Audi RS4 Avant
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Audi RS4 Avant
Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 28 05 Novembre 2013 95 Pagine Periodico elettronico di informazione motociclistica Citroen Grand C4 Picasso Nuovi motori Volvo Drive-E Comoda, spaziosa e dotata di tanta tecnologia di alto livello Volvo rispolvera la sua tradizione motoristica Stanno comodi anche i bagagli L’estinzione dei dinosauri Formula 1 Sebastian Vettel: la semplicità dell’uomo dietro alla corazza del neo campione del mondo. Che raggiunge i quattro titoli iridati | PROVA SU STRADA | Audi RS4 Avant da Pag. 2 a Pag. 19 All’Interno NEWS: Honda S660 concept | Suzuki Crosshiker, X-Lander e Hustler I Nissan Zeod RC | Mazda e i Nobel per la Pace Porsche 50 anni di storia festeggiati a Padova | TECNICA: I vecchi motori a pistoni opposti tornano d’attualità PROVA SU STRADA AUDI RS4 AVANT Le Mans Wagon Abbiamo provato l’Audi RS4 Avant, scoprendo una station con l’anima da sportiva. Parte da 78.500 euro e abbina emozioni forti ed uso quotidiano. Peccato non abbia una maggior caratterizzazione stilistica di Alessandro Colombo 2 3 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica Bagagliaio capiente e sedili sportivi Media S tation wagon. Un segmento composto da vetture familiari, destinate ad un pubblico che ha grandi necessità di trasporto e che generalmente non si propongono di emozionare. Ma deve per forza essere così? La Casa dei Quattro Anelli dice di no e propone in questa fascia di mercato - con la gamma S ed RS - delle vetture altamente performanti come l’Audi RS4 Avant, automobili sportive che della tranquillità familiare, bagagliaio escluso, conservano poco e niente, strizzando così l’occhio ad una clientela che in una vettura cerca prima di tutto il carattere emozionale. Proposta a partire da un prezzo di 78.500 euro, l’Audi RS4 Avant unisce due elementi molto spesso in antitesi: la fruibilità di una vettura familiare, che si deve poter utilizzare ogni giorno, con la sportività di una vera e propria supercar, andando così a sfidare a viso aperto una rivale d’eccezione: la Mercedes-Benz Classe C63 AMG Station Wagon. 4 Il carattere sobriamente elegante ma sportivo manifestato all’esterno è ben ripreso anche all’interno, dove pellami, cuciture a vista, inserti metallici ed in fibra di carbonio sono armonicamente uniti tra loro, andando così a creare un abitacolo capace di stupire per le esperienze sensoriali in grado di trasmettere. Tanto capace di appagare la vista quanto il tatto, l’ambiente interno dell’Audi RS4 Avant riesce infatti a catturare l’attenzione di una molteplice esperienza sensoriale: scorrendo infatti la mano lungo le superfici della plancia, del tunnel centrale e dei sedili, è possibile, anche ad occhi chiusi, assaporare le piccole sfumature che l’esperienza di guida di un’auto di questo tipo si promette di offrire, facendo percepire al di sotto dei polpastrelli fino a quattro o cinque materiali diversi nell’arco di pochi centimetri. Dotazione ampiamente incrementabile La dotazione di bordo dell’Audi RS4 Avant comprende la Radio Concert con lettore CD/MP3 con altoparlanti passivi ed una Presa di corrente da 12V situata nel vano bagagli, oltre ovviamente ad un computer di viaggio. Per chi lo desiderasse sono disponibili in via opzionale l’Audi Soundsystem proposto a 295 euro, l’Audi Music Interface (285 euro), l’impianto audio Bang & Olufsen Soundsystem proposto a 1.105 euro (presente sulla vettura in prova), il Bluetooth con sistema veicolare Audi (685 euro), il cavo adattatore Audi music interface con doppio connettore (iPod+USB) (48 euro) e il Bluetooth con sistema veicolare Audi con cordless e display a colori nell’appoggiabraccia centrale (1.140 euro), oltre a molto altro ancora. Lo stile: sobrio ma sportivo Caratterizzata esteriormente da un linguaggio stilistico che armonicamente accomuna tutti i modelli della Casa di Ingolstadt, l’Audi RS4 Avant presenta un corpo vettura lungo e fluido, con sottili nervature che attraversano le fiancate ed una sezione frontale dominata da un’ampia mascherina ai cui lati si stagliano dei gruppi ottici che molto hanno caratterizzato il design Audi negli ultimi anni, rendendo le vetture marchiate coi Quattro Anelli immediatamente identificabili anche di notte. Nella versione top di gamma RS, ovviamente, tali linee vengono esasperate, presentando caratteri più muscolosi e profili cromati che l’A4 Avant - sui cui questa RS si basa - ovviamente non presenta, rendendo così immediatamente comprensibile, anche dal primo colpo d’occhio, quanto i caratteri di queste vetture, simili nell’aspetto, siano in realtà due pianeti diversi di altrettante ben separate galassie. 5 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica Il peso c’è ma non si sente Lunga 4.710 mm, larga 1.850 mm, alta 1.410 mm e dotata di un passo di 2.800 mm, l’Audi RS4 Avant ferma l’ago della bilancia a 1.795 kg di peso, un valore non basso, ma che per via della bontà progettuale della vettura, scompare quasi per magia alla guida, restituendo in maniera inaspettata una vettura sorprendentemente agile e reattiva. Dotata di trazione integrale permanente quattro con differenziale centrale a corona dentata e di controllo elettronico di stabilità ESC con torque vectoring, l’Audi RS4 Avant vanta un impianto frenante a doppio circuito diagonale, con ABS/EBV ed ESP con controllo dinamico della frenata e servofreno in tandem, mentre i dischi dei freni (tutti dotati di profilo a margherita) sono di tipo autoventilante sia all’avantreno che al retrotreno (a richiesta quelli anteriori sono disponibili anche di tipo ceramico). Questi, visibili al di dietro dei cerchi da 19 pollici gommati 265/35, flottano su sospensioni a 5 bracci, con bracci trasversali superiori e inferiori e con 6 barra antirollio all’anteriore e a ruote indipendenti a bracci trapezoidali con supporto a sospensione elastica con barra antirollio al posteriore. Sicurezza attiva e passiva Alla voce sicurezza la dotazione di serie dell’Audi RS4 Avant propone: ABS, EBV (Ripartitore elettronico della forza frenante), ASR - dispositivo di controllo della trazione, EDS (Dispositivo antislittamento in partenza) ed ESP (Sistema elettronico di controllo della stabilità), oltre agli Airbag laterali anteriori per testa/torace. 450 CV per due diverse anime A muovere l’Audi RS4 Avant è l’esuberante V8 da 4.163 cc aspirato dotato di alimentazione a iniezione diretta sequenziale ad alta pressione con regolazione adattiva del minimo e di accensione a controllo integrato con distribuzione statica dell’alta tensione con bobine dedicate, a cui si aggiungono la regolazione antidetonazione selettiva per ogni cilindro e la regolazione 7 8 9 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica L’unità teutonica eroga fino a 450 CV di potenza massima ad un regime di 8.250 giri/min e 430 Nm di coppia ad un regime compreso tra 4.000 e 6.000 giri/min, valori questi che permettono alla superstation Audi di integrata della compressione. Assemblato a mano, il 4.2 litri FSI teutonico presenta un angolo di 90 gradi tra le bancate - fra loro disposte con uno sfalsamento di 18,5 millimetri - dichiara un peso di 216 kg, ed è caratterizzato da un albero motore fucinato con bielle in acciaio (anch’esse fucinate) e pistoni forgiati in lega d’alluminio, oltre che da un basamento realizzato tramite fusione in conchiglia a bassa pressione e caratterizzato da una struttura bedplate; ovvero con i ponti dei cuscinetti inferiori dell’albero motore integrati in un telaio che si propone di aumentare la rigidità ed abbattere le vibrazioni. Caratterizzata da un rapporto di compressione di 11,0:1 e di misure di alesaggio e corsa pari a 84,5 x 92,8 mm, l’unità teutonica eroga fino a 450 CV di potenza massima ad un regime di 8.250 giri/min e 430 Nm di coppia ad un regime compreso tra 4.000 e 6.000 giri/min, valori questi che permettono alla superstation Audi di scattare verso i 100 km/h con partenza da fermo in 4.7 secondi 10 di tempo e di raggiungere una velocità massima autolimitata a 250 km/h (che possono essere, su richiesta, innalzati fino a 280 km/h). Al fianco di questa unità lavora, di serie, un cambio S tronic a sette rapporti a doppia frizione costituito da due blocchi, in cui due frizioni a lamelle azionano marce differenti. La frizione esterna trasmette la coppia mediante un albero pieno agli ingranaggi del gruppo delle marce dispari. Intorno all’albero pieno ruota un albero cavo, collegato alla frizione più piccola, alloggiata all’interno dell’altra, mentre la seconda frizione ha il compito di azionare gli ingranaggi del gruppo delle marce pari e della retromarcia. Il conducente ha diverse modalità a disposizione per usare il cambio a sette rapporti S tronic. Il livello completamente automatico comprende i programmi D (Drive) e S (Sport); nella sua gestione rientra anche la modalità selezionabile nel sistema di regolazione del comportamento dinamico “Audi drive select”. Quando il guidatore effettua da sé le cambiate mediante la leva selettrice o i bilancieri posti dietro il volante, il cambio S tronic a sette rapporti passa a una modalità di funzionamento sportiva e in fase di accelerazione, per esempio, non inserisce autonomamente la marcia superiore. In grado di ottemperare ai dettami imposti dalla normativa Euro 5, l’Audi RS4 Avant promette consumi pari a 14.6 litri/100 km nel ciclo urbano, a 8,5 in quello extraurbano e a 10,7 in quello misto, contenendo inoltre le emissioni inquinanti entro un valore di 249 g/km di CO2. scattare verso i 100 km/h con partenza da fermo in 4.7 secondi di tempo e di raggiungere una velocità massima autolimitata a 250 km/h Dal vivo: com’è fuori Osservando l’Audi RS4 Avant dall’esterno, l’attenzione viene catturata da una sezione frontale connotata da tratti muscolosi che non cadono mai nello sfacciato. Le forme di calandra e prese d’aria laterali sono esaltate da griglie a nido d’ape, splitter aerodinamici e cromature di contorno. Cromature che si ritrovano anche sulle fiancate, all’altezza delle cornici che contornano 11 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica sare da 490 a 1.430 dm3 di capienza abbattendo i sedili delle file posteriori, anche se già con questi in posizione standard è possibile sfruttare comunque di una importante superficie di carico. Grazie infatti ad un pavimento più basso rispetto alla soglia, il bagagliaio della RS4 Avant si dimostra capace di accogliere fino a due trolley di grandi dimensioni oltre a zaini e giubbotti a profusione avanzando ancora dello spazio e senza far arretrare la cappelliera. Un vano bagagli così vasto, implica però una superficie di coda molto estesa, il che va – a causa della prospettiva – ad influire negativamente sulla visibilità della ¾ posteriore in fase di retromarcia, costringendo così il guidatore a fare affidamento sui sensori di parcheggio e sulla telecamera di retromarcia, che ben colmano il “gap” visivo creato da dei montanti larghi e distanti. Paddles e carbonio: una station con l’anima da endurance le superfici trasparenti e sulle cover degli specchietti retrovisori, oltre che sulle barre portatutto poste ai lati del tetto. Tratti più forti per la sezione posteriore, ove la porzione bassa del paraurti permette di osservare l’estrattore in esso integrato, ai cui lati si stagliano i generosi terminali di scarico ovali dal profilo cromato, mentre al di sopra di questi si stagliano i gruppi ottici dal profilo allungato le cui linee vanno a confluire nella porzione sporgente del bagagliaio, al di sotto della quale trova spazio la targa. plancia viene impreziosito da cromature e inserti in fibra di carbonio, sino al logo RS presente praticamente ovunque, dai battitacco ai sedili fino a strumentazione e volante. Tutto a bordo dell’Audi RS4 Avant concorre nel conferire agli occupanti una sensazione di sportività commista a sobria eleganza. Nulla sconfina infatti nell’ostentato e tutto quello che serve viene inoltre posizionato a portata di mano tramite i comandi