Audi RS4 Avant

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Audi RS4 Avant
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Numero 28
05 Novembre 2013
95 Pagine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Citroen Grand C4
Picasso
Nuovi motori
Volvo Drive-E
Comoda, spaziosa e dotata di
tanta tecnologia di alto livello
Volvo rispolvera la sua
tradizione motoristica
Stanno comodi
anche i bagagli
L’estinzione
dei dinosauri
Formula 1
Sebastian Vettel: la semplicità
dell’uomo dietro alla corazza del
neo campione del mondo. Che
raggiunge i quattro titoli iridati
| PROVA SU STRADA |
Audi RS4 Avant
da Pag. 2 a Pag. 19
All’Interno
NEWS: Honda S660 concept | Suzuki Crosshiker, X-Lander e Hustler I Nissan Zeod RC | Mazda e i Nobel per la Pace
Porsche 50 anni di storia festeggiati a Padova | TECNICA: I vecchi motori a pistoni opposti tornano d’attualità
PROVA SU STRADA
AUDI RS4 AVANT
Le Mans Wagon
Abbiamo provato l’Audi RS4 Avant, scoprendo una
station con l’anima da sportiva. Parte da 78.500 euro
e abbina emozioni forti ed uso quotidiano.
Peccato non abbia una maggior
caratterizzazione stilistica
di Alessandro Colombo
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Prove
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Bagagliaio capiente
e sedili sportivi
Media
S
tation wagon. Un segmento
composto da vetture familiari, destinate ad un pubblico
che ha grandi necessità di
trasporto e che generalmente non si propongono di emozionare. Ma deve per forza essere così? La Casa
dei Quattro Anelli dice di no e propone in questa
fascia di mercato - con la gamma S ed RS - delle
vetture altamente performanti come l’Audi RS4
Avant, automobili sportive che della tranquillità
familiare, bagagliaio escluso, conservano poco e
niente, strizzando così l’occhio ad una clientela
che in una vettura cerca prima di tutto il carattere emozionale. Proposta a partire da un prezzo di 78.500 euro, l’Audi RS4 Avant unisce due
elementi molto spesso in antitesi: la fruibilità di
una vettura familiare, che si deve poter utilizzare ogni giorno, con la sportività di una vera e
propria supercar, andando così a sfidare a viso
aperto una rivale d’eccezione: la Mercedes-Benz
Classe C63 AMG Station Wagon.
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Il carattere sobriamente elegante ma sportivo manifestato all’esterno è ben ripreso anche
all’interno, dove pellami, cuciture a vista, inserti
metallici ed in fibra di carbonio sono armonicamente uniti tra loro, andando così a creare un
abitacolo capace di stupire per le esperienze
sensoriali in grado di trasmettere. Tanto capace
di appagare la vista quanto il tatto, l’ambiente
interno dell’Audi RS4 Avant riesce infatti a catturare l’attenzione di una molteplice esperienza
sensoriale: scorrendo infatti la mano lungo le
superfici della plancia, del tunnel centrale e dei
sedili, è possibile, anche ad occhi chiusi, assaporare le piccole sfumature che l’esperienza di guida di un’auto di questo tipo si promette di offrire,
facendo percepire al di sotto dei polpastrelli fino
a quattro o cinque materiali diversi nell’arco di
pochi centimetri.
Dotazione ampiamente
incrementabile
La dotazione di bordo dell’Audi RS4 Avant comprende la Radio Concert con lettore CD/MP3
con altoparlanti passivi ed una Presa di corrente
da 12V situata nel vano bagagli, oltre ovviamente
ad un computer di viaggio. Per chi lo desiderasse
sono disponibili in via opzionale l’Audi Soundsystem proposto a 295 euro, l’Audi Music Interface (285 euro), l’impianto audio Bang & Olufsen
Soundsystem proposto a 1.105 euro (presente
sulla vettura in prova), il Bluetooth con sistema veicolare Audi (685 euro), il cavo adattatore Audi music interface con doppio connettore
(iPod+USB) (48 euro) e il Bluetooth con sistema
veicolare Audi con cordless e display a colori
nell’appoggiabraccia centrale (1.140 euro), oltre
a molto altro ancora.
Lo stile: sobrio ma sportivo
Caratterizzata esteriormente da un linguaggio
stilistico che armonicamente accomuna tutti i modelli della Casa di Ingolstadt, l’Audi RS4
Avant presenta un corpo vettura lungo e fluido,
con sottili nervature che attraversano le fiancate
ed una sezione frontale dominata da un’ampia
mascherina ai cui lati si stagliano dei gruppi ottici che molto hanno caratterizzato il design Audi
negli ultimi anni, rendendo le vetture marchiate
coi Quattro Anelli immediatamente identificabili
anche di notte.
Nella versione top di gamma RS, ovviamente,
tali linee vengono esasperate, presentando caratteri più muscolosi e profili cromati che l’A4
Avant - sui cui questa RS si basa - ovviamente
non presenta, rendendo così immediatamente
comprensibile, anche dal primo colpo d’occhio,
quanto i caratteri di queste vetture, simili nell’aspetto, siano in realtà due pianeti diversi di altrettante ben separate galassie.
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Il peso c’è ma non si sente
Lunga 4.710 mm, larga 1.850 mm, alta 1.410 mm
e dotata di un passo di 2.800 mm, l’Audi RS4
Avant ferma l’ago della bilancia a 1.795 kg di
peso, un valore non basso, ma che per via della
bontà progettuale della vettura, scompare quasi
per magia alla guida, restituendo in maniera inaspettata una vettura sorprendentemente agile e
reattiva. Dotata di trazione integrale permanente quattro con differenziale centrale a corona
dentata e di controllo elettronico di stabilità ESC
con torque vectoring, l’Audi RS4 Avant vanta un
impianto frenante a doppio circuito diagonale,
con ABS/EBV ed ESP con controllo dinamico
della frenata e servofreno in tandem, mentre i
dischi dei freni (tutti dotati di profilo a margherita) sono di tipo autoventilante sia all’avantreno che al retrotreno (a richiesta quelli anteriori
sono disponibili anche di tipo ceramico). Questi,
visibili al di dietro dei cerchi da 19 pollici gommati 265/35, flottano su sospensioni a 5 bracci,
con bracci trasversali superiori e inferiori e con
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barra antirollio all’anteriore e a ruote indipendenti a bracci trapezoidali con supporto a sospensione elastica con barra antirollio al posteriore.
Sicurezza attiva e passiva
Alla voce sicurezza la dotazione di serie dell’Audi
RS4 Avant propone: ABS, EBV (Ripartitore elettronico della forza frenante), ASR - dispositivo di
controllo della trazione, EDS (Dispositivo antislittamento in partenza) ed ESP (Sistema elettronico di controllo della stabilità), oltre agli Airbag
laterali anteriori per testa/torace.
450 CV per due diverse anime
A muovere l’Audi RS4 Avant è l’esuberante V8
da 4.163 cc aspirato dotato di alimentazione a
iniezione diretta sequenziale ad alta pressione
con regolazione adattiva del minimo e di accensione a controllo integrato con distribuzione
statica dell’alta tensione con bobine dedicate,
a cui si aggiungono la regolazione antidetonazione selettiva per ogni cilindro e la regolazione
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L’unità teutonica eroga
fino a 450 CV di potenza
massima ad un regime di
8.250 giri/min e 430 Nm
di coppia ad un regime
compreso tra 4.000 e
6.000 giri/min, valori
questi che permettono alla
superstation Audi di
integrata della compressione. Assemblato a
mano, il 4.2 litri FSI teutonico presenta un angolo
di 90 gradi tra le bancate - fra loro disposte con
uno sfalsamento di 18,5 millimetri - dichiara un
peso di 216 kg, ed è caratterizzato da un albero
motore fucinato con bielle in acciaio (anch’esse
fucinate) e pistoni forgiati in lega d’alluminio,
oltre che da un basamento realizzato tramite
fusione in conchiglia a bassa pressione e caratterizzato da una struttura bedplate; ovvero con
i ponti dei cuscinetti inferiori dell’albero motore
integrati in un telaio che si propone di aumentare
la rigidità ed abbattere le vibrazioni. Caratterizzata da un rapporto di compressione di 11,0:1 e
di misure di alesaggio e corsa pari a 84,5 x 92,8
mm, l’unità teutonica eroga fino a 450 CV di potenza massima ad un regime di 8.250 giri/min
e 430 Nm di coppia ad un regime compreso tra
4.000 e 6.000 giri/min, valori questi che permettono alla superstation Audi di scattare verso
i 100 km/h con partenza da fermo in 4.7 secondi
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di tempo e di raggiungere una velocità massima
autolimitata a 250 km/h (che possono essere,
su richiesta, innalzati fino a 280 km/h). Al fianco
di questa unità lavora, di serie, un cambio S tronic a sette rapporti a doppia frizione costituito da
due blocchi, in cui due frizioni a lamelle azionano
marce differenti. La frizione esterna trasmette la
coppia mediante un albero pieno agli ingranaggi
del gruppo delle marce dispari. Intorno all’albero
pieno ruota un albero cavo, collegato alla frizione
più piccola, alloggiata all’interno dell’altra, mentre la seconda frizione ha il compito di azionare
gli ingranaggi del gruppo delle marce pari e della
retromarcia. Il conducente ha diverse modalità a
disposizione per usare il cambio a sette rapporti S tronic. Il livello completamente automatico
comprende i programmi D (Drive) e S (Sport);
nella sua gestione rientra anche la modalità selezionabile nel sistema di regolazione del comportamento dinamico “Audi drive select”. Quando
il guidatore effettua da sé le cambiate mediante
la leva selettrice o i bilancieri posti dietro il volante, il cambio S tronic a sette rapporti passa a
una modalità di funzionamento sportiva e in fase
di accelerazione, per esempio, non inserisce
autonomamente la marcia superiore. In grado
di ottemperare ai dettami imposti dalla normativa Euro 5, l’Audi RS4 Avant promette consumi
pari a 14.6 litri/100 km nel ciclo urbano, a 8,5 in
quello extraurbano e a 10,7 in quello misto, contenendo inoltre le emissioni inquinanti entro un
valore di 249 g/km di CO2.
scattare verso i 100
km/h con partenza da
fermo in 4.7 secondi di
tempo e di raggiungere
una velocità massima
autolimitata a 250 km/h
Dal vivo: com’è fuori
Osservando l’Audi RS4 Avant dall’esterno, l’attenzione viene catturata da una sezione frontale
connotata da tratti muscolosi che non cadono
mai nello sfacciato. Le forme di calandra e prese d’aria laterali sono esaltate da griglie a nido
d’ape, splitter aerodinamici e cromature di contorno. Cromature che si ritrovano anche sulle
fiancate, all’altezza delle cornici che contornano
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sare da 490 a 1.430 dm3 di capienza abbattendo
i sedili delle file posteriori, anche se già con questi in posizione standard è possibile sfruttare comunque di una importante superficie di carico.
Grazie infatti ad un pavimento più basso rispetto
alla soglia, il bagagliaio della RS4 Avant si dimostra capace di accogliere fino a due trolley di
grandi dimensioni oltre a zaini e giubbotti a profusione avanzando ancora dello spazio e senza
far arretrare la cappelliera. Un vano bagagli così
vasto, implica però una superficie di coda molto
estesa, il che va – a causa della prospettiva – ad
influire negativamente sulla visibilità della ¾ posteriore in fase di retromarcia, costringendo così
il guidatore a fare affidamento sui sensori di parcheggio e sulla telecamera di retromarcia, che
ben colmano il “gap” visivo creato da dei montanti larghi e distanti.
Paddles e carbonio: una station
con l’anima da endurance
le superfici trasparenti e sulle cover degli specchietti retrovisori, oltre che sulle barre portatutto poste ai lati del tetto. Tratti più forti per la
sezione posteriore, ove la porzione bassa del paraurti permette di osservare l’estrattore in esso
integrato, ai cui lati si stagliano i generosi terminali di scarico ovali dal profilo cromato, mentre
al di sopra di questi si stagliano i gruppi ottici dal
profilo allungato le cui linee vanno a confluire
nella porzione sporgente del bagagliaio, al di sotto della quale trova spazio la targa.
plancia viene impreziosito da cromature e inserti
in fibra di carbonio, sino al logo RS presente praticamente ovunque, dai battitacco ai sedili fino a
strumentazione e volante. Tutto a bordo dell’Audi RS4 Avant concorre nel conferire agli occupanti una sensazione di sportività commista
a sobria eleganza. Nulla sconfina infatti nell’ostentato e tutto quello che serve viene inoltre
posizionato a portata di mano tramite i comandi
integrati nel volante a fondo piatto ed i selettori
collocati all’interno del tunnel centrale.
