WJA ITALY - Italian Women´s Jewelry Association Newsletter N.1
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WJA ITALY Newsletter n.2 - Italian Women's Jewelry Association del 29/07/2011 Licia Mattioli Il nuovo presidente di Confindustria Federorafi Dopo 65 anni una donna al vertice diConfindustria Federorafi, la Federazione nazionale che raggruppa oltre 500 aziende di produzione del comparto orafo, argentiero e gioielliero italiano. Licia Mattioli, quarantenne imprenditrice torinese, è stata eletta all’unanimità dall’assemblea degli industriali del settore. Avvocato, dal 1998 è Amministratore delegato dell’azienda orafa di famiglia, Antica Ditta Marchisio di Torino che vanta il punzone di Stato “1 TO”. Licia Mattioli nella relazione programmatica ha sottolineato le priorità del suo mandato triennale: salvaguardia e rilancio del prodotto e delle aziende orafe, argentiere, gioielliere italiane sul mercato interno e su quello internazionale e maggiore attenzione del Governo verso le politiche di sostegno del settore. La neo Presidente degli industriali orafi italiani è anche Vice Presidente di Confindustria Torino, componente di Giunta di Confindustria e membro di Giunta e del Direttivo della Camera di Commercio di Torino. Nel 2010 è stata insignita del premio “Mela d’Oro” della Fondazione Bellisario. Fonte pambianconews WJA ITALY Newsletter n.2 - Italian Women's Jewelry Association del 29/07/2011 Vanke Center il grattacielo orizzontale di Imma Sordino - Se vi dicessi 35 metri di altezza e 12.044 mq di superficie a cosa pensate?La nostra immaginazione probabilmente non ci arriverebbe ma quella di Steven Holl, noto architetto Statunitense, assolutamente si . Conosciuto con il nome Horizontal Skyscraper, o comunemente con quello di Grattacielo Orizzontale, l’originale progetto di Holl si è realizzato a Shenzhen, città sub-provinciale della Repubblica Popolare Cinese. Il progetto, commissionato da Vanke co ltd(nota azienda dell’industria del mobile), si erge al di sopra di un giardino tropicale realizzato appositamente per limitare i danni aziendali dovuti alle dinamiche di sviluppo urbano. Vanke center è sede dell’head quarter dell’azienda, di appartamenti, un hotel, un centro conferenze, una spa e un parcheggio. L’eco-sostenibilità è stata sicuramente il motore d’azione per lo sviluppo di alcune aree come l’utilizzo di materia riciclabili per la realizzazione di pavimenti e arredamenti dell’head quarter, sistemi per il riciclo delle acque grigie e per la raccolta delle acque piovane, aperture operabili e superfici vetrate ad alte prestazioni., 1.400 metri quadrati di pannelli fotovoltaici installati sul tetto del complesso tali da produrre una quantità di energia giornaliere capace di soddisfare il 12,5 % della domanda proveniente dagli uffici della Vanke. Holl ha ricevuto per il progetto Vanke Center il premio Honor Award per il 2011;la giuria dell’American Institute of Architects ha elogiato il progetto come “Una forma potente, una tipologia architettonica ripensata, che fluttua sul paesaggio”. E se Taipei in Cina è al secondo posto nella classifica dei grattacieli più alti del mondo, Vanke Center probabilmente entrerà tra qualche anno in quella dei più lunghi riconfermando la Cina il paese con le costruzioni più imponenti dal punto di vista architettonico. fonte immagini: www.archiportale.com WJA ITALY Newsletter n.2 - Italian Women's Jewelry Association del 29/07/2011 Il gioiello oggi tra moda, arte e design Esiste una specificità del gioiello? Quali competenze, discipline o saperi investe? E’ arte, moda o design? Industria o artigianato? L’ambiguità nasce dalla mutevolezza simbolica, sociale e produttiva del gioiello: investimento o amuleto, bene durevole o accessorio moda, scultura o ornamento, pezzo unico o seriale, e così via in un intreccio luminoso e variegato di ambiti e finalità. Il gioiello stabilisce nessi tra il mondo esterno che è quello del sistema delle merci, del commercio, delle relazioni sociali e quello intimo dell’identità di ogni individuo, i suoi desideri, i suoi sogni, la sua immagine. Questo libro analizza per la prima volta la complessità del gioiello italiano, considerato nelle sue diverse componenti: dal territorio al progetto, dalla produzione al mercato, alla distribuzione alla formazione, dal punto vendita alla comunicazione fino alla definizione di nuovi scenari e nuovi materiali. WJA ITALY Newsletter n.2 - Italian Women's Jewelry Association del 29/07/2011 Chanel ritorna a Bisanzio spunti opulenti nella collezione A/I 2011 di