integrati nel volante a fondo piatto ed i selettori collocati all’interno del tunnel centrale. Dal vivo: com’è dentro Strizza l’occhio sia allo sportivo che alla famiglia Aperta la portiera lo sguardo va letteralmente a perdersi tra i tanti contenuti presenti: dalle sellerie sportive che, come altre superfici interne, presentano i rivestimenti in pelle e le cuciture a vista, al tunnel centrale che al pari di portiere e 12 Se al di sotto del cofano è possibile osservare un cuore da vera sportiva, all’estremo opposto della vettura è possibile osservare tutto il suo lato familiare, grazie ad un vano bagagli capace di pas- Accomodandosi sul sedile del pilota è possibile regolare la triangolazione di guida in base a tutte le necessità possibili grazie alle numerose regolazioni presenti tra sedile e volante, che integra al suo interno di serie tutti i comandi necessari alla gestione delle principali funzioni dei dispositivi di infotainment e della strumentazione, mentre alle sue spalle fanno bella mostra di sé i bilancieri del cambio in metallo. Quanto non immediatamente a portata di pollice sul volante, lo si trova integrato in un tunnel centrale facilmente raggiungibile per la gestione delle funzioni più avanzate del dispositivo di infotainment, comandabile facendo uso congiunto di tasti e selettore, costringendo però il pilota, per utilizzare questi ultimi, a distogliere l’attenzione dalla guida in quanto costretto a girare lo sguardo per vedere cosa sta andando ad azionare, ma va d’altronde detto che difficilmente sarebbe possibile progettare qualcosa di differente senza trasformare un volante pensato per rivolgersi ad un utente medio in uno destinato ad interfacciarsi con un pilota da F1. Molto bello il pulsante start collocato nella porzione anteriore del tunnel centrale, che lavorando congiuntamente alla chiave elettronica contribuisce a conferire alla vettura un ulteriore fascino corsaiolo. Carattere esuberante Esercitata una lieve pressione su quest’ultimo il sound del V8 pervade in un primo istante l’abitacolo per poi acquietarsi onde rispondere alle esigenze di comfort necessarie ad una station wagon. Selezionata la modalità drive ed effettuata a questo punto una lieve pressione sul pedale dell’acceleratore la vettura inizia a muoversi, facendoci da subito notare quanto il carattere dell’Audi RS4 Avant si connoti come fortemente vocato alla sportività. Anche ai bassi regimi ed andando tranquilli il V8 tedesco permette subito di comprendere quanto esuberante sia il suo carattere. Docile – e ben isolato acusticamente – quando si desidera andar tranquilli con la famiglia, l’unità tedesca sa veramente trasformarsi in forza bruta nell’istante in cui si decide di fare sul serio. Basta una leggera pressione sul pedale dell’acceleratore per richiamare all’ordine con veemenza coppia e cavalli: la sonorità passa d’un tratto quasi per magia dall’essere quasi inesistente a corposa, piena ed esuberante. Un boato rauco e cupo inizia infatti a pervadere l’abitacolo mentre la lancetta del contagiri schizza verso la zona rossa. La rapida ascesa del contagiri viene corrisposta da un sensibile schiacciamento contro il sedile mentre la superstation tedesca allunga dai due ai 6.000 giri/min, ovvero il range di erogazione in cui la RS4 Avant esprime il meglio di sé, il tutto accompagnato da un borbottio di scarico profondo, roco ed esaltante. I paddles posti dietro al volante – largo il giusto e connotato da una impugnatura sportiva con fondo piatto – incrementano inoltre il piacere di guida: cambiare le sette marce diventa un vero e proprio divertimento grazie alle leve metalliche che seguono lo sterzo nell’arco della sua rotazione, permettendo così di apprezzare appieno con quanta precisione e rapidità questa trasmissione 13 14 15 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Aperta la portiera lo sguardo va letteralmente a perdersi tra i tanti contenuti presenti: dalle sellerie sportive che, come altre superfici interne, presentano i rivestimenti sia in grado di lavorare. Tanta veemenza motoristica viene tenuta a bada da un impianto frenante autoventilante con dischi a margherita - visibile alle spalle dei poderosi cerchi in lega a cinque razze sdoppiate di cui la nostra RS4 Avant è dotata - il quale si fa apprezzare sia per le doti di potenza che di modulabilità. L’assetto è rigido, certo, e questo si ripercuote sul comfort quando l’asfalto diventa molto disconnesso, ma la vocazione di questa familiare è da vera sportiva e sarebbe quindi impossibile sacrificare sull’altare della totale comodità la precisione di guida. Una precisione coadiuvata da uno sterzo reattivo (e agevole da utilizzare nelle manovre da fermo) e da delle doti telaistiche da riferimento, permettendo ai 1.795 kg e ai 4.710 mm di lunghezza di scomparire improvvisamente quasi per magia. Una magia ingegneristica. che al pari di portiere e plancia viene impreziosito da cromature e inserti Conclusioni BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Audi RS4 Avant L’Audi RS4 Avant unisce al di sotto della stessa pelle due anime tra loro contrapposte come i circoli polari: quella della station wagon, capace di sorridere alle esigenze della famiglia e di strizzare l’occhio alla fruizione quotidiana, e quella sportiva, in grado invece di soddisfare i palati più esigenti in termini di emozioni forti. Certo il costo c’è - si parte da 78.500 euro - ed i consumi vanno più a braccetto con la seconda che con la prima anima, ma il piacere di guida che questa superstation è in grado di regalare risulta essere davvero impagabile. 16 Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica in pelle e le cuciture a vista, al tunnel centrale in fibra di carbonio Sfoglia i cataloghi in PDF Accessori Configuratore della casa » Test Drive » Virtual Tour » Finanziamenti » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 17 18 19 PROVA SU STRADA CITROEN GRAND C4 PICASSO Stanno comodi anche i bagagli In listino a partire da 24.300 euro la nuova sette posti del double chevron è comoda, spaziosa e dotata di tanta tecnologia di alto livello. Necessita, però, di motori sostanziosi di Emiliano Perucca Orfei 20 21 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica Media un abitacolo in cui spicca, nelle versioni top, una dotazione tecnologica assolutamente unica nella propria categoria: i display digitali, ad esempio, nelle versioni top sono due di cui uno touch da 7” al centro e l’altro da 12” nella zona superiore a svolgere funzioni di car entertainment/navigazione oltre che normale strumentazione. Ma i display non sono l’unico elemento tecnologico sopra la media: il volante è una centrale operativa da ben 16 tasti di cui 4 a rotella mentre sui display è possibile veder proiettate le immagini della retrocamera o, nelle versioni al top, anche una visione aerea della vettura. Non mancano elementi come i sensori di parcheggio ai quali può essere collegata la funzione di parcheggio automatica. Tanto spazio Numerosi gli spazi portaoggetti sparsi per la vettura. Nelle versioni dotate di cambio pilotato, la cui leva di comando spunta dal lato destro del piantone, è proposta una console situata tra i C on la Citroen Grand C4 Picasso, in listino a 24.300 euro, si completa la gamma delle C4 che ora spazia dalla berlina a cinque porte per arrivare alla nuova monovolume a sette posti passando per la tradizionale versione a cinque arrivata recentemente in concessionaria. E lunga come la vecchia Tra le due versioni quella “lunga” e con due posti in più è tutt’altro che una semplice riconfigurazione degli interni: la Grand C4 Picasso, infatti, grazie alla “plasmabilità” della nuova piattaforma EMP2 vanta un passo di 5 cm in più (da 279 a 284 cm) ed una lunghezza di 11 cm in più, che porta il totale a quel 460 cm, ovvero lo stesso valore che era sulla scheda tecnica anche del precedente modello. 22 sedili anteriori che offre una zona protetta da uno sportellino scorrevole, un vano di contenimento “aperto”, due portalattine ed un posacenere. Nella parte anteriore, sulla plancia , c’è anche un cassettino portaoggetti climatizzato completato da un vano centrale illuminato che ospita anche la Plug in Desk in cui trovano posto la porta USB, il jack audio, la presa 12V ed una presa 220 V. Per i passeggeri della seconda fila sono previsti vani nei pannelli porta oltre che tavolini con illuminazione a led e reti d’alloggiamento fissate sugli schienali posteriori. Piccoli alloggiamenti, per chi siede dietro, sono disponibili anche sotto al pavimento. I sedili posteriori scorrono Lo spazio a bordo, però, è l’elemento principe della nuova Grand C4 Picasso. I sedili della seconda fila sono stati pensati per essere abbattuti e traslati di 15 cm singolarmente mentre quelli della terza non solo sono stati progettati per ospitare veri adulti ma hanno anche la Si riconosce subito Modifiche tecniche importanti, pensate principalmente per fare spazio a persone e bagagli, sulle quali gli stilisti francesi hanno ricucito l’egocentrico vestito della C4 Picasso non senza farsi mancare una lunga serie di accorgimenti: tra le novità si fanno notare la forma dei montanti, i gruppi ottici posteriori, le nervature della fiancata ed alcuni dettagli del frontale in cui, comunque, dominano la doppia linea cromata in cui si sviluppa il double chevron e la tripla linea di illuminazione con i sottilissimi gruppi ottici a led a recitare il ruolo di protagonisti. 19” di display, anche touch Tra le particolarità della Grand C4 Picasso si fa notare anche la notevole disponibilità di superficie vetrata (5,7 metri se presente il tetto in vetro) che ha il compito di rendere ancor più “spazioso” 23 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica La sensazione è quella di un piccolo cinema, in particolar modo per l’ampiezza e la qualità delle immagini che vengono visualizzate, anche se tanta magnificenza spesso crea qualche inevitabile problema di attenzione caratteristica di “scomparire” allineandosi perfettamente al pavimento. Piccoli accorgimenti che fanno capire come Citroen abbia interpretato realmente la Grand C4 Picasso come una vettura a sette posti e non come una cinque allungata sono anche le bocchette d’areazione dedicate all’ultima fila di sedili, che completano un sistema d’areazione studiato per essere estremamente efficiente. Bagagliaio: 704 litri per cinque Il vano bagagli vanta una cubatura di 645 litri, ovvero 69 litri in più della versione precedente, ma possono salire a 704 nel caso in cui si avanzino i il più avanti possibile i sedili della fila centrale. Nella configurazione a sette posti, naturalmente, lo spazio disponibile scende mentre nel caso in 24 cui serva posto per stivare oggetti particolarmente voluminosi Citroen promette un piano di carico con un’estensione di 2,5 metri. Curiosa la presenza di una torcia a batteria removibile, che in posizione di riposo funziona come normale punto luce del vano bagagli, così come è interessante la possibilità di registrare l’angolo di apertura del portellone posteriore, in modo da poter essere adattato a tutti i garage. Come sulla C4 Picasso anche sulla nuova sette posti è disponibile il parabrezza panoramico Wide Angle Screen da 2 mq ma anche il pack lounge che prevedono la funzione massaggio per chi siede davanti, il sostegno confort estendibile elettricamente per il passeggero anteriore e gli appoggiatesta relax per le prime due file di sedili. Agli amanti del top di gamma segnaliamo che Citroen propone rivestimenti in pelle Nappa bicolore, plancia con armonie Ambra o Ardesia ad effetto perlato e finiture nero lucido o cromato ed a stampa laser per le maniglie interne delle porte. Si parte da 24.300 euro Cinque gli allestimenti: Attraction (24.300), Seduction (25.500), Intensive (27.300), Business (27.550) ed Exclusive (31.550). ABS, ESP, airbag frontali, laterali ed a tendina, chiave elettronica con start button, rilevatore di pressione degli pneumatici, cruise control, climatizzatore manuale, touch pad da 7”, computer di bordo, volante in