Dal vivo: com’è dentro
Strizza l’occhio sia allo sportivo
che alla famiglia
Aperta la portiera lo sguardo va letteralmente a
perdersi tra i tanti contenuti presenti: dalle sellerie sportive che, come altre superfici interne,
presentano i rivestimenti in pelle e le cuciture a
vista, al tunnel centrale che al pari di portiere e
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Se al di sotto del cofano è possibile osservare un
cuore da vera sportiva, all’estremo opposto della
vettura è possibile osservare tutto il suo lato familiare, grazie ad un vano bagagli capace di pas-
Accomodandosi sul sedile del pilota è possibile
regolare la triangolazione di guida in base a tutte
le necessità possibili grazie alle numerose regolazioni presenti tra sedile e volante, che integra al
suo interno di serie tutti i comandi necessari alla
gestione delle principali funzioni dei dispositivi di
infotainment e della strumentazione, mentre alle
sue spalle fanno bella mostra di sé i bilancieri del
cambio in metallo. Quanto non immediatamente
a portata di pollice sul volante, lo si trova integrato in un tunnel centrale facilmente raggiungibile
per la gestione delle funzioni più avanzate del dispositivo di infotainment, comandabile facendo
uso congiunto di tasti e selettore, costringendo
però il pilota, per utilizzare questi ultimi, a distogliere l’attenzione dalla guida in quanto costretto
a girare lo sguardo per vedere cosa sta andando
ad azionare, ma va d’altronde detto che difficilmente sarebbe possibile progettare qualcosa di
differente senza trasformare un volante pensato
per rivolgersi ad un utente medio in uno destinato ad interfacciarsi con un pilota da F1. Molto
bello il pulsante start collocato nella porzione
anteriore del tunnel centrale, che lavorando congiuntamente alla chiave elettronica contribuisce
a conferire alla vettura un ulteriore fascino corsaiolo.
Carattere esuberante
Esercitata una lieve pressione su quest’ultimo il
sound del V8 pervade in un primo istante l’abitacolo per poi acquietarsi onde rispondere alle
esigenze di comfort necessarie ad una station
wagon. Selezionata la modalità drive ed effettuata a questo punto una lieve pressione sul pedale dell’acceleratore la vettura inizia a muoversi,
facendoci da subito notare quanto il carattere
dell’Audi RS4 Avant si connoti come fortemente
vocato alla sportività. Anche ai bassi regimi ed
andando tranquilli il V8 tedesco permette subito di comprendere quanto esuberante sia il suo
carattere. Docile – e ben isolato acusticamente
– quando si desidera andar tranquilli con la famiglia, l’unità tedesca sa veramente trasformarsi
in forza bruta nell’istante in cui si decide di fare
sul serio. Basta una leggera pressione sul pedale dell’acceleratore per richiamare all’ordine
con veemenza coppia e cavalli: la sonorità passa d’un tratto quasi per magia dall’essere quasi
inesistente a corposa, piena ed esuberante. Un
boato rauco e cupo inizia infatti a pervadere l’abitacolo mentre la lancetta del contagiri schizza
verso la zona rossa. La rapida ascesa del contagiri viene corrisposta da un sensibile schiacciamento contro il sedile mentre la superstation tedesca allunga dai due ai 6.000 giri/min, ovvero
il range di erogazione in cui la RS4 Avant esprime il meglio di sé, il tutto accompagnato da un
borbottio di scarico profondo, roco ed esaltante.
I paddles posti dietro al volante – largo il giusto
e connotato da una impugnatura sportiva con
fondo piatto – incrementano inoltre il piacere di
guida: cambiare le sette marce diventa un vero
e proprio divertimento grazie alle leve metalliche
che seguono lo sterzo nell’arco della sua rotazione, permettendo così di apprezzare appieno con
quanta precisione e rapidità questa trasmissione
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Aperta la portiera lo
sguardo va letteralmente
a perdersi tra i tanti
contenuti presenti: dalle
sellerie sportive che, come
altre superfici interne,
presentano i rivestimenti
sia in grado di lavorare. Tanta veemenza motoristica viene tenuta a bada da un impianto frenante autoventilante con dischi a margherita - visibile alle spalle dei poderosi cerchi in lega a cinque
razze sdoppiate di cui la nostra RS4 Avant è dotata - il quale si fa apprezzare sia per le doti di
potenza che di modulabilità. L’assetto è rigido,
certo, e questo si ripercuote sul comfort quando
l’asfalto diventa molto disconnesso, ma la vocazione di questa familiare è da vera sportiva e
sarebbe quindi impossibile sacrificare sull’altare
della totale comodità la precisione di guida. Una
precisione coadiuvata da uno sterzo reattivo (e
agevole da utilizzare nelle manovre da fermo) e
da delle doti telaistiche da riferimento, permettendo ai 1.795 kg e ai 4.710 mm di lunghezza di
scomparire improvvisamente quasi per magia.
Una magia ingegneristica.
che al pari di portiere e
plancia viene impreziosito
da cromature e inserti
Conclusioni
BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU:
Audi RS4 Avant
L’Audi RS4 Avant unisce al di sotto della stessa
pelle due anime tra loro contrapposte come i
circoli polari: quella della station wagon, capace
di sorridere alle esigenze della famiglia e di strizzare l’occhio alla fruizione quotidiana, e quella
sportiva, in grado invece di soddisfare i palati più
esigenti in termini di emozioni forti. Certo il costo c’è - si parte da 78.500 euro - ed i consumi
vanno più a braccetto con la seconda che con la
prima anima, ma il piacere di guida che questa
superstation è in grado di regalare risulta essere
davvero impagabile.
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in pelle e le cuciture a
vista, al tunnel centrale
in fibra di carbonio
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CITROEN GRAND C4 PICASSO
Stanno comodi
anche i bagagli
In listino a partire da 24.300 euro
la nuova sette posti del double
chevron è comoda, spaziosa
e dotata di tanta tecnologia
di alto livello. Necessita, però,
di motori sostanziosi
di Emiliano Perucca Orfei
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Media
un abitacolo in cui spicca, nelle versioni top, una
dotazione tecnologica assolutamente unica nella
propria categoria: i display digitali, ad esempio,
nelle versioni top sono due di cui uno touch da
7” al centro e l’altro da 12” nella zona superiore
a svolgere funzioni di car entertainment/navigazione oltre che normale strumentazione. Ma
i display non sono l’unico elemento tecnologico
sopra la media: il volante è una centrale operativa da ben 16 tasti di cui 4 a rotella mentre sui
display è possibile veder proiettate le immagini
della retrocamera o, nelle versioni al top, anche
una visione aerea della vettura. Non mancano
elementi come i sensori di parcheggio ai quali
può essere collegata la funzione di parcheggio
automatica.
Tanto spazio
Numerosi gli spazi portaoggetti sparsi per la vettura. Nelle versioni dotate di cambio pilotato, la
cui leva di comando spunta dal lato destro del
piantone, è proposta una console situata tra i
C
on la Citroen Grand C4 Picasso, in listino a 24.300 euro, si
completa la gamma delle C4
che ora spazia dalla berlina a
cinque porte per arrivare alla
nuova monovolume a sette
posti passando per la tradizionale versione a cinque arrivata recentemente in concessionaria.
E lunga come la vecchia
Tra le due versioni quella “lunga” e con due posti
in più è tutt’altro che una semplice riconfigurazione degli interni: la Grand C4 Picasso, infatti,
grazie alla “plasmabilità” della nuova piattaforma EMP2 vanta un passo di 5 cm in più (da 279
a 284 cm) ed una lunghezza di 11 cm in più, che
porta il totale a quel 460 cm, ovvero lo stesso valore che era sulla scheda tecnica anche del precedente modello.
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sedili anteriori che offre una zona protetta da uno
sportellino scorrevole, un vano di contenimento
“aperto”, due portalattine ed un posacenere.
Nella parte anteriore, sulla plancia , c’è anche un
cassettino portaoggetti climatizzato completato
da un vano centrale illuminato che ospita anche
la Plug in Desk in cui trovano posto la porta USB,
il jack audio, la presa 12V ed una presa 220 V. Per
i passeggeri della seconda fila sono previsti vani
nei pannelli porta oltre che tavolini con illuminazione a led e reti d’alloggiamento fissate sugli
schienali posteriori. Piccoli alloggiamenti, per
chi siede dietro, sono disponibili anche sotto al
pavimento.
I sedili posteriori scorrono
Lo spazio a bordo, però, è l’elemento principe
della nuova Grand C4 Picasso. I sedili della seconda fila sono stati pensati per essere abbattuti e traslati di 15 cm singolarmente mentre
quelli della terza non solo sono stati progettati per ospitare veri adulti ma hanno anche la
Si riconosce subito
Modifiche tecniche importanti, pensate principalmente per fare spazio a persone e bagagli,
sulle quali gli stilisti francesi hanno ricucito l’egocentrico vestito della C4 Picasso non senza
farsi mancare una lunga serie di accorgimenti:
tra le novità si fanno notare la forma dei montanti, i gruppi ottici posteriori, le nervature della fiancata ed alcuni dettagli del frontale in cui,
comunque, dominano la doppia linea cromata in
cui si sviluppa il double chevron e la tripla linea di
illuminazione con i sottilissimi gruppi ottici a led
a recitare il ruolo di protagonisti.
19” di display, anche touch
Tra le particolarità della Grand C4 Picasso si fa
notare anche la notevole disponibilità di superficie vetrata (5,7 metri se presente il tetto in vetro)
che ha il compito di rendere ancor più “spazioso”
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La sensazione è quella di
un piccolo cinema, in
particolar modo per
l’ampiezza e la
qualità delle immagini
che vengono
visualizzate, anche se
tanta magnificenza spesso
crea qualche inevitabile
problema di attenzione
caratteristica di “scomparire” allineandosi perfettamente al pavimento. Piccoli accorgimenti
che fanno capire come Citroen abbia interpretato realmente la Grand C4 Picasso come una
vettura a sette posti e non come una cinque allungata sono anche le bocchette d’areazione dedicate all’ultima fila di sedili, che completano un
sistema d’areazione studiato per essere estremamente efficiente.
Bagagliaio: 704 litri per cinque
Il vano bagagli vanta una cubatura di 645 litri, ovvero 69 litri in più della versione precedente, ma
possono salire a 704 nel caso in cui si avanzino
i il più avanti possibile i sedili della fila centrale.
Nella configurazione a sette posti, naturalmente,
lo spazio disponibile scende mentre nel caso in
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cui serva posto per stivare oggetti particolarmente voluminosi Citroen promette un piano di
carico con un’estensione di 2,5 metri. Curiosa la
presenza di una torcia a batteria removibile, che
in posizione di riposo funziona come normale
punto luce del vano bagagli, così come è interessante la possibilità di registrare l’angolo di apertura del portellone posteriore, in modo da poter
essere adattato a tutti i garage. Come sulla C4
Picasso anche sulla nuova sette posti è disponibile il parabrezza panoramico Wide Angle Screen
da 2 mq ma anche il pack lounge che prevedono
la funzione massaggio per chi siede davanti, il
sostegno confort estendibile elettricamente per
il passeggero anteriore e gli appoggiatesta relax per le prime due file di sedili. Agli amanti del
top di gamma segnaliamo che Citroen propone
rivestimenti in pelle Nappa bicolore, plancia con
armonie Ambra o Ardesia ad effetto perlato e finiture nero lucido o cromato ed a stampa laser
per le maniglie interne delle porte.
Si parte da 24.300 euro
Cinque gli allestimenti: Attraction (24.300),
Seduction (25.500), Intensive (27.300), Business (27.550) ed Exclusive (31.550). ABS, ESP,
airbag frontali, laterali ed a tendina, chiave elettronica con start button, rilevatore di pressione
degli pneumatici, cruise control, climatizzatore
manuale, touch pad da 7”, computer di bordo,
volante in pelle, parabrezza panoramico, servosterzo e sette posti sono di serie. Gli allestimenti
crescono, ovviamente, man mano che cresce
il livello ma allo stesso tempo si aprono diversi
scenari in tema di personalizzazione grazie a
singoli accessori ma anche a pacchetti che rendono più ricca la dotazione facendo risparmiare
qualche euro. Per tutte le versioni ad eccezione
della Business e della Exclusive la motorizzazione d’accesso è la 1.6 VTi. Per la Business sono
disponibili solo motori a gasolio (si parte dalla 90
CV) mentre per la Exclusive Citroen Italia propone direttamente la 1.6 THP da 155 CV.
