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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 24/12/2003 n.353 (convertito in Legge 27/2/2004 n.46) Art.1, comma 1. Pubbl. inf. 45% DCB/Milano - euro 1,03 (abbonamento annuo euro 15,00). gennaio 2016 anno LXIX Management europeo B DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 e ditoriale Romano Ambrogi Presidente Riscoprire il valore di studio e merito L’Italia ha chiuso un 2015 positivo, con la svolta del prodotto interno lordo tornato a crescere e una serie di indicatori positivi. Ma se l’orizzonte a breve termine mostra timidi segnali di ripresa, una pesante zavorra continua a pesare sul “Sistema Italia”: il grave ritardo nella formazione. Il problema può essere sintetizzato nella formula “Troppo pochi laureati e troppi giovani che non studiano e non lavorano”. A dare una severa pagella alla Penisola è l’Ocse, l’organizzazione per lo sviluppo internazionale, nel rapporto “Education at a glance”. La ricerca analizza ogni anno i sistemi scolastici dei 34 Paesi membri. L’indagine mette in luce alcuni paradossi della formazione tricolore, come lo scollamento degli atenei dal mondo del lavoro. Ma qualcosa sta cambiando, riconosce l’Ocse: «negli ultimi anni l’Italia ha compiuto progressi importanti per creare programmi di istruzione terziaria che preparino gli studenti a un rapido ingresso nel mondo del lavoro». Un giudizio positivo, per esempio, riguarda gli istituti tecnici superiori. L’Ocse raccomanda perciò di «rafforzare questo tipo di programmi». Nella Penisola - tuttavia - solo lo 0,2% degli studenti è iscritta a un ciclo terziario breve “professionalizzante”. La media dei paesi sviluppati è l’11%. Un divario elevato si rileva anche per la laurea di primo livello. In Italia gli studenti che la conseguono ogni anno sono circa il 28% contro il 36% dell’universo Ocse. La situazione però si capovolge se si osserva la laurea specialistica, un comparto in cui l’Italia eccelle, con una quota del 20% rispetto al 17% dei paesi Ocse. La ragione, tuttavia, può anche basarsi sulla circostanza che nel Belpaese la semplice laurea triennale non è sufficiente per trovare lavoro. L’istruzione resta comunque il tallone d’Achille della Penisola. Nel complesso, secondo l’Ocse, soltanto 4 giovani italiani su 10 (42%) si iscrivono a un istituto di istruzione terziaria: siamo al terzultimo posto fra i Paesi sviluppati. Soltanto un terzo dei giovani consegue un diploma d’istruzione terziaria contro la metà dei coetanei nell’Ocse (in questa classifica siamo al penultimo posto davanti al Lussemburgo). In generale l’indagine Ocse conferma che nel mercato del lavoro italiano la laurea non brilla. Confermando la scarsa comunicazione tra università e aziende. Nel 2014 in Italia solo due terzi dei laureati tra 25 e 34 anni (62%) aveva un lavoro. Un indicatore in calo di cinque punti rispetto al 2010. È il livello più basso nell’Ocse dove la media dei laureati occupati si colloca all’82%. Non solo. Italia e Repubblica Ceca hanno un altro record negativo: sono gli unici Paesi con un tasso di occupazione fra i giovani dai 25 ai 34 anni i cui i laureati sono indietro rispetto ai diplomati (63%). Anche in Italia i laureati possono contare su redditi da lavoro più alti rispetto ai lavoratori meno istruiti. Ma il divario è inferiore rispetto all’estero. Insomma “il ritorno dell’investimento” in istruzione, per usare un parametro aziendale, resta basso e incerto. È ora di cambiare approccio, premiando ovunque studio e merito, come sostengono da sempre i dirigenti. Occorre poi puntare sul modello “lifelong training”, ovvero della formazione permanente, per tutto il ciclo lavorativo, essenziale specie per i manager. Riscoprire il ruolo dei tutor nelle aziende, manager senior che possono portare il loro prezioso bagaglio di esperienze ai giovani, come ha dimostrato con successo un progetto pilota di ALDAI. Non potremo portare innovazione e sviluppo nelle aziende senza un adeguato bagaglio di conoscenze che provengono da giovani con un livello educativo elevato e dall’esperienza di lavoro continuamente confrontata con le nuove tendenze. Non basta però creare più laureati se il mercato del lavoro non è in grado di collocarli. Per non vanificare l’investimento in formazione, dobbiamo impegnarci nel creare opportunità di lavoro qualificato, rendendo il Paese più europeo e competitivo, con meno burocrazia, meno sprechi, meno fiscalità e più certezza del diritto. I dirigenti industriali sono in prima fila in questa battaglia culturale. ■ DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 1 mensile dell’ASSOCIAZIONE LOMBARDA DIRIGENTI AZIENDE INDUSTRIALI sede e uffici Via Larga, 31 - 20122 Milano M1 Duomo - M3 Missori Mezzi di superficie: 12 - 15 - 27 - 54 apertura Lunedì / Venerdì Dalle ore 8.30 alle ore 12.30 e dalle 13.30 alle 17.30 Centralino 02.58376.1 Fax 02.5830.7557 Sito web www.aldai.it - Forum ALDAI Dirigentinsieme PEC [email protected] Chi siamo e che cosa facciamo L’ALDAI (Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali) con circa 16.000 iscritti è il maggiore tra i Sindacati territoriali che fanno capo alla Federazione Nazionale (FEDERMANAGER). Al fine di perseguire i propri scopi istituzionali di tutela e promozione dell’immagine e del ruolo dei dirigenti industriali, l’Associazione si occupa delle problematiche collettive e individuali della categoria, nelle situazioni più diverse, offrendo servizi nei vari settori agli iscritti quale che sia la loro condizione: dirigenti in servizio, inoccupati, in pensione o che svolgono attività di tipo professionale. Tra i vari servizi, prestati gratuitamente, ricordiamo: îil Servizio Sindacale rivolto a fornire ai dirigenti iscritti supporto ed assistenza nell’ambito di tutte le problematiche relative all’instaurazione, svolgimento e cessazione del rapporto di lavoro nonché ad aspetti di carattere fiscale e previdenziale; îil Servizio FASI/ASSIDAI che fornisce consulenza ed assistenza in merito alla stesura ed alla presentazione delle pratiche di rimborso oltre che di iscrizione ai due Fondi; îil Servizio Orientamento e Formazione per i dirigenti interessati: alla ricerca di nuove opportunità professionali, al bilancio delle competenze e ai percorsi formativi di sviluppo professionale, all’analisi delle criticità manageriali con il “Tutoring” dei colleghi Senior al Servizio Multibrand e alle iniziative di riqualificazione e ricollocazione per i dirigenti inoccupati. Ricordiamo infine le convenzioni sanitarie, commerciali e formative, le iniziative di carattere culturale (organizzazione di conferenze, convegni, corsi, concerti, visite guidate) e ricreativo tendenti a favorire l’aggregazione tra i soci (viaggi). Di tutti i servizi riportiamo le necessarie indicazioni per poter stabilire gli opportuni contatti. Servizi e contatti aldai Presidenza îPresidente: ROMANO AMBROGI - [email protected] îVicepresidente: SILVANA MENAPACE - [email protected] îVicepresidente: BRUNO VILLANI - [email protected] îTesoriere: PATRIZIA GIORGETTI Direzione - [email protected] îDirettore: ANNALISA SALA îSegreteria Presidenza e Direzione - [email protected] Silvia Romagnoli 02.58376.204 îComunicazione e Marketing - [email protected] Chiara Tiraboschi 02.58376.208 Servizio Sindacale îConsulenze sindacali su appuntamento ANNALISA SALA - [email protected] Cristiana Bertolotti - [email protected] - [email protected] Lorenzo Peretto - [email protected] îSegreteria sindacale Valeria Briganti 02.58376.221 Francesca Sarcinelli 02.58376.222 Maria Caputo 02.58376.225 Su appuntamento: îSalvatore Martorelli - Consulenze previdenziali 1°, 2°, ultimo lunedì di ogni mese dalle 8.00 alle 15.30 3° mercoledì di ogni mese dalle 8.00 alle 15.30 îRosanna Versiglia - Consulenze previdenza complementare / INPS martedì e giovedì dalle 9.00 alle 14.00 îSilvia Barbieri - Consulenze convenzione ENASCO / INPS Tutti i venerdì dalle 9.00 alle 12.00 3° lunedì di ogni mese dalle 14.00 alle 17.00 solo domande di pensione îGabriele Astolfi - Consulenze fiscali - martedì pomeriggio 2 DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 Servizio FASI/ASSIDAI îRicevimento degli iscritti su appuntamento Cristiana Scarpa 02.58376.224 - [email protected] Salvatore Frazzetto 02.58376.206 - [email protected] îConsulenze telefoniche martedì, giovedì e venerdì ore 14.00-17.00 Servizio Orientamento e Formazione Silvia Romagnoli 02.58376.204 - [email protected] Servizio Amministrazione - Organizzazione - [email protected] MICHELA BITETTI - [email protected] Viviana Cernuschi 02.58376.227 Laura De Bella 02.58376.231 Stefano Corna 02.58376.234 Giordano Bergomi 02.58376.235 Gruppo Giovani Dirigenti - [email protected] Coordinatore: LUIGI NAPOLI ARUM s.r.l. Società Editrice e Servizi ALDAI îPresidente: FABIO PANSA CEDRONIO îRedazione “Dirigenti Industria” - [email protected] Gabriella Canuti 02.58376.237 COMITATO NAZIONALE DI COORDINAMENTO DIRIGENTI PENSIONATI îPresidente: MINO SCHIANCHI - [email protected] FONDIRIGENTI îAgenzia Lavoro - [email protected] Unione Regionale Federmanager Lombardia îPresidente: FRANCESCO CASTELLETTI [email protected] Coordinamento Cida Lombardia îPresidente: ROMANO AMBROGI - [email protected] S Sommario gennaio 2016 anno LXIX focuS î Management europeo î La rappresentanza del management europeo î L’Europa riscopre il ruolo dei manager î L’importanza di un’analisi dello scenario î Pensare europeo © freshidea - Fotolia.com editoriale 1 Riscoprire il valore di studio notizie da federmanager 19L’Italia col segno X VITA ASSOCIATIVA 38ABCDigital: e merito Romano Ambrogi Stefano Cuzzilla FOCUS 4 Management europeo 20Superare le contraddizioni Giorgio Ambrogioni 40Il nuovo Presidente di Federmanager Lombardia 6 La rappresentanza formazione 21Evento finale Progetto MBW 41Quale futuro per Federmanager Franco Del Vecchio del management europeo Luigi Caprioglio notizie CIDA opinioni Bruno Losito Fabrizio Calvo 7 L’Europa riscopre il ruolo NOTIZIE DAL CONSIGLIO DIRETTIVO 28Rinnovo quota associativa 2016 9 L’importanza di un’analisi lavoro 30Un serio impegno dei manager Attilio De Pascalis dello scenario Alberto Bubbio 11 Pensare europeo Gianni Di Quattro management 14Vi racconto il dietro le quinte 32Scuola: ALDAI presente Mario Giambone previdenza 34La strada sbagliata. E quella buona. Antonio Dentato SERVIZI AGLI ASSOCIATI 18Un Tutor racconta... A centro rivista Sergio Francolini CULTURA E TEMPO LIBERO 42I paradossi del risparmio Claudio Bolzani 44Il futuro è antico Cristina Dell’Acqua per l’employability dei dirigenti Elena Toffetti di un’azienda tutta italiana che si chiama “Arena” Chiara Tiraboschi come ti digitalizzo il nonno! Giancarlo Civita 45L’Europa è servita Enrico Tallone 46Musiche di ieri e di oggi a confronto Alessandro Solbiati 48Il libro di gennaio 2016 • Il mestiere della scienza Inserto Assidai Welfare 24 DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 3 OCUS Management europeo Franco Del Vecchio [email protected] Le prospettive e le modalità di sviluppo del management sono sempre più determinate dalla globalizzazione e dai conseguenti fenomeni di polarizzazione che aggregano iniziative imprenditoriali e capitale umano nei territori più “fertili” e promettenti. Cosa fare per evitare la desertificazione industriale del Paese? Il Paese si impoverisce Nel 2014 gli emigrati italiani (155 mila) hanno superato gli immigrati (92 mila), non accadeva da vent’anni ed a fine 2015 quasi cinque milioni di italiani risiedono all’estero, cioè oltre l’8%. Gli italiani iscritti all’AIRE, perché hanno trasferito la residenza all’estero, sono stati 78 mila nel 2012, 82 mila nel 2013, quasi 100 mila nel 2014; una progressione che conferma la perdita di fiducia nel futuro del Paese. Un nuovo flusso migratorio non più caratterizzato da braccianti e minatori delle regioni più povere, ma da giovani e manager, in prevalenza lombardi, 18.425 secondo il Rapporto italiani nel mondo 2015 della Fondazione Migrantes. Emigranti in cerca di prospettive di vita migliori, sovente per fuggire dal fenomeno della disoccupazione, a caccia di opportunità di lavoro e di business, due terzi dei quali sono rimasti in Europa: in Germania, in Inghilterra, in Svizzera ed altri Paesi europei; mentre un terzo si è spinto oltre, in cerca di opportunità in Argentina, Brasile e Stati Uniti, ma an- 4 DI che in Australia, Canada, Emirati Arabi. Un fenomeno di attrazione (polarizzazione) verso i Paesi che offrono più opportunità di lavoro e prospettive di vita. Fra i miei parenti un giovane nipote laureato ha trovato nel 2015 lavoro in Svizzera dopo anni di ricerche in Italia e un cugino manager ha colto la sfida di una nuova prospettiva di carriera trasferendosi, con tutta la familia, a Singapore. Le statistiche indicano che non si tratta di casi isolati e probabilmente anche fra parenti e conoscenti dei lettori ci sono partenze per l’estero. Altro fenomeno di polarizzazione da non sottovalutare è rappresentato dai pensionati italiani che decidono di trasferirsi in Paesi con minor costo della vita, rivalutando e valorizzando così le pensioni che lo Stato ha deciso di deprimere. Il flusso migratorio di giovani e manager riduce il nostro patrimonio di Capitale Umano, mentre il secondo flusso migratorio dei pensionati, contribuisce a sottrarre risorse al mercato interno. Dirigenti Industria GENNAIO 2016 In entrambi i casi si tratta di fenomeni che contribuiscono ad impoverire il Paese. Che strano Paese il nostro. Degli sbarchi di immigrati i media ne trattano con dovizia ogni giorno, mentre degli italiani che emigrano all’estero pare non siano argomento d’interesse, così come non interessano le imprese che “emigrano” all’estero e le acquisizioni estere di imprese italiane con il solo fine di acquisire marchi prestigiosi e competenze di valore. È giunto il momento di ripensare alla creazione di ricchezza Abbiamo la necessità di rendere il Paese più competitivo, non solo per frenare la fuga di giovani, manager e pensionati, ma per attrarre talenti e pensionati dall’estero, per creare ricchezza e importare valuta. La prima cosa da fare, tutti insieme, è rendere il Paese più europeo e normale, con meno burocrazia, meno sprechi, meno fiscalità e più certezza del diritto, ma non basta. Dobbiamo riscoprire il pensiero e le logiche di creazione della ricchezza per il Paese, mettendo da parte interessi di parte e populismi a fini elettorali e soprattutto smettendo di pensare che tutto si possa risolvere solo con la redistribuzione della ricchezza, perché si tratta solo di una via che porta all’impoverimento collettivo. Lo sviluppo ha bisogno di fiducia in un progetto Paese, nel quale è necessaria la stabilità. Non c’è posto per gli interventi alla Fornero e tantomeno le campagne OCUS elettorali fuori luogo di Boeri che è pagato da noi contribuenti per gestire e per fare politica. Abbiamo bisogno di classe dirigente in grado di ridare fiducia al Paese impegnandosi nello sviluppo della ricchezza collettiva, sapendo poi mantenere gli impegni. Manager europei Anche i manager devono fare la loro parte intensificando l’impegno per la crescita sostenibile a favore delle imprese, dello sviluppo economico e sociale del Paese. Anche i manager devono rinunciare a qualche garanzia cogliendo al tempo stesso le sfide e le opportunità della competizione globale. I sistemi di remunerazione più diffusi in Europa e nelle economie avanzate nel mondo prevedono una distribuzione articolata dei compensi agli "executives" per assicurare una motivazione bilanciata e stimolare l’impegno per risultati sempre migliori nel breve e lungo periodo. Possiamo generalmente considerare i compensi dei manager costituiti da quattro componenti: a. il salario fisso; b. i “fringe benefits” che hanno l’obietti- vo di incrementare il valore percepito da parte del dipendente, come ad esempio, in ordine di diffusione: telefono, auto, PC, ticket restaurant, carta di credito aziendale, assicurazione vita, previdenza integrativa, spese mediche e check-up, in casi particolari anche l’alloggio e le spese per la formazione dei figli; c. gli incentivi che agiscono sul breve periodo, come i bonus al raggiungimento degli obiettivi individuali e di team nell’anno; d. gli incentivi di lungo periodo come la partecipazione ai risultati complessivi dell’impresa attraverso: profit sharing, stock options plans, partecipazione azionaria, etc... Tali sistemi di remunerazione sono caratterizzati dalla volontà di assicurare la duplice leva motivazionale orientata a soddisfare: (a) i bisogni di breve periodo e (b) garantire la serenità del welfare, stimolando l’impegno con incentivi (c) di breve e (d) di lungo termine. Gli incentivi di breve e lungo periodo rappresentano una percentuale impor- DI tante dei compensi, ben superiore alle politiche di incentivazione diffuse in Italia. Sono invece meno significativi e diffusi all’estero gli scatti automatici di anzianità e le garanzie in aggiunta al periodo di preavviso. All’estero c’è maggiore attenzione alla creazione continua di opportunità di lavoro piuttosto che alle garanzie per la perdita del lavoro. Per chi perde il lavoro, in effetti, è più importante trovarne subito un altro, magari a condizioni migliori che possa meglio valorizzare le proprie competenze e il proprio talento, piuttosto che ricevere un risarcimento o compenso per il lavoro perso. Anche i manager devono quindi cogliere le sfide e le opportunità del cambiamento diventando più europei, ma non possono essere i soli a promuovere il cambiamento e a pagarne le spese. È necessaria la consapevolezza e lungimiranza politica insieme all’azione coordinata delle parti sociali per traghettare il Paese verso il nuovo e lo sviluppo di maggiori opportunità di lavoro a beneficio di tutti, riducendo la disoccupazione. ■ Dirigenti Industria GENNAIO 2016 5 OCUS La rappresentanza del management europeo a Luigi Caprioglio Segretario Generale CEC European Managers Confédération Européenne des Cadres lle origini del processo di unificazione europea, l’ambito delle politiche sociali e delle relazioni industriali non è parte delle competenze comunitarie. Il tema delle relazioni industriali e, dunque, della rappresentanza delle categorie sociali, è ancora di piena ed esclusiva competenza nazionale; poiché l’Europa è concentrata nella creazione del mercato comune dei beni (quello dei servizi arriverà solo dopo, e sarà solo parzialmente raggiunto), la sua sfera di competenza legislativa riguarda solo quegli ambiti che sono strettamente pertinenti al funzionamento del mercato. Solo nel corso degli anni ’80, in concomitanza con il cammino verso Maastricht, l’Europa riconosce l’importanza di integrare nel processo decisionale le parti sociali europee, anche per attutire gli effetti “sociali” delle profonde trasformazioni alla struttura industriale europea che la raggiunta unificazione del mercato inevitabilmente comporterà. Vengono perciò poste le basi per la creazione del sistema del dialogo sociale europeo che, al pari di quanto avviene in molte realtà europee, è centrato sul riconoscimento dell’autonomia delle parti sociali rappresentative delle forze produttive nell’ambito delle relazioni industriali a livello europeo e si esplica nella possibilità, riconosciuta dai Trattati, che gli accordi frutto della loro libera negoziazione possano avere (a determinate condizioni) valenza normativa. È in questo scenario che la CEC - la Confederazione Europea dei Dirigenti - CEC European Managers (Confédération Européenne des Cadres) vede la luce come organizzazione di rappresentanza della dirigenza europea. Agli iniziali tre membri fondatori (tra cui la CIDA), si aggiungeranno nel corso degli anni organizzazioni confederali di altri Paesi europei e 6 DI federazioni professionali europee, fino a raggiungere gli attuali 26 membri (17 organizzazioni nazionali e 9 federazioni professionali europee). La CEC è adesso una delle sei parti sociali formalmente riconosciute dalla Commissione europea come rappresentative dell’economia europea, forte di circa un milione di dirigenti di diverso livello e impiegati in tutti i settori dell’economia ad essa affiliati (per il tramite delle organizzazioni che vi aderiscono). A livello europeo, le attività “istituzionali” legate alla partecipazione al dialogo sociale si rifanno alle disposizioni degli artt. 152, 154 e 155 del Trattato: consultazione obbligatoria da parte della Commissione su determinate proposte legislative legate ai temi dell’occupazione e degli affari sociali, partecipazione a tavoli negoziali e alla redazione di accordi a valenza normativa. La nostra presenza in questo ambito avviene (come è ovvio per un’organizzazione che rappresenta una specifica categoria di lavoratori) all’interno della delegazione dei lavoratori presieduta dalla Confederazione Europea dei Sindacati (CES), organizzazione ombrello di tutti i movimenti sindacali “tradizionali” d’Europa. A rafforzare la voce della dirigenza, esiste però un’altra organizzazione europea; con la quale la CEC ha sottoscritto un accordo di cooperazione: si tratta di Eurocadres, che pur essendo un’emanazione della CES, mantiene comunque dei profili di autonomia ed indipendenza che permettono di elaborare posizioni comuni. Lo scorso maggio, l’Assemblea generale della CEC mi ha riconfermato nella posizione di Segretario Generale per un altro mandato. Nel corso del congresso, insieme ai colleghi europei che compongono la squadra che dirige l’associazione, abbiamo stilato un documento strategico e programmatico per i prossimi tre anni, nel Dirigenti Industria GENNAIO 2016 quale abbiamo definito le principali sfide cui la nostra organizzazione va incontro e gli obiettivi da raggiungere. La CEC dovrà allo stesso tempo rafforzare il proprio ruolo istituzionale nell’ambito del dialogo sociale europeo, ottenere dai suoi partner il pieno riconoscimento della sua legittimità e porsi sempre più come organizzazione “leader” nell’ambito del management, anche nella prospettiva di ripristinare la correttezza del discorso pubblico circa la funzione sociale della dirigenza, attualmente falsato da posizioni ideologiche e interpretazioni non veritiere. Per fare questo, abbiamo già iniziato un processo di rafforzamento della nostra struttura, che passa per un miglioramento della nostra visibilità e della nostra capacità di comunicare e di intercettare il dibattito pubblico europeo. Fanno altresì parte di questo schema di sviluppo una maggiore attenzione ai temi della leadership, tramite l’avvio di accordi di cooperazione con istituti di ricerca del settore e il lancio di un panel della dirigenza europea che ci permetterà di riportare al centro della scena i temi che più ci stanno a cuore. I prossimi anni saranno cruciali per il nostro continente, che dovrà dimostrare una maggiore compattezza e una più chiara visione del proprio ruolo nello scacchiere internazionale e di fronte alle grandi sfide del domani (dal futuro della capacità produttiva, industriale e tecnologica delle nostre economie alle grandi questioni geopolitiche, dalla risposta ai cambiamenti climatici alla reazione alle emergenze demografiche). I manager d’Europa hanno molto da dire e grandi competenze da mettere al servizio della società: sarà compito della CEC fare in modo che la loro voce sia sentita e i loro messaggi ricevuti. ■ OCUS L’Europa riscopre il ruolo dei manager Attilio De Pascalis � e imprese europee tornano ad assumere i manager: oltre 274.000 le nuove scrivanie negli ultimi due anni (+2,2%), dalla metà del 2013 al 30 giugno 2015. In totale i manager del Vecchio Continente, di tutti i settori, sono più di 12 milioni e 718.000. Fra i maggiori Paesi, l’Italia spicca per il primato nella creazione di nuovi posti di comando: oltre 39.500, il 5,1% in più rispetto a 24 mesi prima. È quanto si ricava dai più recenti dati di Eurostat, che classifica come manager l’equivalente di dirigenti e quadri apicali in Italia. I dati mostrano una generale ripresa nella creazione di ruoli manageriali, dopo anni di drastica riduzione. La crescita riguarda 20 delle 28 nazioni che compongono l’Unione Europea. E abbraccia un po’ tutti i settori: industria, commercio e servizi. Fra le maggiori economie, tutte mostrano un saldo positivo, tranne la Spagna (-3,2%). La “densità” di manager resta tuttavia molto variegata fra le varie aree. Il record spetta sempre alla Gran Bretagna, dove, con oltre 3 milioni di posizioni, ci sono più di 10 manager ogni 100 addetti. Seguono Francia (7,0%), Germania (5,9%) e Spagna (4,2%). In coda proprio l’Italia con appena il 3,7% di ruoli manageriali ogni 100 dipendenti. 