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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 24/12/2003 n.353 (convertito in Legge 27/2/2004 n.46) Art.1, comma 1. Pubbl. inf. 45% DCB/Milano - euro 1,03 (abbonamento annuo euro 15,00).
gennaio 2016 anno LXIX
Management
europeo
B
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
e
ditoriale
Romano Ambrogi
Presidente
Riscoprire il valore
di studio e merito
L’Italia ha chiuso un 2015 positivo, con la svolta del prodotto
interno lordo tornato a crescere e una serie di indicatori positivi. Ma se l’orizzonte a breve termine mostra timidi segnali
di ripresa, una pesante zavorra continua a pesare sul “Sistema
Italia”: il grave ritardo nella formazione. Il problema può essere
sintetizzato nella formula “Troppo pochi laureati e troppi giovani che non studiano e non lavorano”.
A dare una severa pagella alla Penisola è l’Ocse, l’organizzazione per lo sviluppo internazionale, nel rapporto “Education at a
glance”. La ricerca analizza ogni anno i sistemi scolastici dei 34
Paesi membri. L’indagine mette in luce alcuni paradossi della formazione tricolore, come lo scollamento degli atenei dal
mondo del lavoro. Ma qualcosa sta cambiando, riconosce l’Ocse: «negli ultimi anni l’Italia ha compiuto progressi importanti
per creare programmi di istruzione terziaria che preparino gli
studenti a un rapido ingresso nel mondo del lavoro».
Un giudizio positivo, per esempio, riguarda gli istituti tecnici
superiori. L’Ocse raccomanda perciò di «rafforzare questo tipo
di programmi». Nella Penisola - tuttavia - solo lo 0,2% degli
studenti è iscritta a un ciclo terziario breve “professionalizzante”. La media dei paesi sviluppati è l’11%. Un divario elevato si
rileva anche per la laurea di primo livello. In Italia gli studenti
che la conseguono ogni anno sono circa il 28% contro il 36%
dell’universo Ocse.
La situazione però si capovolge se si osserva la laurea specialistica, un comparto in cui l’Italia eccelle, con una quota del 20%
rispetto al 17% dei paesi Ocse. La ragione, tuttavia, può anche
basarsi sulla circostanza che nel Belpaese la semplice laurea
triennale non è sufficiente per trovare lavoro. L’istruzione resta
comunque il tallone d’Achille della Penisola. Nel complesso,
secondo l’Ocse, soltanto 4 giovani italiani su 10 (42%) si iscrivono a un istituto di istruzione terziaria: siamo al terzultimo
posto fra i Paesi sviluppati. Soltanto un terzo dei giovani consegue un diploma d’istruzione terziaria contro la metà dei coetanei nell’Ocse (in questa classifica siamo al penultimo posto
davanti al Lussemburgo).
In generale l’indagine Ocse conferma che nel mercato del lavoro
italiano la laurea non brilla. Confermando la scarsa comunicazione tra università e aziende. Nel 2014 in Italia solo due terzi dei
laureati tra 25 e 34 anni (62%) aveva un lavoro. Un indicatore in
calo di cinque punti rispetto al 2010. È il livello più basso nell’Ocse dove la media dei laureati occupati si colloca all’82%.
Non solo. Italia e Repubblica Ceca hanno un altro record negativo: sono gli unici Paesi con un tasso di occupazione fra i
giovani dai 25 ai 34 anni i cui i laureati sono indietro rispetto
ai diplomati (63%). Anche in Italia i laureati possono contare
su redditi da lavoro più alti rispetto ai lavoratori meno istruiti.
Ma il divario è inferiore rispetto all’estero.
Insomma “il ritorno dell’investimento” in istruzione, per usare un
parametro aziendale, resta basso e incerto. È ora di cambiare approccio, premiando ovunque studio e merito, come sostengono
da sempre i dirigenti. Occorre poi puntare sul modello “lifelong
training”, ovvero della formazione permanente, per tutto il ciclo
lavorativo, essenziale specie per i manager. Riscoprire il ruolo
dei tutor nelle aziende, manager senior che possono portare il
loro prezioso bagaglio di esperienze ai giovani, come ha dimostrato con successo un progetto pilota di ALDAI.
Non potremo portare innovazione e sviluppo nelle aziende
senza un adeguato bagaglio di conoscenze che provengono
da giovani con un livello educativo elevato e dall’esperienza
di lavoro continuamente confrontata con le nuove tendenze.
Non basta però creare più laureati se il mercato del lavoro non
è in grado di collocarli. Per non vanificare l’investimento in
formazione, dobbiamo impegnarci nel creare opportunità di
lavoro qualificato, rendendo il Paese più europeo e competitivo, con meno burocrazia, meno sprechi, meno fiscalità e più
certezza del diritto.
I dirigenti industriali sono in prima fila in questa battaglia culturale.
■
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
1
mensile dell’ASSOCIAZIONE LOMBARDA
DIRIGENTI AZIENDE INDUSTRIALI
sede e uffici
Via Larga, 31 - 20122 Milano
M1 Duomo - M3 Missori
Mezzi di superficie: 12 - 15 - 27 - 54
apertura
Lunedì / Venerdì
Dalle ore 8.30 alle ore 12.30
e dalle 13.30 alle 17.30
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Fax 02.5830.7557
Sito web www.aldai.it - Forum ALDAI Dirigentinsieme
PEC [email protected]
Chi siamo e che cosa facciamo
L’ALDAI (Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali) con
circa 16.000 iscritti è il maggiore tra i Sindacati territoriali che fanno capo alla
Federazione Nazionale (FEDERMANAGER). Al fine di perseguire i propri scopi
istituzionali di tutela e promozione dell’immagine e del ruolo dei dirigenti industriali, l’Associazione si occupa delle problematiche collettive e individuali della
categoria, nelle situazioni più diverse, offrendo servizi nei vari settori agli iscritti
quale che sia la loro condizione: dirigenti in servizio, inoccupati, in pensione o
che svolgono attività di tipo professionale. Tra i vari servizi, prestati gratuitamente, ricordiamo:
îil Servizio Sindacale rivolto a fornire ai dirigenti iscritti supporto
ed assistenza nell’ambito di tutte le problematiche relative all’instaurazione,
svolgimento e cessazione del rapporto di lavoro nonché ad aspetti
di carattere fiscale e previdenziale;
îil Servizio FASI/ASSIDAI che fornisce consulenza ed assistenza in merito
alla stesura ed alla presentazione delle pratiche di rimborso oltre che
di iscrizione ai due Fondi;
îil Servizio Orientamento e Formazione per i dirigenti interessati:
alla ricerca di nuove opportunità professionali, al bilancio delle competenze
e ai percorsi formativi di sviluppo professionale, all’analisi delle criticità
manageriali con il “Tutoring” dei colleghi Senior al Servizio Multibrand
e alle iniziative di riqualificazione e ricollocazione per i dirigenti inoccupati.
Ricordiamo infine le convenzioni sanitarie, commerciali e formative, le iniziative di carattere culturale (organizzazione di conferenze, convegni, corsi,
concerti, visite guidate) e ricreativo tendenti a favorire l’aggregazione tra i soci
(viaggi). Di tutti i servizi riportiamo le necessarie indicazioni per poter stabilire
gli opportuni contatti.
Servizi e contatti
aldai
Presidenza
îPresidente: ROMANO AMBROGI - [email protected]
îVicepresidente: SILVANA MENAPACE - [email protected]
îVicepresidente: BRUNO VILLANI - [email protected]
îTesoriere: PATRIZIA GIORGETTI
Direzione - [email protected]
îDirettore: ANNALISA SALA
îSegreteria Presidenza e Direzione - [email protected]
Silvia Romagnoli 02.58376.204
îComunicazione e Marketing - [email protected]
Chiara Tiraboschi 02.58376.208
Servizio Sindacale
îConsulenze sindacali su appuntamento
ANNALISA SALA - [email protected]
Cristiana Bertolotti - [email protected] - [email protected]
Lorenzo Peretto - [email protected]
îSegreteria sindacale
Valeria Briganti 02.58376.221
Francesca Sarcinelli 02.58376.222
Maria Caputo 02.58376.225
Su appuntamento:
îSalvatore Martorelli - Consulenze previdenziali
1°, 2°, ultimo lunedì di ogni mese dalle 8.00 alle 15.30
3° mercoledì di ogni mese dalle 8.00 alle 15.30
îRosanna Versiglia - Consulenze previdenza complementare / INPS
martedì e giovedì dalle 9.00 alle 14.00
îSilvia Barbieri - Consulenze convenzione ENASCO / INPS
Tutti i venerdì dalle 9.00 alle 12.00
3° lunedì di ogni mese dalle 14.00 alle 17.00 solo domande di pensione
îGabriele Astolfi - Consulenze fiscali - martedì pomeriggio
2
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
Servizio FASI/ASSIDAI
îRicevimento degli iscritti su appuntamento
Cristiana Scarpa 02.58376.224 - [email protected]
Salvatore Frazzetto 02.58376.206 - [email protected]
îConsulenze telefoniche martedì, giovedì e venerdì ore 14.00-17.00
Servizio Orientamento e Formazione
Silvia Romagnoli 02.58376.204 - [email protected]
Servizio Amministrazione - Organizzazione - [email protected]
MICHELA BITETTI - [email protected]
Viviana Cernuschi 02.58376.227
Laura De Bella 02.58376.231
Stefano Corna 02.58376.234
Giordano Bergomi 02.58376.235
Gruppo Giovani Dirigenti - [email protected]
Coordinatore: LUIGI NAPOLI
ARUM s.r.l. Società Editrice e Servizi ALDAI
îPresidente: FABIO PANSA CEDRONIO
îRedazione “Dirigenti Industria” - [email protected]
Gabriella Canuti 02.58376.237
COMITATO NAZIONALE DI COORDINAMENTO DIRIGENTI PENSIONATI
îPresidente: MINO SCHIANCHI - [email protected]
FONDIRIGENTI
îAgenzia Lavoro - [email protected]
Unione Regionale Federmanager Lombardia
îPresidente: FRANCESCO CASTELLETTI
[email protected]
Coordinamento Cida Lombardia
îPresidente: ROMANO AMBROGI - [email protected]
S
Sommario
gennaio 2016 anno LXIX
focuS
î
Management europeo
î
La rappresentanza del management europeo
î
L’Europa riscopre il ruolo dei manager
î
L’importanza di un’analisi dello scenario
î
Pensare europeo
© freshidea - Fotolia.com
editoriale
1 Riscoprire il valore di studio
notizie da federmanager
19L’Italia col segno X
VITA ASSOCIATIVA
38ABCDigital:
e merito
Romano Ambrogi
Stefano Cuzzilla
FOCUS
4 Management europeo
20Superare le contraddizioni
Giorgio Ambrogioni
40Il nuovo Presidente
di Federmanager Lombardia
6 La rappresentanza
formazione
21Evento finale Progetto MBW
41Quale futuro per Federmanager
Franco Del Vecchio
del management europeo
Luigi Caprioglio
notizie CIDA
opinioni
Bruno Losito
Fabrizio Calvo
7 L’Europa riscopre il ruolo
NOTIZIE
DAL CONSIGLIO DIRETTIVO
28Rinnovo quota associativa 2016
9 L’importanza di un’analisi
lavoro
30Un serio impegno
dei manager
Attilio De Pascalis
dello scenario
Alberto Bubbio
11 Pensare europeo
Gianni Di Quattro
management
14Vi racconto il dietro le quinte
32Scuola: ALDAI presente
Mario Giambone
previdenza
34La strada sbagliata.
E quella buona.
Antonio Dentato
SERVIZI AGLI ASSOCIATI
18Un Tutor racconta...
A centro rivista
Sergio Francolini
CULTURA E TEMPO LIBERO
42I paradossi del risparmio
Claudio Bolzani
44Il futuro è antico
Cristina Dell’Acqua
per l’employability dei dirigenti
Elena Toffetti
di un’azienda tutta italiana
che si chiama “Arena”
Chiara Tiraboschi
come ti digitalizzo il nonno!
Giancarlo Civita
45L’Europa è servita
Enrico Tallone
46Musiche di ieri e di oggi
a confronto
Alessandro Solbiati
48Il libro di gennaio 2016
• Il mestiere della scienza
Inserto Assidai Welfare 24
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OCUS
Management europeo
Franco Del Vecchio
[email protected]
Le prospettive e le modalità di sviluppo del management sono sempre
più determinate dalla globalizzazione e dai conseguenti fenomeni di
polarizzazione che aggregano iniziative imprenditoriali e capitale umano
nei territori più “fertili” e promettenti.
Cosa fare per evitare la desertificazione industriale del Paese?
Il Paese si impoverisce
Nel 2014 gli emigrati italiani (155 mila)
hanno superato gli immigrati (92 mila),
non accadeva da vent’anni ed a fine 2015
quasi cinque milioni di italiani risiedono all’estero, cioè oltre l’8%. Gli italiani
iscritti all’AIRE, perché hanno trasferito
la residenza all’estero, sono stati 78 mila
nel 2012, 82 mila nel 2013, quasi 100
mila nel 2014; una progressione che conferma la perdita di fiducia nel futuro del
Paese. Un nuovo flusso migratorio non
più caratterizzato da braccianti e minatori delle regioni più povere, ma da giovani e manager, in prevalenza lombardi,
18.425 secondo il Rapporto italiani nel
mondo 2015 della Fondazione Migrantes. Emigranti in cerca di prospettive di
vita migliori, sovente per fuggire dal fenomeno della disoccupazione, a caccia
di opportunità di lavoro e di business,
due terzi dei quali sono rimasti in Europa: in Germania, in Inghilterra, in Svizzera
ed altri Paesi europei; mentre un terzo
si è spinto oltre, in cerca di opportunità
in Argentina, Brasile e Stati Uniti, ma an-
4
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che in Australia, Canada, Emirati Arabi.
Un fenomeno di attrazione (polarizzazione) verso i Paesi che offrono più opportunità di lavoro e prospettive di vita.
Fra i miei parenti un giovane nipote laureato ha trovato nel 2015 lavoro in Svizzera dopo anni di ricerche in Italia e un
cugino manager ha colto la sfida di una
nuova prospettiva di carriera trasferendosi, con tutta la familia, a Singapore.
Le statistiche indicano che non si tratta
di casi isolati e probabilmente anche fra
parenti e conoscenti dei lettori ci sono
partenze per l’estero.
Altro fenomeno di polarizzazione da
non sottovalutare è rappresentato dai
pensionati italiani che decidono di trasferirsi in Paesi con minor costo della
vita, rivalutando e valorizzando così le
pensioni che lo Stato ha deciso di deprimere.
Il flusso migratorio di giovani e manager
riduce il nostro patrimonio di Capitale
Umano, mentre il secondo flusso migratorio dei pensionati, contribuisce a sottrarre risorse al mercato interno.
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
In entrambi i casi si tratta di fenomeni che contribuiscono ad impoverire il
Paese.
Che strano Paese il nostro. Degli sbarchi di immigrati i media ne trattano con
dovizia ogni giorno, mentre degli italiani che emigrano all’estero pare non
siano argomento d’interesse, così come
non interessano le imprese che “emigrano” all’estero e le acquisizioni estere
di imprese italiane con il solo fine di acquisire marchi prestigiosi e competenze di valore.
È giunto il momento
di ripensare alla
creazione di ricchezza
Abbiamo la necessità di rendere il Paese
più competitivo, non solo per frenare la
fuga di giovani, manager e pensionati, ma per attrarre talenti e pensionati
dall’estero, per creare ricchezza e importare valuta.
La prima cosa da fare, tutti insieme, è
rendere il Paese più europeo e normale, con meno burocrazia, meno sprechi,
meno fiscalità e più certezza del diritto,
ma non basta.
Dobbiamo riscoprire il pensiero e le logiche di creazione della ricchezza per
il Paese, mettendo da parte interessi
di parte e populismi a fini elettorali e
soprattutto smettendo di pensare che
tutto si possa risolvere solo con la redistribuzione della ricchezza, perché si
tratta solo di una via che porta all’impoverimento collettivo.
Lo sviluppo ha bisogno di fiducia in un
progetto Paese, nel quale è necessaria la
stabilità. Non c’è posto per gli interventi
alla Fornero e tantomeno le campagne
OCUS
elettorali fuori luogo di Boeri che è pagato da noi contribuenti per gestire e
per fare politica. Abbiamo bisogno di
classe dirigente in grado di ridare fiducia
al Paese impegnandosi nello sviluppo
della ricchezza collettiva, sapendo poi
mantenere gli impegni.
Manager europei
Anche i manager devono fare la loro
parte intensificando l’impegno per la
crescita sostenibile a favore delle imprese, dello sviluppo economico e sociale
del Paese. Anche i manager devono rinunciare a qualche garanzia cogliendo
al tempo stesso le sfide e le opportunità
della competizione globale.
I sistemi di remunerazione più diffusi in Europa e nelle economie avanzate nel mondo
prevedono una distribuzione articolata dei
compensi agli "executives" per assicurare una motivazione bilanciata e stimolare
l’impegno per risultati sempre migliori nel
breve e lungo periodo. Possiamo generalmente considerare i compensi dei manager costituiti da quattro componenti:
a. il salario fisso;
b. i “fringe benefits” che hanno l’obietti-
vo di incrementare il valore percepito da parte del dipendente, come ad
esempio, in ordine di diffusione: telefono, auto, PC, ticket restaurant, carta di credito aziendale, assicurazione
vita, previdenza integrativa, spese
mediche e check-up, in casi particolari anche l’alloggio e le spese per la
formazione dei figli;
c. gli incentivi che agiscono sul breve
periodo, come i bonus al raggiungimento degli obiettivi individuali e di
team nell’anno;
d. gli incentivi di lungo periodo come la
partecipazione ai risultati complessivi
dell’impresa attraverso: profit sharing,
stock options plans, partecipazione
azionaria, etc...
Tali sistemi di remunerazione sono caratterizzati dalla volontà di assicurare la
duplice leva motivazionale orientata a
soddisfare: (a) i bisogni di breve periodo
e (b) garantire la serenità del welfare, stimolando l’impegno con incentivi (c) di
breve e (d) di lungo termine.
Gli incentivi di breve e lungo periodo
rappresentano una percentuale impor-
DI
tante dei compensi, ben superiore alle
politiche di incentivazione diffuse in
Italia. Sono invece meno significativi e
diffusi all’estero gli scatti automatici di
anzianità e le garanzie in aggiunta al periodo di preavviso.
All’estero c’è maggiore attenzione alla
creazione continua di opportunità di
lavoro piuttosto che alle garanzie per
la perdita del lavoro. Per chi perde il lavoro, in effetti, è più importante trovarne subito un altro, magari a condizioni
migliori che possa meglio valorizzare le
proprie competenze e il proprio talento,
piuttosto che ricevere un risarcimento o
compenso per il lavoro perso.
Anche i manager devono quindi cogliere le sfide e le opportunità del
cambiamento diventando più europei,
ma non possono essere i soli a promuovere il cambiamento e a pagarne
le spese. È necessaria la consapevolezza e lungimiranza politica insieme
all’azione coordinata delle parti sociali
per traghettare il Paese verso il nuovo
e lo sviluppo di maggiori opportunità
di lavoro a beneficio di tutti, riducendo la disoccupazione.
■
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
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OCUS
La rappresentanza
del management europeo
a
Luigi Caprioglio
Segretario Generale CEC European Managers Confédération Européenne des Cadres
lle origini del processo di
unificazione europea, l’ambito delle politiche sociali e delle relazioni industriali non è parte delle competenze comunitarie. Il tema delle relazioni
industriali e, dunque, della rappresentanza delle categorie sociali, è ancora di
piena ed esclusiva competenza nazionale; poiché l’Europa è concentrata nella
creazione del mercato comune dei beni
(quello dei servizi arriverà solo dopo, e
sarà solo parzialmente raggiunto), la sua
sfera di competenza legislativa riguarda
solo quegli ambiti che sono strettamente
pertinenti al funzionamento del mercato.
Solo nel corso degli anni ’80, in concomitanza con il cammino verso Maastricht, l’Europa riconosce l’importanza
di integrare nel processo decisionale le
parti sociali europee, anche per attutire
gli effetti “sociali” delle profonde trasformazioni alla struttura industriale europea che la raggiunta unificazione del
mercato inevitabilmente comporterà.
Vengono perciò poste le basi per la creazione del sistema del dialogo sociale
europeo che, al pari di quanto avviene
in molte realtà europee, è centrato sul
riconoscimento dell’autonomia delle
parti sociali rappresentative delle forze
produttive nell’ambito delle relazioni
industriali a livello europeo e si esplica
nella possibilità, riconosciuta dai Trattati, che gli accordi frutto della loro libera
negoziazione possano avere (a determinate condizioni) valenza normativa.
