitamente alla Direzione
Eni, attività formative su temi funzionali all’attività del Cae. In particolar modo si pone
l’accento sulla necessità di organizzare corsi di formazione linguistica per agevolare la
comunicazione tra i delegati Cae nei momenti in cui un servizio di interpretariato non è
disponibile. Il comitato ristretto partecipa anche al gruppo di lavoro sulla formazione,
contemplato all’interno del Protocollo di Relazioni Industriali. Il Comitato Ristretto svolge
anche il compito di approvare, insieme alla Direzione, il comunicato congiunto e il verbale
redatto dalla segreteria tecnica.
LE PROCEDURE DI INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE
Il rinnovo dell’accordo del 2001 non definisce in maniera esplicita il significato di
informazione e consultazione. La prassi del gruppo aiuta tuttavia a capire quale sia
l’importanza che il gruppo Eni attribuisce alle procedure di informazione e consultazione.
Con gli accordi stipulati recentemente, il rinnovo del Cae in contemporanea con il
Protocollo sulle Relazioni Industriali e l’Accordo sulle relazioni industriali a livello
transnazionale e sulla responsabilità sociale dell’impresa, si configura un quadro di relazioni
industriali innovative tra Eni e organizzazioni sindacali, basate su principi fondamentali
quali il riconoscimento di ruolo, l’ottimizzazione delle fasi di informazione preventiva e lo
sviluppo della partecipazione.
Il coordinatore del Cae del gruppo Eni pone l’accento sul carattere preventivo che le
procedure di informazione e consultazione del gruppo dovrebbero avere. Al contempo si
sottolinea come l’impreparazione dei rappresentanti dei lavoratori a volte renda complicata
la ricezione e l’assimilazione di alcune notizie, anche di alto contenuto informativo. La
mancanza di un ruolo più determinante dei membri sindacali all’interno del Cae è ritenuta,
sempre dal coordinatore del Cae, svantaggiosa in termini di circolazione delle informazioni
ed in termini di efficacia del confronto con l’azienda.
IL RINNOVO DEL CONTRATTO
L’accordo istitutivo del Cae è stato rinnovato il 22 giugno 2001, contemporaneamente
al Protocollo sulle Relazioni Industriali (Protocol on Industrial Relations). Il sincronismo
dei due accordi, uno a livello europeo e l’altro a livello nazionale, è da interpretarsi come
volontà delle parti di creare una integrazione fra struttura europea e struttura nazionale. Gli
obiettivi di maggior coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori che sottostanno al
Protocollo di Relazioni Industriali si reputano quindi estesi all’Istituto del Cae nella figura
del Comitato Ristretto.
Il rinnovo dell’accordo costitutivo del Cae è stato siglato dalla direzione del gruppo
Eni, dalla Segreteria generale dell’Emcef (European Mine, Chemical and Energy Workers’
Federation) e dalle Segreterie nazionali dei sindacati italiani Filcea- Cgil, Femca-Cisl e
Uilcem-Uil. Il rinnovo contrattuale, oltre a riconfermare i contenuti dell’accordo del 1995,
introduce alcune novità sostanziali. Innanzitutto l’art. 4 sancisce ufficialmente la
costituzione di un Comitato Ristretto. Inoltre si indica la procedura alla quale il Gruppo Eni
e il Comitato Ristretto si devono attenere per concordare un’eventuale inclusione di aziende
collegate nell’area di applicazione dell’accordo: “Per quanto riguarda le imprese collegate
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direttamente o indirettamente ad Eni Spa, ed in particolare per le imprese possedute in jointventure, si procederà ad un esame dei singoli casi tra la Direzione Eni e il Comitato
Ristretto…”.
Il rinnovo dell’accordo costitutivo prevede anche che i “…paesi candidati all’Unione
Europea potranno entrare nell’area di applicazione non appena ammessi nella stessa U.E.
Nel frattempo, potrà essere concordata l’ammissione, in qualità di osservatori, di
rappresentanti dei lavoratori impiegati in imprese del Gruppo in tali Paesi”. In realtà negli
ultimi 3-4 anni, come già ricordato, agli incontri del Cae ha sempre partecipato un
rappresentante ungherese, in qualità di ospite, perché il gruppo Eni ha sviluppato
un’esperienza significativa nel settore del gas in Ungheria.
Attraverso il rinnovo dell’accordo le parti contrattanti hanno ufficialmente riconosciuto
i tre membri della Fulc, uno per ogni sindacato di categoria, e il rappresentante della
Federazione Europea (Emcef), introdotti in via sperimentale nel 1995, come membri
effettivi del Cae, portando quindi il numero dei membri formali da 27 a 31. Altra
modificazione introdotta con il rinnovo dell’accordo è la istituzione di membri supplenti
aventi la funzione di sostituire “ il titolare in caso di impedimento temporaneo, dimissioni,
revoca o decadenza”.
Formalmente, data la composizione, il Cae del gruppo Eni potrebbe classificarsi come
un esempio del modello tedesco. La presenza del sindacato esterno e il forte ruolo esercitato
dal Comitato Ristretto presieduto da un rappresentante sindacale distaccato,
precedentemente dipendente del gruppo, allontana sensibilmente il Cae dal modello tedesco
e lo avvicina ad una esperienza che richiama le caratteristiche del sistema italiano di
relazioni industriali basato su un modello di rappresentanza a canale unico.
Processi
RISORSE DEL CAE
L’accordo di costituzione, così come il rinnovo del 2001, prevede l’attivazione presso la
sede dell’Eni di una segreteria tecnica che provvederà “…all’aggiornamento delle imprese
cui si applica l’accordo con i relativi dati occupazionali, alla convocazione ed
organizzazioni ordinarie e straordinarie e all’elaborazione della documentazione
necessaria”. Oltre a queste funzioni la segreteria è formalmente incaricata di inviare il
comunicato finale ed il verbale delle riunioni a tutti i membri del Cae ed in modo analogo
anche agli organismi locali di rappresentanza dei lavoratori di quelle unità produttive del
gruppo che operano nei paesi aventi meno di 150 addetti. Oltre al verbale e al comunicato
viene inviato anche una copia della documentazione presentata alla riunione annuale.
Mentre i primi sono tradotti in tutte le lingue, la documentazione presentata, riportando
principalmente grafici e tabelle numeriche, è tradotta esclusivamente in inglese.
Dalle interviste con i rappresentanti dei lavoratori interni al Cae in Italia ed in
Inghilterra così come dal rappresentante italiano del management insider, si rileva che la
maggior parte delle volte i membri del Cae, in caso di necessità tecniche o informative, si
appoggiano alle strutture di segreteria dell’azienda o contattano direttamente il Comitato
Ristretto, organismo continuamente aggiornato. Nell’ultimo incontro l’azienda ha messo a
disposizione dei membri un elenco completo di tutti i nominativi dei convenuti con relativi
indirizzi e numeri di telefono in modo tale da poter contattare chiunque senza l’intervento
dell’azienda o del Comitato Ristretto.
I membri del Cae hanno quindi a disposizione come mezzo di comunicazione il
telefono e il fax delle strutture suddette. Non tutti i membri del Cae hanno accesso alla posta
elettronica aziendale e la richiesta di una più ampia diffusione dei mezzi di comunicazione
51
elettronici sarà riaffermata nei prossimi incontri del Cae. Infatti nonostante vi sia una
disponibilità politica dell’azienda a concedere l’utilizzo della posta elettronica per i membri
del Cae e nonostante il Cae abbia espresso nei precedenti incontri con la Direzione la
necessità di una migliore comunicazione interna al gruppo, nel momento in cui la fase
progettuale sembrava prossima alla traduzione in termini operativi, sono sorte
problematiche di natura organizzativa.
Nella riunione del Cae a Monaco nel 2002, è stato oggetto di discussione la possibilità
di creare un portale dedicato ai dipendenti del gruppo Eni tramite il quale, con diversi gradi
di accesso, si intenderebbe aumentare lo scambio informativo tra i dipendenti e tra
dipendenti e Direzione. Il Responsabile dell’Ufficio Internazionale della Femca, attualmente
il coordinatore del Cae, ritiene necessario intervenire come Cae nella fase di progettazione
del portale in quanto si potrebbe cogliere l’opportunità per estendere e diramare la
conoscenza dell’istituto del Cae tra tutti i lavoratori del gruppo Eni.
L’accordo non prevede espressamente l’utilizzo di esperti esterni durante le riunioni del
Cae. La presenza dei sindacalisti come membri effettivi del Cae fornisce già un supporto
competente ed esperto in materia sindacale che in qualche modo sostituisce l’ausilio tecnico
che l’impiego di esperti esterni fornirebbe. I membri del Cae richiedono il sostegno di
esperti esterni durante i seminari formativi in cui si affrontano tematiche che spesso esulano
dalla stretta conoscenza sindacale. L’accordo stabilisce che “…il gruppo Eni sosterrà, nei
limiti della normalità, i costi per l’organizzazione delle riunioni … nonché per ciò che è
ritenuto ragionevolmente necessario al funzionamento del Cae”. La formulazione del
comma in questione lascia spazio a varie interpretazioni in quanto non risulta chiaro se le
spese degli esperti che partecipano ai momenti formativi debbano essere sostenute da linee
di finanziamento esterne all’azienda, essendo corsi di formazione e non riunioni ufficiali, o
se il loro utilizzo debba essere “…ritenuto ragionevolmente necessario al funzionamento del
Cae” e quindi le spese debbano essere attribuite all’azienda.
Durante le riunioni del Cae il gruppo Eni fornisce servizi di interpretariato in tutte le
occasioni in cui il Cae si riunisce in plenaria e in cui il Comitato Ristretto si riunisce
indipendentemente o con il management aziendale. L’istituto del Cae non ha facoltà di
gestire un proprio budget autonomo. I membri del Cae e del Comitato Ristretto hanno
permessi retribuiti per il tempo occorrente a consentire la loro partecipazione alle riunioni
ma non dispongono di un ulteriore monte ore per le attività legate al Cae.
LA FORMAZIONE
Formalmente il gruppo Eni si è assunto l’impegno di favorire “la partecipazione a corsi
di lingua inglese o italiana organizzati nelle imprese del Gruppo di cui essi sono dipendenti.
Tra Direzione Eni e Comitato Ristretto potranno inoltre essere concordate attività formative
su temi ritenuti di interesse e finalizzati allo svolgimento del ruolo del Comitato”. Il
coordinatore del Cae lamenta la mancata attuazione dei propositi aziendali in ambito di
formazione linguistica. Infatti finora non sono ancora stati organizzati corsi di lingua inglese
ed italiana nonostante i membri del Cae lo abbiano già richiesto.
Sempre secondo il coordinatore del Cae, il fatto che il Cae sia un organismo composto in
prevalenza da rappresentanti dei lavoratori e non da rappresentanti sindacali comporta
necessariamente un rischio per la qualità delle procedure di informazione e consultazione e
per la capillarità della distribuzione delle informazioni. Infatti si ritiene che i rappresentanti
dei lavoratori non siano sufficientemente preparati e competenti per poter cogliere appieno
le informazioni fornite dal management ed inoltre che le strutture sindacali si prestino
meglio delle strutture aziendali alla circolazione delle informazioni su scala nazionale.
Durante l’attività del Cae sono stati organizzati diversi seminari formativi organizzati
direttamente dal sindacato esterno nella figura del coordinatore del Cae. I costi relativi ai
52
corsi di formazione sono stati coperti attraverso linee di finanziamento messe a disposizione
dalla Commissione Europea, o meglio dalla Direzione Generale Affari Sociali e Politiche
Occupazionali. Questi incontri formativi durano spesso dai 3 ai 5 giorni ed è prevista anche
la presenza di esperti. Alcuni seminari formativi suddetti non erano espressamente riferiti ai
membri del Cae del gruppo Eni ma si proponevano di fornire una sede di incontro tra
membri di Cae di diversi gruppi e di diversa nazionalità. I temi affrontati in questi incontri
riguardavano fra l’altro la Società Europea ed in più intendevano offrire un confronto
europeo sulle procedure di informazione e consultazione. Nelle pieghe del seminario sono
stati toccati anche altri argomenti non formalmente previsti come ad esempio le diverse
culture europee di relazioni industriali.
Nell’ambito di un seminario dedicato ai membri del Cae ENI, che ha avuto luogo nel
settembre 2002 ad Atene, durante la sessione didattica dedicata alla Società Europea, è stata
data la possibilità ai partecipanti di descrivere il proprio sistema di relazioni industriali.
Secondo il coordinatore del Cae, dalle varie esposizioni si è rilevato una notevole difformità
tra le diverse realtà sindacali europee e si reputa quindi opportuno continuare ad insistere su
questo filone formativo.
In linea con il documento congiunto siglato il 28 febbraio 2002 tra Ces, Unice, Ceep,
Ueapme sul tema della formazione continua per tutto l’arco della vita (life long learning),
durante l’incontro del Cae svoltosi a Monaco nel 2002 è stato firmato un verbale di accordo
sulle attività formative in cui l’Eni si assume l’impegno di svolgere attività di formazione
continua professionale e di avviare dei programmi sperimentali che valorizzino il dialogo
sociale a livello di impresa. Il verbale prevede in specifico che un rappresentante dell’Emcef
e 3 rappresentanti designati dal Comitato Aziendale Europeo partecipino alle riunioni del
gruppo di lavoro congiunto, contemplato nel Protocollo di Relazioni Industriali, al fine di:
• definire un programma sperimentale europeo di formazione, ed in particolare individuare
gli obiettivi, i destinatari, i contenuti ed i metodi di prime azioni formative da indirizzare
a lavoratori Eni operanti in Europa.
• definire azioni formative congiunte per management e rappresentanti dei lavoratori a
livello transnazionale.
Inoltre viene stabilito che il Gruppo di Lavoro allargato riferisca periodicamente al Cae
ed al Comitato Ristretto sugli eventuali sviluppi del programma sperimentale. A
conclusione del programma sperimentale il gruppo di lavoro allargato ha il compito di
redigere un documento di valutazione complessiva dell’esperienza realizzate e di
proposizione di forme e modalità per la continuazione di iniziative formative a livello
europeo che coinvolgano attivamente le parti sociali.
Gli incontri
L’INCONTRO DEL COMITATO RISTRETTO
Il rinnovo dell’accordo, siglato contemporaneamente al Protocollo sulle Relazioni
Industriali il 22 giugno 2001 a Roma, al fine di rendere più efficace e continua
l’informazione e consultazione sulle dinamiche aziendali prevede che il Comitato Ristretto
partecipi in qualità di osservatore alle tre riunioni annuali del Comitato di Relazioni
Industriali prestabilite dal Protocollo sulle Relazioni Industriali. In caso di eventi
straordinari che hanno delle ricadute sulla struttura aziendale o comunque sulla situazione
occupazionale del gruppo, il Comitato Ristretto, unitamente ai membri del Cae delle nazioni
o imprese coinvolte in tali circostanze, hanno il diritto di riunirsi con la Direzione del
Gruppo allo scopo di essere informati e consultati sugli eventuali cambiamenti. Anche in
questa occasione il Comitato Ristretto, allargato ai membri del Cae direttamente interessati
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all’evento, ha la possibilità di riunirsi prima della riunione straordinaria con il management.
Finora non si è ancora avvertita l’esigenza di convocare una riunione straordinaria.
L’incontro del Comitato di Relazioni Industriali presenta la medesima struttura
organizzativa della riunione annuale del Cae. Infatti, i rappresentanti delle Segreterie
nazionali delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del Protocollo, unitamente ai 5 membri
del Comitato Ristretto, si incontrano il primo giorno per definire le linee tematiche da
seguire e nel giorno seguente incontrano i rappresentanti delle Direzioni del Personale
dell’Eni e delle Società del gruppo. Calcolando tutti gli incontri, il Comitato Ristretto si
riunisce 4 volte l’anno.
L’ASSEMBLEA ANNUALE DEL CAE
Il Comitato Aziendale Europeo si incontra ordinariamente una volta all’anno,
normalmente in giugno, per una durata di 2 giorni. In questi incontri le figure manageriali
che rappresentano il Gruppo Eni sono un esponente della Direzione generale e della
Direzione dell’area Risorse Umane delle Società e Divisioni più una piccola rappresentanza
con compiti organizzativi. In totale la rappresentanza manageriale è composta da una decina
di persone e sono principalmente rappresentanti del management centrale italiano.
L’incontro annuale consta di due momenti: il primo giorno i rappresentanti dei lavoratori si
riuniscono con il Comitato Ristretto per integrare e ufficializzare l’ordine del giorno e nella
seconda giornata c’e la presentazione del management a cui segue il dibattito. Come
ricordato in precedenza, formalmente si dovrebbe consegnare l’ordine del giorno almeno 30
giorni prima della riunione ufficiale ai membri del Cae per permettere loro di visionare i
temi su cui verterà la discussione con il management. In realtà nel periodo precedente la
riunione, un membro del Comitato Ristretto raccoglie tutte le proposte di discussione
pervenute dai membri del Cae, seleziona quelle che hanno una rilevanza transnazionale e le
mette a disposizione degli altri membri del Cae solamente nel pre-meeting dove ciascun
membro del Cae ha poi la facoltà di integrare l’agenda. A tal proposito il membro italiano
del Cae ricorda di aver proposto di discutere un determinato tema che poi è stato inserito
nell’agenda.
Il pre-meeting è considerato un momento importante non solo perché si chiariscono i
punti dell’ordine del giorno ma anche perché è un momento di confronto e scambio di
esperienze di relazioni industriali fra rappresentanti dei diversi paesi. Il membro inglese del
Cae sostiene che gli appuntamenti informali offrono più spazi e opportunità, di quanto non
faccia la riunione ufficiale del Cae, per approfondire tematiche inerenti le diverse strutture
sindacali nazionali.
A volte, come ad esempio nell’ultima riunione del Cae, prima dell’incontro esclusivo
dei rappresentanti dei lavoratori e dei sindacalisti si riunisce l’Osservatorio Europeo su
Salute e Sicurezza in quanto i delegati che vi partecipano sono gli stessi membri del Cae.
Per ottimizzare il tempo di incontro e confronto con il management, i membri del Cae
hanno deciso di individuare un numero contenuto e prestabilito di punti di discussione.
Secondo il membro inglese del Cae, la scelta dei punti di discussione crea a volte alcuni
attriti tra i rappresentanti dei lavoratori. Nel secondo giorno la riunione con il management
dura circa 4-5 ore di cui 1 ora di presentazione e il resto è lasciato al dibattito. Secondo il
membro italiano e il membro inglese del Cae del gruppo Eni il tempo a disposizione per il
dibattimento con il management non è sufficiente.
Nella fase dibattimentale si riconosce ai membri del Cae la piena libertà di intervenire.
In realtà la seconda giornata è scandita da una successione prestabilita di interventi.
Solitamente si apre con la relazione di tre figure manageriali che presentano la situazione
aziendale. In seguito prendono la parola i segretari dei sindacati italiani e della federazione
europea ed in ultimo si lascia spazio agli interventi dei membri del Cae. Al termine di ogni
riunione la segreteria tecnica redige un comunicato congiunto ed un verbale dell’incontro da
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sottoporre all’approvazione della Direzione e del Comitato Ristretto prima della loro
diffusione.
Ogni anno le riunioni si svolgono in città diverse secondo un principio di rotazione
geografica. I membri del Cae hanno il libero accesso agli stabilimenti ma finora non c’è mai
stato bisogno.
Contenuto delle informazioni e sue valutazioni
La presentazione fornita dal management intende fornire un’analisi degli andamenti e
sviluppi macroeconomici del gruppo. L’informazione è sostanzialmente di natura strategica.
Il coordinatore del Cae accosta l’informazione ricevuta in sede di Cae alle presentazioni che
solitamente si fanno negli ambienti finanziari. Data la complessità e la mole di
informazioni, si corre il rischio che molti dei contenuti non siano correttamente interpretati e
assimilati dai rappresentanti dei lavoratori. Sempre dal punto di vista del coordinatore del
Cae, il gruppo tende a fornire informazioni con molta circospezione e a volte diffidenza
soprattutto in materia di strategie aziendali non ancora concluse. A tal proposito si riporta il
caso delle trattative, poi fallite, con la società saudita Sabig per una possibile joint venture.
In questa occasione il gruppo, nonostante la notizia fosse ormai di dominio pubblico, ha
mostrato una certa reticenza nel fornire informazioni aggiuntive al Cae. Complessivamente
si ritiene comunqe che il Cae abbia favorito un salto qualitativo e quantitativo delle
informazioni rispetto alla situazione precedente.
Secondo il membro italiano del Cae del gruppo Eni, il Cae fornisce un valore aggiunto
in termini informativi rispetto all’informazione ottenuta a livello nazionale. Infatti nelle
riunioni del Cae ha accesso ad un patrimonio informativo che altrimenti non avrebbe in
nessuna altra sede nazionale: strategie e sviluppi a livello corporate e problematiche e
dinamiche sindacali negli altri paesi europei.
Contrariamente, il membro inglese del Cae non si ritiene soddisfatto dell’informazione
ricevuta in sede del Cae. L’informazione viene definita inadeguata e insufficiente. Il gruppo
tende a non fornire un’informazione completa ma solo lo stretto necessario come se fosse un
atto forzato e non dettato dall’interesse di rendere i lavoratori partecipi della strategia
aziendale.
Le informazioni, dal punto di vista del membro inglese e italiano, non sono tempestive.
Le decisioni aziendali sono comunicate solo dopo che sono già state prese, minando quindi
la finalità delle procedure informative e consultive. Il membro italiano del Cae, per esempio,
ricorda che la dismissione di un sito in Austria è stata comunicata a chiusura avvenuta,
nonostante il rappresentante dei lavoratori di quel sito fosse proprio un membro del Cae. Il
membro inglese del Cae riferisce che il 90% delle volte le decisioni aziendali sono
comunicate dopo che sono state prese.
Sia il membro italiano del Cae, sia quello inglese ritengono invece che il momento di
incontro a livello europeo fornisca un’importante possibilità di confronto fra le diverse
culture di relazioni industriali e di scambio di esperienze fra i delegati.
I vari livelli di interazione
LE INTERAZIONI ALL’INTERNO DEL MANAGEMENT
Il manager “outsider” italiano reputa che in termini informativi il Cae non fornisca un
reale valore aggiunto in quanto i flussi informativi tra i manager a livello nazionale offrono
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una panoramica completa di quella che è la situazione aziendale e le prospettive future. Il
management italiano, fuorché chi partecipa alle riunioni del Cae, non riceve le copie dei
verbali e dei comunicati e le informazioni avvengono esclusivamente in via informale
durante le riunioni interne. Al manager “outsider” italiano non è mai stato chiesto di fornire
input utili per eventuali discussioni in sede di Cae e inoltre riferisce che viene informato sui
temi trattati dal Cae più dal sindacato locale che dai rappresentanti manageriali.
Al management inglese non viene chiesto di fornire dati alla rappresentanza
manageriale che partecipa alle riunioni del Cae. Il management inglese non è informato dal
management centrale sui risultati del Cae e non ha mai visionato nessun verbale delle
riunioni. L’unico canale informativo attraverso il quale si mantiene aggiornato sugli sviluppi
del Cae è il membro inglese del Cae, che nella fattispecie è anche un membro del Comitato
di Coordinamento.
LE INTERAZIONI TRA IL COMITATO RISTRETTO ED IL MANAGEMENT
Il comitato ristretto incontra il management aziendale quattro volte all’anno di cui tre
volte all’interno del Comitato di Relazioni Industriali e una volta alla riunione del Cae.
Avendo un ruolo attivo anche nella definizioni di programmi formativi per il Cae, il
Comitato Ristretto è in stretto legame con la Direzione del gruppo Eni. Alcune figure
manageriali, tra cui il Responsabile delle Relazioni Industriali del gruppo, sono state invitate
ai seminari formativi organizzati dal Comitato Ristretto sulla base delle linee di
finanziamento previste dalla Commissione Europea.
Poiché il coordinatore del Cae è rappresentante del sindacato italiano Femca-Cisl, i
rapporti con il management non si limitano agli incontri del Cae o del Comitato di Relazioni
Industriali ma si estendono anche alle normali prassi nell’ambito delle relazioni industriali
nazionali.
LE INTERAZIONI TRA I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
ALL’INTERNO DEL CAE
Durante i seminari formativi e durante le stesse riunioni del Cae sono emerse differenze
dovute alle diverse culture di relazioni industriali. Questo però non ha compromesso od
ostacolato lo svolgimento ordinario degli incontri. Le maggiore tensioni si sono registrate in
fase di definizione dei punti dell’ordine del giorno. Infatti, essendo stato deciso di ridurre i
punti di discussione, ogni singola rappresentanza nazionale tende a sostenere le proprie
problematiche nazionali con maggiore determinazione.
Il coordinatore del Cae riferisce di aver riscontrato qualche attrito quando all’interno del
Cae è stato affrontato il tema del salario variabile e salario di partecipazione. In questa
occasione si sono evidenziate le diverse posizioni sull’argomento: i delegati francesi hanno
dimostrato qualche resistenza mentre i delegati inglesi si sono dimostrati favorevoli. Sia il
rappresentante italiano che il rappresentante inglese concordano nel definire il Cae ancora
contaminato dalle vertenze nazionali e non incentrato su argomenti trasversali.
La predominanza numerica italiana, anche se consistente essendo 16 su 27, non pare
abbia avuto ricadute negative poichè non viene lamentata da nessuna parte. Per difficoltà
linguistiche, il membro italiano del Cae ha maggior facilità di dialogo e comunicazione con
francesi e spagnoli. Mentre dichiara di avere qualche difficoltà con i tedeschi e con gli
inglesi. Per ovviare a queste difficoltà linguistiche si era tentato di ricorrere all’utilizzo di
programmi informatici di traduzione simultanea ma con scarsi risultati.
Sono stati organizzati, dal coordinatore del comitato ristretto, alcuni seminari formativi
in cui i membri del Cae hanno potuto incontrare rappresentanti dei lavoratori di altri Cae.
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LE INTERAZIONI TRA IL CAE E LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI
Il Cae del gruppo Eni presenta un forte legame con le organizzazioni sindacali esterne.
Infatti la stessa architettura organizzativa riflette l’incidenza che il sindacato ha rivestito
nella fase di costituzione del Cae, e che riveste tuttora rispetto al suo funzionamento. Tre
sindacalisti italiani sono membri effettivi del Cae ed il rappresentante della Femca è anche
coordinatore del comitato ristretto. Inoltre è prevista la partecipazione di un rappresentante
della Federazione Europea Emcef. A volte il sindacalista della Femca riveste anche il ruolo
di delegato della Emcef fungendo quindi da collegamento tra sindacato italiano, sindacato
europeo e Cae.
Il coordinatore del Cae, come incarico unitario, è membro del comitato “Europa unita”
della Fulc. I recenti problemi nei rapporti unitari fra le confederazioni sindacali italiane non
hanno ancora avuto ripercussioni sull’attività del Cae. Dalle interviste non sembra che la
presenza del sindacato sia considerata ingombrante dagli altri membri del Cae.
LE INTERAZIONI TRA IL CAE E LE STRUTTURE DI RAPPRESENTANZA
A LIVELLO NAZIONALE
Dalle interviste si desume che in Italia l’informazione all’esterno del Cae è scarsa. Il
rappresentante “outsider” dei lavoratori non riceve la copia dei verbali e non è informato sui
temi del Cae durante le assemblee di fabbrica e proprio per questo richiede che vi sia
maggiore impegno da parte dei membri del Cae di diffondere i risultati del Cae. La
inadeguatezza delle informazioni contribuisce a comportare uno scarso interesse tra i
lavoratori per il tema del Cae.
I risultati del Cae non hanno mai avuto ricadute o ripercussioni sull’attività di
rappresentanza degli interessi nel contesto nazionale. Questa considerazione, sommata alla
mancanza di un potere negoziale del Cae, contribuisce a creare agli occhi dei rappresentanti
dei lavoratori un immagine di un istituto accessorio, non necessario. Il membro inglese del
Cae mette in risalto come la maggioranza dei delegati del Cae si “…siedono al tavolo e
aspettano il prossimo incontro”. Il rappresentante “outsider” dei lavoratori lamenta la scarsa
incisività del Cae e considera prematura la possibilità di estendere le competenze del Cae
anche in una direzione negoziale. Suggerisce di conferire al Cae una maggiore propositività
in modo tale da definire delle linee guida a cui tutti gli stati dovrebbero conformarsi.
LE INTERAZIONI TRA IL CAE ED I DIPENDENTI
In Italia le tematiche inerenti il Cae sono circoscritte ai soli membri del Cae. Infatti il
rappresentante “outsider” dei lavoratori non riceve il verbale dell’incontro e non viene
messo al corrente dei risultati del Cae neanche durante le riunioni sindacali interne allo
stabilimento. Molti dei lavoratori ignorano l’esistenza del Cae.
Il membro inglese del Comitato Ristretto dopo avere visionato ed eventualmente
corretto il verbale ed il comunicato scrive una relazione di cui una copia la consegna,
insieme ad una copia del verbale, ai membri della struttura di rappresentanza degli interessi
a livello aziendale ed una copia la espone in bacheca. Nonostante vi sia maggiore
informazione, anche i lavoratori inglesi dimostrano poco interesse per i temi del Cae.
57
I risultati
IMPATTO SUL CORPORATE DECISION MAKING
L’attività del Cae del gruppo Eni deve essere considerata in un sistema più ampio di
relazioni industriali in cui i tre sindacati nazionali (Filcea, Femca, Uilcem) hanno un forte
ruolo centralizzante. La preminenza del sindacato nazionale rispetto alle rappresentanze
periferiche è rintracciabile sia in occasione della contrattazione a livello nazionale sia in
occasione di iniziative a livello internazionale, come appunto il Cae dove i rappresentanti
dei tre sindacati italiani sono membri effettivi. La struttura centralizzata delle relazioni
industriali si riflette anche nelle diverse posizioni degli intervistati sul ruolo del Cae. Il
coordinatore del Cae, in qualità di rappresentante del sindacato Femca, reputa il Cae un
prodotto di un processo di evoluzione continua dei rapporti positivi e partecipativi tra
azienda e sindacato. Quindi, nonostante il periodo di profonde trasformazione strategiche e
strutturali del gruppo, il clima partecipativo tra il gruppo Eni e i tre sindacati nazionali ha
evitato che si creassero delle criticità tali da essere discusse in sede di Cae. Questa
considerazione è condivisa anche dai rappresentanti del management italiano.
Il membro del Cae italiano, in qualità di rappresentante periferico, ritiene che il Cae non
abbia alcuna incidenza sul potere decisionale del gruppo. Il Cae, come istituto di
rappresentanza a livello europeo, non è stato informato della chiusura di uno stabilimento in
Austria nonostante una delle persone coinvolte dalle dismissioni fosse proprio un membro
del Cae. Inoltre il tema della cessione del settore chimico è trattato con reticenza
dall’azienda sia a livello nazionale che internazionale, nonostante sia una fonte di
preoccupazione per molti lavoratori in Europa. Ad esempio durante la riunione di Monaco
nel 2002, il delegato inglese ha espresso le sue perplessità sui possibili risvolti
occupazionali in seguito ad un eventuale abbandono del settore chimico da parte
dell’azienda. All’intervento del delegato inglese l’azienda ha replicato che avrebbe garantito
la massima attenzione per le condizioni dei lavoratori e che avrebbe evitato delle ricadute
traumatiche per quanto riguarda i livelli occupazionali e salvaguardato le capacità di
prospettive industriali del gruppo.
Viene criticato anche l’atteggiamento del gruppo tenuto in fase di trattativa con la
società saudita Sabig. In questa occasione infatti l’informazione aziendale sugli sviluppi dei
negoziati non è andata oltre a quanto non fosse già riportato sugli organi di stampa
nazionale.
Il membro inglese del Cae percepisce il Cae come un obbligo formale per il gruppo.
Ritiene che il Cae non abbia nessuna influenza sul potere decisionale aziendale e che non si
siano raggiunti gli obiettivi per i quali il Cae è stato costituito. Si dice inoltre deluso in
quanto ha la sensazione di non ottenere niente durante gli incontri del Cae in quanto
l’azienda sottostima le capacità propositive dei singoli lavoratori. Dalla sua intervista
emergono le continue richieste del coordinatore del Cae per un atteggiamento dei
partecipanti più attivo e propositivo. Uno dei risultati positivi scaturiti dal Cae è la
possibilità, sempre secondo il membro inglese, di acquisire nuove conoscenze e
competenze.
Grazie ad un sistema di relazioni industriali consolidato e partecipativo, secondo il
manager “outsider” italiano, l’apporto informativo scaturente dal Cae è di poca utilità sia
per la parte manageriale che per la parte sindacale in quanto vengono ripetuti argomenti e
criticità già affrontati nelle procedure di informazione e consultazione a livello nazionale.
L’unica utilità informativa che viene evidenziata è la possibilità di conoscere gli indirizzi
strategici aziendali negli altri paesi.
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OSSERVATORIO EUROPEO PER LA SALUTE E SICUREZZA
L’Osservatorio Europeo per la salute e sicurezza, istituito con accordo tra Eni, Fulc ed
Emcef del 21 giugno 1996, nasce dall’esigenza di raccogliere, esaminare e diffondere dati
ed esperienze europee su questo tema. È un organo congiunto in cui partecipano sia
rappresentanti manageriali, in maggioranza, sia alcuni membri del Cae. L’Osservatorio
formalmente non nasce all’interno del Cae ma ad esso è strettamente correlato. Sull’asse
temporale la riunione dell’Osservatorio Europeo precede la riunione del Cae. Inoltre
l’incontro del Cae si apre sempre con una relazione sui risultati raggiunti nella riunione
dell’Osservatorio Europeo. L’intento che il gruppo Eni, unitamente al sindacato, si è
proposto è quello di costituire una continuazione tematica e organica tra i due momenti di
incontro europeo.
PROTOCOLLO SULLE RELAZIONI INDUSTRIALI
Come già ricordato prima, il rinnovo dell’accordo di costituzione del Cae è stato siglato
il 22 giungo 2001, lo stesso giorno in cui è stato firmato a livello nazionale il Protocollo
sulle Relazioni Industriali. La definizione degli accordi è avvenuta quindi in parallelo
cercando di creare una integrazione tra struttura nazionale e struttura europea di relazioni
industriali orientate entrambe ad un accrescimento della partecipazione dei lavoratori alla
vita di impresa e ad un innalzamento dei livelli di trasparenza informativa aziendale.
Il Protocollo configura diversi livelli di confronto. A livello nazionale, è stato costituito
un Comitato di Relazioni Industriali composto da rappresentanti del management e del
sindacato. Inoltre sono stati definiti ulteriori livelli di confronto, a livello di divisione o
regioni, su materie specifiche (occupazione, formazione, azionariato, salute e sicurezza,
ambiente, previdenza e assistenza sanitaria…) attraverso la costituzione di comitati
paritetici. Le interconnessioni tra il Cae ed il Protocollo si esplicitano nella partecipazione
del Comitato Ristretto alle tre riunioni annuali del Comitato di Relazioni Industriali
portando a 4 gli appuntamenti con il management centrale.
Nel quadro del Protocollo sulle Relazioni Industriali sono stati elaborati degli allegati
che riguardano specificatamente la formazione professionale, l’ambiente e salute e sicurezza
sul lavoro, e le relazioni industriali internazionali. Questo ultimo allegato stabilisce
l’impegno dell’azienda a valorizzare il ruolo del Comitato aziendale europeo e più in
generale assume l’impegno di portare in qualche modo le relazioni industriali a livello
mondiale con particolare riferimento al rispetto dei principi fondamentali dei diritti umani e
delle convenzioni dell’ILO. Nasce da qui l’idea di un Accordo sulle Relazioni Industriali
Transnazionali e sulla Responsabilità Sociale di Impresa, siglato nel 2002 da Filcea, Femca,
Uilcem e Icem (International Federation of Chemical, Energy, Mine and General Workers’
Unions). I tre accordi (Cae, Protocollo, Accordo Transnazionale) sono espressione di un
unico progetto aziendale volto ad estendere le procedure di informazione e consultazione e a
diffondere un sistema di relazioni industriali partecipativo sul modello italiano di relazioni
industriali. Gli incontri previsti dall’Accordo transnazionale avvengano tra la federazione
internazionale ed i sindacati italiani. Il coinvolgimento diretto del Cae o del comitato
ristretto non è previsto, ma il legame è comunque garantito attraverso la figura del
coordinatore del Cae.
GRUPPO DI LAVORO SULLA FORMAZIONE
Al termine della riunione del Cae del 4 luglio 2002 a Monaco è stato firmato un verbale
di accordo in ambito di formazione professionale fra il Cae, il sindacato italiano (Uilcem,
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Filcea, Femca) e la Federazione Europea (Emcef), da un lato, e il management centrale,
dall’altro. In base a questo accordo il Cae ha diritto di presenziare con tre rappresentanti al
gruppo di lavoro congiunto per la definizione di un programma di formazione per i
lavoratori del gruppo Eni, istituito dal Comitato di Relazioni Industriali. Il gruppo di lavoro
allargato dovrebbe “…definire azioni formative a livello transnazionale, indirizzate
congiuntamente a responsabili aziendali ed a rappresentanti dei lavoratori, aventi in
particolare per oggetto temi di rilevanza europea”.
Siglando il verbale di accordo, il Cae ha assunto di fatto un ruolo negoziale andando
quindi oltre ai poteri conferitogli dalla direttiva Europea, ossia organismo informativo e
consultivo. Si è avuto quindi uno sviluppo del ruolo del Cae in una direzione negoziale e
propositiva.
CORPORATE IDENTITY
Attraverso il Cae, il gruppo Eni intende anche esportare all’esterno la propria tradizione
italiana di relazioni sindacali. Questo obiettivo è espresso efficacemente nel preambolo del
rinnovo dell’accordo di costituzione. Si intende quindi allargare il rapporto fiduciario con le
parti sindacali anche in altri paesi dell’Unione Europea o nei paesi candidati.
Il membro italiano del Cae, così come il manager “outsider” italiano, ritengono che
l’azienda utilizzi il Cae anche per una questione di immagine soprattutto per quanto
concerne tematiche ambientali e di salute e sicurezza.
L’attenzione a queste tematiche è verosimilmente aumentata dopo i problemi ambientali
causati dagli impianti del Petrolchimico di Gela (Italia) e le accuse rivolte al gruppo ENI per
lo sfruttamento di lavoratori in Ecuador nell’ambito della costruzione di un oleodotto alla
quale ENI partecipa attraverso AGIP Oil.
L’essere un gruppo di dimensioni mondiali comporta necessariamente una visibilità
maggiore a cui non ci si può sottrarre. L’Accordo transnazionale, che propone il rispetto dei
principi etici fondamentali, risponde proprio all’esigenza di costruire un’immagine di un
gruppo impegnato ed attento alle problematiche sociali.
ARMONIZZAZIONE DELLE POLITICHE DEL LAVORO
I rappresentanti italiani dei lavoratori, sia insider che outsider, mettono in evidenza
come l’esistenza e l’attività dell’Osservatorio su Salute e Sicurezza abbia in qualche modo
uniformato le politiche nazionali assoggettandole a standard e parametri comuni.
L’uniformità è avvenuto, secondo lo “outsider” italiano dei rappresentanti dei lavoratori,
spostando i parametri verso l’alto e quindi migliorando qualitativamente le condizioni di
Salute e Sicurezza all’interno degli stabilimenti.
Conclusioni
L’esperienza del Cae ENI è caratterizzata da una forte influenza dei membri italiani che
si spiega anche con la forte concentrazione dell’occupazione in Italia. La distribuzione
dell’occupazione del gruppo ENI che si concentra, da un lato, sull’Italia e, dall’altro, sulle
aree extra-comunitarie, implica per il Cae un limite in quanto gli orientamenti strategici del
gruppo riguardano soprattutto delle aree extra-comunitarie non rappresentati nel Cae. Da
questo punto di vista è sicuramente positivo che sia stato firmato l’accordo sulle relazioni
industriali transnazionali e sulla responsabilità sociale di impresa. È comunque anche da
60
tener presente che con l’allargamento dell’Unione europea la distribuzione sbilanciata
dell’occupazione probabilmente vedrà un’attenuazione.
In generale, il Cae è visto come un appuntamento importante in quanto offre la
possibilità di confrontare diverse culture ed esperienze di relazioni industriali. Le
divergenze culturali a livello nazionale non sembrano quindi compromettere il
funzionamento e l’efficacia del Cae. Anzi, offrono uno stimolo per accrescere le proprie
competenze in materie sindacali ed avere una visione più completa delle dinamiche
aziendali. I membri del Cae ritengono che lo sviluppo di nuove competenze sia, per il
momento, il vero valore aggiunto del Cae.
Sembra che il ruolo del Cae risenta in una certa misura del sistema di relazioni
industriali del gruppo Eni in Italia dove secondo il delegato italiano i sindacati nazionali
tendono ad accentrare le funzioni sindacali escludendo progressivamente le rappresentanze
periferiche. Proprio a causa di questa netta distinzione di ruoli ci troviamo di fronte a due
punti di vista in relazione al Cae. Il coordinatore del Cae, che è un rappresentante del
sindacato italiano, considera il Cae come parte integrante di un sistema di relazioni
industriali partecipativo e quindi una esperienza positiva. Gli altri membri del Cae, che di
questo sistema partecipativo rivestono solo un ruolo marginale, percepiscono il Cae come
un istituto poco influente rispetto alle decisioni aziendali. È da sottolineare comunque come
entrambi concordino sulla mancanza di tempestività delle informazioni e, di conseguenza,
anche sulla mancanza di una consultazione effettiva del Cae rispetto alle decisioni
strategiche del management centrale. In mancanza di un coinvolgimento effettivo del Cae
non si è mai posto il problema di una sovrapposizione di competenze, del Cae, da un lato, e
delle strutture nazionali di rappresentanza degli interessi, dall’altro.
Il ruolo importante che i membri sindacali italiani coprono all’interno del Cae è tipico
del modello italiano di rappresentanza a canale unico che garantisce alle organizzazioni
sindacali una forte influenza anche a livello aziendale. Se, da un lato, questa forte presenza
del sindacato a livello aziendale può avere dei vantaggi in termini di competenza, esperienza
e riconoscimento, dall’altro lato, può favorire, come risulta anche dalle interviste, una
tendenza di emarginazione effettiva dei delegati aziendali.
È l’impressione del delegato della sussidiaria che la spinta motivazionale dei membri
del Cae si sia attenuata e che i membri vivano l’incontro con rassegnazione aspettando
l’incontro successivo. La costituzione di un Comitato Ristretto e il ruolo di responsabilità
affidatogli sembrano aver sensibilmente rigenerato la motivazione dei partecipanti ma la
spinta al rinnovamento dovrebbe comunque andare oltre. Il cambiamento che i membri del
Cae intervistati auspicano è l’attribuzione al Cae di competenze che vadano oltre le
procedure di informazione e consultazione e che comprendano anche poteri negoziali. In
questo modo si potrebbe rinvigorire lo spirito partecipativo che sembra poco a poco
affievolirsi. C’è quindi la richiesta di rendere il Cae più influente.