pelle, parabrezza panoramico, servosterzo e sette posti sono di serie. Gli allestimenti crescono, ovviamente, man mano che cresce il livello ma allo stesso tempo si aprono diversi scenari in tema di personalizzazione grazie a singoli accessori ma anche a pacchetti che rendono più ricca la dotazione facendo risparmiare qualche euro. Per tutte le versioni ad eccezione della Business e della Exclusive la motorizzazione d’accesso è la 1.6 VTi. Per la Business sono disponibili solo motori a gasolio (si parte dalla 90 CV) mentre per la Exclusive Citroen Italia propone direttamente la 1.6 THP da 155 CV. Due benzina e tre diesel La gamma motori si compone del 1.6 VTi da 120 CV con cambio a cinque marce e del 1.6 THP daq 155 CV e cambio a sei rapporti. La gamma turbodiesel, invece, prevede il 1.6 e-HDi nelle versioni da 90 e 115 CV entrambe abbinate al cambio manuale-pilotato a sei marce (manuale 6 m 25 26 27 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica gestire situazioni a scarsa aderenza come ghiaccio e neve attraverso la simulazione di un differenziale autobloccante. Dal vivo: com’è fuori Che sia una C4 Picasso lo si capisce immediatamente, anche se le differenze tra la Grand C4 Picasso e la sorella a cinque posti sono più evidenti di quanto possa sembrare inizialmente. La linea di coda, in particolar modo la forma dei gruppi ottici, è completamente diversa ma anche davanti e lateralmente le novità sono numerose. Miracoli della nuova piattaforma modulare EMP2 che ha permesso ai tecnici Citroen di declinare sette posti in una C4 Picasso senza scendere a compromessi. Dal vivo: com’è dentro Dentro le differenze tra la 5 e la 7 posti non sono molto numerose per quanto concerne la zona anteriore mentre dietro la principale novità riguarda la terza fila di sedili: non si tratta, come spesso accade, di una mossa pubblicitaria o di una pazza idea di marketing. I sette posti sono veri e dietro possono scegliere di sedersi anche persone di un metro e ottanta. L’unico limite è rappresentato dalla volumetria del vano bagagli, che praticamente si annulla, a differenza di quando si utilizza la normale configurazione a cinque posti: in quel caso è come avere una C4 Picasso con un superbagagliaio e considerando che saranno in molti a non usufruire mai dei posti posteriori l’idea di prendere la Grand piuttosto della standard potrebbe comunque essere interessante anche per chi di figli ne ha “solo” due ma ha tante cose da trasportare. Il confort di bordo e la percezione di qualità non arriva solamente dall’architettura interni: i materiali sono molto curati, i pellami nelle versioni top sono di qualità e gli assemblaggi e gli accoppiamenti tra i diversi materiali sono ben fatti. Ma è l’aspetto tecnologico a stupire: lo schermo centrale può solo per 115 CV) ed il 2.0 BlueHDi da 150 CV con cambio manuale o automatico a sei rapporti: tra le novità del nuovo quattro cilindri turbodiesel al vertice di gamma c’è l’omologazione Euro6, ottenuta per mezzo dell’utilizzo di un sistema di abbattimento degli NOx attraverso l’ADBlue (urea). Per quest’ultimo motore, grazie anche al peso di 1.430 kg (nettamente inferiore al precedente), Citroen promette uno scatto da 0 a 100 km/h in 9,8 secondi, una velocità di 210 km/h ed una percorrenza media con un litro di gasolio di 23,5 km/litro. Sicurezza a cinque stelle Alla voce sicurezza, oltre all’ampia dotazione di airbag, i Citroen Grand C4 Picasso offre l’aiuto alla frenanta d’emergenza, il sistema di segnalazione della collisione etouch, il regolatore della velocità attivo con differenziali di velocità di 30 km/h, le cinture di sicurezza attive ed un sistema di traction control intelligente, ovveroin grado di 28 29 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica non manca davvero nulla. La posizione di guida, decisamente rialzata rispetto al piano stradale, grazie alla possibilità di regolare sedile e volante in altezza e profondità non è da furgoncino ma da normale berlina: l’unico richiamo ai veicoli commerciali, utilizzato sempre più spesso anche da Mercedes, è il posizionamento della leva del cambio automatico che alle moderne palette dietro al volante abbina quella della classica selezione P, R, N e D appena sopra al piantone dello sterzo. Un elemento, quest’ultimo, che ha permesso di liberare spazio tra i sedili anteriori per fare posto ad un mobiletto davvero molto pratico e capiente. Il 2.0 HDi è il suo motore essere abbinato ad uno superiore panoramico che prende il posto della classica strumentazione analogica. La sensazione è quella di un piccolo cinema, in particolar modo per l’ampiezza e la qualità delle immagini che vengono visualizzate, anche se tanta magnificenza spesso crea qualche inevitabile problema di attenzione, in particolar modo se non si conosce perfettamente il posizionamento dei tasti di comando al volante. A bordo: c’è di tutto e di più, anche la 220 V! Che sia una vettura pronta “al viaggio” lo si capisce anche dalla dotazione della connecting box: oltre alla classica presa USB, jack audio e 12 V Citroen ha ben pensato di fare posto anche ad una classica presa 220 V che permette di ricaricare velocemente computer, telefonini o “dare vita” a strumenti utili a rendere più facile la vita durante e dopo il viaggio. Notevole la dotazione tecnologica anche in termini di sicurezza: il 30 traction control attivo funziona davvero bene su fondi sdrucciolevoli ed il cruise control attivo, per quanto sia potenzialmente in grado di frenare autonomamente la vettura a qualsiasi velocità è stato tarato per seguire chi precede accelerando o frenando autonomamente solo quando il differenziale di velocità tra le due vetture rientra entro i 30 km/h. In tutte le altre situazioni il comando viene affidato a chi guida a tutto vantaggio della sicurezza di guida. In termini di motorizzazione abbiamo scelto di provare su strada la 2.0 HDi da 150 CV abbinata al cambio automatico: è il motore al top di gamma ed il suo comportamento non delude offrendo grande coppia ai massi regimi, una potenza ben distribuita su tutto l’arco di erogazione ed una sonorità molto discreta. In termini di guida la Grand C4 Picasso conferma quanto di buono dimostrato dalla versione a cinque posti: facile e rassicurante in ogni situazione poggia su sospensioni confortevoli ma non per questo cedevoli. Il rollio, infatti, è molto contenuto e la performance in curva è superiore alle aspettative. Fa difetto, purtroppo, la visibilità posteriore: l’auto è Su strada: è davvero molto comoda La vita a bordo della Grand C4 Picasso è davvero confortevole. I francesi parlano chiaramente di spirito loft e bisogna ammettere che, soprattutto nelle versioni dotate di tetto panoramico, l’idea di spazio a bordo è eccezionale. Di spazio ce n’è in abbondanza per chi siede dietro ma anche per chi siede davanti e nelle versioni dotate di massaggio o di chaise longue per il passeggero 31 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 32 Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove 33 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica lunga, i volumi in gioco sono importanti ed i sensori di parcheggio possono essere molto utili in alcune situazioni. Peccato siano disponibili solo a partire dall’allestimento intermedio Intensive. In conclusione Relativamente compatta fuori e molto spaziosa dentro la nuova Grand C4 Picasso completa in modo molto interessante la gamma della monovolume francese: i sette posti sono davvero sfruttabili ma il cliente tipo di questa vettura saranno certamente le famiglie con due/tre figli e tante cose da portare a seguito in vacanza o nei weekend. Le versioni che suggeriamo partono dalla intermedia Intensive, più che altro per la dotazione di accessori interessanti che non sono disponibili nemmeno a pagamento negli allestimenti più basici, mentre in termini di motorizzazione suggeriamo di partire almeno dalla millesei turbodiesel da 115 CV. 34 BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Citroen Grand C4 Picasso Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Finanziamenti » Test Drive » Sito dedicato » Virtual Tour » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 35 36 37 NUOVI MOTORI VOLVO DRIVE-E L’estinzione dei dinosauri Volvo rispolvera la sua tradizione motoristica sviluppando in casa due nuovi quattro cilindri sovralimentati da 2.0 litri, un benzina e un diesel, destinati a mandare in pensione i leggendari cinque e sei cilindri in linea, oltre al V8. Scopriamo se ne sono all’altezza di Matteo Valenti 38 39 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica Media « I nuovi motori a quattro cilindri Volvo Drive-E faranno sembrare i V8 dei dinosauri». In questa frase è racchiuso tutto il significato della scelta della Casa di Göteborg di rinnovare completamente la propria gamma motorizzazioni con nuove unità progettate, sviluppate e realizzate in Svezia interamente da Volvo, nello stabilimento di Skövde. L’ambizione di Volvo: fare la differenza Si tratta di una strategia industriale davvero ambiziosa sotto diversi punti di vista. Prima di tutto perché in un periodo di sicuro non facile dal punto di vista economico, in cui i costruttori automobilistici tendono a condividere sempre di più tecnologie, piattaforme, motori e powertrain, così da aumentare le sinergie e contenere i costi 40 di sviluppo, Volvo investe 7,5 miliardi di euro (la cifra contiene anche i costi di sviluppo della nuova piattaforma che debutterà sulla futura XC90, ndr) per produrre in prima persona motori, peraltro in uno stabilimento europeo, dimostrando in maniera concreta di credere nelle proprie potenzialità di sviluppo sui mercati (in particolare in Cina), ma anche nelle proprie qualità in termini di costruttore. Qualità capaci alla fine di fare la differenza agli occhi dei potenziali clienti, in un mercato che propone prodotti sempre più standardizzati. Addio ai leggendari cinque e sei cilindri in linea La scelta del costruttore svedese si dimostra anche ardita da un punto di vista più strettamente tecnico. La Casa infatti sostituisce i tradizionali 5 e 6 cilindri in linea, veri pilastri della storia motoristica di Volvo, nonché il poderoso V8 a benzina (non più disponibile in Italia da alcuni mesi, ma molto apprezzato in altri mercati, in particolare negli Stati Uniti), servendosi solamente di due nuove unità, o meglio, di due nuove architetture. Si tratta di due quattro cilindri da 2.0 litri, un benzina ad iniezione diretta e un diesel common rail, entrambi sovralimentati e dotati delle più moderne tecnologie per il contenimento dei consumi, migliorando l’efficienza senza compromettere le prestazioni. In particolare il quattro cilindri a benzina darà vita ad una nuova gamma motorizzazioni con potenze da 140 a oltre 300 CV, mentre il diesel verrà offerto in versioni da 120 fino a 230 CV. Le diverse varianti di potenza verranno rese disponibili servendosi della stessa architettura a quattro cilindri da 2.0 litri, ma giocando sui sistemi di sovralimentazione ma naturalmente anche sulle logiche di gestione dell’elettronica e sui sistemi di raffreddamento. Un futuro (prossimo) ibrido L’intera gamma di motori Drive-E, denominata Volvo Engine Architecture (VEA), guarda anche al prossimo futuro, ovvero al processo di elettrificazione. Entrambe le piattaforme infatti sono già predisposte per accogliere motori elettrici, in modo da dare vita a powertrain ibridi plug-in di nuova generazione, anche ad altisse prestazioni, attesi per i prossimi anni, che saranno identificati con le numerazioni 6,7 e 8 (per esempio D6, D7 e D8 per i diesel ibridi plug-in). Nuovo otto marce automatico e inedito sei marce manuale I nuovi motori Drive-E portano al debutto anche nuovi sistemi di trasmissione. Oltre ad un sei marce manuale completamente inedito, Volvo rende disponibile anche un moderno otto marce automatico con convertitore di coppia, azionabile anche per mezzo di paddles al volante, 41 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica I motori a benzina più prestazionali della gamma Drive-E, come