10,5 7 5,9 Questa situazione riflette la struttura economica dei diversi Stati: nella Penisola prevalgono le piccole e medie imprese rispetto alle grandi multinazionali. Il Belpaese conta solo nove presenze nella classifica delle 500 maggiori imprese del mondo stilata ogni anno da Fortune. Germania e Francia una trentina a testa. In questo scenario è possibile individuare alcuni megatrend. Il primo è l’internazionalizzazione. Nell’ultimo decennio sono triplicati i manager “globetrotter” che lavorano in Paesi diversi da quello di origine. La spinta, secondo gli esperti, deriva soprattutto dalle multinazionali, che favoriscono la carriera legata alla mobilità interna ai grandi gruppi, senza pregiudizi verso la nazionalità. È molto apprezzata l’esperienza di chi ha lavorato in diversi mercati. “I manager italiani sono molto apprezzati all’estero”, osserva Giuseppe Cristoferi, amministratore delegato di Elan International, società di head hunting di Milano, “grazie al solido bagaglio professionale e culturale che li caratterizza, unito ad una facilità 5,9 4,2 3,7 DI I manager italiani sono molto apprezzati all’estero grazie al solido bagaglio professionale e culturale. nei rapporti con le persone. L’Italia resta un paese complicato e dirigere da noi è più difficile, per cui una volta inseriti in contesti più dinamici e organizzati i manager tricolore in genere realizzano ottime performance”. Un secondo impulso deriva dalla “generazione Erasmus”, i laureati che hanno frequentato un ciclo di studi in un altro paese europeo e sono più propensi a lavorare all’estero. Un terzo importante elemento proprio il “fattore umano”, che privilegia il merito rispetto al passaporto. “Le carriere poggiano oggi in gran parte sulle competenze manageriali”, osserva Gianfranco Vercellone, partner di Idea Management, che ha di recente lanciato il portale sulle competenze apropositodime.com, “Date le competenze tecniche, la differenza fra le persone è nell’efficacia dei comportamenti, Dirigenti Industria GENNAIO 2016 7 OCUS che generano risultati. Come lavoro in squadra. Come sviluppo il pensiero prospettico e poi strategico. Come mi organizzo. Come risolvo i problemi. Come esercito la leadership. Come conduco un negoziato”. Siamo ancora lontani, però, da un vero “mercato unico” dei manager. Rimangono forti limiti, legati alla lingua, alle abitudini, al costo per gli “expatriat” (alloggio, previdenza, scuola per i figli). Un elemento di grande differenza riguarda gli stipendi e il carico fiscale. Fra le maggiori economie del Vecchio Continente il primato negli stipendi annui lordi spetta alla Germania. Fatto 100 la retribuzione dei manager italiani il numero indice dei tedeschi 93 balza a 119, seguito dai britannici a 103. Seguono la Francia a 97 e la Spagna a 96. È quanto si ricava dalla ricerca di HayGroup sui livelli retributivi dei manager. Lucia Bartolini di HayGroup, “Il basso tasso di inflazione rende più alti gli aumenti effettivi”. L’ eccessivo carico fiscale e contributivo, tuttavia, penalizza i manager tricolore. In Italia la retribuzione netta dei manager è appena il 53% dello stipendio lordo. In Spagna si sale al 59%. In Gran Bretagna e Francia al 67%. Il top è la Germania dove i manager portano a casa ben il 78% dello stipendio lordo. “In Europa si assiste ad un debole ritorno alla crescita delle retribuzioni dei manager e le aspettative per il 2016 sono di un aumento medio dell’1.9%”, osserva “La busta paga italiana, compresi i dirigenti, è la più complicata in Europa”, rileva Marco Recchia, amministratore delegato di Jobtima, società di Milano specializzata in ammini- strazione del personale ed elaborazione paghe, “Sul costo del lavoro gravano una miriade di oneri, con un continuo slalom fra adempimenti e rischi. Sempre più nuovi clienti si rivolgono a noi proprio per prevenire spiacevoli complicazioni con il personale o per scoprire benefici di cui sono all’oscuro”. I primi timidi segnali di ripresa economica in Italia iniziano ad influire anche sulle assunzioni di dirigenti in senso stretto. A semestre 2015 i dirigenti in servizio nei vari settori (industria, commercio, servizi) sono cresciuti di 5.000 unità, toccando quota 405.401 (+1.2% sul 2014). Rispetto a cinque anni fa il numero di manager attivi è salito del 2,6%. Ma siamo ancora molto lontani (-11%) dai livelli di 10 anni fa, quando i dirigenti in servizio superavano i 460.000. È quanto emerge dai dati Istat. La ripresa è trainata soprattutto dal Nord, area in cui i dirigenti nella prima metà del 2015 sono cresciuti del 4,5% rispetto alla media dello scorso anno. Nelle altre zone, invece, si assiste ad una leggera contrazione. Il decennio 2005-2015 ha divorato 55.000 scrivanie di comando in Italia, pari all’11% delle posizioni. L’effetto è che oggi c’è una minore densità di dirigenti: sono 1 ogni 41 lavoratori dipendenti, contro 1 ogni 35 di dieci anni fa. Un fenomeno che rende l’Italia anomala rispetto ai maggiori partner europei, dove ci sono molti più manager in rapporto agli addetti. L’Italia tornerà a crescere solo rilanciando l’industria, motore di crescita economico e sociale, e le attività che trainano la produzione, come turismo, cultura, ambiente, trasporti. Le aziende crescono solo con manager professionali, in■ novativi e motivati. Fonte: elaborazione ALDAI su dati Eurostat - Nota: * primo semestre. Fonte: elaborazione ALDAI su dati Istat - Nota: * primo semestre. 8 DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 OCUS L’importanza di un’analisi dello scenario Alberto Bubbio Senior Professor Planning & Control presso l’Università Liuc - Carlo Cattaneo Manage-Mind: a Knowledge distribution factory Manage-Mind è una web community di dirigenti interessati ad approfondire le proprie conoscenze di management in dieci diverse aree gestionali (General Management, Strategia, Planning & Control, Corporate Finance, Innovazione, Marketing, Operation, Organizzazione, Next Economy e Temi Ondata) attraverso webinar elaborati sulle preferenze della community, ricerche, libri e articoli. Per maggiori informazioni sul servizio si può visitare il sito www.dimelab.us/managemind. è uno dei paradossi del mondo nel quale ci troviamo ad operare: più lo scenario è difficile da interpretare, più è importante cercare di tratteggiarne gli elementi caratterizzanti. D’altra parte è altrettanto comprensibile che solo un folle si avventurerebbe in un territorio sconosciuto senza aver tentato di individuarne almeno le principali caratteristiche. Quest’analisi diventa imprescindibile soprattutto se sulla base dello scenario si deve delineare la strategia aziendale. Così l’analisi dello scenario è ritornata di “attualità” dopo aver avuto con lo scenario planning il suo apice all’inizio degli anni Ottanta. Quando a seguito dello shock petrolifero molti uomini di azienda e studiosi erano stati indotti a pensare che l’unica certezza fosse l’incertezza. Oggi ci troviamo nuovamente in una situazione simile, anzi di ancor maggior incertezza. La soluzione viene peraltro dal comprendere in modo corretto cosa sia fare scenario planning in un’impresa, poiché avere uno scenario sulla base del quale elaborare una strategia di non breve termine è comunque un’esigenza delle imprese orientate al futuro. E di più lo scenario non è una previsione, ma un presagio condiviso dal management. Oggi non si parla più di crescita illimitata, ma di crescita sostenibile e l’elaborazione di uno scenario diventa un eserci- zio fondamentale. I trend estrapolativi del passato, elaborati su ipotesi di crescita infinita, si stanno rivelando non reali e fuorvianti. Così una delle conseguenze di non aver colto in tempo il fenomeno è la sovra-capacità produttiva che oggi caratterizza molti settori. Così si ritiene opportuno precisare che elaborare uno scenario planning sia il processo attraverso il quale il management di un’azienda in team arrivi a delineare quelle che saranno, in visione prospettica, le caratteristiche del contesto ambientale ed in particolare del business nel quale si troverà ad operare. L’arco temporale da considerare può essere più o meno ampio: anche se, normalmente nel concreto, l’orizzonte minimo è rappresentato dai tre anni, ma si può arrivare anche a scenari elaborati su 10/15 anni. Non bisogna inventare niente, si tratta invece di condividere un presagio relativo all’evoluzione di alcune variabili ambientali e alle conseguenze di tale evoluzione. Certo bisogna essere disponibili ad essere un po’ visionari, ma la visione va preparata attraverso la raccolta di informazioni e la riflessione sul passato, per cercare di intercettare il futuro. Per lavorare in modo efficace in questa direzione e giungere a delineare uno scenario condiviso a livello aziendale, si suggerisce di seguire un processo di scenario planning, articolato in sei fasi. A questo processo è opportuno che partecipi un Executive Team, con le persone che prioritariamente si troveranno a DI svolgere la loro attività di direzione nello scenario prossimo venturo. Le sei fasi qui suggerite, per aiutare ad aprire sul futuro, sono: 1.descrizione dell’attuale contesto socio-ambientale nel quale si opera ed eventuale sua evoluzione se i fenomeni, ad oggi manifestatisi, seguissero un trend estrapolativo; 2.definizione delle variabili macro e delle forze competitive che in passato hanno mostrato una elevata correlazione con la domanda di settore; 3.individuazione dei megatrend, che si pensa caratterizzeranno l’evoluzione dell’ambiente esterno e che potrebbero rappresentare fattori di discontinuità rispetto al passato, al punto da inficiare l’ipotesi estrapolativa costruita sul passato, con una valutazione dell’impatto dei megatrend sul business nel quale si opera; 4.ipotesi di evoluzione dello scenario sia a livello di macro ambiente sia micro di business, attraverso eventuali approfondimenti applicando l’analisi P.E.S.T.E.L. (analisi dei contesti Political, Economical, Social, Technological, Enviromental and Legal per ognuno dei vari Paesi nei quali si pensa di operare); 5.valutazione del permanere di correlazioni storiche tra variabili macro e micro o individuazione di punti di discontinuità (breakthrough); 6.definizione finale dello scenario nel quale, con maggior probabilità, si presagisce e si condivide che l’impre- Dirigenti Industria GENNAIO 2016 9 OCUS sa si troverà ad operare, dopo aver raccolto e riflettuto sulle informazioni come da precedenti step. Nel caso in cui emergano più scenari con probabilità simili di un loro manifestarsi lo scenario planning proporrà questi diversi scenari e il management potrà decidere se, in considerazione delle diversità tra gli scenari ipotizzati, elaborare un piano strategico e/o un budget a scenari multipli. Si suggerisce comunque di cercare di essere selettivi in modo da arrivare ad un Piano A ed ad un unico alternativo, Piano B. La precondizione organizzativa prima di avviare il processo di scenario planning porta a suggerire che venga definito un executive team, i cui membri dovranno poi interagire nelle varie fasi. Il team può essere anche a geometria variabile, anche se sarebbe da privilegiare la creazione di un nucleo di persone costante, abbastanza ampio per l’intero processo. Nel team non possono mancare rappresentanti di funzioni come marketing, amministrazione e finanza, information technology, gestione risorse umane e altre aree toccate di recente da profonde evoluzioni indotte da cambiamenti ambientali. La seconda fase deve indurre a ricercare le correlazioni tra l’andamento delle vendite di un settore e alcune variabili macro. Così, ad esempio, ci si può chiedere: quali sono i driver a cui sono legate le vendite del settore infissi, porte e finestre? Si può anche rispondere indicando il numero di nuovi appartamenti (edilizia residenziale), ma anche la domanda di ristrutturazioni abitative (domanda che potrebbe essere fortemente correlata ai risparmi energetici) e a sua volta l’andamento dell’edilizia residenziale (nuovo e ristrutturazione), che è stato in Italia in passato sempre pre-ciclico (anticipava la ripresa). Ma sarà ancora così? Molto dipende dal patrimonio abitativo esistente nel nostro Paese rispetto alla domanda, dal suo grado di utilizzo. Se questo è, probabilmente quell’andamento pre-ciclico dell’edilizia risulterà molto attenuato nei suoi andamenti. Queste riflessioni però non sono sufficienti. Ci si deve interrogare se qualche trend sociale non stia cambiando i numeri del settore. Così si scopre che nelle case si inseriscono sempre meno porte; per cui il numero delle porte rispetto al 10 DI numero delle finestre (infissi) sta drasticamente diminuendo. Si è passati da una porta ogni tre finestre ad una porta ogni sette finestre. Per fare un altro esempio di correlazione, si ricorda che in periodi di inflazione i prodotti considerati “beni rifugio” vedono normalmente aumentare le loro vendite. Da ultimo non si dimentichi che molta della sovra-capacità produttiva che negli anni si è creata nel settore siderurgico era anche legata all’indicatore consumi apparenti di acciaio pro-capite che nel nostro Paese risultavano inferiori a quelli degli altri Paesi industrializzati. Questa annotazione consente di sottolineare come la semplice correlazione tra una macro variabile e le ipotesi di vendite di un settore debbano essere da un lato individuate, ma poi analizzate criticamente, alla luce di altri fenomeni, non solo nazionali. Tra le varie fasi indicate quella più delicata è la terza fase: quella destinata ad individuare i megatrend. Questi megatrend si sono spesso rivelati elementi di rottura rispetto al passato e come tali in grado di determinare profondi mutamenti in alcune variabili di contesto. Se ne sono selezionati dieci e con riferimento a ciascuno di essi si indicheranno, a titolo esemplificativo, alcuni loro probabili impatti sui mercati: 1. il progressivo venire meno nell’economia globale di un Paese predominante o di pochi Paesi: una volta erano gli Stati Uniti, poi si è affermata una triade (Stati Uniti, Giappone e Europa), oggi il G8 è diventato G20; questo sta ad indicare che l’economia globale sarà sempre meno condizionata dalle politiche e dall’andamento di un singolo Paese; 2. il manifestarsi, ad intervalli temporali sempre più brevi, di fenomeni di turbolenza ambientale; fra questi vanno considerati i sempre più frequenti ed intensi cambiamenti climatici; 3. è finita l’era della “finanza che segue”, oggi è la finanza che blocca; è sempre più difficile reperire sui mercati finanziari le risorse necessarie; si sta arrivando al paradosso che le risorse finanziarie sono disponibili per quelle imprese che non ne hanno bisogno; 4. grazie alla globalizzazione (ma non solo) si assiste a fenomeni di aumento del numero dei concorrenti addirittura nei business maturi, per i quali le teorie economiche prevedevano una maturità tranquilla; questo è uno dei fenomeni che caratterizza l’ipercompetizione nella quale ci si trova ad operare; 5. il crearsi e il consolidarsi delle megacities, 6. un altro megatrend molto insidioso è quello legato all’evoluzione del consumatore finale: non è più alla ricerca del ben-avere (dove prevalevano i volumi e il consumismo) ma del ben-essere (prodotti/servizi spesso legati a una qualità alta e con contenuto culturale); 7. si sta passando, come è stato indicato con acuta osservazione da Giampaolo Fabris, da un mercato di massa a una massa di mercati; 8.una determinante importante di quest’evoluzione è stato l’innalzamento, in molti Paesi, del livello culturale medio; 9. si assiste ad un progressivo innalzarsi dell’età media di vita delle persone, che, in alcuni Paesi, come l’Italia, si associa anche ad un invecchiamento della popolazione; 10.il mondo sarà sempre più interconnesso, anche nelle cose (Internet of things). Si rifletta anche solo brevemente su alcuni probabili impatti di questi megatrend. Così il venire meno di un Paese, che concentri un’importante quota della produzione di ricchezza a livello mondiale crea opportunità, ma rende anche più incerto lo scenario economico mondiale. E così di seguito. A voi le riflessioni del caso sul futuro prossimo venturo che ci ■ attenderà dati questi megatrend. Al fine di approfondire la complessa tematica, il Gruppo Innovazione ALDAI ha organizzato un incontro, con il prof. Alberto Bubbio, dal titolo: Una nuova sfida: l’analisi dello scenario per preparare il futuro L’incontro si terrà in ALDAI - sala Viscontea - via Larga 31 - Milano mercoledì 17 febbraio 2016 dalle ore 18.00 alle ore 19.30. Dirigenti Industria GENNAIO 2016 OCUS Pensare europeo u Gianni Di Quattro n modo per dire che per avere successo, per essere competitivi, si deve pensare in modo non provinciale, più largo, avere più coraggio, decidere che il cambiamento e l’innovazione possono nascondere certamente dei pericoli e non sono facili da perseguire, ma sono indispensabili. In altri termini, pensare europeo deve essere la parola d’ordine dei manager che hanno deciso di affrontare senza paura la modernità. Un simbolo per operare, per riconoscersi, in cui identificarsi. La modernità significa discontinuità con il passato nella tecnologia, magari con l’aiuto della stessa tecnologia che oggi offre per l’appunto gli strumenti per cancellare le vecchie grandiose impostazioni e strategie del settore, significa la revisione della considerazione e della valutazione del mercato non più come continuazione della sua storia statistica, del modo per capirlo, del suo processo evolutivo e dei suoi ritmi, delle strutture appropriate per operare, delle relazioni con la concorrenza che è un alleato per creare mercato e un nemico per conquistarlo, del valore del rapporto con la clientela e dei modi per fidelizzarla o meglio per inserirla nel percorso di vita dell’impresa. La modernità significa anche dare un valore molto più grande alla cultura e alla bellezza come strumento di riconoscimento, come costruzione di un ambiente aziendale favorevole, come incentivo per la conquista di traguardi difficili. Come costruire una impresa e come viverla in grande sintesi. Negli anni passati si è indagato molto sulla diversità dei manager nei vari paesi, perché questi erano chiusi, la cultura e la storia di ogni paese aveva una influenza assolutamente preminente nel definire il ruolo del dirigente, la sua autonomia, il suo modus operandi, il suo futuro, soprattutto su come sceglierli, selezionarli e formarli. Queste diversità oggi sono molto attenuate perché il fenomeno della globalizzazione non riguarda solo le regole, le strutture, i sistemi produttivi, i mercati delle imprese, ma riguarda soprattutto le persone e tra queste i manager che poi sono quelli che interpretano la realtà e su di essa sono capaci, devono essere capaci di costruire il business e il futuro di azionisti, collaboratori e clienti. Una importanza fondamentale per il futuro sarà la formazione, perché il cambiamento, il ciclo di vita di qualsiasi cosa, non solo dei prodotti ma anche