Due benzina e tre diesel
La gamma motori si compone del 1.6 VTi da 120
CV con cambio a cinque marce e del 1.6 THP daq
155 CV e cambio a sei rapporti. La gamma turbodiesel, invece, prevede il 1.6 e-HDi nelle versioni da 90 e 115 CV entrambe abbinate al cambio manuale-pilotato a sei marce (manuale 6 m
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gestire situazioni a scarsa aderenza come ghiaccio e neve attraverso la simulazione di un differenziale autobloccante.
Dal vivo: com’è fuori
Che sia una C4 Picasso lo si capisce immediatamente, anche se le differenze tra la Grand C4 Picasso e la sorella a cinque posti sono più evidenti
di quanto possa sembrare inizialmente. La linea
di coda, in particolar modo la forma dei gruppi ottici, è completamente diversa ma anche davanti
e lateralmente le novità sono numerose. Miracoli
della nuova piattaforma modulare EMP2 che ha
permesso ai tecnici Citroen di declinare sette
posti in una C4 Picasso senza scendere a compromessi.
Dal vivo: com’è dentro
Dentro le differenze tra la 5 e la 7 posti non sono
molto numerose per quanto concerne la zona
anteriore mentre dietro la principale novità
riguarda la terza fila di sedili: non si tratta, come
spesso accade, di una mossa pubblicitaria o di
una pazza idea di marketing. I sette posti sono
veri e dietro possono scegliere di sedersi anche
persone di un metro e ottanta. L’unico limite è
rappresentato dalla volumetria del vano bagagli, che praticamente si annulla, a differenza di
quando si utilizza la normale configurazione a
cinque posti: in quel caso è come avere una C4
Picasso con un superbagagliaio e considerando
che saranno in molti a non usufruire mai dei posti posteriori l’idea di prendere la Grand piuttosto della standard potrebbe comunque essere
interessante anche per chi di figli ne ha “solo”
due ma ha tante cose da trasportare. Il confort
di bordo e la percezione di qualità non arriva solamente dall’architettura interni: i materiali sono
molto curati, i pellami nelle versioni top sono di
qualità e gli assemblaggi e gli accoppiamenti tra
i diversi materiali sono ben fatti. Ma è l’aspetto
tecnologico a stupire: lo schermo centrale può
solo per 115 CV) ed il 2.0 BlueHDi da 150 CV con
cambio manuale o automatico a sei rapporti: tra
le novità del nuovo quattro cilindri turbodiesel
al vertice di gamma c’è l’omologazione Euro6,
ottenuta per mezzo dell’utilizzo di un sistema
di abbattimento degli NOx attraverso l’ADBlue
(urea). Per quest’ultimo motore, grazie anche al
peso di 1.430 kg (nettamente inferiore al precedente), Citroen promette uno scatto da 0 a 100
km/h in 9,8 secondi, una velocità di 210 km/h ed
una percorrenza media con un litro di gasolio di
23,5 km/litro.
Sicurezza a cinque stelle
Alla voce sicurezza, oltre all’ampia dotazione di
airbag, i Citroen Grand C4 Picasso offre l’aiuto
alla frenanta d’emergenza, il sistema di segnalazione della collisione etouch, il regolatore della
velocità attivo con differenziali di velocità di 30
km/h, le cinture di sicurezza attive ed un sistema
di traction control intelligente, ovveroin grado di
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non manca davvero nulla. La posizione di guida,
decisamente rialzata rispetto al piano stradale,
grazie alla possibilità di regolare sedile e volante
in altezza e profondità non è da furgoncino ma
da normale berlina: l’unico richiamo ai veicoli
commerciali, utilizzato sempre più spesso anche da Mercedes, è il posizionamento della leva
del cambio automatico che alle moderne palette dietro al volante abbina quella della classica
selezione P, R, N e D appena sopra al piantone
dello sterzo. Un elemento, quest’ultimo, che ha
permesso di liberare spazio tra i sedili anteriori
per fare posto ad un mobiletto davvero molto
pratico e capiente.
Il 2.0 HDi è il suo motore
essere abbinato ad uno superiore panoramico
che prende il posto della classica strumentazione analogica. La sensazione è quella di un piccolo cinema, in particolar modo per l’ampiezza e la
qualità delle immagini che vengono visualizzate,
anche se tanta magnificenza spesso crea qualche inevitabile problema di attenzione, in particolar modo se non si conosce perfettamente il
posizionamento dei tasti di comando al volante.
A bordo: c’è di tutto e di più,
anche la 220 V!
Che sia una vettura pronta “al viaggio” lo si capisce anche dalla dotazione della connecting box:
oltre alla classica presa USB, jack audio e 12 V
Citroen ha ben pensato di fare posto anche ad
una classica presa 220 V che permette di ricaricare velocemente computer, telefonini o “dare
vita” a strumenti utili a rendere più facile la vita
durante e dopo il viaggio. Notevole la dotazione tecnologica anche in termini di sicurezza: il
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traction control attivo funziona davvero bene su
fondi sdrucciolevoli ed il cruise control attivo, per
quanto sia potenzialmente in grado di frenare
autonomamente la vettura a qualsiasi velocità è
stato tarato per seguire chi precede accelerando
o frenando autonomamente solo quando il differenziale di velocità tra le due vetture rientra entro
i 30 km/h. In tutte le altre situazioni il comando
viene affidato a chi guida a tutto vantaggio della
sicurezza di guida.
In termini di motorizzazione abbiamo scelto di
provare su strada la 2.0 HDi da 150 CV abbinata
al cambio automatico: è il motore al top di gamma ed il suo comportamento non delude offrendo grande coppia ai massi regimi, una potenza
ben distribuita su tutto l’arco di erogazione ed
una sonorità molto discreta. In termini di guida
la Grand C4 Picasso conferma quanto di buono
dimostrato dalla versione a cinque posti: facile
e rassicurante in ogni situazione poggia su sospensioni confortevoli ma non per questo cedevoli. Il rollio, infatti, è molto contenuto e la performance in curva è superiore alle aspettative. Fa
difetto, purtroppo, la visibilità posteriore: l’auto è
Su strada: è davvero
molto comoda
La vita a bordo della Grand C4 Picasso è davvero
confortevole. I francesi parlano chiaramente di
spirito loft e bisogna ammettere che, soprattutto
nelle versioni dotate di tetto panoramico, l’idea
di spazio a bordo è eccezionale. Di spazio ce n’è
in abbondanza per chi siede dietro ma anche
per chi siede davanti e nelle versioni dotate di
massaggio o di chaise longue per il passeggero
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prove
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Prove
Periodico elettronico di informazione motociclistica
lunga, i volumi in gioco sono importanti ed i sensori di parcheggio possono essere molto utili in
alcune situazioni. Peccato siano disponibili solo
a partire dall’allestimento intermedio Intensive.
In conclusione
Relativamente compatta fuori e molto spaziosa
dentro la nuova Grand C4 Picasso completa in
modo molto interessante la gamma della monovolume francese: i sette posti sono davvero
sfruttabili ma il cliente tipo di questa vettura saranno certamente le famiglie con due/tre figli e
tante cose da portare a seguito in vacanza o nei
weekend. Le versioni che suggeriamo partono
dalla intermedia Intensive, più che altro per la
dotazione di accessori interessanti che non sono
disponibili nemmeno a pagamento negli allestimenti più basici, mentre in termini di motorizzazione suggeriamo di partire almeno dalla millesei
turbodiesel da 115 CV.
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BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU:
Citroen Grand C4 Picasso
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NUOVI MOTORI VOLVO DRIVE-E
L’estinzione
dei dinosauri
Volvo rispolvera la sua tradizione motoristica
sviluppando in casa due nuovi quattro cilindri
sovralimentati da 2.0 litri, un benzina e un diesel,
destinati a mandare in pensione i leggendari
cinque e sei cilindri in linea, oltre al V8.
Scopriamo se ne sono all’altezza
di Matteo Valenti
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Media
«
I nuovi motori a quattro cilindri Volvo Drive-E faranno
sembrare i V8 dei dinosauri».
In questa frase è racchiuso
tutto il significato della scelta
della Casa di Göteborg di rinnovare completamente la propria gamma motorizzazioni con nuove unità progettate, sviluppate
e realizzate in Svezia interamente da Volvo, nello
stabilimento di Skövde.
L’ambizione di Volvo:
fare la differenza
Si tratta di una strategia industriale davvero
ambiziosa sotto diversi punti di vista. Prima di
tutto perché in un periodo di sicuro non facile
dal punto di vista economico, in cui i costruttori
automobilistici tendono a condividere sempre di
più tecnologie, piattaforme, motori e powertrain,
così da aumentare le sinergie e contenere i costi
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di sviluppo, Volvo investe 7,5 miliardi di euro (la
cifra contiene anche i costi di sviluppo della nuova piattaforma che debutterà sulla futura XC90,
ndr) per produrre in prima persona motori, peraltro in uno stabilimento europeo, dimostrando
in maniera concreta di credere nelle proprie potenzialità di sviluppo sui mercati (in particolare in
Cina), ma anche nelle proprie qualità in termini
di costruttore. Qualità capaci alla fine di fare la
differenza agli occhi dei potenziali clienti, in un
mercato che propone prodotti sempre più standardizzati.
Addio ai leggendari cinque
e sei cilindri in linea
La scelta del costruttore svedese si dimostra anche ardita da un punto di vista più strettamente
tecnico. La Casa infatti sostituisce i tradizionali 5
e 6 cilindri in linea, veri pilastri della storia motoristica di Volvo, nonché il poderoso V8 a benzina
(non più disponibile in Italia da alcuni mesi, ma
molto apprezzato in altri mercati, in particolare
negli Stati Uniti), servendosi solamente di due
nuove unità, o meglio, di due nuove architetture.
Si tratta di due quattro cilindri da 2.0 litri, un benzina ad iniezione diretta e un diesel common rail,
entrambi sovralimentati e dotati delle più moderne tecnologie per il contenimento dei consumi,
migliorando l’efficienza senza compromettere le
prestazioni.
In particolare il quattro cilindri a benzina darà
vita ad una nuova gamma motorizzazioni con
potenze da 140 a oltre 300 CV, mentre il diesel
verrà offerto in versioni da 120 fino a 230 CV. Le
diverse varianti di potenza verranno rese disponibili servendosi della stessa architettura a quattro cilindri da 2.0 litri, ma giocando sui sistemi di
sovralimentazione ma naturalmente anche sulle
logiche di gestione dell’elettronica e sui sistemi di
raffreddamento.
Un futuro (prossimo) ibrido
L’intera gamma di motori Drive-E, denominata
Volvo Engine Architecture (VEA), guarda anche
al prossimo futuro, ovvero al processo di elettrificazione. Entrambe le piattaforme infatti sono
già predisposte per accogliere motori elettrici, in
modo da dare vita a powertrain ibridi plug-in di
nuova generazione, anche ad altisse prestazioni,
attesi per i prossimi anni, che saranno identificati
con le numerazioni 6,7 e 8 (per esempio D6, D7 e
D8 per i diesel ibridi plug-in).
Nuovo otto marce automatico
e inedito sei marce manuale
I nuovi motori Drive-E portano al debutto anche
nuovi sistemi di trasmissione. Oltre ad un sei
marce manuale completamente inedito, Volvo
rende disponibile anche un moderno otto marce automatico con convertitore di coppia, azionabile anche per mezzo di paddles al volante,
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Prove
Periodico elettronico di informazione motociclistica
I motori a benzina più
prestazionali della
gamma Drive-E, come
il T6 da 306 CV
protagonista della
nostra prova, sono
dotati di un sistema di
sovralimentazione
a doppio stadio,
composto da un
compressore e da
un turbo
sviluppato con la giapponese Aisin, azienda che
storicamente collabora con la casa svedese. In
un primo momento saranno disponibili tre dei
nuovi motori a quattro cilindri della nuova famiglia VEA, che verranno offerti prima su S60, V60
e XC60 per poi approdare sotto al cofano di V70,
XC70 ed S80. Inizialmente quindi arriverà in Italia
il T6 turbo benzina da 306 CV, il T5 da 245 CV e il
D4 turbo diesel da 181 CV, che sicuramente sarà
quello più gettonato sul nostro mercato per ovvi
motivi.