il T6 da 306 CV protagonista della nostra prova, sono dotati di un sistema di sovralimentazione a doppio stadio, composto da un compressore e da un turbo sviluppato con la giapponese Aisin, azienda che storicamente collabora con la casa svedese. In un primo momento saranno disponibili tre dei nuovi motori a quattro cilindri della nuova famiglia VEA, che verranno offerti prima su S60, V60 e XC60 per poi approdare sotto al cofano di V70, XC70 ed S80. Inizialmente quindi arriverà in Italia il T6 turbo benzina da 306 CV, il T5 da 245 CV e il D4 turbo diesel da 181 CV, che sicuramente sarà quello più gettonato sul nostro mercato per ovvi motivi. E la V40? Sembrerebbe naturale un downsizing... Al momento il costruttore non ha comunicato 42 cosa intende fare con la V40, che non rientra in questo piano industriale continuando ad utilizzare i motori di precedente generazione, ovvero il cinque cilindri diesel Volvo e il quattro cilindri diesel sviluppato a suo tempo con Ford-PSA, oltre al quattro cilindri a benzina. Interpellati dalle nostre domande però, i vertici Volvo, hanno fatto intendere, senza dichiararlo apertamente, che prossimamente i 2.0 litri VEA di nuova generazione potrebbero essere sottoposti ad un’operazione di downsizing, così da rendere disponibili varianti di più piccola cubatura ideali per rispondere alle esigenze di una vettura di segmento C come la V40. Diesel: tecnologia di iniezione i-Art Come anticipato, entrambe le nuove motorizzazioni a quattro cilindri da 2.0 litri possono vantare le più moderne tecnologie sviluppate per migliorare l’efficienza, diminuire i consumi, aumentando l’affidabilità. In particolare il diesel può vantare la tecnologia i-Art che, sfruttando il ritorno di pressione di ciascun iniettore del carburante invece che utilizzare il tradizionale sensore di pressione singolo nel common rail, consente di monitorare costantemente e adattare l’iniezione di carburante per ogni combustione in ciascuno dei quattro cilindri. Ciascun iniettore monta nella parte superiore un piccolo computer che tiene sotto controllo la pressione di iniezione. Utilizzando queste informazioni, il sistema autoadattante iArt controlla che durante ogni ciclo di combustione venga iniettata sempre e solo la quantità ideale di carburante. In questo modo non si contengono solamente i consumi e le emissioni, ma si rende il motore anche più affidabile. Abbinando una pressione di iniezione più elevata alla tecnologia iART Volvo vuole ottenere consumi ottimizzati, emissioni più basse e prestazioni elevate. I diesel Drive-E possono vantare, oltre ad un sistema di sovralimentazione biturbo, altre raffinatezze tecniche a partire da un sistema di valvole intelligenti per il sistema di raffreddamento che garantiscono un riscaldamento più rapido dopo le partenze a freddo. 43 44 45 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Benzina: compressore e turbo I motori a benzina più prestazionali della gamma Drive-E, come il T6 da 306 CV protagonista della nostra prova, sono dotati di un sistema di sovralimentazione a doppio stadio, composto da un compressore e da un turbo. Il compressore collegato meccanicamente entra in funzione immediatamente ai bassi regimi, mentre il turbo si attiva quando il flusso dell’aria aumenta, garantendo spinta e alti valori di coppia in un vasto range di regimi. Le altre migliorie delle unità a benzina DriveE includono poi un livello di attrito ridotto ottenuto grazie all’impiego di cuscinetti a sfere sull’albero a camme, un sistema ad alta velocità di variazione continua dei tempi di azionamento delle valvole e una gestione del calore intelligente con pompa idraulica elettrica a portata variabile. D4 Drive-E da 181 CV: le nostre impressioni di guida Iniziamo il nostro test dal nuovo D4 Drive-E da 181 CV, dal momento che rappresenta l’unità più 46 Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove interessante per il mercato italiano. Lo abbiamo provato sulla Volvo V60 restyling. Il nuovo quattro cilindri a gasolio D4 eroga una potenza massima di 181 CV a 4.500 giri/min e produce 400 Nm di coppia, disponibili in maniera costante tra 1.750 e 2.500 giri/min. Abbinato al nuovo cambio automatico a otto rapporti questo motore garantisce alla V60 uno scatto da 0 a 100 km/h in 7,6 secondi ed una velocità massima di 225 km/h, a fronte di un consumo medio dichiarato pari a 4,2 l/100 km (113 g/km CO2). Appena mettiamo in moto il quattro cilindri ci svela la sua anima a gasolio, ma la rumorosità e appena percettibile all’interno, mentre le vibrazioni sono quasi del tutto assenti. Merito sicuramente di un motore che in origine è già molto silenzioso per essere un diesel, specialmente se paragonato a quelli di solo pochi anni fa, ma anche dell’ottima insonorizzazione dell’abitacolo. Con uno stile di guida tranquilla il nuova cambio a otto marce rivela logiche di gestione davvero efficaci. I cambi tra un rapporto e l’altro, che presentano tempi certamente rapidi 47 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito anche se un po’ più pigri rispetto ai convertitori di coppia a otto marce tedeschi, avvengono non appena si raggiungono i 1.500 giri, a tutto vantaggio dei consumi e del confort di guida, immersi in una silenziosità quasi assoluta. Basta affondare il piede sul pedale dell’acceleratore però per conoscere una diversa anima sia del motore che del cambio. I cambi marcia rimangono reattivi, la voce del biturbo diesel si alza notevolmente, senza essere però troppo invasiva, mentre il copioso valore di coppia già disponibile ai bassi regimi regala un’accelerazione corposa e, spostando la leva del cambio in modalità Sport, oseremmo dire quasi rabbiosa, come quella tipica dei motori a gasolio di più grossa cubatura. Questo motore comunque, come tutti i buoni diesel, rivela il suo lato migliore a velocità costanti, anche 48 Prove Periodico elettronico di informazione motociclistica piuttosto elevate, tipiche delle lunghe percorrenze autostradali, dove si mantiene molto rotondo e comunque sempre silenzioso e sempre pronto a scattare con rapidità. Merito della buona reattività del cambio, che recepisce in tempi rapidi quando è necessario scalare marcia per uno sprint. Da notare che a 110 km/h, in ottava ottava marcia, il motore D4 viaggia a 1.500 giri/min, in maniera quasi impercettibile per gli occupanti, regalando valori di consumo davvero sorprendenti, prossimi ai 4,5 l/100 km. A 130 km/h la situazione cambia di poco, con il regime di rotazione che non supera comunque i 1.800 giri/min! Consumi Durante la nostra prova, su un percorso di circa 100 km che alternava tratti guidati a percorsi autostradali, dove non ci siamo di certo risparmiati con il pedale del gas, il D4 Drive-E ha fatto registrare un consumo medio di 7.4 l/100 km, un risultato sicuramente degno di nota per un’auto di queste dimensioni e con un valore di potenza di certo non trascurabile. T6 Drive-E da 306 CV: le nostre impressioni di guida E’ vero, il T6 turbo benzina, ha tutte le carte in regola per dimostrarsi un motore di tutt’altra pasta rispetto al diesel D4, e i 306 CV di potenza sprigionati impongono di avvicinarsi con una certa reverenza alla XC60 restyling che ci attende per il test drive. In parte questa supposizione si rivelerà vera, in parte no. Prima di tutto però vediamo le prestazioni di cui è capace questo quattro cilindri in linea con turbo e compressore. Come anticipato la potenza massima è pari a 306 CV, erogati a 5.700 giri/min, mentre il valore di coppia parla di 400 Nm disponibili tra 2.100 e 4.500 giri/min. Queste caratteristiche permettono alla XC60 di scattare da 0 a 100 km/ in 6,9 secondi, e di raggiungere una velocità massima di 210 km/h. I consumi dichiarati parlano invece di una media di 7,3 litri di verde per percorrere 100 km (169 g/km). Appena avviato il quattro cilindri sovralimentato si rivela molto silenzioso e fluido. Adottiamo uno stile di guida tranquillo, assaporando i cambi marcia piuttosto rapidi (vale lo stesso discorso rispetto alla concorrenza tedesca fatto per il diesel) e frequenti del convertitore di coppia a otto marce, che mantiene sempre il motore a benzina intorno ai 2.000 giri/min per garantire il massimo dell’efficienza. Questo aspetto rende il T6 molto simile al carattere del diesel D4. Presto però nasce la tentazione di scoprire di cosa è davvero capace il nuovo motore che ha la presunzione di mandare in pensione il leggendario T6 a sei cilindri. Non ci pensiamo due volte e premiamo con decisione il pedale dell’acceleratore che fa scaturire una spinta prodigiosa dai quattro cilindri. Il nuovo T6 inizia a spingere da subito con una foga sorprendente, addirittura prima dei 2.000 giri, per proseguire come un fiume in piena fino al limitatore. Il motore non ha esitazioni né alcun tipo di ritardo nella risposta, il che si traduce in un’erogazione che si mantiene feroce lungo tutto il range disponibile e in un’accelerazione da “schiena incollata al sedile” dall’inizio alla fine. Il merito è del sistema di sovralimentazione, che prima fa intervenire il compressore e poi, ai regimi più alti il turbo, mantenendo una spinta poderosa ma soprattutto molto costante. Questo aspetto è invece quello che rende questa il T6 distante anni luce dal D4 a gasolio provato poco prima. La nota stonata del T6 non riguarda naturalmente le prestazioni, che sono, come promette la scheda tecnica, davvero sensazionali, quanto piuttosto le sensazioni trasmesse in termini di piacere di guida. In particolare, specialmente 49 50 51 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove se paragonato al canto del vecchio T6 a sei cilindri, il sound del nuovo quattro cilindri con turbo e compressore appare non molto coinvolgente. Poco male, viste le soddisfazioni che si possono ottenere con i consumi di carburante. Consumi Guidando il nuovo T6 a quattro cilindri in maniera accorta infatti siamo riusciti a non superare i 10 l/100 km, un risultato sorprendente per un Medium-SUV come l’XC60 equipaggiato con un motore da oltre 300 CV, pensato più che altro per soddisfare le esigenze degli americani, abituati a ben altri valori quando si parla di consumi. Naturalmente affondando il piede sul pedale del gas la situazione cambia notevolmente, ma nel percorso misto della nostra prova, siamo comunque rimasti intorno ai 13,5 l/100 km. Conclusioni Alla fine del nostro test possiamo senz’altro dire che i nuovi motori Drive-E hanno superato la prova, dimostrandosi degni eredi dei leggendari cinque e sei cilindri in linea. E’ vero, da un lato le unità più prestazionali non trasmettono lo stesso identico piacere di guida, complice un sound non sempre coinvolgente, ma questa mancanza è ampiamente compensata dalla capacità dei nuovi Drive-E a quattro cilindri di garantire prestazioni elevatissime, ma anche, quando si adotta uno stile di guida tranquillo, complice anche il cambio a otto rapporti, valori di consumo contenuti, impensabili fino a poco tempo fa con motorizzazioni capaci di erogare questi valori di potenza. 52 53 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica News Media Honda S660 concept Debutterà in società al Tokyo Motor Show la Honda S660 concept, spider biposto di cui la Casa giapponese ha rilasciato le prime informazioni ed immagini D ebutterà in società al Tokyo Motor Show di novembre la Honda S660 concept, esercizio stilistico volto a prefigurare una spider biposto di dimensioni compatte di cui la Casa giapponese ha rilasciato le prime immagini e i primi dati ufficiali. Caratterizzata da una sezione frontale dominata da un’ampia calandra ai cui lati si stagliano i gruppi ottici a LED inglobati in essa, la Honda S660 concept presenta un abitacolo in cui strumenti digitali e fibra di carbonio la fanno da padrona, mentre le fiancate mettono in mostra i cerchi in lega a cinque razze e le griglie di estrazione poste 54 dietro ai passaruota, mentre la sezione di coda permette di osservare un generoso estrattore ed i gruppi ottici la cui conformazione richiama quelli anteriori. A muovere la Honda S660 concept è un’unità tricilindrica turbo da 660 cc in grado di sviluppare 65 CV di potenza, che vengono scaricati al suolo da un cambio CVT a sette rapporti. Il peso, non ufficializzato, dovrebbe aggirarsi nell’ordine dei 900 kg, mentre in futuro dovrebbe poter arrivare anche una più potente unità da 1.0 litro in grado di sviluppare 100 CV di potenza massima. 