ELIEZER WIESEL
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ELIEZER WIESEL
ELIEZER WIESEL Eliezer Wiesel, nato il 30 Settembre 1928 a Sighetu Mamartiei, è uno scrittore, naturalizzato statunitense, di cultura ebraica e di lingua francese, sopravvissuto alla tragedia della Shoah. Ha scritto le sue memorie e le sue esperienze in numerosi libri, tra cui “La Notte”. In seguito, ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 1986. Oggi vive negli USA. Wiesel nacque in Romania, da due ebrei ortodossi di discendenza ungherese che avevano un piccolo negozio, e tre altre figlie oltre a Elie, unico maschio. Szighet ridivenne parte dell'Ungheria nel 1940 e nel 1944 i nazisti deportarono gli ebrei ungheresi al campo di concentramento di Birkenau. La madre ed una delle tre sorelle vennero immediatamente "selezionate" come inabili al lavoro ed inviate alle camere a gas, mentre Elie e il padre vennero mandati al campo vicino di Auschwitz III Monowitz . Wiesel fu alloggiato nella stessa baracca di Primo Levi. Nel Gennaio 1945 l'avanzata delle forze sovietiche si avvicinò pericolosamente ad Auschwitz. Le autorità tedesche del campo decisero allora di evacuarlo e Wiesel ed il padre, dopo una lunga marcia al freddo e senza cibo, vennero trasferiti al campo di concentramento di Buchenwald, dove il padre, stremato dalle fatiche, morì di dissenteria. Dopo la guerra, Wiesel fu portato in un orfanotrofio francese. Nel 1948 cominciò a studiare alla Sorbona. Lavorò per un breve periodo per il quotidiano francese L’arche, come giornalista. Divenne socio del vincitore del Premio Nobel per la letteratura François Mauriac, che lo persuase a scrivere e raccontare la sua esperienza della Shoah. Da questo incontro nacque quello che è considerato il capolavoro di Wiesel, La notte. Qui, Wiesel narra la sua storia quando, all’età di 15 anni, fu scaraventato improvvisamente dalla normalità della vita quotidiana alla TRAGEDIA DELLO STERMINIO. Il libro è il racconto della morte materiale degli Ebrei , passati per i camini dei lager, dei familiari, degli amici e delle vittime senza nome. Così Wiesel descrisse, ne La notte, il tragico arrivo al campo di Auschwitz: « Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l'eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai. » In questo passo Elie Wiesel descrive le impressioni, suscitate in lui durante il primo giorno e la prima notte di permanenza nel campo. E’ evidente che una simile esperienza sia indelebilmente impressa in chi l’ha subita, tuttavia alcuni hanno cercato di nasconderla. E’ molto difficile per i sopravvissuti parlare di quella esperienza della loro vita, ma è necessario affinché non si dimentichi quello che è accaduto. Wiesel si rende conto della dolorosa fatica necessaria alla memoria, perché quel ricordo è impresso così fortemente che non lo dimenticherebbe neanche se dovesse vivere quanto Dio. Colpisce il fatto che i deportati, nonostante al loro arrivo al campo abbiano visto immagini terribili, e per loro il confine fra vita e morte fosse sottilissimo, abbiano avuto la forza di andare avanti, qualcuno addirittura fin dalla sopravvivenza. Dal brano emerge un’altra osservazione importante, cioè l’indifferenza del mondo esterno e della natura nei confronti del campo. Wiesel esprime questo concetto parlando di un “cielo muto”, che fa anche pensare a come Dio abbia potuto far accadere tutto ciò. Dopo una simile esperienza Wiesel perde per sempre la sua fiducia in quel Dio, che appare impotente nei confronti di alcune azioni umane. Wiesel ha dedicato tutta la vita al suo lavoro sulla memoria, perché NESSUNO DI NOI DIMENTICHI MAI TUTTO QUELLO CHE E’ SUCCESSO AGLI EBREI. Classe V C
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