È in questo scenario che la CEC - la Confederazione Europea dei Dirigenti - CEC
European Managers (Confédération Européenne des Cadres) vede la luce come
organizzazione di rappresentanza della
dirigenza europea. Agli iniziali tre membri fondatori (tra cui la CIDA), si aggiungeranno nel corso degli anni organizzazioni confederali di altri Paesi europei e
6
DI
federazioni professionali europee, fino
a raggiungere gli attuali 26 membri (17
organizzazioni nazionali e 9 federazioni
professionali europee).
La CEC è adesso una delle sei parti sociali formalmente riconosciute dalla Commissione europea come rappresentative
dell’economia europea, forte di circa un
milione di dirigenti di diverso livello e
impiegati in tutti i settori dell’economia
ad essa affiliati (per il tramite delle organizzazioni che vi aderiscono).
A livello europeo, le attività “istituzionali” legate alla partecipazione al dialogo
sociale si rifanno alle disposizioni degli
artt. 152, 154 e 155 del Trattato: consultazione obbligatoria da parte della
Commissione su determinate proposte
legislative legate ai temi dell’occupazione e degli affari sociali, partecipazione a
tavoli negoziali e alla redazione di accordi a valenza normativa.
La nostra presenza in questo ambito avviene (come è ovvio per un’organizzazione
che rappresenta una specifica categoria di
lavoratori) all’interno della delegazione
dei lavoratori presieduta dalla Confederazione Europea dei Sindacati (CES), organizzazione ombrello di tutti i movimenti
sindacali “tradizionali” d’Europa. A rafforzare la voce della dirigenza, esiste però
un’altra organizzazione europea; con la
quale la CEC ha sottoscritto un accordo
di cooperazione: si tratta di Eurocadres,
che pur essendo un’emanazione della
CES, mantiene comunque dei profili di
autonomia ed indipendenza che permettono di elaborare posizioni comuni.
Lo scorso maggio, l’Assemblea generale
della CEC mi ha riconfermato nella posizione di Segretario Generale per un altro
mandato.
Nel corso del congresso, insieme ai colleghi europei che compongono la squadra che dirige l’associazione, abbiamo
stilato un documento strategico e programmatico per i prossimi tre anni, nel
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
quale abbiamo definito le principali sfide cui la nostra organizzazione va incontro e gli obiettivi da raggiungere.
La CEC dovrà allo stesso tempo rafforzare
il proprio ruolo istituzionale nell’ambito
del dialogo sociale europeo, ottenere dai
suoi partner il pieno riconoscimento della
sua legittimità e porsi sempre più come
organizzazione “leader” nell’ambito del
management, anche nella prospettiva
di ripristinare la correttezza del discorso
pubblico circa la funzione sociale della dirigenza, attualmente falsato da posizioni
ideologiche e interpretazioni non veritiere. Per fare questo, abbiamo già iniziato
un processo di rafforzamento della nostra
struttura, che passa per un miglioramento
della nostra visibilità e della nostra capacità di comunicare e di intercettare il dibattito pubblico europeo. Fanno altresì parte
di questo schema di sviluppo una maggiore attenzione ai temi della leadership,
tramite l’avvio di accordi di cooperazione
con istituti di ricerca del settore e il lancio
di un panel della dirigenza europea che ci
permetterà di riportare al centro della scena i temi che più ci stanno a cuore.
I prossimi anni saranno cruciali per il nostro continente, che dovrà dimostrare
una maggiore compattezza e una più
chiara visione del proprio ruolo nello
scacchiere internazionale e di fronte alle
grandi sfide del domani (dal futuro della
capacità produttiva, industriale e tecnologica delle nostre economie alle grandi
questioni geopolitiche, dalla risposta ai
cambiamenti climatici alla reazione alle
emergenze demografiche).
I manager d’Europa hanno molto da
dire e grandi competenze da mettere al
servizio della società: sarà compito della CEC fare in modo che la loro voce sia
sentita e i loro messaggi ricevuti.
■
OCUS
L’Europa riscopre
il ruolo dei manager
Attilio De Pascalis
�
e imprese europee tornano ad assumere i manager: oltre 274.000
le nuove scrivanie negli ultimi
due anni (+2,2%), dalla metà del 2013
al 30 giugno 2015. In totale i manager
del Vecchio Continente, di tutti i settori,
sono più di 12 milioni e 718.000.
Fra i maggiori Paesi, l’Italia spicca per il
primato nella creazione di nuovi posti
di comando: oltre 39.500, il 5,1% in più
rispetto a 24 mesi prima.
È quanto si ricava dai più recenti dati di
Eurostat, che classifica come manager
l’equivalente di dirigenti e quadri apicali in Italia. I dati mostrano una generale
ripresa nella creazione di ruoli manageriali, dopo anni di drastica riduzione.
La crescita riguarda 20 delle 28 nazioni
che compongono l’Unione Europea.
E abbraccia un po’ tutti i settori: industria, commercio e servizi.
Fra le maggiori economie, tutte mostrano un saldo positivo, tranne la Spagna
(-3,2%).
La “densità” di manager resta tuttavia
molto variegata fra le varie aree. Il record
spetta sempre alla Gran Bretagna, dove,
con oltre 3 milioni di posizioni, ci sono
più di 10 manager ogni 100 addetti. Seguono Francia (7,0%), Germania (5,9%)
e Spagna (4,2%). In coda proprio l’Italia
con appena il 3,7% di ruoli manageriali
ogni 100 dipendenti.
10,5
7
5,9
Questa situazione riflette la struttura
economica dei diversi Stati: nella Penisola prevalgono le piccole e medie imprese rispetto alle grandi multinazionali.
Il Belpaese conta solo nove presenze
nella classifica delle 500 maggiori imprese del mondo stilata ogni anno da
Fortune. Germania e Francia una trentina a testa.
In questo scenario è possibile individuare alcuni megatrend.
Il primo è l’internazionalizzazione.
Nell’ultimo decennio sono triplicati i
manager “globetrotter” che lavorano in
Paesi diversi da quello di origine.
La spinta, secondo gli esperti, deriva soprattutto dalle multinazionali, che favoriscono la carriera legata alla mobilità interna ai grandi gruppi, senza pregiudizi
verso la nazionalità. È molto apprezzata
l’esperienza di chi ha lavorato in diversi
mercati.
“I manager italiani
sono molto apprezzati all’estero”,
osserva Giuseppe
Cristoferi, amministratore delegato di Elan International, società di
head hunting di
Milano, “grazie al
solido bagaglio professionale e culturale che li caratterizza, unito ad una facilità
5,9
4,2
3,7
DI
I manager italiani sono
molto apprezzati all’estero
grazie al solido bagaglio
professionale
e culturale.
nei rapporti con le persone. L’Italia resta
un paese complicato e dirigere da noi è
più difficile, per cui una volta inseriti in
contesti più dinamici e organizzati i manager tricolore in genere realizzano ottime performance”.
Un secondo impulso deriva dalla “generazione Erasmus”, i laureati che hanno
frequentato un ciclo di studi in un altro
paese europeo e sono più propensi a lavorare all’estero.
Un terzo importante elemento proprio il
“fattore umano”, che privilegia il merito
rispetto al passaporto.
“Le carriere poggiano oggi in
gran parte sulle
competenze manageriali”, osserva
Gianfranco Vercellone, partner
di Idea Management, che ha di
recente lanciato
il portale sulle competenze apropositodime.com, “Date le competenze
tecniche, la differenza fra le persone
è nell’efficacia dei comportamenti,
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
7
OCUS
che generano risultati. Come lavoro
in squadra. Come sviluppo il pensiero prospettico e poi strategico. Come
mi organizzo. Come risolvo i problemi. Come esercito la leadership. Come
conduco un negoziato”.
Siamo ancora lontani, però, da un vero
“mercato unico” dei manager. Rimangono forti limiti, legati alla lingua, alle
abitudini, al costo per gli “expatriat” (alloggio, previdenza, scuola per i figli).
Un elemento di grande differenza riguarda gli stipendi e il carico fiscale.
Fra le maggiori economie del Vecchio
Continente il primato negli stipendi annui lordi spetta alla Germania. Fatto 100
la retribuzione dei manager italiani il numero indice dei tedeschi 93 balza a 119,
seguito dai britannici a 103. Seguono la
Francia a 97 e la Spagna a 96. È quanto si
ricava dalla ricerca di HayGroup sui livelli
retributivi dei manager.
Lucia Bartolini
di HayGroup, “Il
basso tasso di inflazione rende più
alti gli aumenti effettivi”.
L’ eccessivo carico
fiscale e contributivo, tuttavia, penalizza i manager
tricolore. In Italia la retribuzione netta
dei manager è appena il 53% dello stipendio lordo. In Spagna si sale al 59%.
In Gran Bretagna e Francia al 67%. Il top
è la Germania dove i manager portano
a casa ben il 78% dello stipendio lordo.
“In Europa si assiste ad un debole ritorno
alla crescita delle retribuzioni dei manager e le aspettative per il 2016 sono di
un aumento medio dell’1.9%”, osserva
“La busta paga
italiana, compresi
i dirigenti, è la più
complicata in Europa”, rileva Marco
Recchia, amministratore delegato
di Jobtima, società
di Milano specializzata in ammini-
strazione del personale ed elaborazione
paghe, “Sul costo del lavoro gravano una
miriade di oneri, con un continuo slalom
fra adempimenti e rischi. Sempre più
nuovi clienti si rivolgono a noi proprio
per prevenire spiacevoli complicazioni
con il personale o per scoprire benefici
di cui sono all’oscuro”.
I primi timidi segnali di ripresa economica in Italia iniziano ad influire anche
sulle assunzioni di dirigenti in senso
stretto. A semestre 2015 i dirigenti in
servizio nei vari settori (industria, commercio, servizi) sono cresciuti di 5.000
unità, toccando quota 405.401 (+1.2%
sul 2014). Rispetto a cinque anni fa il numero di manager attivi è salito del 2,6%.
Ma siamo ancora molto lontani (-11%)
dai livelli di 10 anni fa, quando i dirigenti
in servizio superavano i 460.000. È quanto emerge dai dati Istat.
La ripresa è trainata soprattutto dal
Nord, area in cui i dirigenti nella prima
metà del 2015 sono cresciuti del 4,5%
rispetto alla media dello scorso anno.
Nelle altre zone, invece, si assiste ad una
leggera contrazione.
Il decennio 2005-2015 ha divorato
55.000 scrivanie di comando in Italia,
pari all’11% delle posizioni. L’effetto è
che oggi c’è una minore densità di dirigenti: sono 1 ogni 41 lavoratori dipendenti, contro 1 ogni 35 di dieci anni fa.
Un fenomeno che rende l’Italia anomala rispetto ai maggiori partner europei,
dove ci sono molti più manager in rapporto agli addetti.
L’Italia tornerà a crescere solo rilanciando l’industria, motore di crescita economico e sociale, e le attività che trainano
la produzione, come turismo, cultura,
ambiente, trasporti. Le aziende crescono solo con manager professionali, in■
novativi e motivati.
Fonte: elaborazione ALDAI su dati Eurostat - Nota: * primo semestre.
Fonte: elaborazione ALDAI su dati Istat - Nota: * primo semestre.
8
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
OCUS
L’importanza di un’analisi
dello scenario
Alberto Bubbio
Senior Professor Planning & Control presso l’Università Liuc - Carlo Cattaneo
Manage-Mind: a Knowledge distribution factory
Manage-Mind è una web community di dirigenti interessati ad approfondire le proprie conoscenze di management in dieci diverse aree gestionali (General Management, Strategia, Planning & Control, Corporate Finance,
Innovazione, Marketing, Operation, Organizzazione, Next Economy e Temi Ondata) attraverso webinar elaborati
sulle preferenze della community, ricerche, libri e articoli.
Per maggiori informazioni sul servizio si può visitare il sito www.dimelab.us/managemind.
è
uno dei paradossi del mondo
nel quale ci troviamo ad operare: più lo scenario è difficile da interpretare, più è importante cercare di tratteggiarne gli elementi caratterizzanti.
D’altra parte è altrettanto comprensibile
che solo un folle si avventurerebbe in un
territorio sconosciuto senza aver tentato
di individuarne almeno le principali caratteristiche.
Quest’analisi diventa imprescindibile
soprattutto se sulla base dello scenario
si deve delineare la strategia aziendale.
Così l’analisi dello scenario è ritornata di
“attualità” dopo aver avuto con lo scenario planning il suo apice all’inizio degli
anni Ottanta. Quando a seguito dello
shock petrolifero molti uomini di azienda e studiosi erano stati indotti a pensare che l’unica certezza fosse l’incertezza.
Oggi ci troviamo nuovamente in una
situazione simile, anzi di ancor maggior
incertezza.
La soluzione viene peraltro dal comprendere in modo corretto cosa sia fare
scenario planning in un’impresa, poiché
avere uno scenario sulla base del quale elaborare una strategia di non breve
termine è comunque un’esigenza delle
imprese orientate al futuro. E di più lo
scenario non è una previsione, ma un
presagio condiviso dal management.
Oggi non si parla più di crescita illimitata, ma di crescita sostenibile e l’elaborazione di uno scenario diventa un eserci-
zio fondamentale. I trend estrapolativi
del passato, elaborati su ipotesi di crescita infinita, si stanno rivelando non reali
e fuorvianti. Così una delle conseguenze
di non aver colto in tempo il fenomeno
è la sovra-capacità produttiva che oggi
caratterizza molti settori.
Così si ritiene opportuno precisare che
elaborare uno scenario planning sia il
processo attraverso il quale il management di un’azienda in team arrivi a delineare quelle che saranno, in visione
prospettica, le caratteristiche del contesto ambientale ed in particolare del
business nel quale si troverà ad operare.
L’arco temporale da considerare può essere più o meno ampio: anche se, normalmente nel concreto, l’orizzonte minimo è rappresentato dai tre anni, ma si
può arrivare anche a scenari elaborati su
10/15 anni.
Non bisogna inventare niente, si tratta
invece di condividere un presagio relativo all’evoluzione di alcune variabili ambientali e alle conseguenze di tale evoluzione. Certo bisogna essere disponibili
ad essere un po’ visionari, ma la visione
va preparata attraverso la raccolta di informazioni e la riflessione sul passato,
per cercare di intercettare il futuro.
Per lavorare in modo efficace in questa
direzione e giungere a delineare uno
scenario condiviso a livello aziendale,
si suggerisce di seguire un processo di
scenario planning, articolato in sei fasi.
A questo processo è opportuno che partecipi un Executive Team, con le persone che prioritariamente si troveranno a
DI
svolgere la loro attività di direzione nello scenario prossimo venturo. Le sei fasi
qui suggerite, per aiutare ad aprire sul
futuro, sono:
1.descrizione dell’attuale contesto socio-ambientale nel quale si opera ed
eventuale sua evoluzione se i fenomeni, ad oggi manifestatisi, seguissero un trend estrapolativo;
2.definizione delle variabili macro e
delle forze competitive che in passato
hanno mostrato una elevata correlazione con la domanda di settore;
3.individuazione dei megatrend, che si
pensa caratterizzeranno l’evoluzione
dell’ambiente esterno e che potrebbero rappresentare fattori di discontinuità rispetto al passato, al punto da
inficiare l’ipotesi estrapolativa costruita sul passato, con una valutazione
dell’impatto dei megatrend sul business nel quale si opera;
4.ipotesi di evoluzione dello scenario
sia a livello di macro ambiente sia micro di business, attraverso eventuali
approfondimenti applicando l’analisi
P.E.S.T.E.L. (analisi dei contesti Political, Economical, Social, Technological,
Enviromental and Legal per ognuno
dei vari Paesi nei quali si pensa di
operare);
5.valutazione del permanere di correlazioni storiche tra variabili macro e
micro o individuazione di punti di discontinuità (breakthrough);
6.definizione finale dello scenario nel
quale, con maggior probabilità, si
presagisce e si condivide che l’impre-
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
9
OCUS
sa si troverà ad operare, dopo aver
raccolto e riflettuto sulle informazioni
come da precedenti step.
Nel caso in cui emergano più scenari
con probabilità simili di un loro manifestarsi lo scenario planning proporrà
questi diversi scenari e il management
potrà decidere se, in considerazione
delle diversità tra gli scenari ipotizzati,
elaborare un piano strategico e/o un
budget a scenari multipli. Si suggerisce
comunque di cercare di essere selettivi
in modo da arrivare ad un Piano A ed ad
un unico alternativo, Piano B.
La precondizione organizzativa prima di
avviare il processo di scenario planning
porta a suggerire che venga definito un
executive team, i cui membri dovranno
poi interagire nelle varie fasi. Il team può
essere anche a geometria variabile, anche
se sarebbe da privilegiare la creazione di
un nucleo di persone costante, abbastanza ampio per l’intero processo. Nel team
non possono mancare rappresentanti di
funzioni come marketing, amministrazione e finanza, information technology, gestione risorse umane e altre aree toccate
di recente da profonde evoluzioni indotte da cambiamenti ambientali.
La seconda fase deve indurre a ricercare le correlazioni tra l’andamento delle
vendite di un settore e alcune variabili
macro. Così, ad esempio, ci si può chiedere: quali sono i driver a cui sono legate
le vendite del settore infissi, porte e finestre? Si può anche rispondere indicando
il numero di nuovi appartamenti (edilizia residenziale), ma anche la domanda
di ristrutturazioni abitative (domanda
che potrebbe essere fortemente correlata ai risparmi energetici) e a sua volta
l’andamento dell’edilizia residenziale
(nuovo e ristrutturazione), che è stato in
Italia in passato sempre pre-ciclico (anticipava la ripresa). Ma sarà ancora così?
Molto dipende dal patrimonio abitativo
esistente nel nostro Paese rispetto alla
domanda, dal suo grado di utilizzo. Se
questo è, probabilmente quell’andamento pre-ciclico dell’edilizia risulterà
molto attenuato nei suoi andamenti.
Queste riflessioni però non sono sufficienti. Ci si deve interrogare se qualche
trend sociale non stia cambiando i numeri del settore. Così si scopre che nelle
case si inseriscono sempre meno porte;
per cui il numero delle porte rispetto al
10
DI
numero delle finestre (infissi) sta drasticamente diminuendo. Si è passati da
una porta ogni tre finestre ad una porta
ogni sette finestre.
Per fare un altro esempio di correlazione, si ricorda che in periodi di inflazione
i prodotti considerati “beni rifugio” vedono normalmente aumentare le loro
vendite.
Da ultimo non si dimentichi che molta
della sovra-capacità produttiva che negli
anni si è creata nel settore siderurgico era
anche legata all’indicatore consumi apparenti di acciaio pro-capite che nel nostro
Paese risultavano inferiori a quelli degli
altri Paesi industrializzati. Questa annotazione consente di sottolineare come la
semplice correlazione tra una macro variabile e le ipotesi di vendite di un settore
debbano essere da un lato individuate, ma
poi analizzate criticamente, alla luce di altri
fenomeni, non solo nazionali.
Tra le varie fasi indicate quella più delicata è la terza fase: quella destinata ad
individuare i megatrend. Questi megatrend si sono spesso rivelati elementi
di rottura rispetto al passato e come tali
in grado di determinare profondi mutamenti in alcune variabili di contesto.
Se ne sono selezionati dieci e con riferimento a ciascuno di essi si indicheranno,
a titolo esemplificativo, alcuni loro probabili impatti sui mercati:
1. il progressivo venire meno nell’economia globale di un Paese predominante o di pochi Paesi: una volta
erano gli Stati Uniti, poi si è affermata una triade (Stati Uniti, Giappone e
Europa), oggi il G8 è diventato G20;
questo sta ad indicare che l’economia globale sarà sempre meno condizionata dalle politiche e dall’andamento di un singolo Paese;
2. il manifestarsi, ad intervalli temporali
sempre più brevi, di fenomeni di turbolenza ambientale; fra questi vanno considerati i sempre più frequenti
ed intensi cambiamenti climatici;
3. è finita l’era della “finanza che segue”,
oggi è la finanza che blocca; è sempre più difficile reperire sui mercati
finanziari le risorse necessarie; si sta
arrivando al paradosso che le risorse
finanziarie sono disponibili per quelle
imprese che non ne hanno bisogno;
4. grazie alla globalizzazione (ma non
solo) si assiste a fenomeni di aumento del numero dei concorrenti
addirittura nei business maturi, per i
quali le teorie economiche prevedevano una maturità tranquilla; questo
è uno dei fenomeni che caratterizza
l’ipercompetizione nella quale ci si
trova ad operare;
5. il crearsi e il consolidarsi delle megacities,
6. un altro megatrend molto insidioso è quello legato all’evoluzione del
consumatore finale: non è più alla ricerca del ben-avere (dove prevalevano i volumi e il consumismo) ma del
ben-essere (prodotti/servizi spesso
legati a una qualità alta e con contenuto culturale);
7. si sta passando, come è stato indicato con acuta osservazione da Giampaolo Fabris, da un mercato di massa
a una massa di mercati;
8.una determinante importante di
quest’evoluzione è stato l’innalzamento, in molti Paesi, del livello culturale medio;
9. si assiste ad un progressivo innalzarsi
dell’età media di vita delle persone,
che, in alcuni Paesi, come l’Italia, si
associa anche ad un invecchiamento
della popolazione;
10.il mondo sarà sempre più interconnesso, anche nelle cose (Internet of
things).