55 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica News Media Suzuki Crosshiker, X-Lander e Hustler 3 nuove concept per Tokyo Suzuki ha svelato tre nuove concept car per il Salone di Tokyo, ovvero la Crosshiker, la X-Lander e la Hustler che si rivolgono a tre diverse tipologie di utente S uzuki ha svelato tre nuove concept car che debutteranno ufficialmente in società in occasione del prossimo Salone dell’Automobile di Tokyo. La prima, denominata Suzuki Crosshiker, presenta una colorazione esterna rossa e rappresenta l’anticipazione di una crossover compatta con un peso contenuto in soli 810 kg, mentre al di sotto del cofano pulsa un tre cilindri da 1.0 litro di cilindrata. La seconda è invece costituita dalla Suzuki X-Lander, caratterizzata da una carrozzeria argentata e con soluzione open-top. E’ basata sulla 56 piattaforma della Jimny, ed è dotata di trazione integrale. Al di sotto del cofano pulsa un’unità da 1.3 litri con trasmissione manuale a controllo automatico, coadiuvata nel funzionamento da un motore elettrico che ne assicura così il funzionamento ibrido. La terza si chiama Suzuki Hustler, presenta un corpo vettura arancione e va ad inserirsi nel segmento delle minicar ma con uno stile più incline a quello dei crossover e si propone, nonstante le ridotte dimensioni esterne, di offrire una buona abitabilità interna. 57 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica derivata da quella che equipaggiava la precedente DeltaWing. Dopo essere stata svelata in anteprima alla 24 Ore di Le Mans di quest’anno, ora la Zeod RC si è mostrata nella sua veste definitiva a Yokohama, presso il centro di sviluppo della Nismo, la divisione sportiva di Nissan. Anche per merito dell’esperienza maturata con l’antenata DeltaWing, la Zeod (acronimo di Zero Emissions on Demand), anche è stata sviluppata in appena 33 settimane dopo che il Presidente e CEO di Nissan, Carlos Ghosn, a febbraio aveva dichiarato l’intenzione di tornare a gareggiare alla 24 ore di Le Mans nel 2014, con un’auto completamente elettrica. La Zeod RC sarà in gara il prossimo anno a Le Mans dopo l’invito ricevuto dall’Automobile Club de l’Ouest ad occupare il Garage 56, ovvero quello dedicato alle vetture sperimentali che si distinguono per tecnologie innovative. Rispetto al prototipo iniziale svelato lo scorso giugno a Le Mans, la race car ora svelata in maniera definitiva si distingue per l’evoluzione del design, proponendo uno stile rinnovato, ma anche per Media Nissan Zeod RC Pronta per la 24 Ore di Le Mans 2014 Nissan torna alla 24 di Le Mans con la Zeod RC, evoluzione della curiosa DeltaWing dello scorso anno, da cui si distingue per la presenza di motori elettrici abbinati alla più classica unità termica I l costruttore giapponese ha stupito il mondo delle competizioni endurance l’anno scorso partecipando alla 24 Ore di Le Mans 2012 con la Nissan DeltaWing, curiosa auto da competizione con soluzioni tecniche ed aerodinamiche a dir poco all’avanguardia. La sua avventura alla gara di durata più famosa del mondo venne fermata prima del previsto a causa di un incidente, che non permise di arrivare al traguardo, ma in quell’occasione la stravagante 58 DeltaWing era comunque riuscita a dimostrare discrete qualità velocistiche e comunque un grande potenziale in termini di “auto-laboratorio”, su cui studiare nuove soluzioni ingegneristiche. Facendo tesoro di questa esperienza infatti, la casa giapponese ha ora presentato la Nissan Zeod RC, un’auto da competizione che sfrutta la forza propulsiva di motori elettrici abbinata a quella generata da una più tradizionale unità termica sovralimentata a quattro cilindri da 1.6 litri, 59 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica News aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb un nuovo impianto di raffreddamento e per alcuni aggiornamenti aerodinamici. La Nissan Zeod RC sarà anche la prima vettura a completare un intero giro di gara da 8,5 miglia nel circuito di Le Mans potendo sfruttare esclusivamente forza propulsiva elettrica. Secondo quanto dichiarato da Nissan l’auto raggiungerà una velocità superiore ai 300 km/h e sarà in grado di completare un giro di pista del celebre circuito francese più rapidamente di una vettura di categoria LM GTE, come per esempio una Porsche 911 GT3. Il conducente sarà in grado, grazie ad un pulsante, di passare dall’alimentazione elettrica a quella generata dal leggero motore turbo-compressore a combustione interna da 300 CV, che viene abbinato ad un cambio sequenziale a cinque rapporti con comandi al volante. La vettura - che condivide con la Leaf la stessa tecnologia per la batteria - si ricaricherà attraverso il sistema frenante, che andrà a rigenerare la batteria stessa. 60 61 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Louis Carl Vignon «Le nuove Giulietta e MiTo incarnano la passione di Alfa Romeo» di Cristina Bacchetti | Louis Carl Vignon, Head Alfa Romeo EMEA, ci ha parlato delle rinnovate Alfa Romeo Giulietta e MiTo, spiegandoci come sono cambiate con il restyling di metà carriera L ouis Carl Vignon, Head Alfa Romeo EMEA, ci ha parlato delle rinnovate Alfa Romeo Giulietta e MiTo, modelli di grande successo per il Gruppo 62 Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica Fiat che, giunti a metà carriera si sono concesso un sottile facelift. Rispetto al passato i due modelli del Biscione ora sono meglio equipaggiati dal punto di vista tecnologico e dispongono di nuove motorizzazioni. Giulietta, un pezzo della storia Alfa Romeo si rinnova. Ma com’è nato, negli anni ’50 il nome Giulietta? «Si narra che una sera del 1950, in occasione della presentazione dell’Alfa Romeo “1900” a Parigi, il pilota Wimille e alcuni nostri dirigenti entrarono in un locale dove un principe russo era solito tenere banco. Riconosciuti, il principe andò loro incontro domandando: “Siete otto Romeo e non c’è neanche una Giulietta?”. Quattro anni dopo, Romeo presentò al mondo la sua Giulietta. Quelli erano gli anni della rinascita italiana, e anche del grande cinema che partiva da Cinecittà per conquistare il mondo. Giulietta viene lanciata proprio nell’anno dell’uscita nelle sale de “La Strada”, il film che valse il primo premio Oscar a Federico Fellini e che portò alla ribalta internazionale sua moglie – Giulietta Masina.E proprio Giulietta Masina tenne a battesimo la 100.000 Giulietta prodotta. Così, negli anni ’50, Giulietta rese accessibile il sogno di “possedere un’Alfa Romeo”, facendo innamorare gli appassionati di automobili di tutto il mondo». Quali sono le caratteristiche più apprezzate che avete riscontrato tra i clienti, dal lancio di Giulietta ad oggi? «Giulietta ha dimostrato di poter essere allo stesso tempo: potente, efficiente, elegante, comoda, compatta e diverten- te… Magia? No, innovazione tecnologica. E come tutte le Alfa Romeo possiede un’attitudine: uno spirito che non si misura solo in cavalli… Ma si sa, sia le passioni che i miti vanno alimentati per restare sempre attuali e forse… oggi anche Giulietta cambierebbe guardaroba per piacere al suo Romeo… così abbiamo pensato ad un restyling estetico, tecnologico e a livello di prestazioni per il 2014». Quali modifiche sono state apportate su Giulietta 2014? «A livello estetico siamo intervenuti solo sul trilobo: il 63 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito segno più distintivo del nostro stile, l’elemento che nessuno potrà mai copiarci e che fa riconoscere un’Alfa Romeo al primo sguardo. Quindi, nuova calandra e cornice cromata dei fendinebbia per Giulietta. Poi, nuovi colori che esaltano le linee dinamiche e tre nuovi cerchi in lega da 16, 17 e 18 pollici. Entrando in vettura, dove si concentrano le principali novità dei Model Year. Gli interni sono stati totalmente rinnovati con nuovi abbinamenti di colori e materiali. Volevamo creare ambienti piacevoli da toccare, guardare e quindi da vivere». Non dimentichiamo il nuovo motore 2.0 da 150 CV 64 Intervista Periodico elettronico di informazione motociclistica «Con Giulietta Model Year fa il suo esordio un nuovo motore 2.0 litri JTDM da 150 CV, un propulsore che permette una guida brillante quando si cercano divertimento e prestazioni, ma anche consumi ed emissioni di tutto rispetto. E questo perché sul nostro 2 litri ‘convivono’: un turbocompressore con inerzia ridotta, la cui efficienza e prontezza di risposta permettono al propulsore di esprimere già ai bassi regimi la coppia più elevata della sua categoria. Schema iniezioni Multijet II e il sistema MultiJet II, una tecnologia esclusiva del nostro Gruppo che lavora con l’obiettivo di ottimizzare la combustione. Infatti, permette di gestire fino a 8 iniezioni di carburante per ciclo e realizzare strategie avanzate come l’Injection Rate Shaping, che prevede le due iniezioni principali consecutive così ravvicinate da generare un profilo continuo e modulato dell’erogazione del combustibile nei cilindri. Questo per chi guida significa brillantezza, silenziosità, consumi ed emissioni contenuti, e maggiore affidabilità del sistema grazie alla minor complessità costruttiva degli iniettori, che impiegano il 40% in meno di componenti». E a livello di tecnologia? «Bene… dopo aver reso l’ambiente interno più accogliente Giulietta è pronta ad invitare Romeo a fare un giro... E oggi può farlo con un SMS, mentre ascolta musica in streaming e cerca il locale per l’aperitivo! Questo grazie al dispositivo multimediale Uconnect con touch-screen da 5” o da 6,5” integrato in plancia con Bluethooth, connettore Aux-in, porta USB e comandi vocali». Come nasce e a chi si rivolge l’Alfa Romeo MiTo? «Alfa Romeo è più di un Brand: è una passione condivisa. Una passione che ha dato vita ad auto leggendarie e a vere e proprie leggende dell’auto: Ascari, Campari, Nuvolari… e persino Enzo Ferrari, che proprio dall’Alfa partì per creare la sua magia. La nostra è una storia di avventurieri, di geni, di eroi, di rischi, di colpi di scena e di successi… Così si diventa un… “MiTo”. Pensate che il nome MiTo venne suggerito anche da una lettrice tedesca, in un concorso promosso sulle principali riviste di auto e lo abbiamo scelto per la compatta Alfa Romeo proprio perché questo nome ci riporta non solo alle nostre origini territoriali, ma anche alla nostra essenza, al nostro spirito. MiTo è l’auto che ha dato “larghezza” al nostro marchio, facendoci entrare in una fascia di mercato importante, che vale quasi un quarto del mercato europeo. Una nuova generazione di Alfisti, un segmento in cui non eravamo mai stati prima e dove abbiamo saputo creare una nuova generazione di Alfisti, nettamente più giovane della media dei clienti di questo segmento. E che presto amerà Giulietta». Cosa cambia, per il 2014? «Il model year si arricchisce di pochi accorgimenti estetici e per del Turbo TwinAir da 105 CV. Per parlare del TwinAir da 105 CV i nostri motoristi usano la definizione “smart fun”, ovvero: attenzione a consumi ed emissioni, con coppia e potenza disponibili a richiesta». 65 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Mazda e i Nobel per la Pace Sfidare le convenzioni per cambiare le cose in meglio di Ippolito Fassati | Il costruttore giapponese di Hiroshima, ha scelto di supportare per tre anni il World Summit of Nobel Peace Laureates, l’organizzazione con cui Mazda condivide l’idea di migliorare il mondo sfidando le convenzioni e per non dimenticare il passato S ei a gosto 1945 ore 8:16, in pochi secondi Hiroshima è la prima città della storia ad essere rasa al suolo da una bomba atomica. Perdono la vita 60.000 persone, salite a 285.000 negli anni successivi. 