E la V40? Sembrerebbe
naturale un downsizing...
Al momento il costruttore non ha comunicato
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cosa intende fare con la V40, che non rientra in
questo piano industriale continuando ad utilizzare i motori di precedente generazione, ovvero il
cinque cilindri diesel Volvo e il quattro cilindri diesel sviluppato a suo tempo con Ford-PSA, oltre al
quattro cilindri a benzina. Interpellati dalle nostre
domande però, i vertici Volvo, hanno fatto intendere, senza dichiararlo apertamente, che prossimamente i 2.0 litri VEA di nuova generazione
potrebbero essere sottoposti ad un’operazione
di downsizing, così da rendere disponibili varianti
di più piccola cubatura ideali per rispondere alle
esigenze di una vettura di segmento C come la
V40.
Diesel: tecnologia di iniezione i-Art
Come anticipato, entrambe le nuove motorizzazioni a quattro cilindri da 2.0 litri possono
vantare le più moderne tecnologie sviluppate
per migliorare l’efficienza, diminuire i consumi,
aumentando l’affidabilità. In particolare il diesel
può vantare la tecnologia i-Art che, sfruttando il
ritorno di pressione di ciascun iniettore del carburante invece che utilizzare il tradizionale sensore di pressione singolo nel common rail, consente di monitorare costantemente e adattare
l’iniezione di carburante per ogni combustione
in ciascuno dei quattro cilindri. Ciascun iniettore monta nella parte superiore un piccolo computer che tiene sotto controllo la pressione di
iniezione. Utilizzando queste informazioni, il sistema autoadattante iArt controlla che durante
ogni ciclo di combustione venga iniettata sempre
e solo la quantità ideale di carburante. In questo
modo non si contengono solamente i consumi e
le emissioni, ma si rende il motore anche più affidabile. Abbinando una pressione di iniezione più
elevata alla tecnologia iART Volvo vuole ottenere
consumi ottimizzati, emissioni più basse e prestazioni elevate. I diesel Drive-E possono vantare,
oltre ad un sistema di sovralimentazione biturbo,
altre raffinatezze tecniche a partire da un sistema di valvole intelligenti per il sistema di raffreddamento che garantiscono un riscaldamento più
rapido dopo le partenze a freddo.
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Benzina: compressore e turbo
I motori a benzina più prestazionali della gamma
Drive-E, come il T6 da 306 CV protagonista della
nostra prova, sono dotati di un sistema di sovralimentazione a doppio stadio, composto da un
compressore e da un turbo. Il compressore collegato meccanicamente entra in funzione immediatamente ai bassi regimi, mentre il turbo si attiva quando il flusso dell’aria aumenta, garantendo
spinta e alti valori di coppia in un vasto range di
regimi. Le altre migliorie delle unità a benzina
DriveE includono poi un livello di attrito ridotto
ottenuto grazie all’impiego di cuscinetti a sfere
sull’albero a camme, un sistema ad alta velocità
di variazione continua dei tempi di azionamento
delle valvole e una gestione del calore intelligente
con pompa idraulica elettrica a portata variabile.
D4 Drive-E da 181 CV: le nostre
impressioni di guida
Iniziamo il nostro test dal nuovo D4 Drive-E da
181 CV, dal momento che rappresenta l’unità più
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prove
interessante per il mercato italiano. Lo abbiamo
provato sulla Volvo V60 restyling. Il nuovo quattro
cilindri a gasolio D4 eroga una potenza massima
di 181 CV a 4.500 giri/min e produce 400 Nm di
coppia, disponibili in maniera costante tra 1.750
e 2.500 giri/min. Abbinato al nuovo cambio automatico a otto rapporti questo motore garantisce
alla V60 uno scatto da 0 a 100 km/h in 7,6 secondi ed una velocità massima di 225 km/h, a fronte
di un consumo medio dichiarato pari a 4,2 l/100
km (113 g/km CO2). Appena mettiamo in moto il
quattro cilindri ci svela la sua anima a gasolio, ma
la rumorosità e appena percettibile all’interno,
mentre le vibrazioni sono quasi del tutto assenti.
Merito sicuramente di un motore che in origine
è già molto silenzioso per essere un diesel, specialmente se paragonato a quelli di solo pochi
anni fa, ma anche dell’ottima insonorizzazione
dell’abitacolo. Con uno stile di guida tranquilla il
nuova cambio a otto marce rivela logiche di gestione davvero efficaci. I cambi tra un rapporto e
l’altro, che presentano tempi certamente rapidi
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anche se un po’ più pigri rispetto ai convertitori
di coppia a otto marce tedeschi, avvengono non
appena si raggiungono i 1.500 giri, a tutto vantaggio dei consumi e del confort di guida, immersi in una silenziosità quasi assoluta. Basta affondare il piede sul pedale dell’acceleratore però per
conoscere una diversa anima sia del motore che
del cambio. I cambi marcia rimangono reattivi, la
voce del biturbo diesel si alza notevolmente, senza essere però troppo invasiva, mentre il copioso
valore di coppia già disponibile ai bassi regimi
regala un’accelerazione corposa e, spostando
la leva del cambio in modalità Sport, oseremmo dire quasi rabbiosa, come quella tipica dei
motori a gasolio di più grossa cubatura. Questo
motore comunque, come tutti i buoni diesel, rivela il suo lato migliore a velocità costanti, anche
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Prove
Periodico elettronico di informazione motociclistica
piuttosto elevate, tipiche delle lunghe percorrenze autostradali, dove si mantiene molto rotondo
e comunque sempre silenzioso e sempre pronto
a scattare con rapidità. Merito della buona reattività del cambio, che recepisce in tempi rapidi
quando è necessario scalare marcia per uno
sprint. Da notare che a 110 km/h, in ottava ottava
marcia, il motore D4 viaggia a 1.500 giri/min, in
maniera quasi impercettibile per gli occupanti,
regalando valori di consumo davvero sorprendenti, prossimi ai 4,5 l/100 km. A 130 km/h la
situazione cambia di poco, con il regime di rotazione che non supera comunque i 1.800 giri/min!
Consumi
Durante la nostra prova, su un percorso di circa
100 km che alternava tratti guidati a percorsi
autostradali, dove non ci siamo di certo risparmiati con il pedale del gas, il D4 Drive-E ha fatto
registrare un consumo medio di 7.4 l/100 km, un
risultato sicuramente degno di nota per un’auto
di queste dimensioni e con un valore di potenza
di certo non trascurabile.
T6 Drive-E da 306 CV: le nostre
impressioni di guida
E’ vero, il T6 turbo benzina, ha tutte le carte in regola per dimostrarsi un motore di tutt’altra pasta
rispetto al diesel D4, e i 306 CV di potenza sprigionati impongono di avvicinarsi con una certa
reverenza alla XC60 restyling che ci attende per il
test drive. In parte questa supposizione si rivelerà
vera, in parte no. Prima di tutto però vediamo le
prestazioni di cui è capace questo quattro cilindri
in linea con turbo e compressore. Come anticipato la potenza massima è pari a 306 CV, erogati
a 5.700 giri/min, mentre il valore di coppia parla
di 400 Nm disponibili tra 2.100 e 4.500 giri/min.
Queste caratteristiche permettono alla XC60
di scattare da 0 a 100 km/ in 6,9 secondi, e di
raggiungere una velocità massima di 210 km/h.
I consumi dichiarati parlano invece di una media
di 7,3 litri di verde per percorrere 100 km (169
g/km). Appena avviato il quattro cilindri sovralimentato si rivela molto silenzioso e fluido. Adottiamo uno stile di guida tranquillo, assaporando
i cambi marcia piuttosto rapidi (vale lo stesso
discorso rispetto alla concorrenza tedesca fatto
per il diesel) e frequenti del convertitore di coppia a otto marce, che mantiene sempre il motore
a benzina intorno ai 2.000 giri/min per garantire
il massimo dell’efficienza. Questo aspetto rende
il T6 molto simile al carattere del diesel D4. Presto però nasce la tentazione di scoprire di cosa
è davvero capace il nuovo motore che ha la presunzione di mandare in pensione il leggendario
T6 a sei cilindri. Non ci pensiamo due volte e premiamo con decisione il pedale dell’acceleratore
che fa scaturire una spinta prodigiosa dai quattro
cilindri. Il nuovo T6 inizia a spingere da subito
con una foga sorprendente, addirittura prima dei
2.000 giri, per proseguire come un fiume in piena
fino al limitatore. Il motore non ha esitazioni né
alcun tipo di ritardo nella risposta, il che si traduce in un’erogazione che si mantiene feroce lungo
tutto il range disponibile e in un’accelerazione da
“schiena incollata al sedile” dall’inizio alla fine. Il
merito è del sistema di sovralimentazione, che
prima fa intervenire il compressore e poi, ai regimi più alti il turbo, mantenendo una spinta poderosa ma soprattutto molto costante. Questo
aspetto è invece quello che rende questa il T6
distante anni luce dal D4 a gasolio provato poco
prima. La nota stonata del T6 non riguarda naturalmente le prestazioni, che sono, come promette la scheda tecnica, davvero sensazionali, quanto piuttosto le sensazioni trasmesse in termini
di piacere di guida. In particolare, specialmente
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Prove
se paragonato al canto del vecchio T6 a sei cilindri, il sound del nuovo quattro cilindri con turbo
e compressore appare non molto coinvolgente.
Poco male, viste le soddisfazioni che si possono
ottenere con i consumi di carburante.
Consumi
Guidando il nuovo T6 a quattro cilindri in maniera accorta infatti siamo riusciti a non superare
i 10 l/100 km, un risultato sorprendente per un
Medium-SUV come l’XC60 equipaggiato con un
motore da oltre 300 CV, pensato più che altro per
soddisfare le esigenze degli americani, abituati a
ben altri valori quando si parla di consumi. Naturalmente affondando il piede sul pedale del gas
la situazione cambia notevolmente, ma nel percorso misto della nostra prova, siamo comunque
rimasti intorno ai 13,5 l/100 km.
Conclusioni
Alla fine del nostro test possiamo senz’altro dire
che i nuovi motori Drive-E hanno superato la
prova, dimostrandosi degni eredi dei leggendari
cinque e sei cilindri in linea. E’ vero, da un lato le
unità più prestazionali non trasmettono lo stesso
identico piacere di guida, complice un sound non
sempre coinvolgente, ma questa mancanza è
ampiamente compensata dalla capacità dei nuovi Drive-E a quattro cilindri di garantire prestazioni elevatissime, ma anche, quando si adotta uno
stile di guida tranquillo, complice anche il cambio
a otto rapporti, valori di consumo contenuti, impensabili fino a poco tempo fa con motorizzazioni capaci di erogare questi valori di potenza.
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News
Media
Honda
S660 concept
Debutterà in società al Tokyo Motor Show la Honda S660 concept,
spider biposto di cui la Casa giapponese ha rilasciato le prime
informazioni ed immagini
D
ebutterà in società al Tokyo Motor
Show di novembre la Honda S660
concept, esercizio stilistico volto a
prefigurare una spider biposto di dimensioni compatte di cui la Casa giapponese ha
rilasciato le prime immagini e i primi dati ufficiali.
Caratterizzata da una sezione frontale dominata
da un’ampia calandra ai cui lati si stagliano i gruppi ottici a LED inglobati in essa, la Honda S660
concept presenta un abitacolo in cui strumenti
digitali e fibra di carbonio la fanno da padrona,
mentre le fiancate mettono in mostra i cerchi in
lega a cinque razze e le griglie di estrazione poste
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dietro ai passaruota, mentre la sezione di coda
permette di osservare un generoso estrattore
ed i gruppi ottici la cui conformazione richiama
quelli anteriori.
A muovere la Honda S660 concept è un’unità tricilindrica turbo da 660 cc in grado di sviluppare
65 CV di potenza, che vengono scaricati al suolo
da un cambio CVT a sette rapporti.
Il peso, non ufficializzato, dovrebbe aggirarsi
nell’ordine dei 900 kg, mentre in futuro dovrebbe poter arrivare anche una più potente unità da
1.0 litro in grado di sviluppare 100 CV di potenza
massima.