Si rifletta anche solo brevemente su alcuni probabili impatti di questi megatrend.
Così il venire meno di un Paese, che concentri un’importante quota della produzione di ricchezza a livello mondiale
crea opportunità, ma rende anche più
incerto lo scenario economico mondiale. E così di seguito. A voi le riflessioni del
caso sul futuro prossimo venturo che ci
■
attenderà dati questi megatrend.
Al fine di approfondire la complessa tematica, il Gruppo Innovazione
ALDAI ha organizzato un incontro, con il prof. Alberto Bubbio, dal titolo:
Una nuova sfida: l’analisi dello scenario per preparare il futuro
L’incontro si terrà in ALDAI - sala Viscontea - via Larga 31 - Milano
mercoledì 17 febbraio 2016 dalle ore 18.00 alle ore 19.30.
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
OCUS
Pensare europeo
u
Gianni Di Quattro
n modo per dire che per
avere successo, per essere
competitivi, si deve pensare in modo
non provinciale, più largo, avere più coraggio, decidere che il cambiamento e
l’innovazione possono nascondere certamente dei pericoli e non sono facili da
perseguire, ma sono indispensabili.
In altri termini, pensare europeo deve
essere la parola d’ordine dei manager
che hanno deciso di affrontare senza
paura la modernità. Un simbolo per operare, per riconoscersi, in cui identificarsi.
La modernità significa discontinuità con
il passato nella tecnologia, magari con
l’aiuto della stessa tecnologia che oggi
offre per l’appunto gli strumenti per
cancellare le vecchie grandiose impostazioni e strategie del settore, significa
la revisione della considerazione e della
valutazione del mercato non più come
continuazione della sua storia statistica,
del modo per capirlo, del suo processo
evolutivo e dei suoi ritmi, delle strutture
appropriate per operare, delle relazioni
con la concorrenza che è un alleato per
creare mercato e un nemico per conquistarlo, del valore del rapporto con
la clientela e dei modi per fidelizzarla o
meglio per inserirla nel percorso di vita
dell’impresa. La modernità significa anche dare un valore molto più grande alla
cultura e alla bellezza come strumento
di riconoscimento, come costruzione
di un ambiente aziendale favorevole,
come incentivo per la conquista di traguardi difficili. Come costruire una impresa e come viverla in grande sintesi.
Negli anni passati si è indagato molto
sulla diversità dei manager nei vari paesi,
perché questi erano chiusi, la cultura e la
storia di ogni paese aveva una influenza
assolutamente preminente nel definire
il ruolo del dirigente, la sua autonomia,
il suo modus operandi, il suo futuro, soprattutto su come sceglierli, selezionarli
e formarli. Queste diversità oggi sono
molto attenuate perché il fenomeno
della globalizzazione non riguarda solo
le regole, le strutture, i sistemi produttivi, i mercati delle imprese, ma riguarda
soprattutto le persone e tra queste i manager che poi sono quelli che interpretano la realtà e su di essa sono capaci,
devono essere capaci di costruire il business e il futuro di azionisti, collaboratori
e clienti.
Una importanza fondamentale per
il futuro sarà la formazione, perché il
cambiamento, il ciclo di vita di qualsiasi cosa, non solo dei prodotti ma anche
delle idee è sempre più breve e pertanto
richiede quasi un processo continuo di
formazione a tutti i livelli. Le imprese ne
devono tenere conto nella progettazione dei loro piani e dei loro budget, perché questo costo che negli ultimi tempi
era stato, purtroppo bisogna dirlo, molto ridimensionato avrà un valore molto
rilevante negli investimenti, se si vuole
acquisire e mantenere un adeguato livello di capacità competitiva.
In un recente incontro professionale sul
futuro di due vitali settori di mercato, e
cioè banche e telecomunicazioni, promosso dalla Associazione Culturale Nel
Futuro (www.nelfuturo.com), si è molto
parlato del futuro e delle risorse professionali manageriali necessarie per non
perderlo o non ritardarlo nell’interesse
di tutta la comunità. Banche e telecomunicazioni sono due settori simbolo perché, per motivi diversi, sono ambienti di
grande conservazione e che hanno rifiutato di adeguarsi agli eventi che da un
po’ scorrono nella nostra vita personale e sociale per paura, per non perdere
potere, per interesse, per inadeguatezza
degli azionisti e della classe dirigente.
Sono tuttavia due settori vitali come dicevamo, infatti servono allo sviluppo di
tutti gli altri settori del mercato perché
lo possono, o quanto meno dovrebbero,
finanziare, supportare, connettere, indirizzare, insomma condizionare.
Questi due settori si trovano oggi di
fronte alla necessità di cambiare o quantomeno di integrare anche il tipo di at-
DI
Pensare europeo
deve essere la parola d’ordine
dei manager che hanno deciso
di affrontare senza paura
la modernità.
Un simbolo per operare,
per riconoscersi,
in cui identificarsi.
tività e di servizi di cui si sono sempre
occupati. Le telecomunicazioni dovranno riempire il loro listino di contenuti e
di altri servizi collaterali, perché la pura
e semplice connessione non sarà più
un business e comunque sarà assicurata dalle grandi multinazionali dei social
network o dei portali general purpose
come Google ad esempio. Tutto questo produrrà da una parte una serie di
alleanze e di fusioni che cambieranno
la configurazione del mercato e dall’altra la creazione di nuovi business, come
ad esempio il nuovo modo di vedere la
televisione e i canali internazionali, così
come l’utilizzo di Internet non solo per
comunicare o per fare business aziendale, ma anche per vivere la quotidianità
personale, quella che si usa chiamare
Internet delle cose. Le banche dovranno sfruttare la grande rete strutturale
che possiedono e cioè gli uffici aperti al
pubblico, oggi semivuoti o comunque
assenti di giovani che operano ormai
quasi esclusivamente on line, i sistemi
di sicurezza in cui hanno da sempre investito e soprattutto la ricchezza dei
loro database, vere preziose fonti per
disegnare qualsiasi politica di marketing
per qualsiasi prodotto. Anche per loro
è in fase di accelerazione il processo di
fusione e di concentrazione e quindi la
configurazione del mercato è destinata
ad assumere un diverso tracciato.
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
11
OCUS
E anche loro devono non solo pensare a
ridimensionarsi, che è la cosa più facile
da pensare e a farsi, ma soprattutto ad
utilizzare meglio e in modo diversificato
le loro strutture e le loro capacità.
Ecco questi due settori, e non solo loro
ovviamente, devono accelerare il loro
pensare europeo e devono preoccuparsi di avere manager che pensano europeo. Perché quando i cambiamenti sono
così radicali, così profondi è difficile che
si possano fare con coloro che sono la
storia, che hanno fatto il passato, perché
avranno sempre difficoltà a costruire un
futuro diverso, perché avranno quasi
l’impressione di rinnegare se stessi.
La grande sfida dei manager, di tutti
i manager passati, presenti e futuri, è
dunque quella che abbiamo sintetizzato con “pensare europeo”. Naturalmente
questo significa anche una revisione,
che potrebbe essere profonda, delle loro
competenze, delle loro sensibilità aziendali, delle loro disponibilità a studiare in
continuo, del loro ruolo in sintesi.
Non è la prima volta che accade nella
storia dell’impresa, nella storia di questa
funzione vitale per lo sviluppo dell’economia e del Paese. Almeno altre due
volte i manager hanno cambiato ruolo
e prospettiva dalla fine della seconda
guerra mondiale. Questa volta forse è
più difficile del passato, perché non serve solo conoscenza tecnica e impegno,
ma qualcosa di più e cioè cultura, coraggio e quella particolare predisposizione
a cambiare le cose e se stessi nell’azienda o in altre aziende che sempre di più
stanno per diventare e diventeranno le
caratteristiche del manager del futuro.
Senza dimenticare la responsabilità
sociale che sarà sempre più alta e im-
pegnativa, l’attenzione che il manager
dovrà avere verso la società tutta nel decidere, nello scegliere, nell’intraprendere e lo sforzo cui non potrà sottrarsi per
farla funzionare e per alimentare sempre
di più con la sua esperienza e capacità
il management politico, che dovrà inevitabilmente essere costituito non solo
soprattutto da uomini del diritto e della
burocrazia come ora, ma anche da professionisti della società e del mercato.
Il manager del futuro avrà davanti dunque un lavoro più interessante in un momento difficile ma affascinante sul piano
intellettuale, professionale e sociale, nel
quale riversare il suo talento e la sua disponibilità, la sua fantasia e il suo modo
di sentire e di vivere la comunità. Una
comunità più grande, multietnica, dove
si incrociano culture, storie, caratteristiche, religioni, interessi e speranze.
■
Vademecum per gli autori
TESTI
I testi devono pervenire alla redazione battuti in formato Word. Una pagina della rivista, composta di solo testo, corrisponde a
circa 4.000 battute (spazi inclusi). Per gli articoli superiori alla singola pagina le battute vanno moltiplicate di conseguenza.
Se è previsto l’inserimento di grafici, immagini, foto, figure, ecc., il numero di battute va proporzionalmente ridotto.
Per l’ottimizzazione dei tempi e per non creare disguidi nell’iter della lavorazione tecnica della rivista invitiamo cortesemente ad inviare alla Redazione i testi in versione definitiva.
Il titolo fornito dall’Autore può essere modificato dalla redazione per uniformità, come lunghezza e stile, ai titoli degli altri
articoli della rivista.
ILLUSTRAZIONI
Le immagini non devono essere inserite nel documento Word di testo, bensì inviate separatamente in file ad alta risoluzione
per la stampa. Formato per le immagini: JPG, TIFF, PDF.
foto autore
Il progetto grafico di “Dirigenti Industria” prevede la foto/autore inserita accanto al titolo in alto a destra degli articoli.
Pertanto è gradita la foto degli Autori con i seguenti requisiti: foto a colori o in bianco/nero, in alta risoluzione per la stampa,
in formato JPG, TIFF o PDF e completa di immagine centrale del viso (tipo foto tessera).
Sviluppo Comunicazione 2.0
Per meglio soddisfare le diverse aspettative degli associati e per allargare il dialogo all’intera categoria è in corso uno studio
per dare avvio alla comunicazione digitale. Pertanto per il potenziamento del piano di comunicazione ALDAI-Federmanager
Lombardia saranno graditi i contributi volontari degli associati, in qualità di:
îadvisor delle iniziative di sviluppo della comunicazione 2.0;
îcandidati a contribuire al comitato di redazione della rivista e dei mezzi di comunicazione digitale;
îcollaboratori per le attività di correzione bozze con conoscenza e passione per la lingua italiana.
I colleghi interessati ad offrire volontariamente il proprio contributo sono pregati di inviare e-mail entro gennaio
a [email protected] indicando nell’oggetto: “Sviluppo Comunicazione 2.0”.
12
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
MINERVA
Segnala le donne
di merito e talento
Vogliamo promuovere una realtà sempre più popolata
di modelli del merito e del talento.
Donne che rappresentino modelli positivi di management
per diffondere e innescare un circolo virtuoso e costruire
una realtà migliore.
Vogliamo far emergere 18 eccellenze
in sei settori del management:
1. innovazione
2. gestione economica
3. gestione collaboratori
4. lancio di nuovi business
5. giovani potenziali
(non ancora dirigenti)
6. diversity best practice
Segnalaci la donna dirigente di azienda
industriale della Lombardia che ritieni
meritevole, inviando una e-mail entro
il 31 gennaio 2016 a:
[email protected]
Paola Poli
Coordinatrice
Gruppo Minerva
Donne Dirigenti ALDAI
Pensaci un attimo,
chi ti viene in mente fra le tue conoscenze?
Bastano cinque minuti per regalare
un’opportunità alla collega meritevole.
con il nome, cognome, indirizzo e-mail
e la motivazione in uno dei sei ambiti
proposti.
La giuria prenderà in esame le donne
segnalate da uomini e donne dirigenti
Federmanager Lombardia.
@
Invia subito una e-mail
DI
Seguici su Twitter:
#MeritoeTalento
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
13
m
ANAGEMENT
Vi racconto il dietro le quinte
di un’azienda tutta italiana
che si chiama “Arena”
Chiara Tiraboschi
Giornalista
Responsabile Servizio Comunicazione e Marketing ALDAI
Dirigere l’Arena di Verona
è come gestire un’azienda.
Qui però il prodotto finale
si chiama emozione.
14
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
s
i dice “Arena di Verona” si legge
arte, lirica, italianità, eccellenza.
L’azienda, perché tale è, che ha registrato un totale presenze di oltre 408.000
spettatori in 54 serate durante tutto l’Arena Opera Festival 2015 per un incasso
pari a € 23.337.620,00 rappresenta non
solo un appuntamento lirico e culturale
tra i più attesi nel panorama nazionale
e internazionale, ma anche un esempio positivo di gestione manageriale, di
leadership e team building. Ne parlo
con Corrado Ferraro, dal 1993 Sales and
Marketing Director dell’azienda Arena,
una realtà che va ben oltre le storiche
mura dell’anfiteatro romano, ma che anzi
rappresenta un punto di riferimento per
l’economia e il turismo del territorio.
L’Arena di Verona nell’immaginario
collettivo vuol dire lirica, costumi,
grandiose scenografie.
Tutto ciò presuppone un grande lavoro che però, per la maggior parte, lo spettatore non vede.
In che cosa consiste questo lavoro?
L’ Arena non è solo lo spettacolo che si
vede solitamente d’estate sul palcoscenico, ma contempla una lunga preparazione. L’attività che abbiamo come
teatro d’opera è unica al mondo per dimensioni e per portata: durante l’estate
svolgiamo la nostra attività istituzionale
all’Arena, mentre nel resto dell’anno i
nostri complessi artistici lavorano al Teatro Filarmonico. C’è un grande lavoro
di pianificazione alle spalle: a livello di
ufficio marketing stiamo già lavorando
da tempo per promuovere il festival del
prossimo anno. Per capire di cosa stiamo parlando, basti pensare che durante
l’inverno i dipendenti della Fondazione
Arena che lavorano al Teatro Filarmonico
sono circa 290, mentre d’estate diventano 1.200: viene raddoppiata l’orchestra,
ampliato il coro, implementato l’organico già esistente di tecnici, comparse
e personale di sala. Passiamo dai 1.200
posti di capienza del Teatro Filarmonico,
che negli ultimi anni registra più del 90%
di occupazione, ai 13.500 posti dell’Arena in estate, vale a dire dieci volte tanto.
m
ANAGEMENT
Questo presuppone un lavoro che inizia
con largo anticipo, un lavoro fatto di dialogo continuo con i tour operator nazionali e internazionali, con le compagnie
aeree, gli alberghi e tutte le realtà economiche più importanti del territorio.
Una strategia ad ampio raggio quindi
per noi e per la città.
330.000 mi piace su Facebook,
più di 22.000 Follower su twitter,
1.223.000 visualizzazioni e 1.950
iscritti sul canale youtube.
La lirica oggi parla ai giovani?
Abbiamo investito sui social per un motivo molto semplice e con un obiettivo
molto difficile da raggiungere: cioè quello di sensibilizzare un pubblico giovane
nei confronti di una forma musicale a
loro generalmente sconosciuta e apparentemente lontana. Siamo stati i primi
in Italia a creare i tweetseat, vale a dire
abbiamo dedicato un piccolo settore
dell’Arena per chi utente di twitter avesse desiderio utilizzare i social anche durante la rappresentazione. Questi posti,
molti vicini al palcoscenico, offrono una
posizione privilegiata per raccontare l’opera con il proprio smartphone o tablet.
Il pericolo dei social è che spesso
possono sorgere criticità o polemiche difficili da gestire.
Può capitare che un commento sia negativo o un cantante non piaccia.
Lì noi non interveniamo, è uno scambio
di opinioni tra spettatori. I social però
possono e devono essere usati a nostro
Lo spettatore che assiste
a un nostro spettacolo
vive una vera e propria
esperienza emozionale,
emotiva, empatica.
Ciò fa sì che egli associ,
a questa esperienza,
emozioni uniche,
positive ed irripetibili
se non all’Arena stessa.
I soci ALDAI possono godere
dell’emozione offerta dallo
spettacolo dell’Arena a condizioni
economiche riservate.
Per informazioni: www.aldai.it
Le foto presenti nell’articolo sono di Ennevi.
Per gentile concessione della Fondazione
Arena di Verona.
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
15
m
ANAGEMENT
vantaggio, ad esempio in caso di pioggia. È un dato di fatto: quando piove non
possiamo rappresentare l’opera. Contro
la pioggia nulla si può fare, possiamo
però intervenire per lenire il disagio.
Attraverso i social cerchiamo infatti di
dare più informazioni possibili, rispondiamo alle critiche, spieghiamo che se
piove poco non possiamo comunque
iniziare perché gli strumenti, anche con
poca pioggia, si rovinerebbero. Ogni
15 minuti diamo al pubblico aggiornamenti. In più tutto il nostro team utilizza
whatsapp: abbiamo creato un gruppo in
modo che la nostra redazione web e social anche se non fisicamente presente,
sappia esattamente in tempo reale cosa
sta succedendo sul palcoscenico. Tutte
queste informazioni vengono condivise
in modo che la nostra redazione social
possa in tempo reale rispondere a eventuali lamentale dalla platea e che possa
canalizzarle e sedarle fornendo subito
informazioni in tempo reale.
L’ Arena è un’azienda a tutti gli effetti
che produce un budget tra biglietteria, sponsorizzazioni e contributi vari di
50 milioni di euro e che deve per legge
chiudere in pareggio ogni anno. L’Arena
di Verona produce un indotto economi-
16
DI
co per il territorio, calcolato dall’Università di Verona, pari a 500 milioni di euro
distribuiti sui vari settori merceologici.
Si tratta di una realtà unica al mondo, un
evento culturale con una ripercussione
economica di simile portata a vantaggio
della città e del territorio.
sentazione” e godere di un’esperienza.
Lo spettatore che assiste a un nostro
spettacolo vive una vera e propria esperienza emozionale, emotiva, empatica.
Ciò fa sì che egli associ, a questa esperienza, emozioni uniche, positive ed irripetibili se non all’Arena stessa.
Cosa vuol dire dirigere una realtà
come l’Arena di Verona?
L’Arena è uno dei tanti simboli
dell’eccellenza italiana nel mondo.
Il sistema Italia all’Estero come viene percepito?
La domanda è complessa, il nostro è un
prodotto culturale quindi la massimizzazione del profitto non può essere il nostro obiettivo primario. La nostra mission
è quella di divulgare la cultura musicale
italiana qui e all’estero e ovviamente tutte le attività accessorie sono strumentali
all’obiettivo principale. L’attenzione nei
confronti del palcoscenico deve essere
massima e la cura maniacale del prodotto deve essere una costante a tutti i livelli, non solo a livello manageriale. Dalla
maschera che accompagna il pubblico
al cantante che si esibisce, tutti devono
avere una condivisione dell’obiettivo finale: ricevere un applauso in tutti i sensi,
non solo per lo spettacolo, ma anche per
l’organizzazione dello spettacolo stesso.
All’Arena si viene non solo per ascoltare l’opera, ma per “vedere una rappre-
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
Abbiamo i laboratori scenografici più
grandi d’Europa, all’estero siamo considerati quasi più che in Italia. A volte siamo noi stessi che non riconosciamo l’eccellenza che abbiamo davanti agli occhi.
Siamo pionieri del bello, dell’arte, della
competenze e della professionalità, ma
spesso ce lo dimentichiamo. È necessario
considerare il turismo culturale una delle
prime industrie primarie del nostro Paese
e, come tale, deve essere trattato anche a
livello politico e delle istituzioni. Il rilancio
del sistema Italia non può non passare da
temi cardine come la cultura, l’arte e l’eccellenza. Sensibilizzare e sensibilizzarsi a
ciò è sicuramente un modo per contribuire a migliorare e migliorarci come persone, come cittadini e come Paese.
■
m
DI
ANAGEMENT
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
17
s
TUTORING
ERVIZI AGLI ASSOCIATI
Vita Vissuta
Un Tutor racconta…
s
Sergio Francolini
Socio e tutor ALDAI
ono diversi anni che svolgo attività di tutoring presso ALDAI, prima
ancora che il tutoring divenisse un servizio ufficiale ALDAI. La cosa che più mi
ha colpito è la ripetitività degli “atteggiamenti” di chi chiede un aiuto in un momento di difficoltà.
îIn quasi tutti i casi si evidenzia una
certa ritrosia a parlare di ciò che preoccupa, come se avere dubbi e paure non
fosse in linea con l’atteggiamento che
ci si aspetta da un dirigente.
îIn quasi tutti i casi, dopo pochi minuti
di colloquio, appare abbastanza evidente al tutor, che ci si trova di fronte a
uno dei casi classici per cui un dirigen-
te si trova in difficoltà. La sola ragione
per la quale il problema non è chiaro a
chi lo espone, è legata al fatto che non
si riesce ad osservare con serenità una
situazione che ci riguarda personalmente.