21 ottobre 2013, Varsavia, Mazda, che ad Hiroshima ha la sede dal 1920, lega il proprio 66 News Periodico elettronico di informazione motociclistica marchio al Summit che ogni anno riunisce i premi Nobel per la Pace. «Veniamo da Hiroshima e vogliamo un mondo in Pace» afferma Jeffrey H. Guyton, General Manager Mazda Europe. In quell’indimenticabile giorno del 1945, grazie alla posizione protetta da una collina, gli stabilimenti Mazda non furono distrutti dall’atomica e vennero subito trasformati in ospedale e poi in fabbrica di produzione di veicoli di emergenza. Mazda con il suo supporto al World Summit of Nobel Peace Laureates porta avanti un proprio credo che vede da sempre: l’uomo al centro di tutto. Il Summit riunisce da 13 anni molti premi Nobel per la Pace, che grazie alle loro idee e alle loro azioni hanno cambiato il mondo. Mikhail Gorbaciov, Lech Walesa, il XIV Dalai Lama, Frederik de Klerk, Shirin Ebadi, Leyman Gbowee, Betty Williams, Maired Maguire, Muhammad Yunus, oltre alle più importanti associazioni umanitarie, ogni anno si incontrano per scambiarsi opinioni e promuovere iniziative internazionali in favore della pace, dall’integrazione etnica e religiosa, alla gestione dell’acqua e del cibo, all’etica politica e economica. Ospitato dal 1999 al 2007 a Roma, il Summit è poi diventato un evento itinerante, raggiungendo anche la stessa Hiroshima nel 2010 e approdando in Polonia quest’anno. I Nobel per la pace presenti al Summit testimoniano che non esistono azioni impossibili da realizzare A Varsavia erano riunite persone straordinarie che hanno avuto il coraggio di affrontare situazioni che sembravano impossibili da modificare. Persone capaci di vincere quella resistenza così radicata in ciascuno di noi da non farci nemmeno provare ad affrontare temi che appaiono troppo grandi per piccoli uomini. E dopo aver convinto se stessi, sono riusciti a coinvolgere sempre più persone, fino a trasformare in realtà ciò che prima sembrava irraggiungibile. Come è stato per Lech Walesa in Polonia o per Muhammad Yunus in Bangladesh, per citare l’esempio più recente, Nobel nel 2006:«Non sarei mai partito con la mia banca se avessi fin da subito pensato di creare un sistema capace di aiutare un Paese intero e di espandersi in tutto il mondo» ci ha confessato il 67 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica Mazda da anni lavora per ottenere risultati straordinari in termini di prestazioni ed emissioni, al pari se non meglio di tutti gli altri costruttori che per avere gli stessi risultati puntano al downsizing». Il termine SKYACTIV riunisce un insieme di tecnologie su cui Mazda si concentra da anni, quali motori con rapporti di compressione elevatissimi (pari solo a quelli di Formula 1), telai estremamente leggeri ma resistenti, sofisticati sistemi per il recupero dell’energia in frenata. «La filosofia di Mazda è quella di rendere disponibili su tutti i modelli della gamma le migliori tecnologie, non di riservarle solo all’alto di gamma, dalle prestazioni, alle emissioni, alla sicurezza». «Nel 2016 l’85% delle Mazda saranno SKYACTIV, anche grazie alla nuova fabbrica in Messico. Questo sarà possibile perché dal 2008 - Mazda è stata di proprietà Ford dal 1995 al 2008 ndr - anche la progettazione è fatta all’interno in uno dei anche per lo spirito anticonvenzionale che la Casa giapponese segue da sempre nella progettazione e costruzione delle proprie auto. Laddove tutti puntano verso un downsizing dei motori, con cilindrate sempre più piccole, strozzate, ibride o con un numero limitato di cilindri, per riuscire a rientrare nei limiti di emissioni imposti, Mazda, pur rispettando gli stessi limiti, riesce a produrre vetture con motori quattro cilindri che nulla tolgono al piacere di guida, grazie all’ottimizzazione delle tecnologie esistenti. fiancato, in maniera del tutto coerente il World Summit of Nobel Peace Laureates. Non solo per non dimenticare le tragedie della guerra, ma Come confermato da Andrea Fischetti AD di Mazda Italia, presente a Varsavia: «La tecnologia SKYACTIV definisce un insieme di fattori sui quali Mazda nella progettazione delle proprie auto, segue da anni una Migliorare il mondo facendo scelte strada non convenzionale, migliorando continuamente prestazioni, non convenzionali Sfidare le convenzioni per fare qualcosa meglio divertimento e tutela dell’ambiendegli altri. Con questa convinzione Mazda ha af- te 68 “ Prof Muhammad Yunus, fondatore della Grameen Bank, la banca sociale che concede prestiti e finanziamenti a 18,5 milioni di persone, per la quasi totalità donne, senza garanzie. «Eppure, anche se il mio progetto andava completamente contro le logiche delle banche tradizionali, cominciando a prestare i miei soldi in un quartiere di un piccolo paese, tutto si è sviluppato velocemente. Se si crede nelle proprie idee, bisogna attuarle cominciando da cose piccole. Solo così ci si renderà conto che non esistono azioni impossibili da realizzare e che anche “andando contro corrente” si può migliorare il mondo». migliori centri di ricerca e sviluppo al mondo. Con la nuova gamma di modelli abbiamo incrementato del 30% le prestazioni, diminuendo le emissioni e vogliamo migliorare». «Ma per Mazda l’auto è tecnologia e passione: Fun to drive» continua Fiaschetti «La nostra strategia di identificazione di Brand non fa leva sul prezzo, anche se è un elemento che già da solo sarebbe in grado di determinare una scelta d’acquisto, ma sul fatto di riuscire a garantire prestazioni eccellenti insieme a una grande godibilità dell’auto, senza nulla togliere all’ambiente». Una scelta progettuale e di comunicazione, quella di Mazda, decisamente sfidante ma capace di portare ai clienti un miglioramento. Un percorso complesso ed entusiasmante, coerente con l’anima del Brand e con l’iniziativa di supporto del World Summit of Nobel Peace Laureates. Con la nuova gamma di modelli abbiamo incrementato del 30% le prestazioni, diminuendo le emissioni e vogliamo migliorare 69 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica senso che sui 12.315 minatori esaminati circa il 6% aveva contratto un tumore ai polmoni (per l’esattezza 760 casi), 198 dei quali erano deceduti prima del 2012. Oggi i diesel hanno scoperto l’elettronica, il common-rail, l’iniezione diretta ad alta pressione, il gasolio a basso tenore di zolfo, e non lavorano al chiuso. Insomma, un esame del genere coi motori a benzina avrebbe condotto a risultati ben peggiori, vista la presenza nel carburante di benzene, toluene, xilene e altri aromatici che inevitabilmente allo scarico danno luogo agli IPA (idrocarburi policiclici aromatici), fra i quali il benzopirene, il crisene, il fenantrene e altri compagnucci tristemente noti per la loro cancerogenicità. Nonostante ciò i giornali titolarono tout court: «I motori diesel sono cancerogeni». E un’associazione di consumatori, il Codacons, molto poco documentata, arrivò addirittura a chiedere il sequestro di tutte le auto diesel. Come ben sapete, tutto finì in una bolla di sapone. L’aria inquinata provoca il cancro. Ma è proprio così? Ora ci risiamo, ma questa volta sotto processo c’è l’aria. L’inquinamento dell’aria può provocare il cancro, lo dice ancora una volta lo IARC dopo aver messo assieme gli studi di mille esperti, che hanno certificato una cosa che ben si sapeva: l’esposizione per lungo tempo ad atmosfere contenenti gas e polveri residuate da combustioni, riscaldamento ed emissioni industriali aumenta la probabilità di sviluppare un tumore ai polmoni o alla vescica. Altri titoli, altre frasi ad effetto, leggete il Corriere della sera del 13 ottobre scorso: «L’inquinamento dell’aria provoca il cancro». Per fortuna lo stesso IARC specifica che meno del 5% (dal 3 al 5%) dei tumori deriva da Aria inquinata e tumori, politica e anidride carbonica di Enrico De Vita | Due notizie sono rimbalzate sui giornali in questi giorni in tema di auto e ambiente. Ma giocando così con l’informazione si finisce con l’inquinare l’opinione pubblica più di quanto non lo sia l’aria L o IARC (l’Agenzia internazionale per le ricerche sul cancro), con sede a Ginevra/Lione, 5-6 volte l’anno emette un verdetto sulle sostanze in grado di provocare il tumore. A giugno 2012, ricordate, aveva reso noto i risultati di uno studio cominciato nel 1988 sulla pericolosità dei gas di scarico dei diesel. 70 Diesel cancerogeni, una bolla di sapone Erano stati messi sotto esame 12.315 minatori che fino a quell’anno avevano lavorato in miniera a contatto con vecchi motori diesel americani, privi di qualunque dispositivo elettronico di controllo, utilizzati per muovere i compressori d’aria. Il risultato non poteva che essere negativo, nel 71 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica presente in queste sostanza si liberava nell’aria e diventava il precursore della nebbia. Quello che entrava nei polmoni diventava irrespirabile e fonte di malattie. In Inghilterra hanno riesumato le salme dei fuochisti che accudivano i camini dei palazzi della regina Vittoria: avevano i polmoni più neri di quelli di un fumatore accanito. Diciamo queste cose per dimostrare come le percentuali sulla mortalità provocata da certi inquinanti non valgono in maniera assoluta, ma sono sempre il risultato di quello che c’era prima, altrimenti rischiamo di attribuire effetti nulli ai grandi miglioramenti conseguiti. Per chi volesse documentarsi con numeri più precisi consigliamo di leggere il libro di Andrea Trentini ed Enrico Engelmann dell’Università di Milano “Arcipelago Area C”, da alcuni giorni in libreria. La politica gioca la sua parte nell’inquinare l’informazione esposizioni ambientali, mentre la stragrande maggioranza (oltre il 60%) deriva dal fumo di sigaretta. Tali percentuali non sono dissimili da quelle del professor Umberto Veronesi che, considerando tutti i tipi di tumore, aveva messo al primo posto assoluto gli alimenti (oltre il 50%), poi il fumo di sigaretta (47%) e infine l’inquinamento ambientale (meno del 3%). Oggi la media annua delle polveri è stata abbattuta Ovvio che ogni forma d’inquinamento va combattuta, ma gli allarmismi ingiustificati possono diventare dei semplici spaventapasseri e perdere efficacia. Quello sulle polveri appartiene alla categoria. I giornali non dicono che nelle grandi 72 città del nord siamo arrivati ai livelli più bassi degli ultimi due secoli: la media annua è ormai inferiore ai 50 microgrammi per metro cubo d’aria. Nel 1968 la media annua era di 475, scesa poi a circa 200 nel 1978 quando venne proibito l’uso del carbone e della nafta pesante. Da notare che le auto diesel hanno incominciato a diffondersi proprio nel 1978. Chi scrive abitava a Milano e possedeva una Ritmo bianca: lavata al sabato, il giorno dopo potevi scriverci sopra col dito; fare due chilometri in moto, quando toglievi gli occhiali, somigliavi a un minatore. La camicia bianca rimaneva tale per mezza giornata. I 160 anni precedenti, cioè dagli inizi del 1800, furono ancora peggio, perché tutti si scaldavano a legna o a carbone e le industrie bruciavano carbone o olio pesante. Lo zolfo A proposito d’inquinamento non possiamo non sottolineare chi inquina l’informazione. Ci fa sorridere l’intervista che il ministro dell’ambiente Orlando ha rilasciato a Repubblica il 17 ottobre: «Abbiamo fermato la melina della Germania». Nell’intervista il giovane neo ministro si dichiarava soddisfatto di aver bloccato assieme a Svezia, Danimarca e Bulgaria, le manovre della Germania per rialzare i limiti alle emissioni di CO2 delle automobili, previsti per l’anno 2020. E’ la quarta volta che sentiamo un nostro ministro dell’Ambiente includere l’anidride carbonica fra le emissioni inquinanti. I lettori di Automoto.it e Moto.it la conoscono bene, ma troppi politici la confondono con l’ossido di carbonio CO, velenoso, mortale: l’anidride carbonica (CO2) è un gas innocuo, risultato delle combustioni complete, emesso quale scarto da tutti gli esseri viventi, ma alimento essenziale del mondo vegetale. La sua misura allo scarico dei motori consente: - di risalire direttamente al consumo di combustibile; - e poi di differenziare i vari