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Media
Suzuki Crosshiker, X-Lander e Hustler
3 nuove concept per Tokyo
Suzuki ha svelato tre nuove concept car per il Salone di Tokyo, ovvero
la Crosshiker, la X-Lander e la Hustler che si rivolgono a tre diverse
tipologie di utente
S
uzuki ha svelato tre nuove concept
car che debutteranno ufficialmente
in società in occasione del prossimo
Salone dell’Automobile di Tokyo. La
prima, denominata Suzuki Crosshiker, presenta una colorazione esterna rossa e rappresenta
l’anticipazione di una crossover compatta con un
peso contenuto in soli 810 kg, mentre al di sotto
del cofano pulsa un tre cilindri da 1.0 litro di cilindrata. La seconda è invece costituita dalla Suzuki
X-Lander, caratterizzata da una carrozzeria argentata e con soluzione open-top. E’ basata sulla
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piattaforma della Jimny, ed è dotata di trazione
integrale. Al di sotto del cofano pulsa un’unità
da 1.3 litri con trasmissione manuale a controllo
automatico, coadiuvata nel funzionamento da un
motore elettrico che ne assicura così il funzionamento ibrido.
La terza si chiama Suzuki Hustler, presenta un
corpo vettura arancione e va ad inserirsi nel segmento delle minicar ma con uno stile più incline
a quello dei crossover e si propone, nonstante le
ridotte dimensioni esterne, di offrire una buona
abitabilità interna.
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News
Periodico elettronico di informazione motociclistica
derivata da quella che equipaggiava la precedente DeltaWing. Dopo essere stata svelata in anteprima alla 24 Ore di Le Mans di quest’anno, ora la
Zeod RC si è mostrata nella sua veste definitiva
a Yokohama, presso il centro di sviluppo della
Nismo, la divisione sportiva di Nissan. Anche per
merito dell’esperienza maturata con l’antenata
DeltaWing, la Zeod (acronimo di Zero Emissions
on Demand), anche è stata sviluppata in appena 33 settimane dopo che il Presidente e CEO di
Nissan, Carlos Ghosn, a febbraio aveva dichiarato l’intenzione di tornare a gareggiare alla 24 ore
di Le Mans nel 2014, con un’auto completamente elettrica. La Zeod RC sarà in gara il prossimo
anno a Le Mans dopo l’invito ricevuto dall’Automobile Club de l’Ouest ad occupare il Garage 56,
ovvero quello dedicato alle vetture sperimentali
che si distinguono per tecnologie innovative. Rispetto al prototipo iniziale svelato lo scorso giugno a Le Mans, la race car ora svelata in maniera
definitiva si distingue per l’evoluzione del design,
proponendo uno stile rinnovato, ma anche per
Media
Nissan Zeod RC
Pronta per la 24 Ore di Le Mans 2014
Nissan torna alla 24 di Le Mans con la Zeod RC, evoluzione della curiosa
DeltaWing dello scorso anno, da cui si distingue per la presenza di
motori elettrici abbinati alla più classica unità termica
I
l costruttore giapponese ha stupito il mondo delle competizioni endurance l’anno
scorso partecipando alla 24 Ore di Le Mans
2012 con la Nissan DeltaWing, curiosa auto
da competizione con soluzioni tecniche ed aerodinamiche a dir poco all’avanguardia. La sua
avventura alla gara di durata più famosa del
mondo venne fermata prima del previsto a causa di un incidente, che non permise di arrivare al
traguardo, ma in quell’occasione la stravagante
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DeltaWing era comunque riuscita a dimostrare discrete qualità velocistiche e comunque un
grande potenziale in termini di “auto-laboratorio”, su cui studiare nuove soluzioni ingegneristiche. Facendo tesoro di questa esperienza infatti,
la casa giapponese ha ora presentato la Nissan
Zeod RC, un’auto da competizione che sfrutta
la forza propulsiva di motori elettrici abbinata a
quella generata da una più tradizionale unità termica sovralimentata a quattro cilindri da 1.6 litri,
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News
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un nuovo impianto di raffreddamento e per alcuni aggiornamenti aerodinamici. La Nissan Zeod
RC sarà anche la prima vettura a completare un
intero giro di gara da 8,5 miglia nel circuito di Le
Mans potendo sfruttare esclusivamente forza
propulsiva elettrica. Secondo quanto dichiarato
da Nissan l’auto raggiungerà una velocità superiore ai 300 km/h e sarà in grado di completare
un giro di pista del celebre circuito francese più
rapidamente di una vettura di categoria LM GTE,
come per esempio una Porsche 911 GT3. Il conducente sarà in grado, grazie ad un pulsante, di
passare dall’alimentazione elettrica a quella generata dal leggero motore turbo-compressore a
combustione interna da 300 CV, che viene abbinato ad un cambio sequenziale a cinque rapporti
con comandi al volante. La vettura - che condivide con la Leaf la stessa tecnologia per la batteria
- si ricaricherà attraverso il sistema frenante, che
andrà a rigenerare la batteria stessa.
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Louis Carl Vignon
«Le nuove Giulietta e MiTo incarnano
la passione di Alfa Romeo»
di Cristina Bacchetti | Louis Carl Vignon, Head Alfa Romeo EMEA, ci ha
parlato delle rinnovate Alfa Romeo Giulietta e MiTo, spiegandoci come
sono cambiate con il restyling di metà carriera
L
ouis Carl Vignon,
Head Alfa Romeo
EMEA, ci ha parlato delle rinnovate
Alfa Romeo Giulietta e MiTo, modelli di
grande successo per il Gruppo
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Intervista
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Fiat che, giunti a metà carriera
si sono concesso un sottile facelift. Rispetto al passato i due
modelli del Biscione ora sono
meglio equipaggiati dal punto
di vista tecnologico e dispongono di nuove motorizzazioni.
Giulietta, un pezzo della storia Alfa Romeo si rinnova. Ma
com’è nato, negli anni ’50 il
nome Giulietta?
«Si narra che una sera del 1950,
in occasione della presentazione dell’Alfa Romeo “1900” a
Parigi, il pilota Wimille e alcuni
nostri dirigenti entrarono in un
locale dove un principe russo
era solito tenere banco. Riconosciuti, il principe andò loro
incontro domandando: “Siete
otto Romeo e non c’è neanche
una Giulietta?”. Quattro anni
dopo, Romeo presentò al mondo la sua Giulietta. Quelli erano
gli anni della rinascita italiana,
e anche del grande cinema
che partiva da Cinecittà per
conquistare il mondo. Giulietta
viene lanciata proprio nell’anno dell’uscita nelle sale de “La
Strada”, il film che valse il primo premio Oscar a Federico
Fellini e che portò alla ribalta
internazionale sua moglie –
Giulietta Masina.E proprio Giulietta Masina tenne a battesimo
la 100.000 Giulietta prodotta.
Così, negli anni ’50, Giulietta rese accessibile il sogno di
“possedere un’Alfa Romeo”,
facendo innamorare gli appassionati di automobili di tutto il
mondo».
Quali sono le caratteristiche
più apprezzate che avete riscontrato tra i clienti, dal lancio di Giulietta ad oggi?
«Giulietta ha dimostrato di poter essere allo stesso tempo:
potente, efficiente, elegante,
comoda, compatta e diverten-
te… Magia? No, innovazione
tecnologica. E come tutte le
Alfa Romeo possiede un’attitudine: uno spirito che non si
misura solo in cavalli… Ma si sa,
sia le passioni che i miti vanno
alimentati per restare sempre
attuali e forse… oggi anche Giulietta cambierebbe guardaroba per piacere al suo Romeo…
così abbiamo pensato ad un
restyling estetico, tecnologico
e a livello di prestazioni per il
2014».
Quali modifiche sono state
apportate su Giulietta 2014?
«A livello estetico siamo intervenuti solo sul trilobo: il
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segno più distintivo del nostro
stile, l’elemento che nessuno
potrà mai copiarci e che fa riconoscere un’Alfa Romeo al
primo sguardo. Quindi, nuova
calandra e cornice cromata
dei fendinebbia per Giulietta.
Poi, nuovi colori che esaltano
le linee dinamiche e tre nuovi
cerchi in lega da 16, 17 e 18 pollici. Entrando in vettura, dove si
concentrano le principali novità
dei Model Year. Gli interni sono
stati totalmente rinnovati con
nuovi abbinamenti di colori
e materiali. Volevamo creare
ambienti piacevoli da toccare,
guardare e quindi da vivere».
Non dimentichiamo il nuovo
motore 2.0 da 150 CV
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Intervista
Periodico elettronico di informazione motociclistica
«Con Giulietta Model Year fa il
suo esordio un nuovo motore
2.0 litri JTDM da 150 CV, un
propulsore che permette una
guida brillante quando si cercano divertimento e prestazioni, ma anche consumi ed
emissioni di tutto rispetto. E
questo perché sul nostro 2 litri
‘convivono’: un turbocompressore con inerzia ridotta, la cui
efficienza e prontezza di risposta permettono al propulsore
di esprimere già ai bassi regimi
la coppia più elevata della sua
categoria. Schema iniezioni
Multijet II e il sistema MultiJet
II, una tecnologia esclusiva
del nostro Gruppo che lavora
con l’obiettivo di ottimizzare la
combustione. Infatti, permette
di gestire fino a 8 iniezioni di
carburante per ciclo e realizzare strategie avanzate come
l’Injection Rate Shaping, che
prevede le due iniezioni principali consecutive così ravvicinate da generare un profilo continuo e modulato dell’erogazione
del combustibile nei cilindri.
Questo per chi guida significa
brillantezza, silenziosità, consumi ed emissioni contenuti, e
maggiore affidabilità del sistema grazie alla minor complessità costruttiva degli iniettori,
che impiegano il 40% in meno
di componenti».
E a livello di tecnologia?
«Bene… dopo aver reso l’ambiente interno più accogliente
Giulietta è pronta ad invitare
Romeo a fare un giro... E oggi
può farlo con un SMS, mentre
ascolta musica in streaming e
cerca il locale per l’aperitivo!
Questo grazie al dispositivo
multimediale Uconnect con
touch-screen da 5” o da 6,5”
integrato in plancia con Bluethooth, connettore Aux-in, porta USB e comandi vocali».
Come nasce e a chi si rivolge
l’Alfa Romeo MiTo?
«Alfa Romeo è più di un Brand:
è una passione condivisa. Una
passione che ha dato vita ad
auto leggendarie e a vere e proprie leggende dell’auto: Ascari,
Campari, Nuvolari… e persino Enzo Ferrari, che proprio
dall’Alfa partì per creare la sua
magia. La nostra è una storia
di avventurieri, di geni, di eroi,
di rischi, di colpi di scena e di
successi… Così si diventa un…
“MiTo”.
Pensate che il nome MiTo venne suggerito anche da una lettrice tedesca, in un concorso
promosso sulle principali riviste di auto e lo abbiamo scelto
per la compatta Alfa Romeo
proprio perché questo nome
ci riporta non solo alle nostre
origini territoriali, ma anche
alla nostra essenza, al nostro
spirito.
MiTo è l’auto che ha dato “larghezza” al nostro marchio, facendoci entrare in una fascia di
mercato importante, che vale
quasi un quarto del mercato
europeo. Una nuova generazione di Alfisti, un segmento in cui
non eravamo mai stati prima e
dove abbiamo saputo creare
una nuova generazione di Alfisti, nettamente più giovane
della media dei clienti di questo
segmento. E che presto amerà
Giulietta».
Cosa cambia, per il 2014?
«Il model year si arricchisce di
pochi accorgimenti estetici e
per del Turbo TwinAir da 105
CV. Per parlare del TwinAir da
105 CV i nostri motoristi usano
la definizione “smart fun”, ovvero: attenzione a consumi ed
emissioni, con coppia e potenza disponibili a richiesta».