A tal proposito il manager italiano “outsider” ritiene che un’estensione dei poteri del
Cae sia di difficile realizzazione in quanto le specificità legislative a livello nazionale
rendono impraticabile una negoziazione a livello europeo. Si pensa tuttavia che l’evoluzione
del ruolo del Cae sia legata ad una ulteriore evoluzione del concetto di spazio sociale
europeo, ossia se l’Unione Europea sarà in grado di armonizzare la legislazione in materia
di lavoro e di sviluppare una dimensione sociale comune allora il Cae potrebbe assumere
anche una funzione contrattuale.
L’introduzione del Comitato Ristretto con il rinnovo dell’accordo del 2001 è vissuta dai
membri del Cae stessi come una possibilità di rivalutare la funzione del Cae. Negli ultimi
due anni, si sono rilevati miglioramenti sia a livello informativo sia a livello partecipativo.
Avendo elevato la frequenza degli incontri tra Comitato Ristretto e rappresentanza
manageriale, il flusso informativo è migliorato ed offre maggiori opportunità di analisi e di
controllo da parte del Cae. Inoltre è da sottolineare che in tema di formazione il Cae ha
assunto anche un ruolo negoziale trascendendo i contenuti della Direttiva Europea e che il
61
Comitato Ristretto, partecipando alle riunioni del Comitato di Relazioni Industriali, funge
da punto di raccordo tra sistema nazionale e sistema europeo.
Prospettive
La crescente internazionalizzazione delle strategie del gruppo nonché l’esigenza di
confrontarsi con le nuove sfide lanciate dalla globalizzazione, suscita qualche timore nei
lavoratori. Infatti, la possibile competizione interna al gruppo che scaturirebbe da questi
fenomeni potrebbe alterare, in senso peggiorativo, il sistema di relazioni industriali
attualmente presenti a livello nazionale. In questa ottica sono quindi maggiormente
preoccupate quelle nazioni in cui i lavoratori godono di maggiori diritti. Il rischio del
dumping sociale sembra un problema più che mai attuale anche nel gruppo Eni, soprattutto
in questo periodo soggetto a profonde trasformazioni strutturali. Perciò, il rappresentante
italiano del Cae auspica che a livello europeo si agisca in una logica di difesa dei modelli di
relazioni industriali.
L’allargamento europeo e quindi l’ingresso dei paesi dell’Europa dell’Est nell’Unione
Europea è visto con favore da entrambe le parti ma si esprime qualche preoccupazione sul
rischio di dumping sociale. Secondo il parere del membro italiano del Cae e del
Management italiano “outsider” il Cae dovrebbe rivestire un ruolo centrale nel cercare di
sindacalizzare i dipendenti nei paesi candidati in modo tale che non si inneschi un
meccanismo per il quale i diritti del lavoratore rappresentino un impedimento per le
strategie aziendali solo in certi paesi. Il timore che si avverte è quello di perdere i vantaggi
del sistema nazionale di relazioni industriali.
Viene rilevato un diverso grado di preparazione tra i membri del Cae, da un lato i
sindacalisti e dall’altro i rappresentanti dei lavoratori a livello aziendale. Questi ultimi non
sempre hanno le competenze e conoscenze sufficienti per comprendere e assorbire le
informazioni messe a disposizione dall’azienda. Per ovviare a questa situazione si propone
lo sviluppo di programmi di formazione per i rappresentanti sindacali in modo tale da
rendere più proficuo l’incontro con il management.
Il delegato italiano “outsider” propone di diffondere con maggiore efficacia le
informazioni e i risultati che derivano dal Cae. Per permettere una più agevole distribuzione
delle informazioni si propone di investire maggiore impegno nella realizzazione del portale
del gruppo Eni all’interno del quale si potrebbero inserire tutti gli accordi e le
documentazioni inerenti al Cae e alla sua attività. Inoltre si suggerisce ai membri del Cae di
affrontare le problematiche emerse nel Cae anche all’interno delle assemblee sindacali a
livello locale. In tal modo si potrebbe avere una maggiore uniformità di informazione e
permettere anche alle rappresentanze periferiche di interagire con l’istituto del Cae.
Secondo il membro inglese del Cae, la frequenza delle riunioni è troppo rigidamente
pianificata. Infatti il vincolo di fissare la data dell’incontro sempre a giugno e
l’indisponibilità aziendale a concedere incontri straordinari impediscono molto spesso di
discutere di accadimenti attuali. Il procrastinare il confronto con il management su
problematiche che avranno ricadute nell’immediato e il fatto che, di conseguenza, non
avviene una vera consultazione rendono molto spesso le attività del Cae di poca utilità.
62
Riferimenti bibliografici
Rinnovo dell’Accordo Costitutivo, 2001
Il Protocollo sulle Relazioni Industriali, 2001
Eni Corporate, Fact Book 2001
Agreement on transnational industrial relations and corporate social responsibility, 2002
Verbale riunione Cae, 4 luglio 2002, Monaco
63
Annex 1
Gli intervistati
Delegato italiano, Insider:
− rappresentante sindacale per la Femca –Cisl
− nel Cae Eni ha rappresentato la Federazione Emcef nel 2002
− è membro del Cae dalla data di costituzione (1995)
− dal 2001 è coordinatore del comitato ristretto
− ha partecipato alla negoziazione dell’accordo Cae
− Precedentemente era un dipendente Eni
Delegato italiano, Insider:
− lavora per il gruppo Eni (Ravenna) dal 1985
− attualmente lavora nell’area Salute e Sicurezza nella Divisione Esplorazione e
Produzione. Fino al 1992 lavorava in produzione
− ha iniziato la sua attività sindacale interna all’azienda nel 1992-93. È membro
delle Rsu (struttura di rappresentanza sindacale unitaria a livello aziendale) per la
Femca-Cisl
− non era coinvolto nella fase costitutiva del Cae
− partecipa al coordinamento nazionale di gruppo per la Divisione Esplorazione e
Produzione
− membro del Cae dal 1995
Delegato Italiano, Outsider
− lavora per il gruppo dal 1987 (Polimeri)
− distaccato a Ravenna per la Filcea Cgil
− ha iniziato l’attività sindacale nel 1989
− fa parte del direttivo del sindacato dei chimici (Filcea) a livello provinciale e
nazionale
Manager italiano, Insider:
− lavora per il gruppo dal 1977
− fino al 1994 ha prestato la sua attività presso l’Asac (associazione sindacale di
rappresentanza delle aziende) e attualmente è inserita nell’aera Risorse Umane e
Relazioni Industriali
− ha seguito gli ultimi due accordi del Cae, 1998 e 2001
− partecipa al Cae in qualità di segretaria tecnica
Manager Italiano, outsider:
Responsabile Risorse Umane nello stabilimento di Ferrare per Polimeri Europa
− Lavora per il gruppo dal 1991 ed è a Ferrara dal 1995
64
Delegato Inglese, Insider:
− Operator/technicians
− union representative and safety representative, Grangemouth
− he has been with company 37 years
− he is Ewc’s member since its inception in 1995, elected once set up
− Elected in 1995 and re-elected in 1999
− He is a member of the Select Committee since its inception 2001
− not involved in setting up EWC
Manager Inglese, outsider
− Human Resource, Organisation and ICT Manager, Saipen UK Limited since 1997
− He has worked with the company since 1980 in a range of other personnel
position in the company outside of Italy. From 1994 he has worked in Europe
− 320 employees in Saipen UK offices. Saipen UK is a construction and
engineering company related to oil and gas
65
Il gruppo Ferrero
di Davide Dazzi e Volker Telljohann
Sintesi
La storia del Cae del gruppo Ferrero è relativamente lunga se si considera anche tutta
la fase preparatoria. I numerosi incontri e la continuità dei membri del Cae ha consentito
l’instaurarsi di rapporti di fiducia tra i delegati e tra i delegati e l’azienda. Il clima di stima
reciproca ha permesso negli anni di avviare un confronto costruttivo e dinamico sia in
ambito formativo che in ambito strettamente aziendale. I notevoli miglioramenti apportati
al funzionamento del Cae ne sono un esempio indicativo. Il dialogo proficuo costruito a
livello europeo si ripercuote con un effetto a cascata anche negli ambiti di relazioni
industriali nazionale e locale. Collocabili nel processo di costruzione del suddetto rapporto
fiduciario sono i corsi formativi congiunti tra delegati ed azienda su cui il gruppo investe in
maniera rilevante. Il contesto di fiducia venutosi così a creare sembra essere utilizzato
principalmente dal gruppo per esportare all’esterno le buone pratiche di relazioni
industriali sviluppatesi a livello locale e tramite queste alimentare in un circolo virtuoso la
fiducia dei delegati. Ad oggi il Cae del gruppo Ferrero non ha assunto un potere negoziale
e la sua attività consultiva non appare vincolante per il gruppo. In alcune circostanze si
registra comunque una incidenza significativa della posizione del Cae sulle scelte del
gruppo.
Il gruppo
Il 14 maggio 1946 nasce ufficialmente l’industria Ferrero nella provincia di Cuneo,
Alba, su iniziativa di Pietro Ferrero. A metà degli anni Cinquanta, 1956, l’azienda comincia
a superare la dimensione nazionale estendendosi prima in Europa e poi nel resto del mondo.
Si apre uno stabilimento in Germania ad Allendorf (paesino ubicato a 150 Km da
Francoforte) dove si inizia a lavorare un solo prodotto, la Cremalba. Negli anni ’60 il
marchio Ferrero entra in Francia e in Belgio per poi espandersi grazie ad una adeguata rete
commerciale in tutta Europa: Olanda, Lussemburgo, Gran Bretagna, Austria, Danimarca,
Svezia e Svizzera. Parallelamente continua una crescita dell’impresa anche in territorio
italiano con l’inaugurazione in quegli anni di due nuovi stabilimenti nei pressi di Milano,
Pozzuolo Martesana, e ad Avellino (adibito alla lavorazione delle nocciole). Nel 1964 si
decide di stabilire un nuovo centro direzionale, più funzionale alle mutevoli esigenze di
produzione, a Pino Torinese (Italia). L’espansione della Ferrero a livello mondiale procede
con l’ingresso in suolo statunitense nel 1969, per arrivare poi negli anni ’80 a ricoprire una
posizione strategicamente robusta in tutti i cinque continenti. Il presidio dei mercati del
Nord Africa e Paesi Arabi è affidato ad una società di trading di proprietà del gruppo.
La scelta strategica adottata a partire dagli anni ‘80 consisteva nel presentare ai
consumatori i prodotti, nello specifico Nutella, Kinder, Tic Tac, Ferrero Rocher, come
imprese autonome, capaci di autorigenerarsi, adeguandosi alla variabilità dei bisogni,
imposta dalla concorrenza di mercato e dallo scorrere del tempo. La scelta del marchio
67
autonomo permette di valorizzare al massimo il prodotto e consente di stabilire un solido
rapporto di fiducia con il consumatore. L’azienda Ferrero dimostra sempre una forte
attenzione alle esigenze del consumatore cercando a volte di offrire prodotti come risposta
commerciale ad una trasformazione sociale. Infatti la linea Division Kinder, che produce
prodotti specificatamente per ragazzi, si sviluppa proprio negli anni del baby boom, quando
la nuova società del benessere riconosce un maggior ruolo ai bambini anche nelle vesti di
consumatori.
In seguito alla caduta del muro di Berlino, l’azienda si estende anche ai paesi
dell’Europa dell’Est con l‘installazione di sedi commerciali in Ungheria, in Repubblica
Ceca ed in Polonia, dove viene anche costruito un modernissimo sito produttivo. È stata
anche aperta una società operativa a Mosca (Russia). Sempre negli anni ’90 si è costituita la
Ferrero International S.A., la società holding del Gruppo, la cui sede è a Lussemburgo. La
Holding controlla 28 società operative di cui la maggior parte in Europa. La sede
lussemburghese ha la responsabilità commerciale del mercato europeo ed extra europeo,
gestisce le politiche di marketing internazionale e coordina a livello centrale le politiche del
personale e dei sistemi informativi nel rispetto in ogni caso di una logica di equilibri di
responsabilità organizzativa tra centro e periferia.
Il Gruppo Ferrero ha confermato con l’inizio del nuovo millennio la propria proiezione
internazionale posizionandosi al quarto posto su scala mondiale nel settore alimentare
dolciario. I prodotti Ferrero ricoprono contemporaneamente, ma in misura diversa, aree di
mercato del settore dolciario grazie soprattutto all’ampia gamma di prodotti del gruppo,
circa 50. Negli ultimi anni si è cercato di scegliere una griglia di prodotti in grado di
garantire una produzione continua per tutto l’anno. Proprio per questa ragione sono stati
introdotti sul mercato prodotti anticiclici, quali Estathé, e prodotti “summer”, ossia in grado
di garantire la produzione e quindi il lavoro anche nel periodo estivo.
Le aziende italiane del gruppo producono tutti i prodotti per il mondo e questo
conferisce loro una vocazione internazionale più sviluppata rispetto a chi, come la
Germania, si concentra prevalentemente sul mercato domestico. Il bilancio del 2002 ha
registrato un fatturato pari al 4,5 miliardi di Euro con un incremento del 4,4% rispetto al
2001, l’incremento sarebbe del 5,8% se si depurasse il dato dall’effetto cambi. Nel 2002 gli
investimenti hanno raggiunto un valore di 59,3 milioni di euro e sono stati prevalentemente
indirizzati ad impianti ed attrezzature di produzione. Ad Alba, dov’è nata nel 1946, la
Ferrero ha investito 16 milioni di euro per un centro di ricerca che sarà la nuova sede della
società del gruppo cui è affidata la fase di ideazione e sperimentazione di nuovi prodotti, la
società Soremartec. Gli altri centri di ricerca del gruppo sono a Monte Carlo, in Belgio e nel
Lussemburgo.
Infatti, seppure il gruppo sia a conduzione familiare, le funzioni manageriali centrali
non sono concentrate esclusivamente in Italia. Non esiste un management centrale ma la
classe dirigente si distribuisce in termini operativi e funzionali in maniera omogenea tra
Italia e Germania, essendo le due realtà storiche del gruppo, e Lussemburgo, dove ha sede la
top holding Ferrero International Sa che controlla il gruppo. Per ragioni prevalentemente
storiche e dimensionali il management è composto in modo preponderante da italiani e
tedeschi. I top manager a livello internazionale sono ancora profondamente collegati a realtà
nazionali importanti in cui mantengono incarichi esecutivi. L’area manageriale coniuga
quindi competenze nazionali e competenze di carattere internazionale.
Un siffatto impianto manageriale trova le sue spiegazioni in una strategia aziendale
sempre volta a sperimentare i prodotti anche su mercati diversi dal luogo di produzione e
una volta raggiunti livelli di mercato soddisfacenti investire su nuovi impianti produttivi in
loco. Il processo d’internazionalizzazione avviene quindi tramite investimenti diretti alla
costruzione di nuove unità produttive e non attraverso l’acquisizione o fusione di aziende
già consolidate sul mercato locale. All’interno di questa logica di investimenti di ”prato
verde” (green field) le aziende del gruppo hanno sviluppato una loro autonomia produttiva e
di mercato creando una struttura organizzativa a poli.
68
Il Gruppo Ferrero consta di 31 sedi commerciali e 15 stabilimenti produttivi, di cui
quattro in Italia. Tutti gli stabilimenti del gruppo producono per il mercato attraverso una
rete commerciale propria ad eccezione delle unità produttive in Belgio che invece
producono per gli altri stabilimenti del gruppo.
Nel 2002 i dipendenti del gruppo erano 16.345, registrando un aumento rispetto al 2001
anno in cui la forza lavoro del gruppo su scala mondiale era di 15.982. I dipendenti del
gruppo che lavoravano nel territorio italiano nel 2002 erano 5.753, ossia circa il 35,2% dei
dipendenti del gruppo. In Germania i dipendenti del gruppo sono circa 4000 mentre in
Belgio e Francia, compresi gli stagionali, sono circa 500-700. Lo stabilimento in Irlanda è il
sito produttivo minore e raccoglie al suo interno circa 200-300 persone. E’ da notare
comunque che il gruppo fa un largo uso di lavoratori stagionali, circa 2000 in tutta Europa
di cui 1000 nel solo stabilimento di Alba. I dati indicano quindi che le strategie del gruppo
non si concentrano esclusivamente nel territorio italiano ma tendono ad esplorare e
conquistare nuovi mercati interni ed esterni all’Unione Europea. Il gruppo Ferrero non ha
una caratterizzazione preminentemente italiana ma assume la configurazione di un gruppo
globale. Relativamente alla distribuzione dei dipendenti si riscontra la concentrazione
maggiore, ovviamente per ragioni storiche, in Italia e in Germania.
Il trend occupazionale del gruppo a livello mondiale è sempre stato crescente, ad
eccezione di lievi diminuzioni negli anni ’70. Un trend positivo a livello mondiale non
implica comunque che ogni singolo paese abbia avuto una crescita occupazionale continua.
Soprattutto i paesi di storica presenza Ferrero hanno dovuto affrontare fluttuazioni
occupazionali dovute alla strategia di investimenti “a prato verde” (green field) del gruppo.
In un primo momento, infatti, le aziende storiche della Ferrero sostengono la penetrazione
del gruppo in nuovi mercati e si assiste ad una sovrapproduzione e conseguentemente ad un
incremento occupazionale. In un secondo momento quando il prodotto Ferrero raggiunge
livelli di mercato sufficienti a permettere un investimento diretto in impianti produttivi in
loco, il surplus produttivo deve essere recuperato ed il livello occupazionale ridotto.
Negli ultimi anni il gruppo ha reputato necessario recuperare un maggior
coordinamento centrale sia come risposta alla competizione globale sia per il
raggiungimento di un maggior livello di efficienza. In modo graduale il gruppo tende ad
individuare a livello manageriale tre aree di coordinamento centrale. La prima è l’area delle
business unit commerciali che ha una struttura di coordinamento organizzata in area Europe,
al cui interno ci sono anche Repubblica Ceca, Croazia, Romania e Russia, ed extra Europe,
comprendente le Americhe, l’Australia e in maniera marginale anche l’estremo oriente in
cui sono presenti tre centri commerciali: uno in Cina, uno a Taiwan e uno in Giappone. La
seconda è l’area delle Operations in cui sono allocate le responsabilità delle produzioni,
della logistica, degli acquisti, della qualità e dello sviluppo tecnologico. La terza è l’area dei
servizi e supporto nella quale confluiscono i servizi di amministrazione e finanza e i servizi
del personale. In ognuna di queste tre aree ci sono responsabili provenienti da diversi paesi
che per esperienza e storia aziendale sono chiamati a dare il loro contributo a livello
internazionale pur mantenendo le loro specificità operative nazionali.
Tabella 4: La distribuzione degli impianti produttivi del gruppo Ferrero
Impianto di Produzione
Europa
America del Centro-Nord
Irlanda 1 (Cork), Francia 1 (Villers-Ecolles), Belgio 1 (Aron), Germania 1 (Allendorf),
Italia 4 (Alba, Milano, Pozzuolo, S.Angelo dei Lombardi), Polonia 1 (Belsk),
Usa 1 (Sommerset), Porto Rico 1 (Carguas)
Oceania
Australia 1 (Lightgow)
America Latina
Argentina 1 (Los Cordales), Brasile 1 (Poços de Caldas), Equador 1 (Tumbaco),
69
Il contesto di relazioni industriali
Le relazioni industriali interne al gruppo possono essere definite generalmente
cooperative. In Italia così come in Germania e negli altri paesi europei il tasso di
sindacalizzazione, inteso come iscrizione al sindacato, non presenta valori molto alti. In
Italia non supera il 25-30%. Nonostante ciò, secondo il Responsabile delle Relazioni
Industriali, la partecipazione delle rappresentanze dei lavoratori alla vita aziendale è alta in
Italia, Germania e Belgio, medio-bassa in Irlanda e bassa in Francia.
Un’organizzazione del lavoro concentrata significativamente sul lavoro stagionale
comporta necessariamente un’alta flessibilità produttiva, professionale e dell’orario di
lavoro, che richiede un confronto quotidiano con le rappresentanze dei lavoratori. Nel
tentativo di trovare la soluzione che meglio si adattasse alle esigenze di mercato, il gruppo
insieme alle rappresentanze dei lavoratori ha avviato un processo di sperimentazione in
ambito di relazioni industriali nelle unità produttive italiane, in particolar modo ad Alba, da
cui molto spesso hanno attinto le realtà aziendali del gruppo negli altri paesi.
Sempre secondo il Responsabile delle Relazioni Industriali, il modello cooperativo
delle relazioni industriali permea tutte le realtà aziendali del gruppo ma con intensità diverse
da paese a paese che riflette le differenti culture sindacali nazionali e i ruoli strategici che le
diverse aziende ricoprono. Le aziende italiane, infatti, sono sempre state in una logica di
gruppo quelle che hanno fornito, anche se in quantità modeste, i prodotti per il mercato
mondiale e questa peculiarità ha favorito lo sviluppo di una vocazione e curiosità
internazionale che si sono ripercosse anche nell’approccio sindacale. I delegati italiani
dimostrano nella quotidianità degli incontri con il management una maggior capacità di
rapportarsi in maniera proficua con il contesto globale rispetto ai delegati tedeschi le cui
unità produttive forniscono principalmente il mercato domestico. All’interno degli
stabilimenti del gruppo Ferrero, in Francia, il sindacato non è presente. Tale assenza non
deve essere attribuita a responsabilità del gruppo ma ricondotta a motivazioni storiche
proprie dell’area geografica in cui gli stabilimenti sono situati, ossia la Normandia. In
Irlanda il modello cooperativo delle relazioni industriali ha favorito la stipulazione di un
contratto collettivo nazionale a livello di gruppo.
Dall’intervista al Responsabile delle Relazioni Industriali si evince che il gruppo
considera di primaria importanza la partecipazione dei lavoratori poiché “le esperienze
migliori nascono quando si riesce a renderle molto pragmatiche e concrete e quando
l’interesse è reciproco”. In Italia il sistema partecipativo delle relazioni industriali ha
permesso al gruppo di uscire da un periodo critico dovuto alla necessità di riequilibrare in
termini occupazionali la sovrapproduzione dello stabilimento di Alba, avutasi per sostenere
l’ingresso dei prodotti del gruppo nel mercato dell’America Latina. La contrazione della
forza lavoro è stata gestita in quell’occasione a livello locale tramite strumenti quali la
riduzione dell’orario di lavoro e la rotazione dei posti di lavoro ed attraverso lo sviluppo di
modelli di polifunzionalità e polivalenza.
A livello di gruppo si nota che i dipendenti più giovani del gruppo si approccino al
sindacato in modo diverso rispetto a quanto non facciano i dipendenti più anziani. I primi
non hanno, come definisce il Responsabile delle Relazioni Industriali, la medesima fedeltà
all’attività sindacale ed all’organizzazione sindacale dei secondi ma hanno una cultura
sindacale più strumentalizzata e finalizzata alla risoluzione di problemi che attengono la
loro quotidianità lavorativa (orario di lavoro, salario ecc…).
70
La costituzione del Comitato Europeo del Gruppo
Ferrero
LA FASE DI COSTITUZIONE
Nel gruppo Ferrero il primo organismo informativo a livello europeo si ebbe nel 1991
con la costituzione di un coordinamento di delegati del gruppo a livello europeo.
Inizialmente erano rappresentate solo le unità produttive di Italia, Belgio e Germania mentre
le rappresentanze di Francia ed Irlanda si sono unite solo in un secondo momento. Una volta
l’anno il coordinamento europeo dei delegati del gruppo partecipava a corsi formativi
insieme ai rappresentanti delle segreterie generali dei sindacati nazionali e i rappresentanti
sindacali provinciali. Nella gestione ed organizzazione degli appuntamenti formativi ed
informativi la rappresentanza dei lavoratori del gruppo Ferrero si è appoggiata all’Istituto di
ricerca e formazione Sindnova, costituito nel 1984 dalla Cisl e dalle Federazioni di categoria
dell’industria e del terziario privato. Nel 1994, anno di promulgazione della direttiva
europea 94/45, nell’ambito dello stesso coordinamento si è deciso di costituire una
Delegazione Speciale di Negoziazione con il compito di definire le procedure di
costituzione del Cae. Il suddetto organismo di negoziazione era composto inizialmente da
rappresentanti delle segreterie generali unitarie dei sindacati nazionali a cui si è aggiunto in
un secondo momento un delegato (2 per Italia e Germania) per paese.
Il giorno 8 febbraio 1996 è stato siglato tra le aziende del Gruppo Ferrero dell’Unione
Europea ed i rappresentanti dei lavoratori interni, assistiti dall’Effat (Federazione Europea
degli alimentaristi), e dalle organizzazioni sindacali di Italia, Francia, Germania, Belgio e
Irlanda aderenti all’Effat, un Protocollo di Accordo Volontario per la costituzione di un
Comitato Aziendale Europeo. L’accordo si è concluso nella città di Bruxelles ed è stato
stipulato prima della trasposizione a livello nazionale della direttiva, sulla base dell’articolo
13.
In fase di negoziazione il sindacato italiano ha svolto il ruolo di protagonista.
Nonostante la contrarietà delle organizzazioni sindacali degli altri paesi in cui il gruppo è
presente, la determinazione del sindacato italiano ha spinto la Delegazione Speciale di
Negoziazione a siglare l’accordo di costituzione del Cae prima che la direttiva europea
94/45 venisse recepita a livello italiano. Il ruolo di primaria importanza rivestito dal
sindacato italiano ha fatto sì che per i primi anni gli altri membri del Cae non considerassero
l’istituto europeo di rappresentanza come un prodotto di un’intesa internazionale ma solo
come espressione di un convincimento del sindacato italiano.
L’AMBITO DI APPLICAZIONE, LA STRUTTURA E GLI OBIETTIVI DEL CAE
L’accordo di costituzione del Cae si intende applicato a tutte le società produttive e
commerciali del Gruppo Ferrero che si collocano a pieno diritto all’interno dell’Unione
Europea.
La finalità che il Cae Ferrero intende formalmente perseguire è il raggiungimento di un
maggiore interscambio di informazioni e di opinioni tra la direzione aziendale e le
rappresentanze dei lavoratori in modo tale da trovare una risposta congiunta alla progressiva
internazionalizzazione del Gruppo nel mercato europeo.
La composizione del Cae così come espressa nell’Accordo Volontario riprende il
modello francese del Cae in cui il management non è interlocutore del Cae ma n’è membro
effettivo. Il Cae risulta essere formato da:
71
• Il Presidente: nominato dal Gruppo Ferrero o da un suo rappresentante e nella sua attività
è coadiuvato da delegati aziendali da lui prescelti. E’ quindi un rappresentante del
manager.
• Il segretario è individuato tra i dipendenti del Gruppo dal segretario EFFAT, previa
consultazione dei consigli di impresa e delle organizzazioni sindacali e rappresenta anche
la EFFAT stessa in sede di Cae.
• I 10 delegati (tabella 2) sono eletti nel rispetto delle prassi di relazioni industriali
nazionali o in accordo tra le diverse unità produttive di uno stesso paese. Oltre ai 10
delegati dipendenti del Gruppo, la partecipazione al Cae è consentita anche ai sindacalisti
esterni, designati dal segretario dell’Effat, nella misura di un rappresentante per ogni
paese. Dietro preventiva comunicazione, è concessa la partecipazione alle riunioni del
Cae anche al segretario generale dell’Effat.
Allo scopo di avere una rappresentanza più aderente alla reale composizione aziendale,
l’accordo prevede che la nomina dei rappresentati esterni può essere soggetta a rotazione. A
dispetto di quanto previsto dall’accordo, si rileva la continuità della composizione del Cae. I
membri attuali del Cae sono, per la maggior parte, gli stessi che hanno siglato l’accordo di
costituzione nel 1996. Il gruppo si è dimostrato disponibile ad accettare un rappresentante
dei lavoratori polacco come membro ufficiale del Cae prima ancora dell’ingresso della
Polonia nell’Unione Europea.
I sindacalisti esterni che partecipano alle riunioni del Cae sono principalmente italiani e
tedeschi. Per l’Italia è stato designato unitariamente dai tre sindacati di categoria il
segretario della Flai-Cgil (Sindacato degli alimentaristi per la Cgil) di Cuneo, sede storica
del gruppo Ferrero. Per il sindacato tedesco partecipa il segretario generale del sindacato
degli alimentaristi NGG (Nahrung Genuβ Gaststätten Gewerkschaft). Il sindacalista belga
ed irlandese partecipano saltuariamente ed il primo con una frequenza maggiore del
secondo. Il sindacalista francese non ha mai partecipato. Sovente partecipa anche il
segretario generale dell’Effat. Durante i corsi di formazione sono state invitate anche altre
figure sindacali del panorama sindacale internazionale.
La parte manageriale è rappresentata principalmente dai Responsabili delle Risorse
Umane di ogni paese accompagnati solitamente da alcuni collaboratori che per l’Italia sono
un esponente dell’area del Personale e un esponente dell’area delle Relazioni Industriali. La
scelta di essere rappresentati dai massimi livelli manageriali in ambito di Risorse Umane
riflette l’importanza attribuita al Cae dal gruppo Ferrero.
Attualmente il Presidente del Cae, di individuazione aziendale, è un italiano e ricopre la
carica di Direttore delle Risorse Umane dell’area extra Europe, la cui sede è a Lussemburgo,
ed è quindi dotato di una competenza e propensione internazionali.
La composizione di genere del gruppo presenta una prevalente concentrazione maschile.
Alle riunioni del Cae partecipano solo due rappresentanti femminili: una per la delegazione
belga ed una per la delegazione tedesca.
L’accordo iniziale difetta della costituzione di un organismo di coordinamento quale il
Comitato Ristretto. L’attività di progettazione, di definizione dell’ordine del giorno e di
stesura dei rendiconti sono coordinate in modo congiunto dal Presidente e dal Segretario del
Cae. I delegati del Cae hanno chiesto ed ottenuto di avere un ulteriore incontro tra il
segretario ed un delegato per paese prima della riunione ufficiale al fine di abbozzare
l’ordine del giorno del Cae, comitato di pilotaggio. Una copia dell’ordine del giorno viene
inviato a tutti i delegati 30 giorni prima della data prevista per l’incontro. In questo lasso di
tempo qualora un delegato del Cae voglia aggiungere dei punti di discussione, ha la
possibilità di segnalarlo telefonicamente al segretario che, una volta sentito il Presidente, li
inserisce nell’ordine del giorno.
I temi di cui il Cae ha diritto di essere informato, concernono materie sia di natura
organizzativa che di mercato del settore:
• Struttura del Gruppo e cambiamenti fondamentali relativi all’organizzazione
72
• Situazione economica delle imprese del Gruppo Ferrero situate in paesi dell’Unione
Europea
• Sviluppo della situazione occupazionale delle imprese del Gruppo Ferrero situate in paesi
•
•
•
•
dell’Unione Europea
Programmi di produzione e investimenti
Strategie di mercato
Formazione professionale
Altri temi di rilievo, che riguardino i lavoratori e che abbiano effetto su imprese di
almeno due dei paesi partecipanti
Tabella 2: Composizione del Cae secondo l’Accordo Volontario.
Rappresentanza del management
Presidente assistito da esponenti aziendali da lui
individuati
Rappresentanza dei lavoratori
Segretario
10 delegati aziendali:
Italia 3
Germania 3
Belgio 2
Francia 1
Irlanda 1
Rappresentanti delle organizzazioni sindacali (1 per ogni paese)
Segretario generale della EFFAT
LE PROCEDURE DI INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE
L’accordo di costituzione del Cae per la definizione di procedure di informazione e
consultazione rimanda alla direttiva europea sul Cae senza specificare in quali modi e tempi
le stesse procedure debbano avvenire.
Per il Responsabile delle Relazioni Industriali, la quotidianità del confronto tra
management e rappresentanza dei lavoratori nell’ambito delle relazioni industriali a livello
nazionale fa sì che non si verifichi la necessità di una ulteriore consultazione in sede di Cae.
Allo stesso tempo il segretario del Cae ritiene che il gruppo abbia consultato il Cae in
occasione dell’accordo di solidarietà in Belgio e della recente ri-organizzazione
manageriale.
IL RINNOVO DELL’ACCORDO
L’accordo di costituzione è stato rinnovato nel 2000 per altri 4 anni apportando
modifiche importanti quali allungare la riunione del Cae di mezza giornata, concedere al
segretario la possibilità di visitare gli stabilimenti del gruppo ed introdurre un comitato di
pilotaggio al fine di preparare al meglio l’ordine del giorno del Cae. Il gruppo Ferrero si è
comunque dimostrato sempre disponibile a modificare i contenuti dell’accordo senza
necessariamente attendere il termine ufficiale dell’accordo.
Con il rinnovo dell’accordo è stato inoltre sancito l’impegno aziendale di organizzare le
riunioni del Cae nei vari paesi in cui il gruppo è presente e di concedere la possibilità ai
membri del Cae di visitare gli stabilimenti dei paesi ospitanti. Questa pratica era diffusa
anche in precedenza ma non era riconosciuta formalmente.
73
I processi
LE RISORSE DEL CAE
Qualora i membri del Cae abbiano bisogno di strumentazioni tecniche e di ufficio (fax,
telefono, computer) per espletare le loro funzioni possono appoggiarsi alle strutture
aziendali, alle strutture di rappresentanza dei lavoratori a livello aziendale o alle
organizzazioni sindacali esterne. Secondo il Responsabile delle Relazioni Industriali, il fatto
di non avere una segreteria autonoma per le attività del Cae ha origine dalla volontà
aziendale di non creare una spaccatura tra il Cae e i momenti di confronto tra azienda e
rappresentanza dei lavoratori nell’ambito di relazioni industriali a livello nazionale. I
delegati del Cae non hanno l’accesso ad Internet e alla posta elettronica.
Durante le riunioni del Cae è previsto un servizio di interpretariato nonostante
dall’intervista al Responsabile delle Relazioni Industriali risulti che le diversità linguistiche
non rappresentino un vero ostacolo alla comunicazione. In ogni delegazione nazionale,
infatti, è presente comprensione tra il segretario del Cae e le rappresentanze aziendali dei
lavoratori, il gruppo ha messo a disposizione del segretario del Cae un interprete. Il gruppo
di interpreti messo a disposizione per le riunioni del Cae del gruppo Ferrero è sempre lo
stesso in tutte le riunioni e gli incontri formativi in modo tale da creare un affiatamento con
i partecipanti al Cae.
Il Cae dispone di un budget separato per l’organizzazione delle riunioni istituzionali e
dei corsi di formazione. Il budget è solitamente gestito seguendo le indicazioni del
segretario del Cae, previa consultazione dei 10 rappresentanti dei lavoratori. L’accordo di
costituzione non prevede che vi sia un monte ore specifico per l’attività del Cae ma
stabilisce solo la durata dell’incontro istituzionale.
Per quanto riguarda gli esperti da parte sindacale è da evidenziare la presenza di un
sindacalista per ogni paese in cui il gruppo è presente. Durante le riunioni istituzionali, oltre
ai sindacalisti, partecipano anche esperti di provenienza aziendale a secondo del tema
previsto dall’ordine del giorno. Anche nei momenti formativi l’individuazione dei relatori
avviene mantenendo un equilibrio di rappresentanza tra figure sindacali e aziendali. Durante
i corsi formativi vengono accolte, in base all’obiettivo formativo, le testimonianze di esperti
esterni alle realtà aziendali del gruppo Ferrero.
I membri del Cae hanno la possibilità di visitare gli stabilimenti dei paesi presso i quali
si svolge la riunione annuale.almeno un delegato o un esponente manageriale capace di
comprendere e, a volte, parlare la lingua italiana. La documentazione relativa alla
presentazione aziendale viene tradotta in modo tale che risulti accessibile a tutti. Al
segretario è concessa la possibilità di visitare gli stabilimenti del gruppo nei diversi paesi
dell’Unione Europea. Per facilitare la
LA FORMAZIONE
Una delle principali leve che ha consentito un buon funzionamento del Cae è stata
quella di prevedere annualmente, ma a volte anche due volte all’anno, degli appuntamenti
formativi congiunti tra azienda e rappresentanza dei lavoratori. In fase costitutiva i corsi
formativi erano finalizzati a chiarire quale fosse l’utilità e il funzionamento dell’istituto di
rappresentanza europeo al fine di evitare il sorgere di attriti ed incomprensioni che
avrebbero potuto soffocare l’importanza del Cae. Attualmente i corsi formativi sono
organizzati nel primo semestre, prima quindi della riunione annuale, e i temi che si
intendono approfondire vengono definiti concordemente al termine della riunione del Cae.
74
Nella fase formativa sia precedente che successiva alla costituzione i delegati del Cae del
gruppo Ferrero si sono appoggiati ad un istituto sindacale di ricerca e formazione.
L’incontro formativo annuale ha solitamente una durata di due giorni ed ogni volta ha
luogo in un paese diverso. Qualora non si riesca ad accedere a linee di finanziamento
europee a causa, come è già accaduto, del mancato rispetto delle scadenze o per la
specificità delle tematiche presentate, l’intera spesa è a carico del gruppo. I vari temi trattati
nel corso degli incontri formativi sono vari: dal salario variabile alla flessibilità dell’orario
di lavoro, dalla formazione continua ad un approfondimento sulla Direttiva 94/45, dal ciclo
organizzativo alla comunicazione aziendale, dai modelli di riconoscimento della
professionalità all’impatto dell’Euro sull’economia.
Durante gli ultimi appuntamenti formativi e in seguito nelle riunioni del Cae, i delegati
del Cae hanno espresso al gruppo la volontà di avviare un percorso di avvicinamento alla
cultura di relazioni industriali dei paesi dell’Europa dell’Est, la Polonia in particolare, in
previsione di un loro prossimo ingresso nell’Unione Europa. Il management ha accolto la
richiesta con favore e ha individuato in corsi formativi di approfondimento sulle realtà
dell’Est Europeo lo strumento necessario per avviare quel processo di avvicinamento
proposto dai delegati del Cae. All’incontro formativo è stato invitato, nelle vesti di relatore,
un esponente aziendale della Ferrero in Polonia.
Gli incontri formativi hanno avuto come partecipanti non solo esponenti aziendali e
sindacali delle realtà del gruppo Ferrero ma anche di altri gruppi. Allo stesso modo i
delegati del Cae Ferrero sono stati chiamati a portare la loro testimonianza nei momenti
formativi dei Cae di altri gruppi (Eridania). Dall’intervista al Responsabile delle Relazioni
Industriali, emerge che in fase costitutiva il management ha partecipato ad incontri
formativi organizzati sia dalla Unione Europea che dalla Ces (Confederazioni Europea dei
Sindacati).
L’assemblea annuale del Cae
L’accordo contempla una sola riunione annuale del Cae su convocazione del Presidente
del Cae. In circostanze eccezionali il Cae, su espressione della sua maggioranza, ha il diritto
di richiedere al Presidente la convocazione di una riunione straordinaria. Nel 2002 la
rappresentanza dei lavoratori del Cae ha richiesto un incontro straordinario per verificare
quale fosse lo stato di avanzamento del processo di centralizzazione dei coordinamenti
manageriali, precedentemente illustrati. Per soddisfare tale esigenza di informazione il
gruppo ha concesso di anticipare la riunione ordinaria del Cae. Solo in questa occasione si è
avvertito il bisogno di un incontro straordinario del Cae.
L’incontro annuale del Cae si sviluppa su due giornate e mezza e solitamente si svolge
nel secondo semestre dell’anno. La prima giornata è dedicato ad un incontro preparatorio
riservato esclusivamente ai rappresentanti dei lavoratori e del sindacato. In questa occasione
i delegati, una volta sentite le problematiche di tutti gli stabilimenti, costruiscono una griglia
di domande da presentare al management il giorno successivo. La seconda giornata è
destinata alla presentazione aziendale e al dibattito tra Cae e management. Al termine della
seconda giornata i delegati del Cae si ritirano, senza la presenza del management, per
discutere sui risultati emersi dal dibattito. La terza giornata è momento di valutazione in cui
gli stessi che hanno partecipato alla riunione istituzionale si riuniscono per un’ulteriore
analisi delle informazioni ricevute. Durante la mezza giornata conclusiva la rappresentanza
dei lavoratori indica, motivando la scelta, quali sono i temi che vorrebbe fossero
approfonditi durante i corsi formativi programmati per il primo semestre dell’anno.
75
Contenuto delle informazioni e sua valutazione
La presentazione aziendale durante la riunione del Cae mette a fuoco la situazione di
ogni singola azienda del gruppo nell’Unione Europea evidenziandone il fatturato, gli
organici, le difficoltà di mercato riscontrate nell’anno di riferimento e gli investimenti.
Solitamente la giornata dell’incontro tra management e rappresentanza dei lavoratori si apre
con la presentazione dell’andamento economico, in modo sintetico, prima a livello mondiale
e poi a livello europeo.
La riunione del Cae offre quindi la possibilità ad ogni singola delegazione nazionale di
conoscere la situazione produttiva, economica e commerciale delle unità produttive negli
altri paesi. In Italia la riunione del Cae avviene immediatamente dopo l’informativa di
gruppo a livello nazionale. Questo comporta appunto che il valore aggiunto, per l’Italia così
come per Germania e gli altri paesi, non consista in un affinamento delle informazioni date
a livello nazionale ma consista, invece, in un completamento della panoramica informativa a
livello europeo. Il segretario del Cae si ritiene comunque soddisfatto della mole e della
qualità di informazioni ricevute negli incontri del Cae.
A consuntivo dell’incontro viene stilato un rapporto in modo congiunto dal presidente e
dal segretario del Cae all’interno del quale vengono tracciati i risultati a cui il Cae è
pervenuto. La documentazione riguardante la presentazione del management viene
consegnata solo al momento della riunione del Cae.
L’informazione fornita dal management in sede di Cae avviene attraverso la proiezione
di slide. Il supporto visivo è considerato, dal delegato outsider, un importante strumento di
comunicazione poiché accelera e facilita la lettura e la comprensione dei dati. Le stesse slide
presentate durante la riunione del Cae sono altresì utilizzate, anche se per ragioni di tempo
in misura ridotta, per facilitare la distribuzione dei risultati del Cae durante le assemblee dei
lavoratori.
Le informazioni non sempre sono tempestive ma molto spesso, soprattutto per decisioni
che potrebbero avere ricadute sui livelli occupazionali, sono date nel momento stesso in cui
il management le decide, non lasciando quindi tempo al Cae di esercitare una funzione
consultiva. Per quanto riguarda, invece, le decisioni relative all’organizzazione aziendale,
solitamente le informazioni sono fornite in anticipo.
Altre dimensioni di interazioni
INTERAZIONI INTERNE AL MANAGEMENT
I rappresentanti dell’area manageriale si incontrato frequentemente per ragioni di
carattere lavorativo soprattutto quando sono in previsione ristrutturazioni organizzative.
Fino agli anni ’96-’97 i contatti avvenivano solo sulla base di rapporti personali che
maturavano durante le riunioni centrali ad Alba o Francoforte ed ognuno agiva in una logica
di paese, non europea. L’istituzione del Cae non ha direttamente contribuito ad aumentare la
frequenza degli incontri ma ha offerto un momento di confronto formale attraverso il quale
anche la classe manageriale ha potuto ampliare la propria conoscenza sulle dinamiche
aziendali nelle diverse realtà nazionali. Durante le riunioni del Cae è emerso, infatti, un
interesse comune tra management italiano e tedesco per modelli professionali incentrati
sulla polivalenza e sulla polifunzionalità e si è così deciso di esportarli negli altri paesi in
cui il gruppo è presente.