Sefora Sambati -Ritorno all’atmosfera bizantina per la Maison Chanel, che per l’autunno 2011 recupera un tema caro a Mademoiselle Coco e sviluppa oltre alla linea prèt-à-porter, una collezione di accessori bijoux dal nome Paris-Bysance, fortemente inspirati all’impero romano d’oriente. Karl Lagerfeld applica pietre multicolor su abiti, chemisier, cappe, scarpe, cinture, imitando i mosaici dell’Hagia Sofia ricchi d’oro e tessere pregiate, accompagnandoli con monili in metallo dorato e ciottoli, a volte naturali, a volte d’imitazione, che riproducono i motivi e le decorazioni tipiche del mondo orientaleggiante. La realizzazione è perfettamente in stile, con riproduzioni di filigrana, filo perlinato e Opus Interassile, una tecnica che proprio a Bisanzio ebbe origine, per oggetti importanti e spesso di grandi dimensioni sempre ricchi di pietre e perle. Già negli anni ’50, quando la stilista francese collaborava con la maison Goossens per la realizzazione dei suoi gioielli, il mondo opulento e geometrizzante della seconda capitale dell’impero romano avevano permesso la realizzazione di bracciali e spille, che sono passati poi alla storia come pezzi icona del marchio, fotografati per più di mezzo secolo da tutte le riviste di moda del mondo. Oggi ritornano i colori, le opalescenze e le opulenze di un impero ricordato per il fasto e la personalità delle sue imperatrici, una su tutte Teodora, ricreati fino nel make up, con l’aiuto di Lumières Byzantines, una palette di cinque fard crema per il viso che imitano le tonalità dei metalli preziosi, dall’oro bianco, giallo e rosa, al bronzo e l’argento, per una donna che sa indossare accessori preziosi e d’imitazione, anche miscelandoli insieme ma non sa farne a meno, come faceva la stessa creatrice che ha rivoluzionato il concetto di femminilità di tutto il ‘900. fonte immagine: www.chicprofile.it WJA ITALY Newsletter n.2 - Italian Women's Jewelry Association del 29/07/2011 Prezioso Galateo vademecum dell'eleganza e della personalità di Sonia Sbolzani - Di indossare un gioiello siamo capaci tutti, di indossarlo bene pochi. Per farlo al meglio, occorrono una certa dose di cultura, buon gusto, passione e, soprattutto, saggezza. Gli esperti di bon ton sostengono che la regola numero uno nella scelta dei gioielli è quella di “togliere”: in altri termini, dobbiamo metterci solo ciò che possiamo valorizzare realmente. Questo non significa vivere ossessionati da un rigido codice estetico – una sorta di galateo del gioiello – ma vuol dire appropriarsi di un linguaggio fatto di eleganza e personalità, per mezzo del quale ciascuno può creativamente esprimersi, a seconda del proprio stile spontaneo. Fino a qualche decennio fa, invece, le norme erano piuttosto severe e prevedevano, ad esempio, di non indossare mai le perle con un abbigliamento casual, né i diamanti durante il giorno. Oggi prescrizioni come queste ci fanno sorridere, perché ben sappiamo che proprio i contrasti di stili possono diventare fattori di raffinatezza: basti pensare a quanto appaiano chic un bel paio di jeans e una semplice camicetta aperta su una sfavillante collana. Per citare un altro esempio a tutti arcinoto, ricorderò come sia diventato un must, sia per il giorno che per la sera, il tennis bracelet, ovvero la rivière di diamanti, che deve il suo glamour globale al fatto che la celebre tennista Chris Evert-Lloyd dichiarò di avere perso il suo, a cui era affezionatissima, nel corso di una partita (la scena venne puntualmente ripresa dalle telecamere e fece il giro del mondo, ispirando i guru del marketing di De Beers). Mescolare sapientemente - sportivamente, oserei dire – tradizione e contemporaneità, miti e tendenze, è dunque il massimo dell’autorevolezza e del prestigio in gioielleria oggi. L’unico suggerimento, semmai, è quello di acquistare sempre preziosi di qualità in termini di materiali e design, garantiti e certificati, perfettamente indossabili, branded o unbranded che siano. Ciò risulta opportuno anche in ottica di investimento, alla luce di una eventuale rivendita futura (che sarà agevolata, comunque, anche dalla presenza di una griffe eccellente). L’importante è che l’acquisto non sia mirato alla mera ostentazione, di cui si accorgono sempre tutti biasimandone i moventi. E’ molto meglio, pertanto, anche nelle occasioni formali, optare per un unico o, al massimo, due pezzi importanti, come anello e orecchini oppure bracciale e anello: riceveranno così più luce sia i gioielli stessi sia le persone che li indossano. Le spose, in particolare, non