delle idee è sempre più breve e pertanto richiede quasi un processo continuo di formazione a tutti i livelli. Le imprese ne devono tenere conto nella progettazione dei loro piani e dei loro budget, perché questo costo che negli ultimi tempi era stato, purtroppo bisogna dirlo, molto ridimensionato avrà un valore molto rilevante negli investimenti, se si vuole acquisire e mantenere un adeguato livello di capacità competitiva. In un recente incontro professionale sul futuro di due vitali settori di mercato, e cioè banche e telecomunicazioni, promosso dalla Associazione Culturale Nel Futuro (www.nelfuturo.com), si è molto parlato del futuro e delle risorse professionali manageriali necessarie per non perderlo o non ritardarlo nell’interesse di tutta la comunità. Banche e telecomunicazioni sono due settori simbolo perché, per motivi diversi, sono ambienti di grande conservazione e che hanno rifiutato di adeguarsi agli eventi che da un po’ scorrono nella nostra vita personale e sociale per paura, per non perdere potere, per interesse, per inadeguatezza degli azionisti e della classe dirigente. Sono tuttavia due settori vitali come dicevamo, infatti servono allo sviluppo di tutti gli altri settori del mercato perché lo possono, o quanto meno dovrebbero, finanziare, supportare, connettere, indirizzare, insomma condizionare. Questi due settori si trovano oggi di fronte alla necessità di cambiare o quantomeno di integrare anche il tipo di at- DI Pensare europeo deve essere la parola d’ordine dei manager che hanno deciso di affrontare senza paura la modernità. Un simbolo per operare, per riconoscersi, in cui identificarsi. tività e di servizi di cui si sono sempre occupati. Le telecomunicazioni dovranno riempire il loro listino di contenuti e di altri servizi collaterali, perché la pura e semplice connessione non sarà più un business e comunque sarà assicurata dalle grandi multinazionali dei social network o dei portali general purpose come Google ad esempio. Tutto questo produrrà da una parte una serie di alleanze e di fusioni che cambieranno la configurazione del mercato e dall’altra la creazione di nuovi business, come ad esempio il nuovo modo di vedere la televisione e i canali internazionali, così come l’utilizzo di Internet non solo per comunicare o per fare business aziendale, ma anche per vivere la quotidianità personale, quella che si usa chiamare Internet delle cose. Le banche dovranno sfruttare la grande rete strutturale che possiedono e cioè gli uffici aperti al pubblico, oggi semivuoti o comunque assenti di giovani che operano ormai quasi esclusivamente on line, i sistemi di sicurezza in cui hanno da sempre investito e soprattutto la ricchezza dei loro database, vere preziose fonti per disegnare qualsiasi politica di marketing per qualsiasi prodotto. Anche per loro è in fase di accelerazione il processo di fusione e di concentrazione e quindi la configurazione del mercato è destinata ad assumere un diverso tracciato. Dirigenti Industria GENNAIO 2016 11 OCUS E anche loro devono non solo pensare a ridimensionarsi, che è la cosa più facile da pensare e a farsi, ma soprattutto ad utilizzare meglio e in modo diversificato le loro strutture e le loro capacità. Ecco questi due settori, e non solo loro ovviamente, devono accelerare il loro pensare europeo e devono preoccuparsi di avere manager che pensano europeo. Perché quando i cambiamenti sono così radicali, così profondi è difficile che si possano fare con coloro che sono la storia, che hanno fatto il passato, perché avranno sempre difficoltà a costruire un futuro diverso, perché avranno quasi l’impressione di rinnegare se stessi. La grande sfida dei manager, di tutti i manager passati, presenti e futuri, è dunque quella che abbiamo sintetizzato con “pensare europeo”. Naturalmente questo significa anche una revisione, che potrebbe essere profonda, delle loro competenze, delle loro sensibilità aziendali, delle loro disponibilità a studiare in continuo, del loro ruolo in sintesi. Non è la prima volta che accade nella storia dell’impresa, nella storia di questa funzione vitale per lo sviluppo dell’economia e del Paese. Almeno altre due volte i manager hanno cambiato ruolo e prospettiva dalla fine della seconda guerra mondiale. Questa volta forse è più difficile del passato, perché non serve solo conoscenza tecnica e impegno, ma qualcosa di più e cioè cultura, coraggio e quella particolare predisposizione a cambiare le cose e se stessi nell’azienda o in altre aziende che sempre di più stanno per diventare e diventeranno le caratteristiche del manager del futuro. Senza dimenticare la responsabilità sociale che sarà sempre più alta e im- pegnativa, l’attenzione che il manager dovrà avere verso la società tutta nel decidere, nello scegliere, nell’intraprendere e lo sforzo cui non potrà sottrarsi per farla funzionare e per alimentare sempre di più con la sua esperienza e capacità il management politico, che dovrà inevitabilmente essere costituito non solo soprattutto da uomini del diritto e della burocrazia come ora, ma anche da professionisti della società e del mercato. Il manager del futuro avrà davanti dunque un lavoro più interessante in un momento difficile ma affascinante sul piano intellettuale, professionale e sociale, nel quale riversare il suo talento e la sua disponibilità, la sua fantasia e il suo modo di sentire e di vivere la comunità. Una comunità più grande, multietnica, dove si incrociano culture, storie, caratteristiche, religioni, interessi e speranze. ■ Vademecum per gli autori TESTI I testi devono pervenire alla redazione battuti in formato Word. Una pagina della rivista, composta di solo testo, corrisponde a circa 4.000 battute (spazi inclusi). Per gli articoli superiori alla singola pagina le battute vanno moltiplicate di conseguenza. Se è previsto l’inserimento di grafici, immagini, foto, figure, ecc., il numero di battute va proporzionalmente ridotto. Per l’ottimizzazione dei tempi e per non creare disguidi nell’iter della lavorazione tecnica della rivista invitiamo cortesemente ad inviare alla Redazione i testi in versione definitiva. Il titolo fornito dall’Autore può essere modificato dalla redazione per uniformità, come lunghezza e stile, ai titoli degli altri articoli della rivista. ILLUSTRAZIONI Le immagini non devono essere inserite nel documento Word di testo, bensì inviate separatamente in file ad alta risoluzione per la stampa. Formato per le immagini: JPG, TIFF, PDF. foto autore Il progetto grafico di “Dirigenti Industria” prevede la foto/autore inserita accanto al titolo in alto a destra degli articoli. Pertanto è gradita la foto degli Autori con i seguenti requisiti: foto a colori o in bianco/nero, in alta risoluzione per la stampa, in formato JPG, TIFF o PDF e completa di immagine centrale del viso (tipo foto tessera). Sviluppo Comunicazione 2.0 Per meglio soddisfare le diverse aspettative degli associati e per allargare il dialogo all’intera categoria è in corso uno studio per dare avvio alla comunicazione digitale. Pertanto per il potenziamento del piano di comunicazione ALDAI-Federmanager Lombardia saranno graditi i contributi volontari degli associati, in qualità di: îadvisor delle iniziative di sviluppo della comunicazione 2.0; îcandidati a contribuire al comitato di redazione della rivista e dei mezzi di comunicazione digitale; îcollaboratori per le attività di correzione bozze con conoscenza e passione per la lingua italiana. I colleghi interessati ad offrire volontariamente il proprio contributo sono pregati di inviare e-mail entro gennaio a [email protected] indicando nell’oggetto: “Sviluppo Comunicazione 2.0”. 12 DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 MINERVA Segnala le donne di merito e talento Vogliamo promuovere una realtà sempre più popolata di modelli del merito e del talento. Donne che rappresentino modelli positivi di management per diffondere e innescare un circolo virtuoso e costruire una realtà migliore. Vogliamo far emergere 18 eccellenze in sei settori del management: 1. innovazione 2. gestione economica 3. gestione collaboratori 4. lancio di nuovi business 5. giovani potenziali (non ancora dirigenti) 6. diversity best practice Segnalaci la donna dirigente di azienda industriale della Lombardia che ritieni meritevole, inviando una e-mail entro il 31 gennaio 2016 a: [email protected] Paola Poli Coordinatrice Gruppo Minerva Donne Dirigenti ALDAI Pensaci un attimo, chi ti viene in mente fra le tue conoscenze? Bastano cinque minuti per regalare un’opportunità alla collega meritevole. con il nome, cognome, indirizzo e-mail e la motivazione in uno dei sei ambiti proposti. La giuria prenderà in esame le donne segnalate da uomini e donne dirigenti Federmanager Lombardia. @ Invia subito una e-mail DI Seguici su Twitter: #MeritoeTalento Dirigenti Industria GENNAIO 2016 13 m ANAGEMENT Vi racconto il dietro le quinte di un’azienda tutta italiana che si chiama “Arena” Chiara Tiraboschi Giornalista Responsabile Servizio Comunicazione e Marketing ALDAI Dirigere l’Arena di Verona è come gestire un’azienda. Qui però il prodotto finale si chiama emozione. 14 DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 s i dice “Arena di Verona” si legge arte, lirica, italianità, eccellenza. L’azienda, perché tale è, che ha registrato un totale presenze di oltre 408.000 spettatori in 54 serate durante tutto l’Arena Opera Festival 2015 per un incasso pari a € 23.337.620,00 rappresenta non solo un appuntamento lirico e culturale tra i più attesi nel panorama nazionale e internazionale, ma anche un esempio positivo di gestione manageriale, di leadership e team building. Ne parlo con Corrado Ferraro, dal 1993 Sales and Marketing Director dell’azienda Arena, una realtà che va ben oltre le storiche mura dell’anfiteatro romano, ma che anzi rappresenta un punto di riferimento per l’economia e il turismo del territorio. L’Arena di Verona nell’immaginario collettivo vuol dire lirica, costumi, grandiose scenografie. Tutto ciò presuppone un grande lavoro che però, per la maggior parte, lo spettatore non vede. In che cosa consiste questo lavoro? L’ Arena non è solo lo spettacolo che si vede solitamente d’estate sul palcoscenico, ma contempla una lunga preparazione. L’attività che abbiamo come teatro d’opera è unica al mondo per dimensioni e per portata: durante l’estate svolgiamo la nostra attività istituzionale all’Arena, mentre nel resto dell’anno i nostri complessi artistici lavorano al Teatro Filarmonico. C’è un grande lavoro di pianificazione alle spalle: a livello di ufficio marketing stiamo già lavorando da tempo per promuovere il festival del prossimo anno. Per capire di cosa stiamo parlando, basti pensare che durante l’inverno i dipendenti della Fondazione Arena che lavorano al Teatro Filarmonico sono circa 290, mentre d’estate diventano 1.200: viene raddoppiata l’orchestra, ampliato il coro, implementato l’organico già esistente di tecnici, comparse e personale di sala. Passiamo dai 1.200 posti di capienza del Teatro Filarmonico, che negli ultimi anni registra più del 90% di occupazione, ai 13.500 posti dell’Arena in estate, vale a dire dieci volte tanto. m ANAGEMENT Questo presuppone un lavoro che inizia con largo anticipo, un lavoro fatto di dialogo continuo con i tour operator nazionali e internazionali, con le compagnie aeree, gli alberghi e tutte le realtà economiche più importanti del territorio. Una strategia ad ampio raggio quindi per noi e per la città. 330.000 mi piace su Facebook, più di 22.000 Follower su twitter, 1.223.000 visualizzazioni e 1.950 iscritti sul canale youtube. La lirica oggi parla ai giovani? Abbiamo investito sui social per un motivo molto semplice e con un obiettivo molto difficile da raggiungere: cioè quello di sensibilizzare un pubblico giovane nei confronti di una forma musicale a loro generalmente sconosciuta e apparentemente lontana. Siamo stati i primi in Italia a creare i tweetseat, vale a dire abbiamo dedicato un piccolo settore dell’Arena per chi utente di twitter avesse desiderio utilizzare i social anche durante la rappresentazione. Questi posti, molti vicini al palcoscenico, offrono una posizione privilegiata per raccontare l’opera con il proprio smartphone o tablet. Il pericolo dei social è che spesso possono sorgere criticità o polemiche difficili da gestire. Può capitare che un commento sia negativo o un cantante non piaccia. Lì noi non interveniamo, è uno scambio di opinioni tra spettatori. I social però possono e devono essere usati a nostro Lo spettatore che assiste a un nostro spettacolo vive una vera e propria esperienza emozionale, emotiva, empatica. Ciò fa sì che egli associ, a questa esperienza, emozioni uniche, positive ed irripetibili se non all’Arena stessa. I soci ALDAI possono godere dell’emozione offerta dallo spettacolo dell’Arena a condizioni economiche riservate. Per informazioni: www.aldai.it Le foto presenti nell’articolo sono di Ennevi. Per gentile concessione della Fondazione Arena di Verona. DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 15 m ANAGEMENT vantaggio, ad esempio in caso di pioggia. È un dato di fatto: quando piove non possiamo rappresentare l’opera. Contro la pioggia nulla si può fare, possiamo però intervenire per lenire il disagio. Attraverso i social cerchiamo infatti di dare più informazioni possibili, rispondiamo alle critiche, spieghiamo che se piove poco non possiamo comunque iniziare perché gli strumenti, anche con poca pioggia, si rovinerebbero. Ogni 15 minuti diamo al pubblico aggiornamenti. In più tutto il nostro team utilizza whatsapp: abbiamo creato un gruppo in modo che la nostra redazione web e social anche se non fisicamente presente, sappia esattamente in tempo reale cosa sta succedendo sul palcoscenico. Tutte queste informazioni vengono condivise in modo che la nostra redazione social possa in tempo reale rispondere a eventuali lamentale dalla platea e che possa canalizzarle e sedarle fornendo subito informazioni in tempo reale. L’ Arena è un’azienda a tutti gli effetti che produce un budget tra biglietteria, sponsorizzazioni e contributi vari di 50 milioni di euro e che deve per legge chiudere in pareggio ogni anno. L’Arena di Verona produce un indotto economi- 16 DI co per il territorio, calcolato dall’Università di Verona, pari a 500 milioni di euro distribuiti sui vari settori merceologici. Si tratta di una realtà unica al mondo, un evento culturale con una ripercussione economica di simile portata a vantaggio della città e del territorio. sentazione” e godere di un’esperienza. Lo spettatore che assiste a un nostro spettacolo vive una vera e propria esperienza emozionale, emotiva, empatica. Ciò fa sì che egli associ, a questa esperienza, emozioni uniche, positive ed irripetibili se non all’Arena stessa. Cosa vuol dire dirigere una realtà come l’Arena di Verona? L’Arena è uno dei tanti simboli dell’eccellenza italiana nel mondo. Il sistema Italia all’Estero come viene percepito? La domanda è complessa, il nostro è un prodotto culturale quindi la massimizzazione del profitto non può essere il nostro obiettivo primario. La nostra mission è quella di divulgare la cultura musicale italiana qui e all’estero e ovviamente tutte le attività accessorie sono strumentali all’obiettivo principale. L’attenzione nei confronti del palcoscenico deve essere massima e la cura maniacale del prodotto deve essere una costante a tutti i livelli, non solo a livello manageriale. Dalla maschera che accompagna il pubblico al cantante che si esibisce, tutti devono avere una condivisione dell’obiettivo finale: ricevere un applauso in tutti i sensi, non solo per lo spettacolo, ma anche per l’organizzazione dello spettacolo stesso. All’Arena si viene non solo per ascoltare l’opera, ma per “vedere una rappre- Dirigenti Industria GENNAIO 2016 Abbiamo i laboratori scenografici più grandi d’Europa, all’estero siamo considerati quasi più che in Italia. A volte siamo noi stessi che non riconosciamo l’eccellenza che abbiamo davanti agli occhi. Siamo pionieri del bello, dell’arte, della competenze e della professionalità, ma spesso ce lo dimentichiamo. È necessario considerare il turismo culturale una delle prime industrie primarie del nostro Paese e, come tale, deve essere trattato anche a livello politico e delle istituzioni. Il rilancio del sistema Italia non può non passare da temi cardine come la cultura, l’arte e l’eccellenza. Sensibilizzare e sensibilizzarsi a ciò è sicuramente un modo per contribuire a migliorare e migliorarci come persone, come cittadini e come Paese. ■ m DI ANAGEMENT Dirigenti Industria GENNAIO 2016 17 s TUTORING ERVIZI AGLI ASSOCIATI Vita Vissuta Un Tutor racconta… s Sergio Francolini Socio e tutor ALDAI ono diversi anni che svolgo attività di tutoring presso ALDAI, prima ancora che il tutoring divenisse un servizio ufficiale ALDAI. La cosa che più mi ha colpito è la ripetitività degli “atteggiamenti” di chi chiede un aiuto in un momento di difficoltà. îIn quasi tutti i casi si evidenzia una certa ritrosia a parlare di ciò che preoccupa, come se avere dubbi e paure non fosse in linea con l’atteggiamento che ci si aspetta da un dirigente. îIn quasi tutti i casi, dopo pochi minuti di colloquio, appare abbastanza evidente al tutor, che ci si trova di fronte a uno dei casi classici per cui un dirigen- te si trova in difficoltà. La sola ragione per la quale il problema non è chiaro a chi lo espone, è legata al fatto che non si riesce ad osservare con serenità una situazione che ci riguarda personalmente. Conseguenza di quanto sopra detto è che spesso viene presentato un “falso problema” e che uno dei principali obiettivi del tutor è aiutare ad identificare il “vero problema”. Questi “atteggiamenti” sono comunque facilmente superabili. Chi espone le problematiche si rende subito conto che: îha di fronte un collega senior, che è al di fuori dell’azienda in cui ha operato, ma ha una certa affinità con il tipo di settore industriale in cui opera, che ha avuto responsabilità paragonabili o superiori alle sue e che in passato ha affrontato problemi simili; înon ha un atteggiamento giudicante. Questo lo porta ad aprirsi con pienezza e spontaneità. Una volta identificato il “vero problema” non è difficile trovare una soluzione per chi di mestiere fa il dirigente. La definizione di obiettivi ragionevoli e di un piano di azione con il tutor sono una conseguenza naturale. Nella maggior parte dei casi sono stati, per me, sufficienti un paio di incontri per chiarirsi le idee e ripartire con nuove energie. Vi garantisco che ogni risultato positivo è una grande soddisfazione per il tutor. ■ Ricordiamo agli Associati che in ALDAI è attivo il Servizio Tutoring! Il Tutoring è un servizio offerto ai soci ALDAI da un team di 14 dirigenti di elevato profilo con una significativa esperienza manageriale, specificatamente formati e selezionati. Si rivolge a dirigenti in servizio o temporaneamente inoccupati che stanno vivendo un momento di criticità di contenuti o di relazioni, un’evoluzione professionale o, in generale, una situazione di difficoltà. Offriamo colloqui individuali che, attraverso un’approfondita analisi delle situazioni e delle problematiche ed un’attenta riflessione gui- data (ascolto, confronto, domande e stimoli) aiutino i colleghi, a rifocalizzare le proprie scelte, individuare i propri obiettivi e definire un piano di azione per raggiungerli. La durata varia a seconda delle esigenze del dirigente ed è sempre gratuito indipendentemente dal numero di incontri richiesti. Chi desidera usufruire del servizio, può contattare inviare una e-mail all’indirizzo: [email protected] ■ 26a Borsa di studio “Ing. Giacomo Bonaiuti” Bando di concorso 2016 Il Gruppo Seniores Edison (GSE) e l’Associazione Lombarda Dirigenti di Aziende Industriali (ALDAI) bandiscono un concorso per l’assegnazione di due Borse di studio intitolate a: “Ing. Giacomo Bonaiuti” Le Borse di studio, finanziate dalla famiglia Bonaiuti, dal Gruppo Seniores Edison e da ALDAI, sono del valore di € 4.000,00 ciascuna. Possono candidarsi alla Borsa di studio gli studenti iscritti all’anno accademico 2015 - 2016 alla facoltà di Chimica, Chimica Industriale, Chimica e Tecnologie Farmaceutiche e Ingegneria Chimica presso le Università della Regione Lombardia. Il Regolamento completo è stato pubblicato a pagina 24 della rivista di dicembre ed è consultabile e scaricabile dal sito www.aldai.it. Si ricorda ai partecipanti che la domanda di ammissione al concorso deve essere redatta in carta protocollo semplice completa di indirizzo, recapito telefonico ed informatico. La documentazione deve pervenire entro lunedì 15 febbraio 2016, con il consenso al trattamento dei dati personali secondo il D. Lgs. 196/03. Inviare la documentazione a: ALDAI - Gabriella Canuti - Borsa di studio “ing. Giacomo Bonaiuti” via Larga 31 - 20122 Milano - indirizzo e-mail: [email protected]. 