Dall’intervista al manager outsider, si rileva che i risultati del Cae vengono distribuiti
all’area manageriale attraverso sia appuntamenti formali, come possono essere le riunioni
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aziendali, sia attraverso il confronto con la parte sindacale e i rappresentanti dei lavoratori
nell’ambito delle relazioni industriali a livello nazionale o locale.
Il presidente del Cae si incarica di inviare il verbale ai delegati del Cae e ai Direttori di
stabilimento, i quali, come sottolinea anche il manager outsider, condividono la
documentazione solo con quegli esponenti manageriali direttamente coinvolti negli
argomenti trattati nelle riunioni del Cae. Inoltre secondo gli argomenti su cui verte l’ordine
del giorno, al responsabile manageriale competente in materia viene chiesto di fornire
informazioni utili sia per le riunioni istituzionali che per gli appuntamenti formativi.
La partecipazione agli incontri formativi annuali è stata estesa oltre che ai Responsabili
delle Risorse Umane dei singoli paesi anche ad alcuni quadri junior del gruppo e ad
esponenti manageriali a seconda della materia di pertinenza. Un coinvolgimento più esteso
del management oltre ad offrire una testimonianza competente ai corsi formativi ha favorito
la diffusione della conoscenza del Cae tra la classe dirigenziale.
INTERAZIONI TRA IL SEGRETARIO ED IL MANAGEMENT
La due figure che svolgono l’attività di coordinamento del Cae sono rispettivamente il
segretario, in rappresentanza dei lavoratori, e il presidente in rappresentanza del
management e quindi del gruppo. Queste due figure istituzionalmente riconosciute hanno un
rapporto molto frequente sia per quanto riguarda le riunioni del Cae che per gli incontri
formativi. A loro spetta,infatti, il compito di redigere l’ordine del giorno delle riunioni
ufficiali del Cae e organizzare gli incontri formativi. Poiché sia il segretario che il presidente
del Cae sono di madre lingua italiana, la scambio di informazioni risulta più agevole.
Attualmente il segretario del Cae è il segretario regionale per la Fai Cisl, per la regione
Piemonte, e quindi nell’ambito delle relazioni industriali a livello nazionale ha un frequente
contatto con il Responsabile delle Relazioni Industriali in Italia ed i suoi collaboratori.
INTERAZIONI TRA I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI ALL’INTERNO
DEL CAE
Secondo il Responsabile delle Relazioni Industriali, le differenze culturali in ambito di
relazioni industriali mostratesi in fase iniziale non hanno creato e non creano tuttora conflitti
tra i delegati del Cae. Al contrario la possibilità di confronto con altre realtà sindacali ha
avviato un processo di miglioramento in cui il modello italiano e tedesco di relazioni
industriali fungono da esempio per gli altri modelli nazionali.
La continuità dei partecipanti alle riunioni del Cae ha sicuramente contribuito a
sviluppare rapporti interpersonali di amicizia soprattutto tra i delegati del “nucleo storico”
del Cae del gruppo Ferrero: italiani, tedeschi e belgi. Durante il periodo intercorrente tra gli
incontri ufficiali e gli incontri formativi, la comunicazione tra i delegati del nucleo storico
risulta essere frequente, generalmente una volta al mese. I rapporti con i delegati irlandesi
avvengono con minore regolarità anche perché lo stabilimento in Irlanda, essendo di piccole
dimensioni, è fonte di pochi problemi. La comunicazione con i delegati francesi al di fuori
degli appuntamenti formali è praticamente assente.
INTERAZIONI TRA IL CAE E LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI
Alle riunioni partecipano il segretario generale della Ngg per la Germania, un
sindacalista belga, sporadicamente un sindacalista irlandese, il presidente dell’Effat ed il
sindacalista territoriale della Flai-Cgil nominato in modo unitario da tutti e tre i sindacati di
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categoria italiani (Flai-Cgil, Fai-Cisl. Uila-Uil). L’accordo prevede che la Federazione
Europea del settore alimentare, Effat, sia rappresentata nel Cae, oltre che dal suo stesso
presidente, dal segretario del Cae.
Il sindacato italiano, nella fattispecie la Fai-Cisl, è rappresentato anche dal segretario
del Cae. Nonostante l’accordo di costituzione preveda che il segretario del Cae debba essere
un dipendente del gruppo Ferrero, a ricoprire questa carica è attualmente il segretario
regionale della Flai Cisl per il Piemonte.
A livello italiano i tre delegati sindacali informano le rispettive organizzazioni sindacali
(Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil) in modo unitario, segno che all’interno di Ferrero Italia,
l’unità sindacale è ancora solida.
INTERAZIONI TRA IL CAE E LE STRUTTURE DI RAPPRESENTANZA A
LIVELLO NAZIONALE
Il segretario del Cae del gruppo Ferrero ha richiesto ed ottenuto di poter visitare gli
stabilimenti delle altre realtà nazionali ed incontrare così i rappresentanti dei lavoratori di
ogni sito produttivo. Nei suoi spostamenti il segretario del Cae è accompagnato da un
interprete. Il fine che tali incontri si propongono è, secondo il responsabile delle Relazioni
Industriali, di allargare le occasioni di conoscenza e di coordinamento tra i rappresentanti
dei lavoratori.
Le strutture di rappresentanza a livello nazionale, almeno in Italia, sono informate
continuamente sui risultati del Cae sia durante le riunioni aziendali che per iscritto. Per di
più in Italia così come in Germania in occasione degli incontri formativi e delle riunioni
istituzionali, i delegati del Cae incontrano direttamente i membri delle strutture di
rappresentanza delle unità produttive ospitanti.
Attraverso l’istituzione di un comitato di pilotaggio incaricato di redigere una bozza
dell’ordine del giorno, le strutture di rappresentanza a livello nazionale riescono a fornire i
loro input in modo più diretto.
Al rientro dei delegati del Cae, nelle aziende della Ferrero Italia si organizza un
direttivo interno per ogni sigla sindacale in cui le informazioni scaturite dalla riunione del
Cae vengono riportate ai rappresentanti dei lavoratori appartenenti ai rispettivi sindacati di
categoria. In un secondo momento le informazioni vengono riprese e comunicate in modo
unitario al resto dei lavoratori per mezzo di un’assemblea aziendale. Negli stabilimenti dove
non ci sono membri del Cae, l’informazione avviene, almeno in Italia, grazie
all’intercessione del segretario del Cae e al coordinamento nazionale.
INTERAZIONI TRA IL CAE E I DIPENDENTI
In Italia nel 1998 in occasione del contratto integrativo aziendale è stato posto ai
lavoratori un questionario in cui una delle domande chiedeva di esprimere la propria
valutazione in merito all’istituto del Cae. Da questo questionario si è evinto che molti dei
lavoratori sono a conoscenza dell’esistenza del Cae ma non ne comprendono ancora l’utilità
ed il funzionamento. La conoscenza del Cae in Italia è agevolata anche dal fatto che le
rappresentanze dei lavoratori aziendali organizzano un’assemblea al ritorno dei delegati del
Cae nella quale illustrano ai lavoratori i risultati emergenti dall’incontro con il management.
Dall’intervista al segretario del Cae si rileva che riunioni simili vengono svolte anche in
Belgio e, in modo meno sistematico, in Germania.
78
I risultati
FUNZIONAMENTO DEL CAE
Il presidente del Cae e la rappresentanza manageriale presente alle riunioni del Cae
hanno dimostrato una significativa disponibilità rispetto alle richieste avanzate dalla
rappresentanza dei lavoratori del Cae. Negli ultimi anni, infatti, è stato concesso che il
segretario potesse visitare gli stabilimenti presenti nei vari stati europei, che i delegati del
Cae avessero l’accesso agli stabilimenti, che l’incontro ufficiale venisse allungato di mezza
giornata al fine di concedere un momento di valutazione, che prima della riunione del Cae
un delegato per paese venisse interpellato per cominciare a definire l’ordine del giorno.
La regolarità e la frequenza delle riunioni annuali e degli incontri formativi ha permesso
di superare le iniziali divergenze dovute ad una diversa cultura di relazioni industriali. Il
Cae del gruppo Ferrero appare quindi come un gruppo affiatato e compatto; caratteristica
che potrebbe risultare utile in previsione di un futuro allargamento europeo e di una
crescente internazionalizzazione dell’azienda.
L’IMPATTO SUL CORPORATE DECISION MAKING.
Nel 2002, in occasione della richiesta di un incontro straordinario per verificare lo stato
di avanzamento del processo di accentramento del coordinamento manageriale, il gruppo si
è dimostrato disponibile ad anticipare l’incontro istituzionale del Cae e, su richiesta esplicita
del segretario, ad iniziare la presentazione aziendale illustrando quali sarebbero stati i
risultati della riorganizzazione manageriale. Durante l’esposizione delle fasi della
ristrutturazione dirigenziale lo stesso presidente del Cae, sollecitato dalle domande del
segretario del Cae, ha dichiarato l’impegno del gruppo di non chiudere gli stabilimenti in
crisi ma al contrario di sostenerli in attesa che la loro situazione produttiva e commerciale si
ripristinasse.
L’intervista al segretario del Cae evidenzia alcune occasioni in cui in sede di Cae sono
stati raggiunti degli accordi di solidarietà tra le varie aziende del gruppo per sostenere il
ripristino degli stabilimenti prima ad Alba (Italia), a causa di un’alluvione, e poi ad Aaron
(Belgio), entrato in una fase critica la cui gravità si è acuita dal fatto di non avere una
produzione di mercato. Nel caso del Belgio la posizione comune assunta dai delegati del
Cae mirava a proteggere lo stabilimento belga e la sua produzione. Di fronte alla richiesta
comune dei delegati, il gruppo Ferrero, nella figura del Direttore Generale, ha dichiarato di
non procedere alla chiusura dello stabilimento.
Dalle interviste emerge che negli ultimi anni i delegati tedeschi del Cae siano riusciti a
maturare una mentalità, in termini di relazioni industriali, meno domestica e più orientata
alle tematiche internazionali. Poiché in un mercato globalizzato le problematiche inerenti
alla competitività e allo sviluppo travalicano i confini nazionali, i delegati tedeschi del Cae
hanno compreso l’importanza di un adeguamento del proprio approccio alle nuove forme di
organizzazione del lavoro e del mercato. Questa evoluzione non viene esclusivamente
attribuita all’attività del Cae ma certamente il confronto a livello internazionale ha
contribuito ad alimentare la curiosità internazionale dei rappresentanti dei lavoratori in
Germania.
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CORPORATE IDENTITY
L’intervista del Responsabile delle Relazioni Industriali in Italia mette in luce la qualità
del Cae di contribuire ad un’apertura mentale e strategica del management delle varie realtà
nazionali. Infatti le riunioni dell’istituto del Cae hanno consentito alle varie rappresentanze
manageriali nazionali di riconoscere una comunanza di problematiche di fronte alla
crescente competitività europea. Questo ha comportato un allontanamento dalla logica
aziendale di paese ed ha concorso allo sviluppo di una visione corporate del gruppo
ARMONIZZAZIONE DELLE POLITICHE DI RISORSE UMANE
All’interno del Cae del gruppo Ferrero non si sono costituiti gruppi di lavoro specifici
su nessuna materia. Anche in tema di Salute e Sicurezza il gruppo preferisce affrontare le
problematiche quotidiane nelle singole realtà produttive in modo tale da essere piè efficaci
nell’individuazione della soluzione. Il Cae, secondo il Responsabile delle Relazioni
Industriali, non è quindi la sede in cui programmi di armonizzazione delle politiche del
lavoro vengono varati ma è il momento di confronto attraverso il quale le singole realtà
nazionali ricevono gli stimoli per avviare processi di socializzazione di modelli di lavoro
comuni.
Conclusioni
Da quanto emerge dall’intervista al segretario del Cae, si desume che la giornata
preparatoria all’incontro con il management serva anche come momento di scambio di
esperienze e di informazioni da cui i singoli delegati e sindacalisti traggono spunto per
apportare modifiche ai propri modelli organizzativi a livello nazionale o locale. Durante la
riunione preparatoria, per esempio, l’esperienza italiana ha funto da traino per le altre
delegazioni in tema di flessibilità dell’orario di lavoro, di salario variabile e del concetto di
polifunzionalità come modello professionale. Inoltre negli ultimi due accordi integrativi
aziendali in Italia sono stati introdotti, sull’esperienza del Cae, dei corsi formativi congiunti
per reparto tra rappresentanti dei lavoratori e responsabili aziendali.
Le occasioni formative congiunte, come si intuisce dall’intervista al segretario del Cae,
contribuiscono ad accrescere lo spirito di stima e fiducia reciproca e ad amalgamare ancor
più chi partecipa alle riunioni del Cae, senza comunque perdere “lo spirito di parte”.
Secondo il segretario del Cae, la continuità dei membri del Cae ha permesso lo
svilupparsi di un rapporto costruttivo e proficuo, tra management e rappresentanza dei
lavoratori, le cui ripercussioni positive si sono avvertite anche nell’ambito delle relazioni
industriali a livello nazionale e locale. Si rileva, infatti, che il gruppo non guarda più al
sindacato come la controparte da cui diffidare ma come interlocutore insieme al quale
comprendere meglio le dinamiche aziendali. La stessa opinione è condivisa anche dal
management outsider che vede nel Cae uno strumento di coordinamento delle relazioni
industriali capace di snellire e facilitare il confronto a livello di stabilimento.
Il Responsabile delle Relazioni Industriali del Gruppo ritiene che la presenza di
sindacalisti esterni alle riunioni del Cae offra un contributo importante sia nella figura di
esperti dotati di una conoscenza ed esperienza trasversali non necessariamente limitate alla
singola realtà del gruppo Ferrero sia nella figura di interlocutori sindacali nell’ambito delle
relazioni industriali a livello nazionale. L’opportunità, infatti, di poter essere informati
direttamente dal management centrale sulle strategie aziendali nell’Unione Europea
consente ai sindacalisti esterni di completare il loro panorama informativo. Nonostante il
80
Responsabile delle Relazioni Industriali reputi importante il contributo dei sindacalisti
esterni, allo stesso tempo ritiene che il livello di preparazione dei rappresentanti dei
lavoratori, in particolar modo in Italia e Germania, sia tale da permettere la gestione degli
incontri anche in modo autonomo.
La rotazione del luogo della riunione è legata a due finalità. La prima è una finalità
conviviale ossia proporre come sede dell’incontro una località che disponga di un’amplia
offerta culturale. La seconda è una finalità politica ovvero avviare un processo di deitalianizzazione dell’istituto del Cae. Secondo il Responsabile delle Relazioni Industriali
lasciare ad un paese tutte le valutazioni di ospitalità e di organizzazione del Cae è stata una
scelta molto intelligente in quanto coinvolgendo direttamente le persone attraverso una
pratica partecipativa si avvicina idealmente l’istituto del Cae alle singole realtà nazionali
L’intervista al responsabile delle Relazioni Industriali mette in luce come la formazione
sia considerata da parte del gruppo un investimento utile allo sviluppo di una sensibilità
maggiore per le tematiche trattate dal Cae e per il Cae stesso, inteso come strumento di
informazione e consultazione. In seguito ai corsi di formazione, i delegati di tutti i paesi
rappresentati hanno dimostrato un interesse e un grado di soddisfazione più alto per
l’istituto di rappresentanza europeo che inizialmente era visto solo come espressione di una
volontà italiana. Questa maggiore considerazione del Cae è dimostrata dalla testimonianza
di soddisfazione della delegazione tedesca e belga per la qualità delle informazioni e degli
approfondimenti tematici al termine della riunione del Cae in Francia, 2002. L’attività
formativa dei delegati del Cae è considerata molto utile e soddisfacente anche dagli stessi
delegati del Cae così come dal segretario del Cae. Quest’ultimo mette in rilievo il ruolo di
guida rivestito dall’istituto di natura sindacale Sindnova, il cui valore aggiunto continua ad
essere la capacità di offrire una visione globale delle relazioni industriali.
Il segretario del Cae mette in evidenza la mancanza di una cultura europea della
rappresentanza dei lavoratori nel Cae. Ogni delegazione per paese tende ad avanzare istanze
inerenti alla propria realtà nazionale o locale e raramente si avanzano richieste di carattere
internazionale. Secondo il segretario del Cae a mantenere la frammentarietà nazionale della
cultura di relazioni industriali nel Cae concorre anche la stessa organizzazione a poli della
struttura aziendale che accresce la competitività tra le varie aziende del gruppo. Il processo
di riorganizzazione della struttura manageriale contribuisce, sempre secondo il segretario
del Cae, a formare una classe manageriale europea non strettamente vincolata alla propria
realtà nazionale.
Prospettive
Secondo il Responsabile delle Relazioni Industriali, il Cae del gruppo Ferrero dovrebbe
nei prossimi anni continuare a svolgere la funzione amalgamante e di confronto espletata
fino ad ora in rapporto alle diverse culture di relazioni industriali. Si prospetta quindi che
l’istituto del Cae aiuti a formare una dimensione culturale europea indipendente dalle
diverse pressioni nazionali. Inoltre, sempre secondo il Responsabile delle Relazioni
Industriali, l’attribuzione al Cae di un potere negoziale sarebbe inopportuna in un contesto
di mercato come quello del settore alimentare. L’affidare una parte della contrattazione,
infatti, ad un istituto europeo sottraendola alle diverse realtà locali potrebbe portare ad
un’intempestività di azione che sarebbe dannosa per un mercato in cui la freschezza del
prodotto rappresenta uno dei principali fattori competitivi. Il Cae dovrebbe quindi
continuare ad avere una funzione informativa e consultiva e la funzione negoziale dovrebbe
rimanere a livello locale. Al contrario il segretario del Cae vorrebbe che in futuro il Cae
assumesse anche una forza contrattuale attraverso la costituzione di gruppi di lavoro su
materie specifiche.
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Nonostante la nuova riorganizzazione manageriale tenda ad un maggior accentramento
del coordinamento direttivo, l’intervista al segretario del Cae evidenzia come la
competizione tra le aziende del gruppo Ferrero sia ancora un problema attuale. Per ovviare a
questo criticità i delegati del Cae si propongono di monitorare le allocazioni dei singoli
prodotti per poter così comprendere quale siano i disegni strategici globali del gruppo.
Per migliorare la distribuzione delle informazioni emergenti dalle riunioni del Cae, il
segretario del Cae avanza la proposta di partecipare, accompagnato da altri delegati, alle
assemblee aziendali formali negli stabilimenti del gruppo degli altri paesi. Propone, inoltre,
di costituire una commissione incaricata di riprendere la pubblicazione del giornale
aziendale Euronotes che prima del 1994 veniva tradotto in 4 lingue e diffuso in tutti gli
stabilimenti del gruppo. Per facilitare la comunicazione interna tra i delegati del Cae si
auspica anche ad un maggior investimento in formazione linguistica.
Una maggior attenzione alla formazione è considerata auspicabile anche dal delegato
outsider. Quest’ultimo, inoltre, propone una maggiore tempestività delle informazioni in
quanto fino ad ora l’andamento positivo del gruppo ha in qualche modo oscurato
l’importanza di una informazione preventiva. In futuro sarebbe opportuno che la
tempestività dell’informazione fosse tale da rendere possibile un intervento attivo da parte
del sindacato e dei rappresentanti dei lavoratori.
Sempre al fine di migliorare la comunicazione, il manager outsider lancia la proposta di
creare un sito internet in cui inserire tutti i documenti e gli accordi inerenti all’attività del
Cae. In questo modo le persone interessate al Cae potrebbero attingere da una fonte
informativa continuamente aggiornata ed allo stesso tempo l’istituto del Cae sarebbe
accessibile ad un numero più elevato di persone.
Il segretario del Cae reputa necessario un coinvolgimento maggiore del sindacato
europeo e nel caso particolare dell’Effat, in previsione di una crescente
internazionalizzazione dei mercati. In un contesto globalizzato, quindi, il supporto del
sindacato nazionale non è sufficiente per comprendere le dinamiche aziendali ma si
necessita di attori con una panoramica più amplia.
Riferimenti bibliografici
Accordo di costituzione del Cae, 8 gennaio 1996, Bruxelles.
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Il gruppo Marazzi
di Davide Dazzi e Volker Telljohann
Il gruppo
Il Gruppo Marazzi è uno dei maggiori produttori di piastrelle in ceramica a livello
mondiale e si è imposto sui mercati nazionali e internazionali attraverso una varietà di
prodotti e di tecniche di lavorazione volti a soddisfare la molteplicità di richieste dei clienti.
La Marazzi ha origine nel lontano 1935 nella provincia modenese, a Sassuolo dove ancora
oggi risiede la sede direttiva del Gruppo e si è sempre distinta per una ricerca innovativa e
per uno spirito imprenditoriale incline alla crescita continua ed alla internazionalizzazione.
La ricerca di un prodotto sempre al “passo coi tempi” ha spinto il Gruppo a elaborare oltre
5000 combinazioni di colori, dimensioni, disegni per rispondere prontamente alle volubili
esigenze estetiche e funzionali suggerite dal mercato ed al contempo ha stimolato il Gruppo
all’applicazione di sperimentali tecniche di lavorazione attualmente modello di riferimento
nella produzione ceramica mondiale: nel 1950 inizia la produzione di Grès Porcellanato, nel
1960 si coinvolgono designers nel processo creativo (Biki, Forquet, Paco Rabanne), nel
1975 viene brevettato un processo per un’unica rapida cottura di impasto e smalto con
enorme risparmio di tempi e costi (Monocottura), nel 1985 si crea Enduro®, una nuova
linea di prodotti con un approccio rivoluzionario ossia l’applicazione di smalto su supporto
incandescente (Firestream®). Nel 2001 il Gruppo ha realizzato un fatturato globale
superiore a 750 milioni di euro, registrando un incremento del 7,4% rispetto al 2000 e del
81% rispetto al 1995. La produzione annua, in continua crescita, è intorno ai 90 milioni di
metri quadri all’anno, di cui il 70% è esportato in 130 paesi.
L’attuale assetto dimensionale del Gruppo rappresenta il risultato di una lunga serie di
acquisizioni e costituzioni di aziende in Europa e fuori Europa:
• Joint-venture Gaya Marazzi (Spagna)
• Apre la Marazzi France (Francia)
• Apre la Marazzi Iberia (Spagna)
• Apre la American Marazzi Tile (Stati Uniti)
• Joint-venture con il Gruppo Eczacibasi (Turchia)
• Acquisizione totale di Peñarroya (Spagna)
• Acquisizione totale di France Alfa, France Ceram, Cérabati, Grès D'Artois e Carofrance
(Francia)
• Acquisizione totale di Monarch Tile (Stati Uniti)
• Acquisizione totale di Hatria (Italia)
• Acquisizione totale di Mix (Italia)
• Apre la Marazzi Japan (Giappone)
• Acquisizione totale di Ceramiche Finalesi (Italia)
Ad oggi il Gruppo Marazzi conta 4252 dipendenti (Tabella 1) di cui circa 2500 in Italia,
700 in Francia, 300 in Spagna e controlla 35 società (Tabella 2) e 18 stabilimenti ceramici
di cui 8 in Italia, 4 in Francia, 2 in Spagna, 2 negli Stati Uniti, 1 destinato alla produzione di
sanitari ed 1 colorificio. Inoltre l’azienda di Sassuolo leader nella produzione di piastrelle in
ceramica, nei prossimi anni si impegnerà ad espandere la propria produzione anche
nell’Europa dell’Est. Si propone infatti, con risorse proprie ed eventualmente con il
supporto di finanziamenti previsti dalla legge, su un duplice fronte: in primo luogo l’azienda
83
si occuperà dell’avviamento di un nuovo stabilimento, dove è previsto lavorino 50-60
dipendenti, nella regione di Mosca la cui ultimazione è prevista prima dell’inizio dell’estate
2003 ed in secondo luogo, alla costruzione dello stabilimento, si affiancherà un’iniziativa
già intrapresa tre anni addietro e relativa all’acquisizione e allo sfruttamento di un
giacimento d’argilla nell’est dell’Ucraina, da cui già oggi proviene 1/3 dell’argilla utilizzata
dalle aziende italiane e spagnole per la produzione di ceramica.
La famiglia Marazzi controlla sia direttamente che indirettamente, attraverso la Holding
Finceramica Spa, la Società Marazzi Gruppo Ceramiche Spa dalla quale poi si dirama la
fitte rete di società di produzione, di servizi e commerciali (tabella 2) del Gruppo. Il gruppo
Marazzi presenta una struttura integrata verticalmente in modo tale da gestire direttamente
tutte le principali fasi aziendali: dall’estrazione della materie prime alla
commercializzazione del prodotto. L’integrazione verticale risponde ad esigenze specifiche
del settore ceramico prevalentemente caratterizzato da economie di scale in cui il mancato
coordinamento delle diverse fasi aziendali comporterebbe un rallentamento dell’intero
processo produttivo. In fase di commercializzazione del prodotto, il Gruppo Marazzi
intende applicare un processo di disintermediazione attraverso una penetrazione diretta dei
mercati e non appoggiandosi quindi a canali di intermediazione già presenti in loco. La
strategia decisionale presenta una conformazione accentratrice verso la casa madre che
definisce l’indirizzo gestionale a cui le varie realtà produttive del gruppo si devono attenere.
Si accentrano servizi quali il controllo di gestione e il servizio informatico e all’interno delle
varie realtà produttive sono stati dislocati rappresentanti del management italiani e tecnici
specifici per controllarne e stimolarne lo sviluppo. La competenza tecnologica del Gruppo
trova concreta espressione nella Divisione Marazzi Tecnica che mette a disposizione del
cliente una consulenza progettuale a professionisti, costruttori, e distributori per la scelta e
l’installazione delle piastrelle. La suddetta Divisione si pone quindi come riferimento per
tutti gli stabilimenti nella progettazione delle nuove linee, nell’elaborazione del prodotto e
nella risoluzione dei problemi di carattere logistico-produttivo.
Tabella 1: Trend occupazionale del Gruppo Marazzi, 1995-2001
Anno
Dipendenti
1995
2697
1996
3685
1997
3690
1998
3757
1999
3975
2000
4021
2001
4252
La strategia scelta dal Gruppo per espandersi sul piano internazionale è fortemente
accentrata sulla innovazione di prodotto e di tecnologie di lavorazione e sulla volontà di
concentrare la totalità del business all’interno del solo gestore ceramico. Oltre al
perseguimento di questa strategia il Gruppo intende indirizzare i propri disegni
internazionali su altri canali di penetrazione. L’obiettivo della collaborazione, per il lancio
di una nuova linea di piastrelle, tra il Gruppo Benetton e il Gruppo Marazzi, nasce infatti
dalla volontà di Marazzi di ampliare il volume di affari sul mercato mondiale escludendo la
via sempre più difficile da percorrere dell’acquisizione di aziende concorrenti e prediligendo
invece operazioni commerciali con operatori di altri settori. Per ottenere tale obiettivo il
Gruppo Marazzi crea una sinergia distributiva e di comunicazione con aziende/prodotti
provenienti da altri settori merceologici.
Tabella 2: Suddivisione Società per Attività
Produzione Ceramica
Semilavorati Ceramici
Sanitari
Commerciali Ceramica
Finanziarie
Immobiliari
Servizi di Supporto
Totale
13
1
1
9
2
2
7
35
84
L’attività produttiva del gruppo non tende a specializzarsi su un prodotto specifico ma
ogni importante unità produttiva fornisce l’intera gamma dei prodotti aziendali. Una tale
strategia produttiva comporta la costituzione di una direzione commerciale accentrata e
globale in modo tale da coordinare la gestione delle direzioni commerciali dei singoli
marchi (10 marchi) ed evitare così eventuali sovrapposizioni di mercato. Il coordinamento
commerciale si esplicita in una attenta suddivisione delle aree di mercato volta a concentrare
la produzione di Spagna e Francia nel mercato nazionale e attribuire conseguentemente alle
società italiane del gruppo un carattere preminentemente globale. Infatti le società italiane,
avendo una storia aziendale più lunga, hanno maturato una capillarità sui mercati
maggiormente competitiva e competente; maturità che si evidenzia dalla quota delle
esportazioni sul totale della produzione: 58,4% in Italia, percentuale che tocca anche il 60%
per le Ceramiche Ragno, 17,4% per la Francia e 11,6% per la Spagna.
La costituzione del Cae
Il 19 settembre 1996, quindi sulla base dell’articolo 13 della Direttiva, è stato siglato
l’accordo di costituzione di un Comitato Aziendale Europeo tra la Marazzi Ceramiche Spa e
la Segreteria Provinciale della Fulc di Modena, Italia, e la Segreteria Provinciale della
Femca Ugt di Castellon, Spagna. L’accordo sancisce come obiettivo quello di stimolare la
cooperazione transnazionale fra le aziende del gruppo e le rappresentanze sindacali e quindi
si propone di sviluppare politiche economiche e di produzione miranti a promuovere la
crescita, la competitività e l’occupazione del Gruppo, includendo anche strutture
partecipative. L’accordo è stato rinnovato per altri tre anni il 14 giugno 1999 e quindi
l’ultimo rinnovo è del 27 settembre 2002. Possono partecipare al Cae tutte le aziende
appartenenti al Gruppo che operano nella Cee e il cui capitale è controllato, direttamente o
indirettamente, per almeno il 50% dalla Holding del Gruppo Marazzi Ceramiche Spa. Gli
stabilimenti che ospitano un numero di dipendenti maggiore di 100 hanno il diritto di far
partecipare un loro delegato sindacale al Comitato. Mentre per i siti minori è comunque
prevista una procedura di informazione a favore dei lavoratori.
In conformità all’accordo costitutivo il numero massimo dei rappresentanti dei
lavoratori aventi diritto di presenziare alle riunioni è di 14, la cui nomina ricalca le
procedure elettorali di relazioni industriali a livello nazionale. Attualmente i rappresentanti
dei lavoratori che partecipano alle riunioni del Cae sono 12, di cui 7 italiani e 3 francesi e 2
spagnoli. Nelle prossime riunioni si dovrà includere anche un rappresentante per la società
Mix, recentemente acquisita, in quanto supera i 100 dipendenti. La composizione di genere
del gruppo sbilanciata significativamente verso la componente maschile è riproposta anche
all’interno del Cae tra i cui membri è presente solo una donna. Requisito minimo richiesto è
un’anzianità lavorativa presso il Gruppo di almeno tre anni. Congiuntamente ai
rappresentanti dei lavoratori è prevista anche la partecipazione di ulteriori 6 membri iscritti
alle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative e che appartengono a Ces, di cui
4 italiani (Cgil, Cisl e Uil ed il sindacalista territorialmente deputato al Gruppo Marazzi) e 2
spagnoli (Ugt-Uniòn General de Trabajadores- e Cco-Confederaciòn Sindical de
Comisiones Obreras). L’assenza dei francesi è giustificata dal fatto che all’atto della
costituzione del Cae non si è riusciti a coinvolgere il sindacato francese a causa di culture di
relazioni industriali ancora troppo distanti; questo d’altra parte non esclude comunque la
possibilità di invitare rappresentanze sindacali esterne francesi, come è appunto avvenuto
nell’ultima riunione a Forbach. Previo accordo delle parti, vi è la possibilità di invitare degli
esperti, il cui numero e provenienza sono imprecisati. La controparte manageriale che
interloquisce durante le riunioni dovrebbe essere composta secondo l’accordo di
costituzione dai Direttori del Personale di Marazzi Ceramiche Spa e delle principali società
del Gruppo. In realtà a rappresentanza del Gruppo interviene direttamente il Presidente del
85
Gruppo, l’Amministratore Delegato e i tre Direttori delle Relazioni Industriali di Italia,
Spagna e Francia.
L’accordo di costituzione contempla un incontro all’anno e prevede che il luogo, la data
e l’ordine del giorno della riunione siano fissati esclusivamente dal management che darà
poi comunicazione di quanto stabilito ai membri del Cae con almeno 20 giorni di anticipo.
In circostanza eccezionali, previo consenso del management, sarebbe ipotizzabile un
incontro straordinario se la richiesta venisse inoltrata e approvata dalla maggioranza dei
membri del Cae. Il Cae si propone come sede di informazione e consultazione in merito ad
alcune tematiche precise, previste dettagliatamente nell’accordo:
• Situazione economica e finanziaria
• Programmi di attività e di investimenti
• Lo stato dell’occupazione
• Cessioni di aziende con ripercussioni internazionali
• Trasferimenti di produzione all’esterno dei confini dell’Unione Europea
• Programmi di azione positiva
• Salute e sicurezza
• Formazione professionale
SETTORE E FATTORI DI MERCATO
Attualmente il settore ceramico in Italia presenta una fasi di staticità di mercato per cui
le aziende del settore si proiettano all’esterno del territorio nazionale nell’intento di
espandere i propri mercati in zone ancora commercialmente inesplorate o produttivamente
vantaggiose. Le esportazioni tendono particolarmente a concentrarsi verso l’Europa centro
orientale in cui le esportazioni avranno un incremento di 7,6% rispetto all’anno precedente,
contro lo 0,3% dell’Europa occidentale. La principale criticità che si riscontra in questa fase
di espansione è la persistente competitività di quei paesi in cui il costo del lavoro ha una
debole incidenza sui costi di produzione. Nel caso della Marazzi tale criticità si identifica
con la produzione ceramica cinese poiché collocandosi a ridosso dell’area russa, la Cina
rappresenta un antagonista commerciale disagevole nel già avviato tentativo di penetrazione
nell’area di mercato russo. Allo stato delle cose il Gruppo Marazzi possiede il 50% del
mercato nazionale e le varie ristrutturazioni accorse negli ultimi anni hanno permesso al
gruppo di consolidarsi e rafforzare la propria posizione in Europa e negli Stati Uniti.
COSTITUZIONE DEL COMITATO RISTRETTO
Nel rinnovo dell’accordo di costituzione del Cae, il 27 settembre 2002, le parti
firmatarie hanno stabilito di riconoscere formalmente il ruolo del Comitato Ristretto
affidando a tale organismo “compiti di coordinamento delle attività del Cae e di interfaccia
con la Direzione Centrale, nonché compiti specifici che il Cae potrà attribuire”. Il Comitato
Ristretto si incarica della stesura dell’ordine del giorno, funzione che formalmente sarebbe
di competenza del Gruppo Marazzi. Il Comitato Ristretto inteso come esecutivo del Cae è
sempre esistito ufficiosamente fin dalla costituzione del Cae ed era composto
principalmente da un Presidente e due Segretari, uno spagnolo ed uno francese, che
venivano nominati all’interno dei rappresentanti dei lavoratori. Nel 1998 per la prima volta
è stato richiesto, esplicitamente dal gruppo, l’intervento del Comitato Ristretto allo scopo di
dirimere una controversia sorta tra lavoratori francesi e azienda in merito ad una
ristrutturazione in territorio francese che avrebbe ridimensionato l’organico portando il
numero dei dipendenti da 120-130 a 70. L’intervento del Comitato Ristretto, nella persona
del Presidente e di un funzionario esterno, è stato poi informalmente richiesto nel 2002 per
ovviare ad una difficile situazione creatasi in Francia al momento del rinnovo economico.
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Inoltre l’accordo di rinnovo del 2002 ha sancito l’allargamento del Comitato Ristretto
aggiungendo alle tre figure preesistenti altri 4 seggi per le Organizzazioni Sindacali
firmatarie, 3 per l’Italia e 1 per la Spagna. Altra modifica apportata all’accordo di
costituzione consiste nella possibilità per le parti firmatarie di convocare il Comitato
Ristretto “nel caso di particolari vertenze che vedono coinvolto uno degli stabilimenti del
Gruppo Marazzi”.
GRUPPO DI LAVORO SU SALUTE E SICUREZZA
Nell’accordo di rinnovo del Cae del 1999 i rappresentanti dei lavoratori e la
rappresentanza manageriale convengono sulla costituzione di un Gruppo di Lavoro sulla
Salute e Sicurezza finalizzato a confrontare ed analizzare tutte le tematiche inerenti
infortuni, stato ambientale, salute ed avere in tal modo un’uniformità di rilevamento dati e
una fotografia nitida dello stato delle cose nel Gruppo Marazzi. Le considerazioni e i
risultati che scaturiscono dal confronto vengono riportati in sede di Cae per espandere la
partecipazione e l’informazione il più possibile. Il Gruppo di Lavoro si è proposto di
redigere un libretto contenente le regole basilari su salute e sicurezza compatibili con tutte le
diverse normative nazionali. Il suddetto Gruppo di Lavoro è composto da un rappresentante
dei lavoratori per ogni paese, scelti dai membri del Cae, e, nonostante la sua presenza non
sia istituzionalizzata, dal Presidente del Cae. La riunione ha una periodicità annuale e nella
retta temporale si colloca solitamente prima della riunione del Cae. Alle riunioni sono
ammesse anche figure manageriale in qualità di esperti dell’argomento e alla prossima
riunione dovrebbero presenziare i rappresentanti di salute e sicurezza per Francia, Italia e
Spagna.
Processi
RISORSE DEL CAE
Nei vari accordi e di costituzione e di rinnovo, il Gruppo Marazzi si è preso l’onere
specifico di sostenere tutti i costi derivanti dall’organizzazione delle riunioni sia del Cae sia
del Gruppo Ristretto di Studio in materia di Salute e Sicurezza. Il Cae non viene dotato
formalmente di specifici supporti tecnici e di segreteria e in caso di necessità viene loro
consentito di appoggiarsi alle strutture aziendali o sindacali già presenti in azienda,
principalmente fax, telefono, posta elettronica. Proprio nell’ultima riunione il Cae nella
figura del Comitato Ristretto ha richiesto all’azienda di ricavare all’interno delle edifici
aziendali uno spazio specifico da adibire a segreteria del Cae. Nonostante la posta
elettronica non abbia una fruibilità diffusa tra i rappresentanti dei lavoratori, soprattutto in
Francia, i componenti del Cae si mantengono in contatto tramite comunicazioni via e mail.
Nella relazione dialogica informale non viene adottata un canale linguistico comune ma
ognuno si esprime nella propria lingua natale. Durante le riunioni annuali viene fornito un
servizio di interpretariato ma per le comunicazioni tra una riunione e l’altra le barriere
linguistiche sono sormontate dalla similarità idiomatica tra italiani, francesi e spagnoli che
rende possibile un flusso consapevole di opinioni. È importante sottolineare che tutti i
membri o per motivi personali o per necessità lavorative hanno l’accesso ad internet.
L’accordo di costituzione prevede l’intervento di esperti ma finora la loro partecipazione
non è stata ritenuta necessaria.
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FORMAZIONE
Negli ultimi anni, oltre alle riunioni europee del Cae, i rappresentanti dei lavoratori che
partecipano al Cae hanno frequentato corsi di formazione in tema di Salute e Sicurezza e di
Gestione. Il Gruppo Marazzi finanzia la formazione dei componenti del Cae in
compartecipazione con i fondi europei riservati a tale finalità. In termini pratici il gruppo ha
curato tutto l’aspetto logistico relativo agli incontri di formazione mentre la Comunità
Europea ha fornito i docenti.. I corsi svolti fino a questo punto sono 2-3 e si sono tenuti sia
in Italia, a Firenze, sia a Lussemburgo. I corsi di formazione sono stati solo rivolti ai
membri del Cae mentre la parte manageriale ne è rimasta completamente estranea.
FUNZIONAMENTO
Alcuni mesi prima della eventuale riunione il Presidente del Cae si attiva e previa
consultazione degli altri membri del Cae definisce gli argomenti dell’ordine del giorno. La
riunione del Cae si sviluppa su tre giorni. Il primo giorno è un’occasione di incontro
esclusivamente per i rappresentanti dei lavoratori in preparazione all’incontro successivo
con il management. Il primo giorno rappresenta quindi un’opportunità di raffronto di idee ed
di esperienze significative in ambito di relazioni industriali a livello internazionale dalle
quali poi si trarrà spunto per eventuali quesiti da rivolgere al management. Il secondo giorno
si apre con la presentazione da parte del management in cui si affrontano una pluralità di
tematiche: quadro generale di settore entrando poi nello specifico del mercato spagnolo,
francese ed italiano attraverso l’illustrazione di dati macroeconomici rilevanti e di dati
aziendali in termini di investimento, bilancio, occupazione, formazione professionale, salute
e sicurezza, programmi di azioni positive, trasformazioni aziendali e trasferimenti di
produzione. La presentazione, che solitamente occupa mezza giornata, avviene tramite dei
lucidi e la documentazione relativa viene consegnata durante la riunione nella sola
traduzione italiana. Al termine della presentazione si lascia lo spazio per una discussione tra
management e rappresentanti dei lavoratori in cui si mettono a fuoco i punti di criticità e si
tende a chiarificare le situazioni rimaste nebulose anche dopo la presentazione. Il terzo
giorno il Cae si riunisce nuovamente per valutare le informazioni emerse il giorno
precedente e in caso vi sia necessità di ulteriori delucidazioni ha la possibilità di consultare
ancora un rappresentante manageriale che resta a loro disposizione anche il terzo giorno. In
chiusura viene redatto il verbale della riunione dagli stessi rappresentanti dei lavoratori. In
queste tre giornate è concesso ai convenuti il permesso di visitare lo stabilimento che ospita
l’incontro.
Contenuto delle informazioni e sua valutazione
Le tematiche trattate durante la presentazione del management toccano tutti i punti di
discussione contemplati nell’accordo costitutivo e poi confermati nei successivi rinnovi.
Dalle interviste si desume una disponibilità dell’azienda a fornire dati anche specifici alle
realtà locali qualora si richiedessero in fase interlocutoria. Dalle interviste si desume una
soddisfazione diffusa in merito alla quantità ed alla qualità delle informazioni ricevute
mentre si esprime qualche perplessità sulla tempestività delle notizie. Infatti molto spesso i
rappresentanti sindacali lamentano di essere contattati solo ad “affare fatto” come per
esempio per quanto riguarda l’accordo commerciale con la Benetton la comunicazione è
arrivata prima dalla stampa piuttosto che dal canale ufficiale aziendale. L’intenzione di
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penetrare il mercato russo è stata inoltrata al Cae quando ormai era in corso il programma di
intervento, per tutelare l’azienda da possibili “fughe di informazioni”.
Le informazioni sono ritenute maggiormente utili per i rappresentanti francesi di
Spagna e Francia in quanto i rappresentanti italiani, essendo la casa madre italiana, ricevono
mensilmente le informazioni in merito alla gestione e linee strategiche aziendali.
I vari livelli di interazione
INTERAZIONI TRA IL MANAGEMENT
Nonostante la casa madre del gruppo sia in Italia, anche il management italiano non
direttamente coinvolto nel Cae non viene informato su quelli che sono i risultati delle
riunioni. Dall’intervista emerge una chiara fiducia nell’onnipresenza della figura
dell’amministratore delegato. La stessa struttura organizzativa del Gruppo articolata per
linee verticali di responsabilizzazione molto corte si presta poco a un fluido flusso di
informazioni. Il verbale e le varie documentazione vengono visionate esclusivamente da chi
fisicamente partecipa alle riunioni.