dovrebbero mai eccedere, limitandosi ad un filo di perle o diamanti attorno al collo oppure a due classiche pietre ai lobi. Le mani, invece, devono essere libere per convogliare tutta l’attenzione su un unico ornamento prezioso: la fede all’anulare sinistro. WJA ITALY Newsletter n.2 - Italian Women's Jewelry Association del 29/07/2011 E’ consentita, però, un’eccezione per l’anello di fidanzamento, che deve essere portato all’anulare destro. L’abitudine di indossare la fede all’anulare sinistro si perde nella notte dei tempi e si fonda sulla credenza secondo cui la “vena dell’amore” si trova proprio in quel dito e va fino al cuore. D’altro canto, l’anello con la sua forma circolare rappresenta la perfezione e la durata infinita del sentimento. L’anello di fidanzamento con diamante risale all’epoca rinascimentale: la scelta di tale gemma è legata alla sua speciale preziosità ed alla simbologia che ne fa un pegno eterno e incorruttibile d’amore (ricordiamo, tuttavia, la clamorosa eccezione fatta dal Principe Carlo d’Inghilterra, che a Lady Diana regalò un anello con zaffiro e diamanti per coronare il fidanzamento). Una curiosità: nel ‘400 e ‘500 a Venezia l’eccedenza di perle e diamanti era tale per cui furono emanate leggi suntuarie al fine di vietare lo sfoggio di monili ai matrimoni. Gli uomini, che un tempo solevano adornarsi di gioie tanto quanto le donne, inserendo decori preziosi anche nelle vesti, oggi dovrebbero indossare, per il galateo, solo la fede e l’orologio. Comunque, sono concessi gemelli, collane e bracciali, purché poco vistosi, ed un anello essenziale con lo stemma di famiglia. Totalmente bandito è, invece, l’orecchino. Per i bambini, nella fattispecie le bambine, sono consentiti oggetti adatti all’età ed ai loro eventuali desideri, se semplici. Dobbiamo considerare il bon ton del gioiello anche in riferimento ai vari momenti della giornata, a cominciare dal mattino. Qui ne sono ammessi davvero pochi, sostanzialmente per motivi di praticità. Per indossarli c’è poi la sera. Ma, come si diceva prima, attenzione a non adornarsi come Madonne di Siviglia! I gioielli sono assolutamente vietati ai funerali. Non bisognerebbe esagerare nemmeno quando si è in spiaggia oppure si pratica sport: in questi casi, in particolare, non si dovrebbero mai portare perle, che sono gemme delicate, a rischio di danneggiarsi facilmente. Sappiamo, inoltre, che la superstizione – a cui il galateo presta sempre ascolto – impone di non regalare mai spille, se non altro perché possono ferire. Tuttavia, a prescindere da qualunque codice normativo, in gioielleria così come nella vita in generale, sia chiaro che oggi siamo tutti liberi di scegliere ciò che desideriamo secondo il nostro temperamento, la nostra cultura, il nostro umore, mixando stili e modelli. A guidarci – lo ripeto dovrebbe essere sempre il faro della misura, del buon gusto, dell’eleganza, che, se non sono proprio innati, si possono comunque coltivare. Per ben capire come dovremmo indossare i gioielli, può essere utile, poi, analizzare come la nostra gioielleria si sia evoluta stilisticamente nell’ultimo secolo, in particolare nella prima metà del Novecento che è stata la più importante in termini di creatività, vitalità e originalità, lasciando spazio, in seguito, a mere ripetizioni e revival. All’inizio del Novecento la gioielleria italiana ed europea in generale si presentava ancora fortemente improntata ad un eclettismo ottocentesco evocante motivi neorinascimentali, neobarocchi, neorococò. Ma non tardarono ad arrivare con dirompenza le avanguardie artistiche internazionali che influenzarono in modo rilevante anche l’ornamento personale. Dapprima l’Art Noveau, proveniente dalla Francia ed affermatasi da noi come Liberty o Stile Floreale, ispirò gioielli dalle linee sinuose e spaziate, “a colpo di frusta”, dai temi naturalisti, caratterizzati dall’onnipresenza di forme vegetali, animali e, talvolta, umane (volti femminili, corpi allacciati, ecc.), dai colori pastellati, compiacendo così la ricerca di estetismo propria dell’epoca, già emergente nelle opere del futuro Vate Gabriele D’Annunzio. Era un canone che ben si addiceva alla valorizzazione artistica degli oggetti, più che dei materiali. Si caratterizzò, in particolare, per un certo ostracismo nei confronti di orecchini e braccialetti, e per il grande favore concesso a diademi, fermagli, spille, fibbie per cintura, collier, medaglie. Il gusto modernista, tuttavia, cominciò presto ad essere contestato proprio nella patria d’origine, in quella Parigi borghese che