Conseguenza di quanto sopra detto è
che spesso viene presentato un “falso
problema” e che uno dei principali obiettivi del tutor è aiutare ad identificare il
“vero problema”. Questi “atteggiamenti”
sono comunque facilmente superabili.
Chi espone le problematiche si rende
subito conto che:
îha di fronte un collega senior, che è al
di fuori dell’azienda in cui ha operato,
ma ha una certa affinità con il tipo di
settore industriale in cui opera, che ha
avuto responsabilità paragonabili o
superiori alle sue e che in passato ha
affrontato problemi simili;
înon ha un atteggiamento giudicante.
Questo lo porta ad aprirsi con pienezza
e spontaneità. Una volta identificato il
“vero problema” non è difficile trovare
una soluzione per chi di mestiere fa il dirigente. La definizione di obiettivi ragionevoli e di un piano di azione con il tutor
sono una conseguenza naturale. Nella
maggior parte dei casi sono stati, per me,
sufficienti un paio di incontri per chiarirsi
le idee e ripartire con nuove energie.
Vi garantisco che ogni risultato positivo è
una grande soddisfazione per il tutor. ■
Ricordiamo agli Associati che in ALDAI è attivo il Servizio Tutoring!
Il Tutoring è un servizio offerto ai soci ALDAI da un team di 14 dirigenti di elevato profilo con una significativa esperienza manageriale,
specificatamente formati e selezionati. Si rivolge a dirigenti in servizio
o temporaneamente inoccupati che stanno vivendo un momento di
criticità di contenuti o di relazioni, un’evoluzione professionale o, in
generale, una situazione di difficoltà.
Offriamo colloqui individuali che, attraverso un’approfondita analisi
delle situazioni e delle problematiche ed un’attenta riflessione gui-
data (ascolto, confronto, domande e stimoli) aiutino i colleghi, a rifocalizzare le proprie scelte, individuare i propri obiettivi e definire un
piano di azione per raggiungerli.
La durata varia a seconda delle esigenze del dirigente ed è sempre
gratuito indipendentemente dal numero di incontri richiesti.
Chi desidera usufruire del servizio, può contattare inviare una e-mail
all’indirizzo: [email protected]
■
26a Borsa di studio “Ing. Giacomo Bonaiuti”
Bando di concorso 2016
Il Gruppo Seniores Edison (GSE) e l’Associazione Lombarda Dirigenti di Aziende Industriali (ALDAI)
bandiscono un concorso per l’assegnazione di due Borse di studio intitolate a:
“Ing. Giacomo Bonaiuti”
Le Borse di studio, finanziate dalla famiglia Bonaiuti, dal Gruppo Seniores Edison e da ALDAI,
sono del valore di € 4.000,00 ciascuna.
Possono candidarsi alla Borsa di studio gli studenti iscritti all’anno accademico 2015 - 2016 alla facoltà di Chimica, Chimica Industriale, Chimica e Tecnologie Farmaceutiche e Ingegneria Chimica presso le Università della Regione Lombardia.
Il Regolamento completo è stato pubblicato a pagina 24 della rivista di dicembre ed è consultabile e scaricabile dal sito www.aldai.it.
Si ricorda ai partecipanti che la domanda di ammissione al concorso deve essere redatta in carta protocollo semplice completa di
indirizzo, recapito telefonico ed informatico. La documentazione deve pervenire entro lunedì 15 febbraio 2016, con il consenso al
trattamento dei dati personali secondo il D. Lgs. 196/03.
Inviare la documentazione a: ALDAI - Gabriella Canuti - Borsa di studio “ing. Giacomo Bonaiuti”
via Larga 31 - 20122 Milano - indirizzo e-mail: [email protected].
18
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
n
otizie da
L’Italia col segno X
c
Stefano Cuzzilla
Presidente Federmanager
rediamo nella ripresa economica del nostro Paese. Da
manager, lavoriamo per questo. Le più recenti stime
Istat, tuttavia, sono ancora più caute di quelle che, a metà ottobre scorso, avevano spinto il Consiglio dei Ministri a presentare
la legge di Stabilità con il titolo “L’Italia col segno +”. Piuttosto, di
fronte all’incognita su quale punto decimale finirà per assestarsi il
Pil 2015, esistono delle tendenze comunque positive che dobbiamo cogliere. Alcuni imprenditori, ad esempio, stanno riportando
la produzione in Italia, facendo del nostro Paese il numero due al
mondo per “re-shoring”. Negli Stati Uniti, che sono primi in classifica, ci sono incentivi statali e basso costo dell’energia. Noi invece
dobbiamo molto all’iniziativa individuale di bravi manager e imprenditori capaci di rivedere il modello organizzativo in base alle
mutevoli esigenze del mercato per essere più competitivi.
Ci affidiamo all’intuizione e alla gestione del rischio di alcuni
imprenditori oppure alla caparbia e alle competenze dei manager perché mancano, qui a casa nostra, iniziative strutturate di pianificazione che rispondano alla domanda su dove
l’industria italiana debba collocarsi da qui a dieci anni. Come
Federmanager abbiamo sempre svolto un’azione consapevole
dell’andamento macroeconomico e rispettosa dell’agenda politica. Non intendiamo però limitarci al commento e all’analisi.
In un’ottica proattiva e propositiva, nel 2016 daremo il via alla
Commissione Tecnica di Federmanager dedicata alle politiche
industriali, organizzata in tre sub organismi rispettivamente
incentrati su Siderurgia, Energia, Trasporti e Infrastrutture.
Continueremo sulla strada percorsa nelle ultime settimane,
quando abbiamo proposto agli esponenti politici più attenti
del governo e del parlamento alcune indicazioni di principio e
molti strumenti concreti. Abbiamo detto al Ministero del Lavoro
e delle Politiche Sociali, per esempio, che sarebbe opportuno rifinanziare il progetto “Manager to Work” di Italia Lavoro, al quale
avevamo collaborato e che aveva dato frutti positivi. Parliamo
di self employment, stiamo chiedendo a Invitalia di poter offrire un supporto all’autoimprenditorialità attraverso un tutoring
professionale alle start up attivate dai giovani fino a 29 anni.
Abbiamo dato disponibilità a sostenere il progetto “Industry
4.0” e a partecipare alle consultazioni che si apriranno presso il
Mise. Sul piano che ha stanziato Fondi, in forma voucher, per
l’internazionalizzazione delle PMI abbiamo immediatamente
fornito appoggio e diffuso la notizia tra i manager associati.
Quando l’Agenzia delle Entrate ha annunciato l’assunzione di
manager a tempo per ovviare alla crisi connessa alla vicenda
dei dirigenti cessati, abbiamo immediatamente chiarito che si
trattava di una misura a carattere straordinario che rispondeva a
una situazione altrettanto straordinaria. Sul temporary manager
e sulla sua utilità siamo molto chiari: si tratta di uno strumento
di valore che permette di operare un’iniezione di managerialità
in imprese che non possono permettersi un manager in posizione strutturata ma che hanno bisogno di un supporto concreto.
Con l’Agenzia delle Entrate abbiamo quindi avviato una proficua collaborazione che passa attraverso i grandi temi del
controllo, dell’investimento in digitale e dell’integrazione delle
banche dati della pubblica amministrazione.
Abbiamo quindi esposto ai responsabili dell’economia del
governo Renzi le ragioni per cui ritenere che su innovazione
e managerialità ci stiamo giocando le chance del futuro della nostra industria. Aggiungendo che, soprattutto per le PMI
a tradizione familiare, esiste l’urgenza di superare il nanismo
congenito e che, puntando a questo obiettivo, servono manager capaci di muoversi sui mercati esteri e di prendere scelte
diverse da quelle che prenderebbero anche gli imprenditori
più coraggiosi.
Riconosciamo infatti che nonostante gli sforzi, che apprezziamo
anche se sono isolati, non vediamo un’organica strategia per la
siderurgia, l’acciaieria, la meccanica, il chimico-farmaceutico e
gli altri settori cardine in cui siamo bravi. In un ciclo di incontri
istituzionali, che mi ha visto coinvolto in prima persona, abbiamo discusso proprio di come intervenire per il bene del Paese
e di ciò di cui il management italiano avrebbe bisogno non da
oggi, bensì da ieri, per far cambiare marcia all’economia.
Abbiamo proposto, a livello confederale, alcuni emendamenti
alla Legge di Stabilità suggerendo come finanziare l’ingresso
di managerialità nelle PMI. Non ci piace vedere nella manovra
la proroga del blocco parziale della perequazione al 2018 e
anche su questo abbiamo avanzato una proposta di emendamento. Non ci piace affatto l’operazione che sta conducendo
il vertice Inps, non solo perché fuori dagli equilibri del quadro istituzionale, ma soprattutto perché non veritiera. E molto pericolosa. Sia con il Ministro delle Riforme costituzionali,
Maria Elena Boschi, sia con il Sottosegretario all’Economia,
Enrico Zanetti, abbiamo avuto occasione di ribadire che sulle
“pensioni d’oro” si sta esercitando una retorica intollerabile e
abbiamo ricevuto, da entrambi, commenti che vanno in una
direzione positiva. Oltre a continuare con le cause pilota, abbiamo indetto una conferenza stampa nella sede nazionale di
Federmanager lo scorso 2 dicembre, a cui hanno partecipato
il Presidente della Commissione di Vigilanza sull’Anagrafe tributaria, Giacomo Portas, e l’onorevole Antonio Boccuzzi, per
fare chiarezza in un dibattito che esige giusti interlocutori.
Come manager noi non ci sottraiamo alla solidarietà, ma la vogliamo riconosciuta. Continueremo a ribadire che l’assistenza
deve essere separata dalla previdenza. Insisteremo su quella
direttrice di riforma che prevede un vero rilancio del secondo pilastro previdenziale, che è fondamentale per dare fiducia
alle nuove generazioni in merito al loro futuro pensionistico.
Dichiareremo in tutte le sedi, e non solo in riferimento al tema
pensioni, che qualsiasi misura che contrappone i figli ai padri
è una misura deleteria che ha costi sociali altissimi. Ripresa
economica e coesione sociale sono obiettivi che si realizzano
insieme. Puntare all’una senza considerare l’altra è come cam■
minare alla cieca.
DI
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otizie
Superare le contraddizioni
Giorgio Ambrogioni
Presidente CIDA
q
Tutti concordano che c’è bisogno di più aziende
a gestione manageriale, ma la realtà italiana
fa emergere limiti e contraddizioni di cui siamo
chiamati a farci carico.
ualche mese fa Prometeia ha presentato i risultati di un’indagine promossa da Federmanager e
condotta su un campione rappresentativo delle
imprese italiane (manifatturiere, servizi, grande distribuzione, trasporti, ecc.).
Da tale indagine è emerso che le aziende affidate
alla gestione di uno o più manager non appartenenti alle famiglie imprenditoriali erano cresciute più del dato medio di
riferimento in termini di fatturato, margini, occupazione, produttività, internazionalizzazione.
Una ricerca che, quindi, suffraga con dati oggettivi le nostre
politiche a favore di un “capitalismo più manageriale” in cui
cultura imprenditoriale e cultura manageriale si integrano, si
completano, si contaminano.
Altre indagini, non meno autorevoli, ci dicono però che il contesto in cui operiamo è molto più articolato e problematico: ci
mette di fronte a situazioni con cui è necessario fare i conti sul
piano associativo, contrattuale, ecc.
Una prima fonte di riflessioni è costituita dalla ricerca svolta
da KPMG in collaborazione con European Family Business Federation, finalizzata a rilevare come le imprese familiari europee
(14 milioni con 60 milioni di addetti) stiano affrontando il cosìddetto passaggio generazionale.
Ebbene, solo il 14% di queste prevede di affidare la propria gestione ad un manager esterno alla famiglia: il motivo di questa
percentuale così modesta sta nella “diffidenza” verso tale soluzione.
In Italia detta percentuale è ancora più bassa nonostante sia
cresciuta la consapevolezza che il talento imprenditoriale non
sempre si eredita, che il ricorso pianificato a manager esterni
può essere lo strumento per garantire un efficace trasferimento delle competenze e, soprattutto, la continuità aziendale.
E proprio in tema di successione e/o passaggio generazionale
ci vengono in aiuto i risultati di una ulteriore indagine, quella realizzata da Ernst & Young Italia: ne emerge che nel 2015,
rispetto al 2011, i giovani figli di imprenditori che si sono dichiarati disposti ad entrare in azienda sono diminuiti del 30%.
Dei giovani disponibili solo il 3,5% intende entrarvi subito dopo aver concluso gli studi, mentre il 4,9% intende farlo
dopo cinque anni e dopo aver fatto altre esperienze.
A fronte di questa situazione - commenta l’Amministratore Delegato di EY Italia - mentre nei Paesi del Nord Europa c’è una
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DI
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significativa propensione a delegare la gestione a manager
esterni la famiglia, nei Paesi dell’Europa mediterranea la cultura ed i legami familiari ostacolano o rendono molto più difficile questo processo… le nuove generazioni non hanno tanta
voglia di succedere ai genitori, hanno interessi ed aspettative
diverse.
In sintesi, mentre alcuni dati ci dicono che più management non familiare fa bene all’azienda e quindi dovrebbe
essere un fenomeno in crescita spontanea, altri ci parlano
di diffidenza e difficoltà culturali verso questa soluzione:
il 21% degli imprenditori addirittura preferisce vendere la
propria azienda anziché affidarsi ad un dirigente esterno.
Ciò detto, poiché il nostro Paese è, più di altri, connotato
dall’impresa familiare penso che tutto quanto sopra meriti, da
parte di CIDA e delle sue Federazioni una riflessione attenta e
lungimirante: lo dico perché il nostro futuro come categoria è
intimamente legato al futuro del nostro sistema imprenditoriale, a come saprà o non saprà evolvere, a come saprà posizionarsi o meno sul mercato globale.
Mentre assistiamo a drastici ridimensionamenti degli organici dirigenziali nelle poche grandi imprese rimaste, a demansionamenti brutali, ad acquisizioni da parte di capitali esteri
di interi settori produttivi (TLC, grande distribuzione, catene
alberghiere, moda, alimentare) con conseguenti cambiamenti nei modelli di governance manageriale, dobbiamo interrogarci per dare una risposta adeguata anche ad un altro tema
rilevante.
Quando parliamo di management nelle nostre piccole e medie imprese familiari in fondo in fondo lo facciamo pensando
a figure dirigenziali che facciano riferimento al nostro sistema
di rappresentanza, ai nostri contratti, ai nostri strumenti di welfare.
Invece non possiamo darlo per scontato perché è sempre
meno così: sempre più spesso ruoli manageriali, una volta tipicamente dirigenziali, oggi vengono affidati a quadri, professional e partite IVA: figure manageriali ad alta professionalità
che non intercettiamo o lo facciamo con enorme fatica e risultati marginali.
Ed allora, pur sapendo quanto l’argomento sia scabroso, penso
andrebbe affrontato aprendo una riflessione con chi rappresenta il sistema delle imprese: dobbiamo capire quali possono
essere, in questa nuova concezione di management, i confini
della nostra rappresentanza e quale ruolo il sistema delle imprese è disposto a riconoscerci anche nell’interesse delle stesse aziende.
In una fase economico-sociale in cui tutto sta cambiando e
tutti invocano discontinuità e innovazione penso sia giusto e
doveroso tentare di diventare, nei fatti, i soggetti di rappresentanza non solo della dirigenza ma di tutto il variegato mondo
■
delle alte professionalità non ordinate.
ormazione
Concluso, a Bergamo, il triennio sperimentale
della Scuola di alta formazione per neo dirigenti
MBW, ora l’obiettivo è crescere
Fabrizio Calvo
Giornalista e addetto stampa Federmanager Bergamo
Non sempre… i sogni muoiono all’alba
Quale ex Presidente di Federmanager Bergamo con vero
piacere colgo l’opportunità di introdurre la cronaca ufficiale
dell’evento che conclude un’esperienza, a dir poco unica.
Il percorso programmato, fin dal suo nascere, voleva porre
l’attenzione sull’importanza di creare, in maniera mirata, un
momento che non fosse soltanto foriero di cognizioni, ma che
avesse alla base l’obiettivo di costituire un fondamento delle
qualità opportune ed auspicabili, per accompagnare l’opera di
un buon manager.
La condizione essenziale perché il progetto trovasse realizzazione, si è basata sul sostegno di un “respiro” ambizioso e
sentito, che gli ha permesso di mantenere le originarie aspirazioni. Non è stato facile, ma si è giunti a conclusione.
L’iniziativa partita nell’anno 2010 con una progressiva implementazione di riflessioni e contributi concettuali, si è avval-
p
roseguire l’esperimento ed
estendere il format ad altre
province italiane. Questi, in
sintesi, gli intendimenti delle territoriali bergamasche di Federmanager e di
Confindustria all’indomani della conclusione, lo scorso novembre, del triennio
sperimentale del Progetto Management
Building Workshop (MBW), la Scuola di
alta formazione per neo-dirigenti, quadri apicali e giovani imprenditori, avviata nell’autunno 2012.
Il primo consuntivo sugli oltre mille
giorni di vita del Progetto MBW - reso
possibile grazie anche al supporto garantito da Fondirigenti - è decisamente positivo. A testimoniarlo, il coro di
apprezzamenti espressi da promotori,
organizzatori e fruitori dell’innovativa
iniziativa nel corso del convegno "Imprendere e governare - Quale manager
oggi", ospitato nel quartier generale di
Brembo Spa.
La Presidente di Federmanager Bergamo, Bambina Colombo, il Direttore Generale di Confindustria Bergamo, Guido
Venturini e il leader di Fondirigenti,
sa in pratica delle capacità di visione, entusiasmo e tenacia,
che Federmanager BG e Confindustria BG si erano ripromesse di trasfondere nella fase realizzatrice, potendo poi contare
sull’attenzione e partecipazione di Fondirigenti quale indispensabile ed essenziale terza Parte costituente.
Così nacque il Progetto Management Building Workshop
(MBW) laboratorio di innovazione manageriale, prima scuola italiana di alta formazione per neodirigenti, quadri apicali
e imprenditori. Non si è trattato dell’ennesimo progetto formativo, ma si è mirato a coniugare formazione professionale
con preparazione al ruolo, dal punto di vista valoriale ed etico.
Un grazie a chi vi ha creduto e a quanti vi hanno preso parte.
Mario Giambone
Renato Cuselli non si sono certo risparmiati nel mettere in luce i valori aggiunti
del Progetto MBW.
Tra i tanti, due in particolare. Il primo:
la notevole capacità del format (e, soprattutto, di chi lo ha coordinato) di
adeguarsi alle esigenze emergenti, pur
di arrivare a confezionare un ’prodotto’
robusto oltre che di elevata qualità. Il secondo: gli importanti rapporti interpersonali e trasversali (a prescindere, cioè,
dalle posizioni ricoperte nelle rispettive
aziende) creatisi fra i partecipanti.
Valutazione, quest’ultima, confermata
dai tre portavoce dei 130 allievi (56 neodirigenti, 46 quadri di alto livello e 28 fra
giovani imprenditori e alcuni titolari di
aziende con qualche anno di storia sulle
spalle) che hanno condiviso le loro testimonianze (sia come singoli sia come
rappresentanti dei gruppi formatisi durante le tre annualità) nel corso del successivo confronto, tanto serrato quanto
ricco di spunti di riflessione.
Tuttavia, nonostante il clima ampiamente positivo, i dubbi sul futuro del Pro-
Un momento della tavola rotonda: da sinistra Alberto Baban, Stefano Cuzzilla e Luca Donelli
DI
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21
ormazione
getto MBW permangono. In attesa che
il nuovo vertice di Fondirigenti decida
se proseguire (quindi anche con nuovi
stanziamenti) con l’esperienza-pilota di
Bergamo e/o se contribuire all’adozione
del format in altre parti del Paese (parecchie, finora, le manifestazioni d’interesse
arrivate nel capoluogo lombardo per
replicare il modello della Scuola di alta
formazione), dalla sede di Federmanager
Bergamo si lascia intravedere lo spiraglio
di una via alternativa ad un’eventuale rinuncia da parte di Fondirigenti: l’esplorazione di forme di sponsorizzazione che
coinvolgano realtà dei vari territori.
“A nostro parere - premette la Presidente
Colombo - il format che abbiamo messo
a punto potrà esser replicato altrove a
tre condizioni: che vengano cioè definiti
contenuti particolarmente significativi;
che si favorisca la coabitazione coordinata di più metodologie didattiche e
che, infine, si arrivi ad un’inequivocabile
strutturazione del team di progetto.”
“Ma questo pacchetto di conditio sine qua
non - prosegue la leader dei manager bergamaschi - non potrà non tener conto di
un ulteriore quid: l’affiancamento da parte
di un tessuto social-produttivo che si faccia carico di una parte della committenza”.