18 DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 n otizie da L’Italia col segno X c Stefano Cuzzilla Presidente Federmanager rediamo nella ripresa economica del nostro Paese. Da manager, lavoriamo per questo. Le più recenti stime Istat, tuttavia, sono ancora più caute di quelle che, a metà ottobre scorso, avevano spinto il Consiglio dei Ministri a presentare la legge di Stabilità con il titolo “L’Italia col segno +”. Piuttosto, di fronte all’incognita su quale punto decimale finirà per assestarsi il Pil 2015, esistono delle tendenze comunque positive che dobbiamo cogliere. Alcuni imprenditori, ad esempio, stanno riportando la produzione in Italia, facendo del nostro Paese il numero due al mondo per “re-shoring”. Negli Stati Uniti, che sono primi in classifica, ci sono incentivi statali e basso costo dell’energia. Noi invece dobbiamo molto all’iniziativa individuale di bravi manager e imprenditori capaci di rivedere il modello organizzativo in base alle mutevoli esigenze del mercato per essere più competitivi. Ci affidiamo all’intuizione e alla gestione del rischio di alcuni imprenditori oppure alla caparbia e alle competenze dei manager perché mancano, qui a casa nostra, iniziative strutturate di pianificazione che rispondano alla domanda su dove l’industria italiana debba collocarsi da qui a dieci anni. Come Federmanager abbiamo sempre svolto un’azione consapevole dell’andamento macroeconomico e rispettosa dell’agenda politica. Non intendiamo però limitarci al commento e all’analisi. In un’ottica proattiva e propositiva, nel 2016 daremo il via alla Commissione Tecnica di Federmanager dedicata alle politiche industriali, organizzata in tre sub organismi rispettivamente incentrati su Siderurgia, Energia, Trasporti e Infrastrutture. Continueremo sulla strada percorsa nelle ultime settimane, quando abbiamo proposto agli esponenti politici più attenti del governo e del parlamento alcune indicazioni di principio e molti strumenti concreti. Abbiamo detto al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, per esempio, che sarebbe opportuno rifinanziare il progetto “Manager to Work” di Italia Lavoro, al quale avevamo collaborato e che aveva dato frutti positivi. Parliamo di self employment, stiamo chiedendo a Invitalia di poter offrire un supporto all’autoimprenditorialità attraverso un tutoring professionale alle start up attivate dai giovani fino a 29 anni. Abbiamo dato disponibilità a sostenere il progetto “Industry 4.0” e a partecipare alle consultazioni che si apriranno presso il Mise. Sul piano che ha stanziato Fondi, in forma voucher, per l’internazionalizzazione delle PMI abbiamo immediatamente fornito appoggio e diffuso la notizia tra i manager associati. Quando l’Agenzia delle Entrate ha annunciato l’assunzione di manager a tempo per ovviare alla crisi connessa alla vicenda dei dirigenti cessati, abbiamo immediatamente chiarito che si trattava di una misura a carattere straordinario che rispondeva a una situazione altrettanto straordinaria. Sul temporary manager e sulla sua utilità siamo molto chiari: si tratta di uno strumento di valore che permette di operare un’iniezione di managerialità in imprese che non possono permettersi un manager in posizione strutturata ma che hanno bisogno di un supporto concreto. Con l’Agenzia delle Entrate abbiamo quindi avviato una proficua collaborazione che passa attraverso i grandi temi del controllo, dell’investimento in digitale e dell’integrazione delle banche dati della pubblica amministrazione. Abbiamo quindi esposto ai responsabili dell’economia del governo Renzi le ragioni per cui ritenere che su innovazione e managerialità ci stiamo giocando le chance del futuro della nostra industria. Aggiungendo che, soprattutto per le PMI a tradizione familiare, esiste l’urgenza di superare il nanismo congenito e che, puntando a questo obiettivo, servono manager capaci di muoversi sui mercati esteri e di prendere scelte diverse da quelle che prenderebbero anche gli imprenditori più coraggiosi. Riconosciamo infatti che nonostante gli sforzi, che apprezziamo anche se sono isolati, non vediamo un’organica strategia per la siderurgia, l’acciaieria, la meccanica, il chimico-farmaceutico e gli altri settori cardine in cui siamo bravi. In un ciclo di incontri istituzionali, che mi ha visto coinvolto in prima persona, abbiamo discusso proprio di come intervenire per il bene del Paese e di ciò di cui il management italiano avrebbe bisogno non da oggi, bensì da ieri, per far cambiare marcia all’economia. Abbiamo proposto, a livello confederale, alcuni emendamenti alla Legge di Stabilità suggerendo come finanziare l’ingresso di managerialità nelle PMI. Non ci piace vedere nella manovra la proroga del blocco parziale della perequazione al 2018 e anche su questo abbiamo avanzato una proposta di emendamento. Non ci piace affatto l’operazione che sta conducendo il vertice Inps, non solo perché fuori dagli equilibri del quadro istituzionale, ma soprattutto perché non veritiera. E molto pericolosa. Sia con il Ministro delle Riforme costituzionali, Maria Elena Boschi, sia con il Sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, abbiamo avuto occasione di ribadire che sulle “pensioni d’oro” si sta esercitando una retorica intollerabile e abbiamo ricevuto, da entrambi, commenti che vanno in una direzione positiva. Oltre a continuare con le cause pilota, abbiamo indetto una conferenza stampa nella sede nazionale di Federmanager lo scorso 2 dicembre, a cui hanno partecipato il Presidente della Commissione di Vigilanza sull’Anagrafe tributaria, Giacomo Portas, e l’onorevole Antonio Boccuzzi, per fare chiarezza in un dibattito che esige giusti interlocutori. Come manager noi non ci sottraiamo alla solidarietà, ma la vogliamo riconosciuta. Continueremo a ribadire che l’assistenza deve essere separata dalla previdenza. Insisteremo su quella direttrice di riforma che prevede un vero rilancio del secondo pilastro previdenziale, che è fondamentale per dare fiducia alle nuove generazioni in merito al loro futuro pensionistico. Dichiareremo in tutte le sedi, e non solo in riferimento al tema pensioni, che qualsiasi misura che contrappone i figli ai padri è una misura deleteria che ha costi sociali altissimi. Ripresa economica e coesione sociale sono obiettivi che si realizzano insieme. Puntare all’una senza considerare l’altra è come cam■ minare alla cieca. DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 19 n otizie Superare le contraddizioni Giorgio Ambrogioni Presidente CIDA q Tutti concordano che c’è bisogno di più aziende a gestione manageriale, ma la realtà italiana fa emergere limiti e contraddizioni di cui siamo chiamati a farci carico. ualche mese fa Prometeia ha presentato i risultati di un’indagine promossa da Federmanager e condotta su un campione rappresentativo delle imprese italiane (manifatturiere, servizi, grande distribuzione, trasporti, ecc.). Da tale indagine è emerso che le aziende affidate alla gestione di uno o più manager non appartenenti alle famiglie imprenditoriali erano cresciute più del dato medio di riferimento in termini di fatturato, margini, occupazione, produttività, internazionalizzazione. Una ricerca che, quindi, suffraga con dati oggettivi le nostre politiche a favore di un “capitalismo più manageriale” in cui cultura imprenditoriale e cultura manageriale si integrano, si completano, si contaminano. Altre indagini, non meno autorevoli, ci dicono però che il contesto in cui operiamo è molto più articolato e problematico: ci mette di fronte a situazioni con cui è necessario fare i conti sul piano associativo, contrattuale, ecc. Una prima fonte di riflessioni è costituita dalla ricerca svolta da KPMG in collaborazione con European Family Business Federation, finalizzata a rilevare come le imprese familiari europee (14 milioni con 60 milioni di addetti) stiano affrontando il cosìddetto passaggio generazionale. Ebbene, solo il 14% di queste prevede di affidare la propria gestione ad un manager esterno alla famiglia: il motivo di questa percentuale così modesta sta nella “diffidenza” verso tale soluzione. In Italia detta percentuale è ancora più bassa nonostante sia cresciuta la consapevolezza che il talento imprenditoriale non sempre si eredita, che il ricorso pianificato a manager esterni può essere lo strumento per garantire un efficace trasferimento delle competenze e, soprattutto, la continuità aziendale. E proprio in tema di successione e/o passaggio generazionale ci vengono in aiuto i risultati di una ulteriore indagine, quella realizzata da Ernst & Young Italia: ne emerge che nel 2015, rispetto al 2011, i giovani figli di imprenditori che si sono dichiarati disposti ad entrare in azienda sono diminuiti del 30%. Dei giovani disponibili solo il 3,5% intende entrarvi subito dopo aver concluso gli studi, mentre il 4,9% intende farlo dopo cinque anni e dopo aver fatto altre esperienze. A fronte di questa situazione - commenta l’Amministratore Delegato di EY Italia - mentre nei Paesi del Nord Europa c’è una 20 DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 significativa propensione a delegare la gestione a manager esterni la famiglia, nei Paesi dell’Europa mediterranea la cultura ed i legami familiari ostacolano o rendono molto più difficile questo processo… le nuove generazioni non hanno tanta voglia di succedere ai genitori, hanno interessi ed aspettative diverse. In sintesi, mentre alcuni dati ci dicono che più management non familiare fa bene all’azienda e quindi dovrebbe essere un fenomeno in crescita spontanea, altri ci parlano di diffidenza e difficoltà culturali verso questa soluzione: il 21% degli imprenditori addirittura preferisce vendere la propria azienda anziché affidarsi ad un dirigente esterno. Ciò detto, poiché il nostro Paese è, più di altri, connotato dall’impresa familiare penso che tutto quanto sopra meriti, da parte di CIDA e delle sue Federazioni una riflessione attenta e lungimirante: lo dico perché il nostro futuro come categoria è intimamente legato al futuro del nostro sistema imprenditoriale, a come saprà o non saprà evolvere, a come saprà posizionarsi o meno sul mercato globale. Mentre assistiamo a drastici ridimensionamenti degli organici dirigenziali nelle poche grandi imprese rimaste, a demansionamenti brutali, ad acquisizioni da parte di capitali esteri di interi settori produttivi (TLC, grande distribuzione, catene alberghiere, moda, alimentare) con conseguenti cambiamenti nei modelli di governance manageriale, dobbiamo interrogarci per dare una risposta adeguata anche ad un altro tema rilevante. Quando parliamo di management nelle nostre piccole e medie imprese familiari in fondo in fondo lo facciamo pensando a figure dirigenziali che facciano riferimento al nostro sistema di rappresentanza, ai nostri contratti, ai nostri strumenti di welfare. Invece non possiamo darlo per scontato perché è sempre meno così: sempre più spesso ruoli manageriali, una volta tipicamente dirigenziali, oggi vengono affidati a quadri, professional e partite IVA: figure manageriali ad alta professionalità che non intercettiamo o lo facciamo con enorme fatica e risultati marginali. Ed allora, pur sapendo quanto l’argomento sia scabroso, penso andrebbe affrontato aprendo una riflessione con chi rappresenta il sistema delle imprese: dobbiamo capire quali possono essere, in questa nuova concezione di management, i confini della nostra rappresentanza e quale ruolo il sistema delle imprese è disposto a riconoscerci anche nell’interesse delle stesse aziende. In una fase economico-sociale in cui tutto sta cambiando e tutti invocano discontinuità e innovazione penso sia giusto e doveroso tentare di diventare, nei fatti, i soggetti di rappresentanza non solo della dirigenza ma di tutto il variegato mondo ■ delle alte professionalità non ordinate. ormazione Concluso, a Bergamo, il triennio sperimentale della Scuola di alta formazione per neo dirigenti MBW, ora l’obiettivo è crescere Fabrizio Calvo Giornalista e addetto stampa Federmanager Bergamo Non sempre… i sogni muoiono all’alba Quale ex Presidente di Federmanager Bergamo con vero piacere colgo l’opportunità di introdurre la cronaca ufficiale dell’evento che conclude un’esperienza, a dir poco unica. Il percorso programmato, fin dal suo nascere, voleva porre l’attenzione sull’importanza di creare, in maniera mirata, un momento che non fosse soltanto foriero di cognizioni, ma che avesse alla base l’obiettivo di costituire un fondamento delle qualità opportune ed auspicabili, per accompagnare l’opera di un buon manager. La condizione essenziale perché il progetto trovasse realizzazione, si è basata sul sostegno di un “respiro” ambizioso e sentito, che gli ha permesso di mantenere le originarie aspirazioni. Non è stato facile, ma si è giunti a conclusione. L’iniziativa partita nell’anno 2010 con una progressiva implementazione di riflessioni e contributi concettuali, si è avval- p roseguire l’esperimento ed estendere il format ad altre province italiane. Questi, in sintesi, gli intendimenti delle territoriali bergamasche di Federmanager e di Confindustria all’indomani della conclusione, lo scorso novembre, del triennio sperimentale del Progetto Management Building Workshop (MBW), la Scuola di alta formazione per neo-dirigenti, quadri apicali e giovani imprenditori, avviata nell’autunno 2012. Il primo consuntivo sugli oltre mille giorni di vita del Progetto MBW - reso possibile grazie anche al supporto garantito da Fondirigenti - è decisamente positivo. A testimoniarlo, il coro di apprezzamenti espressi da promotori, organizzatori e fruitori dell’innovativa iniziativa nel corso del convegno "Imprendere e governare - Quale manager oggi", ospitato nel quartier generale di Brembo Spa. La Presidente di Federmanager Bergamo, Bambina Colombo, il Direttore Generale di Confindustria Bergamo, Guido Venturini e il leader di Fondirigenti, sa in pratica delle capacità di visione, entusiasmo e tenacia, che Federmanager BG e Confindustria BG si erano ripromesse di trasfondere nella fase realizzatrice, potendo poi contare sull’attenzione e partecipazione di Fondirigenti quale indispensabile ed essenziale terza Parte costituente. Così nacque il Progetto Management Building Workshop (MBW) laboratorio di innovazione manageriale, prima scuola italiana di alta formazione per neodirigenti, quadri apicali e imprenditori. Non si è trattato dell’ennesimo progetto formativo, ma si è mirato a coniugare formazione professionale con preparazione al ruolo, dal punto di vista valoriale ed etico. Un grazie a chi vi ha creduto e a quanti vi hanno preso parte. Mario Giambone Renato Cuselli non si sono certo risparmiati nel mettere in luce i valori aggiunti del Progetto MBW. Tra i tanti, due in particolare. Il primo: la notevole capacità del format (e, soprattutto, di chi lo ha coordinato) di adeguarsi alle esigenze emergenti, pur di arrivare a confezionare un ’prodotto’ robusto oltre che di elevata qualità. Il secondo: gli importanti rapporti interpersonali e trasversali (a prescindere, cioè, dalle posizioni ricoperte nelle rispettive aziende) creatisi fra i partecipanti. Valutazione, quest’ultima, confermata dai tre portavoce dei 130 allievi (56 neodirigenti, 46 quadri di alto livello e 28 fra giovani imprenditori e alcuni titolari di aziende con qualche anno di storia sulle spalle) che hanno condiviso le loro testimonianze (sia come singoli sia come rappresentanti dei gruppi formatisi durante le tre annualità) nel corso del successivo confronto, tanto serrato quanto ricco di spunti di riflessione. Tuttavia, nonostante il clima ampiamente positivo, i dubbi sul futuro del Pro- Un momento della tavola rotonda: da sinistra Alberto Baban, Stefano Cuzzilla e Luca Donelli DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 21 ormazione getto MBW permangono. In attesa che il nuovo vertice di Fondirigenti decida se proseguire (quindi anche con nuovi stanziamenti) con l’esperienza-pilota di Bergamo e/o se contribuire all’adozione del format in altre parti del Paese (parecchie, finora, le manifestazioni d’interesse arrivate nel capoluogo lombardo per replicare il modello della Scuola di alta formazione), dalla sede di Federmanager Bergamo si lascia intravedere lo spiraglio di una via alternativa ad un’eventuale rinuncia da parte di Fondirigenti: l’esplorazione di forme di sponsorizzazione che coinvolgano realtà dei vari territori. “A nostro parere - premette la Presidente Colombo - il format che abbiamo messo a punto potrà esser replicato altrove a tre condizioni: che vengano cioè definiti contenuti particolarmente significativi; che si favorisca la coabitazione coordinata di più metodologie didattiche e che, infine, si arrivi ad un’inequivocabile strutturazione del team di progetto.” “Ma questo pacchetto di conditio sine qua non - prosegue la leader dei manager bergamaschi - non potrà non tener conto di un ulteriore quid: l’affiancamento da parte di un tessuto social-produttivo che si faccia carico di una parte della committenza”. Un elemento quest’ultimo che, secondo la Presidente Colombo e i suoi partner, dovrebbe essere in grado di far fare al Progetto MBW (o comunque lo si vorrà chiamare in futuro) “un salto qualitativo tale da consentire di ricavarsi uno spazio nell’articolato panorama dell’alta formazione italiana.” “Il coinvolgimento della committenza nel progetto - spiega Colombo - aiuterebbe infatti a favorire la motivazione, a finalizzare la progettazione di dettaglio e a rendere efficaci le fasi di didattica attiva, comprese anche quelle di laboratorio e di project work.” In altre parole, questa la tesi, chi affida un incarico dovrà sentirsi coinvolto nel presidiare sia le fasi di analisi del fabbisogno, in modo che siano effettivamente allineate alle proprie esigenze, sia quelle relative alla valutazione finale. “Gli obiettivi formativi - auspica Colombo - dovranno dunque essere condivisi dalle imprese di appartenenza dei partecipanti e il percorso dovrà essere effettivamente progettato come un percorso di sviluppo per i manager delle organizzazioni.” L’ attenzione mostrata alla trasferibilità è un ulteriore elemento che distingue la Scuola per manager neo-dirigenti 22 DI La testimonianza dei partecipanti a M.B.W: da sinistra Carlotta Cortelli, Giancarlo Isoni e Simone Maffeis dai percorsi di alta formazione o master. Obiettivo principale, infatti, è quello di sviluppare capacità manageriali da ’restituire’ alle organizzazioni di appartenenza. Un elemento, quest’ultimo, che rafforza il legame con le imprese che quindi potranno vedere nella SAF un inequivocabile strumento formativo per la crescita professionale dei propri manager. In un contesto come quello della provincia di Bergamo, e più in generale dell’intero Paese, caratterizzato da un’elevatissima presenza di micro, piccole e medie imprese, il ruolo che le associazioni di rappresentanza possono giocare, catalizzando il fabbisogno formativo e favorendo momenti di confronto tra organizzazioni diverse, è destinato a diventare strategico. E ciò varrà ancor più, a livello di filiera. “Ultimo aspetto, ma non per importanza” conclude Colombo “l’individuazione di ruoli di presidio e coordinamento corretti”. E precisa: “Un’efficace applicazione del format passerà, indubbiamente, anche per le competenze e le attitudini delle persone che ricoprono alcuni ruoli strategici. A loro si chiederanno compe- Dirigenti Industria GENNAIO 2016 tenze professionali legate al processo formativo che non sono semplici da ricostruire, perché basate su una conoscenza consolidata dei processi e metodi di progettazione, sviluppo e valutazione formativa.” Ed è proprio in questa cornice di contesto che s’inserisce la ferma volontà, ribadita (durante il confronto conclusivo di cui sono stati protagonisti) dai Presidenti nazionali di Federmanager Stefano Cuzzilla e della Piccola Industria di Confindustria Alberto Baban, di dotare il sistema delle PMI italiane di un crescente numero di figure manageriali. “L’esperienza bilaterale messa in campo qui in Bergamasca - ha esordito Cuzzilla - parte da una premessa convincente: la formazione professionale deve essere orientata verso gli asset strategici dell’impresa. La ricchezza dell’Italia è rappresentata proprio da quelle PMI che, investendo in figure manageriali, vincono sui mercati internazionali.”