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Mazda e i Nobel per la Pace
Sfidare le convenzioni per
cambiare le cose in meglio
di Ippolito Fassati | Il costruttore giapponese di Hiroshima, ha scelto
di supportare per tre anni il World Summit of Nobel Peace Laureates,
l’organizzazione con cui Mazda condivide l’idea di migliorare il mondo
sfidando le convenzioni e per non dimenticare il passato
S
ei a gosto 1945 ore 8:16, in pochi secondi Hiroshima è la prima città della storia ad essere rasa al suolo da
una bomba atomica. Perdono la vita
60.000 persone, salite a 285.000 negli anni successivi. 21 ottobre 2013, Varsavia, Mazda, che
ad Hiroshima ha la sede dal 1920, lega il proprio
66
News
Periodico elettronico di informazione motociclistica
marchio al Summit che ogni anno riunisce i premi Nobel per la Pace. «Veniamo da Hiroshima
e vogliamo un mondo in Pace» afferma Jeffrey
H. Guyton, General Manager Mazda Europe. In
quell’indimenticabile giorno del 1945, grazie alla
posizione protetta da una collina, gli stabilimenti
Mazda non furono distrutti dall’atomica e vennero
subito trasformati in ospedale e poi in fabbrica di
produzione di veicoli di emergenza. Mazda con
il suo supporto al World Summit of Nobel Peace
Laureates porta avanti un proprio credo che vede
da sempre: l’uomo al centro di tutto. Il Summit
riunisce da 13 anni molti premi Nobel per la Pace,
che grazie alle loro idee e alle loro azioni hanno
cambiato il mondo. Mikhail Gorbaciov, Lech Walesa, il XIV Dalai Lama, Frederik de Klerk, Shirin
Ebadi, Leyman Gbowee, Betty Williams, Maired
Maguire, Muhammad Yunus, oltre alle più importanti associazioni umanitarie, ogni anno si
incontrano per scambiarsi opinioni e promuovere iniziative internazionali in favore della pace,
dall’integrazione etnica e religiosa, alla gestione
dell’acqua e del cibo, all’etica politica e economica. Ospitato dal 1999 al 2007 a Roma, il Summit è
poi diventato un evento itinerante, raggiungendo
anche la stessa Hiroshima nel 2010 e approdando in Polonia quest’anno.
I Nobel per la pace presenti al
Summit testimoniano che non
esistono azioni impossibili da
realizzare
A Varsavia erano riunite persone straordinarie
che hanno avuto il coraggio di affrontare situazioni che sembravano impossibili da modificare.
Persone capaci di vincere quella resistenza così
radicata in ciascuno di noi da non farci nemmeno
provare ad affrontare temi che appaiono troppo
grandi per piccoli uomini. E dopo aver convinto
se stessi, sono riusciti a coinvolgere sempre più
persone, fino a trasformare in realtà ciò che prima sembrava irraggiungibile. Come è stato per
Lech Walesa in Polonia o per Muhammad Yunus
in Bangladesh, per citare l’esempio più recente,
Nobel nel 2006:«Non sarei mai partito con la mia
banca se avessi fin da subito pensato di creare
un sistema capace di aiutare un Paese intero e di
espandersi in tutto il mondo» ci ha confessato il
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News
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Mazda da anni lavora per ottenere risultati straordinari in termini di prestazioni ed emissioni, al
pari se non meglio di tutti gli altri costruttori che
per avere gli stessi risultati puntano al downsizing». Il termine SKYACTIV riunisce un insieme
di tecnologie su cui Mazda si concentra da anni,
quali motori con rapporti di compressione elevatissimi (pari solo a quelli di Formula 1), telai
estremamente leggeri ma resistenti, sofisticati
sistemi per il recupero dell’energia in frenata. «La
filosofia di Mazda è quella di rendere disponibili
su tutti i modelli della gamma le migliori tecnologie, non di riservarle solo all’alto di gamma,
dalle prestazioni, alle emissioni, alla sicurezza».
«Nel 2016 l’85% delle Mazda saranno SKYACTIV, anche grazie alla nuova fabbrica in Messico.
Questo sarà possibile perché dal 2008 - Mazda è
stata di proprietà Ford dal 1995 al 2008 ndr - anche la progettazione è fatta all’interno in uno dei
anche per lo spirito anticonvenzionale che la
Casa giapponese segue da sempre nella progettazione e costruzione delle proprie auto. Laddove
tutti puntano verso un downsizing dei motori, con
cilindrate sempre più piccole, strozzate, ibride o
con un numero limitato di cilindri, per riuscire a
rientrare nei limiti di emissioni imposti, Mazda,
pur rispettando gli stessi limiti, riesce a produrre
vetture con motori quattro cilindri che nulla tolgono al piacere di guida, grazie all’ottimizzazione
delle tecnologie esistenti.
fiancato, in maniera del tutto coerente il World
Summit of Nobel Peace Laureates. Non solo
per non dimenticare le tragedie della guerra, ma
Come confermato da Andrea Fischetti AD di
Mazda Italia, presente a Varsavia: «La tecnologia
SKYACTIV definisce un insieme di fattori sui quali
Mazda nella progettazione delle
proprie auto, segue da anni una
Migliorare il mondo facendo scelte strada non convenzionale, migliorando continuamente prestazioni,
non convenzionali
Sfidare le convenzioni per fare qualcosa meglio divertimento e tutela dell’ambiendegli altri. Con questa convinzione Mazda ha af- te
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“
Prof Muhammad Yunus, fondatore della Grameen Bank, la banca sociale che concede prestiti
e finanziamenti a 18,5 milioni di persone, per la
quasi totalità donne, senza garanzie. «Eppure,
anche se il mio progetto andava completamente
contro le logiche delle banche tradizionali, cominciando a prestare i miei soldi in un quartiere
di un piccolo paese, tutto si è sviluppato velocemente. Se si crede nelle proprie idee, bisogna attuarle cominciando da cose piccole. Solo così ci
si renderà conto che non esistono azioni impossibili da realizzare e che anche “andando contro
corrente” si può migliorare il mondo».
migliori centri di ricerca e sviluppo al mondo. Con
la nuova gamma di modelli abbiamo incrementato del 30% le prestazioni, diminuendo le emissioni e vogliamo migliorare».
«Ma per Mazda l’auto è tecnologia e passione:
Fun to drive» continua Fiaschetti «La nostra strategia di identificazione di Brand non fa leva sul
prezzo, anche se è un elemento che già da solo
sarebbe in grado di determinare una scelta d’acquisto, ma sul fatto di riuscire a garantire prestazioni eccellenti insieme a una grande godibilità
dell’auto, senza nulla togliere all’ambiente». Una
scelta progettuale e di comunicazione, quella di
Mazda, decisamente sfidante ma capace di portare ai clienti un miglioramento.
Un percorso complesso ed entusiasmante, coerente con l’anima del Brand e con l’iniziativa di
supporto del World Summit of Nobel Peace Laureates.
Con la nuova gamma di modelli abbiamo
incrementato del 30% le prestazioni,
diminuendo le emissioni e vogliamo migliorare
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Attualità
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senso che sui 12.315 minatori esaminati circa il
6% aveva contratto un tumore ai polmoni (per
l’esattezza 760 casi), 198 dei quali erano deceduti prima del 2012. Oggi i diesel hanno scoperto
l’elettronica, il common-rail, l’iniezione diretta ad
alta pressione, il gasolio a basso tenore di zolfo,
e non lavorano al chiuso. Insomma, un esame
del genere coi motori a benzina avrebbe condotto a risultati ben peggiori, vista la presenza
nel carburante di benzene, toluene, xilene e altri
aromatici che inevitabilmente allo scarico danno
luogo agli IPA (idrocarburi policiclici aromatici),
fra i quali il benzopirene, il crisene, il fenantrene e altri compagnucci tristemente noti per la
loro cancerogenicità. Nonostante ciò i giornali
titolarono tout court: «I motori diesel sono cancerogeni». E un’associazione di consumatori, il
Codacons, molto poco documentata, arrivò addirittura a chiedere il sequestro di tutte le auto
diesel. Come ben sapete, tutto finì in una bolla
di sapone.
L’aria inquinata provoca il cancro.
Ma è proprio così?
Ora ci risiamo, ma questa volta sotto processo
c’è l’aria. L’inquinamento dell’aria può provocare
il cancro, lo dice ancora una volta lo IARC dopo
aver messo assieme gli studi di mille esperti,
che hanno certificato una cosa che ben si sapeva: l’esposizione per lungo tempo ad atmosfere
contenenti gas e polveri residuate da combustioni, riscaldamento ed emissioni industriali
aumenta la probabilità di sviluppare un tumore
ai polmoni o alla vescica. Altri titoli, altre frasi ad
effetto, leggete il Corriere della sera del 13 ottobre scorso: «L’inquinamento dell’aria provoca il
cancro». Per fortuna lo stesso IARC specifica che
meno del 5% (dal 3 al 5%) dei tumori deriva da
Aria inquinata e tumori, politica
e anidride carbonica
di Enrico De Vita | Due notizie sono rimbalzate sui giornali in questi
giorni in tema di auto e ambiente. Ma giocando così con
l’informazione si finisce con l’inquinare l’opinione
pubblica più di quanto non lo sia l’aria
L
o IARC (l’Agenzia internazionale per le
ricerche sul cancro), con sede a Ginevra/Lione, 5-6 volte l’anno emette un
verdetto sulle sostanze in grado di provocare il tumore. A giugno 2012, ricordate, aveva
reso noto i risultati di uno studio cominciato nel
1988 sulla pericolosità dei gas di scarico dei diesel.
70
Diesel cancerogeni,
una bolla di sapone
Erano stati messi sotto esame 12.315 minatori
che fino a quell’anno avevano lavorato in miniera a contatto con vecchi motori diesel americani,
privi di qualunque dispositivo elettronico di controllo, utilizzati per muovere i compressori d’aria.
Il risultato non poteva che essere negativo, nel
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Attualità
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presente in queste sostanza si liberava nell’aria e
diventava il precursore della nebbia. Quello che
entrava nei polmoni diventava irrespirabile e fonte di malattie. In Inghilterra hanno riesumato le
salme dei fuochisti che accudivano i camini dei
palazzi della regina Vittoria: avevano i polmoni
più neri di quelli di un fumatore accanito. Diciamo
queste cose per dimostrare come le percentuali
sulla mortalità provocata da certi inquinanti non
valgono in maniera assoluta, ma sono sempre il
risultato di quello che c’era prima, altrimenti rischiamo di attribuire effetti nulli ai grandi miglioramenti conseguiti. Per chi volesse documentarsi con numeri più precisi consigliamo di leggere
il libro di Andrea Trentini ed Enrico Engelmann
dell’Università di Milano “Arcipelago Area C”, da
alcuni giorni in libreria.
La politica gioca la sua parte
nell’inquinare l’informazione
esposizioni ambientali, mentre la stragrande
maggioranza (oltre il 60%) deriva dal fumo di
sigaretta. Tali percentuali non sono dissimili da
quelle del professor Umberto Veronesi che, considerando tutti i tipi di tumore, aveva messo al
primo posto assoluto gli alimenti (oltre il 50%),
poi il fumo di sigaretta (47%) e infine l’inquinamento ambientale (meno del 3%).
Oggi la media annua delle
polveri è stata abbattuta
Ovvio che ogni forma d’inquinamento va combattuta, ma gli allarmismi ingiustificati possono
diventare dei semplici spaventapasseri e perdere efficacia. Quello sulle polveri appartiene alla
categoria. I giornali non dicono che nelle grandi
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città del nord siamo arrivati ai livelli più bassi degli
ultimi due secoli: la media annua è ormai inferiore ai 50 microgrammi per metro cubo d’aria. Nel
1968 la media annua era di 475, scesa poi a circa
200 nel 1978 quando venne proibito l’uso del carbone e della nafta pesante. Da notare che le auto
diesel hanno incominciato a diffondersi proprio
nel 1978. Chi scrive abitava a Milano e possedeva
una Ritmo bianca: lavata al sabato, il giorno dopo
potevi scriverci sopra col dito; fare due chilometri
in moto, quando toglievi gli occhiali, somigliavi a
un minatore. La camicia bianca rimaneva tale per
mezza giornata. I 160 anni precedenti, cioè dagli inizi del 1800, furono ancora peggio, perché
tutti si scaldavano a legna o a carbone e le industrie bruciavano carbone o olio pesante. Lo zolfo
A proposito d’inquinamento non possiamo non
sottolineare chi inquina l’informazione. Ci fa sorridere l’intervista che il ministro dell’ambiente
Orlando ha rilasciato a Repubblica il 17 ottobre:
«Abbiamo fermato la melina della Germania».
Nell’intervista il giovane neo ministro si dichiarava soddisfatto di aver bloccato assieme a Svezia,
Danimarca e Bulgaria, le manovre della Germania per rialzare i limiti alle emissioni di CO2 delle
automobili, previsti per l’anno 2020. E’ la quarta
volta che sentiamo un nostro ministro dell’Ambiente includere l’anidride carbonica fra le emissioni inquinanti.
I lettori di Automoto.it e Moto.it la conoscono
bene, ma troppi politici la confondono con l’ossido di carbonio CO, velenoso, mortale: l’anidride
carbonica (CO2) è un gas innocuo, risultato delle
combustioni complete, emesso quale scarto da
tutti gli esseri viventi, ma alimento essenziale del
mondo vegetale.