Un elemento quest’ultimo che, secondo
la Presidente Colombo e i suoi partner, dovrebbe essere in grado di far fare al Progetto MBW (o comunque lo si vorrà chiamare
in futuro) “un salto qualitativo tale da consentire di ricavarsi uno spazio nell’articolato panorama dell’alta formazione italiana.”
“Il coinvolgimento della committenza
nel progetto - spiega Colombo - aiuterebbe infatti a favorire la motivazione, a
finalizzare la progettazione di dettaglio
e a rendere efficaci le fasi di didattica attiva, comprese anche quelle di laboratorio e di project work.”
In altre parole, questa la tesi, chi affida
un incarico dovrà sentirsi coinvolto nel
presidiare sia le fasi di analisi del fabbisogno, in modo che siano effettivamente allineate alle proprie esigenze, sia
quelle relative alla valutazione finale.
“Gli obiettivi formativi - auspica Colombo
- dovranno dunque essere condivisi dalle
imprese di appartenenza dei partecipanti
e il percorso dovrà essere effettivamente
progettato come un percorso di sviluppo
per i manager delle organizzazioni.”
L’ attenzione mostrata alla trasferibilità
è un ulteriore elemento che distingue
la Scuola per manager neo-dirigenti
22
DI
La testimonianza dei partecipanti a M.B.W:
da sinistra Carlotta Cortelli, Giancarlo Isoni e Simone Maffeis
dai percorsi di alta formazione o master.
Obiettivo principale, infatti, è quello di
sviluppare capacità manageriali da ’restituire’ alle organizzazioni di appartenenza.
Un elemento, quest’ultimo, che rafforza
il legame con le imprese che quindi potranno vedere nella SAF un inequivocabile strumento formativo per la crescita
professionale dei propri manager.
In un contesto come quello della provincia di Bergamo, e più in generale
dell’intero Paese, caratterizzato da un’elevatissima presenza di micro, piccole e
medie imprese, il ruolo che le associazioni di rappresentanza possono giocare, catalizzando il fabbisogno formativo
e favorendo momenti di confronto tra
organizzazioni diverse, è destinato a diventare strategico. E ciò varrà ancor più,
a livello di filiera.
“Ultimo aspetto, ma non per importanza” conclude Colombo “l’individuazione
di ruoli di presidio e coordinamento corretti”. E precisa: “Un’efficace applicazione del format passerà, indubbiamente,
anche per le competenze e le attitudini
delle persone che ricoprono alcuni ruoli
strategici. A loro si chiederanno compe-
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tenze professionali legate al processo
formativo che non sono semplici da ricostruire, perché basate su una conoscenza consolidata dei processi e metodi di
progettazione, sviluppo e valutazione
formativa.”
Ed è proprio in questa cornice di contesto che s’inserisce la ferma volontà, ribadita (durante il confronto conclusivo di
cui sono stati protagonisti) dai Presidenti
nazionali di Federmanager Stefano Cuzzilla e della Piccola Industria di Confindustria Alberto Baban, di dotare il sistema
delle PMI italiane di un crescente numero
di figure manageriali. “L’esperienza bilaterale messa in campo qui in Bergamasca - ha esordito Cuzzilla - parte da una
premessa convincente: la formazione
professionale deve essere orientata verso gli asset strategici dell’impresa. La ricchezza dell’Italia è rappresentata proprio
da quelle PMI che, investendo in figure
manageriali, vincono sui mercati internazionali.”“Piccola Industria - gli ha fatto eco
Baban - ha lavorato e continua a lavorare
per una crescita, innanzitutto culturale,
delle PMI, che consenta di aprire, sempre
■
più, le aziende a manager”.
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Corsi di Formazione ANIMP
Gennaio, febbraio e marzo 2016
L’analisi dei rischi nella costruzione: obiettivi e aspetti metodologici
a cura di ANIMP
Milano, 28 gennaio 2016
Il corso tratta le metodologie orientate all’individuazione ed al controllo dei rischi connessi alla costruzione, illustrandone le principali finalità e caratteristiche anche attraverso la presentazione di esperienze maturate su progetti in ambito impiantistico. Il corso è rivolto a dipendenti di EPC Contractors e di Imprese Appaltatrici medie e grandi che desiderano acquisire e/o ampliare la conoscenza di base sulla metodologia dell’analisi dei rischi in
generale e della costruzione in particolare. Le posizioni aziendali interessate sono essenzialmente: construction engineer, coordinatori di progetti e
project manager coinvolti nel processo di costruzione. È posta particolare attenzione a tutta la parte documentale.
Proposal management per fornitori di componenti di impiantistica industriale
a cura di ANIMP
Milano, 17-18-19 febbraio 2016
Il corso è indirizzato prevalentemente al personale delle Direzioni Commerciali, Tecniche e Finanziarie di società che, attraverso un contratto, vendono sistemi e componenti più o meno complessi. Lo scopo di questo corso è fornire una visione globale dei molteplici aspetti sui quali si basa
l’effettiva competitività dell’azione commerciale in aziende grandi, medie e piccole che forniscono componenti e/o sistemi di impianto.
Corso professionale sul project management (Ipma Competence Baseline)
a cura di ANIMP-IPMAITALY
Milano, 1° modulo 25-26-27 febbraio - 2° modulo 10-11-12 marzo 2016
Il corso è destinato a persone che operano nei settori industriali, nei servizi e negli enti pubblici (quali manifatturiero, telecomunicazioni, informatico,
impiantistico, infrastrutture, banche, assicurazioni, sanità, pubblica amministrazione, ...) e che hanno qualche conoscenza dei concetti su cui si fonda
la “Gestione per Progetto” acquisita tramite lo studio teorico e/o la partecipazione attiva, operando all’interno di team di lavoro, alla realizzazione
di un progetto. Il corso fornisce a ciascun partecipante, qualora fosse interessato alla Certificazione professionale di Project Manager secondo la
metodologia IPMA, le conoscenze di base sulle quali si articola la Certificazione ANIMP-IPMA (Italian Certification Body).
La partecipazione ai corsi ANIMP prevede l’assegnazione di CREDITI FORMATIVI
da parte dell’Ordine degli Ingegneri
Per ulteriori informazioni o per ricevere il depliant
informativo del corso rivolgersi alla Segreteria
Corsi ANIMP (Manuela Corbetta)
dalle ore 9.00 alle ore 13.00
Tel. 02.6710.0740 ext 7 - Fax 02.6707.1785
e-mail: [email protected]
oppure consultare il sito www.animp.it
alla voce FORMAZIONE.
Comunichiamo che, su nostra
richiesta, la Direzione ANIMP
ci ha confermato che ai Soci ALDAI
che si iscriveranno ai corsi
promossi dall’ANIMP a titolo
individuale verranno concesse
le stesse agevolazioni praticate
ai loro iscritti.
GRUPPO ENERGIA ED ECOLOGIA ALDAI
Il ruolo della post-logistica nei processi di riconfigurazione del mercato
Nell’ambito dell’attività del Gruppo Energia ed Ecologia ALDAI il
Comitato ITL (Infrastrutture, Trasporti e Logistica) organizza una
conferenza su questo tema di rilevante attualità nel contesto del
riassetto della portualità, dell’allocazione dei terminal intermodali, della definizione del piano degli aeroporti, della liberalizzazione dei trasporti ferroviari e delle avviate/avviande privatizzazioni nelle grandi società a capitale pubblico (poste, ferrovie, etc).
La conferenza sarà tenuta da Pietro Spirito, docente di
Economia dei Trasporti dell’Università di Tor Vergara e Presidente dell’Interporto di Bologna, illustra la sua visione
dell’attuale fase di riconfigurazione dei mercati: la globalizzazione prima e la crisi poi - afferma il relatore - hanno
trasformato le dimensioni, la geografia e la struttura del
campo di gioco.
■
L’incontro si terrà in ALDAI - sala Viscontea - via Larga 31 - Milano
giovedì 21 gennaio 2016 alle ore 10.00
Seguirà un breve pubblico dibattito
MODALITÀ DI PRENOTAZIONE
Gli interessati possono prenotarsi online attraverso il sito www.aldai.it, sezione “ALDAI Eventi”, selezionando dal calendario la data interessata
e compilando gli appositi spazi alla voce “iscriviti”. Le date pubblicate potrebbero variare successivamente alla stampa della rivista; invitiamo
pertanto i lettori a prendere visione delle periodiche newsletter e del sito per dettagli e conferma degli incontri. Per chi non avesse la possibilità di
effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al numero 02/5830.7557 indicando nell’oggetto “Ruolo post-logistica”.
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Rinnovo quota a
➜ Servizio
sindacale
➜ Assistenza sanitaria integrativa
➜ Consulenza previdenziale e fiscale
➜ Network professionale
➜ Orientamento e formazione manageriale
➜ Valorizzazione delle competenze
...e ancora
➜Consulenza sui Fondi di previdenza complementare.
➜Verifiche e conteggi sulle competenze di fine rapporto.
➜Copertura assicurativa “Polizza Tutela Legale”.
➜Ricevimento della rivista “Dirigenti Industria”.
➜Consulenze in ambito formativo e di orientamento utili
a fornire strumenti tecnici per rapportarsi al mercato
del lavoro (valorizzazione del CV, utilizzo efficace della
propria rete di contatti, potenziamento del network).
➜Servizio Tutoring.
➜Sportello Assicurativo Praesidium.
➜Convenzioni sanitarie e commerciali.
Per aggiornare i dati anagrafici
e di contatto:
www.aldai.it area riservata
Codice Utente:
codice Federmanager
Password:
codice fiscale al primo accesso
Convenzioni con:
➜Società per percorsi di outplacement.
➜Assocaaf per compilazione dei Modelli 730 e Unico.
➜50&Più Enasco per invio telematico domanda di pensione
all’INPS e altre prestazioni.
➜50&Più Servizi Srl per gli adempimenti del rapporto
dei collaboratori familiari.
➜50&Più Caaf per l’assistenza nell’iter della dichiarazione
di successione.
28
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
© kotoyamagami - Fotolia.com
ssociativa 2016
Il Consiglio Direttivo, nella riunione del 17 dicembre 2015, ha confermato per il quinto anno consecutivo
gli importi delle quote associative.
Nella stessa riunione è stato approvato il bilancio preventivo con il potenziamento degli investimenti
per le iniziative di sviluppo associativo e di comunicazione digitale per meglio soddisfare le diverse aspettative
degli associati ed allargare il dialogo all’intera categoria.
Quota associativa 2016
➜ euro 240,00 - dirigenti in servizio
➜ euro 120,00 - dirigenti in pensione
➜ euro 112,00 - dirigenti in pensione ante 1988
Un segnale di solidarietà nei confronti dei colleghi che hanno perso il lavoro: ALDAI dimezza la quota associativa
(€ 120,00) dei dirigenti inoccupati che autocertificano un reddito inferiore a € 50.000 annui (modello scaricabile dal sito).
Euro 30,00 contributo una tantum per chi si iscrive per la prima volta.
Termine e modalità di pagamento
Entro mercoledì 16 marzo 2016 tramite:
➜addebito diretto in conto - mandato per addebito diretto SEPA
(modello scaricabile dal sito ALDAI).
Oppure:
➜bollettino di c/c postale salvo casi di deleghe aziendali e addebito diretto sul conto;
➜bonifico bancario (nuovo codice IBAN IT50Z0335901600100000129106)
indicando nella causale cognome, nome e numero di tessera o data di nascita;
➜delega aziendale (modello scaricabile dal sito ALDAI).
Per un manager
preparato alle
nuove realtà,
più consapevole,
più sicuro di sé,
più sereno.
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
29
�
aVORO
Gruppo di Lavoro Mind the Gap
Un serio impegno per
l’employability dei dirigenti
Elena Toffetti
Componente Consiglio Direttivo e Giunta esecutiva ALDAI
Coordinatrice GdL MindtheGap - tutor ALDAI
�
a crisi ha visto ridursi il numero
dei dirigenti in Italia da 460.000 a
400.000 (fonte indagine Aldai su
dati Istat). Il bilancio è pesante e i segnali
di ripresa molto timidi.
Federmanager, davanti a quest’emorragia, ha intrapreso attività di sostegno
per cercare aiutare i colleghi che si trovano in questa situazione e ogni territorio fa la sua parte nella specificità della
propria situazione.
ALDAI si è mossa da tempo, fornendo
un segnale concreto di solidarietà riducendo del 50% la quota associativa ai
dirigenti inoccupati a reddito ridotto.
Segnale sicuramente ben accolto ma sicuramente non incisivo sulla situazione.
Anno dopo anno, sono state messe in
campo molte iniziative e servizi dedicati
al sostegno dei colleghi inoccupati che si
sono andate ad affiancare ai servizi istituzionali (Sindacale, FASI, etc…). Il servizio Orientamento e Formazione mette
oggi a disposizione del dirigente che
ha concluso il rapporto con l’azienda,
un’offerta piuttosto ricca: Multibrand,
Outplacement, Tutoring, Certificazione delle Competenze (RINA), Convenzioni formative, Progetti condivisi
con Assolombarda, Voucher formativi
Fondirigenti… sui quali “Dirigenti Industria” ha fornito ampia informazione.
Sicuramente un’offerta interessante,
ma mancava il tassello più importante, quello dedicato all’employability,
cioè il sostegno attivo all’occupazione.
Aldai ha avviato un nuovo dialogo Istituzionale con Assolombarda per capire
30
DI
come operare insieme su questo tema.
Assolombarda ha evidenziato che le
aziende, soprattutto le PMI, hanno un
notevole bisogno di managerialità per
consolidare o accrescere il loro business.
Una strada da intraprendere per cercare di incidere sulla cultura delle aziende
è la presentazione di storie di successo
spiegandone le best practice, raccontando, con casi concreti, le innumerevoli
competenze, sia hard (strategiche, commerciali, finanziarie, metodologiche,
organizzative e di processo) sia soft (gestione dei collaboratori e delle relazioni),
che il dirigente può portare in azienda.
L’apertura del canale di dialogo con
l’organizzazione datoriale e il sostegno
del Consiglio Direttivo ALDAI insediatosi a maggio 2015, unito al fatto che
da tempo avevo in mente di creare un
Gruppo di Lavoro dedicato ai manager
inoccupati, sono state le premesse ideali per la nascita del Gruppo Mind the
Gap.
I lavori sono iniziati a luglio 2014 e numerosi colleghi hanno già aderito con
grande entusiasmo e disponibilità a lavorare sul progetto. Insieme, si vogliono
trovare e consolidare quei canali che
permettano in modo sistemico di fare
incrociare domanda e offerta, di intercettare e creare opportunità sia per chi
lavora nel Gruppo sia per tutti i soci in
situazione di transizione. La ricollocazione ideale considera posizioni inquadrate come dirigente e quadro, (tempo
indeterminato o temporary) ma vengono prese in considerazione anche opportunità di consulenza (attraverso la
partita IVA) o, addirittura, il lancio di un’i-
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
dea imprenditopriale. Il Gruppo punta
a risultati concreti e vuole diventare un
punto di riferimento per la categoria nel
panorama milanese.
Mind the Gap
Fare attenzione al vuoto (gap) che si
crea una volta fuori dall’azienda.
Il Gruppo vuole rispondere a questo
attraverso la preparazione di un
programma operativo con progetti e
proposte concrete e realizzabili per:
îgestire la transizione
îaiutare l’occupabilità sviluppando
il matching tra domanda e offerta
di lavoro.
Il lavoro del Gruppo è stato suddiviso in
quattro sottogruppi, ciascuno con un
tema da sviluppare. Alcuni sono progetti operativi (Factory) e si riferiscono ai
temi di collaborazione già abbozzati in
Assolombarda, altri (Lab) sono tematiche trasversali di grande attualità e interesse per le aziende.
Factory - Matching Startup
Organizzazione dell’incontro con le startup nelle modalità più idonee a favorire l’attivazione di opportunità, come ad esempio:
•Work for Equity
•Business Angel
•Advisory pro-bono
•Lavoro manageriale dietro compenso
•Lancio di propria startup.
Factory - Matching PMI
Organizzazione dell’incontro di matching tra dirigenti e PMI nelle modalità più idonee a favorire l’attivazione di opportunità.
Evidenziare il valore aggiunto dell’apporto di competenze manageriali nello sviluppo delle PMI.
Factory
4. Lab Internazionalizzazione à approfondire modelli di internazionalizzazione, metodologie e strumenti che possano
evidenziare i vantaggi per le aziende dell’utilizzo di manager
capaci di gestire l’espansione aziendale al di fuori del territorio
nazionale. I contenuti che deriveranno da questo Lab, saranno
utilizzati come leva per una maggiore attrattività dei manager
nei confronti delle PMI (evento Matching PMI).
aVORO
1. Matching startup
îEvento di lancio Milano Startup Town presentato da Assolombarda in ALDAI - 11 novembre 2015 à le opportunità di collaborazione sono molteplici a partire da consulenze pro bono,
consulenze dietro compenso di una partecipazione azionaria
(work for equity), l’investimento di capitali nella startup stessa.
îEvento di matching à Primo Evento per fare incontrare (modello speed dating) le Startup iscritte ad Assolombarda e i manager
con l’obiettivo di una collaborazione (competenze o capitale).
Timing previsto: febbraio/marzo 2016
2. Matching con PMI à Evento per fare incontrare le PMI iscritte ad Assolombarda e i manager con l’obiettivo di una collaborazione / inserimento di manager in aziende esistenti.
Timing previsto: aprile/maggio 2016
In entrambi i casi, Assolombarda esplorerà ed individuerà con
le aziende associate le competenze di cui necessitano mentre
Aldai, attraverso l’Agenzia per il lavoro di Fondirigenti, fornirà
una lista di manager con le competenze richieste (se non avete
ancora caricato il vostro CV fatelo al più presto!).
Se i format avranno successo, verranno ripetuti con cadenza
ancora da stabilirsi.
LAB - Tematiche di attualità
3. Lab La sfida digitale à Creare un “Knowledge Package” sul
tema della sfida digitale che offra una serie di spunti per aiutare a:
îottenere informazioni di base (concetti, linguaggio prodotti)
îacquisire schemi di riferimento per meglio comprendere i fenomeni di cambiamento, le ripercussioni sull’organizzazione
e le responsabilità del dirigente
îpromuovere occasioni di scambio con esperti / influencer del
settore e ALDAI
îcontribuire allo sviluppo delle iniziative Factory degli altri
gruppi Mind the Gap.
�
Lab - La Sfida digitale
Elaborazione di proposte operative per evidenziare
eventuali bisogni ed attivare progetti con le aziende sul tema della digitalizzazione dalla migrazione al
cloud al mobile ai social media.
Contenuti trasversali da utilizzare anche a supporto
degli eventi di matching PMI.
Lab - Internazionalizzazione
Elaborazione di proposte operative per mettere in
luce il bisogno ed attivare progetti con le aziende sul
tema dell’internazionalizzazione.
Contenuti trasversali da utilizzare anche a supporto
degli eventi di matching PMI.
Questo è quello che il Gruppo sta facendo
e si propone di fare... ambizioso? Certamente sì!
Calendario riunioni
Mind the Gap 2016
Secondo lunedì del mese - ore 16.00
ALDAI - via Larga 31 - 20122 Milano
L’entusiasmo e il desiderio di produrre qualcosa di utile
per i dirigenti sono una grande molla per fare e fare bene!
Volete partecipare alle nostre riunioni? Scriveteci!
îElena Toffetti: [email protected]
îSerena Grigolli: [email protected]
...E non dimenticate di caricare i vostri dati e il vostro CV
sul sito di Fondirigenti (Agenzia del lavoro).
DI
î 18 gennaio
î 15 febbraio
î 14 marzo
î 11 aprile
î 16 maggio
î 13 giugno
î 11 luglio
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
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�
aVORO
Scuola: ALDAI presente
XIX Convegno Scuola-Lavoro
Mario Giambone
�
Presidente Comitato Pensionati e Consigliere ALDAI
a Federazione Maestri del Lavoro
Consolato Provinciale di Milano,
ha celebrato, lo scorso 27 novembre, presso la prestigiosa Sala delle
Conferenze di Assolombarda, l’annuale
incontro con il mondo della scuola.
Il tema del convegno è stato “Expo
2015: quale eredità lascia alle nuove generazioni? Modelli di consumo, sistemi
di sviluppo ecosostenibili e nuove professionalità”.
La manifestazione ha riscosso una notevole affluenza di pubblico e di un
folto gruppo di studenti ed insegnanti, nonostante l’annunciata agitazione
prevista nel settore dei trasporti, che
ha certamente creato qualche criticità
per le presenze, ma non per quanto riguarda l’interesse e la sentita condivisione dei vari temi affrontati e discussi,
seguiti con attenzione e partecipazione.
Rilevante e significativo il patrocinio attribuito all’evento da parte del Comune
di Milano, Ufficio Scolastico per la Lombardia e Città metropolitana di Milano.
Non sono mancate varie sponsorizzazioni da parte di aziende ed associazioni, tra le quali ALDAI.