“Piccola Industria - gli ha fatto eco Baban - ha lavorato e continua a lavorare per una crescita, innanzitutto culturale, delle PMI, che consenta di aprire, sempre ■ più, le aziende a manager”. DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 23 24 DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 25 26 DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 Corsi di Formazione ANIMP Gennaio, febbraio e marzo 2016 L’analisi dei rischi nella costruzione: obiettivi e aspetti metodologici a cura di ANIMP Milano, 28 gennaio 2016 Il corso tratta le metodologie orientate all’individuazione ed al controllo dei rischi connessi alla costruzione, illustrandone le principali finalità e caratteristiche anche attraverso la presentazione di esperienze maturate su progetti in ambito impiantistico. Il corso è rivolto a dipendenti di EPC Contractors e di Imprese Appaltatrici medie e grandi che desiderano acquisire e/o ampliare la conoscenza di base sulla metodologia dell’analisi dei rischi in generale e della costruzione in particolare. Le posizioni aziendali interessate sono essenzialmente: construction engineer, coordinatori di progetti e project manager coinvolti nel processo di costruzione. È posta particolare attenzione a tutta la parte documentale. Proposal management per fornitori di componenti di impiantistica industriale a cura di ANIMP Milano, 17-18-19 febbraio 2016 Il corso è indirizzato prevalentemente al personale delle Direzioni Commerciali, Tecniche e Finanziarie di società che, attraverso un contratto, vendono sistemi e componenti più o meno complessi. Lo scopo di questo corso è fornire una visione globale dei molteplici aspetti sui quali si basa l’effettiva competitività dell’azione commerciale in aziende grandi, medie e piccole che forniscono componenti e/o sistemi di impianto. Corso professionale sul project management (Ipma Competence Baseline) a cura di ANIMP-IPMAITALY Milano, 1° modulo 25-26-27 febbraio - 2° modulo 10-11-12 marzo 2016 Il corso è destinato a persone che operano nei settori industriali, nei servizi e negli enti pubblici (quali manifatturiero, telecomunicazioni, informatico, impiantistico, infrastrutture, banche, assicurazioni, sanità, pubblica amministrazione, ...) e che hanno qualche conoscenza dei concetti su cui si fonda la “Gestione per Progetto” acquisita tramite lo studio teorico e/o la partecipazione attiva, operando all’interno di team di lavoro, alla realizzazione di un progetto. Il corso fornisce a ciascun partecipante, qualora fosse interessato alla Certificazione professionale di Project Manager secondo la metodologia IPMA, le conoscenze di base sulle quali si articola la Certificazione ANIMP-IPMA (Italian Certification Body). La partecipazione ai corsi ANIMP prevede l’assegnazione di CREDITI FORMATIVI da parte dell’Ordine degli Ingegneri Per ulteriori informazioni o per ricevere il depliant informativo del corso rivolgersi alla Segreteria Corsi ANIMP (Manuela Corbetta) dalle ore 9.00 alle ore 13.00 Tel. 02.6710.0740 ext 7 - Fax 02.6707.1785 e-mail: [email protected] oppure consultare il sito www.animp.it alla voce FORMAZIONE. Comunichiamo che, su nostra richiesta, la Direzione ANIMP ci ha confermato che ai Soci ALDAI che si iscriveranno ai corsi promossi dall’ANIMP a titolo individuale verranno concesse le stesse agevolazioni praticate ai loro iscritti. GRUPPO ENERGIA ED ECOLOGIA ALDAI Il ruolo della post-logistica nei processi di riconfigurazione del mercato Nell’ambito dell’attività del Gruppo Energia ed Ecologia ALDAI il Comitato ITL (Infrastrutture, Trasporti e Logistica) organizza una conferenza su questo tema di rilevante attualità nel contesto del riassetto della portualità, dell’allocazione dei terminal intermodali, della definizione del piano degli aeroporti, della liberalizzazione dei trasporti ferroviari e delle avviate/avviande privatizzazioni nelle grandi società a capitale pubblico (poste, ferrovie, etc). La conferenza sarà tenuta da Pietro Spirito, docente di Economia dei Trasporti dell’Università di Tor Vergara e Presidente dell’Interporto di Bologna, illustra la sua visione dell’attuale fase di riconfigurazione dei mercati: la globalizzazione prima e la crisi poi - afferma il relatore - hanno trasformato le dimensioni, la geografia e la struttura del campo di gioco. ■ L’incontro si terrà in ALDAI - sala Viscontea - via Larga 31 - Milano giovedì 21 gennaio 2016 alle ore 10.00 Seguirà un breve pubblico dibattito MODALITÀ DI PRENOTAZIONE Gli interessati possono prenotarsi online attraverso il sito www.aldai.it, sezione “ALDAI Eventi”, selezionando dal calendario la data interessata e compilando gli appositi spazi alla voce “iscriviti”. Le date pubblicate potrebbero variare successivamente alla stampa della rivista; invitiamo pertanto i lettori a prendere visione delle periodiche newsletter e del sito per dettagli e conferma degli incontri. Per chi non avesse la possibilità di effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al numero 02/5830.7557 indicando nell’oggetto “Ruolo post-logistica”. DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 27 Rinnovo quota a ➜ Servizio sindacale ➜ Assistenza sanitaria integrativa ➜ Consulenza previdenziale e fiscale ➜ Network professionale ➜ Orientamento e formazione manageriale ➜ Valorizzazione delle competenze ...e ancora ➜Consulenza sui Fondi di previdenza complementare. ➜Verifiche e conteggi sulle competenze di fine rapporto. ➜Copertura assicurativa “Polizza Tutela Legale”. ➜Ricevimento della rivista “Dirigenti Industria”. ➜Consulenze in ambito formativo e di orientamento utili a fornire strumenti tecnici per rapportarsi al mercato del lavoro (valorizzazione del CV, utilizzo efficace della propria rete di contatti, potenziamento del network). ➜Servizio Tutoring. ➜Sportello Assicurativo Praesidium. ➜Convenzioni sanitarie e commerciali. Per aggiornare i dati anagrafici e di contatto: www.aldai.it area riservata Codice Utente: codice Federmanager Password: codice fiscale al primo accesso Convenzioni con: ➜Società per percorsi di outplacement. ➜Assocaaf per compilazione dei Modelli 730 e Unico. ➜50&Più Enasco per invio telematico domanda di pensione all’INPS e altre prestazioni. ➜50&Più Servizi Srl per gli adempimenti del rapporto dei collaboratori familiari. ➜50&Più Caaf per l’assistenza nell’iter della dichiarazione di successione. 28 DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 © kotoyamagami - Fotolia.com ssociativa 2016 Il Consiglio Direttivo, nella riunione del 17 dicembre 2015, ha confermato per il quinto anno consecutivo gli importi delle quote associative. Nella stessa riunione è stato approvato il bilancio preventivo con il potenziamento degli investimenti per le iniziative di sviluppo associativo e di comunicazione digitale per meglio soddisfare le diverse aspettative degli associati ed allargare il dialogo all’intera categoria. Quota associativa 2016 ➜ euro 240,00 - dirigenti in servizio ➜ euro 120,00 - dirigenti in pensione ➜ euro 112,00 - dirigenti in pensione ante 1988 Un segnale di solidarietà nei confronti dei colleghi che hanno perso il lavoro: ALDAI dimezza la quota associativa (€ 120,00) dei dirigenti inoccupati che autocertificano un reddito inferiore a € 50.000 annui (modello scaricabile dal sito). Euro 30,00 contributo una tantum per chi si iscrive per la prima volta. Termine e modalità di pagamento Entro mercoledì 16 marzo 2016 tramite: ➜addebito diretto in conto - mandato per addebito diretto SEPA (modello scaricabile dal sito ALDAI). Oppure: ➜bollettino di c/c postale salvo casi di deleghe aziendali e addebito diretto sul conto; ➜bonifico bancario (nuovo codice IBAN IT50Z0335901600100000129106) indicando nella causale cognome, nome e numero di tessera o data di nascita; ➜delega aziendale (modello scaricabile dal sito ALDAI). Per un manager preparato alle nuove realtà, più consapevole, più sicuro di sé, più sereno. DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 29 � aVORO Gruppo di Lavoro Mind the Gap Un serio impegno per l’employability dei dirigenti Elena Toffetti Componente Consiglio Direttivo e Giunta esecutiva ALDAI Coordinatrice GdL MindtheGap - tutor ALDAI � a crisi ha visto ridursi il numero dei dirigenti in Italia da 460.000 a 400.000 (fonte indagine Aldai su dati Istat). Il bilancio è pesante e i segnali di ripresa molto timidi. Federmanager, davanti a quest’emorragia, ha intrapreso attività di sostegno per cercare aiutare i colleghi che si trovano in questa situazione e ogni territorio fa la sua parte nella specificità della propria situazione. ALDAI si è mossa da tempo, fornendo un segnale concreto di solidarietà riducendo del 50% la quota associativa ai dirigenti inoccupati a reddito ridotto. Segnale sicuramente ben accolto ma sicuramente non incisivo sulla situazione. Anno dopo anno, sono state messe in campo molte iniziative e servizi dedicati al sostegno dei colleghi inoccupati che si sono andate ad affiancare ai servizi istituzionali (Sindacale, FASI, etc…). Il servizio Orientamento e Formazione mette oggi a disposizione del dirigente che ha concluso il rapporto con l’azienda, un’offerta piuttosto ricca: Multibrand, Outplacement, Tutoring, Certificazione delle Competenze (RINA), Convenzioni formative, Progetti condivisi con Assolombarda, Voucher formativi Fondirigenti… sui quali “Dirigenti Industria” ha fornito ampia informazione. Sicuramente un’offerta interessante, ma mancava il tassello più importante, quello dedicato all’employability, cioè il sostegno attivo all’occupazione. Aldai ha avviato un nuovo dialogo Istituzionale con Assolombarda per capire 30 DI come operare insieme su questo tema. Assolombarda ha evidenziato che le aziende, soprattutto le PMI, hanno un notevole bisogno di managerialità per consolidare o accrescere il loro business. Una strada da intraprendere per cercare di incidere sulla cultura delle aziende è la presentazione di storie di successo spiegandone le best practice, raccontando, con casi concreti, le innumerevoli competenze, sia hard (strategiche, commerciali, finanziarie, metodologiche, organizzative e di processo) sia soft (gestione dei collaboratori e delle relazioni), che il dirigente può portare in azienda. L’apertura del canale di dialogo con l’organizzazione datoriale e il sostegno del Consiglio Direttivo ALDAI insediatosi a maggio 2015, unito al fatto che da tempo avevo in mente di creare un Gruppo di Lavoro dedicato ai manager inoccupati, sono state le premesse ideali per la nascita del Gruppo Mind the Gap. I lavori sono iniziati a luglio 2014 e numerosi colleghi hanno già aderito con grande entusiasmo e disponibilità a lavorare sul progetto. Insieme, si vogliono trovare e consolidare quei canali che permettano in modo sistemico di fare incrociare domanda e offerta, di intercettare e creare opportunità sia per chi lavora nel Gruppo sia per tutti i soci in situazione di transizione. La ricollocazione ideale considera posizioni inquadrate come dirigente e quadro, (tempo indeterminato o temporary) ma vengono prese in considerazione anche opportunità di consulenza (attraverso la partita IVA) o, addirittura, il lancio di un’i- Dirigenti Industria GENNAIO 2016 dea imprenditopriale. Il Gruppo punta a risultati concreti e vuole diventare un punto di riferimento per la categoria nel panorama milanese. Mind the Gap Fare attenzione al vuoto (gap) che si crea una volta fuori dall’azienda. Il Gruppo vuole rispondere a questo attraverso la preparazione di un programma operativo con progetti e proposte concrete e realizzabili per: îgestire la transizione îaiutare l’occupabilità sviluppando il matching tra domanda e offerta di lavoro. Il lavoro del Gruppo è stato suddiviso in quattro sottogruppi, ciascuno con un tema da sviluppare. Alcuni sono progetti operativi (Factory) e si riferiscono ai temi di collaborazione già abbozzati in Assolombarda, altri (Lab) sono tematiche trasversali di grande attualità e interesse per le aziende. Factory - Matching Startup Organizzazione dell’incontro con le startup nelle modalità più idonee a favorire l’attivazione di opportunità, come ad esempio: •Work for Equity •Business Angel •Advisory pro-bono •Lavoro manageriale dietro compenso •Lancio di propria startup. Factory - Matching PMI Organizzazione dell’incontro di matching tra dirigenti e PMI nelle modalità più idonee a favorire l’attivazione di opportunità. Evidenziare il valore aggiunto dell’apporto di competenze manageriali nello sviluppo delle PMI. Factory 4. Lab Internazionalizzazione à approfondire modelli di internazionalizzazione, metodologie e strumenti che possano evidenziare i vantaggi per le aziende dell’utilizzo di manager capaci di gestire l’espansione aziendale al di fuori del territorio nazionale. I contenuti che deriveranno da questo Lab, saranno utilizzati come leva per una maggiore attrattività dei manager nei confronti delle PMI (evento Matching PMI). aVORO 1. Matching startup îEvento di lancio Milano Startup Town presentato da Assolombarda in ALDAI - 11 novembre 2015 à le opportunità di collaborazione sono molteplici a partire da consulenze pro bono, consulenze dietro compenso di una partecipazione azionaria (work for equity), l’investimento di capitali nella startup stessa. îEvento di matching à Primo Evento per fare incontrare (modello speed dating) le Startup iscritte ad Assolombarda e i manager con l’obiettivo di una collaborazione (competenze o capitale). Timing previsto: febbraio/marzo 2016 2. Matching con PMI à Evento per fare incontrare le PMI iscritte ad Assolombarda e i manager con l’obiettivo di una collaborazione / inserimento di manager in aziende esistenti. Timing previsto: aprile/maggio 2016 In entrambi i casi, Assolombarda esplorerà ed individuerà con le aziende associate le competenze di cui necessitano mentre Aldai, attraverso l’Agenzia per il lavoro di Fondirigenti, fornirà una lista di manager con le competenze richieste (se non avete ancora caricato il vostro CV fatelo al più presto!). Se i format avranno successo, verranno ripetuti con cadenza ancora da stabilirsi. LAB - Tematiche di attualità 3. Lab La sfida digitale à Creare un “Knowledge Package” sul tema della sfida digitale che offra una serie di spunti per aiutare a: îottenere informazioni di base (concetti, linguaggio prodotti) îacquisire schemi di riferimento per meglio comprendere i fenomeni di cambiamento, le ripercussioni sull’organizzazione e le responsabilità del dirigente îpromuovere occasioni di scambio con esperti / influencer del settore e ALDAI îcontribuire allo sviluppo delle iniziative Factory degli altri gruppi Mind the Gap. � Lab - La Sfida digitale Elaborazione di proposte operative per evidenziare eventuali bisogni ed attivare progetti con le aziende sul tema della digitalizzazione dalla migrazione al cloud al mobile ai social media. Contenuti trasversali da utilizzare anche a supporto degli eventi di matching PMI. Lab - Internazionalizzazione Elaborazione di proposte operative per mettere in luce il bisogno ed attivare progetti con le aziende sul tema dell’internazionalizzazione. Contenuti trasversali da utilizzare anche a supporto degli eventi di matching PMI. Questo è quello che il Gruppo sta facendo e si propone di fare... ambizioso? Certamente sì! Calendario riunioni Mind the Gap 2016 Secondo lunedì del mese - ore 16.00 ALDAI - via Larga 31 - 20122 Milano L’entusiasmo e il desiderio di produrre qualcosa di utile per i dirigenti sono una grande molla per fare e fare bene! Volete partecipare alle nostre riunioni? Scriveteci! îElena Toffetti: [email protected] îSerena Grigolli: [email protected] ...E non dimenticate di caricare i vostri dati e il vostro CV sul sito di Fondirigenti (Agenzia del lavoro). DI î 18 gennaio î 15 febbraio î 14 marzo î 11 aprile î 16 maggio î 13 giugno î 11 luglio Dirigenti Industria GENNAIO 2016 31 � aVORO Scuola: ALDAI presente XIX Convegno Scuola-Lavoro Mario Giambone � Presidente Comitato Pensionati e Consigliere ALDAI a Federazione Maestri del Lavoro Consolato Provinciale di Milano, ha celebrato, lo scorso 27 novembre, presso la prestigiosa Sala delle Conferenze di Assolombarda, l’annuale incontro con il mondo della scuola. Il tema del convegno è stato “Expo 2015: quale eredità lascia alle nuove generazioni? Modelli di consumo, sistemi di sviluppo ecosostenibili e nuove professionalità”. La manifestazione ha riscosso una notevole affluenza di pubblico e di un folto gruppo di studenti ed insegnanti, nonostante l’annunciata agitazione prevista nel settore dei trasporti, che ha certamente creato qualche criticità per le presenze, ma non per quanto riguarda l’interesse e la sentita condivisione dei vari temi affrontati e discussi, seguiti con attenzione e partecipazione. Rilevante e significativo il patrocinio attribuito all’evento da parte del Comune di Milano, Ufficio Scolastico per la Lombardia e Città metropolitana di Milano. Non sono mancate varie sponsorizzazioni da parte di aziende ed associazioni, tra le quali ALDAI. In pratica tali sostegni economici hanno reso possibile il conferimento di premi distintivi attribuiti a studenti che hanno preso parte al concorso, con propri elaborati, selezionati ed esaminati da una qualificata Giuria composta da insegnanti e docenti, presieduta da Clorinda Falchetti. All’evento non sono mancati interventi di particolare profilo da parte degli autorevoli relatori intervenuti. La parte conclusiva è culminata con la consegna dei singoli attestati ai vincitori appartenenti a licei, istituti professionali e scuo- 32 DI le secondarie di primo grado e questo particolare momento ha inevitabilmente portato una spontanea e coinvolgente allegria giovanile. Al centro dell’attenzione è stato naturalmente lo sviluppo del tema introduttivo, che ha consentito un’ampia panoramica degli effetti pratici generati da Expo, dai temi tecnici affrontati nelle varie e frequenti occasioni di confronto, tra le parti qualificate, per realizzare risultati adeguati al progresso delle soluzioni tecniche ed innovative, che consentano comunque qualcosa che produca benessere generale, ma anche le giuste misure da intraprendere per una sufficiente e generalizzata produzione atta ad alimentare il pianeta. Non è mancata un’analisi esplorativa, per valutare ed esaminare, il modo in cui è stato vissuto dai giovani che Dirigenti Industria GENNAIO 2016 hanno visitato più volte l’esposizione, realizzando in concreto una singolare comunicativa tra differenti soggetti, creando un effetto di ampia visuale di realtà etniche diverse e lontane, ma sorprendentemente “vicine”, materializzando un’integrazione dettata dallo slancio e dall’entusiasmo giovanile. Da questo effetto immediato, testimoniato da quanti ancora sono impegnati nella fase di crescita conoscitiva e non ancora, quindi, vicini al momento in cui verrà concluso il corso degli studi, non è avulso l’interrogativo che si presenta pensando al mondo reale, alle possibili opportunità che dopo lo studio andranno ricercate. Questa realtà non sfugge alla “missione” alla base dell’impegno che i Maestri del Lavoro, si sono posti fin dalla loro costituzione. Vale ancora qui ricordare Giorgio Fiorini, Amedeo Veglio, Alberto Mattioli, Livia Pomodoro, Laura Turotti, Don Walter Magnoni e Massimo Manzoni � come l’attribuzione di questa distintiva decorazione “Stella al Merito del Lavoro“, istituita nel lontano 1923 poi rimarcata dalla legge n. 143, viene concessa ai dententori dei particolari requisiti previsti. Le domande presentate dagli aspiranti, vengono vagliate e ponderate dai competenti Uffici Regionali del Lavoro. Gli scopi perseguiti, quindi a titolo distintivo, sono quelli di fornire ogni possibile generoso apporto di esperienza per la soluzione dei problemi, non solo tecnici, attraverso testimonianze fattive di partecipazione nelle classi scolastiche per favorire l’inserimento umano delle giovani leve nel mondo del lavoro, aiutandole nella loro formazione e nelle scelte professionali. Il promuovere ed elevare il valore morale nella società e negli ambienti di lavoro è postulato prioritario dello spirito di appartenenza dei “Maestri”. Questo impegno si materializza anche nel campo della solidarietà sociale, nella collaborazione civile e nelle iniziative culturali sociali con attività di volontariato. A sintetica conclusione delle varie sessioni che si sono susseguite vale quella Servizio Fotografico di Paolo Liaci - www.paololiaci.com aVORO riassunta dal rappresentante di “casa”, Amedeo Veglio, quale appartenente all’Area Formazione Scuola - Università e Ricerca Assolombarda. Nel cercare di dare senso pratico al sottile quesito che i giovani inevitabilmente si porranno al termine del loro percorso di studio. Il monito è quello di non fuggire dalle difficoltà, comunque esse si presentino, e di non rinunciare alla propria personalità confondendosi nella massa per nascondersi, ma accettare il rischio di amare le proprie idee. ■ Alcuni momenti della premiazione DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 33 p REVIDENZA La strada sbagliata. E quella buona. Antonio Dentato Componente Sezione Pensionati Assidifer - Federmanager Premessa All’indignazione suscitata dalla pubblicazione (agosto 2013) dei dati relativi alle c.d. ”pensioni d’oro” e alle conseguenti reazioni sfociate in numerose proposte di legge (6), pressoché tutte volte a colpire, in un modo o nell’altro, i trattamenti provenienti dal sistema retributivo, la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, dopo un dibattito concentrato soprattutto su una proposta di ricalcolo delle pensioni al di sopra di una determinata soglia con il sistema contributivo (proposta in quell’occasione respinta), l’8 gennaio 2014, pervenne ad un preciso indirizzo politico. Approvò una “Mozione” di buon senso, con la quale impegnava il Governo a monitorare gli effetti e l’efficacia delle misure di contenimento della spesa pensionistica introdotte con la Legge di Stabilità 2014 e a valutare, agli esiti di questo monitoraggio, l’adozione di successivi interventi che, nel rispetto dei principi indicati dalla Corte Costituzionale, sempre in un’ottica di solidarietà interna al sistema pensionistico, tesi a realizzare una maggiore equità per ciò che concerne le cc.dd. “pensioni d’oro” e correggere, per queste ultime, eventuali distorsioni e privilegi derivanti dall’applicazione dei sistemi di computo retributivo e contributivo nella determinazione del trattamento pensionistico. richiamo. Fatti che purtroppo hanno generato inquietudini e amarezze fra i pensionati. E anche fatti che non fanno ben sperare, perché segnalano comportamenti che destano sconcerto per l’evidente frantumarsi dei pubblici poteri, come sarà evidente dalle cose che diremo in seguito. Le schede INPS Come era suo diritto e dovere, il nostro Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha diffuso schede elaborate autonomamente, nel quadro dell’operazione “porte aperte”, con l’obiettivo di rendere “trasparente” la composizione della spesa e l’effettivo funzionamento delle maggiori gestioni pensionistiche amministrate dall’Istituto medesimo. Al di là dei limiti metodologici che, a nostro avviso, presenta quell’esercizio, e certamente al di là delle intenzioni di chi l’ha impostato, le informazioni fornite hanno suscitato inquietudine fra gli interessati e anche non poche manifestazioni di disappunto. Perché di esse sono state date diverse letture. Almeno due. E ambedue negative. Una strada segnata da indicatori devianti e devastanti non è una buona strada e non conduce alla destinazione auspicata. Non porta alla soluzione dei problemi veri che gravano sulla nostra convivenza civile. 1.Da un lato sono state giudicate come interferenza di un organo strumentale dell’apparato statale nella sfera della politica. Anzi, come indebita forzatura sul Governo al fine di indurlo ad ulteriori provvedimenti di prelievo sulle pensioni (peraltro le stesse che hanno subito enormi decurtazioni a causa della mancata rivalutazione annua al 100% dell’importo corrispondente al parametro ISTAT). Interpretazione, questa, ampiamente smentita dai rappresentanti istituzionali. Dopo una serie di contrapposte conferme e rettifiche. 