andava sempre più richiamando uno sfarzo alla Luigi XVI, con dovizia di fiori, ghirlande, serti di alloro, nastri, fiocchi, gale, nappe, festoni, cordoncini e via dicendo. Così, si aprì la strada allo stile Decò, che in Italia ebbe la sua stagione migliore tra la fine della Prima Guerra Mondiale e l’avvento del Fascismo. WJA ITALY Newsletter n.2 - Italian Women's Jewelry Association del 29/07/2011 Era evidente che era giunto il momento di una donna nuova, più consapevole di sé, intraprendente e sportiva, che mostrava le gambe e ballava disinvolta il charleston, con i capelli “alla maschietta”, il bandeau sulla fronte e l’abito agile. Le fogge dei gioielli si adeguarono, di conseguenza, alla moda, che privilegiava orecchini pendenti in virtù dei capelli corti, mentre per le braccia nude consigliava l’adozione di braccialetti, lunghi sautoirs con glandes ondeggianti maliziosi fino all’ombelico. Fu poi la volta delle forme semplici e geometriche di influsso cubista e futurista, con gioielli piatti, dai moduli squadrati e dalle tinte forti, evocative dei Fauves e dei Ballets Russes di Sergej Diaghilev, nonché dell’arte africana e precolombiana. Dopo tanto colore, era inevitabile che tornasse imperioso il desiderio di candore, per cui bastò l’esposizione parigina al Palais Galliera del 1929 a decretare la moda dei “gioielli bianchi” per tutti gli anni ’30. Divenne, così, un must la spilla “a placca”, con struttura rettangolare, ovale o esagonale, tempestata di diamanti, ed apprezzatissimi furono pure i braccialetti a fascia, costituiti da una successione di elementi stilizzati. L’alternarsi di mode in gioielleria è spesso influenzato da fattori economici ed ambientali contingenti, e la tendenza che si affermò negli anni ’40 fu condizionata in modo decisivo dall’onda lunga della crisi americana del 1929 e, poi, soprattutto dalla tragedia della guerra. In gioielleria, comunque, la produzione cercò di mantenersi accattivante, basata sulla raffinatezza dell’esecuzione artigianale, privilegiando un ritorno alla linea curva e ad una rinnovata plasticità, grazie all’aumento dei volumi e ad una tridimensionalità scultorea, con l’oro protagonista indiscusso. Trionfarono allora le clips in ossequio alle scollature quadrate degli abiti, le spille da appuntare sui revers dei tailleur-uniformi, i braccialetti denominati tank in quanto ispirati a ruote dentate o cingolati, gli anelli massicci di foggia maschile. Tra i soggetti più rappresentativi figurava un nutrito bestiario, espresso con vivo realismo, oltre a temi come fiocchi, piume, cornucopie, drappeggi, riccioli, ecc. Negli anni ’50, poi, fu lo stilista Christian Dior a lanciare il New Look, che restituiva alla donna tutta la sua femminilità, per cui anche nei gioielli il design si fece più sontuoso e leggero allo stesso tempo, con un repertorio decorativo basato essenzialmente su motivi naturalistici, col metallo lavorato in forma di fili lisci o ritorti, con abbondanza di ciondoli e pendagli, per esaltarne levità e movimento. Dagli anni ’60 in avanti è un po’ storia dei nostri giorni, per quanto concerne i gioielli, non nel senso che non si siano più avuti spunti creativi originali: quando questi si sono verificati, si è trattato per lo più di rielaborazioni di temi e forme del glorioso passato. Più innovazione, semmai, ha avuto luogo sotto il profilo tecnico e tecnologico, di pari passo coi progressi della scienza. La morale, in definitiva, è che oggi non esistono regole precise nel galateo del gioiello, se non quella del mescolare, amalgamandoli, miti ed epoche come a ciascuno più aggrada, badando comunque a non eccedere mai in termini quantitativi. Meglio puntare sempre, come accennavo prima, sulla qualità e sull’autenticità. E a proposito di autenticità, desidero concludere con quanto consigliava nel 1934 l’esperto Paul Reboux: “Portate, se vi piace, gioielli di fantasia, ma non mettete mai gioielli falsi. Niente di più baggiano d’avere al collo, discendendo da una cinque cavalli, da un taxi o da un tramvai, un vezzo di perle da mezzo milione, pagato cento lire. La moda dei gioielli falsi è un simbolo del nostro tempo. Le sciocche che se ne adornano credono forse d’illudere il prossimo? Una donna che porta gioie false mi è invincibilmente sospetta, poiché finge un’ammirazione che non può assolutamente provare. I suoi complimenti non debbono essere sinceri. E, marito o amante, dubiterei della sincerità e della lealtà dei suoi sentimenti”. fonte immagine: boucheron.com
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