In pratica tali sostegni economici hanno
reso possibile il conferimento di premi
distintivi attribuiti a studenti che hanno preso parte al concorso, con propri
elaborati, selezionati ed esaminati da
una qualificata Giuria composta da insegnanti e docenti, presieduta da Clorinda
Falchetti.
All’evento non sono mancati interventi di particolare profilo da parte degli
autorevoli relatori intervenuti. La parte
conclusiva è culminata con la consegna
dei singoli attestati ai vincitori appartenenti a licei, istituti professionali e scuo-
32
DI
le secondarie di primo grado e questo
particolare momento ha inevitabilmente portato una spontanea e coinvolgente allegria giovanile.
Al centro dell’attenzione è stato naturalmente lo sviluppo del tema introduttivo,
che ha consentito un’ampia panoramica
degli effetti pratici generati da Expo,
dai temi tecnici affrontati nelle varie e
frequenti occasioni di confronto, tra le
parti qualificate, per realizzare risultati
adeguati al progresso delle soluzioni
tecniche ed innovative, che consentano comunque qualcosa che produca
benessere generale, ma anche le giuste
misure da intraprendere per una sufficiente e generalizzata produzione atta
ad alimentare il pianeta.
Non è mancata un’analisi esplorativa,
per valutare ed esaminare, il modo
in cui è stato vissuto dai giovani che
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
hanno visitato più volte l’esposizione,
realizzando in concreto una singolare
comunicativa tra differenti soggetti,
creando un effetto di ampia visuale di
realtà etniche diverse e lontane, ma
sorprendentemente “vicine”, materializzando un’integrazione dettata dallo
slancio e dall’entusiasmo giovanile.
Da questo effetto immediato, testimoniato da quanti ancora sono impegnati
nella fase di crescita conoscitiva e non
ancora, quindi, vicini al momento in cui
verrà concluso il corso degli studi, non
è avulso l’interrogativo che si presenta
pensando al mondo reale, alle possibili opportunità che dopo lo studio andranno ricercate.
Questa realtà non sfugge alla “missione” alla base dell’impegno che i Maestri
del Lavoro, si sono posti fin dalla loro
costituzione. Vale ancora qui ricordare
Giorgio Fiorini, Amedeo Veglio, Alberto Mattioli, Livia Pomodoro,
Laura Turotti, Don Walter Magnoni e Massimo Manzoni
�
come l’attribuzione di questa distintiva
decorazione “Stella al Merito del Lavoro“, istituita nel lontano 1923 poi rimarcata dalla legge n. 143, viene concessa
ai dententori dei particolari requisiti previsti. Le domande presentate dagli aspiranti, vengono vagliate e ponderate dai
competenti Uffici Regionali del Lavoro.
Gli scopi perseguiti, quindi a titolo distintivo, sono quelli di fornire ogni possibile generoso apporto di esperienza
per la soluzione dei problemi, non solo
tecnici, attraverso testimonianze fattive
di partecipazione nelle classi scolastiche
per favorire l’inserimento umano delle
giovani leve nel mondo del lavoro, aiutandole nella loro formazione e nelle
scelte professionali.
Il promuovere ed elevare il valore
morale nella società e negli ambienti
di lavoro è postulato prioritario dello
spirito di appartenenza dei “Maestri”.
Questo impegno si materializza anche
nel campo della solidarietà sociale,
nella collaborazione civile e nelle iniziative culturali sociali con attività di
volontariato.
A sintetica conclusione delle varie sessioni che si sono susseguite vale quella
Servizio Fotografico di Paolo Liaci - www.paololiaci.com
aVORO
riassunta dal rappresentante di “casa”,
Amedeo Veglio, quale appartenente
all’Area Formazione Scuola - Università
e Ricerca Assolombarda. Nel cercare di
dare senso pratico al sottile quesito che
i giovani inevitabilmente si porranno
al termine del loro percorso di studio.
Il monito è quello di non fuggire dalle
difficoltà, comunque esse si presentino,
e di non rinunciare alla propria personalità confondendosi nella massa per
nascondersi, ma accettare il rischio di
amare le proprie idee.
■
Alcuni momenti della premiazione
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
33
p
REVIDENZA
La strada sbagliata.
E quella buona.
Antonio Dentato
Componente Sezione Pensionati Assidifer - Federmanager
Premessa
All’indignazione suscitata dalla pubblicazione (agosto 2013) dei dati relativi alle
c.d. ”pensioni d’oro” e alle conseguenti
reazioni sfociate in numerose proposte
di legge (6), pressoché tutte volte a colpire, in un modo o nell’altro, i trattamenti
provenienti dal sistema retributivo, la
Commissione Lavoro della Camera dei
Deputati, dopo un dibattito concentrato
soprattutto su una proposta di ricalcolo
delle pensioni al di sopra di una determinata soglia con il sistema contributivo
(proposta in quell’occasione respinta), l’8
gennaio 2014, pervenne ad un preciso
indirizzo politico. Approvò una “Mozione”
di buon senso, con la quale impegnava il
Governo a monitorare gli effetti e l’efficacia delle misure di contenimento della spesa pensionistica introdotte con la
Legge di Stabilità 2014 e a valutare, agli
esiti di questo monitoraggio, l’adozione
di successivi interventi che, nel rispetto
dei principi indicati dalla Corte Costituzionale, sempre in un’ottica di solidarietà interna al sistema pensionistico, tesi
a realizzare una maggiore equità per ciò
che concerne le cc.dd. “pensioni d’oro” e
correggere, per queste ultime, eventuali
distorsioni e privilegi derivanti dall’applicazione dei sistemi di computo retributivo e contributivo nella determinazione
del trattamento pensionistico.
richiamo. Fatti che purtroppo hanno
generato inquietudini e amarezze fra i
pensionati. E anche fatti che non fanno
ben sperare, perché segnalano comportamenti che destano sconcerto per l’evidente frantumarsi dei pubblici poteri,
come sarà evidente dalle cose che diremo in seguito.
Le schede INPS
Come era suo diritto e dovere, il nostro
Istituto Nazionale di Previdenza Sociale
ha diffuso schede elaborate autonomamente, nel quadro dell’operazione “porte aperte”, con l’obiettivo di rendere “trasparente” la composizione della spesa e
l’effettivo funzionamento delle maggiori
gestioni pensionistiche amministrate
dall’Istituto medesimo.
Al di là dei limiti metodologici che, a
nostro avviso, presenta quell’esercizio, e
certamente al di là delle intenzioni di chi
l’ha impostato, le informazioni fornite
hanno suscitato inquietudine fra gli interessati e anche non poche manifestazioni di disappunto. Perché di esse sono
state date diverse letture. Almeno due.
E ambedue negative.
Una strada segnata
da indicatori devianti
e devastanti non è
una buona strada
e non conduce alla
destinazione auspicata.
Non porta alla soluzione
dei problemi veri che gravano
sulla nostra convivenza civile.
1.Da un lato sono state giudicate come
interferenza di un organo strumentale dell’apparato statale nella sfera
della politica. Anzi, come indebita forzatura sul Governo al fine di indurlo
ad ulteriori provvedimenti di prelievo
sulle pensioni (peraltro le stesse che
hanno subito enormi decurtazioni a
causa della mancata rivalutazione annua al 100% dell’importo corrispondente al parametro ISTAT). Interpretazione, questa, ampiamente smentita
dai rappresentanti istituzionali. Dopo
una serie di contrapposte conferme e
rettifiche.
2.Dall’altro, quelle schede sono state
lette come una sorta di denuncia documentata di trattamenti pensionisti-
Figura 1 - Pensioni per classi d’importo lordo mensile (%) 2013
La situazione
Ad oggi, per quanto ci risulti, non vi
sono esiti di un tale monitoraggio. Non
sappiamo, al di là degli scoop di cronaca,
se siano stati individuati casi di applicazioni distorte delle norme di calcolo dei
trattamenti pensionistici; se siano stati
riportati nei limiti legali casi di abusivismo pensionistico.
Se mancano informazioni relative a quel
monitoraggio, conosciamo però alcuni
fatti che meritano un sia pur minimo
34
DI
Fonte: nostra Figura da dati ISTAT. Trattamenti pensionistici e beneficiari, 2013. Pubblicazione: 5 dicembre 2014.
Nota di lettura: gli arrotondamenti automatici determinano lievi scarti rispetto a 100%. Le correzioni sono manuali.
La Figura intende segnalare soprattutto l’ordine di grandezza della distribuzione per classi d’importo mensile.
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
p
REVIDENZA
ci non dovuti. Quasi un furto, quando
attribuiti con il sistema retributivo.
E, in quest’ultima interpretazione, i
pensionati, in particolare i più anziani, sono stati fatti oggetto di attacchi
inqualificabili e doppiamente immotivati.
Inqualificabili, per la veemenza e la
velenosità delle espressioni utilizzate
in rete e in alcuni organi di stampa;
ma anche per l’uso che ne ha fatto
la demagogia militante, ritenendo di
aver trovato nelle schede stesse materia sufficiente per strumentalizzare
ulteriormente la contrapposizione intergenerazionale.
Immotivati, perché:
a. facendo di tutte le erbe un fascio
(mettendo insieme pensioni abnormi
con assegni appena dignitosi) sono
stati presi a riferimento trattamenti
legittimati da norme in vigore all’epoca della loro assegnazione. Norme
che in nessuna parte del mondo (salvo che per colpire abusi) nessuno mai
si è sognato di cambiare una volta attribuiti i trattamenti;
b. peraltro, trattamenti d’importi di
gran lunga inferiori a quelli che, in
molti casi, sarebbero spettati applicando il calcolo del sistema contributivo. Come dimostrano le disposizioni
che per ben due volte hanno impedito
l’opzione per il sistema contributivo:
1. nel 2001 con Dl. n.355 e, più recentemente;
2. con la Legge di Stabilità 2015 - Articolo Unico, commi 707 e 708 - che
vieta l’attribuzione dell’assegno con
il sistema contributivo a quelli che,
all’atto del pensionamento, possono far valere un’anzianità contributiva superiore a 18 anni a fine 1995
e che, per effetto di quest’anzianità,
potrebbero beneficiare di trattamenti superiori al retributivo.
Più trasparenza
Al di là delle interpretazioni, come sopra sintetizzate, riteniamo che sia utile il
proseguimento delle elaborazioni avviate dal nostro Istituto Previdenziale. D’altra parte, nella sua Relazione Programmatica per gli anni 2015-2017, lo stesso
annuncia il miglioramento “del sistema
della trasparenza” anche “mediante l’ascolto dei cittadini e delle imprese”.
Ci auguriamo anche mediante l’ascolto
delle Rappresentanze dei lavoratori e
dei pensionati.
A proposito del miglioramento della trasparenza, sarebbe utile chiarire alcuni
aspetti che oggi fanno velo ad una più
esatta conoscenza del funzionamento
dell’Istituto e alla composizione della
spesa pensionistica.
îI dati resi disponibili dall’ISTAT per
l’anno 2013 (Trattamenti pensionistici
e beneficiari, 5 dicembre 2014) relativi
alla distribuzione degli assegni ai pensionati, per classi di importo mensile,
espongono una situazione di grave difficoltà per i titolari delle prestazioni più
modeste. (Figura 1). L’INPS, a sua volta,
più recentemente, (Bilancio sociale,
2014) segnala che rispetto al totale dei
pensionati (n. 15.579.065 al 31 dicembre 2014) quasi uno su due (42,5% pari
a circa 6,5 milioni di individui) percepisce un reddito pensionistico medio inferiore a 1.000 euro mensili (tra questi
il 12,1% al di sotto di 500 euro). Non si
può restare insensibili rispetto a notizie che avvertono di un così grave disagio sociale. Ma non si può nemmeno
restare inerti rispetto a proposte, per
ora solo presentate, comunque al limite della legittimità costituzionale, in
cui una minoranza, vale a dire i titolari
di pensioni più o meno elevate (intorno a 500mila, sul totale) sono caricati
dell’onere di risolvere, con la decurtazione dei loro trattamenti, le disuguaglianze nella distribuzione delle
risorse e fronteggiare problemi sociali
di enorme gravità; tali che neppure un
esproprio proletario (come qualcuno
ha detto) che coinvolgesse addirittura
redditi più modesti, potrebbe risolvere.
Trasparenza vorrebbe, allora, che ulteriori approfondimenti fossero rivolti ad
una più vasta platea di pensionati, per
capire come si siano andati formando,
negli anni, milioni di trattamenti di importi tanto modesti; quali provenienze
sociali e lavorative essi hanno. A questo fine non mancano studi pregevoli
e continuativi. Si veda di recente, ad
esempio: “Il bilancio del sistema previdenziale italiano, a cura di Itinerari previdenziali, Rapporto n.2/2015”. Espone
anch’esso, in maniera dettagliata, la
composizione della spesa pensionistica; segnala, fra l’altro, la spesa per
prestazioni assistenziali. Ammontava a
DI
quasi 34Mld nel 2013: 20,723 Mld per
circa 4 milioni di prestazioni afferenti a:
Invalidità civile, Indennità di accompagnamento, Pensioni e assegni sociali,
Pensioni di guerra. E, ancora, 13,2Mld
per 7,6 milioni di prestazioni assistenziali quali: Integrazioni al minimo,
Maggiorazioni sociali, Quattordicesima, Importo aggiuntivo. Tutti oneri a
carico della fiscalità generale è vero,
ma che compaiono nell’importo lordo
della spesa complessiva, sicché questa, appesantita anche dalla tassazione
(43Mld €), appare, a torto, come la più
elevata rispetto agli altri Paesi europei.
îSi può uscire da questa immagine distorta dell’Italia, rappresentata come il
Paese di Bengodi dei pensionati.
A questo fine, visti i dati disponibili, sarebbe utile esporre la spesa complessiva anche al netto degli importi relativi
sia alla spesa assistenziale sia a quella
relativa a sostegni economici (GIAS); e,
infine, anche al netto della tassazione
che grava sulle pensioni, trattandosi,
quest’ultima, di una partita di giro.
îUn’operazione nel senso esposto potrebbe fornire anche utili elementi ai
seguenti fini:
-dare concreta attuazione alla separazione della previdenza dall’assistenza, come richiesto da tempo dalle
organizzazioni rappresentative dai
pensionati. Situazione, questa, da
cui nascono equivoci permanenti,
incomprensioni e, più recentemente,
anche pericolosi atteggiamenti giacobini, inadeguati ai tempi che viviamo. Precisiamo: l’assistenza va trattata nel quadro dell’intera protezione
sociale e va potenziata. Ma posta a
carico di tutta la collettività nazionale, secondo i principi costituzionali.
Misure surrettizie che tendano a caricarla solo sulle spalle dei pensionati, peggio, su una parte minoritaria
di essi, sono intollerabili e, pertanto,
da respingere, con tutti i mezzi che
gli strumenti democratici e giudiziari
consentono;
-intraprendere una seria revisione della fiscalità sulle pensioni. Da “Il bilancio del sistema previdenziale italiano”
(cit.). risulta, in particolare, che il 50%
dell’Irpef totale sulle pensioni grava
su poco più di 2,6Mln di pensionati, con trattamenti medi superiori a
28.556 euro lordi l’anno. Vale a dire
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
35
p
REVIDENZA
che grava sugli stessi pensionati i cui
assegni sono già decurtati degli importi relativi a contributi variamente
solidaristici; sugli stessi ai quali, da
anni, non è riconosciuta, in parte o
in tutto, la perequazione; sugli stessi chiamati a finanziare, da ultimo,
le operazioni di sostegno sociale e
pensionistico contenute nella Legge
di Stabilità 2016. Per effetto del prosieguo, fino al 2018, dell’attuale meccanismo d’indicizzazione la spesa per
le loro pensioni sarà decurtata di 0,5
Mld nel 2017 e di 1,1 Mld nel 2018.
Una lunga storia
È la storia di sempre. Sempre gli stessi
redditi. Una storia che viene da lontano. Dalla Riforma Amato di cui al D.lgs.
n. 503/1992, fino alla Riforma Fornero di
cui al Dl n. 201/2011-“Salva Italia”.
E, intanto, una reiterata catena di provvedimenti sospensivi del meccanismo
d’indicizzazione e replicati balzelli tributari, camuffati da “contributi di solidarietà”.
îProvvedimenti sottrattivi: non han-
no avuto ascolto gli avvertimenti trentennali rivolti al legislatore. La Consulta
lo ha ammonito più volte a non esporre il sistema perequativo delle pensioni a continue tensioni; di smetterla
con provvedimenti di sospensione,
perché contrari ai principi di ragionevolezza e proporzionalità. (N.d.r.: Per
una documentazione storica sui richiami al legislatore, v. le ripetute Pronunce
costituzionali in materia. In particolare
dalla Sentenza n. 349/1985, fino alla
n.316/2010). Inutili richiami se, infine, la
Consulta ha finito per pronunciarsi non
più con una Sentenza monito come
ormai faceva da tempo, ma con una
pronuncia definitiva d’incostituzionalità. Quella (Sent. n.70/2015) riferita alla
norma che ha disposto la sospensione
biennale (2012-2013) della perequazione (Art. 24, comma 25, del decretolegge 6 dicembre 2011, n. 201). Neppure
questa (Ahi noi!) ha avuto l’effetto di
cambiare un atteggiamento divenuto
ormai abitudinario. Neppure dinanzi
alla Pronuncia del più alto livello giudiziario, la Corte Costituzionale, il legislatore ha inteso ragione, (inconcepibile!).
La sentenza costituzionale è stata dun-
36
DI
que ampiamente disattesa. Con probabile seguito di ricorsi fino alla Corte
Europea per i diritti dell’uomo, a Strasburgo. Ora la Legge di Stabilità 2016,
fingendo di rispettarla, come detto sopra, la disapplica, negando l’attivazione piena del meccanismo base, a suo
tempo concordato con i rappresentanti dei lavoratori e dei pensionati (Art.
34, comma 1, della legge 23 dicembre
1998, n. 448).
îBalzelli riproposti: solo nominalmen-
te definiti “contributi di solidarietà”,
mentre hanno natura tributaria, (Corte
Cost. Sent. n. 116/2013). Con gli effetti
perversi appena detti. Provvedimenti
arbitrari di un disegno che, unitamente
al frequente blocco perequativo, sembrano echeggiare una teoria economica che viene d’oltralpe e risale ad anni
addietro: i Governi dovrebbero avere il
coraggio (sic!) di non considerare più le
pensioni un vero e proprio diritto, ma
un consueto strumento assistenziale.
Dovrebbero essere effettuare prestazioni variabili nel tempo, rapportate
alle mutevoli esigenze essenziali degli
interessati; trattamenti sganciati dalla
storia lavorativa dei loro titolari, dalle
responsabilità ricoperte, dai contributi
previdenziali versati. (Per un sommario
approccio, v: P. Pestieau et G. Casamatta: Retraites par répartition et droits acquis, in: Revue économique. Volume 50,
n°3, 1999).
La strada sbagliata
Un tale disegno non farebbe mai breccia nel nostro sistema pensionistico,
per la più strenua opposizione sociale
che incontrerebbe. Ma l’insistita ripetitività con cui, a ogni stormir di fronda,
ritornano proposte e anche concreti
provvedimenti che procurano nuovi
tagli, più o meno rilevanti, e sempre sugli stessi trattamenti, destano sospetto.
E, per questo, le misure che a quella teoria sembrano approssimarsi vanno contrastate, per le conseguenze negative
che ricadono sui singoli, non solo, ma
in primo luogo perché suggeriscono di
seguire una strada sbagliata. Una strada segnata da indicatori devianti e devastanti non è una buona strada e non
conduce alla destinazione auspicata.
Non porta alla soluzione dei problemi
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
veri che gravano sulla nostra convivenza
civile. Gli indicatori della strada scelta,
per fermarci solo ai primi, dicono che:
a.redditi pensionistici vanno appiattiti
verso il basso. Come segnale emblematico di giustizia sociale, raccontano. E, invece, è un segnale propagandistico deviante. In effetti, i redditi dei
pensionati, soprattutto di quelli che
percepiscono trattamenti superiori a
2.000 euro lordi/mese, sono utilizzati
come il bancomat più prossimo dal
quale prelevare le risorse necessarie a
fronteggiare le emergenze che tuttora percorrono il nostro Paese. Questo
segnale contiene un messaggio pericoloso e devastante, perché indirizza
animosità e aggressione verso quanti
hanno la sola colpa di aver lavorato
una vita e versato contributi previdenziali fino all’ultimo centesimo,
con la speranza di poter vivere un
giorno una vita dignitosa e serena;
b.non sono segnali coerenti alla soluzione dei problemi essenziali che
assillano l’Italia. Problemi impliciti
nelle diffuse disuguaglianze economiche su cui s’innesta il conflitto sociale. Soprattutto lo sconforto
dei giovani. Troppo stridenti sono
le disproporzioni che si riscontrano
nel nostro Paese. Lo attestano studi autorevoli, confermati da analisi
altrettanto puntuali. (Si veda: Banca
d’Italia: Questioni di Economia e Finanza, Ricchezza e disuguaglianza in
Italia, 2012 e più recentemente: In It
Together Why Less Inequality Benefits
All... in Italy, Oecd, May, 21st 2015). In
quest’ultimo si legge che in Italia,
principalmente negli anni della crisi
più acuta (2007-2013):
île differenze nella distribuzione
della ricchezza si sono ulteriormente accentuate. Addirittura di
quattro punti in più rispetto alla
Germania (Fig. n.2);
î la povertà in Italia è cresciuta nel
confronto con molti altri Paesi, misurata soprattutto rispetto agli anni
pre-crisi;
î il reddito medio del 10% più ricco
della popolazione è cresciuto di 11
volte rispetto al 10% più povero;
îla cosiddetta povertà ancorata
(2005) è aumentata di 3 punti tra
il 2007 e il 2011, il quinto livello più
alto tra i Paesi OCSE.
p
REVIDENZA
La strada buona
Ai giorni nostri non sono più praticabili
forme di trasferimento diretto di ricchezze da quelli che hanno di più a chi
ha di meno. Nei tempi in cui viviamo
sono altre le modalità di redistribuzione
della ricchezza disponibile in un Paese:
passano attraverso la pubblica fiscalità.