2.Dall’altro, quelle schede sono state lette come una sorta di denuncia documentata di trattamenti pensionisti- Figura 1 - Pensioni per classi d’importo lordo mensile (%) 2013 La situazione Ad oggi, per quanto ci risulti, non vi sono esiti di un tale monitoraggio. Non sappiamo, al di là degli scoop di cronaca, se siano stati individuati casi di applicazioni distorte delle norme di calcolo dei trattamenti pensionistici; se siano stati riportati nei limiti legali casi di abusivismo pensionistico. Se mancano informazioni relative a quel monitoraggio, conosciamo però alcuni fatti che meritano un sia pur minimo 34 DI Fonte: nostra Figura da dati ISTAT. Trattamenti pensionistici e beneficiari, 2013. Pubblicazione: 5 dicembre 2014. Nota di lettura: gli arrotondamenti automatici determinano lievi scarti rispetto a 100%. Le correzioni sono manuali. La Figura intende segnalare soprattutto l’ordine di grandezza della distribuzione per classi d’importo mensile. Dirigenti Industria GENNAIO 2016 p REVIDENZA ci non dovuti. Quasi un furto, quando attribuiti con il sistema retributivo. E, in quest’ultima interpretazione, i pensionati, in particolare i più anziani, sono stati fatti oggetto di attacchi inqualificabili e doppiamente immotivati. Inqualificabili, per la veemenza e la velenosità delle espressioni utilizzate in rete e in alcuni organi di stampa; ma anche per l’uso che ne ha fatto la demagogia militante, ritenendo di aver trovato nelle schede stesse materia sufficiente per strumentalizzare ulteriormente la contrapposizione intergenerazionale. Immotivati, perché: a. facendo di tutte le erbe un fascio (mettendo insieme pensioni abnormi con assegni appena dignitosi) sono stati presi a riferimento trattamenti legittimati da norme in vigore all’epoca della loro assegnazione. Norme che in nessuna parte del mondo (salvo che per colpire abusi) nessuno mai si è sognato di cambiare una volta attribuiti i trattamenti; b. peraltro, trattamenti d’importi di gran lunga inferiori a quelli che, in molti casi, sarebbero spettati applicando il calcolo del sistema contributivo. Come dimostrano le disposizioni che per ben due volte hanno impedito l’opzione per il sistema contributivo: 1. nel 2001 con Dl. n.355 e, più recentemente; 2. con la Legge di Stabilità 2015 - Articolo Unico, commi 707 e 708 - che vieta l’attribuzione dell’assegno con il sistema contributivo a quelli che, all’atto del pensionamento, possono far valere un’anzianità contributiva superiore a 18 anni a fine 1995 e che, per effetto di quest’anzianità, potrebbero beneficiare di trattamenti superiori al retributivo. Più trasparenza Al di là delle interpretazioni, come sopra sintetizzate, riteniamo che sia utile il proseguimento delle elaborazioni avviate dal nostro Istituto Previdenziale. D’altra parte, nella sua Relazione Programmatica per gli anni 2015-2017, lo stesso annuncia il miglioramento “del sistema della trasparenza” anche “mediante l’ascolto dei cittadini e delle imprese”. Ci auguriamo anche mediante l’ascolto delle Rappresentanze dei lavoratori e dei pensionati. A proposito del miglioramento della trasparenza, sarebbe utile chiarire alcuni aspetti che oggi fanno velo ad una più esatta conoscenza del funzionamento dell’Istituto e alla composizione della spesa pensionistica. îI dati resi disponibili dall’ISTAT per l’anno 2013 (Trattamenti pensionistici e beneficiari, 5 dicembre 2014) relativi alla distribuzione degli assegni ai pensionati, per classi di importo mensile, espongono una situazione di grave difficoltà per i titolari delle prestazioni più modeste. (Figura 1). L’INPS, a sua volta, più recentemente, (Bilancio sociale, 2014) segnala che rispetto al totale dei pensionati (n. 15.579.065 al 31 dicembre 2014) quasi uno su due (42,5% pari a circa 6,5 milioni di individui) percepisce un reddito pensionistico medio inferiore a 1.000 euro mensili (tra questi il 12,1% al di sotto di 500 euro). Non si può restare insensibili rispetto a notizie che avvertono di un così grave disagio sociale. Ma non si può nemmeno restare inerti rispetto a proposte, per ora solo presentate, comunque al limite della legittimità costituzionale, in cui una minoranza, vale a dire i titolari di pensioni più o meno elevate (intorno a 500mila, sul totale) sono caricati dell’onere di risolvere, con la decurtazione dei loro trattamenti, le disuguaglianze nella distribuzione delle risorse e fronteggiare problemi sociali di enorme gravità; tali che neppure un esproprio proletario (come qualcuno ha detto) che coinvolgesse addirittura redditi più modesti, potrebbe risolvere. Trasparenza vorrebbe, allora, che ulteriori approfondimenti fossero rivolti ad una più vasta platea di pensionati, per capire come si siano andati formando, negli anni, milioni di trattamenti di importi tanto modesti; quali provenienze sociali e lavorative essi hanno. A questo fine non mancano studi pregevoli e continuativi. Si veda di recente, ad esempio: “Il bilancio del sistema previdenziale italiano, a cura di Itinerari previdenziali, Rapporto n.2/2015”. Espone anch’esso, in maniera dettagliata, la composizione della spesa pensionistica; segnala, fra l’altro, la spesa per prestazioni assistenziali. Ammontava a DI quasi 34Mld nel 2013: 20,723 Mld per circa 4 milioni di prestazioni afferenti a: Invalidità civile, Indennità di accompagnamento, Pensioni e assegni sociali, Pensioni di guerra. E, ancora, 13,2Mld per 7,6 milioni di prestazioni assistenziali quali: Integrazioni al minimo, Maggiorazioni sociali, Quattordicesima, Importo aggiuntivo. Tutti oneri a carico della fiscalità generale è vero, ma che compaiono nell’importo lordo della spesa complessiva, sicché questa, appesantita anche dalla tassazione (43Mld €), appare, a torto, come la più elevata rispetto agli altri Paesi europei. îSi può uscire da questa immagine distorta dell’Italia, rappresentata come il Paese di Bengodi dei pensionati. A questo fine, visti i dati disponibili, sarebbe utile esporre la spesa complessiva anche al netto degli importi relativi sia alla spesa assistenziale sia a quella relativa a sostegni economici (GIAS); e, infine, anche al netto della tassazione che grava sulle pensioni, trattandosi, quest’ultima, di una partita di giro. îUn’operazione nel senso esposto potrebbe fornire anche utili elementi ai seguenti fini: -dare concreta attuazione alla separazione della previdenza dall’assistenza, come richiesto da tempo dalle organizzazioni rappresentative dai pensionati. Situazione, questa, da cui nascono equivoci permanenti, incomprensioni e, più recentemente, anche pericolosi atteggiamenti giacobini, inadeguati ai tempi che viviamo. Precisiamo: l’assistenza va trattata nel quadro dell’intera protezione sociale e va potenziata. Ma posta a carico di tutta la collettività nazionale, secondo i principi costituzionali. Misure surrettizie che tendano a caricarla solo sulle spalle dei pensionati, peggio, su una parte minoritaria di essi, sono intollerabili e, pertanto, da respingere, con tutti i mezzi che gli strumenti democratici e giudiziari consentono; -intraprendere una seria revisione della fiscalità sulle pensioni. Da “Il bilancio del sistema previdenziale italiano” (cit.). risulta, in particolare, che il 50% dell’Irpef totale sulle pensioni grava su poco più di 2,6Mln di pensionati, con trattamenti medi superiori a 28.556 euro lordi l’anno. Vale a dire Dirigenti Industria GENNAIO 2016 35 p REVIDENZA che grava sugli stessi pensionati i cui assegni sono già decurtati degli importi relativi a contributi variamente solidaristici; sugli stessi ai quali, da anni, non è riconosciuta, in parte o in tutto, la perequazione; sugli stessi chiamati a finanziare, da ultimo, le operazioni di sostegno sociale e pensionistico contenute nella Legge di Stabilità 2016. Per effetto del prosieguo, fino al 2018, dell’attuale meccanismo d’indicizzazione la spesa per le loro pensioni sarà decurtata di 0,5 Mld nel 2017 e di 1,1 Mld nel 2018. Una lunga storia È la storia di sempre. Sempre gli stessi redditi. Una storia che viene da lontano. Dalla Riforma Amato di cui al D.lgs. n. 503/1992, fino alla Riforma Fornero di cui al Dl n. 201/2011-“Salva Italia”. E, intanto, una reiterata catena di provvedimenti sospensivi del meccanismo d’indicizzazione e replicati balzelli tributari, camuffati da “contributi di solidarietà”. îProvvedimenti sottrattivi: non han- no avuto ascolto gli avvertimenti trentennali rivolti al legislatore. La Consulta lo ha ammonito più volte a non esporre il sistema perequativo delle pensioni a continue tensioni; di smetterla con provvedimenti di sospensione, perché contrari ai principi di ragionevolezza e proporzionalità. (N.d.r.: Per una documentazione storica sui richiami al legislatore, v. le ripetute Pronunce costituzionali in materia. In particolare dalla Sentenza n. 349/1985, fino alla n.316/2010). Inutili richiami se, infine, la Consulta ha finito per pronunciarsi non più con una Sentenza monito come ormai faceva da tempo, ma con una pronuncia definitiva d’incostituzionalità. Quella (Sent. n.70/2015) riferita alla norma che ha disposto la sospensione biennale (2012-2013) della perequazione (Art. 24, comma 25, del decretolegge 6 dicembre 2011, n. 201). Neppure questa (Ahi noi!) ha avuto l’effetto di cambiare un atteggiamento divenuto ormai abitudinario. Neppure dinanzi alla Pronuncia del più alto livello giudiziario, la Corte Costituzionale, il legislatore ha inteso ragione, (inconcepibile!). La sentenza costituzionale è stata dun- 36 DI que ampiamente disattesa. Con probabile seguito di ricorsi fino alla Corte Europea per i diritti dell’uomo, a Strasburgo. Ora la Legge di Stabilità 2016, fingendo di rispettarla, come detto sopra, la disapplica, negando l’attivazione piena del meccanismo base, a suo tempo concordato con i rappresentanti dei lavoratori e dei pensionati (Art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448). îBalzelli riproposti: solo nominalmen- te definiti “contributi di solidarietà”, mentre hanno natura tributaria, (Corte Cost. Sent. n. 116/2013). Con gli effetti perversi appena detti. Provvedimenti arbitrari di un disegno che, unitamente al frequente blocco perequativo, sembrano echeggiare una teoria economica che viene d’oltralpe e risale ad anni addietro: i Governi dovrebbero avere il coraggio (sic!) di non considerare più le pensioni un vero e proprio diritto, ma un consueto strumento assistenziale. Dovrebbero essere effettuare prestazioni variabili nel tempo, rapportate alle mutevoli esigenze essenziali degli interessati; trattamenti sganciati dalla storia lavorativa dei loro titolari, dalle responsabilità ricoperte, dai contributi previdenziali versati. (Per un sommario approccio, v: P. Pestieau et G. Casamatta: Retraites par répartition et droits acquis, in: Revue économique. Volume 50, n°3, 1999). La strada sbagliata Un tale disegno non farebbe mai breccia nel nostro sistema pensionistico, per la più strenua opposizione sociale che incontrerebbe. Ma l’insistita ripetitività con cui, a ogni stormir di fronda, ritornano proposte e anche concreti provvedimenti che procurano nuovi tagli, più o meno rilevanti, e sempre sugli stessi trattamenti, destano sospetto. E, per questo, le misure che a quella teoria sembrano approssimarsi vanno contrastate, per le conseguenze negative che ricadono sui singoli, non solo, ma in primo luogo perché suggeriscono di seguire una strada sbagliata. Una strada segnata da indicatori devianti e devastanti non è una buona strada e non conduce alla destinazione auspicata. Non porta alla soluzione dei problemi Dirigenti Industria GENNAIO 2016 veri che gravano sulla nostra convivenza civile. Gli indicatori della strada scelta, per fermarci solo ai primi, dicono che: a.redditi pensionistici vanno appiattiti verso il basso. Come segnale emblematico di giustizia sociale, raccontano. E, invece, è un segnale propagandistico deviante. In effetti, i redditi dei pensionati, soprattutto di quelli che percepiscono trattamenti superiori a 2.000 euro lordi/mese, sono utilizzati come il bancomat più prossimo dal quale prelevare le risorse necessarie a fronteggiare le emergenze che tuttora percorrono il nostro Paese. Questo segnale contiene un messaggio pericoloso e devastante, perché indirizza animosità e aggressione verso quanti hanno la sola colpa di aver lavorato una vita e versato contributi previdenziali fino all’ultimo centesimo, con la speranza di poter vivere un giorno una vita dignitosa e serena; b.non sono segnali coerenti alla soluzione dei problemi essenziali che assillano l’Italia. Problemi impliciti nelle diffuse disuguaglianze economiche su cui s’innesta il conflitto sociale. Soprattutto lo sconforto dei giovani. Troppo stridenti sono le disproporzioni che si riscontrano nel nostro Paese. Lo attestano studi autorevoli, confermati da analisi altrettanto puntuali. (Si veda: Banca d’Italia: Questioni di Economia e Finanza, Ricchezza e disuguaglianza in Italia, 2012 e più recentemente: In It Together Why Less Inequality Benefits All... in Italy, Oecd, May, 21st 2015). In quest’ultimo si legge che in Italia, principalmente negli anni della crisi più acuta (2007-2013): île differenze nella distribuzione della ricchezza si sono ulteriormente accentuate. Addirittura di quattro punti in più rispetto alla Germania (Fig. n.2); î la povertà in Italia è cresciuta nel confronto con molti altri Paesi, misurata soprattutto rispetto agli anni pre-crisi; î il reddito medio del 10% più ricco della popolazione è cresciuto di 11 volte rispetto al 10% più povero; îla cosiddetta povertà ancorata (2005) è aumentata di 3 punti tra il 2007 e il 2011, il quinto livello più alto tra i Paesi OCSE. p REVIDENZA La strada buona Ai giorni nostri non sono più praticabili forme di trasferimento diretto di ricchezze da quelli che hanno di più a chi ha di meno. Nei tempi in cui viviamo sono altre le modalità di redistribuzione della ricchezza disponibile in un Paese: passano attraverso la pubblica fiscalità. Esse consistono nell’incremento dei servizi pubblici (mezzi di trasporto e mobilità sostenibile, reti di comunicazione), nel rafforzamento degli istituti formativi delle nuove generazioni, nel rendere efficiente e facilmente accessibili i servizi della sanità pubblica, nell’effettiva accessibilità al cibo e all’abitazione, nell’incremento degli strumenti, tutti, di protezione sociale. Ridurre l’accesa conflittualità sociale, in breve, vuol dire far progredire realmente ed efficacemente le condizioni di vita dei più svantaggiati. Tutto questo, in una società moderna deve essere fatto, se si vuole seguire la strada di una progressiva riduzione delle ineguaglianze sociali. Che non sono una condanna permanente ed estesa a tutte le latitudini. Piuttosto sono condizioni di inuguaglianze dure a scomparire sul breve periodo, come dicono studi approfonditi in materia. Studi che accendono, per altro verso, anche bagliori di ottimismo, quando individuano un percorso non utopistico, incoraggiato da analisi di grande ampiezza storica e geografica. Essi dicono che è possibile ridurre le ineguaglianze, sempre che si adottino misure coerenti, ben chiare, che mirino a quest’obiettivo. (Cfr. Thomas Piketty, “Le capital au XXIe siecle”, pg. 105 et sg; pg. 706 et sg; Ed. Seuil, 2013). I segnali della buona strada I segnali verso la riduzione delle differenze nella distribuzione della ricchezza e quindi anche della contrazione di assegni pensionistici abnormi, sono contraddistinti da provvedimenti che da una parte coinvolgono la più vasta platea di contribuenti, dall’altra da interventi mirati a sconfiggere abusi e pratiche distorsive. A cominciare, ovviamente, da provvedimenti forti contro l’evasione fiscale, la corruzione, lo spreco del pubblico danaro. Tradotti in concreto, i concetti appena Figura 2 - Confronto Italia/Germania Crescita indicizzata distribuzione ricchezza secondo coefficiente di GINI* esposti trovano sostegno nei principi fondamentali posti a base della nostra convivenza sociale: chi più ha più deve dare (tutti). Interventi forti che assicurino il rispetto dei principi costituzionali; che elevino l’affidabilità verso le pubbliche istituzioni. Valore, l’affidabilità, che va deprezzandosi, se la controprova è riscontabile nell’astensione crescente dei cittadini alle espressioni essenziali della vita democratica. Conclusione Piuttosto che spettacolarizzare le pensioni, la politica, quella con la P maiuscola, se intende risolvere i problemi di disuguaglianza alla radice, deve porre la massima attenzione nello scegliere la buona strada. Deve guardare e risolvere i problemi di fondo che causano lo scontro sociale e, all’interno di questo, la conflittualità fra generazioni. Deve appianare le tante disuguaglianze che affliggono il Paese. In particolare, deve guardare con attenzione ad un sistema previdenziale che dia garanzia ai giovani di poter contare su una pensione dignitosa quando, un giorno, saranno collocati in quiescenza. A questo fine, nella mutevolezza dei tempi che viviamo, appare necessario tenere conto anche degli indirizzi che vengono formulati a livello europeo a proposito delle riforme sistemiche delle pensioni, specialmente per un Paese come l’Italia, fortemente interessato dall’invecchiamento demografico. (V. Patto di stabilità e crescita [PSC] nella legislazione dell’UE). Guardare alle esigenze dei giovani, non significa, per contro, continuare ad aggredire gli anziani, i pensionati, con misure scarsamente rispettose della Costituzione. Nei confronti di questi, la politica deve chiudere finalmente con la stagione delle discriminazioni nell’uso del sistema perequativo, e deve finirla anche con i prelievi fiscali mirati a singole categorie di cittadini, in ragione della loro fonte di reddito. Come appunto è accaduto e accade tuttora nei confronti dei pensionati. ■ È un auspicio! * Il coefficiente di GINI va da 0 a 1: più è alto e maggiore è la differenza. Fonte: nostra figura su dati da “In It Together Why Less Inequality Benefits All ... in Italy” May 21st 2015 OECD. DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 37 v ITA ASSOCIATIVA ABCDigital: come ti digitalizzo il nonno! w Giancarlo Civita Socio e tutor ALDAI eb, internet, email, mouse, download, blog, router, file, wifi, blog, … Ricette mediche e prenotazioni visite online, documenti da scaricare dal sito, pagare la bolletta con homebanking,… Come è cambiato il mondo della comunicazione nell’era digitale e quanto velocemente sta ancora cambiando! Ogni giorno qualcosa di nuovo. Non si riesce a stargli dietro. Chat, jumbo-mail, tag, tutorial, cloud, emoticon, link, firma digitale, follower, spam,… Ciascuno di noi, non nativi digitali, fatica ad aggiornarsi ma, per necessità personale o professionale, trova il modo di adeguarsi alle novità. Apprezzandone spesso l’utilità. Ancora più spesso facendo una gran fatica…! Chi proprio non riesce a star dietro a questi cambiamenti, sono le persone più anziane, i nostri genitori ed ancor di più i nostri nonni. Non perché non ne abbiano le facoltà intellettive, sia chiaro, ma semplicemente perché si sentono “assaliti” da termini incomprensibili e da strumenti che non hanno nulla di familiare. Sentendosi esclusi e chiudendosi in se stessi. Di male in peggio quando la PA li informa che per presentare la tal domanda devono “fare un download del form, compilarlo e firmarlo. Ma non possono spedirlo mettendolo in una busta affrancata. Devono inviarlo per email. Per inviarlo online devono scannerizzarlo e per conservarne una copia devono fare un back-up”. Diciamo la verità, a volte ci facciamo del male da soli, senza tener in alcun conto del disagio che i nostri anziani “non digitalizzati” subiscono. Ancora uno stress, quando il medico di famiglia richiede 38 DI una email in segreteria per prescrivere le solite medicine. Mentre fino ad ieri si portava la scatola vuota del farmaco e poi si ripassava a ritirare la ricetta. E quando l’INPS comunica che non invierà più il CUD per posta? Che lo si potrà scaricare online, dopo aver richiesto il PIN, ovviamente online sul sito, per accedere al quale bisogna aprire un account con relativa password? Il povero nonno si sente frustrato e “sconnesso” da questa società, che sarà pure moderna, perché digitalizzata, ma che usa la digitalizzazione come nuovo strumento di tortura, che lo emargina e lo allontana sempre di più e lo fa sentire inutile e di peso a qualche parente benevolo che fa per lui le “cose” digitali. Da oggi però non sarà più così. Qualcosa è cambiato. Ora il nonno si prenderà la sua rivincita. Ecco come ti digitalizzo il nonno! I figli ed i nipoti, che prima aiutavano il nonno a risolvere i suoi problemi digitali, oggi lo aiuteranno a ritornare protagonista, anche nell’era digitale!! Assolombarda ed il suo Presidente Gianfelice Rocca, hanno fortemente voluto far nascere il Progetto ABCDigital. Con il supporto di VISES-ALDAI, alcune scuole di Milano e provincia, in partnership con alcune aziende, sensibili al sociale, si è attivato un primo corso nello scorso anno. L’ organizzazione ed i risultati del primo corso sono stati ben descritti da Roberto De Mattia in un bell’articolo pubblicato sulla rivista “Dirigenti Industria” nel numero di novembre 2015, nel quale spiega come si sviluppa il corso ed i brillanti risultati presentati durante una riunione di Assolombarda, nel corso della quale sono state premiate le scuole più “meri- Dirigenti Industria GENNAIO 2016 tevoli” ed alcuni dei 1.700 cittadini “neodigitalizzati”. Sulla scia del risultato del primo corso, Assolombarda e le altre Organizzazioni ed Aziende coinvolte, hanno deciso di far proseguire questa esperienza. Per l’anno scolastico 2015-2016 già 36 scuole, nell’area di Milano e Provincia, hanno garantito la loro partecipazione (nella prima edizione le scuole che hanno aderito