INTERAZIONI TRA I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
All’interno del Cae Marazzi coesistono sostanzialmente due tipologie di culture di
relazioni industriali: quella italiana e spagnola e quella francese. L’approccio sindacale
italiano e spagnolo sono catalogati all’interno della stessa tipologia in quanto hanno
presentato in fase di costituzione del Cae il medesimo atteggiamento positivo rispetto ad un
allargamento internazionale delle procedure di informazione e consultazione ed inoltre sono
caratterizzati entrambi da una condotta sindacale partecipativa e aperta a pratiche
compromissorie. Contrariamente il sindacato francese ha accolto il Cae con un certo
distacco e cautela rifiutandosi di presenziare alle riunioni, consuetudine che tuttora persiste
per volere dell’azienda. La diffidenza sindacale francese intravista in relazione alla
dimensione internazionale è accompagnata a livello nazionale da una cultura di relazione
industriale che denota una accentuata attitudine alla conflittualità con le rappresentanze
manageriali e che attribuisce al sindacato solo un ruolo di osservatore e di affiancamento.
Manifestazioni comportamentali che avallano la precedente affermazione sono rintracciabili
nel 1998 quando alla comunicazione di una imminente ristrutturazione aziendale i lavoratori
hanno reagito occupando gli stabilimenti oppure quando nel 2002, non trovando una
soluzione di compromesso sul rinnovo contrattuale economico, in alcuni stabilimenti si è
scioperato per 12 giorni. La divergenza tra le due culture sindacali ha causato qualche
difficoltà nell’organizzazione degli incontri soprattutto in fase di programmazione delle
giornate, momento in cui i francesi hanno escluso qualsiasi possibilità di sovrapposizione
temporale tra la riunione del Cae e le loro festività.
L’attività del Cae sta gradualmente smussando i contrasti iniziali dovuti alla diversa
caratterizzazione sindacale e ha iniziato un processo di approvazione coinvolgente anche le
rappresentanze francesi dei lavoratori. La possibilità di un incontro diretto con la
“Proprietà”, con il Presidente in persona, ha infatti permesso una rapida valorizzazione
dell’istituto del Cae soprattutto in una realtà aziendale francese in cui le distanze tra i vari
stabilimenti del gruppo rendono disagevole un coordinamento dialogico con il management.
La distribuzione delle informazioni scaturite dagli incontri del Cae non avviene
attraverso canali formali ed istituzionalizzati ma avviene prevalentemente in via informale. I
lavoratori sono molto spesso all’oscuro della stessa esistenza del Cae. Per ovviare alla
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scarsa conoscenza dell’istituto del Cae si è ipotizzato di creare un Libretto sulla storia del
Cae Marazzi, attività che è già stata avviata.
I risultati
IMPATTO SUL CORPORATE DECISION MAKING
Dalle interviste si desume che il Cae sia un’occasione di confronto sindacale e di
consultazione in materia internazionale e nazionale ma che non abbia ancora una funzione
negoziale. Infatti nei due momenti in cui è stato convocato in seduta straordinaria in
Francia, il Cae ha svolto una funzione di pilotaggio e di indirizzo della dinamica
contrattuale ma non ha mai assunto la posizione di controparte. Il management concorda nel
limitare il Cae ad una funzione di informazione e consultazione mentre la rappresentanza
dei lavoratori non si esprime esplicitamente a favore di un’estensione alla funzione
negoziale in quanto la partecipazione diretta del Presidente consente tuttora di “strappare”
qualche impegno formale.
CORPORATE GOVERNANCE
La classe manageriale ha favorito la costituzione del Cae affinché quest’ultimo fosse
veicolo di diffusione di una cultura aziendale improntata inevitabilmente ad una forte
internazionalizzazione. Questo fenomeno è percepibile soprattutto dall’intervista del
management esterno al Cae poiché pur non conoscendo nei dettagli l’attività del Cae ha
maturato, negli ultimi anni, una crescente consapevolezza della dimensione internazionale
del gruppo.
L’estensione delle procedure di informazione e consultazione si reputa essere
emanazione di una filosofia aziendale volta a condividere la conoscenza delle risorse per
evitare di frantumarsi in “tante isole che ragionano con la sua testa…la forza del gruppo è
che siamo un unico gruppo con n membra”
ARMONIZZAZIONE DELLE POLITICHE DEL LAVORO
Il processo di armonizzazione delle politiche inerenti il mercato del lavoro è di difficile
attuazione in quanto, soprattutto in ambito di Salute e Sicurezza, vi sono ancora delle
difformità legislative nazionali che si frappongono ad una agevole consonanza
internazionale di indirizzo politico. La finalità del Gruppo del Lavoro si esplicita anche in
un’adozione di prassi di benchmarking per le quali il confronto viene colto come
opportunità di miglioramento; comunque finora non ha ancora assunto forza negoziale.
L’azienda si mostra disponibile ad un maggiore attività di coordinamento internazionale e la
redazione del Libretto su Salute e Sicurezza ne è una prova tangibile.
Conclusioni
Le interviste evidenziano una comune intenzione di ascrivere al Cae solo funzioni di
informazioni e consultazioni reputando un potere di negoziazione internazionale ancora
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prematuro in un panorama normativo nazionale altamente difforme. Infatti il management
esprime tutto il suo dissenso verso un eventuale allargamento di competenze del Cae,
concependo tale istituto principalmente come organismo sopranazionale di consultazione
incapace di cogliere le specificità locali.
La partecipazione del sindacato esterno se da una parte è ritenuta doverosa come
testimonianza di continuità storica tra proponente e agente del Cae, dall’altra parte si teme
che le conflittualità politiche nazionali diventino motivo di scontro all’interno del Cae
stesso. Si ricorda che già in passato le frizioni politiche dei due principali sindacati spagnoli
hanno avuto delle ricadute negative sulla normale gestione e si paventa che i conflitti delle
confederazioni italiane contaminino la regolare attività del Cae.
Proposte di miglioramento
Al fine di migliorare l’operatività del Cae il rappresentante dei lavoratori membro del
Cae propone di costituire un’unità organizzativa nazionale da cui tutti i membri del Cae
nazionale possano attingere informazioni, dettagli tecnici e in cui si possa sviluppare un
confronto di esperienze e di idee. Si suggerisce quindi di creare un coordinamento sindacale
nazionale che funga da supporto alla molteplicità dei Cae presenti sul territorio nazionale e
che interagisca parallelamente con le altre strutture sindacali di coordinamento costituitesi
negli altri paesi.
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Il gruppo Merloni
di Davide Dazzi e Volker Telljohann
Il gruppo
La Multinazionale Merloni Elettrodomestici è uno dei primi tre produttori in Europa nel
settore degli elettrodomestici (controlla il 14% del mercato europeo) e tra i leader mondiali
è la Società più giovane. La sua politica industriale è da sempre ispirata a un'idea di
sviluppo sostenibile, ben riassunta nella filosofia di Aristide Merloni, padre del fondatore:
"In ogni iniziativa industriale non c'è valore del successo economico se non c'è anche
l'impegno nel progresso sociale". Il 2001 ha visto raggiunti obiettivi ragguardevoli
conseguendo una crescita del fatturato del 23,1% ed un miglioramento dell’utile netto del
76,2%. Per il terzo anno consecutivo si è assistito inoltre ad un andamento crescente della
redditività portando il margine operativo al 7,1% e il ROE al 20%.
Nata nel 1975 dalla Divisione Elettrodomestici delle Industrie Merloni fondate nel 1930
da Aristide Merloni ad Albacina (Fabriano –Ancona), il Gruppo Merloni Elettrodomestici
allarga i propri obiettivi commerciali e sviluppa una rete di consociate in tutta Europa.
Conquista importanti quote di mercato in Francia e Gran Bretagna e si afferma sugli altri
principali mercati. Nel 1987 viene quotata alla Borsa Valori di Milano e lo stesso anno
acquisisce Indesit, che insieme ad Ariston rappresentano i due marchi storici del Gruppo.
Due anni dopo è la volta di Scholtès, marchio francese che firma prodotti di alta qualità. La
società inizia la sua crescita nel settore dell'incasso (built-in). L’intraprendenza della classe
manageriale spinge il Gruppo ad esplorare le nuove frontiere del mercato dell’Europa
Orientale, dove presto assume una posizione di leader. Da luglio 2001 è quotata allo Star, il
segmento della Borsa italiana che raggruppa i titoli ad alti requisiti e nel marzo 2002 la
Borsa italiana ha conferito a Merloni Elettrodomestici lo status di Blue Chip, grazie ai
lusinghieri risultati raggiunti in termini di capitalizzazione.
Attualmente il Gruppo consta di 17 stabilimenti, prevalentemente situati in Europa
(Tabella 1), e 21 consociate nel mondo: Europa Occidentale ed Orientale, Centro e Sud
America, Africa e Medioriente, Estremo Oriente ed Oceania. Lo Shared Service Center
(SSC), unico in Italia nel suo genere, centralizza presso la sede di Fabriano i servizi
amministrativi, legali, finanziari e fiscali per tutta l’Europa permettendo al management di
mercato di concentrare le attenzioni sui risultati di business.
Tabella 1: Distribuzione degli stabilimenti del Gruppo Merloni Elettrodomestici per dipendenti.
Nazione
Stabilimenti
Italia
Albacina e Melano (Fabriano - Ancona), Comunanza (Ascoli),
None (Torino), Carinaro e Teverola (Caserta), Brembate
(Bergamo), Refrontolo (Treviso)
Portogallo
Setubal
Regno Unito
Peterborough, Blythe Bridge, Kinmal Park, Yets
Francia
Thionville
Polonia
Lodz
Turchia
Manisa
Russia
Lipetzk
Fonte: CAE Gubbio 19 luglio 2002
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Centro di coordinamento
marketing e customer service
Parigi
Parigi
Parigi
Parigi
Lugano
Lugano
Mosca
La strategia organizzativa del Gruppo tende quindi ad accentrare in Italia le attività
direttive e strategiche e a decentrare verso l’esterno funzioni prettamente commerciali.
Infatti il centro di coordinamento per tutte le attività legate al marketing ed al customer
service delle aree commerciali sono rispettivamente a Parigi, per quei mercati considerati
maturi ovvero la “Vecchia Europa”, Lugano (in cui lavorano 60 impiegati), per l’Europa
Orientale, Africa e Medioriente, Mosca, per la Russia, Buenos Aires, per l’America del
Centro-Sud, e Singapore, per Estremo Oriente ed Oceania.
Ogni unità produttiva assume un ruolo funzionale, e di mercato, autonomo nello spazio
circoscritto dalle linee di condotta strategica differenziata per le business unit su cui
l’attività produttiva si sviluppa: Freddo, Cottura, Lavaggio. Per ogni business unit
corrisponde un diverso direttore di prodotto.
La Business Unit Freddo rappresenta il 32% della produzione della Società con circa 3
milioni di unità prodotte ogni anno. Le dimensioni e la natura del prodotto, frigoriferi e
congelatori, ha implicato la scelta logistica di localizzare la produzione il più vicino
possibile ai mercati di distribuzione. Anche per questo sono cinque le fabbriche del Freddo:
in Portogallo lo stabilimento di Setubal serve principalmente la Penisola Iberica; in Turchia
l’impianto di Manisa è rivolto al mercato locale e all’Europa dell’est; in Italia lo
stabilimento di Melano (vicino a Fabriano) e quello di Carinaro, in provincia di Caserta,
destinano le proprie produzioni all’Europa occidentale; lo stabilimento di Lipetzk, 400
chilometri a sud-est di Mosca, è rivolto al mercato russo. Una significativa quota del budget
destinato alla Business Unit è investito nello sviluppo della capacità produttiva e della
qualità del prodotto.
La Business Unit Cottura realizza il 29% della produzione complessiva del Gruppo.
L’asse portante del Business è l’innovazione tecnologica capace di accelerare e rendere
flessibile la produzione nel rispetto di parametri qualitativi. Tale consistente sforzo di
ricerca al miglioramento si è esplicitato nella possibilità di sviluppare una nuova piattaforma
produttiva in 12 mesi con la opportunità di cambiare l’estetica dei prodotti ogni 4 mesi.
Ogni stabilimento ha una missione precisa. L’attività di ricerca e sviluppo viene
principalmente realizzata nello stabilimento di Albacina che si trova al centro della rete
virtuale che collega tutti gli stabilimenti della Business Unit, consentendo la circolazione
delle informazioni e lo sviluppo dei nuovi prodotti. Thionville, in Lorena, è lo stabilimento
di Scholtès, uno dei marchi preferiti dai francesi. Estetiche raffinate e innovazioni
particolarmente adatte ai mercati più esigenti nascono in questo stabilimento. Il grande
sviluppo della Società nei mercati dell’Europa dell’Est ha portato all’avvio della produzione
di cucine anche in Polonia, uno dei mercati più vivaci dell’area. Oggi lo stabilimento di
Lodz serve tutti i mercati dell’Europa centrale e orientale.
La Business Unit Lavaggio rappresenta il 39% della produzione totale ed è al secondo
posto tra i grandi produttori europei. La produzione delle lavatrici e delle lavastoviglie,
l’altro prodotto principale della Business Unit insieme alla componente digitale, è
organizzata per piattaforme produttive che consentono maggiore flessibilità. Gli stabilimenti
della Business Unit si trovano in Italia: a Comunanza (Ascoli) con una fabbrica digitale
modello con processi completamente automatizzati, a Teverola (Caserta) intorno alla quale
ruota uno dei più grandi poli industriali del Mezzogiorno d’Italia, a Brembate (Bergamo)
dove si sono sviluppati i nuovissimi progetti di lavabiancheria con carica dall’alto, a None
(Torino) dove si trova uno stabilimento di lavastoviglie con una capacità produttiva di un
milione di unità. Il fatturato realizzato in quest’area rappresenta il 60% dei ricavi consolidati
di Merloni Elettrodomestici. Ogni mercato è guidato da country manager di grande
esperienza internazionale che, partendo dalle specifiche necessità del mercato e della
distribuzione, garantiscono lo sviluppo commerciale e il corretto posizionamento dei marchi
del Gruppo.
La totalità delle Business Unit sono supportate trasversalmente da una organizzazione a
rete specializzata nell’erogazione di servizi per la casa e nell’assistenza tecnica. Tale
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servizio interno al Gruppo consta di 1500 centri di assistenza distribuiti in tutta Europa. In
alcuni paesi il network è attivo Solutions.
Gli ultimi due anni sono stati caratterizzati da una avviluppata rivisitazione della
dimensione aziendale attraverso acquisizioni e trasformazioni, pur non intaccando l’assetto
proprietario. Nel corso del 2001 si è proceduto alla acquisizione del 50% del capitale della
GDA (General Domestic Appliances) e successivamente nel giugno 2002 si è provveduto
all’annessione del rimanente 50% arrivando al pieno controllo del marchio inglese Hotpoint.
Parallelamente sul mercato dell’Europa Orientale si è proseguita l’integrazione nei circuiti
Merloni della fabbrica “Stinol” in Russia già iniziata nel 2000, coprendo una quota pari al
36% del mercato russo di settore. All’inizio del 2001 si è assistito all’integrazione delle
attività industriali di Philco e alla cessione della fabbrica di motori per elettrodomestici di
None. Lo stabilimento di Sabugo, Portogallo, è stato riconvertito in magazzino nel marzo
2002.
La distribuzione della forza lavoro del gruppo ha subito negli ultimi anni, 1999-2001,
una netta trasformazione in quanto è passata da una prevalente concentrazione della forza
lavoro in Italia ad una preponderanza di dipendenti del Gruppo all’estero. La occupazione
totale è di 13386 unità, che diventerà 20000 in seguito alle recenti acquisizioni nel Regno
Unito, e si compone per il 90% di operai e il 10% di impiegati. I tassi di sindacalizzazione
nelle varie realtà sindacali si discostano tra di loro in maniera importante (tabella 2)
riflettendo quindi non solo una difforme sensibilità sindacale ma soprattutto un discrimine
istituzionale e politico.
Tabella 2: Occupazione e sindacalizzazione per nazione.
Nazione
Tasso di sindacalizzazione
Dipendenti
1999
5098
439
2000
2001
Italia
50-55%
4757
4888
Portogallo 1
40%
431
375
Regno Unito2
25%
7000
Francia
35%
370
339
303
Polonia
0
131
338
531
Turchia
Alta partecipazione
296
259
254
Russia
Quasi 100%
5974
5527
(1): Lo stabilimento di Sabugo, che nel 2001 contava 131 dipendenti, al 31/03/2002 è stato riconvertito in magazzino
(2): Per il tasso di sindacalizzazione si prende come riferimento lo stabilimento inglese venduto 4 anni addietro.
La costituzione del CAE
Con l’accordo del 21 settembre 1993 il Gruppo Merloni congiuntamente con le parti
sociali firmatarie del contratto nazionale esprime la volontà di allargare il diritto di
informazione e consultazione a livello europeo. Volontà che si concretizza contrattualmente,
in via sperimentale, il 19 luglio 1996 con l’accordo per la costituzione di un Comitato
Aziendale Europeo in riferimento quindi all’articolo 13 della Direttiva 94/95 CE. Il suddetto
accordo ha valore per tre anni e si rinnova automaticamente, salvo disdetta scritta di una
delle parti. L’ultimo incontro del Cae è avvenuto il 19 luglio 2002.
L’accordo individua nel CAE la naturale risposta ad una crescente europeizzazione
delle attività industriali e commerciali e la crescente esigenza di un completamento a livello
nazionale dello sviluppo delle relazioni industriali in termini di partecipazione,
informazione e consultazione. Il CAE intende essere la sede dello scambio “di informazioni
95
e discussione3 su materie economiche, industriali e sociali che per il loro carattere, è utile
che siano affrontate a quel livello”. In tal senso le tematiche accessibili saranno, così come
specificato nell’accordo:
•
•
•
•
quadro macroeconomico del settore
situazione economica e prospettive di sviluppo del gruppo
strategie di marketing
investimenti per linee di prodotto e processo, missioni produttive e volumi produttivi
negli stabilimenti del gruppo
• quadro occupazionale
• in generale, decisioni che abbiano conseguenze su scale sopranazionale su occupazioni e
condizioni di lavoro dei lavoratori
All’atto della costituzione il Cae si proponeva come luogo di incontro informativo per i
rappresentanti dei lavoratori di Italia, Francia, Gran Bretagna e Portogallo.
Successivamente, in seguito alla cessione dello stabilimento inglese, la partecipazione dei
rappresentanti del Regno Unito è venuta a mancare. Allo stato attuale delle cose gli
stabilimenti che trovano una loro espressione partecipativa nel Cae sono Italia, Francia e
Portogallo ma è previsto il ritorno di membri inglesi in rappresentanza dei nuovi
stabilimenti acquisiti. Al contempo è in fase di discussione la proposta di inserimento dei
rappresentanti dei lavoratori di Russia, Turchia e Polonia in qualità di “partecipanti
speciali”. Quest’ultimo argomento sarà tema di analisi nell’incontro del Cae previsto per il
2003 in Russia.
La composizione dei partecipanti al Cae Merloni ricalca essenzialmente la intelaiatura
sancita con l’accordo di costituzione nel 1996, con la sola variante dell’aggiunta di un
rappresentate per gli stabilimenti italiani. Attualmente il Cae risulta quindi così composto:
10 membri italiani4, in maniera tale che tutte le Rsu degli stabilimenti siano rappresentate, 3
membri francesi e 3 portoghesi; è prevista la reintroduzione di 3-4 membri inglesi così da
raffigurare la nuova dimensione aziendale derivante dalla acquisizione di GDA. Oltre al
numero dei rappresentanti dei lavoratori, la partecipazione è consentita anche ad un numero
massimo di 7 esperti, le cui spese sono a carico del Gruppo: 5 italiani5, 1 francese ed 1
portoghese, a cui prossimamente si aggiungerà la rappresentanza inglese. Dall’altro lato le
figure manageriali che si pongono come interlocutrici alla componente sindacale sono il
responsabile delle Relazioni Industriali, che funge anche da Presidente, il Direttore delle
Risorse Umane e i tre Direttori di Prodotto: Freddo, Cottura, Lavaggio.
Nonostante all’interno del Gruppo si registri una consistente percentuale della forza
lavoro femminile (40%), facendo eccezione della Turchia dove la componente femminile è
minima, la composizione di genere del Cae risente della tradizionale preponderanza
maschile del sindacato nel contesto europeo. Infatti su una totalità di 16 rappresentanti, le
donne che sono chiamate a rappresentare gli interessi dei lavoratori del Gruppo sono
solamente due.
L’accordo di costituzione stabilisce una riunione allargata del Cae all’anno per due
giorni, il primo dei quali destinato al confronto informativo tra i rappresentanti dei
lavoratori ed il secondo all’incontro dialettico con la componente manageriale. Dal 1996,
compresa la riunione di costituzione, ad oggi si sono quindi svolte 7 riunioni. All’interno del
Cae o all’interno della compagine degli esperti sono individuati due nominativi, attualmente
sono un italiano ed un francese, a cui è affidata la funzione di convocare le riunioni e
3
La scelta del termine “discussione”, meno impegnativo e vincolante del termine “consultazione”, trova la sua
giustificazione nella data di stipulazione del contratto, ascrivibile alla seconda fase del processo di sviluppo del
Cae, ossia prima della trasposizione nazionale della direttiva.
4
I 10 italiani sono così suddivisi: 4 per la Fim, 3 per la Fiom e 3 per la Uilm.
5
I 5 italiani sono così distribuiti: 2 Fim, 2 Fiom ed 1 Uilm.
96
fissare, congiuntamente al Responsabile delle Relazioni Industriali, l’ordine del giorno.
Questo organismo funziona come un Comitato Ristretto che funge da raccordo e cardine
informativo tra le singole realtà del Gruppo e viene contattato preliminarmente dal
management in prossimità di ogni riunione annua. Gli incontri annuali quindi tra il Comitato
di Coordinamento ed il management sono due, il primo nell’incontro preliminare ed il
secondo durante la riunione ordinaria del Cae.
Insignita del premio “Pa-Vision” per la Responsabilità Sociale, Merloni
Elettrodomestici è stata anche una delle poche multinazionali europee ad aver firmato con i
sindacati un Codice di Condotta per una politica europea di sviluppo sostenibile, il 17
dicembre 2001. Il bando di ogni forma di sfruttamento, gli standard internazionali di
sicurezza e ambientali, lo sviluppo sociale sono tra i principi della “Carta dei Valori” della
Società. Il monitoraggio sul reale rispetto delle condizioni sociali contemplate dal Codice di
Condotta è rimessa alla Commissione Paritetica Nazionale, prevista dall’accordo nazionale.
Inoltre il Gruppo si impegna ad aggiornare le parti sociali in merito all’attuazione e
all’andamento dell’accordo durante le riunioni annuali del Cae e in occasione
dell’informativa nazionale prevista dal Ccnl.
SETTORE E FATTORI DI MERCATO
Il 2001 è stato teatro di un progressivo rallentamento economico su scala mondiale con
un ineludibile calo dei consumi. In presenza di un fievole tasso di crescita della domanda, si
è assistito ad una redistribuzione del 10% delle quote di mercato tra i produttori. In questo
processo di spartizione il Gruppo Merloni Elettrodomestici ha giocato un ruolo importante
dilatando la propria quota di mercato da 9% nel 2000 al 14% nel 2001. L’atteggiamento
espansionistico del Gruppo si colloca in una generale tendenza del mercato degli
elettrodomestici ad accentrare la produzione in poche società. In Europa, allo stato delle
cose, solo 4 società detengono il 58% del mercato del elettrodomestici, quota che nei
prossimi 5 anni è destinata a lievitare fino all’80% ripercorrendo inesorabilmente le
dinamiche statunitensi che vedono il 92% del mercato concentrato in sole 4 società.
OPERATIVITÀ DEL CAE
La volontà di allargare le procedure di informazione e consultazione a livello
transnazionale si esprime contrattualmente con l’accordo del 21 settembre 1993. La natura
stessa dell’accordo aziendale porta quindi a considerare la costituzione del Cae come il
risultato dell’intendimento comune tra il management e i rappresentanti dei lavoratori, che
nella fattispecie furono i responsabili degli uffici internazionali dei sindacati nazionali,
mettendo in luce una cultura di Relazioni Industriali definita come “cooperazione
conflittuale”.
Processi
RISORSE DEL CAE
In conformità con quanto sancito nell’accordo, ogni membro del Cae ha diritto a 32 ore
retribuite per partecipare alle riunioni, solitamente 16 ore per i due giorni di riunione e 16
ore per gli eventuali spostamenti. Informalmente il management concede un monte ore più
ampio in modo tale da permettere ai due coordinatori di partecipare agli incontri preliminari
97
ed a possibili attività inerenti il Cae (quali l’intervista stessa). La segreteria non ha una sede
fissa in quanto per la riunione annuale è il management centrale a fornirla mentre per la
quotidianità ci si appoggia all’Ufficio del Personale locale. Per evitare rigidità organizzative
si tende consensualmente a non individuare formalmente un budget ma si preferisce dotare,
in sede di riunione, i membri del Cae di agevolazioni all’interpretariato, di attrezzature di
ufficio (fax, telefono, computer) e segretaria, della possibilità di accesso agli stabilimenti di
interesse. Inoltre ai due coordinatori, su loro precisa richiesta, è stato accordato l’utilizzo
della posta elettronica per la loro comunicazione interna per cui ognuno utilizza la propria
lingua natale. L’accordo prevede il diritto di avvalersi della competenza di un numero
massimo di 7 esperti il cui ruolo intende essere un supporto di competenza attento a non
prevaricare l’autonomia di gestione dei componenti del Cae. È permessa anche la presenza
di sindacalisti esterni sia da una parte che dall’altra ma il loro intervento non è mai stato
richiesto esplicitamente perché si ritiene poco aderente alla filosofia aziendale in tema di
Cae, rivolta maggiormente ad un pragmatismo operativo piuttosto che ad una pedissequa
riproduzione burocratica di quanto è stato disposto nell’accordo di costituzione: “noi
abbiamo preferito…dare un’impronta più pragmatica, che serve, non incolliamoci nella
burocrazia che molto spesso è un laccio e non una soluzione dei problemi…se c’è un
esperto in più o uno in meno non ci si fa caso, l’importante è confrontarci sulle tematiche
complesse”. (insider management)
FORMAZIONE
In tema di formazione il Gruppo Merloni ha organizzato finora 3 corsi di lingua (lingua
italiana per portoghesi e francesi e lingua francese per italiani) e su proposta del Cae di
allargare il campo di formazione si è introdotto da due anni un corso di Legislazione
Europea. La conoscenza linguistica è giudicata comunque essere insufficiente per una fluida
comunicazione e comprensione delle tematiche trattate. Si sono svolte nei vari anni
conferenze, aperte alla totalità dei rappresentanti e di Gruppo e di Cae, organizzate dalle
confederazioni sindacali a livello nazionale, e dalla Fem, in una dimensione internazionale,
allo scopo di informare e formare i rappresentanti dei lavoratori in merito al Cae. Dalla parte
del management si registrano due incontri con le rappresentanze di altri paesi in occasione
delle due importanti trasformazioni aziendali avvenuta prima in Inghilterra e poi in
Portogallo. L’obiettivo che questi due incontri si proponevano, concerneva la possibilità di
ritagliarsi uno spazio negoziale e superarare in modo “indolore” la ristrutturazione
aziendale. Obiettivo che è stato raggiunto in entrambi i casi. Nell’ultima riunione del Cae i
coordinatori hanno evidenziato l’esigenza di un approfondimento ulteriore in tema di
Legislazione Europea sul Lavoro “in modo contestuale ossia ipotizzare un momento in cui i
rappresentanti del cae Francia, Italia, Portogallo si ritrovano per due giornate di
formazione e non in modo separato ed ognuno nel proprio paese di appartenenza”.
FUNZIONAMENTO
La composizione del Cae, così come contemplato nell’accordo costitutivo, dovrebbe
ricalcare il “modello tedesco”, ovvero la partecipazione esclusiva dei rappresentanti dei
lavoratori, mentre nell’implementazione pratica si rileva la presenza, in qualità del
Presidente, del Responsabile delle Relazioni Industriali del Gruppo a cui si accompagnano il
Direttore del Risorse Umane e i tre Direttori per Unit Business. La loro presenza è
giustificata asserendo che “essendo un comitato che ha compiti consultivi e normalmente
dovendo fornire informazioni all’azienda, di fatto spetta all’azienda questo ruolo.....di
interlocutrice ai componenti sindacali”.
98
Ogni riunione annuale del Cae è anticipata da una pre-incontro programmato
solitamente due mesi prima, in cui i due coordinatori ed il Responsabile delle Relazioni
Industriali, in presenza dei Responsabili degli Uffici Internazionali delle Organizzazioni
Sindacali italiane, redigono una bozza dell’ordine del giorno e discutono in modo generale
di problematiche del Gruppo che potrebbero interessare il Cae
Il promemoria dell’Agenda stilato nell’incontro preliminare viene mostrato agli altri
membri del Cae durante le riunione preparatoria tenuta senza la partecipazione del
management. Notizie sugli organici, sulle produzioni e sulle problematiche generali
diventano il fulcro dello scambio dialettico tra i membri Cae da cui scaturiscono
accorgimenti integrativi da apporre alla bozza dell’ordine del giorno. Nel giorno della
riunione tutti i membri ricevono il fascicolo con la presentazione, solo in lingua italiana,
degli accadimenti, dati e risultati aziendali intercorsi nell’anno in esame. In seguito si apre
la fase di discussione in cui uno dei coordinatori prospetta l’ordine del giorno e le istanze di
approfondimento al management il quale provvederà ad illustrare le risposte e a concludere
con una sintesi sulle future strategie aziendali. Al termine della riunione, a cui solitamente è
dedicata l’intera giornata, il Responsabile delle Relazioni Industriali redige il verbale
dell’incontro e lo inoltrerà per eventuali correzioni ai due coordinatori incaricati poi di
distribuirlo, in occasione del successivo incontro, agli altri membri del Cae.
Contenuto delle informazioni e sua valutazione
Nel corso delle intervista alla interlocutore manageriale (insider management) si illustra
dettagliatamente cosa concerne l’attività informativa svolta in sede di riunione: “si parte da
uno scenario macroeconomico, cosa avviene nel mondo, come siamo messi noi nel
mondo…indici di mercato, andamento di mercato…qual è lo scenario economico a
riguardo 2001 prima nel mondo poi in Italia, poi qual è lo scenario di settore poi varie
considerazioni dal tasso di crescita, all’impiego di risorse finanziarie, a come vanno i
nostri competitori, i principali progetti, bilancio socio ambientale…abbiamo fatto l’anno
scorso… il settore dei competitors…le acquisizioni e le cessioni anche se sono di piccola
entità…l’andamento del mercato mondiale … I numeri di pezzi, la situazione della Merloni
ossia il fatturato, personale, utili, evoluzioni del fatturato, andamento della produzione
considerando il 2001-2-3 come previsione sia in Italia ed all’estero, gli investimenti, gli
investimenti stabilimento per stabilimento, i dipendenti, l’andamento dei dipendenti…questo
è globale…e poi stabilimento per stabilimento negli ultimi 3 anni …poi indici di
assenteismo e di infortuni e attività formativa che viene nell’ambito del cae…poi vengono
illustrati i maggiori progetti innovativi che avvengono nel gruppo divisione per divisione
…sia in Italia che all’estero…”
La qualità dell’informazione viene reputata soddisfacente in quanto organica e
raffigurante le prospettive strategiche future. Il management informa il Cae di eventuali
cessioni e acquisizioni proprio in concomitanza con la trasformazione aziendale ed il
management mostra disponibilità per eventuali riunioni straordinarie, di cui però non si è
mai riscontrato la necessità. Per il caso della Russia e dell’Inghilterra per esempio si era data
comunicazione preventiva tramite una lettera. Nel caso del Portogallo invece il management
sollecitato dalle insistenti richieste di delucidazioni da parte prima dei rappresentanti
portoghesi e poi dal Cae nella sua interezza, ha dato comunicazione dell’intenzione di
vendere lo stabilimento un anno prima della effettiva trasformazione aziendale. Attualmente
il processo dialettico attuato all’interno del Cae ha comunque migliorato la qualità
dell’informazione soprattutto per le realtà ubicate all’estero in quanto per le unità produttive
nazionali la bontà dell’apporto informativo era già garantita dalle procedure di informazione
e consultazione nazionali.
99
I vari livelli di integrazione
INTERAZIONI TRA IL MANAGEMENT
Dalla intervista alla rappresentanza manageriale, si evince una loro disponibilità a
distribuire presso le varie sedi aziendali, in Italia ed all’estero, il risultato emergente dalle
riunioni del Cae.
INTERAZIONI TRA I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
Allo stato delle cose, i due coordinatori sono le figure deputate alla distribuzione delle
informazioni emergenti nella riunione del Cae. Il coordinatore italiano risulta essere il
responsabile per l’Italia mentre il coordinatore francese è il responsabile per gli stabilimenti
all’estero. Il coordinatore italiano attualmente riunisce esclusivamente i rappresentanti dei
lavoratori della propria unità produttiva di Caserta senza coinvolgere direttamente gli altri
stabilimenti. Parallelamente all’attività dei coordinatori tutti i membri del Cae attraverso
fotocopie sia del verbale che dei fascicoli illustrativi fungono da ponte di comunicazione tra
Cae e le rappresentanze locali, i quali percepiscono il Cae ancora come qualcosa di lontano
e come momento formale. La rappresentanza dei lavoratori reputa la distribuzione delle
informazioni all’esterno non sufficientemente ramificata e sistematica mentre il
management la considera significativamente capillare.
Dall’intervista al coordinatore sindacale si intuisce la volontà di accogliere all’interno
del Cae le proposte di tutti i rappresentanti dei lavoratori qualora però soddisfino il
prerequisito di internazionalità tematica. Attualmente non avviene, almeno in Italia, un
scambio formale tra coordinatore e rappresentanti dei lavoratori locali ma si ragiona in
termini di “cosa si dice in giro”.
Inoltre si denuncia una scarsità di interrelazione e coordinamento tra le parti sindacali
europee dovute prevalentemente ad un atteggiamento rivendicativo ancora troppo legato alle
realtà nazionali e la mancanza di una visione pan-europea. La disarticolazione
dell’approccio sindacale apparve chiaramente visibile, a detta del coordinatore intervistato,
quando la rappresentanza francese lesse in sede del Cae il comunicato di richiesta di un
adeguamento dell’orario del lavoro alle leggi nazionali senza socializzare prima la questione
con gli altri membri del Cae. Inoltre si sottolinea come la problematica presentata da parte
del sindacato portoghese inerente la flessibilità degli orari di lavoro, salute e sicurezza e
precarietà avrebbe potuto essere affrontata molto più efficacemente se si fosse adottato “un
percorso comune a tutti gli stabilimenti degli stati europei per pressare l’azienda”.
Un ostacolo costantemente evidenziato dai membri del Cae è la diversità della lingua
che impedisce una conversazione agevole ed un fluido scambio di opinioni. Oltre a
rappresentare un impedimento alla comprensione delle proposte durante le occasioni
istituzionali, tale diversità ha un impatto dissuasivo anche per chi volesse intrecciare
rapporti informali. A testimoniare questa problematica linguistica è l’intervento del
rappresentate dei lavoratori interno al Cae che ricorda come l’iniziativa di stipulare a livello
mondiale un codice di condotta sia stata tacciata, inizialmente dagli altri membri Cae, di
essere un’iniziativa del sindacato italiano atta ad estendere in una dimensione mondiale
prassi nazionali.
100
I risultati
IMPATTO SUL CORPORATE DECISION MAKING
Il Cae Merloni persegue finalità di informazioni e consultazione e non è ancora
investito del potere negoziale. L’azienda si dimostra comunque sensibile alle istanze dei
rappresentanti dei lavoratori espresse tramite le figure dei coordinatori. Questa attenzione
alle proposte sindacali si esplicita in due esempi chiarificatori: il primo riguarda la richiesta,
poi accordata, dei coordinatori di poter disporre della posta elettronica ed il secondo si
riferisce alla volontà dei coordinatori di trasmettere in sede di Cae i risultati raggiunti
sull’Accordo di Condotta, volontà poi tradotta concretamente. Allargare le competenze del
Cae anche in una direzione contrattuale sarebbe auspicabile per i rappresentati dei lavoratori
come naturale proseguimento della loro attività nazionale. Mentre il management reputa le
specificità di relazioni industriali nazionali un ostacolo insormontabile per una eventuale
trasposizione delle varie prassi contrattuali nazionali in un unico canale negoziale..
CORPORATE GOVERNANCE
La parte sindacale concorda nel reputare l’atto di recepimento della Direttiva Europea
un bisogno dell’azienda “ di ridisegnarsi un’immagine europea perché viene da una gestione
familiare e ha la necessità di costruirsi un’immagine manageriale di azienda europea”. Si
pensa quindi che la Merloni voglia proporsi in un nuovo ruolo europeo di interlocutrice
sociale esportando all’estero le proprie procedure di relazioni industriali, definite
“partecipative”. L’operato del Cae ha senz’altro delle implicazioni sulla coerenza del
management per la coordinazione dei diversi business nei diversi paesi ma la stessa
impostazione organizzativa del gruppo ha, finora, evitato che si creassero tensioni dettate da
una competizione tra stabilimenti concorrenti. Infatti il gruppo tende a specializzare ogni
singola unità produttiva in un singolo marchio escludendo quindi una sovrapposizione di
mercato. In seguito all’acquisizione di alcuni stabilimenti in Russia, in cui lavorano 6000
dipendenti, è aumentato il timore, soprattutto per i rappresentanti locali, di possibili
rivisitazioni dimensionali a livello europeo, conseguenti ad una sovrapproduzione di
prodotti a basso costo.
ARMONIZZAZIONE DELLE POLITICHE DEL LAVORO
Attualmente il Cae non svolge la funzione di stimolo allo sviluppo di un approccio
europeo sull’occupazione o sulle politiche del lavoro. In merito a questo tema emerge un
disaccordo tra la parte manageriale e sindacale Infatti il management vede le specificità di
relazioni industriali nazionali un terreno poco fertile all’armonizzazione delle suddette
politiche mentre i rappresentanti dei lavoratori considerano il Cae la sede idonea per
confrontare le situazioni locali e sottolineare le discordanze di gestione delle politiche. A tal
proposito si lamenta ancora la mancanza di una facoltà negoziale del Cae.
Conclusioni
Quanto si evince dalle interviste è la consapevolezza di una crescente evoluzione del
Cae nei prossimi anni. La parte sindacale da una parte è propensa ad uno sviluppo delle
101
competenze del Cae coerentemente all’intensificarsi dell’Unificazione Europea. Accrescere
quindi, contestualmente al ridimensionamento funzionale dell’Unione Europea, le
competenze del Cae trascendo le iniziali funzioni di informazione e consultazione ed
elevandole ad una dimensione negoziale. Infatti nonostante sinora non si è verificato, si
paventa un’innalzarsi del rischio di ristrutturazioni in seguito all’inarrestabile
internazionalizzazione del gruppo. Il management invece si propone di ridurre le
discrepanze culturali nazionali in tema di relazioni industriali. Discrepanza che disturba e
ritarda l’ordinario espletamento delle funzioni a cui il Cae è stato contrattualmente destinato
e vanifica le occasioni di affinamento sia strutturale che funzionale.
Proposte di miglioramento
Una proposta di miglioramento emergente dall’intervista con i rappresentanti dei
lavoratori consiste nell’ipotizzare una maggiore frequenza degli incontri. In primo luogo
con riferimento ad un momento di sintesi, successivo alla data delle riunioni, in cui si possa
discutere all’interno del Cae in merito al contenuto del verbale o in alternativa programmare
una seconda occasione di incontro all’anno a livello di Cae. In secondo luogo si propone di
incrementare il numero degli incontri del Comitato di Coordinamento per infittirne i contatti
e così ovviare al problema, occorso ripetute volte, di sovrapposizione di richieste del
coordinatore francese e italiano. Altra proposta lanciata dalla parte sindacale consiste nel
programmare immediatamente al termine della riunione del Cae un incontro con il
Coordinamento di Gruppo in modo tale da diffondere le informazioni ottenute in maniera
rapida ed efficace.
Il management considera opportuno estendere la possibilità di ingresso anche a Polonia,
Turchia e Russia per riuscire a fornire alle parti in gioco indicazioni aziendali e di condotta
attraverso cui avviare una fase di sviluppo culturale rivolto a modellare un atteggiamento di
relazioni industriali non più ristretto alle dinamiche nazionali.
Per avviare prudentemente una fase di negoziazione il sindacato avanza la proposta di
costituire all’interno del Cae delle commissioni di argomento specifico ed in particolare in
merito a Salute e Sicurezza e Formazione. Il progetto consisterebbe nella calendarizzazione
trimestrale degli incontri delle commissioni in cui i componenti, sviluppando anche una
competenza negoziale, confronteranno le realtà nazionali e provvederanno a formulare
proposte di miglioramento o eventuali correzioni che andranno poi riportate in sede di Cae.
102
Il gruppo Parmalat
di Davide Dazzi e Volker Telljohann
Sintesi
Il Comitato aziendale del gruppo Parmalat svolge esclusivamente una funzione
informativa. La mancanza di tempestività delle informazioni e l’atteggiamento di
disinteresse dimostrato dalla classe manageriale per l’istituto di rappresentanza ne ha
sempre impedito una funzione consultiva e negoziale. Il giudizio che emerge dalle interviste
è sicuramente un giudizio negativo soprattutto in termini di funzionalità del Cicep e di
relazioni industriali del gruppo a livello internazionale. Le ultime vicende, tra cui la
riunione straordinaria del comitato ristretto e la riunione del comitato mondiale, sembrano
registrare un cambiamento di tendenza. In realtà il gruppo non dà l’impressione di voler
attribuire agli organismi di rappresentanza internazionale funzioni e competenza che
vadano oltre il ruolo informativo.
Il gruppo
La Parmalat nasce del 1961 a Collecchio, Parma (Italia). Il suo fondatore, Calisto Tanzi,
intuì le potenzialità del latte come prodotto ad alto contenuto nutritivo e fece di queste
l’oggetto delle sue prime promozioni “porta a porta”. L’azienda si sviluppa rapidamente e le
vendite si allargano, oltre al parmense, anche a Genova, Roma, Firenze le cui Centrali del
Latte pubbliche hanno il diritto di monopolio per il commercio del latte intero. Nel 1973,
con la fine del monopolio delle Centrali del Latte in Italia, il latte intero della Parmalat
arriva non solo nelle latterie ma anche in tutti i negozi di genere alimentare. In breve tempo
l’azienda parmense è presente in tutto il territorio nazionale. Si avverte a questo punto la
necessità di ampliare i propri mercati attraverso una più estesa risonanza del nome Parmalat.
A tal fine si avvia una campagna di sponsorizzazione che inaugura un sodalizio tuttora
presente tra l’azienda ed il mondo sportivo: dallo sci all’automobilismo, dal baseball alla
pallavolo ed infine il calcio. L’internazionalizzazione del gruppo inizia nel 1974 con
l’ingresso nel mercato del Brasile a cui segue la Germania (1977), Francia (1979), Spagna
(1983) e Portogallo (1990). Nel 1990, la finanziaria Parmalat spa, viene quotata alla Borsa
di Milano.
Alla fine degli anni ’70, il latte rappresentava per l’azienda circa l’80% del giro d’affari.