Esse consistono nell’incremento dei servizi pubblici (mezzi di trasporto e mobilità sostenibile, reti di comunicazione),
nel rafforzamento degli istituti formativi delle nuove generazioni, nel rendere
efficiente e facilmente accessibili i servizi della sanità pubblica, nell’effettiva accessibilità al cibo e all’abitazione,
nell’incremento degli strumenti, tutti, di
protezione sociale. Ridurre l’accesa conflittualità sociale, in breve, vuol dire far
progredire realmente ed efficacemente
le condizioni di vita dei più svantaggiati. Tutto questo, in una società moderna
deve essere fatto, se si vuole seguire la
strada di una progressiva riduzione delle
ineguaglianze sociali. Che non sono una
condanna permanente ed estesa a tutte
le latitudini. Piuttosto sono condizioni
di inuguaglianze dure a scomparire sul
breve periodo, come dicono studi approfonditi in materia. Studi che accendono, per altro verso, anche bagliori
di ottimismo, quando individuano un
percorso non utopistico, incoraggiato
da analisi di grande ampiezza storica e
geografica. Essi dicono che è possibile
ridurre le ineguaglianze, sempre che si
adottino misure coerenti, ben chiare,
che mirino a quest’obiettivo. (Cfr. Thomas Piketty, “Le capital au XXIe siecle”, pg.
105 et sg; pg. 706 et sg; Ed. Seuil, 2013).
I segnali della buona strada
I segnali verso la riduzione delle differenze nella distribuzione della ricchezza
e quindi anche della contrazione di assegni pensionistici abnormi, sono contraddistinti da provvedimenti che da una
parte coinvolgono la più vasta platea
di contribuenti, dall’altra da interventi
mirati a sconfiggere abusi e pratiche distorsive. A cominciare, ovviamente, da
provvedimenti forti contro l’evasione
fiscale, la corruzione, lo spreco del pubblico danaro.
Tradotti in concreto, i concetti appena
Figura 2 - Confronto Italia/Germania
Crescita indicizzata distribuzione ricchezza secondo coefficiente di GINI*
esposti trovano sostegno nei principi
fondamentali posti a base della nostra
convivenza sociale: chi più ha più deve
dare (tutti). Interventi forti che assicurino il rispetto dei principi costituzionali;
che elevino l’affidabilità verso le pubbliche istituzioni. Valore, l’affidabilità, che
va deprezzandosi, se la controprova è riscontabile nell’astensione crescente dei
cittadini alle espressioni essenziali della
vita democratica.
Conclusione
Piuttosto che spettacolarizzare le pensioni, la politica, quella con la P maiuscola, se intende risolvere i problemi di
disuguaglianza alla radice, deve porre
la massima attenzione nello scegliere
la buona strada. Deve guardare e risolvere i problemi di fondo che causano lo
scontro sociale e, all’interno di questo,
la conflittualità fra generazioni. Deve
appianare le tante disuguaglianze che
affliggono il Paese. In particolare, deve
guardare con attenzione ad un sistema
previdenziale che dia garanzia ai giovani
di poter contare su una pensione dignitosa quando, un giorno, saranno collocati in quiescenza. A questo fine, nella
mutevolezza dei tempi che viviamo,
appare necessario tenere conto anche
degli indirizzi che vengono formulati a
livello europeo a proposito delle riforme
sistemiche delle pensioni, specialmente
per un Paese come l’Italia, fortemente
interessato dall’invecchiamento demografico. (V. Patto di stabilità e crescita
[PSC] nella legislazione dell’UE).
Guardare alle esigenze dei giovani, non
significa, per contro, continuare ad aggredire gli anziani, i pensionati, con
misure scarsamente rispettose della
Costituzione. Nei confronti di questi, la
politica deve chiudere finalmente con la
stagione delle discriminazioni nell’uso
del sistema perequativo, e deve finirla
anche con i prelievi fiscali mirati a singole categorie di cittadini, in ragione della
loro fonte di reddito. Come appunto è
accaduto e accade tuttora nei confronti
dei pensionati.
■
È un auspicio!
* Il coefficiente di GINI va da 0 a 1: più è alto e maggiore è la differenza.
Fonte: nostra figura su dati da “In It Together Why Less Inequality Benefits All ... in Italy”
May 21st 2015 OECD.
DI
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
37
v
ITA ASSOCIATIVA
ABCDigital:
come ti digitalizzo il nonno!
w
Giancarlo Civita
Socio e tutor ALDAI
eb, internet, email, mouse,
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wifi, blog, … Ricette mediche e prenotazioni visite online, documenti da scaricare dal sito, pagare la bolletta con homebanking,…
Come è cambiato il mondo della comunicazione nell’era digitale e quanto velocemente sta ancora cambiando! Ogni
giorno qualcosa di nuovo. Non si riesce
a stargli dietro.
Chat, jumbo-mail, tag, tutorial, cloud,
emoticon, link, firma digitale, follower,
spam,…
Ciascuno di noi, non nativi digitali, fatica
ad aggiornarsi ma, per necessità personale o professionale, trova il modo di
adeguarsi alle novità. Apprezzandone
spesso l’utilità. Ancora più spesso facendo una gran fatica…!
Chi proprio non riesce a star dietro a
questi cambiamenti, sono le persone
più anziane, i nostri genitori ed ancor
di più i nostri nonni. Non perché non ne
abbiano le facoltà intellettive, sia chiaro,
ma semplicemente perché si sentono
“assaliti” da termini incomprensibili e da
strumenti che non hanno nulla di familiare. Sentendosi esclusi e chiudendosi
in se stessi.
Di male in peggio quando la PA li informa che per presentare la tal domanda
devono “fare un download del form,
compilarlo e firmarlo. Ma non possono
spedirlo mettendolo in una busta affrancata. Devono inviarlo per email. Per
inviarlo online devono scannerizzarlo e
per conservarne una copia devono fare
un back-up”.
Diciamo la verità, a volte ci facciamo del
male da soli, senza tener in alcun conto
del disagio che i nostri anziani “non digitalizzati” subiscono. Ancora uno stress,
quando il medico di famiglia richiede
38
DI
una email in segreteria per prescrivere le
solite medicine.
Mentre fino ad ieri si portava la scatola
vuota del farmaco e poi si ripassava a ritirare la ricetta.
E quando l’INPS comunica che non invierà più il CUD per posta? Che lo si potrà scaricare online, dopo aver richiesto
il PIN, ovviamente online sul sito, per
accedere al quale bisogna aprire un account con relativa password?
Il povero nonno si sente frustrato e
“sconnesso” da questa società, che
sarà pure moderna, perché digitalizzata, ma che usa la digitalizzazione come
nuovo strumento di tortura, che lo
emargina e lo allontana sempre di più
e lo fa sentire inutile e di peso a qualche parente benevolo che fa per lui le
“cose” digitali.
Da oggi però non sarà più così. Qualcosa
è cambiato. Ora il nonno si prenderà la
sua rivincita.
Ecco come ti digitalizzo il nonno!
I figli ed i nipoti, che prima aiutavano il
nonno a risolvere i suoi problemi digitali, oggi lo aiuteranno a ritornare protagonista, anche nell’era digitale!!
Assolombarda ed il suo Presidente Gianfelice Rocca, hanno fortemente voluto
far nascere il Progetto ABCDigital. Con
il supporto di VISES-ALDAI, alcune scuole di Milano e provincia, in partnership
con alcune aziende, sensibili al sociale,
si è attivato un primo corso nello scorso
anno.
L’ organizzazione ed i risultati del primo
corso sono stati ben descritti da Roberto
De Mattia in un bell’articolo pubblicato
sulla rivista “Dirigenti Industria” nel numero di novembre 2015, nel quale spiega come si sviluppa il corso ed i brillanti
risultati presentati durante una riunione
di Assolombarda, nel corso della quale
sono state premiate le scuole più “meri-
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
tevoli” ed alcuni dei 1.700 cittadini “neodigitalizzati”.
Sulla scia del risultato del primo corso,
Assolombarda e le altre Organizzazioni
ed Aziende coinvolte, hanno deciso di
far proseguire questa esperienza.
Per l’anno scolastico 2015-2016 già 36
scuole, nell’area di Milano e Provincia,
hanno garantito la loro partecipazione (nella prima edizione le scuole che
hanno aderito all’iniziativa sono state
circa 20).
Quali sono i fattori che hanno determinato un tale successo? Come sempre
avviene, quando alla competenza si
associa l’organizzazione e la motivazione, la passione, quando tutti gli
attori del Progetto traggono gratificazione dall’iniziativa, tanto maggiore è
il livello del loro coinvolgimento ed il
senso di appartenenza all’iniziativa.
Di conseguenza aumentano i margini di
successo del Progetto.
Il Progetto ABCDigital consente a tutti
di trarre soddisfazione dalla propria costruttiva partecipazione:
îgli over 60 si gratificano ancor prima
di iniziare il corso perché i loro figli ed
i loro nipoti si occupano di loro non
per dargli assistenza (tipo badanti) ma
per metterli in condizione di usare una
nuova tecnologia. La loro gratificazione volerà quando scopriranno che
riescono ad utilizzare una tecnologia
che pensavano inavvicinabile. Possono
dialogare online con amici e parenti,
vicini o lontanissimi. Pur rimanendo
in casa non si sentono soli e possono
soddisfare le loro curiosità in rete. Possono anche prendersi la soddisfazione di mettere a disposizione di tutti,
online, la loro preziosa esperienza.
Ad esempio insegnando qualche speciale ricetta o condividendo un particolare ricordo. Aumenteranno la loro
v
ITA ASSOCIATIVA
autonomia e non dovranno più sentirsi
“di peso” nei confronti di amici o parenti. I nostri “Nonni” sono una risorsa del
Paese e non un peso. Questo Progetto
contribuisce a questo in maniera semplice, pratica e concreta. Ed a costo praticamente zero;
îgli studenti mettono in pratica quel-
la ”alternanza scuola lavoro” di cui
hanno sentito parlare ma di cui non
sempre hanno ben compreso l’utilità,
per loro e per gli altri. Essi comprenderanno, forse per la prima volta, che
sapere e saper trasmettere il proprio
sapere, sono cose molto diverse. Sperimenteranno in concreto l’importanza di fare un lavoro in team e che ci
sono delle regole da rispettare per
ottenere e mantenere l’attenzione di
chi ti ascolta. Apprezzando così gli
sforzi che, normalmente, fanno i loro
insegnati durante le lezioni. Scopriranno il fondamentale ruolo che gioca
l’empatia, per stabilire e mantenere
la fiducia, nei rapporti con gli altri.
Questa esperienza, oltre ad essere
formativa e di soddisfazione, li preparerà per meglio affrontare il mondo
del lavoro al termine del ciclo scolastico. Quest’esperienza aumenterà la fiducia in se stessi e li renderà
consapevoli del loro potenziale relazionale e dell’importanza dell’empatia
nei rapporti con gli altri. Sarà per loro
un’esperienza indimenticabile;
île scuole saranno soddisfatte per avere
contemporaneamente aiutato i loro studenti, fornendo loro un insegnamento
nuovo, originale e socialmente utile ed
aver valorizzato il corpo docente che di
quei ragazzi sono, insieme ai genitori,
i formatori. Potranno mettere a fattore
comune risorse troppo spesso non utilizzate al massimo. Saranno in linea con
le nuove direttive della “Buona Scuola”, in
maniera concreta, semplice ed efficace;
île aziende realizzeranno una concreta
attività di valore sociale a testimonianza della loro sensibilità per questi temi.
Saranno protagonisti di una evoluzione del loro ruolo verso un più moderno
ruolo socio-economico che la società
gli chiede. Con un ritorno di immagine
molto significativo;
île organizzazioni coinvolte, Assolom-
barda, Vises, ALDAI, potranno essere
soddisfatte di aver reso un servizio, alla
società ed ai loro associati, utile di elevata qualità e con punte di eccellenza.
Esperienza che potrà essere presa ad
esempio per replicarla in altre aree del
Paese;
île persone, tutte, che avranno par-
tecipato, a vario titolo, al Progetto
potranno essere soddisfatte di aver
fatto qualcosa di utile agli altri ed a
se stessi. Questo li renderà un po’ più
felici.
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DirigentiIndustria
IndustriaGENNAIO
GIUGNO 2016
2015
DI
DI
39
v
ITA ASSOCIATIVA
Il nuovo Presidente
di Federmanager Lombardia
n
ella riunione in ALDAI di
sabato 21 novembre 2015
l’Assemblea Regionale Federmanager
Lombardia ha eletto Francesco Castelletti (Federmanager Lecco) Presidente
per il triennio 2016-2018. Il nuovo Presidente, che succede a Tiziano Neviani,
ha presentato un programma, nell’ambito del rinnovamento della struttura
Federmanager, proponendo una Unione Regionale che agisca compatta e
coordinata, con l’obiettivo di innovare,
sviluppare, ottimizzare e migliorare i servizi per tutti i 22.000 associati lombardi,
ricercando e sfruttando al meglio le sinergie tra le sedi territoriali.
Fra gli obiettivi programmatici del
triennio:
îrappresentare la classe dirigente valorizzando la capacità di proporre
progetti ed idee innovative al servizio
del territorio interagendo con le associazioni imprenditoriali e le istituzioni
regionali;
î
innovare la governance adottando
un sistema omogeneo di codici unici:
Codice Associativo, Codice dei Servizi
Standard, Codice Etico e Codice della Comunicazione con conseguente
cambiamento dello Statuto Federale
e dello Statuto di Federmanager Lombardia;
îampliare le iniziative e gli strumenti a
supporto della gestione della discontinuità del posto di lavoro;
îfavorire la cooperazione e le forme di
sinergia e aggregazione tra associazioni territoriali;
îsviluppare relazioni con i media di
comunicazione a livello regionale, alimentando l’informazione con contenuti e proposte condivise per il territorio lombardo;
îorganizzare eventi e convegni di carattere regionale;
îcreare un centro regionale di competenze sindacali costituito dai nostri
40
DI
migliori professionisti che favorisca la
condivisione delle esperienze e delle
best practice;
îcostituire il Gruppo Giovani Lombardo
(GGL) ed il Gruppo Senior Lombardo
(GSL), che utilizzino i canali digitali per
riunirsi e dialogare;
îpromuovere e rendere efficace il progetto BE MANAGER per la certificazione delle competenze, nei confronti dei
dirigenti e delle associazioni di rappresentanza delle imprese;
îassicurare il matching fra domanda
e offerta di management qualificato
promuovendo le relative iniziative Federmanager sul territorio lombardo;
îsviluppare la Rivista “Dirigenti Industria”
creando versioni online/digitali per soddisfare le richieste d’informazione delle
diverse categorie di associati.
■
In alto: la stretta di mano tra Francesco Castelletti e Tiziano Neviani.
In basso: da sinistra: (seduti) Rodolfo Bellintani, Valerio Rossi, Bambina Colombo, Edoardo Lazzati;
(in piedi): Romano Ambrogi, Tiziano Neviani, Francesco Castelletti, Marco Bodini, Luciano Ferrante.
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
o
pinioni
Quale futuro
per Federmanager
e
Bruno Losito
Past President Federmanager e Consigliere ALDAI
bravo Edoardo! Le tue riflessioni hanno indotto molti di noi
impegnati nel sindacato dirigenziale
(uso di proposito e provocatoriamente
questo termine) ad ulteriori riflessioni e
approfondimenti. Il termine sindacato
ha assunto, in Italia, un significato spesso negativo, a mio giudizio, determinato dalla lunga stagione di conflittualità
ideologica e classista a cui per decenni
ci hanno abituato le grandi centrali sindacali.
Per quanto ci riguarda abbiamo con i
nostri comportamenti e le nostre attività cercato di rappresentare al meglio
solo gli interessi di categoria, difendendo il ruolo, le tutele, il welfare e finché
è stato possibile la retribuzione dei dirigenti.
Non abbiamo mai esercitato collateralismo politico a partiti e a Governi, non
abbiamo mai preteso di rappresentare
gli interessi generali del Paese, senza
peraltro rinunciare ad offrire le nostre
valutazioni a Governi di ogni colore politico sui problemi principali dell’Italia.
Sindacato, quindi, come difesa di ruolo e
di valori comuni e per questo finalizzati
anche a difesa dell’impresa.
È questo il punto sul quale, caro Edoardo, non sono d’accordo con la tua riflessione.
Neanche nei momenti di maggiore contrasto con Confindustria, siamo stati
“controparte” dell’impresa. L’impresa e
l’imprenditore sono quelli che danno
vita alla figura del dirigente, la donna o
l’uomo che occupano quella posizione
utilizzano tutte le loro qualità umane e
le competenze acquisite con gli studi e
l’esperienza per il raggiungimento degli
obiettivi a loro demandati per il successo dell’impresa. Mi preme porre l’accento sulle qualità umane, fra cui assume
grande rilievo l’aspetto etico del ruolo
che l’impresa, e attraverso questa, la società civile ci affida.
In altri termini non bastano: competenza, esperienza, valore tecnico se non
accompagnati da comportamenti etici. Sappiamo che questo è un grande
problema del nostro Paese e di tutta la
classe dirigente. Se dunque il dirigente
e la sua organizzazione di rappresentanza non possono mai avere un ruolo di
controparte dell’impresa e altresì vero
che si realizza una contrapposizione di
“interessi” fra Confindustria e Federmanager nella definizione delle norme di
attuazione di un Contratto Nazionale di
Lavoro.
Ricordi Edoardo, dopo un rinnovo particolarmente difficile, nel 1992, organizzammo con Confindustria un convegno
dal titolo “Nuove relazioni industriali e
modelli contrattuali per la dirigenza”. Nella mia relazione auspicavo rinnovi contrattuali che non fossero la risultanza
minimale di uno scontro fra forze contrapposte ma al contrario il giusto compromesso di una trattativa fra “Partners”
e il Contratto un “prodotto” utile per entrambe le parti negoziali.
Da allora ad oggi il Contratto di lavoro
ha subito rilevanti modifiche. Ha perso
la valenza retributiva che una volta vedeva il riconoscimento di un aumento
retributivo per tutte le figure dirigenziali
dai direttori generali ai dirigenti neonominati. È indubbio che la retribuzione di
un dirigente è direttamente collegata
alla sua posizione, esperienza, capacità e
raggiungimento di risultati. Questo processo non può che avvenire in azienda
e essere collegato al successo dell’impresa. Il Contratto Nazionale di Lavoro
del dirigente oggi si limita a collegare
la retribuzione all’andamento del mercato del lavoro attraverso la definizione
del trattamento minimo contrattuale di
DI
garanzia (TMCG) e se fosse possibile rendere più cogente la norma che sostiene
la “retribuzione variabile” collegata ai risultati aziendali e agli obiettivi personali
affidati al dirigente.
Importantissimi restano gli accordi istitutivi degli Enti bilaterali riguardanti la
Formazione, la Previdenza integrativa e
la Sanità.
In questi campi avere definito protocolli
d’intesa che hanno nel tempo portato
alla costituzione di Istituti utili e adatti
alla figura e al ruolo dei dirigenti, come
il Fasi e il Previndai è generalmente apprezzato dai dirigenti e dalle imprese.
In questi settori, visto l’andamento demografico preoccupante (sempre più
anziani e meno giovani iscritti) l’economia di scala può avere un peso significativo. Bisogna creare le condizioni
per cui sia sempre più vantaggioso per
dirigenti e imprese iscriversi ai Fondi
contrattuali.
È sempre stato evidenziato nel passato
che il CCNL poteva essere una cornice,
quasi una gabbia, in cui era difficile contenere tutte le tipologie di dirigenti: dirigente che opera in grandi imprese, in
piccole aziende, in carriera o alla prima
nomina, anziani e giovani. Oggi, paradossalmente, con il Contratto che stabilisce alcune indispensabili definizioni
di ruolo e di status non occupandosi più
se non marginalmente di retribuzione,
l’applicazione del CCNL a tutti i dirigenti
appare decisamente più percorribile.