all’iniziativa sono state circa 20). Quali sono i fattori che hanno determinato un tale successo? Come sempre avviene, quando alla competenza si associa l’organizzazione e la motivazione, la passione, quando tutti gli attori del Progetto traggono gratificazione dall’iniziativa, tanto maggiore è il livello del loro coinvolgimento ed il senso di appartenenza all’iniziativa. Di conseguenza aumentano i margini di successo del Progetto. Il Progetto ABCDigital consente a tutti di trarre soddisfazione dalla propria costruttiva partecipazione: îgli over 60 si gratificano ancor prima di iniziare il corso perché i loro figli ed i loro nipoti si occupano di loro non per dargli assistenza (tipo badanti) ma per metterli in condizione di usare una nuova tecnologia. La loro gratificazione volerà quando scopriranno che riescono ad utilizzare una tecnologia che pensavano inavvicinabile. Possono dialogare online con amici e parenti, vicini o lontanissimi. Pur rimanendo in casa non si sentono soli e possono soddisfare le loro curiosità in rete. Possono anche prendersi la soddisfazione di mettere a disposizione di tutti, online, la loro preziosa esperienza. Ad esempio insegnando qualche speciale ricetta o condividendo un particolare ricordo. Aumenteranno la loro v ITA ASSOCIATIVA autonomia e non dovranno più sentirsi “di peso” nei confronti di amici o parenti. I nostri “Nonni” sono una risorsa del Paese e non un peso. Questo Progetto contribuisce a questo in maniera semplice, pratica e concreta. Ed a costo praticamente zero; îgli studenti mettono in pratica quel- la ”alternanza scuola lavoro” di cui hanno sentito parlare ma di cui non sempre hanno ben compreso l’utilità, per loro e per gli altri. Essi comprenderanno, forse per la prima volta, che sapere e saper trasmettere il proprio sapere, sono cose molto diverse. Sperimenteranno in concreto l’importanza di fare un lavoro in team e che ci sono delle regole da rispettare per ottenere e mantenere l’attenzione di chi ti ascolta. Apprezzando così gli sforzi che, normalmente, fanno i loro insegnati durante le lezioni. Scopriranno il fondamentale ruolo che gioca l’empatia, per stabilire e mantenere la fiducia, nei rapporti con gli altri. Questa esperienza, oltre ad essere formativa e di soddisfazione, li preparerà per meglio affrontare il mondo del lavoro al termine del ciclo scolastico. Quest’esperienza aumenterà la fiducia in se stessi e li renderà consapevoli del loro potenziale relazionale e dell’importanza dell’empatia nei rapporti con gli altri. Sarà per loro un’esperienza indimenticabile; île scuole saranno soddisfatte per avere contemporaneamente aiutato i loro studenti, fornendo loro un insegnamento nuovo, originale e socialmente utile ed aver valorizzato il corpo docente che di quei ragazzi sono, insieme ai genitori, i formatori. Potranno mettere a fattore comune risorse troppo spesso non utilizzate al massimo. Saranno in linea con le nuove direttive della “Buona Scuola”, in maniera concreta, semplice ed efficace; île aziende realizzeranno una concreta attività di valore sociale a testimonianza della loro sensibilità per questi temi. Saranno protagonisti di una evoluzione del loro ruolo verso un più moderno ruolo socio-economico che la società gli chiede. Con un ritorno di immagine molto significativo; île organizzazioni coinvolte, Assolom- barda, Vises, ALDAI, potranno essere soddisfatte di aver reso un servizio, alla società ed ai loro associati, utile di elevata qualità e con punte di eccellenza. Esperienza che potrà essere presa ad esempio per replicarla in altre aree del Paese; île persone, tutte, che avranno par- tecipato, a vario titolo, al Progetto potranno essere soddisfatte di aver fatto qualcosa di utile agli altri ed a se stessi. Questo li renderà un po’ più felici. ■ Da Oculus ho visto la differenza Sconti 40% su lenti e montature 20% su montature firmate 30% su occhiali da sole 10% su lenti a contatto usa e getta Via San Paolo, 1 - 1° piano ang. C.so Vittorio Emanuele Milano Tel. 02 874 192 Tel. 02 7200 1396 20% su liquidi per lenti a contatto 10% su accessori di ottica 30% su lenti a contatto tradizionali Gli sconti Oculus sono validi per i Dirigenti dell’ALDAI, i loro familiari e i dipendenti. www.oculus3000.it E-mail: [email protected] Ci trovi su Facebook alla pagina Ottica Oculus Srl Orari: lunedì 15.00-19.00 Dirigenti Da martedì a sabato 10.00-14.00 - 15.00-19.00 DirigentiIndustria IndustriaGENNAIO GIUGNO 2016 2015 DI DI 39 v ITA ASSOCIATIVA Il nuovo Presidente di Federmanager Lombardia n ella riunione in ALDAI di sabato 21 novembre 2015 l’Assemblea Regionale Federmanager Lombardia ha eletto Francesco Castelletti (Federmanager Lecco) Presidente per il triennio 2016-2018. Il nuovo Presidente, che succede a Tiziano Neviani, ha presentato un programma, nell’ambito del rinnovamento della struttura Federmanager, proponendo una Unione Regionale che agisca compatta e coordinata, con l’obiettivo di innovare, sviluppare, ottimizzare e migliorare i servizi per tutti i 22.000 associati lombardi, ricercando e sfruttando al meglio le sinergie tra le sedi territoriali. Fra gli obiettivi programmatici del triennio: îrappresentare la classe dirigente valorizzando la capacità di proporre progetti ed idee innovative al servizio del territorio interagendo con le associazioni imprenditoriali e le istituzioni regionali; î innovare la governance adottando un sistema omogeneo di codici unici: Codice Associativo, Codice dei Servizi Standard, Codice Etico e Codice della Comunicazione con conseguente cambiamento dello Statuto Federale e dello Statuto di Federmanager Lombardia; îampliare le iniziative e gli strumenti a supporto della gestione della discontinuità del posto di lavoro; îfavorire la cooperazione e le forme di sinergia e aggregazione tra associazioni territoriali; îsviluppare relazioni con i media di comunicazione a livello regionale, alimentando l’informazione con contenuti e proposte condivise per il territorio lombardo; îorganizzare eventi e convegni di carattere regionale; îcreare un centro regionale di competenze sindacali costituito dai nostri 40 DI migliori professionisti che favorisca la condivisione delle esperienze e delle best practice; îcostituire il Gruppo Giovani Lombardo (GGL) ed il Gruppo Senior Lombardo (GSL), che utilizzino i canali digitali per riunirsi e dialogare; îpromuovere e rendere efficace il progetto BE MANAGER per la certificazione delle competenze, nei confronti dei dirigenti e delle associazioni di rappresentanza delle imprese; îassicurare il matching fra domanda e offerta di management qualificato promuovendo le relative iniziative Federmanager sul territorio lombardo; îsviluppare la Rivista “Dirigenti Industria” creando versioni online/digitali per soddisfare le richieste d’informazione delle diverse categorie di associati. ■ In alto: la stretta di mano tra Francesco Castelletti e Tiziano Neviani. In basso: da sinistra: (seduti) Rodolfo Bellintani, Valerio Rossi, Bambina Colombo, Edoardo Lazzati; (in piedi): Romano Ambrogi, Tiziano Neviani, Francesco Castelletti, Marco Bodini, Luciano Ferrante. Dirigenti Industria GENNAIO 2016 o pinioni Quale futuro per Federmanager e Bruno Losito Past President Federmanager e Consigliere ALDAI bravo Edoardo! Le tue riflessioni hanno indotto molti di noi impegnati nel sindacato dirigenziale (uso di proposito e provocatoriamente questo termine) ad ulteriori riflessioni e approfondimenti. Il termine sindacato ha assunto, in Italia, un significato spesso negativo, a mio giudizio, determinato dalla lunga stagione di conflittualità ideologica e classista a cui per decenni ci hanno abituato le grandi centrali sindacali. Per quanto ci riguarda abbiamo con i nostri comportamenti e le nostre attività cercato di rappresentare al meglio solo gli interessi di categoria, difendendo il ruolo, le tutele, il welfare e finché è stato possibile la retribuzione dei dirigenti. Non abbiamo mai esercitato collateralismo politico a partiti e a Governi, non abbiamo mai preteso di rappresentare gli interessi generali del Paese, senza peraltro rinunciare ad offrire le nostre valutazioni a Governi di ogni colore politico sui problemi principali dell’Italia. Sindacato, quindi, come difesa di ruolo e di valori comuni e per questo finalizzati anche a difesa dell’impresa. È questo il punto sul quale, caro Edoardo, non sono d’accordo con la tua riflessione. Neanche nei momenti di maggiore contrasto con Confindustria, siamo stati “controparte” dell’impresa. L’impresa e l’imprenditore sono quelli che danno vita alla figura del dirigente, la donna o l’uomo che occupano quella posizione utilizzano tutte le loro qualità umane e le competenze acquisite con gli studi e l’esperienza per il raggiungimento degli obiettivi a loro demandati per il successo dell’impresa. Mi preme porre l’accento sulle qualità umane, fra cui assume grande rilievo l’aspetto etico del ruolo che l’impresa, e attraverso questa, la società civile ci affida. In altri termini non bastano: competenza, esperienza, valore tecnico se non accompagnati da comportamenti etici. Sappiamo che questo è un grande problema del nostro Paese e di tutta la classe dirigente. Se dunque il dirigente e la sua organizzazione di rappresentanza non possono mai avere un ruolo di controparte dell’impresa e altresì vero che si realizza una contrapposizione di “interessi” fra Confindustria e Federmanager nella definizione delle norme di attuazione di un Contratto Nazionale di Lavoro. Ricordi Edoardo, dopo un rinnovo particolarmente difficile, nel 1992, organizzammo con Confindustria un convegno dal titolo “Nuove relazioni industriali e modelli contrattuali per la dirigenza”. Nella mia relazione auspicavo rinnovi contrattuali che non fossero la risultanza minimale di uno scontro fra forze contrapposte ma al contrario il giusto compromesso di una trattativa fra “Partners” e il Contratto un “prodotto” utile per entrambe le parti negoziali. Da allora ad oggi il Contratto di lavoro ha subito rilevanti modifiche. Ha perso la valenza retributiva che una volta vedeva il riconoscimento di un aumento retributivo per tutte le figure dirigenziali dai direttori generali ai dirigenti neonominati. È indubbio che la retribuzione di un dirigente è direttamente collegata alla sua posizione, esperienza, capacità e raggiungimento di risultati. Questo processo non può che avvenire in azienda e essere collegato al successo dell’impresa. Il Contratto Nazionale di Lavoro del dirigente oggi si limita a collegare la retribuzione all’andamento del mercato del lavoro attraverso la definizione del trattamento minimo contrattuale di DI garanzia (TMCG) e se fosse possibile rendere più cogente la norma che sostiene la “retribuzione variabile” collegata ai risultati aziendali e agli obiettivi personali affidati al dirigente. Importantissimi restano gli accordi istitutivi degli Enti bilaterali riguardanti la Formazione, la Previdenza integrativa e la Sanità. In questi campi avere definito protocolli d’intesa che hanno nel tempo portato alla costituzione di Istituti utili e adatti alla figura e al ruolo dei dirigenti, come il Fasi e il Previndai è generalmente apprezzato dai dirigenti e dalle imprese. In questi settori, visto l’andamento demografico preoccupante (sempre più anziani e meno giovani iscritti) l’economia di scala può avere un peso significativo. Bisogna creare le condizioni per cui sia sempre più vantaggioso per dirigenti e imprese iscriversi ai Fondi contrattuali. È sempre stato evidenziato nel passato che il CCNL poteva essere una cornice, quasi una gabbia, in cui era difficile contenere tutte le tipologie di dirigenti: dirigente che opera in grandi imprese, in piccole aziende, in carriera o alla prima nomina, anziani e giovani. Oggi, paradossalmente, con il Contratto che stabilisce alcune indispensabili definizioni di ruolo e di status non occupandosi più se non marginalmente di retribuzione, l’applicazione del CCNL a tutti i dirigenti appare decisamente più percorribile. Le parti rappresentative di dirigenti e imprese dovranno essere all’altezza di questa nuova sfida che li attende nel prossimo futuro e non so francamente se la confluenza di Federmanager in Confindustria possa rappresentare la soluzione più idonea, ovvero la semplificazione di un processo molto più complesso. ■ Ai posteri... Dirigenti Industria GENNAIO 2016 41 c ultura e tempo libero GRUPPO CULTURA FINANZIARIA ALDAI I paradossi del risparmio Perché gestiamo male i nostri risparmi Claudio Bolzani Private Banker - Allianz Bank Il Gruppo Cultura Finanziaria ALDAI, al fine di approfondire alcune delle tematiche relative alla finanza comportamentale, organizza un incontro con Claudio Bolzani nell’ambito delle conferenze riguardanti economia e finanza. i n questi ultimi mesi stiamo vivendo sui mercati finanziari una volatilità che non si presentava dal 2008 a seguito del fallimento di Lehman Brothers e con molta probabilità per il futuro dovremo imparare a convivere con situazioni di questo tipo. Relazionandomi ogni giorno con i risparmiatori mi accorgo che la situazione del momento porta spesso a prendere decisioni sui propri risparmi in maniera non coerente con i loro obiettivi. Ritengo che una maggior consapevolezza del fatto che l’essere umano normalmente agisce in maniera non razionale, in particolare quando si tratta di denaro, sia oggi una considerazione sulla quale riflettere e da approfondire. In Italia, il prof. Paolo Legrenzi, professore straordinario di psicologia cognitiva presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, si occupa dello studio della Finanza Comportamentale e tra le sue pubblicazioni troviamo “I soldi in testa”, pillole formative dedicate agli operatori del settore, da cui traiamo alcuni spunti per questo articolo. C’è un modo semplice per rispondere alla domanda “che cos’è la finanza comportamentale?”. La finanza comportamentale è lo studio dei comportamenti delle persone poste di fronte ad alcune scelte economiche e finanziarie. Si colloca negli ambiti di 42 DI sovrapposizione fra discipline economiche, psicologiche e di management. Le scelte in questione sono le seguenti: îconsumare tutto il reddito oppure dedicarne parte ai risparmi; îrisparmiare in vista di scopi futuri oppure senza finalità precise, cioè con il solo obiettivo che i soldi generino altri soldi; îgestire da sé il proprio risparmio oppure consultare (affidarsi a) un esperto. Queste scelte vengono operate da tutti gli individui. Alcuni le affrontano in modo consapevole, utilizzando quindi un pensiero esplicito, altri le fanno senza pensarci, seguendo un pensiero implicito. Il pensiero implicito innesca due scelte: le azioni non meditate e, ancor più spesso, le non-azioni. Si può decidere implicitamente di non fare nulla, senza accorgersi che anche questa è una decisione. Il pensiero esplicito caratterizza invece le azioni derivanti da strategie vagliate con attenzione o anche con ponderata decisione di non fare nulla. Anche non fare è un’azione. La distinzione tra pensiero implicito ed esplicito costituisce un nodo metodologico per la finanza comportamentale. La finanza comportamentale serve a spiegare quelli che sono gli “errori” di scelta almeno dal punto di vista degli economisti. Qualcosa del genere vale anche nell’ambito della behavioral corporate finance. Dirigenti Industria GENNAIO 2016 Uno degli scopi teorici della finanza comportamentale è di mostrare come scelte oggi apparentemente inadeguate siano il risultato di strategie individuali che sono state efficaci per decine di migliaia di anni e che, purtroppo, oggi non funzionano più in questi nuovi scenari decisionali. Il bilancio pratico della finanza comportamentale si riassume, in sintesi, in tre paradossi, che bisogna capire fino in fondo e accettare. Il primo paradosso consiste nel fatto che si risparmia per difendersi da un futuro incerto, ma si è costretti a depositare i risparmi in portafogli il cui andamento futuro è incerto. Il secondo paradosso nasce dalla constatazione che sarebbe meglio, per il benessere dei nostri risparmi, che il loro andamento, una volta che li abbiamo investiti, non ci stesse troppo a cuore. Perché, se ci sta molto a cuore, finiamo per controllare troppo spesso come vanno. Seguirne con apprensione gli alti e i bassi dei risparmi innesca errori nella scelta dei momenti di entrata/uscita dai mercati, e ci spinge a tenere una percentuale bassa o nulla di azioni. c ultura e tempo libero Il secondo paradosso spiega come mai prendiamo decisioni troppo basate su quello che succede sui tempi corti, e che ci preoccupa. Finiamo così per fare peggio rispetto a uno stile di gestione che non controlla spesso il valore dei risparmi. Esaminiamo ora il terzo paradosso. A differenza dei primi due, esso ha che fare con la relazione tra consulente e risparmiatore e potremmo formularlo così: il terzo paradosso consiste nel fatto che il risparmiatore impreparato rimprovera al consulente quello che è un merito e non un difetto. Se il consulente ha ben diversificato il portafoglio del cliente, il consulente avrà per defi- nizione perso delle buone occasioni, nel senso che avrebbe potuto concentrarsi sulle scelte che si sono rivelate più di successo. Questo terzo paradosso porta a quello che potrei chiamare il quarto paradosso della consulenza, e cioè che il consulente finanziario è l’unico tipo di consulente che ha, per così dire, due clienti: il cliente in carne ed ossa, con una mente fatta a modo suo e con le emozioni che funzionano a modo loro, e il portafoglio del cliente. Non sempre i due presunti clienti vanno d’accordo. Come reagirà il risparmiatore se non ha assimilato bene la logica e la metodologia della differenziazione delle diverse parti di cui si compone il suo portafoglio? Ai suoi occhi il passato si congela, secondo il ben noto principio del senno di poi. Questo meccanismo mentale è molto forte e agisce in modi di cui non siamo consapevoli, e sembra ovvio che le cose non potevano andare “se non in quel modo”, tanto è vero che sono proprio andate così. È difficile spiegare che abbassare il rischio di portafoglio implica proprio non sfruttare sino in fondo, occasioni rivelatisi, ma solo in seguito, assai profittevoli. Un portafoglio, proprio se ben diversificato, rende a posteriori “visibili” agli occhi dei clienti quelle vie che si sono rivelate migliori di altre. ■ L’incontro si terrà in ALDAI (sala Viscontea - via Larga 31 - Milano) martedì 16 febbraio 2016 alle ore 17.30 MODALITÀ DI PRENOTAZIONE Gli interessati possono prenotarsi online attraverso il sito www.aldai.it, sezione “ALDAI Eventi”, selezionando dal calendario la data interessata e compilando gli appositi spazi alla voce “iscriviti”. Le date pubblicate potrebbero variare successivamente alla stampa della rivista; invitiamo pertanto i lettori a prendere visione delle periodiche newsletter e del sito per dettagli e conferma degli incontri. Per chi non avesse la possibilità di effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al numero 02/5830.7557 indicando nell’oggetto “I paradossi del risparmio”. DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 43 c ultura e tempo libero Il futuro è antico a Medea Cristina Dell’Acqua nche quest’anno parleremo insieme di teatro antico e lo faremo viaggiando tra quello greco e quello romano. Differenti come i contesti storici da cui nascono, il teatro greco e quello romano rappresentano due diversi modi di leggere la realtà. Il primo è un fenomeno culturale, politico e religioso contemporaneamente, un potente network strettamente connesso con la vita della polis. Parafrasando Tucidide, Atene (e il suo teatro) sono la scuola dell’Ellade. Una scuola di valori che parlano di una identità culturale fondata su democrazia, rispetto, bellezza, libertà, cittadinanza, dialogo. Vale a dire una scuola che parla anche oggi delle radici della nostra Europa. Il teatro romano è differente. Esso appare originariamente come un fenomeno di puro intrattenimento, senza una vera connotazione religiosa e civile. Ma anche i suoi frutti sono una scuola. Leggeremo Plauto attore e autore, come Shakespeare e Molière, che sceglie una forma di teatro che non è realistico ma fantastico, basato sulla beffa, l’equivoco, lo scambio di persona, il travestimento. Nelle sue commedie vige il principio del rovesciamento ed egli è un maestro di creatività. Il talento di Plauto si esprime nella molteplicità di trame che riesce a scrivere partendo da personaggi e situazioni fisse. Terenzio, al contrario, opta per un teatro realistico e che affronta temi di grande attualità e spessore. Leggeremo gli Adelphoe, una commedia che ha la trama di un film moderno, in cui due fratelli, separati alla nascita, vengono cresciuti da due padri che seguono due modelli educativi completamente differenti: l’uno fondato sulla liberalità, sulla fiducia reciproca e l’indulgenza; l’altro fondato sull’autorità e sulla paura del castigo. Qual è il modello educativo migliore? In un secondo momento ci dedicheremo a Medea, in Euripide ed in Seneca. Il confronto sarà rivelatore di modernità differenti: l’una 44 DI di una modernità politica, l’altra di una modernità psicologica, entrambe di una profonda modernità umana. Euripide mette in scena una giovane donna che uccide i propri figli. Per vendicarsi dell’abbandono e del tradimento, certo. Io penso però che nella tragedia di Medea ci possano essere altre ragioni che la inducono ad uccidere i figli. Euripide ci presenta una giovane donna che, costretta a lasciare la sua terra e la sua famiglia per amore, oggi come ieri, cerca un luogo che l’accolga. E l’autore ce lo dice così: ”Certo - dice Medea alle donne di Corinto, la città straniera dove ora si trova - è necessario che uno straniero si adatti alla città che lo accoglie; ma non apprezza neppure