Dall’inizio degli anni ’80 inizia una ricerca alla diversificazione del prodotto facendo leva
sulla notorietà dell’azienda e sul vantaggio tecnologico, distributivo e pubblicitario
acquisito negli anni. Tale ricerca porta all’ampliamento del portafoglio di prodotto a
formaggi, dessert, besciamelle pronte e a lunga conversazione, succhi (Santàl), passate
(Pomì), prodotti da forno, yogurt, creme, biscotti e merendine (Mister Day). Con l’inizio del
terzo millennio il gruppo ha deciso di entrare anche nel business dell’acqua da bere con la
commercializzazione dell’Aqua Parmalat. Da un recente studio internazionale svolto da AC
Nielsen -AC Nielsen - Global Mega Brand Franchises Survey 2002-emerge che Parmalt
103
occupa la seconda posizione come numero di categorie di prodotti sviluppate in un contesto
internazionale.
Nel 2002, il fatturato del gruppo era di 7.590 milioni di euro (tabella 1), registrando una
diminuzione rispetto al 2001 di 211 milioni di euro e rompendo un trend positivo
caratterizzante tutti gli anni ‘90. Il margine operativo netto del 2002 è stato di 613 milioni
passando, in termini percentuali sul fatturato, all’8,1% (7,7% nel 2001). L’attività del
gruppo è suddivisa in 4 divisioni: la Divisione Latte, la Divisione Vegetali, la Divisione
Fresco e la Divisione Forno. La Divisione Latte rappresenta ancora la principale attività del
gruppo contribuendo per il 57,4% al fatturato del gruppo, la Divisione Vegetali per il 7,6%,
la Divisione Fresco per il 23,3% e la Divisione Forno per l’11,7%.
Tabella 5 – Fatturato e utile operativo netto per area geografica6
Europa
Nord-Centro
America
Sud America
Resto del Mondo
Fatturato
2002
7.590 mln di €
35,5%
2001
7.801 mln di €
32,8%
Utile operativo netto
2002
613 mln di €
41%
2001
597 mln di €
37%
34,9%
34,8%
26%
25%
21%
8,6%
24,7%
7,7%
26%
7%
33%
5%
L’innovazione e il marketing oriented sono sempre stati alla base delle politiche di
sviluppo aziendale. Si collocano all’interno di questa strategia l’introduzione di prodotti
come Parmalat Vitamina C (latte pastorizzato con aggiunta di vitamina C, 1964) e Jndemne
(latte provenienti da allevamenti indenni da tubercolosi, 1965) e di nuovi contenitori come
Tetra Pak (recipiente tetraedrico di carta prodotto dalla omonima società svedese).
L’innovazione dalla quale derivò sicuramente il successo dell’azienda parmense fu
l’adozione, nel 1966, di un trattamento del latte che ne permetteva la conservazione per oltre
6 mesi, il latte Uht (Ultra High Temperature) che divenne il “core Business” della Parmalat.
Il latte a lunga conservazione rappresenta oggi, in molti paesi del mondo, circa il 90% del
consumo totale. Tale trattamento venne, nel 1969, applicato anche alla panna Chef.
Nel corso dell’esercizio 2002, sono stati effettuati investimenti per un valore pari a 363
milioni di euro di cui 184 milioni per investimenti tecnici, 48 milioni per investimenti in
nuove acquisizioni e 131 milioni per investimenti in partecipazioni delle quali il gruppo già
possedeva il controllo. Le strategie del gruppo tendono quindi da un lato a valorizzare le
migliori posizioni competitive già conquistate e dall’altro ad acquisire o completare
l’acquisizione di società con un’esperienza nel settore ormai consolidata. Durante il 2001 si
è terminata l’acquisizione della Parmalat Canada Limited, posseduta dalla Citicorp, e si è
avviata un’alleanza strategica con la Raiffeisen-holding Niederosterreich-Wien, azionista di
maggioranza della società austriaca N_m Ag, attiva nel settore lattiero.
Grazie alle numerose acquisizioni, le strutture operative della Parmalat, al 31 dicembre
2002, si trovavano in 30 paesi, con una presenza più significativa in Italia, Spagna, Canada,
Brasile, Venezuela, Colombia, Sud Africa e Australia. Nel primo semestre del 2003, il
gruppo disponeva di 135 stabilimenti ed offriva lavoro a 35.613 dipendenti (Tabella 2). La
diminuzione del numero dei dipendenti in Europa è dovuta principalmente all’attuazione di
un piano di riassetto strutturale e organizzativo delle attività produttive in Italia concordato
con le Organizzazioni Sindacali nella primavera del 2000 e che prevedeva circa 600 esuberi
di personale. La riduzione dei dipendenti in Sud America è da imputare certamente alla
recessione che ha colpito per problemi economici e politici alcuni paesi dell’area a cui sono
seguite crisi valutarie.
6
Fonte: Parmalat Finanziaria spa, Bilancio di Esercizio e Consolidato al 31 dicembre 2002, 28 marzo 2003.
104
Tabella 6 – Numero di stabilimenti e dipendenti per area geografica
Europa
Nord e Centro America
Sud America
Resto del mondo (1)
Totale
(1)
Stabilimenti
1° sem. 2003
2002
2001
Dipendenti
1° sem. 2003
2002
2001
43
38
32
22
135
45
41
32
21
139
46
41
37
22
146
7.907
7.315
15.434
4.957
35.613
7.730
7.678
16.341
4.607
36.356
8.190
7.540
14.795
5.684
36.209
Australia, Cina, Sud Africa, Bostwana, Zambia, Mozambico
L’Italia rappresenta per il gruppo il paese più importante nel panorama europeo sia in
termini di quote di mercato, 34,8% nel mercato del latte Uht e 30,5% nel mercato
pastorizzato, sia in termini di numero di dipendenti che nel 2001 risultavano così distribuiti:
3.970 in Italia (24 stabilimenti), 1.200 in Spagna (9 stabilimenti), 70 in Germania (2
stabilimenti), 615 in Ungheria (2 stabilimenti), 240 in Inghilterra (2 stabilimenti), 370 in
Portogallo (1 stabilimento) e 38 in Francia (1 deposito)7. Recentemente si è avviato un
processo di ristrutturazione in Francia che segnerà la fine dell’esperienza francese per il
gruppo Parmalat e le cui ricadute occupazionali interesseranno, appunto, le 38 persone sopra
citate.
Il contesto di relazioni industriali
LE RELAZIONI INDUSTRIALI IN ITALIA
Il sistema di relazioni industriali del gruppo in Italia è di carattere partecipativo. Il
gruppo, in Italia, coinvolge in modo sistematico le organizzazioni sindacali prima di
prendere una decisione le cui ricadute riguardano il territorio nazionale. Già nell’accordo del
4 novembre del 1989, concetto poi ribadito nell’accordo aziendale del 1994, il modello
partecipativo di tutte le risorse umane è assunto come il mezzo attraverso il quale
raggiungere una condizione di eccellenza in azienda. Le prime esperienze di partecipazione
dei lavoratori sono rintracciabili già nel 1985 anno nel quale vennero introdotte aree di
lavoro integrato (Ali) al fine di mantenere e garantire la qualità totale del processo
produttivo. Negli anni successivi i rapporti collaborativi con le rappresentanze sindacali
sono sfociati in due importanti iniziative. Innanzitutto premi personali ad obiettivi per il cui
calcolo si tiene in considerazione anche l’apporto che il singolo lavoratore offre alla crescita
partecipativa in termini di trasferimento di conoscenze e competenze professionali,
costruzioni di progetti finalizzati alla risoluzione di problematiche organizzative e gestionali
e carica motivazionale. In secondo luogo, nel 1997, la Parmalat individua in accordo con le
organizzazioni sindacali la necessità di una ricerca della polifunzionalità dei lavoratori,
sviluppando dei percorsi di carriera specifici. Allo scopo di elaborare e monitorare i percorsi
formativi è stata istituita una Commissione tecnica Paritetica a livello di stabilimento e di
gruppo. L’importanza dell’investimento in risorse umane viene riaffermato nel successivo
accordo integrativo aziendale del 1999 in cui viene evidenziata l’importanza dei concetti di
formazione continua e la necessaria relazione tra teoria e pratica.
Con l’accordo del 1994, vengono istituite delle Commissioni Paritetiche il cui compito
è quello di approfondire la reciproca conoscenza di quei caratteri operativi che più
7
Per i dati occupazionali relativi ai paesi europei la fonte analizzata è: Guarriello F., Leonardi S. (a cura di),
Globalizzazione e Relazioni Industriali, Ires, marzo 2003.
105
interessano il sistema di relazioni industriali di impresa. Le commissioni si sviluppano sia a
livello di stabilimento sia a livello di gruppo. Sempre nell’accordo del 1994, precisamente il
4 ottobre, le parti contrattanti riconoscono l’importanza di procedure di informazione e
consultazione a livello europeo con la costituzione di un organismo di coordinamento
europeo.
Nel gruppo Parmalat, in Italia, esistono diversi organismi di rappresentanza: esecutivo
di stabilimento e coordinamento di gruppo. Essendo il coordinamento di gruppo molto
numeroso (circa 50 unità), la contrattazione è condotta dai segretari nazionali che si
dimostrano molto attenti a riportare le osservazioni e le istanze dei lavoratori. Negli ultimi
anni si è verificata una partecipazione ed una attenzione più incisiva anche dei sindacati di
categoria a livello regionale. Nonostante a livello nazionale il sindacato di categoria
dominante in termini di delegati e di voti ricevuti sia la Fai-Cisl, fino ad ora il rapporto tra i
tre sindacati di categoria italiani continua ad essere unitario.
Nel marzo del 2000, la Parmalat e le organizzazioni sindacali interessate concludono un
accordo di ristrutturazione per far fronte, in base a quanto recita l’accordo stesso, alla
crescente e schiacciante competizione globale e per sanare, in seguito all’acquisizione di
aziende lattiero-casearie del gruppo Cirio, una posizione dominante sul mercato che mal si
conciliava con le regole dell’Antitrust per la cui ottemperanza era necessario dismettere sei
marchi e 4 stabilimenti del gruppo. I mesi prima del raggiungimento dell’accordo sono stati
teatro di diverse mobilitazioni a livello regionale, Emilia Romagna, essendo appunto a
Collecchio, Parma (Italia), la sede centrale del gruppo (Guerzoni M., Se patron Tanzi
sceglie la strada dei tagli, Rassegna Sindacale n.4, 1 febbraio 2000). In relazione alla
realizzazione del Piano di Ristrutturazione e Riorganizzazione e Sviluppo, le cui ricadute
occupazionali previste avrebbero coinvolto fino ad un massimo di 838 addetti entro il 2003,
le parti contrattanti convennero in ordine alla realizzazione di un Piano Sociale. Questo oltre
alle “normali” forme di accompagnamento (pensionamento, esaurimento delle spettanze
individuale di ferie e così via) prevedeva anche un programma di riqualificazione
professionale in favore di quei dipendenti che avrebbero potuto essere ricollocati all’interno
del gruppo o che ne avrebbero potuto trarre vantaggio nell’ambito di un programma di
outplacement.
Nel corso del 2002 è stato siglato al ministero del Welfare un accordo che chiude la
vertenza dello stabilimento Polenghi-Parmalat di Lodi. L’intesa prevede la cassa
integrazione per 113 dipendenti scaglionata nel tempo. Il gruppo si è inoltre impegnato a
realizzare a Lodi un centro di distribuzione all’interno del quale lavoreranno 50 dipendenti,
investendo in innovazione tecnologica e promozione per un totale che supera gli 8 milioni di
euro.
LE RELAZIONI INDUSTRIALI DEL GRUPPO PARMALAT NEL MONDO
Come ricordato sopra, il gruppo Parmalat è presente in 30 paesi, in 13 dei quali i
lavoratori del gruppo sono organizzati dai sindacati affiliati al sindacato mondiale degli
alimentaristi, Uita: Canada, Usa, Brasile, Argentina, Paraguay, Italia, Francia, Spagna,
Portogallo, Germania, Ungheria, Sudafrica, Mozambico e Australia. I lavoratori Parmalat
sono organizzati sindacalmente anche in Uruguay e Zambia. I momenti di incontro tra i
lavoratori del gruppo non si esauriscono a livello europeo con il Cicep ma sono presenti
anche in America Latina dal 1996 e ultimamente, nel dicembre del 2002, nell’ambito di una
riunione sulle multinazionali più importanti nel “Cono Sud”. Per settembre 2003, la Uita sta
organizzando a Port Elgin, Canada, un riunione mondiale, la prima nella storia delle
relazioni industriali di Parmalat, tra i sindacati che rappresentano i lavoratori del gruppo e
che sono affiliati alla Uita
A livello mondiale, come è emerso dalla Conferenza Mondiale della Uita nel 2001, la
Parmalat mostra nei confronti delle organizzazioni sindacali un duplice atteggiamento. Da
106
una parte, mostra una chiara inclinazione al coinvolgimento dei sindacati laddove questi
sono ben strutturati o dove la legislazione provvede a regolare le condizioni di lavoro.
Dall’altra parte, invece, laddove i sindacati hanno scarsa incidenza o sono addirittura
assenti, il gruppo tende ad ostacolare il processo di sindacalizzazione o a non intervenire
qualora vi siano campagne antisindacali nelle proprie aziende.
Successivamente ad interventi finalizzati ad appianare una vertenza sindacale in
Paraguay nel 1998, la Uita proseguì ad esercitare pressione sul gruppo Parmalat e nel 1999
promosse, unitamente al sindacato di coordinamento Parmalat Fai-Cisl, alcune
manifestazione di protesta a seguito di una serie di vertenze in America Latina ed in
Sudafrica. Dal 1999 iniziarono gli incontri informali tra la dirigenza del gruppo Parmalat e
la Uita nel tentativo di stabilire una relazione duratura e di siglare un accordo globale in
materie di diritti sindacali e di condizioni minime di lavoro. Il gruppo ha sempre espresso la
volontà di non impegnarsi in un incontro formale e, al contempo, mantenere sul piano
informale gli incontri con la Uita.
In una ricerca condotta nel 2001 dall’Observatòrio Social, istituito dal Centro nazionale
brasiliano del lavoro (Cut) in collaborazione con alcuni istituti accademici, si rilevò la
presenza, all’interno del gruppo Parmalat, di alcuni casi di ostruzionismo, ritorsioni e
discriminazioni della direzione nei confronti del sindacato. La ricerca evidenziò anche la
persistenza di discriminazioni di trattamento delle lavoratrici, scarso impegno nella difesa
dell’ambiente, scarso interesse in rapporto alle malattie professionali e alla sicurezza,
mancanza di politiche volte a promuovere consapevolezza in tema di salute e sicurezza e di
partecipazione del sindacato nella fase di programmazione. Nella terza riunione, maggio
2001, il tema dominante restò la possibilità di stipulare un accordo sui diritti, prendendo
spunto da una vertenza in merito alla chiusura di un forno Parmalat negli Stati Uniti, dove le
misure di tutela garantite per i lavoratori in esubero risultavano inadeguate per i sindacati
locali. In seguito all’azione della Uita, l’azienda statunitense cominciò a negoziare con il
sindacato e rinunciò all’appoggio di uno studio legale antisindacale, precedentemente
consultato8.
La costituzione del Comitato Europeo del Gruppo
Parmalat
LA FASE DI COSTITUZIONE
L’accordo di costituzione del Cae del gruppo Parmalat è stato siglato il 9 luglio 1996
dal gruppo, nella figura del Managing Director, dal rappresentante del sindacato europeo
degli alimentaristi ossia l’attuale Effat (allora Seta Uita), in rappresentanza dei diversi
sindacati di categoria nazionali: Fai-Cisl (allora Fat-Cisl), Flai-Cgil, Uila-Uil, Setaa, Edosz,
Fga-Cfdt, Fgta-Fo. L’accordo di costituzione è firmato in calce anche dai rappresentanti dei
sindacati di categoria italiani, Flai-Cgil, Fai-Cisl, Uila-Uil, portoghese, Setaa, ed ungherese,
Edosz. Considerando la data di costituzione, si tratta di un accordo volontario ex art. 13
della direttiva 94/45. Il nome assegnato al Cae del gruppo Parmalat è Comitato di
Informazione e Consultazione Europeo Parmalat (ora in avanti Cicep). L’accordo è stato
concluso a Collecchio, Parma, sede centrale del gruppo.
8
Le informazioni riportate in questo paragrafo sono reperibili in: È nato il bollettino dei lavoratori della
Parmalat: uno strumento per una strategia sindacale globale, “Agenzia Flai Cgil”, n. 83, 2003, disponibile all’Url:
http://www.flai.it/fr_stampa_flai.htm
107
Al primo incontro preparativo all’accordo di costituzione, svoltosi in Portogallo, hanno
partecipato i rappresentanti di Italia, Portogallo, Ungheria e Romania. In seguito la
rappresentanza rumena non ha più preso parte alle riunioni del Cicep
IL COMITATO RISTRETTO
Il Managing Director, o il suo rappresentante, è il Presidente del Cicep. All’interno dei
12 membri in rappresentanza dei sindacati verrà eletto un vice presidente. Il sindacato
europeo degli alimentaristi, Effat, ha il diritto di nominare il segretario del Cicep. Il
Presidente, il vice Presidente ed il segretario formano un organismo più snello, il comitato
ristretto. Attualmente il comitato ristretto dal Responsabile delle Risorse Umane della
Parmalat, in qualità di Presidente del Cicep, il delegato Uila-Uil, nella figura del segretario,
un delegato della Flai-Cgil, in qualità di vice presidente, e, anche se l’accordo non ne
prevede formalmente la presenza, il rappresentante dell’Effat, nonché segretario nazionale
della Fai-cisl.
L’accordo di costituzione prevede che il comitato ristretto si riunisca 30 giorni prima
dell’incontro ordinario allo scopo di preparare una proposta di agenda. Il Presidente del
Cicep ha il compito di decidere i punti dell’agenda e di comunicarli, con i relativi
documenti, ai membri del Cicep ed ai loro sostituti almeno 2 settimane prima della riunione
ordinaria. In caso di circostanze eccezionali il presidente del Cicep ha la possibilità, dopo
essersi consultato con il comitato ristretto, di convocare il Cicep in sede straordinaria.
L’AMBITO DI APPLICAZIONE, LA STRUTTURA E GLI OBIETTIVI DEL
CICEP
Secondo quanto sancito nell’accordo di costituzione, il Cicep non si sostituisce alle
strutture di rappresentanza aziendale, che conservano tutte le loro funzioni, ma è parte
integrante di quel sistema partecipativo di relazione industriale, caratterizzante il gruppo
Parmalat.
L’accordi di costituzione prevede che i membri ufficiali del Cicep siano:
• Il Managing Director di Parmalat spa o un suo rappresentante assistito da direttori a sua
scelta, preferibilmente per ogni paese in cui il gruppo è presente.
• Un rappresentante del sindacato europeo degli alimentaristi. oggi Effat (European
Federation of Food, Agricolture and Tourism Trade Unions)
• 12 membri in rappresentanza delle organizzazioni sindacali rappresentative nel gruppo
Parmalat. Questi rappresentanti sono nominati da e tra i dipendenti del gruppo e i
segretari delle organizzazioni sindacali. Comunque sia, i dipendenti del gruppo devono
essere più della metà.
L’accordo di costituzione suddivide i seggi in modo tale che all’Italia, dove il peso
industriale del gruppo è consistente, ne spettino 6, al Portogallo 2, alla Francia 1, alla
Germania 1 e all’Ungheria 2. Contemporaneamente all’individuazione dei membri ufficiali
del Cae, avviene anche la designazione dei 12 sostituti. In rappresentanza del Portogallo
partecipano anche funzionari sindacali. I 6 seggi italiani sono così ripartiti: 2 Fai-Cisl, 2
Flai-Cgil e 2 Uila-Uil. Il delegato per la Uila-Uil ricopre il ruolo di segretario. Per ogni
sindacato di categoria italiano c’è un rappresentante dei lavoratori ed un rappresentante del
sindacato, ad eccezione della Flai-Cgil in rappresentanza della quale ci sono due
rappresentanti dei lavoratori. Uno dei delegati della Flai-Cgil è stato nominato
vicepresidente del Cicep. Il sindacalista della Fai-Cisl, in realtà, partecipa alle riunioni in
rappresentanza dell’Effat.
108
Fino ad ora alle riunioni del Cicep hanno sempre partecipato rappresentanti di Italia,
Portogallo, Ungheria e Germania mentre i rappresentanti di Francia non sono mai
intervenuti. I rappresentanti della Spagna partecipano alle riunioni annuali con due
rappresentanti dal 2001: alla prima riunione del 2001 hanno partecipato come osservatori
alla seconda, nel 2003, la loro partecipazione è stata riconosciuta ufficialmente. In seguito
alla acquisizioni in Inghilterra è stata avanzata la proposta di invitare rappresentanti dei
lavoratori inglesi.
Tra i sei seggi in rappresentanza dei lavoratori italiani, uno è riservato al coordinatore
Effat, che nella fattispecie è il segretario nazionale della Fai-Cisl (sindacato degli
alimentaristi della Cisl). Considerato la significativa presenza del gruppo in paesi extra
europei, solitamente alle riunioni del Cicep partecipa anche un rappresentante della Uita, il
sindacato mondiale degli alimentaristi.
In rappresentanza del management, solitamente partecipano i responsabili delle Risorse
Umane dei vari paesi. Per l’Ungheria interviene l’Amministratore Delegato. Alle riunioni
del Cicep presenzia anche il Direttore dei siti produttivi a livello mondiale. Il Presidente del
gruppo ha preso parte solo alla riunione del Cicep del giugno 2003.
LE PROCEDURE DI INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE
L’accordo di costituzione definisce il Cicep un organismo per l’informazione e
consultazione su tematiche che riguardano le strategie del gruppo Parmalat, qualora queste
coinvolgano diversi paesi. La definizione appare piuttosto vaga in quanto, in termini
operativi, non si individuano le modalità e i tempi con le quali le procedure di informazione
e consultazione debbano avvenire.
Nella traduzione pratica dei concetti di informazione e consultazione, appare evidente
che il Cicep abbia solo una funzione informativa. Nonostante il gruppo Parmalat abbia a
livello italiano un sistema di relazioni industriali partecipativo, in sede europea la
intempestività e la qualità dell’informazioni impediscono l’espletamento delle funzione
consultiva.
IL RINNOVO DELL’ACCORDO
L’accordo di costituzione del Cicep prevede che il rinnovo avvenga ogni 4 anni durante
il primo quadrimestre dell’anno e che nella designazione dei nuovi membri, dalla parte dei
lavoratori, si tenga in considerazione il peso delle organizzazioni sindacali in termini di
rappresentatività nell’ambito del gruppo e delle professioni presenti.
In seguito alle acquisizioni del gruppo in Spagna, nella riunione del giugno 2003,
l’accordo di costituzione è stato modificato nella parte riguardante la composizione
dell’organismo europeo di rappresentanza.
I processi
LE RISORSE DEL CICEP
L’accordo di costituzione consente ai delegati del Cicep di avvalersi della presenza di
esperti di loro scelta; gli stessi esperti sono tenuti ad obblighi di riservatezza fino a quando
lo stesso comitato ristretto lo ritenga necessario.
109
In relazione alle spese di vitto, alloggio e trasporto, secondo quanto disposto
dall’accordo di costituzione, i membri del Cicep ricevono il rimborso integrale per mezzo
del loro datore di lavoro. Ai sindacalisti che partecipano alle riunioni, le spese relative alla
riunione del Cicep sono rimborsate da una azienda del gruppo prescelta in ogni paese. Tutti
i costi di funzionamento del Cicep sono a carico del gruppo Parmalat. L’accordo non
prevede esplicitamente un monte ore specifico per l’attività del Cicep ma stabilisce che i
rappresentanti dei lavoratori del gruppo Parmalat continuino a ricevere il loro normale
salario anche in occasione degli incontri del Cicep.
I delegati del Cicep non hanno la posta elettronica e l’accesso ad internet. Dalle
interviste risulta comunque che i delegati italiani hanno possibilità di comunicare via e-mail,
utilizzando la posta elettronica personale o rivolgendosi alle strutture sindacali territoriali.
Recentemente sotto l’egida della Uita, sindacato mondiale degli alimentaristi, è stato creato
un Bollettino dei lavoratori Parmalat a livello mondiale.
LA FORMAZIONE
L’accordo di costituzione prevede espressamente che il gruppo Parmalat organizzi per i
membri del Cicep corsi di formazione proposti all’unanimità del comitato ristretto.
Nel corso degli anni, i delegati del Cicep hanno partecipato a degli incontri formativi
finanziati dalla Unione Europea il cui fine era quello di mettere a confronto i diversi sistemi
di relazioni industriali in Europa. Solitamente i corsi formativi sono congiunti tra
management e rappresentanza dei lavoratori. Infatti visto il Cicep è strutturato secondo il
modello francese, ossia il management è membro ufficiale del Cae, gli incontri formativi
per l’istituto di rappresentanza europeo sono aperti indistintamente alla rappresentanza
manageriale ed alla rappresentanza dei lavoratori.
In Italia, oltre ai corsi di formazione congiunti, sono stati organizzati dei corsi formativi
a livello di confederazione. La possibilità di riunire delegati Cae provenienti da diversi
settori merceologici è considerata, dal segretario nazionale Uila-Uil, un’opportunità
importante di confronto e di crescita.
Gli incontri
L’ASSEMBLEA ANNUALE DEL CICEP
Solitamente la riunione si tiene in posti diversi. Fino ad ora gli incontri del Cicep si
sono svolti in Italia, nella sede centrale a Collecchio e a Roma, a Bruxelles, abbinandola con
l’attività della Comunità, in Ungheria e a Barcellona. Nel 2002, a causa del processo di
ristrutturazione a cui le unità produttive italiane del gruppo erano soggette, non si è svolta la
riunione del Cicep.
L’accordo di costituzione stabilisce che il Cicep si riunisca in un incontro ordinario
almeno una volta l’anno prima della fine del primo semestre, su convocazione del suo
Presidente. In occasione di eventi eccezionali il presidente, consultato il comitato ristretto,
ha la possibilità di convocare il Cicep per un incontro straordinario.
L’accordo di
costituzione prevede, inoltre, che qualora il vice Presidente chieda al Presidente di
organizzare una riunione straordinaria del Cicep e quest’ultimo rifiuti, il segretario deve
essere informato per iscritto direttamente dal Presidente del Cicep. Ad oggi, il Cicep non si
è mai riunito in sede straordinaria. Solo recentemente, nel secondo semestre 2003, il
comitato ristretto è stato chiamato d’urgenza a presenziare ad una riunione aziendale, a
Milano, in cui è stato illustrato il processo di ristrutturazione del gruppo in Francia. Per
110
questa occasione erano state convocate anche le rappresentanze francesi le quali, però,
hanno declinato l’invito.
L’incontro è previsto che duri una giornata, preceduta da un pre-incontro e seguita da
un incontro di valutazione in cui i rappresentanti dei lavoratori, insieme ai sindacalisti, si
riuniscono per preparare, prima, l’incontro con il management e, poi, per trarre le dovute
conclusioni. Nell’incontro di valutazione finale le delegazioni in rappresentanza dei
lavoratori, sulla base delle informazioni ricevute, decidono quali orientamenti assumere e
quali iniziative intraprendere nei singoli paesi. Il luogo dell’incontro è deciso da Parmalat
spa che ha il compito di organizzare operativamente l’incontro del Cicep.
L’accordo di costituzione prevede che i verbali degli incontri siano redatti dal
Presidente, previa consultazione del segretario, e poi distribuiti a tutti i delegati europei.
Nella realtà dei fatti il verbale è scritto dal rappresentante dell’Effat e viene poi tradotto in
tutte le lingue in modo tale da permettere un’agevole comprensione a tutti i partecipanti. I
verbali sono inoltre distribuiti, almeno in Italia, alle segreterie sindacali nazionali.
Contenuto delle informazioni e sua valutazione
Le competenze informative del Cicep ineriscono, secondo quanto contemplato
dall’accordo di costituzione, alle politiche strategiche del gruppo purché queste ultime
riguardino la situazione finanziaria ed economica, lo sviluppo delle attività con particolare
riferimento alle acquisizioni e alle cessioni, i progetti industriali e tecnici con importanti
ricadute occupazionali, i principi di localizzazione geografica delle attività del gruppo e, più
in generale, le politiche occupazionali.
Il delegato della Fai-Cisl afferma che molto spesso, come nel caso delle acquisizioni in
Inghilterra o al processo di ristrutturazioni in Ungheria ed in Spagna, le informazioni
arrivano prima dalla stampa e poi dal management del gruppo. L’informazione ricevuta
nella riunioni del Cicep risulta quindi essere tardiva. Poiché i delegati delle consociate,
come sottolinea sempre il delegato della Fai-Cisl, provengono principalmente dalla
produzione, l’informazione informale ricevuta dai rappresentanti dei lavoratori non è
qualitativamente accostabile all’informazione fornita dai dirigenti aziendali. Il contenuto
dell’informazione non va comunque oltre a quanto già pubblicato nel Rapporto Annuale di
gruppo.
Secondo il coordinatore Effat, l’informazione ricevuta in sede europea è utile nelle
misura in cui fornisce una panoramica mondiale degli andamenti economici del gruppo e le
relative conseguenze in ambito sociale ed occupazionale. Anche se in modo marginale,
coloro che partecipano al Cicep sono informati delle vicende di carattere sindacale ed
industriale del gruppo Parmalat nel mondo.
Nella riunione del Cicep del 2001, si avviò una discussione sulle norme in materia di
lavoro, sulle differenze culturali e le responsabilità sociale di impresa. Al termine della
riunione il gruppo pur biasimando la politica antisindacale negli Stati Uniti affermò di non
avere “le competenze per applicare le proprie norme in materia di relazioni industriali nelle
sue attività oltreoceano”. (È nato il bollettino dei lavoratori della Parmalat: uno strumento
per una strategia sindacale globale, “Agenzia Flai Cgil”, n. 83, 2003, disponibile all’Url:
http://www.flai.it/fr_stampa_flai.htm).
La ristrutturazione avvenuta in territorio ungherese non è stata oggetto di discussione
del Cicep, pur inserendosi in un generale contesto di ristrutturazione del gruppo, perché la
bontà dell’accordo a cui si è giunti con il sindacato ungherese non ha richiesto un ulteriore
intervento o modificazione.
111
Altre dimensioni di interazioni
INTERAZIONI TRA IL COMITATO RISTRETTO ED IL MANAGEMENT
Poiché il Responsabile delle Risorse Umane del gruppo Parmalat è il Presidente del
Cicep, presiede anche l’organismo del comitato ristretto. Inoltre, dato che al comitato
ristretto partecipa anche il segretario nazionale della Fai-Cisl, in qualità di coordinatore
Effat, le relazioni con il management, in particolare modo con il Presidente del Cicep,
avvengono anche nell’ambito delle relazioni industriali a livello nazionale.
La delegazione italiana del Cicep si riunisce prima della riunione annuale per decidere
in modo congiunto la proposta dell’ordine del giorno e la eventuale data dell’incontro. In un
secondo momento, il coordinatore dell’Effat, nelle vesti però del segretario nazionale della
Fai-Cisl, incontra il management e concorda con loro la data dell’incontro ed eventuali
modifiche da apportare all’ordine del giorno.
INTERAZIONI TRA I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
ALL’INTERNO DEL CICEP
Dall’intervista al coordinatore Effat, viene messo in rilievo il campanilismo ancora
esistente durante le riunioni del Cicep. Non vi sono veri e propri contrasti ma ogni
delegazione tende a riportate a livello europeo le proprie problematiche nazionali senza
curarsi di creare un punto di vista comune e comunitario.
Altro ostacolo alla comunicazione tra i delegati del Cicep è la diversa cultura di
relazioni sindacali che non favorisce una agevole e completa comprensione dei diversi punti
di vista e risulta causa di fraintendimenti.
Il delegato della Fai-Cisl sottolinea come la delegazione ungherese continui a richiedere
al management le stesse condizioni di lavoro e gli stessi vantaggi retributivi di cui
beneficiano i lavoratori italiani. Questo atteggiamento è considerato essere inopportuno in
quanto non tiene in considerazione il diverso contesto storico, culturale e sindacale di ogni
singolo paese.
INTERAZIONI TRA IL CICEP E LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI
Il delegato italiano della Fai-Cisl è in stretto contatto, nell’ambito delle relazioni
industriali a livello internazionale, con il coordinatore Effat, in quanto quest’ultimo è il
segretario nazionale della Fai-Cisl. Dalle interviste si rileva che il coordinatore Effat non è
solo punto di riferimento per la delegazione italiana ma anche per i rappresentanti dei
lavoratori e dei sindacalisti degli altri paesi. In seguito, infatti, alle acquisizioni in Spagna, la
rappresentanza dei lavoratori spagnoli ha contattato direttamente il coordinatore Effat,
ignorando il comitato ristretto del Cicep, per richiedere la partecipazione, poi concessa, alle
prossime riunioni dell’istituto europeo di rappresentanza.
Il segretario della Flai-Cgil, sindacato degli alimentaristi per la Cgil, nonostante non
ricopra nessuna posizione ufficiale nel Cicep, viene invitato alle riunioni annuali nel rispetto
dei buoni rapporti che la Parmalat, secondo quanto riporta lo stesso segretario, intende
intrattenere con i tre sindacati italiani di categoria. Il delegato della Flai-Cgil fa parte del
coordinamento unitario di gruppo e, proprio in questa circostanza, informa le strutture
nazionali e gli altri rappresentanti dei lavoratori dei risultati della riunione in sede europea.
In rappresentanza della Flai-Cgil partecipano due rappresentanti dei lavoratori del gruppo e
112
non il segretario nazionale, in coerenza con la politica intrapresa dalla Flai-Cgil in rapporto
al Cae: l’istituto di rappresentanza europeo ha necessità di crescere e a tal scopo è
importante che vi sia un legame profondo ed organico con le unità produttive e con il
territorio. Il delegato della Flai-Cgil, come vicepresidente, dovrebbe partecipare anche agli
incontri del comitato ristretto ma ultimamente, per ragioni personali, non ha potuto
presenziare né alla riunione ordinaria del 2003 né all’incontro straordinario del comitato
ristretto.
L’intervista al segretario nazionale della Uila-Uil rileva la strategia dello stesso
sindacato di categoria in rapporto al Cae, e nella fattispecie al Cicep. Quando le strutture
sindacali della Uila si apprestano a scegliere il delegato del Cicep, oltre al segretario
nazionale, nominano un rappresentante delle rsu (rappresentanze sindacali unitarie) che sia
anche dirigente sindacale territoriale in modo tale da realizzare un collegamento tra livello
europeo e livello territoriale. Data questa premessa, si spiega perché il delegato Uila-Uil del
Cicep sia anche segretario provinciale.
Secondo il segretario della Uila-Uil, inoltre, la presenza di sindacalisti nel Cicep funge
da supporto importante per la crescita dei singoli delegati. Il ruolo importante rivestito dai
sindacalisti italiani non sembra suscitare insoddisfazioni negli altri partecipanti.
Negli ultimi anni le divergenze politiche dei i tre sindacati di categoria italiani si sono
acuite soprattutto, secondo il segretario nazionale della Uila-Uil, in seguito al radicale
cambiamento della dirigenza della Flai-Cgil che ha provocato la rottura dei tradizionali
rapporti interpersonali. Comunque sia, le divergenze delle tre confederazioni italiane non
hanno avuto ripercussioni negative sul funzionamento del Cicep.
Come si nota, all’interno del comitato ristretto sono rappresentanze dei tre sindacati di
categoria italiana sempre nel rispetto di quei buoni rapporti precedentemente menzionati: il
coordinatore Effat rappresenta indirettamente la Fai-Cisl, il segretario rappresenta la UilaUil ed il vicepresidente rappresenta la Flai-Cigl
INTERAZIONI TRA IL CICEP E LE STRUTTURE DI RAPPRESENTANZA A
LIVELLO NAZIONALE
Nella realtà Parmalat non ci sono momenti strutturati per diffondere i risultati delle
riunioni in sede europea. In occasione del primo direttivo delle rsu (rappresentanze unitarie
sindacali) dello stabilimento di Collecchio, Parma, successivo alla riunione del Cicep, il
delegato italiano della Fai-Cisl informa prima gli iscritti del proprio sindacato di categoria
su quanto è emerso durante le riunioni del Cicep e poi tutti i membri rsu. Qualora
l’informazione sia particolarmente significativa, al termine della riunione del Cicep il
delegato Fai-Cisl avvisa per primi i segretari sindacali provinciali e regionali della Fai-Cisl.
Il verbale redatto al termine della riunione del Cicep viene inviato alle strutture
sindacali nazionali, le quali, a loro volta, provvederanno a distribuirne i contenuti alle
strutture regionali e provinciali. Formalmente il verbale dovrebbe raggiungere anche le
rappresentanze aziendali ma, in base a quanto emerge dalle interviste, questo non avviene in
modo sistematico. Le strutture di rappresentanza aziendale della Uila-Uil hanno sempre
ricevuto le informazioni anche attraverso il notiziario on-line del loro sindacato, una sorta di
intranet, a cui accedono tramite la loro posta elettronica personale o rivolgendosi alle
strutture sindacali territoriali. Recentemente sotto l’egida della Uita è iniziato la
pubblicazione di un Bollettino dei lavoratori della Parmalat in cui vengono raccolte tutte le
informazioni in tema di relazioni industriali del gruppo nel mondo.
I delegati italiani del Cicep, ad eccezioni ovviamente dei sindacalisti, provengono dallo
stabilimento di Collecchio, Parma, tranne uno che proviene da uno stabilimento dell’Italia
meridionale. La composizione del Cicep così articolata rischia di creare una asimmetria
informativa: concentrazione di informazioni nello stabilimento di Collecchio, sede centrale,
113
e insufficienza informativa negli altri stabilimenti. Questo rischio diventa sempre più reale
se si considera che i risultati emersi dalla riunione del Cicep sono solo argomento marginale
nelle riunioni del coordinamento di gruppo in Italia.
INTERAZIONI TRA IL CICEP E I DIPENDENTI
Le interviste rivelano un certo interessamento da parte dei lavoratori per le tematiche
trattate all’interno del Cicep. L’attenzione per quanto avviene all’esterno dei confini italiani
nasce dalla crescente consapevolezza di appartenere e di lavorare per un gruppo di
dimensione mondiale. La sensibilità per i temi europei sembra comunque, per quanto
riguarda l’Italia, concentrarsi principalmente nello stabilimento di Collecchio, mentre negli
altri stabilimenti, considerando anche il fatto che il Cicep non è argomento usuale del
coordinamento di gruppo, questo interesse sembra rarefarsi.
I risultati
FUNZIONAMENTO DEL CICEP
Nell’ultima riunione del Cicep si è stabilito di adattare la composizione dell’istituto
europeo in funzione della mutata dimensione aziendale. Per tale ragione la partecipazione si
è estesa anche alla delegazione spagnola. Inoltre si è richiesta la partecipazione anche di una
delegazione inglese, proposta che verrà presa in considerazione nella prossima riunione.
Nell’ultimo anno, come sottolinea il delegato della Fai-Cisl, il funzionamento del Cicep
ha subito una accelerazione qualitativa che è sfociata, per la prima volta da quanto il Cicep
si è costituto, nella convocazione del comitato ristretto in sede straordinaria in cui è stato
presentato il piano di ristrutturazione del gruppo in Francia.
L’IMPATTO SUL CORPORATE DECISION MAKING
Il Cicep ha svolto finora solo, come sottolinea il delegato della Flai-Cgil, una funzione
informativa mentre è mancata completamente una competenza consultiva e negoziale.
Risulta quindi difficile individuare dei momenti in cui l’organismo europeo di
rappresentanza sia stato influente ed incisivo in fase decisionale.
Il gruppo Parmalat, come è intuibile nel testo, assume due atteggiamenti diversi in
rapporto alla rappresentanza dei lavoratori a seconda dell’ambito di riferimento. A livello
italiano, il sistema di relazioni industriali è definito partecipativo e consente un reale
coinvolgimento della rappresentanza dei lavoratori. Per quanto attiene alle relazioni
industriali in ambito europeo, e più in generale in ambito mondiale, la dimensione
partecipativa delle rappresentanze dei lavoratori presenta esclusivamente un carattere
informativo. Il ruolo passivo svolto dal comitato ristretto in occasione della ristrutturazione
del gruppo in Francia, ne è una chiara riprova.
IMPATTO SULLE RELAZIONI INDUSTRIALI
La possibilità di raffrontarsi con le altre realtà europee di Relazioni Industriali, ha
consentito alla rappresentanza ungherese di prendere coscienza di quale fosse la situazione
114
del gruppo Parmalat negli altri paesi e, da queste esperienze, trarre spunti importanti per
apportare modificazioni migliorative al proprio sistema di relazioni industriali. Quanto detto
è accaduto per quanto inerisce agli strumenti di formazione professionale e di
incentivazione interne al gruppo. I delegati ungheresi, infatti, avendo avuto modo di
valutare durante le riunioni del Cicep la bontà dei sentieri di carriera e il premio per obiettivi
applicati in Italia, hanno chiesto, in sede europea, di poter visitare gli stabilimenti del
gruppo in Italia. Successivamente alla riunione del Cicep, al responsabile delle Risorse
Umane in Ungheria, accompagnato da 2-3 collaboratori, è stata data l’opportunità di
osservare il funzionamento dei suddetti strumenti nello stabilimento di Collecchio. Il
risultato è stato, come era ovvio attendersi, non una pedissequa trasposizione degli strumenti
nel contesto industriale ungherese ma una loro considerazione in fase di pianificazione della
formazione e degli strumenti di incentivazione.
A settembre del 2003, la Uita ha organizzato una riunione internazionale dei sindacati
che rappresentano i lavoratori Parmalat, una sorta di comitato mondiale. A questa
partecipazione hanno partecipato anche i sindacalisti europei che partecipano al Cicep
creando quindi una continuità tra organismo europeo ed organismo mondiale
Conclusioni
Dalle interviste ai delegati del Cicep ed ai rappresentanti sindacali, si intuisce la scarsa
attenzione che il gruppo Parmalat presta all’organismo del Cicep. L’incontro europeo è
vissuto dal management del gruppo come mero momento formale in cui fornire
informazioni strettamente necessarie. Si rileva, inoltre, che solo grazie alla costanza e
perseveranza del coordinatore Effat, le riunioni si svolgono con una certa regolarità
altrimenti il Presidente del Cicep, di rappresentanza aziendale, continuerebbe a rimandarle.
Il fatto che il Presidente del gruppo non partecipi regolarmente alle riunioni del Cicep è
vissuto, dal coordinatore Effat, come un segno di indifferenza aziendale alle istanze sorte a
livello europeo. Il delegato della Flai-Cigl, però, ritiene che nell’ultima riunione del Cicep si
siano fatti grossi passi avanti in termini di partecipatività e partecipazione: i membri
spagnoli sono stati riconosciuti ufficialmente e la famiglia di proprietà, nella figura del
figlio del Presidente, ha presenziato all’incontro. Ad avallare l’ipotesi di maggiore
considerazione dell’istituto europeo da parte del management è la convocazione, in sede
straordinaria, del comitato ristretto e della delegazione spagnola e francese, quest’ultima poi
non ha partecipato.
Lo scarso interesse che il management del gruppo ha nei confronti dell’istituto europeo
di rappresentanza è visibile anche dall’inadeguato investimento in formazione. Le interviste
mettono in evidenza il fatto che se non fossero i sindacati ad organizzare i corsi formativi e
a richiedere i finanziamenti europei, difficilmente il gruppo Parmalat si impegnerebbe, in
termini monetari e operativi, in iniziative formative.