combustibili in funzione del contenuto di carbonio, mettendo in evidenza quelli che ne contengono meno. 90 g/km CO2: un limite “innaturale” Tutto qui, nulla di inquinante, ma un metodo preciso per limitare il consumo dei combustibili fossili e contenere l’effetto serra provocato dai loro gas. Perché ora la Germania vuole rivedere i limiti della CO2 e rialzarli? Primo perché la Merkel ha esagerato quando ha inventato la formula 20, 20, 20 per avere in Germania, per il 2020, il 20% di combustibili di origine agricola e il 20% di energie rinnovabili. Secondo perché gli ingegneri tedeschi sono preoccupati per la contemporanea, prevista chiusura delle centrali nucleari. Terzo perché il limite di 90 grammi/km di CO2 imposti per le autovetture è “innaturale”. Infatti, un motore termico non può scendere nell’uso normale al disotto dei 120 g/km, neppure se è diesel e se la vettura pesa solo 1.000 kg. Questo limite può, invece, essere abbassato se ricorriamo a due stratagemmi: - adoperiamo un ciclo di misura non realistico, come è quello NEUDC, usato in Europa per misurare consumi e inquinamento; - se ricorriamo a una dozzina di trucchi per ridurre artificialmente i consumi. La Germania della Merkel non vuole ricorrere a trucchi Quando però la vettura è a benzina o supera i 1.500 kg i trucchi non bastano e bisogna ricorrere a una forma di accumulo dell’energia (in una batteria, in un volano, nell’aria compressa) per riuscire a percorrere gli 11 km del ciclo attingendo il meno possibile dal serbatoio di carburante. Che la Germania abbia chiesto di non esagerare nella riduzione di CO2, nonostante possieda industrie elettroniche che lavorano proprio nel settore dell’ibrido, è meritorio: vuol dire semplicemente che le auto non saranno gravate di dispositivi costosi e sofisticati adottati solo per falsare i numeri. E per darla da bere ai politici. 73 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione motociclistica «Il bollo è una tassa illegale, non va pagato» La grande bufala circola in rete di Matteo Valenti | In rete c’è chi ancora sostiene che il bollo auto in Italia sia una tassa imposta ai cittadini in maniera illegale, tanto che l’Europa ha applicato sanzioni allo stato italiano. Niente di più falso, ecco perché N avigando in Internet, è risaputo, non è difficile imbattersi in notizie quanto meno bizzarre. Spesso però, complice la capacità di amplificazione delle news propria dei social network, informazioni errate si diffondono in maniera capillare, diventando in alcuni casi addirittura luoghi comuni poi difficili da estirpare con un corretto modo di fare informazione. È il caso della notizia, tutt’oggi ancora circolante in rete, che invita a non pagare il bollo auto in Italia, perché si tratterebbe di una tassa imposta in maniera totalmente illegale dallo Stato. Secondo questa tesi l’Italia applicherebbe il bollo violando in pieno delle fantomatiche norme europee che stabiliscono la tassazione dei veicoli circolanti nei singoli stati membri dell’Unione, tanto che il governo italiano si ritroverebbe ogni anno a pagare multe salatissime all’Europa. “tassazione delle autovetture nell’UE e il bollo auto italiano” dove si chiedeva alla Commissione europea di valutare l’eventuale incompatibilità del bollo auto italiano con la legislazione vigente nell’Unione. Una bufala colossale Bollo auto: il criterio adottato in Italia è corretto? Niente di più falso. Non esistono infatti sanzioni di alcun tipo a carico dell’Italia per una tassazione indebita sui veicoli, anche perché è stato lo stesso governo di Bruxelles, opportunamente interpellato, a sgomberare il campo da dubbi. Il 13 febbraio 2012 è stata presentata un’interrogazione alla Commissione europea in merito alla 74 L’Unione Europea fa chiarezza La risposta dell’Europa non si è fatta di certo attendere. Poco più di un mese dopo, il 20 marzo 2012, la Commissione ha fatto chiarezza una volta per tutte, dichiarando esplicitamente che, fatto salvo il rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione, i regimi fiscali nazionali in materia di tassazione delle autovetture sono a discrezione degli Stati membri. Il bollo auto italiano viene ritenuto dagli organismi di controllo europei di competenza delle autorità nazionali e per questo motivo non è da ritenersi contrario al diritto dell’Unione europea. Ciò non toglie naturalmente che non si possa discutere sui criteri con cui il bollo viene applicato nel nostro Paese e su come vengano spesi i proventi di questa tassa. Oltre al fatto che in alcuni Paesi europei non esiste una tassa di questo genere, occorre aggiungere che in Italia si vengono a creare fortissimi paradossi nelle cifre da versare allo Stato, visto che si assume il criterio della potenza espressa in kW per calcolare l’importo dovuto alle casse pubbliche e non il valore del mezzo. Conseguenza? Una BMW M3 del 2001 paga circa 1.200 euro di bollo all’anno solamente perché dispone di 343 CV, mentre il suo valore sul mercato non va oltre quello di una Fiat Punto nuova. Ricordiamo infine che è praticamente impossibile sfuggire al pagamento del bollo. Oggi infatti il sistema è totalmente informatizzato e quindi ogni ritardo o mancato pagamento viene registraro, individuato e segnalato con la dovuta sanzione all’intestatario del mezzo. 75 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito I vecchi motori a pistoni opposti tornano d’attualità di Massimo Clarke | Una architettura costruttiva con la quale importanti case hanno prodotto a lungo realizzazioni validissime. Oggi sembrerebbe quasi dimenticata, ma c’è chi continua a pensarci… S e ogni tanto si torna a parlarne, una ragione deve esserci. In questo caso si tratta fondamentalmente della grande efficienza del lavaggio unidirezionale, il massimo per i motori a due tempi. Stiamo parlando dei motori a pistoni opposti, realizzati cioè con uno schema che viene tuttora spesso definito “tipo Junkers”, dal nome della 76 Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica celebre casa tedesca che lo ha sviluppato e portato a un livello funzionale e prestazionale straordinario, nel periodo tra le due guerre mondiali. Diesel a pistoni opposti in ogni campo In passato sono stati realizzati eccellenti motori diesel di questo tipo, che hanno trovato impiego in diversi settori, da quello aeronautico a quello dei veicoli industriali, senza dimenticare la notevole diffusione in campo ferroviario e industriale, oltre che sui sottomarini americani degli anni Quaranta e su vari carri armati inglesi e russi costruiti nel dopoguerra. E c’è stato anche chi ha pensato di impiegarli, in versione a ciclo Otto, su vetture e su moto da corsa e da record. Ad alcune realizzazioni odierne per uso militare e per la generazione di energia si è andata ad aggiungere una proposta avanzata solo qualche anno fa dalla OPOC (Ecomotors) che sembra sia attualmente in fase di valutazione da parte della americana DARPA. Dunque, potrebbe esserci un rinnovato interesse nei confronti dei motori di questo tipo, anche a giudicare da alcuni recenti studi di fattibilità e da alcune interessanti tesi universitarie. Nella grande maggioranza dei casi si è trattato di diesel, ma non sono mancati alcuni interessanti esempi di motori ad accensione per scintilla. Questo schema costruttivo è stato largamente adottato da varie aziende, alcune delle quali, come la Junkers, la Doxford e la FairbanksMorse, hanno indissolubilmente legato ad esso il loro nome. Un motore senza testa, con un’unica camera di combustione per due cilindri I motori a pistoni opposti hanno dalla loro una compattezza che può essere decisamente rimarchevole e possono raggiungere potenze molto elevate in relazione al peso. Non è presente alcuna testa e pure le valvole a fungo e i relativi organi di comando non ci sono. Il lavaggio (ossia la sostituzione dei gas combusti, 77 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito all’interno del cilindro, da parte dell’aria) è molto buono, essendo del tipo a corrente unidirezionale. All’interno di ciascun cilindro ci sono due pistoni; quando arrivano nel punto di massima vicinanza lo spazio esistente tra loro costituisce la camera di combustione. Poi, durante il funzionamento del motore, si allontanano per andare verso i rispettivi punti morti inferiori (che in questo caso sarebbe più opportuno definire “esterni”). A un certo punto uno di essi inizia a scoprire le luci di scarico e i gas combusti cominciano ad uscire dal cilindro a elevata velocità. Poi l’altro pistone scopre le luci di ammissione, praticate nel cilindro alla estremità opposta, rispetto a quelle di scarico, e l’aria entra, riempiendo rapidamente tutto lo spazio disponibile e completando l’espulsione dei gas combusti. Come ovvio, ci deve essere una pompa di lavaggio, che invia l’aria a queste luci. In genere si impiega un 78 Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica compressore volumetrico, quasi sempre del tipo a lobi (Roots), ma non mancano esempi di impiego di pompe alternative e di compressori centrifughi. In alcuni casi si utilizzano anche, in aggiunta a quelli comandati meccanicamente, dei compressori mossi dai gas di scarico (cioè dei turbo). Diverse architetture Lo schema impiegato più frequentemente prevede l’impiego di due alberi a gomiti, collegati da una cascata di ingranaggi cilindrici o, raramente, da un albero e due coppie di ingranaggi conici (questa soluzione è utilizzata dalla FairbanksMorse). Spesso la bancata dei cilindri è verticale e in tal caso un albero a gomiti è collocato superiormente alla bancata stessa e l’altro inferiormente; si ciascuna manovella è montata una biella, vincolata al relativo pistone. Non mancano comunque i motori con bancata dei cilindri orizzontale, realizzati con un identico schema. Un’altra architettura costruttiva prevede che ci sia un unico albero a gomiti. In questo caso per ogni cilindro ci sono tre perni di manovella: quella centrale è collegata al pistone inferiore (facciamo sempre riferimento a una bancata verticale) mentre le altre due sono collegate, mediante lunghe bielle (una per lato) al pistone superiore. Quest’ultimo può essere vincolato a un piattello di diametro maggiore che funge da stantuffo della pompa di lavaggio alternativa (che in questo caso è ovviamente una per cilindro). Questa architettura è stata impiegata per i motori dei famosi autocarri Lancia Ro (2 cilindri, 3200 cm3, 64 CV) e Ro-Ro (tre cilindri, 4800 cm3, 95 CV ) degli anni Trenta, costruiti su licenza Junkers. Un terzo schema prevede che la bancata di cilindri sia orizzontale e che ogni pistone sia vincolato, da una biella, a un grosso bilanciere a due bracci, la cui estremità provvede a muovere, tramite un’altra biella, l’albero a gomiti collocato inferiormente. Questa soluzione costruttiva può sembrare macchinosa, ma assicura una notevole compattezza; tra l’altro è stata impiegata con un buon successo su una intera famiglia di autocarri medi costruiti in Inghilterra tra il 1954 e il 1973 dalla Commer, del gruppo Rootes. Tra le aziende che hanno realizzato motori di questo tipo vanno citate almeno la svizzera Sulzer e la francese MAP. Dai sottomarini ai carri armati I motori a pistoni opposti erano già noti alla fine dell’Ottocento. In particolare sono stati i tedeschi Oechelhauser e Junkers (che hanno per diverso tempo lavorato assieme) ad adottare questa architettura motoristica. Proprio gli 79 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito ottimi risultati ottenuti da Hugo Junkers sono stati determinanti per la diffusione dei motori di questo tipo. La sua azienda, ben presto diventata assai celebre in campo aeronautico, per anni ha mostrato la strada in questo campo e diversi motori diesel Junkers sono stati prodotti su licenza anche in Inghilterra, in Francia e in Italia. Spicca la serie dei sei cilindri d’aviazione (Jumo 204, 205 e 207), dal consumo estremamente ridotto (solo 160 g/CV h, un valore record per l’epoca) e dalle notevoli prestazioni complessive, che hanno avuto una discreta diffusione negli anni Trenta