il cittadino ar- rogante che per la sua ignoranza si rende odioso agli altri”. Queste parole ci fanno riflettere, ora più che mai, sul fatto che la cittadinanza si tesse una trama fatta di diritti e di doveri che comportano responsabilità. È proprio quest’ultima che ne costituisce l’architrave. La Medea di Seneca, ci pone davanti ad un’altra chiave di lettura: a cosa può portare la sconfitta della ragione. Seneca mette Medea in condizione di misurarsi con la propria coscienza, nello spazio buio e irrazionale che poi è in ciascuno di noi. Quella di Seneca è una tragedia dell’anima. Scriveva Albert Camus che “I miti non hanno vita per se stessi: attendono che noi li incarniamo”. ■ Proveremo a farlo insieme. programma 2016 Rimandiamo i lettori all’anticipazione pubblicata nel numero precedente a pagina 42 e ricordiamo il programma dei due incontri: ❚ martedì 26 gennaio 2016 - ore 17.30 Dal teatro greco a quello romano ❚ giovedì 4 febbraio 2016 - ore 17.30 Medea in Euripide ed in Seneca Modalità di prenotazione Gli interessati possono prenotarsi online attraverso il sito www.aldai.it, sezione “ALDAI Eventi”, selezionando dal calendario la data interessata e compilando gli appositi spazi alla voce “iscriviti”. Le date pubblicate potrebbero variare successivamente alla stampa della rivista; invitiamo pertanto i lettori a prendere visione delle periodiche newsletter e del sito per dettagli e conferma degli incontri. Per chi non avesse la possibilità di effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al numero 02.5830.7557 indicando nell’oggetto: “Il futuro è antico”. Dirigenti Industria GENNAIO 2016 c ultura e tempo libero L’Europa è servita A tavola con Grimod de la Reynière n Enrico Tallone egli anni dell’Impero, quando a Parigi le arti, le scienze e le lettere tornarono, dopo il periodo del Terrore, ad attingere energie nelle colte riunioni corroborate da grandi cucine private e restaurants, il raffinato Alexandre Balthazar Laurent Grimod de la Reynière dava alle stampe il suo Manuel des Amphitryons, testo fondamentale della civiltà del convivio e della moderna gastronomia occidentale. Quest’opera pungente e ironica fin dalle sue prime battute («On peut comparer un Amphitryon qui ne sait ni découper ni servir, au possesseur d’une belle bibliothèque, qui ne sauroit pas lire»), pubblicata da Tallone in soli 320 esemplari numerati, riunisce in sé il meglio dell’Europa del sapere e del fare. Ai 360.000 caratteri Caslon inglesi impiegati per la composizione a mano delle oltre 300 pagine del volume, si sommano infatti l’iniziativa e le carte artigianali italiane di puro cotone, l’inchiostro tedesco realizzato con pigmenti naturali e il testo originale in lingua francese. Gli autori dei saggi finali sono Gérard Roero Marchese di Cortanze, nella cui genealogia familiare figura una lunga serie di antenati gourmand tra Italia e Francia (tra i quali anche il Viceré del Regno di Sardegna), e Armando Torno, che così descrive lo spumeggiante Grimod de la Reyniere e la sua opera: L’ arte alimentare e la gastronomia che comincia a essere di moda in quegli anni dominati da Napoleone, sono trattate da Grimod con uno spirito degno di Molière: non a caso il titolo dell’opera si deve al grande commediografo, o meglio è presa proprio dal suo Amphitryon. Libro scritto per la società nata dopo la presa della Bastiglia, con l’avvento della quale il nobile de la Reynière aveva perso non poche risorse e fu costretto a dimenticare talune sue stravaganze, il Manuel è anche un galateo delle carni e dei pesci, si preoccupa di offrire non pochi menu (nella seconda parte) e si trasforma in una guida di politesse gourmande nella terza. Qui parla degli inviti, del saper vivere a tavola, del servi- zio, dei doveri che hanno convitati e anfitrioni, della degustazione dei vini. A proposito di essi, ecco un tocco del suo “esprit” aristocratico: «Travasarli in recipienti di cristallo, per dar loro maggiore risalto sulla tavola, significa sottrarre il bouquet e una parte dello spirito e della qualità. Questo genere di lusso, ignoto ai nostri padri, non può che essere stato adottato da uomini assolutamente estranei alla grande arte del vivere bene» […]. Il Manuel, articolato in tre parti arricchite di richiami, commenti e tavole, è un’opera tipograficamente complessa, che ha richiesto un profondo studio estetico e impaginativo al fine di preservare al lettore le suggestioni tattili e visive connesse alla fisicità del libro, in sintonia con i gusti e le sensazioni evocate dal testo. In particolare, per quanto riguarda le carte, si sono privilegiati i toni caldi, poiché il tema del convivio, che richiama atmosfere di cordialità e calore, non avrebbe trovato riscontro estetico su toni più algidi e freddi. Sono così state adottate per le nove diverse tirature dell’edizione, che assommano a complessivi 320 esemplari, altrettante carte di puro cotone vergate e veline dalle tinte crème, giallino e avorio, provenienti dalla secolare sapienza cartaria di Pescia e di Fabriano. La scelta dei caratteri è caduta sui Caslon inglesi, nelle diverse declinazioni del tondo, del corsivo e del maiuscoletto corpo 12, alternato al corpo 10 delle note e dei commenti. Tratti dai punzoni originali del 1720, questi tipi immortali, d’impianto rinascimentale italiano, sono in dotazione all’atelier tipografico fin dall’epoca della sua fondazione nel Settecento. Seppur disponibili in grande quantità, non sono stati sufficienti per la composizione in una sola tranche dell’intera edizione, che consta di oltre 300 pagine. A questo limite si è posto rimedio replicando il ciclo di scomposizione-composizione, correzione e stampa, che, se da un lato rende i caratteri virtualmente infiniti, comporta tuttavia una dilatazione dei tempi, già molto lunghi, del lavoro manuale. Per quanto riguarda l’inchiostro, è stato adottato il nero extrafino 553 della casa Gleitsmann di Berlin Tempelhoff, la cui viscosità ben si commisurava alle diverse superfici cartacee, consentendo un’impressione allo stesso tempo materica e netta, che agevolasse la lettura. L’ edizione ha fatto il suo debutto a Parigi nel mese di ottobre, con una mostra all’Istituto Italiano di Cultura, in cui è stata esposta la lettera che Charles De Gaulle scrisse a Bianca Tallone nel 1968 per ringraziarla della visita all’Eliseo e dell’esemplare della Physiologie du Goût di Brillat-Savarin. L’idea, accarezzata da anni, di aggiungere alla Physiologie du Goût, stampata da mio padre, il Manuel des Amphitryons - entrambe opere fondamentali della civiltà della tavola scritte nel primo Ottocento da due aristocratici - è finalmente giunta a compimento, proprio nell’anno dell’Expo, vetrina delle tradizioni culinarie internazionali e locali che, in buona parte, sono debitrici degli insegnamenti di Brillat-Savarin e Grimod de la Reynière. ■ Il Gruppo Cultura vuole iniziare il programma del Collezionismo con la presentazione di un libro raffinato nel contenuto e soprattutto nella composizione. Il libro di Enrico Tallone è “L’Europa è servita. A tavola con Grimod de la Reyniere”. L’incontro si terrà in ALDAI - sala Viscontea - via Larga 31 - Milano martedì 16 febbraio 2016 alle ore 15,30 Modalità di prenotazione Gli interessati possono prenotarsi online attraverso il sito www.aldai.it, sezione “ALDAI Eventi”, selezionando dal calendario la data interessata e compilando gli appositi spazi alla voce “iscriviti”. Le date pubblicate potrebbero variare successivamente alla stampa della rivista; invitiamo pertanto i lettori a prendere visione delle periodiche newsletter e del sito per dettagli e conferma degli incontri. Per chi non avesse la possibilità di effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al numero 02.5830.7557 indicando nell’oggetto: “L’Europa è servita”. DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 45 c ultura e tempo libero Musiche di ieri e di oggi a confronto Un percorso nella geografia e nei generi della musica tra passato e presente Alessandro Solbiati Quest’anno la scelta del Gruppo Cultura e di Alessandro Solbiati mira a completare un percorso che ha visto negli ultimi anni prevalere il desiderio di capire le origini della “musica colta” odierna sicuramente non facilmente acquisibile dai più. Lo scorso anno ci si era dedicati alla produzione contemporanea ed alla conoscenza di autori di grande possibile crescita ancorché parzialmente sconosciuti al grande pubblico. n el corso di tre anni di incontri presso gli amici di ALDAI, ho condotto una sorta di marcia di avvicinamento verso l’ascolto della musica “colta” d’oggi, partendo dai “padri” del secolo che fu il nostro, cioè il XX, e quindi Stravinskij, Bartók, Ravel, Debussy, Schoenberg, Berg, Webern etc., fino ad arrivare nell’ultimo incontro del 2015 a proporre la musica dei giovani e giovanissimi compositori d’oggi, quelli che hanno incominciato a scrivere la loro musica già nel XXI secolo. Ora era inevitabile cambiare formula, sebbene naturalmente tutto quel percorso fosse stato compiuto solo per accenni, attraverso la proposta di alcuni brani magari molto significativi, ma certo insufficienti a dare un vero panorama di un secolo, il XX, di enorme ricchezza artistica e musicale. La formula proposta per gli incontri 2016 parte da un’esigenza sempre più forte, quella cioè di sanare una frattura esistente nella coscienza di chi si interessa di cultura, arte e musica tra passato e presente, tra la musica cosiddetta “classica” e la sua continuazione odierna. Già quest’ultima osservazione richie- 46 DI Si desidera ora accostare l’opera di un autore sicuramente conosciuto a quella di un contemporaneo in crescita per verificare quanto dell’uno sia presente nell’altro o sia stato da questo preso e assunto come elemento condizionante. La scelta è caduta su autori dello stesso Paese con brani di genere simile per riuscire ad avere un più stretto elemento di confronto. de purtroppo una difesa: nel pensiero corrente, infatti, lo strapotere mediatico della musica che anni fa si chiamava leggera, e che io potrei definire da intrattenimento (e che invece il suddetto strapotere mediatico ormai definisce “grande musica d’oggi”, con vistosa mistificazione), ha fatto sì che si stabilisse una sorta di proporzione: Beethoven sta all’inizio del XIX secolo come Puccini sta all’inizio del XX e come... Vasco Rossi sta all’inizio del XXI. Ciò è radicalmente falso, perché i percorsi del pensiero musicale complesso non finiscono a Sanremo o nel pop, bensì proseguono senza frattura alcuna attraverso un secolo pur problematico come il XX, conducendo da Debussy a Grisey, da Schubert a Castiglioni e Kurtag e così via. Si è quindi pensata una formula che, con la scusa di una promenade tra paesi europei (Russia, Austria/Ungheria, Italia e Francia) e tra generi (cameristico, vocale, sinfonico e pianistico), accosti ogni volta un brano di autore storico a uno o due di un autore vivente della stessa nazione e all’interno dello stesso genere, per verificare analogie e differenze, semplici prosecuzioni di percorso o deviazioni. Per quanto riguarda gli autori storici o gli accostamenti nazione/genere, si Dirigenti Industria GENNAIO 2016 Mario Garassino e Josef Oskar sono fatte appositamente alcune scelte un po’ eccentriche, proprio per evitare i luoghi comuni: ad esempio, Čaikovskij sì, per la Russia, ma non per la sua più nota produzione orchestrale bensì per quella cameristica. Oppure non assegnare secondo cliché la vocalità all’Italia, bensì proporre un autore, Respighi, che, seppur vistosamente retrò stilisticamente parlando, ha avuto il merito di rompere lo strapotere operistico nella musica italiana, inaugurando un’attenzione alla musica strumentale soprattutto sinfonica che darà grandi frutti in Italia nei successivi anni del XX e del XXI secolo. Viceversa, l’attribuzione del pianoforte alla Francia nel nome di Debussy è una sorta di atto dovuto e quella della vocalità (non operistica) al mondo austroungarico anche, se si pensa al Lied come dato di partenza. Un’ultima osservazione, non sembri eccessivamente banale, la formula “geografica”, perché in realtà fa sempre molto piacere constatare quanto ogni pretesa “globalizzazione” d’oggi non riesca fortunatamente ad annullare attitudini e caratteri nazionali che non sono l’impoverente esito del nazionalismo, ma l’arricchente frutto di culture con radici e spessori profondissimi. ■ c ultura e tempo libero programma 2016 Gli incontri si terranno in ALDAI - Sala Viscontea - Via Larga, 31 - Milano. ❚ martedì 1° marzo 2016 - ore 17.30 - La Russia e la musica da camera Pëtr Il’č Čaikovskij - Quartetto n.3 in mi b min. op.30 (1876) Sofia Gubaidulina - Reflections on the Theme B.A.C.H.(2002) per quartetto - Silenzio (1991) per fisarmonica, violino e violoncello ❚ martedì 8 marzo 2016 - ore 17.30 - Il mondo austro-ungarico e la vocalità Gustav Mahler - Der Abschied (1908-09) György Kurtag - Messages of the Late Miss R.V. Troussova (1976-80) ❚ martedì 15 marzo 2016 - ore 17.30 - L’Italia e il repertorio orchestrale Ottorino Respighi - Metamorphoseon - Modi XII (1930) Ivan Fedele - Scena (1997-98) ❚ martedì 22 marzo 2016 - ore 17.30 - La Francia e il pianoforte Claude Debussy- Voiles (Préludes - I Libro) - Brouillards (Préludes - II Libro) Pascal Dusapin - Étude Pour Piano n.6 (2001) - Étude Pour Piano n.7 (2001) Modalità di prenotazione Gli interessati possono prenotarsi online attraverso il sito www.aldai.it, sezione “ALDAI Eventi”, selezionando dal calendario la data interessata e compilando gli appositi spazi alla voce “iscriviti”. Le date pubblicate potrebbero variare successivamente alla stampa della rivista; invitiamo pertanto i lettori a prendere visione delle periodiche newsletter e del sito per dettagli e conferma degli incontri. Per chi non avesse la possibilità di effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al numero 02.5830.7557 indicando nell’oggetto: “Musiche di ieri e di oggi a confronto”. UNIVERSO O MULTIVERSI: QUANTI INFINITI CI SONO? Il Gruppo Cultura inizierà le “Chiacchierate di fisica 2016” con un incontro tenuto da Livio Fasiani dal titolo: “Universo o multiversi: quanti infiniti ci sono?” Il dilemma appassiona, le ipotesi impressionano. Nonostante i fenomenali progressi della scienza e della cosmologia non è possibile ancora stabilire se l’Universo in cui viviamo sia finito o infinito. Se infatti sono vere le ipotesi che all origine del Big Bang ci sia stata una gigantesca espansione esponenziale chiamata inflazione cosmica, la linea divisoria potrebbe essere così sottile che non saremo mai in grado di saperlo. Una minoranza di cosmologi però ritiene di poter derivare per via induttiva dalle teorie oggi accettate, che il nostro Universo sia sicuramente infinito; non solo, ma che esistano infiniti universi infiniti; non solo, ma che ciascuno di essi si dirami in continuazione in rami infinitamente biforcantesi e infine non solo ma che leggi fisiche infinitamente diverse fra loro, sottendano all’esistenza di qualunque entità matematicamente coerente. Le conseguenze di carattere filosofico sono enormi e strabilianti. Se infatti abbiamo infiniti costituiti da un numero limitato di componenti (le particelle elementari sono poche decine) ne deriva che le singole aggregazioni si ripeteranno infinite volte e con infinite varianti diverse. Esisteranno quindi infinite terre ed infinite copie di noi stessi: noi quindi possederemmo la cosiddetta immortalità quantistica, perché comunque da qualche parte degli Universi, una copia di noi sopravviverà. Sono fondate queste teorie? Uno scienziato sostiene che è possibile provarlo mediante il cosiddetto suicidio quantistico. Di ciò ed altro parleremo nel nostro prossimo incontro dedicato alla navigazione dell’infinito o degli infiniti. ■ Mario Garassino L’incontro si terrà in ALDAI - sala Viscontea - via Larga 31 - Milano martedì 23 febbraio 2016 alle ore 17.30 MODALITÀ DI PRENOTAZIONE Gli interessati possono prenotarsi online attraverso il sito www.aldai.it, sezione “ALDAI Eventi”, selezionando dal calendario la data interessata e compilando gli appositi spazi alla voce “iscriviti”. Le date pubblicate potrebbero variare successivamente alla stampa della rivista; invitiamo pertanto i lettori a prendere visione delle periodiche newsletter e del sito per dettagli e conferma degli incontri. Per chi non avesse la possibilità di effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al numero 02/5830.7557 indicando nell’oggetto “Universo e Multiversi”. DI Dirigenti Industria GENNAIO 2016 47 c ultura e tempo libero Il libro di gennaio 2016 Carlo Enrico Bottani IL MESTIERE DELLA SCIENZA La ricetta scientifica fra artigianato e Big Science Franco Angeli pagine 130 - euro 17,00 mensile dell’ASSOCIAZIONE LOMBARDA DIRIGENTI AZIENDE INDUSTRIALI direttore responsabile Romano Ambrogi segretaria di redazione Gabriella Canuti comitato di redazione Franco Del Vecchio, Mario Giambone, Annalisa Sala, Francesco Soletti, Chiara Tiraboschi. Società editrice ARUM Srl, Via Larga 31, 20122 Milano Partita IVA 03284810151 Tel. 02.5837.6237 - Fax 02.5830.7557 PEC: [email protected] Iscritta al Registro Nazionale della Stampa con il numero 5447, vol. 55, pag. 369, del 20.11.1996. Società soggetta alla direzione e coordinamento dell’ALDAI (Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali). Poste Italiane SpA Spedizione in abbonamento postale Decreto Legge 24/12/2003 n.353 (convertito in Legge 27/2/2004 n.46) Art.1, comma 1. Pubbl. inf. 45% DCB/Milano euro 1,03. Autorizzazione del Tribunale di Milano, 20 novembre 1948, numero 891. 48 DI Da oggetto di studio di epistemologi, storici e sociologi della scienza, i ricercatori devono trasformarsi in soggetti critici che esprimono il punto di vista degli addetti ai lavori, artigiani della scienza e cittadini. Malgrado l’origine quasi religiosa della vocazione scientifica, lo scienziato non appartiene a una razza speciale e il suo è, almeno in parte, un lavoro come un altro, anche se può implicare responsabilità eccezionali. Potrà più facilmente sostenerle se si renderà conto che i sacri metodi delle scienze “esatte” non sono poi così diversi da quelli delle scienze umane. Al tradizionale tema di discussione sul rapporto tra scienza e conoscenza dovrà allora affiancare un’approfondita riflessione su scienza e comunicazione, scienza e tecnologia, e soprattutto scienza e democrazia. Argomenti cruciali in un periodo di crisi, non solo economica, che l’autore, ricercatore di fisica della materia, affronta in queste pagine. Il libro non intende “divulgare” le teorie di uno specifico ambito della scienza o un particolare problema scientifico, bensì provare a spiegare che cos’è la scienza e, soprattutto, in che cosa consiste il lavoro dello scienziato e la sua rilevanza sociale effettiva, non quella percepita sull’onda di emozioni suscitate dal sensazionalismo mediatico. Le parole chiave non sono dunque “mistero”, “fascino”, “stupore”, “neutrini” e “bosone di Higgs”, che pure il lettore troverà di frequente, bensì “conoscenza”, “mondo”, “metodo”, “storia”, “prassi”, “professione”, “rapporti umani”, “responsabilità”. La riflessione condotta dall’autore non si colloca sull’orlo della scienza, ma al suo interno e anche oltre. La sua speranza è che, alla fine, l’idea di scienza resa così accessibile ai non addetti ai lavori sia un po’ più vicina alla realtà di quanto non sia, mediamente, oggi. Senza per questo essere meno affascinante, anzi. Carlo Enrico Bottani è professore ordinario di Fisica sperimentale della materia al Politecnico di Milano. Ha svolto tutta la sua attività di ricerca nell’ambito della fisica dello stato solido. È autore di 255 pubblicazioni e coordinatore di un dottorato di ricerca. È inoltre membro effettivo dell’Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere. Stampa Rotolito Lombarda SpA Pioltello - Milano www.rotolitolombarda.it Art direction Raffaella Castelli, Milano Pubblicità e Promozione Ideaplan Srl Via Caracciolo 90/A - 20155 Milano Info: www.ideaplan.it/dirigentiindustria Tel. 02.3310.1692 e-mail: [email protected] Raccolta pubblicitaria Dimetec Srl - via Puglie, 75 - 37139 Verona Info: www.dimetec.it/dirigentiindustria Tel. 045.5116.015 e-mail: [email protected] Formato delle inserzioni Pagina intera 210x297 mm Mezza pagina verticale 104x297 mm Mezza pagina orizzontale 210x145 mm Piedino interno 60x190 mm Sovra copertina (allegato) 210x297 mm Doppia sotto copertina 420x297 mm Inserto PI - quartino 210x297 mm (fronte retro) hanno collaborato a questo numero Romano Ambrogi, Giorgio Ambrogioni, Caludio Bolzani, Alberto Bubbio, Luigi Caprioglio, Fabrizio Calvo, Giancarlo Civita, Stefano Cuzzilla, Attilio De Pascalis, Franco Del Vecchio, Cristina Dell’Acqua, Antonio Dentato, Gianni Di Quattro, Sergio Francolini, Mario Garassino, Mario Giambone, Bruno Losito, Alessandro Solbiati, Enrico Tallone, Chiara Tiraboschi, Elena Toffetti. Questo numero è stato chiuso in tipografia il 21 dicemBRE 2015 Dirigenti Industria GENNAIO 2016 Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati in possesso - DLGS 196/2003 (Tutela Dati Personali) che sono utilizzati al solo scopo di inviare il mensile “Dirigenti Industria”, nonché la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo direttamente a: Arum - Via Larga, 31 - 20122 Milano Per esercitare i diritti di cui all’art. 7 del DLGS 196/2003 inviare un fax al numero 02.5830.7557 o inviare una e-mail a: [email protected] indicando un recapito presso cui essere contattati. Dichiarazione di tiratura resa al Garante per l’editoria, ai sensi del comma 28 della Legge 23.12.96 n. 650: n. 29.900 copie. Costo abbonamento 11 numeri: euro 15,00. Il pagamento della quota associativa ALDAI comporta automaticamente la sottoscrizione dell’abbonamento a “Dirigenti Industria”.