Il delegato della Fai-Cisl considera il Cicep un momento importante in cui scambiarsi
informazioni ed esperienze nell’ambito di relazioni industriali e attraverso il quale
controllare i movimenti strategici del gruppo. Per tutti i paesi, ad eccezione ovviamente
dell’Italia, la riunione a livello europeo è un’occasione importante per incontrare il
management centrale del gruppo. L’incontro a livello europeo rappresenta un momento in
cui le delegazioni dei vari paesi hanno la possibilità di esportare tecniche e gestione degli
impianti produttivi.
Dalle interviste ai rappresentanti dei lavoratori ed ai sindacalisti appare evidente una
insoddisfazione per la qualità dell’informazione ricevuta e per la scarsa incisività del Cicep
sulle decisioni aziendali. Si vorrebbe che alle riunioni ci fosse maggiore partecipazione dei
rappresentanti dei lavoratori, in particolar modo di Francia. L’informazione ricevuta durante
le riunioni del Cicep non rappresenta un reale valore aggiunto per la delegazione italiana in
115
quanto ottiene la medesima qualità e quantità informativa nell’ambito delle relazioni
industriali a livello nazionale. L’intempestività delle informazioni non consente di espletare
quella funzione consultiva prevista dalla direttiva europea. Per le delegazioni degli altri
paesi il Cicep fornisce informazioni che altrimenti non avrebbero a livello nazionale ed
inoltre permette loro un incontro diretto con il management centrale.
In relazione all’apporto informativo fornito dal Cicep, il segretario provinciale
intervistato osserva che il gruppo Parmalat è fortemente sviluppata nelle Americhe più di
quanto lo sia in Europa; ragione per cui l’utilità di un organismo informativo e consultivo a
livello europeo si restringe.
Il segretario nazionale della Uila-Uil vorrebbe che il Cicep venisse utilizzato come
strumento di diffusione e di esportazione del proprio sistema di relazioni industriali a livello
nazionale. La realizzazione della suddetta iniziativa è però ostacolata, sempre secondo il
segretario nazionale della Uila-Uil, dall’incapacità del management del gruppo di
coordinare le diverse modalità di approccio nei confronti del sindacato e dalla mancanza di
comunicazione tra le riunioni annuali.
Prospettive
Per ovviare all’intempestività delle informazioni e per facilitare l’organizzazione delle
riunioni, il delegato della Fai-Cisl propone che la riunione del Cicep si svolga due volte
l’anno in date prestabilite in modo tale da consentire una più agevole programmazione delle
riunioni ed una loro conciliazione con le esigenze lavorative. Fatto salvo l’incontro annuale,
si propone anche di riunirsi in sede straordinaria qualora le contingenze lo richiedano.
Sempre il delegato Fai-Cisl ritiene che per valorizzare al meglio l’incontro in sede
europea il comitato ristretto del Cicep dovrebbe essere un riferimento più puntuale e preciso
in termini informativi ed essere maggiormente “aggressivo”. Si vorrebbe che il comitato
ristretto del Cicep tenesse aggiornate le varie delegazioni nazionali sui movimenti del
gruppo, con particolare attenzione alle acquisizioni e alle cessioni. Si avanza, inoltre, la
proposta di costituire delle commissioni tematiche su Salute e Sicurezza, Pari Opportunità,
politica industriale, occupazione e allargamento europeo, in modo tale da esportare a livello
nazionale e a livello europeo le conquiste, in termini di relazioni industriali, ottenute negli
anni nello stabilimento di Collecchio, sede centrale e stabilimento più grande del gruppo.
Per migliorare la comunicazione interna al Cicep e trarre maggior vantaggio dagli
appuntamenti informali, le rappresentanze dei lavoratori ritengono importante svolgere dei
corsi di lingua inglese e pubblicare, iniziativa nata su proposta del coordinatore Effat, un
periodico europeo in cui raccogliere informazioni relative al Cicep ed al gruppo e
divulgarle.
Il Cicep potrebbe acquisire anche un potere contrattuale, secondo l’intervista al
segretario nazionale della Uila, qualora si avesse un rafforzamento dei contratti collettivi
europei.
Una delle prossime strategie che il coordinatore Effat, nel ruolo di segretario nazionale
della Fai-Cisl, intende seguire consiste nel lasciare la partecipazione del Cicep ai soli
delegati aziendali. Quest’ultimi, infatti, hanno accumulato negli ultimi anni un’esperienza
tale da riuscire a gestire in modo autonomo le riunioni in sede europea.
116
Riferimenti bibliografici
Protocol of Agreement on the Constitution of the European Information and Consultation
Council of the Parlalat Group, July 9th 1996
Parmalat Finanziaria spa, Bilancio di Esercizio e Consolidato al 31 dicembre 2002, 28 marzo 2003.
Guarriello F., Leonardi S. (a cura di), Globalizzazione e Relazioni Industriali, Ires, marzo 2003.
Guerzoni M., Se patron Tanzi sceglie la strada dei tagli, Rassegna Sindacale n.4, 1 febbraio
2000
È nato il bollettino dei lavoratori della Parmalat: uno strumento per una strategia sindacale globale,
“Agenzia Flai Cgil”, n. 83, 2003, disponibile all’Url: http://www.flai.it/fr_stampa_flai.htm
117
Annex 1
Delegato italiano,
− Proviene dal settore impiegatizio area vendite
− Membro delle delle Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie) per la Fai-Cisl a
Collecchio, Parma
− Partecipa anche all’esecutivo di stabilimento
− Eletto poi nel coordinamento nazionale di gruppo
− Responsabile, con la qualifica di Presidente, della conduzione dello spaccio e del
fondo di solidarietà a gestione sindacale ed aziendale
− Nominato membro del Cicep da parte della Fai-Cisl
Delegato italiano:
− Membro delle Rsu di Collecchio per la Flai-Cgil.
− Membro del coordinamento nazionale di gruppo
− Fa parte del direttivo e delle segreteria provinciale (Parma) della Flai-Cgil
− Vicepresidente del Cicep nominato dal sindacato.
Segretario provinciale di Parma per la Fai-Cisl
Segretario nazionale della Uila-Uil
− Membro ordinario del Cicep dal 1996
Segretario nazionale della Flai-Cgil
− Inviato alle riunioni del Cicep pur non facendone ufficialmente parte
Segretario nazionale della Fai-Cisl:
− Coordinatore Effat del Cicep
118
Il gruppo Pirelli
di Mirella Baglioni e Giulio Campanini
Il gruppo
a) metà anni ottanta;
b) inizio anni novanta.
Tra gli anni ottanta e gli anni novanta l’organizzazione produttiva passa da gomme e
cavi * + lavorazioni diverse a gomme, cavi per l’energia (energy cables and systems) e
cavi per le telecomunicazioni (telecom cables and systems).
Sostanzialmente le due divisioni hanno caratteristiche differenziate.
Il mercato dei pneumatici nel corso degli anni ottanta vede una verticalizzazione
oligopolistica in cui s’identificano cinque produttori, i primi tre hanno uno share del
mercato molto consistente e gli ultimi due (tra cui Pirelli) mantengono una posizione media.
La produzione di Pirelli è una produzione di qualità tarata su macchine del segmento medio
alto (cfr. ristrutturazione metà anni ottanta).
All’inizio degli anni novanta Pirelli tenta di dare la scalata a Continental (Germania)
per creare sinergie produttive per l’auto europea. Ciò non è ben visto dai sindacati tedeschi
che si oppongono. La scalata ostile non riesce e Pirelli deve ulteriormente ristrutturarsi.
A questo punto subentra un nuovo amministratore delegato (Mr.Tronchetti Provera) che
attua una serie di ristrutturazioni che hanno la seguente logica:
1. Continuazione dello smembramento delle produzioni di massa con la creazione di due
2.
3.
4.
5.
6.
nuovi stabilimenti (già decisi nella prima fase della ristrutturazione ) tra i quali si colloca
lo stabilimento di Bollate ove si producono pneumatici di qualità.
Cessazione della produzione negli stabilimenti che non garantiscono gli standards
qualitativi.
Operazione immobiliare di trasferimento alle società immobiliari delle aree Bicocca.
Ripensamento del settore cavi. Questo settore presenta caratteristiche diverse dal settore
gomma in quanto non è concentrato. La caratteristica degli utilizzatori (utilities) è
segmentata e ciò implica il mantenimento di diverse unità produttive e di diverse logiche
organizzative, orientamento locale (public utilities), orientamento globale
(privatizzazione e nuovi players sul mercato degli appalti).
Cavi: impegno nella telefonia e nelle fibre ottiche.
Dismissione delle altre produzioni.
Il gruppo è organizzato nella Pirelli Corporation S.p.A. che fornisce servizi a tutte le
divisioni.
Recente acquisizione Siemens (cavi per telefonia) e riposizionamento produttivooccupazionale (Germania e Austria). Riposizionamento delle specializzazioni produttive nel
senso della chiusura di alcuni stabilimenti di cavi elettrici (es U.K. e Berlino) e
mantenimento pneumatici fascia alta.
119
Pirelli & C.A.p.A.
38,37%
Pirelli S.p.A.
100%
100%
100%
Pirelli Tyre Holding N.V.
90%
Pirelli Cavi e Sistemi Energia S.p.A.
95%
Settore Cavi e Sistemi Energia/Telecomunicazioni
Settore Pneumatici
10%
Cavi e sistemi
Argentina
Australia
Brasile
Canada
Cina
Costa d’Avorio
Pirelli Cavi e Sistemi Telecom S.p.A.
Finlandia
Francia
Germania
Gran Bretagna
Indonesia
Italia
5%
Minoranze
Malesia
Olanda
Portogallo
Romania
Slovacchia
Spagna
Stati Uniti
Sud Africa
Turchia
Ungheria
TYRES
Argentina
Brasile
Egitto
Germania
Gran Bretagna
Italia
Spagna
Stati Uniti
Turchia
Venezuela
Occupazione
Occupazione totale del gruppo (dati 2001):
Occupazione per divisione cavi(dati 2001):
Occupazione per divisione pneumatici (dati 2001)
Occupazione altre attività (dati 2001):
Occupazione per aree geografiche:
Europa
Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna,
Romania Slovacchia, Turchia, Ungheria.
Nord America
Sud America:
*Altro:
39.127
18.212
19.934
931
24.650
1.565
8.999
3.913
La costituzione del CAE
Costituzione: 3 novembre 1998, ex art.6 Direttiva e ex accordo interconfederale 27/11/1996
sull’applicazione della direttiva in Italia,
Scopi: informazioni e consultazione.
Domain: Unione europea.
Nella esperienza del EWC non sono emerse problematiche trasversali di tipo
mondiale.
120
Numero componenti: 20 (1998), 21(1999), 22 (2000).
Nel 2000 la composizione del EWC era la seguente:
AUSTRIA
0
BELGIUM
0
FINLAND
1
FRANCE
3
GERMANY
4
GREECE
0
ITALY
7
THE NETHERLANDS
1
PORTUGAL
1
SPAIN
2
UK
3
Criteri per la composizione: un membro per ciascuno dei paesi in cui la società del gruppo
occupi almeno 100 persone. Se la forza occupata nel singolo paese raggiunge almeno
il 10% di quella complessivamente occupata in tutta l’Unione si aggiunge un membro
per quel paese e un ulteriore membro per ogni ulteriore 5%.
“Per i paesi in cui le società occupino meno di 100 persone sarà cura dell’azienda
inviare le informazioni scritte di cui all’incontro annuale del EWC. Qualora processi di
carattere generale coinvolgessero anche i paesi al di sotto di 100 dipendenti, un
rappresentante per ciascun paese può partecipare alla riunione EWC”
Durata: 3 anni.
Gender: 2 donne (Germania e Francia). La rappresentante francesce ha partecipato alla
prima fase come esperta, poi è diventata rappresentate dei lavoratori.
Presenza management: solo il Direttore generale del Personale del Gruppo
Riunioni: 7/8 riunioni negli ultimi tre anni.
Il comitato ristretto: Eletto a maggioranza dai componenti EWC. E’ composto da cinque
rappresentanti dei lavoratori: 1 italiano (segretario), 1 spagnolo, 1 francese.(1 tedesco,
1 inglese).
Il comitato ristretto si riunisce in coincidenza con le riunioni plenarie, cioè prima
dell’incontro con il management. Questo organo non ha compiti di indirizzo, né ha
consolidato specifiche modalità di interazione tra i membri. Ciò è dovuto sia anche a
un certo grado di variabilità delle presenze. Il comitato ristretto è composto da
componenti relativamente stabili (il francese e lo spagnolo), ma anche da componenti
variabili. L’interazione più stabile si è avuta negli ultimi tempi tra italiano, francese e
inglese e tuttavia anche questa stabilità è in via di superamento poiché il
rappresentante britannico ha dato le dimissioni per problemi di salute e il segretario
italiano è andato in pensione all’inizio del 2003. Compito del comitato è definire
insieme con il management della capogruppo, l’agenda delle riunioni
Il rappresentante inglese afferma a proposito del comitato ristretto: “it has not worked
very well from our end. The lad from Burton got the position for the UK and he has
had a lot of absence. So it has left us a bit short and you are not allowed a substitute.If
there were issues say in the UK we might want to call a meeting and we’d go to the
Select Committee or if there was the closure of a factory we’d go to the Select
Committee first. The idea was that we would all go through the one person that is the
UK person on the Select Committee. The Select Committee has met on a couple of
occasions where issues have come up- they went to Italy to look at new machinery. A
factory closed down in France and they had to have a meeting on that”.
EWC: Riunioni plenarie, non per divisioni produttive.
Agenda setting: L’agenda dellla riunione viene formalizzata durante il primo giorno del
meeting. Le domande vengono poi formulate nel comitato ristretto ove il
rappresentante francesce svolge una funzione determinante, grazie al kow-how
121
acquisito nella pratica societaria francese. The Italian representatives then submit that
to management.
Dinamica delle riunioni con il management: relazione del segretario sulla riunione dei
rappresentanti dei lavoratori (EWC), risposte dell’azienda, interventi liberi. Risposte
orali da parte del management, non molto esaurienti (a parere dei rappresentanti dei
lavoratori).
Il materiale normalmente fornito è il bilancio e informazioni aggiuntive.
Secondo il rappresentante inglese “They go through their reports and they bring in an
accountant to explain the issues which is a bit of waste of time because we do not get
the account until just before we go. So you have not had much time to prepare or argue
and the issues we want to talk about are not necessarily over the annual account, We
get stuff on the financial performance of the company. It dictates a lot of the meeting.
It is in the general area. They will not split it down to individual countries or sites. We
can ask questions, the whole meeting is based around us doing that. It is more looking
backwards on performance than forwards on future strategy. You do not get a
straightforward ‘yes’ or ‘no’ form management, you tend to get a paragraph and it
tends to be ‘we can’t talk about things that haven’t happened yet’.
Verbali (stesura e divulgazione) L’attività di segreteria (verbalizzazione delle riunioni)
viene effettuata dall’azienda. Il verbale delle riunioni, un a volta approvato, può
diventare pubblico e viene comunicato dai ERR alle rsu. I lavoratori Pirelli però
risultano, sia in Italia che in UK, poco o per nulla informati dell’attività dei EWC. Non
c’ è un canale diretto tra EWC e forza lavoro, c’è il canale sindacale che però è poco
utilizzato a questo scopo.
Per quanto riguarda la diffusione dei verbali e più in generale dell’attività Ewc tra il
management, il MR-UK afferma “Normally I would get separate communication from
management in Italy anyway. Not on EWC. But if you look at the minutes of the EWC
meeting then I would have a separate communications about some initiative, say
recent job losses on the cable side. There would be communication coming through to
the management of the company from my boss. So there are channels of
communication about what is going on in the company. The big picture that wouldn’t
come to me through the EWC channel”.
L’outsider sindacale italiano è a conoscenza dell’attività del EWC perché il segretario
del comitato europeo lavoro nel suo stesso stabilimento. Il sindacato non svolge invece
alcun ruolo di diffusione o facilitazione delle conoscenze.
Risorse disponibili: non ci sono uffici, né segretariato, né collegamento informatico
specificamente programmato per l’attività del comitato. Per il rappresentante inglese
“Most of the things I had were available for the unions more generally”.
L’azienda copre i costi dei meetings EWC (viaggi, soggiorni, interpretariato e
permessi).
Budget separato: per la realizzazione delle riunioni previste. Il funzionamento di EWC ha
un costo sui 30,000 euro per incontro.
Permessi sindacali: non esiste un monte permessi per l’attività del EWC, ma solo per la
partecipazione alle riunioni plenarie.
Esperti esterni: a carico di chi li chiama. I sindacati europei non sono presenti. Secondo
l’insider inglese “Experts are used to a certain extent but particularly by the Italians. It
tends to be someone from their union. Sometimes management won’t allow it.
Sometime they do, depends on the issue. The union officials turn up at the
representatives meeting the day before and we will discuss issues and tactics. Depends
how sensitive the issues on the main meeting are as whether management will allow
them in to the full meeting”.
Formazione per i membri del EWC è formazione sul campo. Il rappresentante inglese ha
potuto usufruire di una settimana di formazione sul tema organizzata dal suo
sindacato.
122
Il management ribadisce che la formazione dei componenti del EWC non è compito
dell’azienda, anzi potrebbe essere vista come un’interferenza nella rappresentanza
sindacale.
Comunicazione tra i membri del EWC: scarsa, i messaggi arrivano al segretario (i vari
membri scrivono ognuno nella propria lingua) e il segretario (che conosce un poco
d’inglese e francese) si arrangia a capire, nei casi dubbi il segretario ricorre alle
traduzioni.
All’interno del EWC non esistono sottogruppi, né situazioni conflittuali. Ciò è spiegabile col
fatto che non ci sono sovrapposizioni di funzioni produttive tra gli stabilimenti a causa della
settorializzazione della produzione.
Si percepisce invece il desiderio dei componenti il EWC di conoscere di più forse
come conseguenza della globalizzazione strategica. Ripercorrendo la sua esperienza il
rappresentante inglese dice” We have discussed wage rates before. We have session
where we have exchanged information amongst ourselves about the shifts we work,
the number of hours, the rate of pay. We have done little exercises like that where we
have swapped things. It is not easy. You bring things back here and they all want the
best of what goes on elsewhere. We have compared holidays. But you do not the
whole story of why they got those conditions in the other countries.”
Al contempo le riunioni degli EWC permettono di conoscere anche le realtà produttive
del proprio paese, in particolare ciò è importante per la realtà Pirelli inglese. It is new
system for us – we are Pirelli UK with sites at Carlisle and Burton but up until the
EWC we were not in contact with the union representatives at Burton. We weren’t
used that works council system and being in contact. I also didn’t know anything about
Southampton and the cable side before I went on the EWC- I’d never heard of them.
The contact on the employee side needs to be better and maybe that is a problem on
the UK side.
Il miglioramento della comunicazione interna membri EWC però si avvantaggerebbe
anche di una maggiore continuità nella rappresentanza.
Ricadute dell’EWC sulla rappresentanza sindacale: Il delegato italiano (outsider) ammette
di avere alcune conoscenze sull’attività del EWC, ma di non avere mai provato a
presentare problematiche ai rappresentanti europei perché nella sua attività sindacale
pensa in termini solo nazionali. Anzi sottolinea che già i suoi compagni di lavoro sono
poco fiduciosi nei confronti del sindacato, per cui non si pone il problema di introdurre
una variabile di riferimento come quella della rappresentanza europea. L’informazione
ricevuta a livello di stabilimento dal segretario del EWC non suscita nessuna reazione
perché le rsu sono collegate alle problematiche di stabilimento. Probabilmente i
rappresentanti dei lavoratori in seno al EWC dovrebbero fare una vasta operazione di
sensibilizzazione.
Per il delegato inglese invece sarebbero importanti le seguenti condizioni:
• try to negotiate the use of substitutes at meetings if someone cannot go;
• it would be nice to know of representatives from other countries are not going to
show up at meetings beforehand;
• also need more understanding how multi national works, need more concentrated
training through the union about multi nationals are run.
Secondo il segretario dell’ EWC la comunicazione tra i membri del comitato è
auspicabile, ma non è ancora visibile. Ognuno porta il suo, ma non c’è il “nostro”, solo
contatti bilaterali con i catalani (CGIL).
I verbali vengono fatti circolare ai direttori del personale locale. Non ci sono
meccanismi di informazione orizzontali che coinvolgano il management in generare.
Interazione tra EWC e management: i rapporti si intensificano in occasione delle riunioni.
Per ogni esigenza di comunicazione e di tipo organizzativo il comitato ristretto
interagisce con la Direzione del personale. Nelle situazioni critiche si instaurano
rapporti diretti tra il comitato e il direttore del personale del gruppo.
123
Riunioni: di norma annuali, ma durante gli ultimi anni si sono sempre presentati problemi
contingenti, legati all’annuncio di riorganizzazione/ristrutturazioni che hanno
determinato le riunioni straordinarie di EWC (tre meetings straordinari su richiesta dei
sindacati). L’accordo li prevede ove si verifichino “importanti cambiamenti societari
(assetti societari e struttura organizzativa), e per apertura, ristrutturazione o chiusura di
sedi, impianti e siti produttivi”.
Informazione /consultazione: Meetings ordinari: documentazione fornita ex ante, ma dopo
che l’informazione è già pubblica.
Secondo il rappresentante inglese “we don’t tend to hear about issues until it has
happened or the process is well on the way. We get the argument that management
cannot disclose the information beforehand because of the shareholders. They say that
in Italy that when they announce a big decision which is going to hit the stock market
they have to report to certain people before it hits the press. So we don’t get to know
until the press publish it. We then get talking about say closures in France and we will
support the French and then the word will come down that they will close Italian
plants instead.
Involvement of EWC in decision making: la sensazione è che “our discussion on the EWC is
not going to change things”.
Il punto di frizione tra EWC e azienda riguarda il fatto che il Comitato viene a
conoscenza delle decisioni solo dopo che sono state prese.
Le informazioni infatti vengono sempre date dopo che sono state prese. L’accordo
recita ”Nelle nevralgiche situazioni di esuberanze di personale…. Licenziamenti
collettivi e sostanziali processi di ristrutturazione, il Comitato sarà informato e
consultato quanto prima rispetto all’attuazione delle decisioni. Quanto sopra non potrà
interferire nei tempi di attuazione delle stesse, fermo restando il rispetto di quanto
previsto dalle procedure, norme, leggi e accordi vigenti in ciascun Paese”.
Valutazione sulla utilità/influenza
Per quanto riguarda le decisioni della società, l’influenza dell’EWC non viene percepita
come determinante, mentre il sistema di relazioni industriali del paese sembra poter influire
concretamente. Questa valutazione è espressa sia dal management di gruppo che dai
rappresentanti dei lavoratori.
Tuttavia lo scambio interno e i rappresentanti dei lavoratori è ritenuto utile per finalità
conoscitive e comparative (cfr. punto sulla comunicazione)
Oltre a ciò i meetings consentono anche di conoscere meglio i problemi degli altri
stabilimenti del proprio paese. Questa per esempio è l’esperienza del membro inglese”For
20 odd years we never knew what happened at Burton. Even if we did not get a great deal
out of it, we were going to get more information than we had ever had in 20 years. No one
knew what happened in the factories in Italy before”.
Per il management UK l’esperienza EWC is useful more than influential. “We probably
see the benefit of the EWC from our point of view in terms of involving employees in
business issues at a higher level than they would normally get access to. So from an
industrial relations point of view we see it as quite positive, they have access to senior
people. They have access to a lot of information they can then diffuse it throughout the
business. So we do see it as a communication tool. That was one of the most positive things
we though for the company”.
124
EWC E POLITICA DEL PERSONALE/RELAZIONI INDUSTRIALI
L’azienda ha una politica europea, si scambiano più managers all’interno dell’Europa.
Ne consegue che il livello di europeizzazione degli attori è diverso, in quanto l’azienda ha
una predisposizione all’europeizzazione maggiore dei sindacati.
Secondo la percezione del delegato inglese “Milan is the central body of Pirelli and it is
not in your own country.. So your need an EWC to convey messages backwards and
forwards or to bring any points up. Downside it is a long way to go to attend a meeting.
La gestione societaria occupa spazi crescenti. “ In the last five or six years, I have
noticed and we’ve had feedback here from management, that Milan are running the factory
very closely, whereas before they allowed a lot of leeway. They are taking a lot of control,
more than employees would like because it ties the hands of management here”(delegato
inglese).
Da ciò però non sembrano derivare pressioni verso una qualsiasi europeizzazione delle
R.I che continuano a essere radicate a livello nazionale.
Il rapporto tra management societario e EWC non è molto stretto. Innanzi tutto la
partecipazione alle riunioni è limitata al Direttore del Personale del Gruppo. I direttori di
Divisione contribuiscono alla predisposizione del rapporto, ma non partecipano
direttamente. Pur facendo circolare i verbali delle riunioni EWC tra i responsabili del
personale, non sembra che la società solleciti il proprio management sul tema della
informazione consultazione sovranazionale, anzi sembra che al di fuori del personale ve ne
sia una ben debole conoscenza.
Anche nella percezione del manager inglese l’EWC è visto come uno strumento di
comunicazione a disposizione dell’azienda. Secondo il manager inglese “L’utilità dell’EWC
misurata in una scala of 1 to 10, it would score a 3 or 4 in terms of its current use. The
debate would be what would have to happen for it to be a 9 or 10. When you have other
recognised lines of communication, it is probably difficult to duplicate what you already
have in place. In terms of how we perceived it when it was set up as a good communication
line, I think it probably works. The thing that maybe doesn’t wok is the dissemination of
material”.
Lo stato delle relazioni industriali –UK: buone in entrambi gli stabilimenti con una
diminuzione (talora annullamento) del conflitto industriale.
La centralizzazione a livello corporate attualmente in atto sembrerebbe indebolire
l’autonomia nazionale e di sito. Union-management relations have got better over recent
years. Over the years the level of industrial conflict has decreased. The company is now
more selective in terms of who they employ.
Pratiche di informazione dei lavoratori: we had 10 years we had a large number of
redundancies at this Burton site when manufacturing stopped here. Relations with the
unions have been good and solid. It is a consultative relationship on the basis that we would
advice them as soon as possible if anything was coming up. There hasn’t been a history of
conflict.
We used to have what was known as core brief where everything was cascaded downthat has gone now- it is more stuck on noticeboards now. The core brief used to involve me
bringing the shift together and having a meeting with them. I have always done that as far as
I know but it used to be done by the management. We use to find out about the profitability
of the company and the future of the company.
The only thing we have now is a newsletter every quarter and that is about it. That is
one of my big complaints about this company., we don’t get the information we should
have. I would like to know where the company stands. We get to know a little about this
when we do wage negotiations. But I’d like to know more.
We have a monthly intranet based core brief which effectively tells the employees how
the business is running, what sales are like, how manufacturing is going. It is intranet based
so it goes through everybody who has a PC. For those without it goes on noticeboards.
125
Lo stato delle R.I. - Italia : il segretario dell’EWC che è anche rappresentante sindacale
da molti anni, sottolinea che le relazioni industriali hanno conosciuto fasi drammatiche: lo
smembramento dello stabilimento di Bicocca, la diminuzione di operai, la riallocazione dei
lavoratori e cambiamenti manageriali. Ciò ha comportato anche una consistente sostituzione
generazionale: giovani con giovani (oggi). Le relazioni sindacali sono segnate dalle vicende
della ristrutturazione che significa anche destrutturazione della produzione. Gli organici
Pirelli si riducono e cambiano identità.
Le caratteristiche contrattuali, contrattazione aziendale, non di gruppo, ma di unità
produttiva. unitamente alle vicende occupazionali (fisarmonica di allargamento e riduzione
della produzione) hanno creato di nel corso doppioni e ridondanze.
Tali emergenze sono state gestite, secondo il rappresentante sindacale, con uno stile di
informazione/consultazione meno efficace che nel passato. Nel passato era possibile una
discussione di merito. Ora la comunicazione avviene attraverso la proiezione di lucidi, con
minore disponibilità sostanziale. Forse il cambiamento è dovuto alla strategia globale e a
una minor possibilità di programmazione che induce il management a richiamare spesso il
motto “navigazione a vista”.
In Italia gli accordi di gruppo non si fanno da molti anni. C’è una procedura di
informazione consultazione a livello di Divisione e poi ci sono i premi di risultato riferiti
alle unità produttive, infatti essi misurano comportamenti e non risultati di bilancio.
Le due divisioni hanno caratteristiche diverse: la produzione dei pneumatici è
produzione di grandi numeri, mentre quelle dei cavi presentano dimensioni differenziate.Per
la produzione cavi sono attualmente attivi 6 stabilimenti. Il direttore del personale di
divisione sottolinea come le differenti realtà necessitino di soluzioni organizzative e del
personale differenziate.
Qui sta anche una peculiarità Pirelli, contrattazione di stabilimento e non di gruppo.
Secondo la valutazione del direttore del personale del gruppo in Italia le relazioni
industriali aziendali presentano ormai andamenti stabili. Il protocollo 1993 ha determinato
la riduzione delle occasioni del contendere.
L’azienda è sicuramente più trasparente oggi rispetto al passato, il rapporto tra
direzione del personale e sindacati si è ”modernizzato”.
Informazione/consultazione dei lavoratori: tutta la contrattazione aziendale è segnata
dall’esigenza di prendere atto dei diversi contenuti delle strategia manageriali e dal segno
del corporate governance che porta a scelte continuamente in discussione.
Da ciò il senso di frustrazione e di impotenza dei rappresentanti sindacali e alcune
riflessioni sul possibile (ma non attuale) ruolo dell’EWC come luogo di conoscenza e di
“preparazione per la negoziazione” per tutti i rapresntanti dei lavoratori.
Cae – relazioni industriali a livello nazionale
L’IMPOSTAZIONE DEL GRUPPO
Il direttore del Personale della società sottolinea che l’’impostazione dell’azienda nei
confronti del EWC è quella di attenersi agli obblighi di legge, cioè di rispettare le procedure
dell’articolo 6, di considerare EWC un organismo prima di tutto sindacale e di fornire
quanto richiesto dalla normativa.
In questa impostazione, il coinvolgimento del management aziendale è limitato in
quanto i rapporti sono gestiti dal Direttore Generale del Personale (Dr.Vergani) e gli
outsiders (management societario) sono presenti solo come esperti di problemi specifici e su
richieste tematiche da parte del sindacato. Il coinvolgimento viene deciso a livello corporate
126
(=Milano) quindi non è mai avvenuto che i responsabili del personale di altri paesi
partecipassero al EWC.
L’interazione tra il management esiste, è abbastanza continua, ma prescinde dal EWC.
Un punto importante nella visione del management è assicurare che ci sia sempre una
netta separazione tra le vicende locali e le vicende corporate essendo queste ultime l’oggetto
della consultazione/informazione. Ciò al fine di evitare uno scivolamento verso
atteggiamenti negoziali.
La netta divisione delle competenze tra corporate e locale si basa sulla constatazione di
una legislazione del lavoro non comparabile (es. la gestione degli esuberi deve seguire il
cammino della legislazione nazionale) e ciò non crea spazio per centralizzazioni o
coordinamenti delle vicende di lavoro.
La visione corporate di Pirelli è radicata nel tempo. In Italia Pirelli ha solo il 10% delle
attività. E’ una società globale con attività in tutto il mondo. Gli inputs procedono dal
general manager al business che è articolato in cavi, cavi, pneumatici.
La testimoninaza del manager inglese conferma la centralizzazione delle opzioni
strategiche:
“The headquarter involvment into the local affairs: Becoming more and more involved.
You only need to go back 5 years and it was very superficial. Now they try to manage
remotely….They want to get more involved even in the minutiae of the negotiations. When
I joined the company it was Pirelli UK Limited. It was effectively run and managed in the
UK. Milan left the UK alone to manage the UK business. That has changed. Where it was
80/20 in favour of UK managers here it is now reversed. A lot of the control is now with
Milan. And this can be seen as a consequence of global market and competition”
Il domain europeo per Pirelli è importante, ma non esclusivo. I pneumatici sono un
business globale, i cavi sono locali, globali e intermedi. Infatti si possono identificare
diversi mercati: a) mercato generale = costruzioni; b) utilities = locali nel senso delle
municipalizzate, ora però il contesto è mutato profondamente poiché con le privatizzazioni
abbiamo anche global players; c) cavi speciali: grandi commesse, tenders internazionali.
I processi di ristrutturazioni sono stati numerosi, contrazione del mercato, riassetto e
chiusura degli stabilimenti in vari paesi. Sono decisioni che vanno a colpire singoli paesi e
che sono soggette a informazioni fornite ai sindacati nazionali, a negoziazioni secondo le
procedure nazionali ecc…
Rispetto a queste vicende, l’informazione ai EWC è “aggiuntiva” poiché non è quella la
sede per analizzare problematiche che hanno impatti e gestione locale. Solo eventi che
interessano più paesi possono essere oggetto di informazioni agli EWC.
La tempistica delle decisioni strategiche e dell’informazione: il Consiglio di
Amministrazione deve prima deliberare e poi si pone il problema
dell’annuncio/informazione al EWC.
Entrando nella procedura di consultazione informazione a livello europeo, da un lato si
sottolinea che ogni paese ha le sue relazioni industriali, le sue procedure informative, i suoi
vincoli di legge. Lo spazio europeo è quindi visto come spazio residuo.
La richiesta del segretario EWC di convocare una riunione avviene di solito in seguito a
comunicati aziendali sugli assetti societari. La direzione del Personale cerca di far
coincidere i tempi della divulgazione di queste informazioni con la comunicazione al EWC.
La controversa tempistica dell’informazione fornita a EWC: secondo il direttore del
personale del gruppo è impossibile fornire informazioni prima che il consiglio di
amministrazione si sia riunito. Per fornire l’informazione dovuta ai rappresentanti dei
lavoratori si cerca di procedere in contemporanea con il comunicato stampa, ma non può
anticipare i tempi.
Si ammette anche il problema dei destinatari dell’informazione: prima Ewc o il
sindacato nazionale? Infatti il sindacato nazionale viene percepito come l’interlocutore
primario in quanto è con lui che si concludono gli accordi. Il potere negoziale reale
appartiene ai sindacato nazionali e sottrarre comunicazioni a questi interlocutori per fornirli
127
al EWC che non ha poteri negoziali sembra fuori luogo. Si ammette l’esistenza del doppio
binario e un diverso grado di percezioni di questa problematica tra management e direzione
del personale.
Allargamento: no se non è richiesto dalla direttiva (niente Turchia); allargamento
Slovacchia Ungheria probabile nel nuovo accordo, ove le condizioni si siano verificate.
Per la programmazione degli incontri si segue la lettera dell’accordo.
In generale non si attribuiscono valori strategici all’EWC poiché esistono troppe
differenze culturali e normative in Europa. Pertanto, allo stato dei fatti, l’esistenza del EWC
non porta cambiamenti nelle RI.
Il vero condizionamento percepito e ammesso è quelli della UE (in quanto regolatore
delle politiche sociali e del lavoro o in quanto regolatore economico ???). Non si ha
percezione su una evoluzione di questo organismo.
Infatti nell’ammettere la centralità di informazione e consultazione, si rileva poi chein
assenza di una prospettiva negoziale il processo attivato nel EWC diviene inefficace.
D’altronde non si riesce a immaginare questa evoluzione in quanto la negoziazione è
legata alle legislazioni nazionali del lavoro.
Il management Pirelli si è probabilmente evoluto rispetto al EWC, essendo partito da
una prospettiva difensiva. La esperienza condotta in tema di informazione e consultazione a
livello europeo non ha rallentato il processo decisionale.
Non si vedono grandi prospettive di evoluzione dell’esperienza. Ci si consoce di più,
ma non c’è molto altro.
Nella visione dell’outsider del management, Dr. Ruchman, l’impegno alla
predisposizione del materiale informativo è rilevante. Il materiale è il più completo
possibile: posizionamento della società e dei diversi business, investimenti, redditività
ecc..Tuttavia gli adempimenti locali seguono invece una logica diversa: informazione
puntuale da parte della società, allerta ai sindacati, deliberazioni CDEA, procedure. Non
vede che spazio si possano ritagliare i EWC in questo meccanismo.
Percezione livello informazione (consultazione ) Europa: sì, mondo no.
L’allargamento a est implica problemi di integrazione culturale, si vedrà quando si
dovrà fare.
RSU e integrazione europea: per il management c’è l’internazionalizzazione, per il
sindacato meno.
Il management è abituato a confrontarsi con regolarità a livello del personale, ad
attribuire molta importanza al feed back.Evoluzione EWC: secondo il Dr. Ruchman per ora
il EWC è un organismo a metà strada. Le legislazioni sono nazionali, il campo di
competenza è ridotto. Gli interlocutori rilevanti per la gestione del personale sono gli
interlocutori locali perché poi questi sono i negoziatori.
Considerazioni generali:
Le aspettative dei rappresentanti dei lavoratori sulla informazione consultazione
europea:
• necessità di conoscere meglio le realtà della contrattazione di gruppo;
• miglior utilizzo della conoscenza ai fini del processo negoziale interno;
• diffusione di una “coscienza di gruppo” in grado di evolvere verso i sentieri della
negoziazione europea;
• migliori ricadute della coscienza di gruppo presso i sindacalisti impegnati nella
negoziazione locale;
• bisogno di formazione per una migliore utilizzazione dello strumento EWC ;
• miglioramento del processo di informazione (tempi) nel EWC;
Gli italiani auspicano un EWC italiano (comitato di tutti i siti con rielaborazione
strategie diffusione) per aumentare l’informazione interna (EWC di secondo livello??).
Francesi, spagnoli, e italiani sono abbastanza concordi sulle linee di sviluppo: il
rafforzamento del comitato può avvenire attraverso azioni sindacali comuni.
128
Il Gruppo Riva
di Davide Dazzi e Volker Telljohann
Il gruppo
Il Gruppo Riva coinvolge un complesso di imprese che operano nel campo delle
produzioni siderurgiche e delle attività ad esse collegate tra cui l’attività di recupero
rottame, la produzione di materiale refrattario, la produzione di cilindri di laminazione e
l’attività armatoriale. Il successo del gruppo è riscontrabile dalle posizioni di spicco
raggiunte sia sul mercato nazionale italiano, dove è il leader indiscusso, sia in Europa, sesto,
sia a livello mondiale, in rapporto al quale ricopre il nono posto del settore.
Il Gruppo Riva nasce nel 1954 su iniziativa dei fratelli Riva di avviare una propria
attività nella lavorazione e commercio di rottami ferrosi per sopperire alla scarsità di
materiali nel dopoguerra e l’apertura del primo stabilimento avviene il 7 marzo nel 1957 a
Caronno Pertusella, nei pressi di Milano, con la denominazione Acciaierie Ferriere Riva. Il
successo del Gruppo deriva prevalentemente dalla capacità di snellire la produzione e la
trasformazione delle materie prime attraverso stabilimenti moderni e specializzati (furono i
primi ad introdurre in Italia la colata continua) in grado di consegnare i prodotti richiesti in
tempi brevissimi e ridurre i costi fissi al minimo.
La prima acquisizione internazionale risale al 1962 con il tentativo di
internazionalizzarsi con la costruzione ad Addis Abeba di una fabbrica che sospinse
l’Etiopia allo sviluppo edilizio. La suddetta esperienza internazionale naufragò in seguito
alla nazionalizzazione della fabbrica durante il colpo di stato del 1975. La dimensione
nazionale ed internazionale assume forme sempre più espanse e vede un susseguirsi di
acquisizioni anche verso paesi extracomunitari:
• nel 1971 si assume la gestione della società spagnola SIDERURGICA SEVILLANA,
• nel 1974 viene costituita a Montreal in Canada la Associated Steel Industries (ASI) ed
acquisizione di una quota maggioritaria della ITON Seine,
• nel 1978 comincia ad esportare in Cina rompendo il monopolio giapponese,
• nel 1981 viene acquisita la società OFFICINE E FONDERIE GALTAROSSA di Verona,
• nel 1988 il controllo di maggioranza delle ACCIAIERIE DI CORNIGLIANO passa al
Gruppo Riva realizzando la prima privatizzazione di uno stabilimento siderurgico a ciclo
integrale in Italia ed al contempo si attua un’altra privatizzazione in Francia acquistando
la quota di maggioranza della ALPA (Aciéries et Laminoirs de Paris),
• nel 1989 nasce la THY MARCINELLE per la realizzazione dell’acciaieria elettrica,
• nel 1991, successivamente all’unificazione tedesca, il Gruppo acquisisce, nel contesto
generale di privatizzazione della RFT, due stabilimenti nel berlinese per la cui gestione
nel 1994 sono create due società: la BRANDENBURGER ELEKTROSTAHLWERKE e
HENNIGSDORFER ELEKTROSTAHLWERKE,
• nel 1995 ILVA spa (precedentemente gruppo a partecipazione maggioranza pubblica)
viene inglobata al gruppo,
• nel 1996 è acquisito il 100% dello stabilimento di Sellero per la produzione di travi,
• nel 1997 viene acquisita la maggioranza della HELLENIC STEEL di Salonicco,
• 2000 il gruppo francese SAM entra a far parte del Gruppo Riva
129
Oggi il Gruppo Riva possiede 40 impianti produttivi e di lavorazione distribuiti su tre
continenti: Europa, Nord America (Canada) e Africa (Tunisia) con un’evidente
concentrazione in Europa. Nonostante l’internazionalizzazione della produzione siderurgica,
si riscontra ancora una predominante componente italiana in termini di produzione (il
63,4%) ed di fatturato (il 68,2%)e la stessa direzione centrale è ubicata nella città di Milano.
Il Gruppo conta al suo interno anche 28 tra Centri Servizi e Società commerciali.
Le principali produzioni del Gruppo nel 2001 sono state: acciaio grezzo (15,026 Mt),
ghisa (8,177 Mt), coils (serpentine) (5,773 Mt), freddo (3,119 Mt), vergella (3,758 Mt),
barre, rotoli e tondo ribobinato (2,182 Mt), prodotti rivestiti, quali zincati, elettrozincati,
banda stagnata ecc. (1,753 Mt), lamiere da treno (0,700 Mt), tubi di grande diametro (0,368
Mt). La produzione complessiva si assesta attorno a 23,680 milioni di tonnellate all’anno.
Le imprese del Gruppo (Figura 1) presidiano tutti gli stadi della filiera siderurgica, a
partire dalla produzione di acciaio grezzo effettuata sia a ciclo integrale che a forno
elettrico, ed, attraverso la laminazione a caldo e a freddo, fino a quella degli acciai rivestiti e
finiture specialistiche dei prodotti finali del ciclo. Osservando la composizione dei prodotti
si intuisce che il Gruppo è totalmente focalizzato su un unico business, l’acciaio appunto,
attorno al quale girano tutte le altre attività del Gruppo: lo shipping per quanto riguarda
materia prima o semilavorati, società di autotrasporto per la logistica dell’acciaio e diverse
tipologie di produzione e lavorazione dell’acciaio.