La sua misura allo scarico dei motori consente:
- di risalire direttamente al consumo di combustibile;
- e poi di differenziare i vari combustibili in
funzione del contenuto di carbonio, mettendo in
evidenza quelli che ne contengono meno.
90 g/km CO2: un limite
“innaturale”
Tutto qui, nulla di inquinante, ma un metodo preciso per limitare il consumo dei combustibili fossili e contenere l’effetto serra provocato dai loro
gas. Perché ora la Germania vuole rivedere i limiti
della CO2 e rialzarli? Primo perché la Merkel ha
esagerato quando ha inventato la formula 20, 20,
20 per avere in Germania, per il 2020, il 20% di
combustibili di origine agricola e il 20% di energie rinnovabili. Secondo perché gli ingegneri tedeschi sono preoccupati per la contemporanea,
prevista chiusura delle centrali nucleari. Terzo
perché il limite di 90 grammi/km di CO2 imposti
per le autovetture è “innaturale”. Infatti, un motore termico non può scendere nell’uso normale
al disotto dei 120 g/km, neppure se è diesel e se
la vettura pesa solo 1.000 kg. Questo limite può,
invece, essere abbassato se ricorriamo a due
stratagemmi:
- adoperiamo un ciclo di misura non realistico,
come è quello NEUDC, usato in Europa per misurare consumi e inquinamento;
- se ricorriamo a una dozzina di trucchi per ridurre artificialmente i consumi.
La Germania della Merkel
non vuole ricorrere a trucchi
Quando però la vettura è a benzina o supera i
1.500 kg i trucchi non bastano e bisogna ricorrere a una forma di accumulo dell’energia (in una
batteria, in un volano, nell’aria compressa) per riuscire a percorrere gli 11 km del ciclo attingendo
il meno possibile dal serbatoio di carburante. Che
la Germania abbia chiesto di non esagerare nella
riduzione di CO2, nonostante possieda industrie
elettroniche che lavorano proprio nel settore
dell’ibrido, è meritorio: vuol dire semplicemente
che le auto non saranno gravate di dispositivi costosi e sofisticati adottati solo per falsare i numeri. E per darla da bere ai politici.
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Attualità
Periodico elettronico di informazione motociclistica
«Il bollo è una tassa illegale,
non va pagato»
La grande bufala circola in rete
di Matteo Valenti | In rete c’è chi ancora sostiene che il bollo auto in
Italia sia una tassa imposta ai cittadini in maniera illegale, tanto che
l’Europa ha applicato sanzioni allo stato italiano. Niente di più falso,
ecco perché
N
avigando in Internet, è risaputo, non
è difficile imbattersi in notizie quanto meno bizzarre. Spesso però,
complice la capacità di amplificazione delle news propria dei social network, informazioni errate si diffondono in maniera capillare, diventando in alcuni casi addirittura luoghi
comuni poi difficili da estirpare con un corretto
modo di fare informazione. È il caso della notizia,
tutt’oggi ancora circolante in rete, che invita a
non pagare il bollo auto in Italia, perché si tratterebbe di una tassa imposta in maniera totalmente illegale dallo Stato. Secondo questa tesi l’Italia applicherebbe il bollo violando in pieno delle
fantomatiche norme europee che stabiliscono la
tassazione dei veicoli circolanti nei singoli stati
membri dell’Unione, tanto che il governo italiano
si ritroverebbe ogni anno a pagare multe salatissime all’Europa.
“tassazione delle autovetture nell’UE e il bollo
auto italiano” dove si chiedeva alla Commissione
europea di valutare l’eventuale incompatibilità
del bollo auto italiano con la legislazione vigente
nell’Unione.
Una bufala colossale
Bollo auto: il criterio adottato in
Italia è corretto?
Niente di più falso. Non esistono infatti sanzioni
di alcun tipo a carico dell’Italia per una tassazione indebita sui veicoli, anche perché è stato lo
stesso governo di Bruxelles, opportunamente
interpellato, a sgomberare il campo da dubbi. Il
13 febbraio 2012 è stata presentata un’interrogazione alla Commissione europea in merito alla
74
L’Unione Europea fa chiarezza
La risposta dell’Europa non si è fatta di certo attendere. Poco più di un mese dopo, il 20 marzo
2012, la Commissione ha fatto chiarezza una volta per tutte, dichiarando esplicitamente che, fatto salvo il rispetto dei principi generali del diritto
dell’Unione, i regimi fiscali nazionali in materia di
tassazione delle autovetture sono a discrezione
degli Stati membri. Il bollo auto italiano viene
ritenuto dagli organismi di controllo europei di
competenza delle autorità nazionali e per questo motivo non è da ritenersi contrario al diritto
dell’Unione europea.
Ciò non toglie naturalmente che non si possa discutere sui criteri con cui il bollo viene applicato
nel nostro Paese e su come vengano spesi i proventi di questa tassa. Oltre al fatto che in alcuni
Paesi europei non esiste una tassa di questo genere, occorre aggiungere che in Italia si vengono
a creare fortissimi paradossi nelle cifre da versare allo Stato, visto che si assume il criterio della
potenza espressa in kW per calcolare l’importo
dovuto alle casse pubbliche e non il valore del
mezzo. Conseguenza? Una BMW M3 del 2001
paga circa 1.200 euro di bollo all’anno solamente
perché dispone di 343 CV, mentre il suo valore
sul mercato non va oltre quello di una Fiat Punto nuova. Ricordiamo infine che è praticamente
impossibile sfuggire al pagamento del bollo. Oggi
infatti il sistema è totalmente informatizzato e
quindi ogni ritardo o mancato pagamento viene
registraro, individuato e segnalato con la dovuta
sanzione all’intestatario del mezzo.
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I vecchi motori a pistoni
opposti tornano d’attualità
di Massimo Clarke | Una architettura costruttiva con la quale
importanti case hanno prodotto a lungo realizzazioni validissime.
Oggi sembrerebbe quasi dimenticata, ma c’è chi continua a pensarci…
S
e ogni tanto si torna a parlarne, una
ragione deve esserci. In questo caso
si tratta fondamentalmente della
grande efficienza del lavaggio unidirezionale, il massimo per i motori a due tempi.
Stiamo parlando dei motori a pistoni opposti,
realizzati cioè con uno schema che viene tuttora spesso definito “tipo Junkers”, dal nome della
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Tecnica
Periodico elettronico di informazione motociclistica
celebre casa tedesca che lo ha sviluppato e portato a un livello funzionale e prestazionale straordinario, nel periodo tra le due guerre mondiali.
Diesel a pistoni
opposti in ogni campo
In passato sono stati realizzati eccellenti motori
diesel di questo tipo, che hanno trovato impiego
in diversi settori, da quello aeronautico a quello
dei veicoli industriali, senza dimenticare la notevole diffusione in campo ferroviario e industriale, oltre che sui sottomarini americani degli anni
Quaranta e su vari carri armati inglesi e russi costruiti nel dopoguerra. E c’è stato anche chi ha
pensato di impiegarli, in versione a ciclo Otto,
su vetture e su moto da corsa e da record. Ad
alcune realizzazioni odierne per uso militare e
per la generazione di energia si è andata ad aggiungere una proposta avanzata solo qualche
anno fa dalla OPOC (Ecomotors) che sembra sia
attualmente in fase di valutazione da parte della
americana DARPA. Dunque, potrebbe esserci un
rinnovato interesse nei confronti dei motori di
questo tipo, anche a giudicare da alcuni recenti studi di fattibilità e da alcune interessanti tesi
universitarie. Nella grande maggioranza dei casi
si è trattato di diesel, ma non sono mancati alcuni
interessanti esempi di motori ad accensione per
scintilla. Questo schema costruttivo è stato largamente adottato da varie aziende, alcune delle
quali, come la Junkers, la Doxford e la FairbanksMorse, hanno indissolubilmente legato ad esso il
loro nome.
Un motore senza testa, con
un’unica camera di combustione
per due cilindri
I motori a pistoni opposti hanno dalla loro una
compattezza che può essere decisamente rimarchevole e possono raggiungere potenze
molto elevate in relazione al peso. Non è presente alcuna testa e pure le valvole a fungo e i
relativi organi di comando non ci sono. Il lavaggio (ossia la sostituzione dei gas combusti,
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all’interno del cilindro, da parte dell’aria) è molto
buono, essendo del tipo a corrente unidirezionale. All’interno di ciascun cilindro ci sono due
pistoni; quando arrivano nel punto di massima
vicinanza lo spazio esistente tra loro costituisce la camera di combustione. Poi, durante il
funzionamento del motore, si allontanano per
andare verso i rispettivi punti morti inferiori (che
in questo caso sarebbe più opportuno definire
“esterni”). A un certo punto uno di essi inizia a
scoprire le luci di scarico e i gas combusti cominciano ad uscire dal cilindro a elevata velocità. Poi
l’altro pistone scopre le luci di ammissione, praticate nel cilindro alla estremità opposta, rispetto a quelle di scarico, e l’aria entra, riempiendo
rapidamente tutto lo spazio disponibile e completando l’espulsione dei gas combusti. Come
ovvio, ci deve essere una pompa di lavaggio, che
invia l’aria a queste luci. In genere si impiega un
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Tecnica
Periodico elettronico di informazione motociclistica
compressore volumetrico, quasi sempre del
tipo a lobi (Roots), ma non mancano esempi di
impiego di pompe alternative e di compressori
centrifughi. In alcuni casi si utilizzano anche, in
aggiunta a quelli comandati meccanicamente,
dei compressori mossi dai gas di scarico (cioè
dei turbo).
Diverse architetture
Lo schema impiegato più frequentemente prevede l’impiego di due alberi a gomiti, collegati da
una cascata di ingranaggi cilindrici o, raramente,
da un albero e due coppie di ingranaggi conici
(questa soluzione è utilizzata dalla FairbanksMorse). Spesso la bancata dei cilindri è verticale e in tal caso un albero a gomiti è collocato
superiormente alla bancata stessa e l’altro inferiormente; si ciascuna manovella è montata una
biella, vincolata al relativo pistone. Non mancano
comunque i motori con bancata dei cilindri orizzontale, realizzati con un identico schema. Un’altra architettura costruttiva prevede che ci sia un
unico albero a gomiti. In questo caso per ogni
cilindro ci sono tre perni di manovella: quella
centrale è collegata al pistone inferiore (facciamo sempre riferimento a una bancata verticale)
mentre le altre due sono collegate, mediante
lunghe bielle (una per lato) al pistone superiore.
Quest’ultimo può essere vincolato a un piattello di diametro maggiore che funge da stantuffo
della pompa di lavaggio alternativa (che in questo caso è ovviamente una per cilindro). Questa architettura è stata impiegata per i motori
dei famosi autocarri Lancia Ro (2 cilindri, 3200
cm3, 64 CV) e Ro-Ro (tre cilindri, 4800 cm3, 95
CV ) degli anni Trenta, costruiti su licenza Junkers. Un terzo schema prevede che la bancata
di cilindri sia orizzontale e che ogni pistone sia
vincolato, da una biella, a un grosso bilanciere a
due bracci, la cui estremità provvede a muovere,
tramite un’altra biella, l’albero a gomiti collocato
inferiormente. Questa soluzione costruttiva può
sembrare macchinosa, ma assicura una notevole compattezza; tra l’altro è stata impiegata
con un buon successo su una intera famiglia di
autocarri medi costruiti in Inghilterra tra il 1954
e il 1973 dalla Commer, del gruppo Rootes. Tra
le aziende che hanno realizzato motori di questo
tipo vanno citate almeno la svizzera Sulzer e la
francese MAP.