e Quaranta. Negli USA la Fairbanks-Morse ha realizzato migliaia di diesel di questo tipo (in versioni a 6, 8, 10 e 12 cilindri), che hanno avuto largo impiego sui sommergibili, sui locomotori diesel-elettrici e in campo industriale. Alcuni di questi ultimi erano a ciclo Otto e venivano alimentati con gas naturale. In Inghilterra per lungo tempo la Doxford ha costruito grossi motori diesel a pistoni opposti destinati a impiego navale e ad installazioni fisse. Dopo la seconda guerra mondiale lo schema Junkers è stato ripreso da case come la Napier (che già produceva motori su licenza della azienda tedesca), la Rolls-Royce e la Leyland. Quest’ultima tra il 1960 e la fine degli anni Ottanta ha prodotto il sei cilindri L 60 destinato ai carri armati. La Napier ha impiegato il sistema a pistoni opposti per lo straordinario Deltic, dotato di tre bancate di sei cilindri ciascuna e di tre alberi a gomiti (uno per ciascun vertice del “triangolo”, con riferimento alla sezione trasversale). Questo incredibile motore è stato prodotto per diversi anni in versioni destinate alle motovedette veloci e ai locomotori, dando ottima prova di sé. In Svizzera la Sulzer ha realizzato un notevole numero di diesel a pistoni opposti, a partire dalla seconda metà degli anni Trenta. Dopo il termine della seconda guerra mondiale non solo i progetti e quasi tutte le struttura produttive ma anche numerosi tecnici dalla Junkers sono andati a finire in Unione Sovietica dove, tra l’altro, lo sviluppo dei famosi Jumo 205 è proseguito. I risultati sono stati evidentemente molto 80 Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica I tentativi sulle due ruote Pure i progettisti delle mitiche DKW da corsa degli anni Trenta, alla fine della evoluzione dei loro motori erano giunti alla conclusione che lo schema più vantaggioso era proprio quello a pistoni opposti. Il bicilindrico della loro ultima 250 da GP, sovralimentato da un compressore a palette, è stato costruito e provato. Avrebbe dovuto correre nel 1940 ma gli eventi bellici lo hanno impedito. La potenza specifica era di 190 CV/litro, un valore strabiliante per l’epoca. A uno schema analogo, ma senza compressore esterno (l’aspirazione avveniva nel carter), ha fatto ricorso la Piaggio per la sua Vespa da record che nel 1951 ha raggiunto i 171 km/h sul chilometro lanciato. Il motore aveva una potenza di circa 20 cavalli. buoni, al punto che tuttora vari carri armati ucraini utilizzano motori a pistoni opposti che in pratica possono essere considerati dei 205 con la bancata dei cilindri disposta orizzontalmente invece che verticalmente. Si tratta dei Kharkiv Morozov con compressore centrifugo, montati sui carri da battaglia T-72, T-84 e T-90, la versione più performante dei quali eroga ben 1.200 cavalli. Con una architettura a pistoni opposti sono stati realizzati anche alcuni interessanti motori a ciclo Otto (anche loro a due tempi, ovviamente); nessuno di essi è stato prodotto in serie, dato che erano destinati a mezzi da competizione o da record. Proprio a questa soluzione avevano pensato i tecnici della Fiat per la nuova vettura da Gran Premio della casa torinese, nel 1925. Il motore di 1500 cm3 a sei cilindri, denominato “tipo 451”, era sovralimentato mediante un compressore a lobi ed erogava oltre 150 cavalli. 81 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Anniversario Periodico elettronico di informazione motociclistica ammirare in ogni dettaglio, schierate lungo il canale che percorre tutta la piazza, disseminata di statue, assecondando la sua forma ellittica. Persone di tutte le età vanno avanti e indietro, chi a piedi chi in bicicletta, alcuni addirittura noleggiando un segway per non perdersi tutto lo spettacolo, con lo sguardo rapito dalle forme sinuose delle carrozzerie di tutti colori. Media Un modello unico E proprio questa è la forza della 911. Quest’auto è capace, ancora oggi, non solo di affascinare chiunque ma anche di farsi riconoscere da tutti. Con lei non serve essere esperti o grandi appassionati, basta semplicemente uno sguardo. Il merito è delle sue forme, che si sono evolute in maniera costante nel corso degli ultimi 50 anni, rimanendo sempre fedeli a se stesse. La coda così inclinata, la curva del finestrino posteriore, gli inconfondibili parafanghi anteriori bombati, che ospitano i fari tondi, sono tratti comuni a tutte e sette le generazioni. Simboli capaci di stregare letteralmente intere generazioni di Porschisti, tanto che nel mondo oggi esistono più di 800.000 911, di cui circa 38.000 possedute da clienti italiani. Rifarsi gli occhi I più entusiasti di loro hanno raggiunto il centro di Padova, per condividere la loro passione con quella di altri possessori di 911. In compenso tutti i presenti e i curiosi accorsi nella piazza hanno potuto rifarsi gli occhi, gustandosi esemplari di rara bellezza, alcuni anche molto preziosi e quasi introvabili. Dai modelli di prima generazione, concepiti nel 1963, tra cui spiccava una delle prime 911 a circolare in Italia, fino alle prime versioni Targa, con cui Porsche ha inventato il concetto di Cabriolet con tetto rigido asportabile e rollbar in bella vista. Proseguendo non si poteva fare a Porsche 50 anni di storia festeggiati con il raduno di Padova di Matteo Valenti | Porsche Italia ha radunato qualcosa come 400 Porsche 911 nella Piazza principale di Padova. Uno spettacolo unico, che ha permesso di rifarsi gli occhi con esemplari di tutte le età, alcuni davvero rarissimi ed emozionanti N on poteva esserci una conclusione migliore per l’Italian Tour. Con il raduno di Prato della Valle, incorniciato nel suggestivo scenario della piazza principale di Padova, Porsche Italia mette la parola fine ai festeggiamenti per i 50 anni della 911. 82 Un raduno in grande stile E lo fa in grande stile, schierando qualcosa come 400 modelli di qualsiasi anno e di qualsiasi generazione, andando a creare uno spettacolo unico e variopinto, capace di catturare l’attenzione non solo degli appassionati, ma anche dei passanti e dei tanti turisti che affollano la piazza come ogni domenica. Le 911 si lasciano 83 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Anniversario aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb meno di notare alcune Serie G, protagoniste degli anni ’70, fino alle mitiche 964, alcune presenti in versione Turbo, ancora oggi capaci di far nascere brividi lungo la schiena grazie ad un design aggressivo e semplicemente unico. recenti 997, tra cui brillavano alcune bellissime GT3 e GT3 RS, modelli rari, da rimanere a guardare per ore, con i lori abbinamenti cromatici sgargianti, i rollbar colorati, le enormi prese d’aria e gli alettoni così grandi e vistosi. I colori delle GT3 RS Una passione viva Non mancavano nemmeno numerose 993, le ultime con motori sei cilindri boxer raffreddati ad aria, ma neanche tante 996, con i loro tanto discussi fari anteriori a forma di “uovo all’occhio di bue”. Si aggiungevano al raduno le più 84 Presenti infine, in gran numero, le attuali 991 tante in versione cabriolet – che testimoniano come ancora oggi, anche in Italia, la passione per questa vera icona della sportività non si sia ancora spenta. Anzi, è più viva che mai. 85 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica La riconoscenza del campione Sebastian Vettel La semplicità dell’uomo dietro alla corazza del campione di Paolo Ciccarone | Quattro mondiali a soli 26 anni. Vettel è un ragazzo semplice e normale che fa cose straordinarie. La persona che emerge dietro al campione attraverso pochi semplici gesti Q uattro mondiali in carniere ad appena 26 anni, Sebastian Vettel è l’uomo dei record. Da battere, visto che è il più giovane tetra campione del mondo della storia della F.1 e per lui il futuro potrà essere solo roseo. La Red Bull si conferma 86 campione del mondo costruttori per la quarta volta di fila e chiude l’era dei motori aspirati con l’ennesimo successo, dall’anno prossimo si ricomincia coi motori turbo e la storia potrebbe essere diversa, si spera, visto che anche quest’anno la Ferrari è uscita sconfitta dal confronto. L’unico momento di debolezza del robot Vettel si è visto dopo il traguardo, quando ha cominciato a fare testacoda in serie, mandando nuvole di fumo di gomme bruciate sulla tribuna centrale. E poi, sceso dalla monoposto, Vettel si è inginocchiato davanti alla sua macchina: segno del tributo doveroso alla Red Bull che gli ha permesso di conquistare questo traguardo. Nella corazza del robot, quello privo di spunti, quello anonimo e piatto, senza punti di forza che pare uno normale che va in banca a lavorare alla scrivania, invece che a buttarsi in pista a 300 orari, pare essersi formata una piccola crepa che una volta tanto lo hanno fatto apprezzare anche da chi, come i tifosi a Monza, lo hanno fischiato senza vergognarsi di contestare un campione vero. «Vettel ha raggiunto Senna nella forza e nella capacità di imporsi – ha detto Felipe Massa, quarto con la Ferrari – ha dimostrato di avere i numeri del campionissimo, non conta se Senna aveva tre mondiali vinti o Schumacher ne abbia sette, quello che ha fatto Sebastian è entrato nella storia della F.1 e merita rispetto”. Stesso parere anche da Alonso, undicesimo e fuori dalla zona punti: “Uno così ha meritato, ha meritato la Red Bull perché sono stati più bravi di tutti noi, il mondiale lo vinci se sei perfetto e loro lo sono stati!». Special thanks E Vettel, cosa ha detto dopo aver raggiunto questo traguardo? «Vorrei ringraziare il pubblico. L’accoglienza in India è incredibile ed è un peccato che non torneremo più qui il prossimo anno. Ho pensato molto a cosa dire in questo momento, ma non mi viene. E’ stata una stagione fenomenale, lo spirito nel team è incredibile, quando salgo in macchina cerco di dare il massimo che ho per tutti i ragazzi che lavorano e credono in me. Non ci avevo pensato di fare un arrivo così. Ho voluto andare in mezzo alla gente, ho sentito che era la cosa giusta in quel momento». E poi un pensiero per la squadra: «Tutte le persone che lavorano dietro di noi sono state fondamentali, c’è forse stata l’idea che avessimo tutto in mano nelle ultime gare ma in realtà eravamo tirati. Sono stato molto dispiaciuto delle critiche nelle ultime gare ma non avevamo fatto nulla di sbagliato. Raggiungere 4 titoli è incredibile perché solo pochi piloti sono arrivati a tanto. Sono travolto dalle emozioni, non so cosa dire. Quando ero piccolo la F1 era davvero lontana e correre con questi piloti era per me un sogno. Ho fatto un cammino lungo, difficile e riuscire a battere tutti oggi andando a caccia di statistiche è una cosa incredibile. Sono ancora giovane e riuscire a raggiungere tutto questo in così pochi anni è incredibile». Ecco, il difetto di Vettel è quello di essere un ragazzo normale che fa cose eccezionali e per una volta che si è lasciato andare, divertendo milioni di fans, coi testacoda sul traguardo, la federazione lo ha multato: reprimenda per lui e 25 mila euro per la squadra. Ma questa è un’altra storia. 87 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Le foto più belle del GP di Nuova Dheli Il GP di Formula 1 d’India ha visto in Sebastian Vettel il vincitore di gara e titolo mondiale. Riviviamo la gara con le più emozionanti immagini di Flavio Mazzi 88 89 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 90 Periodico elettronico di informazione motociclistica Formula 1 91 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Formula 1 Media 92 93 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Formula 1 Editore: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 Redazione Ippolito Fassati Emiliano Perucca Orfei Alessandro Colombo Aimone Dal Pozzo Francesco Paolillo Andrea Perfetti Matteo Valenti Grafica Thomas Bressani Collaboratori Massimo Clarke (Tecnica) Enrico De Vita Claudio Pavanello (Epoca) Alfonso Rago Antonio Gola COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto su Automoto.it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. 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