Essendo un Gruppo a capitale familiare, la struttura della Holding, Riva Acciaio Spa,
presenta una gestione centralizzata soprattutto per la complessa rete commerciale e di
marketing. Il Gruppo Riva tende attraverso una strategia gestionale ampia e generale a
fornire una cornice di funzioni di supporto e di patrimonio di know how all’interno della
quale le varie singole realtà societarie trovano la loro autonomia in termini di mercato,
produzione e direzione. Il ciclo produttivo non viene differenziato dal punto di vista
territoriale in quanto ogni singolo stabilimento concentra i propri fattori di produzione su
una particolare tipologia di lavorazione dell’acciaio: ad esempio l’Italia produce sia prodotti
piani sia prodotti lunghi mentre negli altri paesi si realizzano prevalentemente prodotti
lunghi ad eccezione di Grecia e Tunisia dove si è sviluppata una lavorazione di prodotti
piani a fasi successive.
La distribuzione dei dipendenti si caratterizza per una ancora massiccia concentrazione
della forza lavoro in Italia dove si raccoglie circa l’80% del numero complessivo dei
lavoratori (Tabella 1).
Tabella 1. Distribuzione dei Siti Produttivi e dei Centri di Servizio nell’Unione Europea, numero di dipendenti e
sindacalizzazione.
Nazioni
Belgio
Francia
Siti
Germania
Italia
Grecia
Spagna
Totale
Dipendenti
Fontaine l’Eveque, Charleroi
Bonnieres sur Seine, Creil, Gargenville,
Montreau, Neuves Maisons, Saint Just Saint
Rambert, Senas, Vauvert Chatillon le Duc,
Lyon, Rouen
Hennigsdorf, Brandenburg, Lampertheim
Novi ligure, Cerveno, Lonato, Malegno,
Sellero, Lesegno, Racconigi, Patrica, Genova,
Annone Brianza, Varzi, Salerno, Taranto,
Caronno Pertusella, Verona
Paderno Dugnano, Usmate Velate, Acerra,
Legnaro, Torino, Verona, Marghera,
Taranto, Varzi, Patrica
Salonicco
Alcalà de Guadaira
Legenda: Centri Produttivi e Centri di Servizio
130
Tasso di Sindacalizzazione
347
70
1670
circa 50
1548
65
19131
32
486
330
23512
89
29
La sindacalizzazione dei vari stabilimenti del Gruppo è espressione sia della
tradizionale forte presenza sindacale nel settore siderurgico sia delle peculiarità industriali
nazionali. Infatti in Italia il tasso di sindacalizzazione si è fortemente ridotto negli ultimi
anni (prima superava il 50-60%) in seguito ad un deciso ricambio generazionale del
personale attraverso un significativo prepensionamento imposto per legge come compenso
per una esposizione dannosa e prolungata all’amianto. In termini di sindacalizzazione
italiana è necessaria una distinzione tra il Gruppo Riva in generale ed il Gruppo Ilva, al
primo annesso, in cui si riscontra un’acuirsi delle normali tensioni tra sindacato ed azienda.
Infatti a livello di Ilva nonostante esista un coordinamento nazionale unitario tra Fiom, Fim
Uilm, continua a persistere un utilizzo strumentale del sindacato. Inoltre si verifica uno
scollamento tra una politica collaborativa proposta dall’area manageriale e una politica di
osteggiamento attuata sistematicamente dai responsabili locali delle unità produttive. Il
tasso di sindacalizzazione in Germania premia invece sia una tradizionale presenza del
sindacato nella siderurgia sia un articolato intervento di IG METALL finalizzato alla
creazione di strutture sindacali di supporto in concomitanza con il sorgere delle prime
strutture del governo federale. La Francia presenta un tasso di sindacalizzazione
differenziata in relazione allo stabilimento, ovvero si riscontra una bassa iscrizione
sindacale negli stabilimenti di ventennale appartenenza al gruppo mentre si rileva un tasso
di sindacalizzazione più spinto per gli stabilimenti che facevano parte del Gruppo SAM
francese, che, essendo di origine pubblica, presentava valori del tasso nettamente più alti
della media nazionale. In Spagna ed in Belgio si rileva un buon rapporto tra azienda e
sindacato mentre in Grecia le relazioni industriali sono definite “pessime” dal Presidente del
Cae.
131
Figura 1: Le principali Società del Gruppo Riva
Accordo Cae del Gruppo Riva
Il processo di costituzione del Cae per il Gruppo Riva ha seguito delle traiettorie
particolari, avendo trovato come primo promotore nel 1994 il sindacato metalmeccanico IG
Metall tedesco e solo in un secondo momento nel 1998, anche in seguito al conseguimento
di una consistente porzione del panorama industriale italiano attraverso l’acquisizione del
Gruppo Ilva, recepito e sospinto dal sindacato italiano. La fase precedente la costituzione
del Cae è stata teatro di diversi incontri tra la Delegazione Speciale di Negoziazione,
essendo un accordo scaturito sulla base dell’articolo 6 della direttiva, e l’azienda attraverso
le quali l’idea iniziale ha preso una forma concreta e dettagliata.
La creazione del CAE rispondeva ad una duplice finalità in relazione all’attore
interessato. Da una parte l’azienda era interessata sia ad un monitoraggio sulle varie realtà
produttive distribuite sul territorio europeo sia ad amalgamare la frammentarietà aziendale
del Gruppo in un unico spirito di appartenenza attraverso un’estensione di corporate
identity. Dall’altra parte si manifesta l’interessamento da parte sindacale per un accesso più
agevole a informazioni sulle strategie del gruppo, nuove esperienze di condizioni lavorative
e contrattuali da cui attingere per possibili istanze di miglioramento.
L’accordo del 1998 prevede una durata quadriennale con un rinnovo automatico, salvo
la disdetta di una delle parti contraenti. La modifica più significativa apportata al testo
132
originale dell’accordo, dalla data di costituzione ad oggi, consiste nell’aggiunta di un
rappresentante francese nella struttura del CAE come espressione di una maggiore incidenza
francese sulla dimensione industriale del Gruppo in seguito all’annessione del Gruppo
SAM. L’attuale composizione del CAE consta di 13 delegati delle nazioni europee dove
sono presenti unità produttive del Gruppo, con esclusione quindi di Canada e Tunisia: 6
italiani, 2 tedeschi, 2 francesi, 1 greco, 1 belga e 1 spagnolo. Nell’organigramma del CAE si
riscontra l’assenza di una partecipazione femminile, essendo il settore siderurgico
tradizionalmente appannaggio del genere maschile. Infatti nonostante la popolazione
impiegatizia rilevi un’incidenza femminile pari al 30-35%, quando si considera la totalità
della popolazione lavorativa attiva nel Gruppo la partecipazione femminile scende attorno al
10%.
All’interno del CAE stesso è stato ricavato un organismo più snello e dinamico, il
Comitato Ristretto, a cui è affidato il compito di concordare con la Direzione del Gruppo
l’ordine del giorno delle riunioni. Il suddetto organismo racchiude al suo interno 7 dei 13
membri ordinari ed in specifico sono: 3 italiani, 1 tedesco, 1 spagnolo, 1 greco ed il belga
ruota con i francesi nel rispetto di una logica linguistica. L’accordo prevede due incontri
ordinari all’anno del Comitato Ristretto, a cui partecipa anche il management, ed una
riunione del CAE. Successivi aggiustamenti risultanti dalla prassi dialettica tra il Cae e
l’azienda hanno indotto quest’ultima a permettere il verificarsi di due riunioni del Cae e di
un incontro del Comitato Ristretto, per un totale di 7 incontri del Cae dal 1998, di cui 6 a
partire dal 2000. Ogni riunione del Cae è preceduto da un incontro a “porte chiuse” in cui i
rappresentanti dei lavoratori pianificano quali interrogativi porre al management nel giorno
successivo.
Il management che ricopre il ruolo di interlocutore si identifica con il Responsabile
delle Risorse Umane e Relazioni Industriali, che è contemporaneamente Capo del Personale
in Germania. Durante le riunioni del Cae è accompagnato da alcuni suoi collaboratori e
solitamente da un rappresentate aziendale del Paese in cui l’incontro ha luogo. Nelle ultime
riunioni è stato richiesto l’intervento specifico del Direttore tecnico generale unitamente al
Responsabile delle Risorse Umane e delle Relazioni Industriali.
CONTESTO SIDERURGICO
Una recente normativa italiana ha sancito l’inesorabile abbandono della produzione del
ciclo a caldo nel settore siderurgico, ritenendola dannosa per l’ambiente. Il Gruppo Riva, i
cui stabilimenti maggiori hanno impostato la lavorazione proprio su questa modalità, si è
trovato nella situazione di richiedere l’intervento del governo perché scongiurasse, con le
necessarie garanzie finanziarie, il licenziamento di molti dipendenti, 1200 nel solo
stabilimento di Cornigliano (Genova). La tensione aziendale ha portato all’esasperazione
del rapporto tra azienda e sindacati, sfociata poi in scioperi unitari, soprattutto nel momento
in cui il Gruppo Riva ha deciso di annullare il piano di investimenti nello stabilimento di
Taranto, soggetto ad un’ordinanza di chiusura della cokerie da parte della magistratura
tarantina. Le scelte politiche sulla siderurgia italiana sono state motivo di discussione in uno
degli ultimi incontri del Cae e i membri del Comitato si sono dimostrati preoccupati per le
dirette conseguenze sui programmi industriali del Gruppo e sulle inevitabili ricadute sul
piano occupazionale. La fase di riorganizzazione essendo dovuta a motivazioni prettamente
di politica nazionale è circoscritta al solo territorio italiano. Contemporaneamente si assiste
ad un incremento di investimenti verso gli altri stabilimenti europei, coerentemente con una
politica aziendale volta a rinvigorire e stabilizzare gli impianti produttivi in concomitanza
dei periodi di crisi di settore.
133
GRUPPO DI LAVORO SU SALUTE E SICUREZZA
Durante gli incontri del Cae era emerso da parte dei rappresentanti dei lavoratori la
volontà di costituire un Comitato apposito che trattasse delle tematiche concernenti Salute e
Sicurezza. Tale volontà ha preso forma, con l’avallo aziendale, nell’istituzione di una
commissione bilaterale su Salute e Sicurezza in cui confluiscono membri del Cae e
rappresentanti manageriali. All’interno della suddetta Commissione trovano spazio di
rappresentanza gli stabilimenti del Gruppo che partecipano alle riunioni del Cae, garantendo
comunque un rappresentante per ogni Paese. Le ipotesi future di ampliamento prevedono di
coinvolgere in termini rappresentativi tutti gli stabilimenti del Gruppo, estendendo quindi la
partecipazione anche alle fabbriche minori. La finalità che tale Commissione intende
perseguire è, dal punto di vista sindacale, conoscere e monitorare tutte le realtà del Gruppo
su aspetti inerenti Salute e Sicurezza e, dal punto di vista manageriale, responsabilizzare le
parti in causa avviandole ad un più incisivo coinvolgimento decisionale.
Risorse del Cae
Allo stato delle cose il Cae non fruisce di strutture proprie ed indipendenti ma per ogni
singola necessità tecnico-logistica o di comunicazione si rivolge al Responsabile delle
Relazioni Industriali, il quale mette a disposizione le proprie segreterie nei vari stabilimenti.
I membri del Cae non godono quindi di una autonomia strumentale. In conformità
all’accordo l’azienda fornisce un supporto di interpretariato e documenti relativi
all’incontro, permette la visita agli stabilimenti presso i quali si svolgono gli incontri del
Cae, garantisce la copertura economica e le necessarie tutele normative ai membri del Cae,
ha avviato un processo di informatizzazione della comunicazione ma non definisce un
budget specifico da cui l’organismo Cae può attingere. Al termine degli incontri la parte
manageriale non provvede a redigere un verbale delle riunioni, reputando la comunicazione
orale sufficientemente esauriente, e non è mai stata presentata alcuna richiesta sindacale
perché ciò avvenisse.
ESPERTI
Allo stato delle cose i delegati del Cae hanno ritenuto sufficientemente soddisfacente
avvalersi dell’apporto e supporto tecnico e conoscitivo dei tre sindacalisti esterni
rinunciando finora alla compartecipazione di ulteriori tre figure di esperti esterni, come
previsto dall’accordo. Solitamente i sindacalisti esterni, che offrono il proprio contributo
professionale, sono un italiano, un tedesco ed un belga, anche se nell’ultimo incontro il
sindacalista belga è stato sostituito da un sindacalista greco. La presenza dei sindacalisti
esterni riflette l’importante contributo offerto dalle organizzazioni sindacali in fase di
costituzione del Cae. Infatti la Delegazione Speciale di Negoziazione era composta
prevalentemente da sindacalisti esterni, in particolar modo nel caso italiano (predominanza
Fiom) e nel caso tedesco (IG Metall), che si sono dimostrati essere interlocutori stimolanti,
dinamici e capaci di innescare un processo dialogico costruttivo con l’azienda. Tutte le
nazioni che attualmente trovano una rappresentanza nel Cae hanno rivestito anche un ruolo
importante all’interno della Delegazione Speciale di Negoziazione, ad eccezione della
Grecia che ai tempi non era ancora sede degli stabilimenti del Gruppo. Entrambe le parti
intervistate riconoscono il valore aggiunto fornito dai sindacalisti esterni, abili a non
inviluppare le tematiche affrontate nel Cae in un solo contesto nazionale e ad ergere il
134
livello qualitativo dell’incontro dialettico fungendo anche da raccordo tra le parti per
appianare le discrepanza linguistiche e culturali.
FORMAZIONE
Articolo 11 dell’Accordo di Istituzione del Cae sancisce l’impegno aziendale di
intensificare la comunicabilità all’interno del Cae attraverso corsi di formazione, soprattutto
per quanto concerne la lingua. Finora è stato organizzato un corso di lingua inglese e si
attende ora un corso di informatica di base in modo tale da rendere indipendente il delegato
nella gestione della posta elettronica. La parte del management non ha mai partecipato a
degli incontri rivolti alla formazione in tema di Cae.
FUNZIONAMENTO
L’incontro annuale ordinario individua tre momenti distinti. Nel primo momento il
Comitato Ristretto si riunisce, precedentemente alla riunione, allo scopo di definire l’ordine
del giorno e si incarica anche di inviarne una copia a tutti i membri del Cae ed ai
rappresentanti manageriali. In un secondo momento il Cae, allargato a tutti i suoi
componenti, si riunisce il giorno prima dell’incontro con il management per discutere in
merito ad eventuali integrazioni da apportare all’ordine del giorno predefinito e per stilare,
in forma scritta, un elenco di domande da presentare al management il giorno successivo.
Essendo questa un’occasione di incontro esclusivamente per i rappresentanti dei lavoratori
interni e i sindacalisti esterni, si coglie l’occasione per scambiarsi vicendevolmente le
esperienze nazionali e le impressioni in tema di relazioni industriali. Il terzo giorno prevede
l’incontro tra il Cae ed il Management in questo caso rappresentato dal Responsabile delle
Relazioni Industriali, i suoi collaboratori e solitamente un rappresentante manageriale del
Paese in cui si svolge l’incontro. La prima fase dell’incontro consiste in una presentazione
dell’andamento aziendale e delle strategie ipotizzabili cercando di essere il più aderente
possibile alle tematiche evidenziate nell’ordine del giorno presentato dal Comitato Ristretto.
Nella seconda parte della giornata, in quanto l’incontro occupa mattina e pomeriggio, si
apre un dibattito tra le due parti in causa attraverso il quale si cercano di offrire delle
delucidazioni su eventuali incomprensioni nella presentazione e si approfondiscono
specifiche tematiche, in particolar modo Salute e Sicurezza e “ il miglioramento delle
relazioni sindacali nelle singole unità specifiche”. Al termine non viene redatto alcun
verbale della discussione finale e solamente se vi sono richieste specifiche l’azienda si
preoccuperà di inviare documenti scritti ai vari membri del Cae.
Contenuto delle informazioni e sua valutazione
Le informazioni fornite durante la presentazione del management tendono a toccare
tutti gli argomenti elencati nell’Accordo di Costituzione: “…Dai dati di bilancio
all’approvazione di bilancio, all’andamento economico, alla situazione di mercato, prezzi,
andamento dei prodotti, tutti i dati occupazionali quantitativi e qualitativi e tutte le
evoluzioni significative del gruppo nei periodi di riferimento, andamento delle
contrattazioni nei diversi paesi…”. La documentazione relativa alla presentazione del
Management viene spedita ai membri del Cae nei giorni precedenti alla riunione e inoltre
ogni dato aziendale ed occupazionale viene commentato e spiegato dal management durante
la presetnazione, attraverso l’interpretariato, in modo tale che nessun dato rimanga
135
incompreso. Il rappresentante dei lavoratori interno al Cae ha messo in evidenza un
progressivo aumento della qualità e della quantità dell’informazione, soprattutto negli ultimi
due anni con l’arrivo del nuovo Direttore del Personale e delle Relazioni Industriali, ma si
dovrebbe migliorare ulteriormente in termini di traduzione e tempestività. Infatti le
informazioni sono comunicate a livello comunitario esclusivamente durante la riunione
annuale, per cui le stesse informazioni risulterebbero tempestive qualora le decisioni
operative venissero prese prima della data dell’incontro o in caso contrario risulterebbero
tardive.
I vari livelli di interazioni
INTERAZIONI TRA IL MANAGEMENT
La distribuzione delle informazioni a livello manageriale è demandata alla arbitrarietà
dell’interlocutore manageriale che presenzia agli incontri del Cae: il Direttore delle Risorse
Umane e delle Relazioni Industriali. Infatti non essendoci verbali scritti e anteponendo la
comunicazione orale alla documentazione scritta, la distribuzione dei risultati emersi in sede
di Cae si appoggia su un sistema informale e non strutturato.
INTERAZIONI TRA I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
La distribuzione delle informazioni tra i rappresentanti dei lavoratori interni ed esterni
al Cae avviene informalmente e dipende molto dalla “buona volontà del membro del Cae”
di diffondere quanto emerge dagli incontri con il Cae. La mancanza di verbali scritti rende
ancora più difficoltosa l’attività di condivisione dei risultati. La prassi ha portato alla
costituzione di un coordinamento informale costruito sulla frequente relazione, dovuta alla
vicinanza geografica, tra il Presidente del Cae ed il Responsabile delle Relazioni Industriali
del Gruppo. Infatti i due portavoce delle parti in causa, incontrandosi per esigenze di lavoro
esterne al Cae, si tengono reciprocamente informati su eventuali dinamiche ed esigenze di
carattere comunitario.
In merito alle diversità delle culture sindacali e a come queste incidano sul normale
svolgimento dell’attività del Cae si riscontrano due posizioni diverse. La prima, emergente
dall’intervista con il rappresentane sindacale interno al Cae, evidenzia sì diversi approcci
sindacali nazionali ma reputa che tali discrepanze siano superate dalla volontà e
dall’impegno dei delegati di trovare una posizione comune e comunitaria, come è accaduto
appunto sul tema della Salute e Sicurezza. La seconda opinione, espressa dal rappresentante
manageriale interno al Cae, identifica nel diverso atteggiamento sindacale un reale ostacolo
all’espletamento delle funzioni del Cae. Infatti definisce conflittuale la cultura di relazioni
sindacali francese e greca e le reputa impreparate ad entrare in una logica comunitaria di
acquisizione e costruzione di informazioni che non dovrebbe avere immediatamente in sede
europea il punto di confronto. Inoltre, secondo l’interlocutore manageriale, i diversi
approcci sindacali riflettono anche una diversa preparazione professionale dei delegati
sindacali. Invero i delegati tedeschi, il cui sistema di relazioni industriali è fortemente
collaborativo, e in maniera più controllata i delegati italiani dimostrano di essere meglio
preparati dal punto di vista dell’elaborazione concettuale su tematiche che trascendano la
territorialità nazionale. A tal proposito è significativo sottolineare l’area di applicazione del
meccanismo di calcolo del premio di produzione aziendale: Italia, Germania e Belgio
adottano la medesima modalità di calcolo della produttività mentre Francia e Grecia si
136
dimostrano ostili ad accettare una valutazione della produttività tramite un procedimento
comune.
Il rapporto informale dei rappresentanti dei lavoratori è intralciato dal fatto di non avere
una lingua in comune. Nessuno dei rappresentanti possiede una sufficiente padronanza della
lingua inglese e per comunicare tra loro ricorrono alla tecnica “dell’arrangiarsi”.
Risultati del Cae
IMPATTO SUL CORPORATE DECISION MAKING
Il Cae non ha ancora acquisito poteri contrattuali ma negli ultimi anni si sono create le
occasioni per le quali l’azienda ha ritenuto opportuno tramutare operativamente quanto
proposto e consigliato dal Cae. Innanzitutto la Costituzione di una Commissione Bilaterale
al fine di monitorare le molteplici realtà produttive sui temi di Salute e Sicurezza. In
secondo luogo è stato chiesto ed ottenuto di istituire un coordinamento nazionale in Francia
affinché si trovasse un organismo di raccordo tra le numerose unità produttive in territorio
francese. Infatti negli altri paesi esiste solo uno stabilimento per paese e quindi il controllo
appariva meno problematico mentre in Francia, dove si è creata addirittura una Sub
Holding, il numero di stabilimenti ha indotto l’azienda a trovare una soluzione alternativa.
CORPORATE IDENTITY
La parte manageriale reputa il Cae uno strumento utile ad avvicinare il lavoratore
all’azienda attraverso un processo di fidelizzazione. Infatti soprattutto per le realtà
produttive minori, il Cae innesca un meccanismo amalgamante che contribuisce a
diffondere un senso di appartenenza ad una realtà multinazionale.
ARMONIZZAZIONE DELLE POLITICHE DEL LAVORO
Attraverso la costituzione della Commissione Bilaterale su Salute e Sicurezza si intende
arrivare a delineare un quadro regolativo verso cui tutte le singole realtà produttive europee
dovranno convergere. Si vuole quindi dare una direzione comune a tutte le discipline
nazionali in tema di Salute e Sicurezza. Da un lato tale organismo potrebbe rappresentare
uno stimolo continuo a migliorarsi in un ottica di confronto costruttivo e dall’altro potrebbe
rappresentare uno strumento utile all’azienda per mantenere un controllo costante sulle
realtà locali.
Conclusioni
Il Comitato aziendale europeo sembra essere fortemente influenzato dalla figura del
Direttore delle Relazioni Industriali che intreccia rapporti informali, traendo vantaggio dalla
propria posizione lavorativa, sia con il Presidente del Cae che con gli esponenti aziendali
interessati al Cae. La centralità della figura manageriale ha comportato quindi un
intensificarsi, nella prassi, di relazioni informali preferendole ad un’ufficializzazione
normativa.
137
Dall’intervista al rappresentante manageriale interno si arguisce l’intenzione aziendale
di utilizzare il Cae come uno strumento di esportazione di una cultura di relazione
industriale imperniata su un principio collaborativo, ne è prova il canale comunicativo
preferenziale accordato ad Italia e Germania. Infatti, attraverso un processo di
benchmarking, l’azienda si propone di raggiungere un’omogeneità di regole di relazioni
industriali e di avere un’unica sede europea di coordinamento, sul modello del sistema
tedesco. A dimostrazione dell’ipotesi suddetta si evidenzia anche il tentativo manageriale di
controllo di quelle realtà nazionali, caratterizzate da una cultura di relazioni industriali
conflittuali, attraverso l’istituzione di un coordinamento nazionale, in Francia, ed una
gestione diretta, in Grecia.
La parte dei rappresentanti sindacali reputa l’esperienza del Cae positiva in quanto
permette un confronto di esperienze di relazioni industriali nazionali utili ad una crescita
consapevole. Inoltre attraverso l’istituto del Cae si è avuta la possibilità di delucidare alcune
posizioni sia sindacali che aziendali riuscendo a sciogliere delle incomprensioni che col
tempo avrebbero inasprito i rapporti sindacato-azienda.
Proposte di miglioramento
Le proposte di miglioramento che scaturiscono dalle interviste sono essenzialmente tre.
Innanzitutto una maggiore attenzione, soprattutto per il caso italiano, per le materie trattate
nel Cae in modo tale da vivere il momento dell’incontro annuale come qualcosa di
importante da anteporre alle specifiche problematiche nazionali. In secondo luogo si
suggerisce di infittire la circolazione delle informazioni risultanti dagli incontri
accentuandone la capillarità e la frequenza affinché la funzionalità del Comitato aziendale
europeo possa esprimersi a pieno. In ultimo si propone di attribuire al Cae anche un potere
negoziale parziale, una negoziazione di quadro. Ossia costituire, sull’esperienza positiva
della Commissione su Salute e Sicurezza, organismi atti ad analizzare una materia specifica
e successivamente, sulla base di un confronto a livello comunitario, definire un indirizzo
comune a cui le varie realtà locali si adatteranno.
138
Il gruppo Whirlpool
di Davide Dazzi e Volker Telljohann
Sintesi
Il Whirlpool Europe Employee Committee (WEEC) è operativo da sette anni e si è
inserito in un contesto di relazioni industriali di carattere cooperativo. In questo periodo il
WEEC ha assunto in più occasioni un ruolo attivo nell’ambito di processi di
ristrutturazione. Anche se in certi casi il WEEC è riuscito ad influenzare le modalità di
implementazione di certe decisioni del management della Whirlpool Europe, rimane
comunque ancora aperto il problema di una definizione chiara e condivisa del ruolo del
WEEC. Valutazioni ed aspettative dei rappresentanti dei lavoratori variano a seconda del
paese di provenienza e dell’efficacia del rispettivo modello di relazioni industriali. Mentre
il management valuta le esperienze del WEEC in modo molto positivo i rappresentanti dei
lavoratori vedono la necessità di un ulteriore sviluppo di questa nuova struttura di
rappresentanza. Per realizzare questo passaggio si ritiene importante un investimento in
attività di formazione. Uno dei temi di maggiore rilevanza per il futuro riguarda la
competizione fra gli stabilimenti a livello internazionale. Per affrontare questa sfida i
rappresentanti dei lavoratori identificano la responsabilità sociale del gruppo, in generale,
e la standardizzazione dei diritti a livello di gruppo, in particolare, come un argomento da
affrontare a livello del WEEC.
Il gruppo
Fondata nel 1911, Whirlpool è oggi il principale produttore e distributore di grandi
elettrodomestici nel mondo, i cui marchi principali sono: KitchenAid, Roper, Bauknecht,
Ignis, Polar, Estate, Inglis, Laden, KIC, Brastemp, Consul e inoltre il marchio globale
Whirlpool. Il Gruppo nonostante l’attuale assetto mondiale, poggia le proprie fondamenta
aziendali su attività ad impronta familiare sviluppatesi nei vari anni in piccole città
statunitensi e progressivamente acquisite. Infatti il nucleo principale del gruppo prende
forma a St. Joseph nel Michigan (Stati Uniti) da una fabbrica di motori elettrici per lavatrici,
la Upton Machine Co., a cui si annetté tramite fusione la Nineteen Hundred Kasher Co. nel
1929, il cui nome si modificò in Whirlpool Co. nel 1950.
Con sede centrale a Benton Harbor, Michigan (Stati Uniti), il Gruppo ha stabilimenti in
13 nazioni e commercializza prodotti con 11 marchi principali in oltre 170 paesi. Nel Nord
America e nell’America Latina, dove detiene addirittura una quota di mercato doppia
rispetto al secondo produttore, Whirlpool è il maggior fornitore di elettrodomestici. Nel
1991, in seguito all’acquisto delle azioni rimanenti dalla joint venture del 1989 con N.V.
Philips olandese, la Whirlpool Europe diventò a tutti gli effetti una consociata di Whirlpool
Corporation. Nel 1995 il Gruppo estende la sua presenza anche in India, Cina e nell’Asia
Pacifica. Nel 1996 Whirlpool Europe penetra in Sud Africa con l’acquisizione di Gentrade
ed apre due sussidiarie commerciali in Romania e Bulgaria. Nel 1997 acquisisce il 66% di
Brasmotor e stabilisce un’alleanza strategica con Transamerica Co. attraverso la vendita di
139
Whirlpool Financial Co. A partire dal 1998 si evidenzia la tendenza a spostare in Europa la
responsabilità operativa per il Business Asiatico.
Nel 2002, con l’acquisizione della Polar, produttore polacco di elettrodomestici, la
Whirlpool ha consolidato la propria presenza nell’est europeo.
Tabella 1: Key Statistics per ogni singola Area territoriale.
Area geografica
Posizione
sul mercato
Volume delle
Vendite (milioni)
Profitto
di esercizio - operating
profit-(milioni)
2001
2002
Dipendenti
2001
2002
2001
n. 1
$ 6.580
$ 7.306
$ 758
$ 830 26.000
n. 3
$ 2.060
$ 2.199
$ 39
$ 81 12.000
n. 1
$ 1.490
$ 1.266
$ 134
$ 107 15.000
$ 391
$ 19
Nord America
Europa
America Latina
Leader tra
le società
$ 373
occidentali e
n. 1 in India
Fonte: Bilancio 2002, Bilancio 2001.
Siti produttivi
2002
Stati Uniti
32.000 Canada
Messico
Svezia,
Francia,
Germania,
14.000 Italia,
Slovacchia,
Sud Africa,
Polonia
Brasile
17.000 International
(Embraco)
Asia
$ 14
6.000
5.000
India
Cina
Il Gruppo suddivide la propria attività di business in quattro macro aree geografiche:
Nord America, con sede centrale a Benton Harbor, Europa con sede a Comerio (Italia),
America Latina con sede a San Paulo (Brasile) e Buenos Aires (Argentina) e Santiago
(Cile), ed Asia con sede ad Hong Kong (Cina). Ogni macroregione presenta una struttura
manageriale autonoma ossia si individua, per ogni area geografica, un Presidente ed alcuni
Vicepresidenti. La struttura manageriale a livello di macro regioni come per esempio quella
europea è separata dalle strutture manageriali a livello nazionale. Le attività del gruppo sono
quindi in primo luogo organizzate secondo il criterio delle macro regioni. All’interno delle
macro regioni trova applicazione una differenziazione per funzioni. Le aree funzionali
d’azienda poggiano principalmente su un’intelaiatura strutturale a livello nazionale o delle
macro regioni. Alcune funzioni sono centralizzate a livello globale a causa del loro ruolo
strategico. Questo vale per esempio per l’area tecnologica. La funzione di
approvvigionamento dei componenti è invece collocata a livello del management europeo.
La politica strategica è decisa di concerto tra il Management regionale e il management
globale.
Whirlpool ha in Italia il suo centro operativo europeo e 4 stabilimenti (Varese, Trento,
Siena e Napoli) che danno lavoro a circa 6000 dipendenti. Comerio (Varese) viene
identificato anche come sede della Divisione Commerciale Italia, che distribuisce
elettrodomestici su tutto il territorio nazionale. Il Gruppo in Europa si colloca al terzo posto
come produttore e al primo posto come marchio Whirlpool. Le altre nazioni europee che
ospitano stabilimenti del gruppo sono la Svezia, la Francia, la Germania, la Slovacchia, la
Polonia e per pura necessità tassonomica il Sud Africa, per un totale, inclusa la forza lavoro
italiana, di 14000 dipendenti ed un profitto di esercizio (operating profit) di $ 81 milioni nel
2002.
140
Il Gruppo Whirlpool prevede un’unica piattaforma e struttura globale di business,
focalizzata appunto sugli elettrodomestici, da cui si sviluppano strategie attente
principalmente a conquistare o mantenere posizioni di primato mondiale del marchio. La
strategia quindi si focalizza prioritariamente su una continua ricerca tecnologica rivolta
all’innovazione sia del prodotto che del servizio per attuare un processo di fidelizzazione e
rendere quindi i marchi, oltre che apprezzati, richiesti dal cliente per la loro unicità.
Nell’intento di perseguire evidenti vantaggi in termini di costo del lavoro e di assicurarsi
una presenza diretta sui nuovi mercati, il gruppo sta attuando una politica di penetrazione
nei mercati dell’Est principalmente attraverso l’acquisizione di aziende con un consolidato
posizionamento sul mercato locale. Ne sono esempio le recenti acquisizioni di due
stabilimenti in Polonia e di uno spostamento di produzione, dalla Svezia alla Cina, di un
prodotto ritenuto di gamma non sufficientemente competitiva per il mercato occidentale.
La crisi internazionale ha comportato negli ultimi anni, particolarmente nel 2001, una
rapida restrizione degli utili e come conseguenza il Gruppo ha provveduto a tagliare il
personale su scala mondiale, portando il numero dei dipendenti da 62.527 (2000) a 61.923
(2001) per poi risalire rapidamente la china nel 2002 con 68.272 (cfr. tabella 2). In Italia
l’esubero riguardava 185 lavoratori, per il 90% impiegati, i quali in seguito all’accordo con i
tre sindacati di categoria (Fiom, Fim, Uilm) sono stati così suddivisi: 86 a Cassinetta, 58 a
Comerio, 18 a Napoli, 14 a Trento e 9 a Siena.
Tabella 2: Statistiche globali di Whirlpool Corporate. Vendite, Utili e Dipendenti (1992-2002)
ANNO
Vendite nette
(milioni di dollari)
1992
7.097
1993
7.368
1994
7.949
1995
8.163
1996
8.523
1997
8.617
1998
10.323
1999
10.511
2000
10.325
2001
10.343
2002
11.016
Fonte: Bilancio 2002
Utili netti
(milioni di dollari)
Dipendenti
205
51
158
209
156
15
325
347
367
21
394
38.902
40.071
39.671
46.546
49.254
62.419
59.885
62.706
62.527
61.923
68.272
Gli utili netti sono scesi, infatti, nel quarto trimestre del 2001 a 21 milioni di dollari,
rispetto ai 367 milioni di dollari del 2000 mentre il volume delle vendite è rimasto invariato,
considerando lo stesso lasso di tempo. Il 2002 ha registrato una ripresa costante degli utili
netti e contemporaneamente un incremento del 6,5% delle vendite nette, considerando le
recenti acquisizioni di Polar S.A. della Polonia e Vitromatic S.A.
Il contesto delle relazioni industriali
Sia la parte manageriale che la parte sindacale reputano cooperativo il sistema di
relazioni industriali interno al gruppo, senza comunque escludere la possibilità di conflitti a
priori. In Italia la storia delle relazioni industriali del gruppo potrebbe essere suddivisa in
due fasi principali. La prima quando il gruppo ancora si chiamava Ire (Industrie riunite
elettrodomestici) caratterizzata da una persistente conflittualità e la seconda fase, in seguito
all’acquisizione da parte di Whirlpool Corporation, contraddistinta da un approccio più
141
cooperativo. Il carattere cooperativo della seconda fase si mostra, nel caso italiano, nella
costituzione a livello aziendale di una fitta rete di commissioni paritetiche, a volte aventi
anche potere deliberante su materie specifiche. Il clima di fiducia reciproca ha permesso di
stipulare nel 1995 il primo contratto integrativo, rinnovato poi nel 2000, senza un’ora di
sciopero. Il modello cooperativo non si limita al territorio italiano ma si estende all’intero
contesto europeo.
Per quanto riguarda la presenza del sindacato nei siti europei del gruppo, si può registrare
una sindacalizzazione mediamente molto elevata. Secondo le stime del management in
Italia, Germania e Francia il tasso di sindacalizzazione si aggira attorno all’80%, in Polonia
invece attorno al 60%.
Secondo i rappresentanti del WEEC la cultura delle relazioni industriali in Europa si
distingue positivamente dalle prassi del gruppo negli Stati Uniti dove le relazioni sono meno
cooperative e dove può succedere che l’azienda tenti di non far entrare il sindacato nelle
aziende del gruppo. Per quanto riguarda invece Whirlpool Europe il management a livello
corporate è stato sufficientemente lungimirante ad accogliere i suggerimenti dei manager
europei in materia di relazioni industriali, e in particolar modo in relazione alla costituzione
del WEEC.
La costituzione del Comitato europeo dei dipendenti
Whirlpool
LA FASE DI COSTITUZIONE
L’11 settembre 1996, a Varese, è stato siglato, tra Whirlpool Europe srl ed i
rappresentanti dei lavoratori, l’accordo istitutivo del Comitato Europeo dei dipendenti
Whirlpool (Whirlpool Europe Employee Committee - WEEC). Considerando la data di
costituzione, si tratta di un accordo volontario ex art.13. La trattativa è durata otto mesi, ma
l’idea era già nata anni prima durante una riunione a Bellinger (presso Stoccarda, Germania)
a cui parteciparono i rappresentanti degli stabilimenti europei, particolarmente interessati ad
un confronto sul piano internazionale, e organizzata dal sindacato tedesco dei
metalmeccanici IG Metall in rapporto con i sindacati italiani Fim, Fiom e Uilm e la
Federazione europea dei metalmeccanici (Fem) [for Paul: European Metalworkers
Federation (EMF)].
Sono poi i delegati italiani e tedeschi insieme ai rispettivi sindacati metalmeccanici a
prendere l’iniziativa per la costituzione di un comitato europeo. Nei giorni 15 e 16 febbraio
1996 in un incontro tra delegati e funzionari sindacali si è concordato di richiedere alla
direzione l’apertura del negoziato per istituire un comitato aziendale europeo e a tal fine si è
deciso di riunire una commissione contrattante legittimata a negoziare con l’azienda la
proposta di un accordo istitutivo. La commissione ha coinvolto rappresentanti aziendali di
Fim, Fiom e Uilm della sede di Varese, e dei rappresentanti di Italia e Germania delle
organizzazioni sindacali nazionali aderenti alla Fem. L’accordo è poi stato firmato anche da
due delegati tedeschi, due delegati francesi ed un delegato svedese. Mentre la
rappresentanza manageriale era composta dal Presidente della Whirlpool Europe di allora,
oggi numero due a livello mondiale, dai Rappresentanti delle Risorse Umane della Francia e
della Germania così come da due rappresentanti manageriali italiani. Nell’accordo stesso si
stabilisce che la sede del comitato debba essere situata a Varese, cioè presso la sede della
Direzione Whirlpool in Europa e dell’area Human Resources.
Negli anni 1994-95, in preparazione della costituzione del WEEC, alcuni rappresentanti
dei lavoratori del gruppo Whirlpool hanno frequentato dei seminari formativi specifici sulle
142
specifiche problematiche del settore degli elettrodomestici organizzati congiuntamente dai
sindacati nazionali italiani, spagnoli e tedeschi. A questi seminari erano presenti anche dei
delegati dei gruppi Merloni e Electrolux. Anche i rappresentanti manageriali italiani hanno
partecipato nella fase iniziale a dei seminari di formazione a livello europeo e nazionale sul
tema dei comitati aziendali europei. A livello nazionale hanno ricevuto consulenza dalla rete
di Confindustria.
L’AMBITO DI APPLICAZIONE, LA STRUTTURA E GLI OBIETTIVI DEL
WEEC
L’ambito di applicazione di questo accordo non si limita ai paesi toccati dalla direttiva,
ma si estende anche all’organico della Slovacchia e della Svizzera. Inizialmente l’accordo
prevedeva anche l’applicazione delle disposizioni al Regno Unito quando questo paese
ancora non applicava la Direttiva 94/45 CE. Esiste una clausola di apertura nell’accordo
WEEC che prevede che “l’estensione dell’area geografica onde coprire altri paesi d’Europa
verrà presa in considerazione di volta in volta, man mano che si sviluppassero le attività
della Whirlpool in Europa”. A tal proposito si rileva la presenza, in qualità di ospiti, di 2
rappresentanti degli stabilimenti polacchi la cui partecipazione sarà ufficializzata a partire
da giugno 2005. Inoltre è stato richiesto al management che anche il rappresentante del Sud
Africa possa partecipare in qualità di ospite alle prossime riunioni.
Gli obiettivi prefissi nell’accordo di costituzione prevedono procedure di informazione
e consultazione nell’ambito di un dialogo tra rappresentanti dei lavoratori e direzione in una
panoramica transnazionale senza intaccare le prassi di informazione e consultazione già
esistenti a livello locale. Le parti si premurano di definire le materie rientranti nella
competenza del WEEC e quelle che ne sono escluse a priori. Dopo avere, infatti, assunto
come principi cardine quelli della buona fede e della fiducia reciproca ed aver sancito che il
management (sia centrale che locale) continui ad avere la responsabilità esclusiva per la
propria attività e le proprie decisioni in campo finanziario, commerciale e tecnologico,
vengono elencate le questioni di competenza del WEEC (art. 5):
• gli sviluppi economici e finanziari;
• la situazione e le tendenze dell’occupazione;
• le questioni ambientali e in materia di salute e sicurezza;
• gli sviluppi nel campo della produzione e delle vendite;
• i programmi di investimento;
• l’introduzione di nuovi metodi di lavoro o di processi di produzione;
• i trasferimenti di produzione, le fusioni e le riduzioni collettive di personale;
• cambiamenti significativi di natura operativa o di organizzazione.
Come questioni al di fuori dell’ambito del WEEC vengono identificate le seguenti
tematiche:
• questioni che riguardano principalmente un unico paese o società, che normalmente
verrebbero gestite localmente;
• argomenti che si riferiscono a questioni individuali, personali o politiche.
Inizialmente il WEEC era composto da 23 rappresentati dei dipendenti. I rappresentanti
dei dipendenti vengono eletti o nominati nei vari contesti nazionali dalle rispettive strutture
di rappresentanza, purché siano dipendenti del gruppo da almeno un anno. Attualmente il
numero si è ridotto a 22 per la chiusura di uno stabilimento in Germania (tabella 3). In
generale sono rappresentati tutti i paesi europei con più di 75 dipendenti. È da sottolineare
che anche paesi extra comunitari come la Svizzera e la Slovacchia sono rappresentati a
pieno titolo. Nonostante ripetuti inviti fino ad oggi i delegati della Svizzera e dell’Austria
non hanno mai partecipato alle assemblee del WEEC. Il delegato della Gran Bretagna,
invece, ha partecipato una sola volta nel 1997, poi non ha più dato seguito agli inviti.
143
All’incontro del 2003 del WEEC hanno partecipato anche due delegati polacchi in qualità di
ospiti; come già ricordato a partire dal 2005 assumono il ruolo di membri ordinari del WEEC.
Il gruppo Whirlpool si è quindi sempre dimostrato disponibile a garantire una rappresentanza
di tutti i paesi europei, inclusi quelli extra europei. Anche nella fase iniziale del WEEC
quando il Regno Unito non aveva ancora recepito la direttiva europea il gruppo accettava
comunque l’inserimento di un rappresentante del Regno Unito. Si può quindi sostenere che il
WEEC con questa pratica è andato oltre gli standard previsti dalla direttiva europea.
Se, da un lato, il WEEC è composto dai rappresentanti dei dipendenti, dall’altro, le
assemblee del WEEC sono presiedute dal Presidente della Whirlpool Europe, o da un suo
sostituto designato dalla Direzione. Durante le riunioni, la compagine manageriale è
composta, oltre che dal Presidente, anche dai Responsabili delle Operations, da due
rappresentanti dell’area Risorse Umane, dai Direttori del Manufacturing, dal Direttore
Europeo delle Comunicazioni, dai Direttori delle Risorse Umane di ogni paese
rappresentato nel WEEC e da eventuali altri esponenti aziendali coerentemente con le
problematiche inserite nell’ordine del giorno. Contrariamente alla rappresentanza sindacale,
esclusivamente maschile, la delegazione del management mostra una pressoché paritaria
composizione di genere.