Dai sottomarini ai carri armati
I motori a pistoni opposti erano già noti alla fine
dell’Ottocento. In particolare sono stati i tedeschi Oechelhauser e Junkers (che hanno per
diverso tempo lavorato assieme) ad adottare questa architettura motoristica. Proprio gli
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ottimi risultati ottenuti da Hugo Junkers sono
stati determinanti per la diffusione dei motori di
questo tipo. La sua azienda, ben presto diventata
assai celebre in campo aeronautico, per anni ha
mostrato la strada in questo campo e diversi motori diesel Junkers sono stati prodotti su licenza
anche in Inghilterra, in Francia e in Italia. Spicca
la serie dei sei cilindri d’aviazione (Jumo 204,
205 e 207), dal consumo estremamente ridotto
(solo 160 g/CV h, un valore record per l’epoca) e
dalle notevoli prestazioni complessive, che hanno avuto una discreta diffusione negli anni Trenta e Quaranta. Negli USA la Fairbanks-Morse
ha realizzato migliaia di diesel di questo tipo (in
versioni a 6, 8, 10 e 12 cilindri), che hanno avuto
largo impiego sui sommergibili, sui locomotori
diesel-elettrici e in campo industriale. Alcuni di
questi ultimi erano a ciclo Otto e venivano alimentati con gas naturale. In Inghilterra per lungo
tempo la Doxford ha costruito grossi motori diesel a pistoni opposti destinati a impiego navale
e ad installazioni fisse. Dopo la seconda guerra
mondiale lo schema Junkers è stato ripreso da
case come la Napier (che già produceva motori
su licenza della azienda tedesca), la Rolls-Royce
e la Leyland. Quest’ultima tra il 1960 e la fine
degli anni Ottanta ha prodotto il sei cilindri L 60
destinato ai carri armati. La Napier ha impiegato
il sistema a pistoni opposti per lo straordinario
Deltic, dotato di tre bancate di sei cilindri ciascuna e di tre alberi a gomiti (uno per ciascun vertice
del “triangolo”, con riferimento alla sezione trasversale). Questo incredibile motore è stato prodotto per diversi anni in versioni destinate alle
motovedette veloci e ai locomotori, dando ottima prova di sé. In Svizzera la Sulzer ha realizzato
un notevole numero di diesel a pistoni opposti,
a partire dalla seconda metà degli anni Trenta.
Dopo il termine della seconda guerra mondiale
non solo i progetti e quasi tutte le struttura produttive ma anche numerosi tecnici dalla Junkers
sono andati a finire in Unione Sovietica dove, tra
l’altro, lo sviluppo dei famosi Jumo 205 è proseguito. I risultati sono stati evidentemente molto
80
Tecnica
Periodico elettronico di informazione motociclistica
I tentativi sulle due ruote
Pure i progettisti delle mitiche DKW da corsa degli anni Trenta, alla fine della evoluzione dei loro
motori erano giunti alla conclusione che lo schema più vantaggioso era proprio quello a pistoni
opposti. Il bicilindrico della loro ultima 250 da
GP, sovralimentato da un compressore a palette, è stato costruito e provato. Avrebbe dovuto
correre nel 1940 ma gli eventi bellici lo hanno impedito. La potenza specifica era di 190 CV/litro,
un valore strabiliante per l’epoca. A uno schema
analogo, ma senza compressore esterno (l’aspirazione avveniva nel carter), ha fatto ricorso la
Piaggio per la sua Vespa da record che nel 1951
ha raggiunto i 171 km/h sul chilometro lanciato.
Il motore aveva una potenza di circa 20 cavalli.
buoni, al punto che tuttora vari carri armati
ucraini utilizzano motori a pistoni opposti che in
pratica possono essere considerati dei 205 con
la bancata dei cilindri disposta orizzontalmente
invece che verticalmente. Si tratta dei Kharkiv
Morozov con compressore centrifugo, montati
sui carri da battaglia T-72, T-84 e T-90, la versione più performante dei quali eroga ben 1.200 cavalli. Con una architettura a pistoni opposti sono
stati realizzati anche alcuni interessanti motori a
ciclo Otto (anche loro a due tempi, ovviamente);
nessuno di essi è stato prodotto in serie, dato
che erano destinati a mezzi da competizione o
da record. Proprio a questa soluzione avevano
pensato i tecnici della Fiat per la nuova vettura
da Gran Premio della casa torinese, nel 1925. Il
motore di 1500 cm3 a sei cilindri, denominato
“tipo 451”, era sovralimentato mediante un compressore a lobi ed erogava oltre 150 cavalli.
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Anniversario
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ammirare in ogni dettaglio, schierate lungo il canale che percorre tutta la piazza, disseminata di
statue, assecondando la sua forma ellittica. Persone di tutte le età vanno avanti e indietro, chi
a piedi chi in bicicletta, alcuni addirittura noleggiando un segway per non perdersi tutto lo spettacolo, con lo sguardo rapito dalle forme sinuose
delle carrozzerie di tutti colori.
Media
Un modello unico
E proprio questa è la forza della 911. Quest’auto è capace, ancora oggi, non solo di affascinare
chiunque ma anche di farsi riconoscere da tutti. Con lei non serve essere esperti o grandi appassionati, basta semplicemente uno sguardo.
Il merito è delle sue forme, che si sono evolute
in maniera costante nel corso degli ultimi 50
anni, rimanendo sempre fedeli a se stesse. La
coda così inclinata, la curva del finestrino posteriore, gli inconfondibili parafanghi anteriori
bombati, che ospitano i fari tondi, sono tratti comuni a tutte e sette le generazioni. Simboli capaci di stregare letteralmente intere generazioni
di Porschisti, tanto che nel mondo oggi esistono
più di 800.000 911, di cui circa 38.000 possedute da clienti italiani.
Rifarsi gli occhi
I più entusiasti di loro hanno raggiunto il centro
di Padova, per condividere la loro passione con
quella di altri possessori di 911. In compenso tutti
i presenti e i curiosi accorsi nella piazza hanno
potuto rifarsi gli occhi, gustandosi esemplari di
rara bellezza, alcuni anche molto preziosi e quasi introvabili. Dai modelli di prima generazione,
concepiti nel 1963, tra cui spiccava una delle prime 911 a circolare in Italia, fino alle prime versioni
Targa, con cui Porsche ha inventato il concetto
di Cabriolet con tetto rigido asportabile e rollbar
in bella vista. Proseguendo non si poteva fare a
Porsche
50 anni di storia festeggiati
con il raduno di Padova
di Matteo Valenti | Porsche Italia ha radunato qualcosa come 400
Porsche 911 nella Piazza principale di Padova. Uno spettacolo unico,
che ha permesso di rifarsi gli occhi con esemplari di tutte le età,
alcuni davvero rarissimi ed emozionanti
N
on poteva esserci una conclusione
migliore per l’Italian Tour. Con il
raduno di Prato della Valle, incorniciato nel suggestivo scenario della
piazza principale di Padova, Porsche Italia mette
la parola fine ai festeggiamenti per i 50 anni della
911.
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Un raduno in grande stile
E lo fa in grande stile, schierando qualcosa come
400 modelli di qualsiasi anno e di qualsiasi generazione, andando a creare uno spettacolo
unico e variopinto, capace di catturare l’attenzione non solo degli appassionati, ma anche
dei passanti e dei tanti turisti che affollano la
piazza come ogni domenica. Le 911 si lasciano
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Anniversario
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meno di notare alcune Serie G, protagoniste degli anni ’70, fino alle mitiche 964, alcune presenti
in versione Turbo, ancora oggi capaci di far nascere brividi lungo la schiena grazie ad un design
aggressivo e semplicemente unico.
recenti 997, tra cui brillavano alcune bellissime
GT3 e GT3 RS, modelli rari, da rimanere a guardare per ore, con i lori abbinamenti cromatici
sgargianti, i rollbar colorati, le enormi prese d’aria e gli alettoni così grandi e vistosi.
I colori delle GT3 RS
Una passione viva
Non mancavano nemmeno numerose 993, le
ultime con motori sei cilindri boxer raffreddati
ad aria, ma neanche tante 996, con i loro tanto
discussi fari anteriori a forma di “uovo all’occhio di bue”. Si aggiungevano al raduno le più
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Presenti infine, in gran numero, le attuali 991 tante in versione cabriolet – che testimoniano
come ancora oggi, anche in Italia, la passione per
questa vera icona della sportività non si sia ancora spenta. Anzi, è più viva che mai.
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Formula 1
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La riconoscenza del campione
Sebastian Vettel
La semplicità dell’uomo dietro
alla corazza del campione
di Paolo Ciccarone | Quattro mondiali a soli 26 anni. Vettel è un ragazzo
semplice e normale che fa cose straordinarie. La persona che emerge
dietro al campione attraverso pochi semplici gesti
Q
uattro mondiali in carniere ad appena 26 anni, Sebastian Vettel è
l’uomo dei record. Da battere, visto
che è il più giovane tetra campione
del mondo della storia della F.1 e per lui il futuro
potrà essere solo roseo. La Red Bull si conferma
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campione del mondo costruttori per la quarta
volta di fila e chiude l’era dei motori aspirati con
l’ennesimo successo, dall’anno prossimo si ricomincia coi motori turbo e la storia potrebbe essere diversa, si spera, visto che anche quest’anno la Ferrari è uscita sconfitta dal confronto.
L’unico momento di debolezza del robot Vettel
si è visto dopo il traguardo, quando ha cominciato a fare testacoda in serie, mandando nuvole di
fumo di gomme bruciate sulla tribuna centrale. E
poi, sceso dalla monoposto, Vettel si è inginocchiato davanti alla sua macchina: segno del tributo doveroso alla Red Bull che gli ha permesso
di conquistare questo traguardo. Nella corazza
del robot, quello privo di spunti, quello anonimo
e piatto, senza punti di forza che pare uno normale che va in banca a lavorare alla scrivania,
invece che a buttarsi in pista a 300 orari, pare
essersi formata una piccola crepa che una volta tanto lo hanno fatto apprezzare anche da chi,
come i tifosi a Monza, lo hanno fischiato senza
vergognarsi di contestare un campione vero.
«Vettel ha raggiunto Senna nella forza e nella capacità di imporsi – ha detto Felipe Massa,
quarto con la Ferrari – ha dimostrato di avere i
numeri del campionissimo, non conta se Senna
aveva tre mondiali vinti o Schumacher ne abbia
sette, quello che ha fatto Sebastian è entrato
nella storia della F.1 e merita rispetto”. Stesso
parere anche da Alonso, undicesimo e fuori dalla
zona punti: “Uno così ha meritato, ha meritato la
Red Bull perché sono stati più bravi di tutti noi,
il mondiale lo vinci se sei perfetto e loro lo sono
stati!».
Special thanks
E Vettel, cosa ha detto dopo aver raggiunto questo traguardo? «Vorrei ringraziare il pubblico.
L’accoglienza in India è incredibile ed è un peccato che non torneremo più qui il prossimo anno.
Ho pensato molto a cosa dire in questo momento, ma non mi viene. E’ stata una stagione fenomenale, lo spirito nel team è incredibile, quando
salgo in macchina cerco di dare il massimo che
ho per tutti i ragazzi che lavorano e credono in
me. Non ci avevo pensato di fare un arrivo così.
Ho voluto andare in mezzo alla gente, ho sentito
che era la cosa giusta in quel momento». E poi
un pensiero per la squadra: «Tutte le persone
che lavorano dietro di noi sono state fondamentali, c’è forse stata l’idea che avessimo tutto in
mano nelle ultime gare ma in realtà eravamo tirati. Sono stato molto dispiaciuto delle critiche
nelle ultime gare ma non avevamo fatto nulla di
sbagliato. Raggiungere 4 titoli è incredibile perché solo pochi piloti sono arrivati a tanto. Sono
travolto dalle emozioni, non so cosa dire. Quando ero piccolo la F1 era davvero lontana e correre
con questi piloti era per me un sogno. Ho fatto
un cammino lungo, difficile e riuscire a battere
tutti oggi andando a caccia di statistiche è una
cosa incredibile. Sono ancora giovane e riuscire
a raggiungere tutto questo in così pochi anni è
incredibile». Ecco, il difetto di Vettel è quello di
essere un ragazzo normale che fa cose eccezionali e per una volta che si è lasciato andare,
divertendo milioni di fans, coi testacoda sul traguardo, la federazione lo ha multato: reprimenda
per lui e 25 mila euro per la squadra. Ma questa
è un’altra storia.
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Le foto più belle
del GP di
Nuova Dheli
Il GP di Formula 1 d’India ha visto in Sebastian
Vettel il vincitore di gara e titolo mondiale.
Riviviamo la gara con le più emozionanti
immagini di Flavio Mazzi
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Redazione
Ippolito Fassati
Emiliano Perucca Orfei
Alessandro Colombo
Aimone Dal Pozzo
Francesco Paolillo
Andrea Perfetti
Matteo Valenti
Grafica
Thomas Bressani
Collaboratori
Massimo Clarke (Tecnica)
Enrico De Vita
Claudio Pavanello (Epoca)
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Antonio Gola
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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