Tabella 3: Composizione del WEEC e numero dei dipenenti del Gruppo Whirlpool, 2003
Nazione
Austria
Belgio
Portogallo
Spagna
Danimarca
Svezia
Finlandia
Francia
Germania
G. Bretagna
Grecia
Olanda
Irlanda
Italia
Europa EU 15
Lettonia
Lituania
Ungheria
Polonia
Rep. Ceca
Slovacchia
Estonia
Paesi Candidati Eu nel 2004
Norvegia
Svizzera
Romania (candidato 2007)
Bulgaria (candidato 2007)
Resto d'Europa
Totale Europa
Resto del Mondo
Mondo
Seggi WEEC
1
1
2
2
3
1
1
1
8
21
2 invitati
1
1
1
1
22
White Collar
38
122
20
51
22
182
24
352
913
115
35
169
122
1.581
3.746
6
3
30
441
37
132
5
654
28
171
20
5
224
4.624
144
Dipendenti
Blue Collar
476
669
1.569
4.339
7.053
1.595
818
2.413
9.466
Totale
38
122
20
51
22
658
24
1.021
2.482
115
35
169
122
5.920
10.799
6
3
30
2.036
37
950
5
3.067
28
171
20
5
224
14.090
54.182
68.272
IL COMITATO DI COORDINAMENTO
L’accordo prevede anche la costituzione di un comitato di coordinamento [coordination committee] composto da quattro membri:
• Il presidente, o un suo sostituto, coopererà, secondo i termini dell’accordo con i
coordinatori e il segretario, come responsabile, al fine di approvare l’agenda, i verbali e il
luogo dell’incontro.
• Due coordinatori dei quali uno scelto dalla direzione aziendale (Vice Presidente Human
Resources Europe o sostituto) ed uno scelto dai rappresentanti dei lavoratori. La loro
funzione consiste nel predisporre, secondo i termini dell’accordo, la proposta di agenda e
dei verbali delle riunioni, e stabilire il luogo di incontro del WEEC in coordinamento con
il segretario e con l’approvazione del presidente.
• Il segretario verrà cooptato fra i rappresentanti dei dipendenti nel WEEC e coopererà,
secondo i termini dell’accordo, con i coordinatori per la proposta di agenda e dei verbali
di riunione del comitato.
Nella fattispecie il Responsabile delle Relazioni industriali a livello di Whirlpool
Europe assume il ruolo di segretario del comitato di coordinamento.
Formalmente, vista la composizione, il WEEC potrebbe essere classificato come un
esempio del modello tedesco. Ma il ruolo effettivo del management durante le assemblee
annuali e la sua presenza formale nel comitato di coordinamento attraverso le figure del
presidente, del coordinatore e del segretario avvicina il WEEC più ad un esperienza di tipo
francese.
I rappresentanti dei lavoratori potranno avvalersi del supporto di due esperti il cui
intervento, se esterni, richiede l’approvazione del Presidente. In genere partecipano due
esperti provenienti dalle organizzazioni sindacali. Uno degli esperti è un rappresentante
dell’IG Metall mentre il secondo esperto partecipa in rappresentanza della struttura
territoriale della Fiom, uno dei tre sindacati italiani dei metalmeccanici. L’esperto italiano è
comunque un dipendente Whirlpool e in passato era un membro ordinario del WEEC.
L’accordo prevede due incontri all’anno: oltre all’incontro annuale del WEEC è
previsto anche un incontro del Comitato di coordinamento 3 mesi prima dell’incontro del
WEEC. L’incontro annuale del WEEC con il management è preceduto da un pre-meeting
dei delegati dei dipendenti e seguito da un incontro di valutazione di mezza giornata –
introdotto con il rinnovo dell’accordo – anche esso fra i soli rappresentanti dei dipendenti.
Infine, segue un breve incontro finale fra il WEEC e la delegazione manageriale durante il
quale viene stilato un verbale congiunto. Si contempla anche la possibilità di incontri
straordinari in casi di riorganizzazione e chiusure incisive in termini occupazionali.
Un regolamento di funzionamento non è ancora stato approntato.
LE PROCEDURE DI INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE
L’accordo costitutivo del WEEC definisce il concetto di consultazione come “…
scambio di punti di vista e l’apertura di un dialogo fra la Direzione e rappresentanti dei
dipendenti”. Si tratta di una formulazione piuttosto vaga in quanto non specifica tempi e
termini in cui la consultazione deve avvenire. Allo stesso tempo si sottolinea che l’accordo
costitutivo del WEEC “… non influenzerà le prerogative del management centrale e locale
che continueranno ad avere la responsabilità esclusiva per la loro attività, le loro decisioni
finanziarie, commerciali e tecnologiche ai livelli locali, transnazionali ed europei”.
Secondo il segretario del comitato di coordinamento l’approccio del management di
Whirlpool Europe è comunque caratterizzato dalla disponibilità di recepire i suggerimenti
del WEEC. La consultazione preventiva viene considerata il modo migliore per arrivare a
145
decisioni condivise e per evitare costi di eventuali conflitti che potrebbero nascere in seguito
ad un mancato coinvolgimento.
IL RINNOVO DELL’ACCORDO
Nei giorni 26 e 27 giugno 2000 il WEEC si è riunito a Schorndorf, presso Stoccarda in
Germania, e durante questo incontro i rappresentanti dei lavoratori, avendo l’accordo
costitutivo una durata quadriennale, hanno presentato ufficialmente la richiesta di rinnovo
con le modifiche necessarie per rendere il comitato più aderente alla necessità dei lavoratori.
Un organo contrattante, nominato in quella occasione, è stato incaricato di definire con
l’azienda le variazioni e le integrazioni da apportare all’accordo del 1996.
Il rinnovo dell’accordo è avvenuto ancora nel 2000. Alla negoziazione per il rinnovo
dell’accordo hanno partecipato rappresentanti dell’Italia, della Germania e del Belgio. In
questa occasione sono state introdotte importanti modifiche di carattere organizzativo e
funzionale rispetto alla prima stesura. Innanzitutto il numero dei membri del comitato di
coordinamento da parte dei dipendenti è aumentato includendo adesso anche rappresentanti
della Germania, della Francia e del Belgio. In particolare si tratta di due rappresentanti dei
lavoratori italiani, un belga, un francese e un tedesco. Per la Germania e l’Italia partecipano
anche i rispettivi esperti sindacali agli incontri del comitato di coordinamento. Il
management, in generale, è rappresentato dal segretario, dal coordinatore e da un
rappresentante del management tedesco. Il comitato ristretto, così costituito, si riunisce circa
3 mesi prima dell’incontro annuale del WEEC per definire gli argomenti da inserire in
agenda. In questa circostanza l’azienda non mette a disposizione i servizi di interpretariato.
È da sottolineare che con la nuova composizione del comitato di coordinamento i
rappresentanti dei lavoratori dispongono della maggioranza dei seggi il che significa che il
loro ruolo è diventato più propositivo rispetto al passato. Il fatto che con la Germania e il
Belgio sono rappresentati altri due paesi nel comitato di coordinamento garantisce che
anche il punto di vista delle affiliate venga preso in considerazione maggiormente. Nel
comitato di coordinamento sono quindi rappresentati i paesi che erano rappresentati nel
gruppo contrattante e in più anche la Francia.
Altra variante introdotta con il rinnovo dell’accordo è stato il prolungamento degli
incontri annuali del WEEC a tre giornate, rispetto alle due concesse precedentemente. La
terza giornata aggiuntiva viene in parte riservata ad un momento di valutazione fra i
rappresentanti dei dipendenti e di definizione di un documento congiunto del WEEC e del
management da distribuire ai lavoratori e alle varie strutture del management. Il rinnovo
dell’accordo ha quindi contribuito ad un miglioramento del funzionamento del WEEC.
I processi
LE RISORSE DEL WEEC
I membri del WEEC hanno a disposizione telefono e fax. In più, ogni membro del
WEEC dispone di accesso ad Internet e di un account di posta elettronica, con la relativa
password, così da facilitare ed accelerare il flusso di informazioni interno. L’interpretariato
è garantito per tutte e tre le giornate dell’incontro annuale del WEEC. Essendo l’inglese la
lingua ufficiale le traduzioni simultanee avvengono in italiano, francese, tedesco e
nell’ultimo incontro anche in polacco. Essendo i rappresentanti della Spagna, dell’Olanda,
della Svezia e della Slovacchia in grado di seguire o una di queste lingue o l’inglese come
lingua ufficiale non viene fornita la traduzione simultanea per le loro lingue.
146
Negli incontri del Comitato di coordinamento la lingua parlata è inglese e non è
previsto nessun servizio di traduzione. Grazie anche alla presenza degli esperti e dei
rappresentanti del management, si riesce comunque a supplire all’assenza della traduzione
simultanea affidandosi alle personali conoscenze linguistiche dei partecipanti. Durante le tre
giornate di riunione annuale, i rappresentanti dei lavoratori hanno la possibilità di visitare lo
stabilimento del sito che ospita l’incontro. L’azienda si fa carico di tutte le spese
organizzative derivanti dall’incontro ma non stanzia un fondo o un budget specifico. A parte
i permessi che vengono concessi per la partecipazione agli incontri annuali non è previsto
un monte ore specifico ed aggiuntivo per le attività legate al WEEC. Per alcuni dei
rappresentanti italiani non sarebbe neanche possibile in quanto sono distaccati e fanno
l’attività di rappresentanza sindacale a tempo pieno.
LA FORMAZIONE
Con il rinnovo dell’accordo si riconferma l’impegno del gruppo ad offrire corsi di
lingua inglese ai membri del WEEC. Dalla costituzione del comitato europeo nel 1996
hanno avuto luogo corsi formativi di inglese senza comunque riscuotere l’esito sperato in
quanto, secondo il management, la rotazione dei rappresentanti dei lavoratori, che è dovuta
ai processi di ricambio dei delegati a livello delle strutture nazionali di rappresentanza degli
interessi, fa sì che ci sono sempre nuovi rappresentanti dei dipendenti che devono iniziare lo
studio della lingua inglese. Secondo il membro italiano del WEEC i corsi hanno contribuito
a sviluppare delle conoscenze sufficienti a poter svolgere le conversazioni telefoniche e via
posta elettronica in lingua inglese.
Secondo i membri del WEEC la disponibilità del gruppo a fornire corsi di formazione
di lingua ha lo scopo di contribuire in prospettiva ad un contenimento dei costi attraverso
l’eliminazione delle spese di traduzione simultanea. Il WEEC, invece, ritiene utili i corsi di
inglese, ma ritiene altrettanto indispensabile la traduzione simultanea durante le assemblee
annuali per avere la possibilità di esprimersi nella propria madrelingua.
Il segretario del comitato di coordinamento riferisce che il gruppo ha organizzato anche
corsi di lettura di dati economici. Questi corsi, come anche i corsi di lingua, sono stati
organizzati a livello nazionale. Inoltre ci sono stati momenti formativi che riguardavano per
esempio delle nuove procedure aziendali.
La parte dei rappresentanti dei lavoratori considera importante approfondire la
formazione in materie prettamente aziendali in modo tale da avere una visione più nitida e
corretta dei dati presentati durante la riunione ed avere così più competenza ed
autorevolezza nella fase di confronto. Richieste di ulteriori corsi di formazione sono state
avanzate da parte dei rappresentanti dei dipendenti, ma soprattutto per il mancato
stanziamento di risorse economiche non sono ancora stati realizzati.
Il membro svedese del WEEC ha partecipato esclusivamente ad un seminario
organizzato dal sindacato dei metalmeccanici a livello nazionale che ha avuto lo scopo di
promuovere uno scambio di esperienze.
Gli incontri
L’INCONTRO DEL COMITATO DI COORDINAMENTO
L’agenda dell’incontro viene stabilita dal comitato di coordinamento tre mesi prima
dell’incontro ufficiale. Questo incontro, della durata di un giorno, consta solitamente di due
momenti: riunione dei soli rappresentanti dei dipendenti e successivo incontro con la
147
rappresentanza manageriale componente il comitato di coordinamento. I membri del
comitato di coordinamento si impegnano a diffondere l’agenda insieme alla documentazione
tradotta nelle varie lingue almeno 4 settimane prima della riunione del WEEC per
permettere a tutti i membri di visionare e eventualmente integrare l’agenda e di studiare la
presentazione del management. Mentre in genere si riesce ad inviare l’agenda e la
documentazione in anticipo non sempre si riesce a mandare i documenti tradotti in tutte le
lingue previste. Comunque, pare che questa mancanza finora non sia stata motivo di
critiche. In generale vale, che tutti i membri del WEEC vengono informati dei risultati degli
incontri del comitato di coordinamento.
Secondo il coordinatore del WEEC da parte dei dipendenti il comitato di coordinamento
si incontra spesso due volte all’anno: una volta in preparazione dell’assemblea annuale del
WEEC e un’altra volta per eventi straordinari come i casi di ristrutturazione in Germania e
Francia o per l’acquisizione del sito in Polonia. Fino al 2003 il comitato di coordinamento
ha avuto quattro incontri straordinari. È comunque da notare che non ha mai avuto luogo
un’assemblea straordinaria del WEEC che invece sarebbe prevista dall’accordo. In tutti i
casi è stato convocato il comitato di coordinamento, a volte in forma allargata coinvolgendo
i delegati del paese interessato. Questa pratica comunque pare che sia, almeno finora,
sufficiente visto che non viene criticata da nessuno degli intervistati. Dal 1996 il WEEC si è
sempre incontrato annualmente, e quindi otto volte calcolando anche l’incontro del 2003.
L’ASSEMBLEA ANNUALE DEL WEEC
Nell’ambito dell’assemblea annuale del WEEC l’incontro preparatorio rappresenta
un’occasione in cui i vari rappresentanti dei lavoratori, in assenza del management, possono
mettere a confronto le proprie esperienze a livello delle relazioni industriali nazionali e
attraverso un processo di benchmarking internazionale trarre spunto da buone pratiche
realizzate negli altri paesi. I rapporti dei vari membri del WEEC vengono poi anche
confrontate con le informazioni del management per vedere se esistono delle contraddizioni.
I rapporti dei membri del WEEC hanno quindi anche una funzione di controllo. Inoltre,
quest’incontro dei rappresentanti dei lavoratori serve a preparare l’incontro con il
management il giorno dopo.
Nella seconda giornata, solitamente nella mattinata, il management inizia la riunione
con una presentazione che tiene conto anche delle richieste dei rappresentanti dei
dipendenti. In seguito si apre un dibattito con i rappresentanti dei lavoratori finalizzato a
discutere le loro osservazioni e domande. I membri del WEEC possono fare le domande con
estrema libertà, ma si osserva che il tempo a disposizione per la discussione non è
sufficiente. Il pomeriggio della seconda giornata è dedicato al momento di valutazione per i
soli rappresentanti dei lavoratori. All’inizio della terza giornata la rappresentanza dei
lavoratori incontra nuovamente il management per esporre le osservazioni maturate nel
momento di valutazione del giorno prima e in questa sede si redige anche un verbale
congiunto fra WEEC e rappresentanti del management. Questo comunicato viene poi
diffuso dal segretario e esposto nelle bacheche dei vari stabilimenti. Il resto della terza
giornata viene dedicato ad una visita del rispettivo sito produttivo e ad un programma
culturale il quale viene considerato importante per favorire la coesione interna al WEEC.
CONTENUTO DELLE INFORMAZIONI E SUA VALUTAZIONE
Dal punto di vista dei membri italiani del WEEC, la qualità e la tempestività
dell’informazione sono da ritenersi soddisfacenti in quanto l’azienda tende solitamente ad
informare preventivamente i membri del WEEC attraverso incontri ordinari o straordinari,
148
come nei casi di ristrutturazione in Germania, Svezia e Francia. Le informazioni vengono
fornite immediatamente prima di rendere le decisioni pubbliche.
La mole di informazioni presentate, dal management, durante la riunione ufficiale è
spedita a tutti i membri del WEEC almeno 4 settimane prima per agevolarne la
comprensibilità. Anche in un’ottica quantitativa le informazioni ricevono un giudizio
positivo. Le informazioni fornite non riguardano solamente la realtà europea, ma anche il
contesto globale, includendo quindi informazioni sull’andamento e sugli orientamenti del
gruppo a livello corporate. Il problema che emerge è l’incapacità dei partecipanti di
selezionare e leggere i dati mostrati. Si corre quindi il rischio di non arrivare ad un quadro
preciso e completo di come e in quale direzione l’azienda si stia muovendo.
Per affrontare questo problema, ma anche per verificare la coerenza delle informazioni
ricevute i rappresentanti dei dipendenti hanno deciso di far circolare fra i membri del WEEC
una sorta di questionario per rilevare delle informazioni sui vari stabilimenti e confrontare
questi rapporti con le informazioni fornite dal management. Questo procedimento dovrebbe,
di conseguenza, anche servire a prepararsi meglio ed a rendere il confronto con il
management più efficace.
Nell’ambito delle procedure di informazione e consultazione a livello nazionale i
delegati italiani hanno sempre avuto un buon accesso a informazioni sulle scelte strategiche
del gruppo. Il buon livello delle informazioni era ovviamente anche dovuto alla vicinanza
fra strutture di rappresentanza ed il management centrale di Whirlpool Europe.
Ciononostante il membro italiano del WEEC afferma che adesso a livello europeo i delegati
italiani ottengono delle informazioni, soprattutto per quanto riguarda la situazione negli altri
paesi e le strategie a livello corporate, a cui prima non avevano accesso. Queste
informazioni sono utili anche da un punto di vista nazionale e rappresentano quindi un
valore aggiunto per i delegati italiani. Il valore aggiunto potrebbe essere ancora più
significativo per le strutture di rappresentanza negli altri paesi, visto che loro non hanno
questo vantaggio di trovarsi vicini al management centrale.
Dal delegato svedese quest’ipotesi non viene confermata. Per i rappresentanti svedesi
interni al WEEC l’informazione ricevuta tramite le procedure di informazione e
consultazione a livello nazionale è più avanzata rispetto a quelle presentate durante le
riunioni del WEEC. Perciò le informazioni ottenute nell’ambito del WEEC non forniscono
nessun valore aggiunto.
Altre dimensioni di interazione
INTERAZIONI TRA IL COMITATO DI COORDINAMENTO ED IL
MANAGEMENT
Prima della stesura dell’agenda il comitato di coordinamento informa tutte le strutture
del management cosicché tutti abbiano modo di esporre la propria opinione o proposta da
inserire nell’ordine del giorno. Al management ‘outsider’ italiano vengono in genere anche
richiesti dei dati da fornire a chi per il management partecipa alle assemblee del WEEC. In
più ha partecipato nel corso degli anni a due briefing che riguardavano il WEEC.
Il verbale prodotto al termine dell’incontro del WEEC viene inviato via e-mail a tutti “i
capi di paese e a tutti i direttori di stabilimento” ed è tradotto in tre lingue: italiano, francese
e tedesco.
Fra i componenti italiani del comitato di coordinamento esistono rapporti molto
frequenti. I rappresentanti dei dipendenti ed i responsabili del management, in particolar
modo il segretario del comitato di coordinamento, si incontrano, anche informalmente, quasi
149
tutti i giorni. Ovviamente i loro incontri avvengono quasi sempre nell’ambito delle relazioni
industriali nazionali.
L’INTERAZIONE TRA I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
ALL’INTERNO DEL WEEC
I rappresentanti italiani interni al WEEC non evidenziano problemi particolari di
incomprensione tra i diversi rappresentanti dei lavoratori dovute a diversità culturali ma, al
contrario, mettono in luce il considerevole scambio informativo. La rappresentanza dei
lavoratori italiani è percepita come dominante dal membro svedese intervistato. Questa
dominanza, comunque, non pare che abbia avuto effetti negativi sul funzionamento del
WEEC; viene infatti constata una buona coesione interna al WEEC.
Nell’intervallo di tempo che intercorre tra una riunione e l’altra, i membri del WEEC,
principalmente tra Germania, Francia, Belgio ed Italia sono in contatto o via telefonica o via
e-mail aggiornandosi dell’andamento aziendale nelle rispettive nazioni e convocando
riunioni straordinarie qualora le contingenze lo richiedessero. Questo tipo di scambio e
aggiornamento tra una riunione e l’altra avviene soprattutto in preparazione dell’assemblea
annuale e secondo il rappresentante svedese è insufficiente. Secondo lui ci vorrebbe una
comunicazione più sistematica fra un incontro e l’altro. I contatti fra le assemblee annuali
avvengono in inglese.
Non esistono scambi di informazioni e di esperienze fra il WEEC ed altri comitati
aziendali europei.
L’INTERAZIONE TRA IL WEEC E LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI
Peculiarità dell’esperienza del WEEC è l’assenza di un appoggio delle strutture
sindacali nazionali. Il supporto sindacale esterno è presente solo a livello provinciale o
territoriale. Dall’intervista con i membri italiani del WEEC emerge la richiesta di un
maggior coinvolgimento dei sindacati nazionali italiani in tema di WEEC. Solo nella fase
iniziale un sindacalista esterno italiano della struttura provinciale partecipava in qualità di
esperto agli incontri del WEEC ma poi le strutture sindacali hanno deciso di ritirarsi dal
WEEC perché ritenevano i membri italiani sufficientemente esperti da non avere bisogno
del loro supporto diretto. Secondo il membro italiano del WEEC questo orientamento
dimostrava che in generale non esisteva un vero interesse dei sindacati ai comitati aziendali
europei.
I rappresentanti dei lavoratori italiani lamentano questo scarso coinvolgimento delle
strutture sindacali nazionali che avrebbe potuto offrire al WEEC un supporto più rilevante.
Di fatto si sono sentiti lasciati soli. Solo recentemente l’interesse dei sindacati ai comitati
aziendali europei sta crescendo. Nel caso del WEEC è stato di nuovo nominato un
rappresentante della Fiom nazionale che in futuro dovrebbe partecipare alle assemblee del
WEEC come esperto esterno. Il rappresentante della Fiom dovrebbe coprire questo ruolo
anche per conto della Fem. Infatti, il sindacalista della Fiom dovrebbe rivestire il ruolo di
coordinatore per conto della Fem e avrebbe quindi il compito di fungere da cerniera fra il
WEEC e la federazione europea.
150
L’INTERAZIONE TRA IL WEEC E LE STRUTTURE DI
RAPPRESENTANZA A LIVELLO NAZIONALE
In Italia gli incontri del coordinamento nazionale delle Rsu e le assemblee di fabbrica
sono diventati occasionalmente luoghi, in cui divulgare le informazioni ricevute in sede del
WEEC. Il livello soddisfacente della distribuzione delle informazioni in Italia è imputabile
anche alla presenza nel WEEC di almeno un rappresentante dei lavoratori per ogni
stabilimento. Nonostante le informazioni siano ben distribuite, l’istituto del WEEC non
suscita l’interesse sperato. Questo è probabilmente dovuto al fatto che secondo i membri
delle Rsu le attività del WEEC non hanno nessun legame diretto con le loro attività di
rappresentanti sindacali a livello aziendale. In più c’è il fatto che il WEEC non ha un ruolo
di contrattazione, come invece ce l’hanno le Rsu nel contesto nazionale. Il fatto che il
WEEC non può incidere sulle strategie del gruppo viene percepito come un forte limite.
Viene quindi messa in dubbio anche l’utilità di questa struttura di rappresentanza.
In Svezia i verbali sono ricevuti dai delegati del WEEC ma non vengono distribuiti fra
tutti i lavoratori. Il rappresentante dei lavoratori svedese non riceve le documentazioni
relative alla riunione del WEEC ma è informato oralmente durante le assemblee di fabbrica.
Sia i rappresentanti dei lavoratori della casa madre italiana, sia quelli dell’affiliata in Svezia
non forniscono input per la definizione dell’agenda. I rappresentanti dei lavoratori, sia in
Svezia, sia in Italia, non hanno mai ricevuto degli input dal WEEC che fossero stati di
rilevanza per le loro attività di rappresentanza. Mentre il rappresentante dei lavoratori
italiano ritiene necessario che il WEEC si occupasse della standardizzazione dei diritti a
livello di gruppo il delegato svedese propone al WEEC di occuparsi dei problemi di salute e
sicurezza. Rimane il fatto che fino ad oggi l’integrazione fra le attività del WEEC e le
strutture di rappresentanza a livello nazionale non è ancora molto sviluppata.
L’INTERAZIONE TRA IL WEEC ED I DIPENDENTI
Il comunicato congiunto prodotto al temine dell’incontro arriva in tutti gli stabilimenti e
viene esposto in bacheca dando modo, almeno in Italia, anche ai non partecipanti alle
riunioni di conoscere i contenuti delle stesse. L’interesse dei lavoratori è comunque molto
scarso ed una parte dei lavoratori non sa nemmeno cosa sia il WEEC.
I risultati [Outcomes]
L’IMPATTO SUL CORPORATE DECISION MAKING
Il primo risultato del WEEC su cui tutti i rappresentanti dei lavoratori sembrano
concordare consiste nell’accrescimento delle conoscenze per quanto riguarda le diverse
tradizioni e prassi di relazioni industriali nei vari paesi rappresentati nella struttura di
rappresentanza europea.
Il WEEC non ha ancora assunto una funzione negoziale ma, sia secondo i
rappresentanti italiani del WEEC, sia secondo il rappresentante del management centrale, il
suo intervento ha influito, a volte, sulle decisioni manageriali. Ciò che meglio si presta a
suffragare l’affermazione precedente è il ruolo del WEEC nelle ristrutturazioni avvenute in
Germania ed in Francia. Nel primo caso, nel 1997 è stata convocata una riunione
straordinaria per informare il comitato di coordinamento in merito alla chiusura dello
stabilimento di Calw in Germania. In seguito all’annuncio di voler chiudere questo
151
stabilimento, il WEEC ha funto da amplificatore in Europa delle vertenze tedesche. Infatti,
la partecipazione del WEEC ad un seminario organizzato dall’IG Metall e finanziato con
fondi della Commissione europea, proprio sul tema specifico della chiusura a Calw, ha dato
maggiore visibilità internazionale alla situazione tedesca e ha permesso l’organizzazione di
manifestazioni di protesta in alcuni stabilimenti europei del gruppo. Non era possibile
organizzare uno sciopero a livello europeo visto che in alcuni paesi, come per esempio in
Svezia, la legislazione nazionale non permetteva l’organizzazione di uno sciopero di
solidarietà. In più, il WEEC ha rilasciato un comunicato ufficiale in cui contestava la
chiusura dello stabilimento in Germania. Attraverso una strategia di informazione mirata da
parte del WEEC sono stati comunque coinvolti tutti gli stabilimenti europei. In tutti i paesi
sono state scelte delle iniziative ritenute idonee per informare tutti i dipendenti sulla
chiusura dello stabilimento in Germania. Tra le iniziative più significative figuravano poi la
pubblicazione di alcuni articoli specifici nella stampa locale italiana, la manifestazione da
parte dei lavoratori tedeschi di Calw davanti alla sede centrale del gruppo in Italia e uno
sciopero di solidarietà organizzato nello stabilimento di Trento (Italia). Secondo il delegato
italiano del WEEC la contestazione internazionale non ha impedito la chiusura dello
stabilimento ma, rendendo la questione di dominio pubblico, ha spinto l’azienda, interessata
a tutelare la propria immagine, “… affinché facesse un accordo nel miglior modo possibile”.
Infine, l’accordo raggiunto prevedeva una soluzione basata su ricollocamenti nelle altre
fabbriche in Germania, da un lato, e sull’utilizzo dello strumento dei prepensionamenti,
dall’altro. Secondo il membro italiano del WEEC i rappresentanti tedeschi hanno valutato
positivamente il ruolo che il WEEC è riuscito ad assumere nell’ambito di questo processo di
ristrutturazione.
Si può quindi sostenere che il WEEC in qualche modo è riuscito a sviluppare una
posizione condivisa rispetto ad un caso di ristrutturazione. Nell’implementazione delle
azioni a livello europeo si è poi dovuto adeguare ai vincoli esistenti di carattere giuridico
nell’ambito delle relazioni industriali dei vari paesi interessati. Rimane comunque il fatto
che il WEEC in questa occasione è riuscito ad assumere un ruolo attivo e in qualche modo
anche incisivo. In questo caso è stato il WEEC stesso a conquistarsi questo ruolo.
All’interno del WEEC è stato invece il sindacato tedesco a spingere il WEEC ad assumere
un ruolo attivo in difesa dei livelli occupazionali.
Nel 2002 in Francia il WEEC è stato coinvolto in un processo di riduzione del
personale. Essendo in sede di WEEC venuto a conoscenza della successiva riduzione
occupazionale in uno stabilimento francese, il comitato di coordinamento ha deciso di
convocare, nella sede italiana, i rappresentanti francesi per una riunione straordinaria e
chiedere loro di avanzare tutte le richieste che avrebbero voluto inserire nell’accordo con
l’azienda. Su tale piattaforma di rivendicazioni si è poi articolata la negoziazione, a livello
nazionale, con l’azienda in Francia. Anche in questo caso i 150 esuberi sono stati gestiti
attraverso prepensionamenti e ricollocamenti in altre aree. In questo caso il WEEC è stato
informato e consultato tempestivamente in modo da poter assumere un ruolo significativo di
supporto alle strutture di rappresentanze francesi.
Sia nel caso dell’acquisizione dello stabilimento in Polonia, sia nel caso di cessione di
un ramo aziendale con sede in Svezia alla Cina, il WEEC è stato informato senza comunque
incidere direttamente o indirettamente nella fase decisionale.
Nella percezione del membro svedese del WEEC durante le assemblee annuali non c’è
pressione sul management. È interessante che anche il rappresentante del management
svedese arrivi alla stessa valutazione quando si dichiara sorpreso che i rappresentanti dei
dipendenti non siano più aggressivi e più determinati a difendere i loro interessi. Più in
generale il membro svedese del WEEC critica che non esiste ancora chiarezza su quale
debba essere il ruolo del WEEC e quali siano i suoi obiettivi. Di conseguenza, sempre
secondo il delegato svedese, il WEEC non è ancora riuscito a sviluppare una vera e propria
strategia comune. Per poter trovare delle risposte a queste sfide sarebbe necessario
incontrarsi più di una volta all’anno. Ma qui vede anche il problema di una mancanza di
152
disponibilità da parte del management che secondo lui concede solo quello che è richiesto
dalla direttiva europea.
Nonostante questa valutazione critica rimane il fatto che ci sono state delle esperienze
in cui il WEEC è stato coinvolto attivamente. Deve essere comunque anche sottolineato che
il suo coinvolgimento è avvenuto sempre in relazione a decisioni manageriali già prese e
quindi si limitava a poter discutere le modalità di implementazione e gli effetti di queste
decisioni già prese. Non ci sono state esperienze di un coinvolgimento veramente
preventivo, in una fase, quindi, in cui gli orientamenti di fondo del management sarebbero
stati ancora modificabili.
CORPORATE IDENTITY
Il gruppo condivide globalmente una serie di valori che costituiscono la cosiddetta
corporate identity. Nel 1997, per esempio, è stata lanciata una campagna, denominata “High
performance culture”, di condivisione e disseminazione dei valori comuni aziendali. In
questa ottica di propagazione della cultura aziendale il WEEC ha avuto, dal punto di vista
del management, un duplice ruolo: “era la realizzazione di una parte di questi valori e” al
contempo “era veicolo per disseminare questi valori”.
Secondo il management ‘outsider’ italiano il WEEC viene utilizzato dall’azienda sia per
diffondere una cultura di relazioni industriali collaborativa soprattutto verso i paesi
dell’Europa dell’est già membri del WEEC, come la Slovacchia, o di imminente entrata,
come la Polonia, sia come mezzo per estendere la corporate identity, valore, secondo il
management ‘outsider’, tipico di un’azienda di cultura anglosassone.
ARMONIZZAZIONE DELLE POLITICHE DEL LAVORO
Dal punto di vista dei rappresentanti dei lavoratori manca un volitivo impulso aziendale
ad una armonizzazione delle politiche del lavoro. Per la parte manageriale le politiche del
lavoro tendono, per definizione strategica e quindi non per influenza del WEEC, ad una
convergenza
Secondo la parte manageriale coinvolta nel WEEC le politiche del gruppo sono sempre
state sottoposte ad un benchmarking internazionale e in questo contesto il WEEC ha fatto da
stimolatore ed acceleratore.
Se il WEEC non ha contribuito ad un’armonizzazione delle politiche del lavoro ha
comunque permesso una migliore comprensione delle dinamiche attinenti le relazioni
industriali nei singoli stati europei. Questa valutazione è condivisa sia dai rappresentanti dei
lavoratori, sia dai rappresentanti del management.
Conclusioni
La valutazione complessiva sia del delegato italiano del WEEC, sia del segretario del
comitato di coordinamento, rispetto al funzionamento del WEEC è positiva, almeno in
relazione agli obiettivi prefissati dall’accordo costitutivo. Viene messo in evidenza dal
rappresentante dei dipendenti che i primi sette anni di attività del WEEC hanno
rappresentato soprattutto un periodo importante di formazione di un numero significativo di
rappresentanti sindacali.
Il WEEC del gruppo Whirlpool presenta dei buoni stadi di avanzamento e le sue
competenze non si riducono esclusivamente ad una funzione informativa. Il processo
153
informativo sembra perlopiù tempestivo e di un livello qualitativo e quantitativo ritenuti
soddisfacenti. Paragonato anche con le esperienze di altri Comitati aziendali europei che
spesso non vanno oltre le procedure di informazione è da considerare un fatto positivo che il
WEEC in almeno due casi ha assunto un ruolo attivo. Il preventivo intervento del WEEC è
sicuramente anche indice di un’attenzione aziendale al coinvolgimento dei lavoratori e
conferma la disponibilità, espressa anche dal segretario del comitato di coordinamento, di
recepire i suggerimenti che vengono dal WEEC. Secondo il segretario il WEEC non rallenta
i processi decisionali, ma li migliora.
Deve essere comunque ricordato che la valutazione del rappresentante dei lavoratori
svedese per quanto riguarda l’utilità del WEEC è più critica. Pare che l’efficacia delle
relazioni industriali a livello nazionale renda l’esperienza del WEEC per i delegati svedesi
di un’utilità molto relativa. La valutazione del valore aggiunto del WEEC dipende quindi in
una certa misura anche dall’efficacia delle relazioni industriali nazionali.
In generale, le diverse culture di relazioni industriali non sembra abbiano ostacolato o
rallentato il funzionamento del WEEC ma anzi sono servite da stimolo per lo sviluppo di
una capacità critica sia sindacale che aziendale. L’esperienza internazionale ha aiutato i
partecipanti, in particolar modo i rappresentanti dei lavoratori, ad avere una visione più
ampia confrontandosi sia con le strategie del gruppo a livello centrale, sia con la situazione
e le problematiche che le strutture di rappresentanza negli altri paesi devono affrontare. È
quindi condiviso da tutti i rappresentanti dei lavoratori che il WEEC abbia contribuito ad
accrescere le conoscenze sulle relazioni industriali negli altri paesi. Questo viene
considerato un risultato importante ma non certo sufficiente.
Nello sviluppo del WEEC il rinnovo dell’accordo rappresenta un passaggio importante
in quanto ha contribuito in modo significativo ad un miglioramento del WEEC. Un ostacolo
importante al miglioramento del WEEC, che secondo i rappresentanti dei lavoratori tuttora
si pone è la scarsità di risorse che l’azienda stanzia a favore dell’istanza europea. Scarsità di
fondi che impedisce per esempio un maggior investimento in formazione, un
approfondimento di temi attraverso la istituzione di gruppi di lavoro e una maggiore
frequenza degli incontri.
Ma la sfida centrale, dal punto di vista del membro italiano del WEEC, è rappresentata
dal bisogno di assegnare un vero ruolo al WEEC. Secondo questa posizione, una struttura di
rappresentanza europea che non abbia delle competenze concrete ha difficoltà di legittimarsi
nei confronti sia delle strutture di rappresentanza a livello nazionale, sia dei lavoratori stessi.
Ma si pone anche un problema all’interno del WEEC in quanto per esempio il delegato
svedese è deluso dai risultati finora ottenuti e per quanto riguarda il futuro si potrebbe porre
un problema di motivazione. La definizione di eventuali competenze non dipende,
comunque, solo dalla disponibilità del management, ma anche dalla volontà delle
organizzazioni sindacali esterne. Il membro italiano del WEEC chiede, infatti, anche al
sindacato un supporto più incisivo e convinto.
Le prospettive [Outlook]
L’ormai avviata penetrazione dei mercati dell’Est ha suscitato qualche timore da parte
dei lavoratori preoccupati di un eventuale spostamento di produzione, soprattutto dei
prodotti di bassa gamma, verso quei paesi dove il costo del lavoro rappresenta ancora un
forte vantaggio competitivo. Un rafforzamento delle potenzialità del WEEC è visto quindi
come auspicabile, dal punto di vista dei rappresentanti dei lavoratori, in quanto potrebbe
favorire un monitoraggio strutturale e formalizzato delle strategie di espansione del gruppo.
Il rappresentante dei lavoratori esterno al WEEC, ritiene importante anche la stesura di un
codice di condotta a livello corporate per contribuire ad un’armonizzazione dei diritti a
livello di gruppo in modo da evitare una competizione interna basata sul dumping sociale.
154
Visto che una delle preoccupazioni maggiori dei rappresentanti dei dipendenti riguarda
la possibile competizione fra i vari stabilimenti del gruppo in Europa ci si chiede per
esempio quale sarà il futuro ruolo del sito in Polonia. Da questo punto di vista la
cooptazione di rappresentanti polacchi nel WEEC viene visto come un fattore positivo. Per
poter comprendere meglio le strategie di Whirlpool Europe si chiede inoltre di estendere la
rappresentanza del WEEC a tutti i paesi che fanno parte della macro regione Europa, quindi
anche al Sudafrica. La partecipazione di delegati sudafricani e l’estensione delle
informazioni alla realtà sudafricana sono considerate di grande importanza per poter
valutare meglio le capacità produttive dei vari siti ed i possibili orientamenti del gruppo
nella macro regione Europa.
Nonostante la quantità delle informazioni sia ritenuta soddisfacente, si lamenta, da parte
dei rappresentanti dei lavoratori interni al WEEC, l’incapacità di cogliere appieno quanto i
dati aziendali intendono rappresentare, rischiando così di perdere competenza come
interlocutore di fronte al management. Per ovviare a questo problema si avanzano due
richieste. Innanzitutto programmare un incontro ulteriore dei rappresentanti dei lavoratori a
distanza di due settimane dalla presentazione dei dati aziendali. In questo modo si
agevolerebbe la lettura e la comprensione dell’ingente quantità di informazioni. In secondo
luogo si richiede che il percorso alla comprensione dei dati sia guidato e supportato da
esperti che non dovrebbero essere necessariamente sindacalisti. Un investimento in
formazione soprattutto per i delegati dei paesi dell’est è ritenuto utile anche dal management
‘outsider’ italiano.
La richiesta di un ulteriore incontro del WEEC è unanime. Sia i delegati italiani, sia il
delegato svedese sono del parere che una struttura di rappresentanza come il WEEC non
possa essere efficace se si incontra una sola volta all’anno.
Sempre dall’intervista con il rappresentante dei lavoratori interno al WEEC, emerge la
richiesta di estendere i poteri del WEEC anche in una direzione contrattuale per non perdere
l’iniziale entusiasmo in tema di rappresentanza europea. La negoziazione dovrebbe limitarsi
ad argomenti generali senza scendere specificatamente nel dettaglio e si dovrebbe
coinvolgere in modo più significativo il sindacato esterno in quanto interlocutore autorevole
e capace di procacciare finanziamenti europei utili ad un miglioramento funzionale e
organizzativo del WEEC. Da parte dei rappresentanti dei lavoratori è quindi molto sentito il
bisogno di fare un “salto di qualità” perché altrimenti si intravede il rischio di una perdita di
motivazione da parte dei delegati che potrebbero mettere in dubbio la ragione d’essere del
WEEC. Sembra che la richiesta di un ulteriore sviluppo del WEEC sia anche in un certo
senso espressione di una mancanza di progettualità di questa nuova struttura di
rappresentanza. Di conseguenza, si chiede sia al management, sia ai sindacati una
rivalutazione del WEEC.
La parte manageriale potrebbe anche essere disposta ad accettare un ampliamento e
rinvigorimento dei poteri del WEEC purché le istanze di rappresentanza a livello nazionale
fossero disposte a cedere sovranità verso l’alto, ossia verso l’Europa. Tale trasferimento di
competenze eviterebbe, dal punto di vista manageriale, una sovrapposizione ed una
duplicazione di livelli di contrattazione. Parallelamente il Management ‘outsider’ italiano
ritiene inopportuno affidare al WEEC un potere contrattuale in quanto la numerosità degli
attori presenti renderebbe la fase decisionale estremamente confusa.
Riferimenti bibliografici
Whirlpool Corporation, 2002 Annual report.
Rsu Whirlpool, Speciale Europa, Varese, Novembre 1996
Agreement for the setting up of the Whirlpool Europe Employee Committee, Varese 1996 e
2000.
155
Annex 1
Gli intervistati
Delegato italiano, insider:
- dipendente dell’azienda (Varese) dal 1966
- fa il rappresentante sindacale in azienda da 28 anni, è membro della segreteria delle Rsu
(cioè della struttura di rappresentanza sindacale a livello aziendale)
- inoltre è membro del coordinamento nazionale delle Rsu del gruppo Whirlpool in Italia
- è distaccato dal 1984 (fa il delegato a tempo pieno)
- nell’organizzazione sindacale fa parte del direttivo del sindacato dei metalmeccanici
(Fiom) a livello provinciale e regionale; inoltre fa parte del direttivo del sindacato
confederale (Cgil) a livello provinciale e regionale. Dopo aver fatto per un certo periodo
il funzionario sindacale poi è rientrato in azienda a fare il rappresentante sindacale a
tempo pieno
- è membro del WEEC dall’inizio (1996); è stato come tutti gli altri membri italiani
nominato dalle Rsu,
- è stato fin dall’inizio coordinatore del comitato di coordinamento per conto dei
rappresentanti dei dipendenti
- ha partecipato alla negoziazione dell’accordo costitutivo
Responsabile Relazioni industriali, Whirlpool Europe
- dipendente della Whirlpool dal 1997
- dal 1997 fino al 2000 responsabile del personale della fabbrica di Napoli
- dal 2000 responsabile delle relazioni industriali presso la sede centrale di Whirlpool
Europe a Varese (Comerio)
- in relazione al WEEC copre la funzione di segretario del comitato di coordinamento
Delegato italiano, outsider
- lavoratore metalmeccanico a Varese (Cassinetta)
- membro delle Rsu per il sindacato metalmeccanico Fiom-Cgil
Manager italiano, outsider
- site manager a Cassinetta/Varese e direttore dello stabilimento frigoriferi di
Cassinetta/Varese,
- prima era stato il direttore dello stabilimento di Napoli (produzione di lavatrici)
Delegato svedese, insider
- chair Metal Workers Union at Whirlpool, Norrköping,
- metalworker, employed in Whirlpool since 1993. Shop steward since 1994
- member of WEEC since 2001, elected by metalworkers, before that he was a substitute
on the WEEC for several years
Manager svedese, insider
- Human Resource and Communication Manager
156
-
he has been with the company for 19 years. First 15 years and than he returned for a new
period four years ago. Started as technical engineer, later became HR-manager
he is one of sic employers representatives in the EWC.
Delegato svedese, outsider
- metalworker, Head Health and Safety steward
- company: Whirlpool, Sweden in Norrköping,
- plant for production of micro wave ovens with 500 employees,
- he has been with the company for 10 years.
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