Le parti rappresentative di dirigenti e
imprese dovranno essere all’altezza di
questa nuova sfida che li attende nel
prossimo futuro e non so francamente se la confluenza di Federmanager in
Confindustria possa rappresentare la
soluzione più idonea, ovvero la semplificazione di un processo molto più complesso.
■
Ai posteri...
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
41
c
ultura e tempo libero
GRUPPO CULTURA FINANZIARIA ALDAI
I paradossi del risparmio
Perché gestiamo male i nostri risparmi
Claudio Bolzani
Private Banker - Allianz Bank
Il Gruppo Cultura Finanziaria ALDAI, al fine di approfondire alcune delle
tematiche relative alla finanza comportamentale, organizza un incontro
con Claudio Bolzani nell’ambito delle conferenze riguardanti economia
e finanza.
i
n questi ultimi mesi stiamo vivendo sui mercati finanziari una volatilità che non si presentava dal 2008 a
seguito del fallimento di Lehman Brothers e con molta probabilità per il futuro dovremo imparare a convivere con
situazioni di questo tipo.
Relazionandomi ogni giorno con i risparmiatori mi accorgo che la situazione del momento porta spesso a
prendere decisioni sui propri risparmi
in maniera non coerente con i loro
obiettivi.
Ritengo che una maggior consapevolezza del fatto che l’essere umano normalmente agisce in maniera non razionale,
in particolare quando si tratta di denaro,
sia oggi una considerazione sulla quale
riflettere e da approfondire.
In Italia, il prof. Paolo Legrenzi, professore straordinario di psicologia cognitiva
presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, si occupa dello studio della Finanza
Comportamentale e tra le sue pubblicazioni troviamo “I soldi in testa”, pillole
formative dedicate agli operatori del
settore, da cui traiamo alcuni spunti per
questo articolo.
C’è un modo semplice per rispondere
alla domanda “che cos’è la finanza comportamentale?”.
La finanza comportamentale è lo studio
dei comportamenti delle persone poste
di fronte ad alcune scelte economiche
e finanziarie. Si colloca negli ambiti di
42
DI
sovrapposizione fra discipline economiche, psicologiche e di management.
Le scelte in questione sono le seguenti:
îconsumare tutto il reddito oppure dedicarne parte ai risparmi;
îrisparmiare in vista di scopi futuri oppure senza finalità precise, cioè con il
solo obiettivo che i soldi generino altri
soldi;
îgestire da sé il proprio risparmio oppure consultare (affidarsi a) un esperto.
Queste scelte vengono operate da tutti
gli individui.
Alcuni le affrontano in modo consapevole, utilizzando quindi un pensiero
esplicito, altri le fanno senza pensarci,
seguendo un pensiero implicito.
Il pensiero implicito innesca due scelte:
le azioni non meditate e, ancor più spesso, le non-azioni. Si può decidere implicitamente di non fare nulla, senza accorgersi che anche questa è una decisione.
Il pensiero esplicito caratterizza invece
le azioni derivanti da strategie vagliate
con attenzione o anche con ponderata
decisione di non fare nulla. Anche non
fare è un’azione.
La distinzione tra pensiero implicito ed
esplicito costituisce un nodo metodologico per la finanza comportamentale.
La finanza comportamentale serve a
spiegare quelli che sono gli “errori” di
scelta almeno dal punto di vista degli
economisti. Qualcosa del genere vale
anche nell’ambito della behavioral corporate finance.
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
Uno degli scopi teorici della finanza
comportamentale è di mostrare come
scelte oggi apparentemente inadeguate
siano il risultato di strategie individuali
che sono state efficaci per decine di migliaia di anni e che, purtroppo, oggi non
funzionano più in questi nuovi scenari
decisionali.
Il bilancio pratico della finanza comportamentale si riassume, in sintesi, in tre
paradossi, che bisogna capire fino in
fondo e accettare.
Il primo paradosso consiste nel fatto
che si risparmia per difendersi da un futuro incerto, ma si è costretti a depositare i risparmi in portafogli il cui andamento futuro è incerto.
Il secondo paradosso nasce dalla
constatazione che sarebbe meglio, per
il benessere dei nostri risparmi, che il
loro andamento, una volta che li abbiamo investiti, non ci stesse troppo a
cuore. Perché, se ci sta molto a cuore,
finiamo per controllare troppo spesso
come vanno. Seguirne con apprensione gli alti e i bassi dei risparmi innesca
errori nella scelta dei momenti di entrata/uscita dai mercati, e ci spinge a
tenere una percentuale bassa o nulla
di azioni.
c
ultura e tempo libero
Il secondo paradosso spiega come mai
prendiamo decisioni troppo basate su
quello che succede sui tempi corti, e
che ci preoccupa. Finiamo così per fare
peggio rispetto a uno stile di gestione
che non controlla spesso il valore dei
risparmi.
Esaminiamo ora il terzo paradosso.
A differenza dei primi due, esso ha che
fare con la relazione tra consulente e
risparmiatore e potremmo formularlo così: il terzo paradosso consiste nel
fatto che il risparmiatore impreparato
rimprovera al consulente quello che è
un merito e non un difetto. Se il consulente ha ben diversificato il portafoglio
del cliente, il consulente avrà per defi-
nizione perso delle buone occasioni,
nel senso che avrebbe potuto concentrarsi sulle scelte che si sono rivelate
più di successo.
Questo terzo paradosso porta a quello
che potrei chiamare il quarto paradosso della consulenza, e cioè che il consulente finanziario è l’unico tipo di consulente che ha, per così dire, due clienti: il
cliente in carne ed ossa, con una mente
fatta a modo suo e con le emozioni che
funzionano a modo loro, e il portafoglio
del cliente. Non sempre i due presunti
clienti vanno d’accordo.
Come reagirà il risparmiatore se non
ha assimilato bene la logica e la metodologia della differenziazione delle
diverse parti di cui si compone il suo
portafoglio? Ai suoi occhi il passato si
congela, secondo il ben noto principio
del senno di poi. Questo meccanismo
mentale è molto forte e agisce in modi
di cui non siamo consapevoli, e sembra ovvio che le cose non potevano
andare “se non in quel modo”, tanto
è vero che sono proprio andate così.
È difficile spiegare che abbassare il
rischio di portafoglio implica proprio
non sfruttare sino in fondo, occasioni rivelatisi, ma solo in seguito, assai
profittevoli. Un portafoglio, proprio
se ben diversificato, rende a posteriori
“visibili” agli occhi dei clienti quelle vie
che si sono rivelate migliori di altre. ■
L’incontro si terrà in ALDAI (sala Viscontea - via Larga 31 - Milano)
martedì 16 febbraio 2016 alle ore 17.30
MODALITÀ DI PRENOTAZIONE
Gli interessati possono prenotarsi online attraverso il sito www.aldai.it, sezione “ALDAI Eventi”, selezionando dal calendario la data interessata
e compilando gli appositi spazi alla voce “iscriviti”. Le date pubblicate potrebbero variare successivamente alla stampa della rivista; invitiamo
pertanto i lettori a prendere visione delle periodiche newsletter e del sito per dettagli e conferma degli incontri. Per chi non avesse la possibilità di
effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al numero 02/5830.7557 indicando nell’oggetto “I paradossi del risparmio”.
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Dirigenti Industria GENNAIO 2016
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ultura e tempo libero
Il futuro è antico
a
Medea
Cristina Dell’Acqua
nche quest’anno parleremo
insieme di teatro antico e lo
faremo viaggiando tra quello greco e
quello romano. Differenti come i contesti storici da cui nascono, il teatro greco
e quello romano rappresentano due diversi modi di leggere la realtà. Il primo
è un fenomeno culturale, politico e religioso contemporaneamente, un potente network strettamente connesso con
la vita della polis. Parafrasando Tucidide, Atene (e il suo teatro) sono la scuola
dell’Ellade. Una scuola di valori che parlano di una identità culturale fondata su
democrazia, rispetto, bellezza, libertà,
cittadinanza, dialogo. Vale a dire una
scuola che parla anche oggi delle radici
della nostra Europa. Il teatro romano è
differente. Esso appare originariamente
come un fenomeno di puro intrattenimento, senza una vera connotazione
religiosa e civile. Ma anche i suoi frutti
sono una scuola. Leggeremo Plauto attore e autore, come Shakespeare e Molière, che sceglie una forma di teatro che
non è realistico ma fantastico, basato
sulla beffa, l’equivoco, lo scambio di persona, il travestimento. Nelle sue commedie vige il principio del rovesciamento ed
egli è un maestro di creatività. Il talento
di Plauto si esprime nella molteplicità di
trame che riesce a scrivere partendo da
personaggi e situazioni fisse. Terenzio, al
contrario, opta per un teatro realistico e
che affronta temi di grande attualità e
spessore. Leggeremo gli Adelphoe, una
commedia che ha la trama di un film
moderno, in cui due fratelli, separati alla
nascita, vengono cresciuti da due padri che seguono due modelli educativi
completamente differenti: l’uno fondato
sulla liberalità, sulla fiducia reciproca e
l’indulgenza; l’altro fondato sull’autorità
e sulla paura del castigo. Qual è il modello educativo migliore? In un secondo
momento ci dedicheremo a Medea, in
Euripide ed in Seneca. Il confronto sarà
rivelatore di modernità differenti: l’una
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di una modernità politica, l’altra di una
modernità psicologica, entrambe di una
profonda modernità umana. Euripide mette in scena una giovane donna
che uccide i propri figli. Per vendicarsi
dell’abbandono e del tradimento, certo.
Io penso però che nella tragedia di Medea ci possano essere altre ragioni che la
inducono ad uccidere i figli.
Euripide ci presenta una giovane donna
che, costretta a lasciare la sua terra e la
sua famiglia per amore, oggi come ieri,
cerca un luogo che l’accolga. E l’autore
ce lo dice così: ”Certo - dice Medea alle
donne di Corinto, la città straniera dove
ora si trova - è necessario che uno straniero si adatti alla città che lo accoglie;
ma non apprezza neppure il cittadino ar-
rogante che per la sua ignoranza si rende
odioso agli altri”. Queste parole ci fanno
riflettere, ora più che mai, sul fatto che
la cittadinanza si tesse una trama fatta
di diritti e di doveri che comportano responsabilità. È proprio quest’ultima che
ne costituisce l’architrave. La Medea di
Seneca, ci pone davanti ad un’altra chiave di lettura: a cosa può portare la sconfitta della ragione. Seneca mette Medea
in condizione di misurarsi con la propria
coscienza, nello spazio buio e irrazionale
che poi è in ciascuno di noi.
Quella di Seneca è una tragedia dell’anima. Scriveva Albert Camus che “I miti
non hanno vita per se stessi: attendono
che noi li incarniamo”.
■
Proveremo a farlo insieme.
programma 2016
Rimandiamo i lettori all’anticipazione pubblicata nel numero precedente
a pagina 42 e ricordiamo il programma dei due incontri:
❚ martedì 26 gennaio 2016 - ore 17.30
Dal teatro greco a quello romano
❚ giovedì 4 febbraio 2016 - ore 17.30
Medea in Euripide ed in Seneca
Modalità di prenotazione
Gli interessati possono prenotarsi online attraverso il sito www.aldai.it, sezione
“ALDAI Eventi”, selezionando dal calendario la data interessata e compilando gli
appositi spazi alla voce “iscriviti”. Le date pubblicate potrebbero variare successivamente alla stampa della rivista; invitiamo pertanto i lettori a prendere visione
delle periodiche newsletter e del sito per dettagli e conferma degli incontri. Per chi
non avesse la possibilità di effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al
numero 02.5830.7557 indicando nell’oggetto: “Il futuro è antico”.
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ultura e tempo libero
L’Europa è servita
A tavola con Grimod de la Reynière
n
Enrico Tallone
egli anni dell’Impero, quando a Parigi le arti, le scienze e le lettere tornarono,
dopo il periodo del Terrore, ad attingere
energie nelle colte riunioni corroborate
da grandi cucine private e restaurants,
il raffinato Alexandre Balthazar Laurent
Grimod de la Reynière dava alle stampe il
suo Manuel des Amphitryons, testo fondamentale della civiltà del convivio e della
moderna gastronomia occidentale.
Quest’opera pungente e ironica fin dalle
sue prime battute («On peut comparer un
Amphitryon qui ne sait ni découper ni servir,
au possesseur d’une belle bibliothèque, qui
ne sauroit pas lire»), pubblicata da Tallone
in soli 320 esemplari numerati, riunisce in
sé il meglio dell’Europa del sapere e del
fare. Ai 360.000 caratteri Caslon inglesi
impiegati per la composizione a mano
delle oltre 300 pagine del volume, si sommano infatti l’iniziativa e le carte artigianali italiane di puro cotone, l’inchiostro
tedesco realizzato con pigmenti naturali
e il testo originale in lingua francese.
Gli autori dei saggi finali sono Gérard Roero Marchese di Cortanze, nella cui genealogia familiare figura una lunga serie di
antenati gourmand tra Italia e Francia (tra
i quali anche il Viceré del Regno di Sardegna), e Armando Torno, che così descrive
lo spumeggiante Grimod de la Reyniere e
la sua opera: L’ arte alimentare e la gastronomia che comincia a essere di moda in quegli
anni dominati da Napoleone, sono trattate
da Grimod con uno spirito degno di Molière:
non a caso il titolo dell’opera si deve al grande commediografo, o meglio è presa proprio
dal suo Amphitryon. Libro scritto per la società nata dopo la presa della Bastiglia, con
l’avvento della quale il nobile de la Reynière
aveva perso non poche risorse e fu costretto
a dimenticare talune sue stravaganze, il Manuel è anche un galateo delle carni e dei pesci,
si preoccupa di offrire non pochi menu (nella
seconda parte) e si trasforma in una guida di
politesse gourmande nella terza. Qui parla
degli inviti, del saper vivere a tavola, del servi-
zio, dei doveri che hanno convitati e anfitrioni, della degustazione dei vini. A proposito di
essi, ecco un tocco del suo “esprit” aristocratico: «Travasarli in recipienti di cristallo, per dar
loro maggiore risalto sulla tavola, significa
sottrarre il bouquet e una parte dello spirito
e della qualità. Questo genere di lusso, ignoto
ai nostri padri, non può che essere stato adottato da uomini assolutamente estranei alla
grande arte del vivere bene» […].
Il Manuel, articolato in tre parti arricchite
di richiami, commenti e tavole, è un’opera tipograficamente complessa, che ha richiesto un profondo studio estetico e impaginativo al fine di preservare al lettore
le suggestioni tattili e visive connesse alla
fisicità del libro, in sintonia con i gusti e le
sensazioni evocate dal testo.
In particolare, per quanto riguarda le carte, si sono privilegiati i toni caldi, poiché
il tema del convivio, che richiama atmosfere di cordialità e calore, non avrebbe
trovato riscontro estetico su toni più algidi e freddi. Sono così state adottate per
le nove diverse tirature dell’edizione, che
assommano a complessivi 320 esemplari,
altrettante carte di puro cotone vergate e
veline dalle tinte crème, giallino e avorio,
provenienti dalla secolare sapienza cartaria di Pescia e di Fabriano.
La scelta dei caratteri è caduta sui Caslon
inglesi, nelle diverse declinazioni del tondo, del corsivo e del maiuscoletto corpo
12, alternato al corpo 10 delle note e dei
commenti. Tratti dai punzoni originali del
1720, questi tipi immortali, d’impianto rinascimentale italiano, sono in dotazione
all’atelier tipografico fin dall’epoca della
sua fondazione nel Settecento. Seppur
disponibili in grande quantità, non sono
stati sufficienti per la composizione in
una sola tranche dell’intera edizione, che
consta di oltre 300 pagine. A questo limite si è posto rimedio replicando il ciclo
di scomposizione-composizione, correzione e stampa, che, se da un lato rende
i caratteri virtualmente infiniti, comporta
tuttavia una dilatazione dei tempi, già
molto lunghi, del lavoro manuale.
Per quanto riguarda l’inchiostro, è stato
adottato il nero extrafino 553 della casa
Gleitsmann di Berlin Tempelhoff, la cui
viscosità ben si commisurava alle diverse
superfici cartacee, consentendo un’impressione allo stesso tempo materica e
netta, che agevolasse la lettura.
L’ edizione ha fatto il suo debutto a Parigi
nel mese di ottobre, con una mostra all’Istituto Italiano di Cultura, in cui è stata esposta la lettera che Charles De Gaulle scrisse
a Bianca Tallone nel 1968 per ringraziarla
della visita all’Eliseo e dell’esemplare della Physiologie du Goût di Brillat-Savarin.
L’idea, accarezzata da anni, di aggiungere
alla Physiologie du Goût, stampata da mio
padre, il Manuel des Amphitryons - entrambe opere fondamentali della civiltà della
tavola scritte nel primo Ottocento da due
aristocratici - è finalmente giunta a compimento, proprio nell’anno dell’Expo, vetrina delle tradizioni culinarie internazionali
e locali che, in buona parte, sono debitrici
degli insegnamenti di Brillat-Savarin e Grimod de la Reynière.
■
Il Gruppo Cultura vuole iniziare il programma del Collezionismo con
la presentazione di un libro raffinato nel contenuto e soprattutto nella composizione.
Il libro di Enrico Tallone è “L’Europa è servita. A tavola con Grimod de la Reyniere”.
L’incontro si terrà in ALDAI - sala Viscontea - via Larga 31 - Milano
martedì 16 febbraio 2016 alle ore 15,30
Modalità di prenotazione
Gli interessati possono prenotarsi online attraverso il sito www.aldai.it, sezione “ALDAI Eventi”, selezionando
dal calendario la data interessata e compilando gli appositi spazi alla voce “iscriviti”. Le date pubblicate potrebbero variare successivamente alla stampa della rivista; invitiamo pertanto i lettori a prendere visione delle periodiche newsletter e del sito per dettagli e conferma degli incontri. Per chi non avesse la possibilità di effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al numero 02.5830.7557 indicando nell’oggetto: “L’Europa è servita”.
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ultura e tempo libero
Musiche di ieri e di oggi
a confronto
Un percorso nella geografia e nei generi
della musica tra passato e presente
Alessandro Solbiati
Quest’anno la scelta del Gruppo Cultura e di Alessandro
Solbiati mira a completare un percorso che ha visto negli ultimi anni prevalere il desiderio di capire le origini
della “musica colta” odierna sicuramente non facilmente acquisibile dai più. Lo scorso anno ci si era dedicati
alla produzione contemporanea ed alla conoscenza di
autori di grande possibile crescita ancorché parzialmente sconosciuti al grande pubblico.
n
el corso di tre anni di incontri presso gli amici di
ALDAI, ho condotto una sorta di marcia
di avvicinamento verso l’ascolto della
musica “colta” d’oggi, partendo dai “padri” del secolo che fu il nostro, cioè il
XX, e quindi Stravinskij, Bartók, Ravel,
Debussy, Schoenberg, Berg, Webern
etc., fino ad arrivare nell’ultimo incontro del 2015 a proporre la musica dei
giovani e giovanissimi compositori
d’oggi, quelli che hanno incominciato
a scrivere la loro musica già nel XXI secolo. Ora era inevitabile cambiare formula, sebbene naturalmente tutto quel
percorso fosse stato compiuto solo per
accenni, attraverso la proposta di alcuni brani magari molto significativi, ma
certo insufficienti a dare un vero panorama di un secolo, il XX, di enorme ricchezza artistica e musicale.
La formula proposta per gli incontri
2016 parte da un’esigenza sempre più
forte, quella cioè di sanare una frattura
esistente nella coscienza di chi si interessa di cultura, arte e musica tra passato e presente, tra la musica cosiddetta
“classica” e la sua continuazione odierna.
Già quest’ultima osservazione richie-
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Si desidera ora accostare l’opera di un autore sicuramente conosciuto a quella di un contemporaneo in crescita per verificare quanto dell’uno sia presente nell’altro
o sia stato da questo preso e assunto come elemento
condizionante. La scelta è caduta su autori dello stesso
Paese con brani di genere simile per riuscire ad avere
un più stretto elemento di confronto.
de purtroppo una difesa: nel pensiero
corrente, infatti, lo strapotere mediatico della musica che anni fa si chiamava
leggera, e che io potrei definire da intrattenimento (e che invece il suddetto
strapotere mediatico ormai definisce
“grande musica d’oggi”, con vistosa mistificazione), ha fatto sì che si stabilisse
una sorta di proporzione: Beethoven
sta all’inizio del XIX secolo come Puccini
sta all’inizio del XX e come... Vasco Rossi
sta all’inizio del XXI. Ciò è radicalmente
falso, perché i percorsi del pensiero musicale complesso non finiscono a Sanremo o nel pop, bensì proseguono senza
frattura alcuna attraverso un secolo pur
problematico come il XX, conducendo
da Debussy a Grisey, da Schubert a Castiglioni e Kurtag e così via.
Si è quindi pensata una formula che, con
la scusa di una promenade tra paesi europei (Russia, Austria/Ungheria, Italia e
Francia) e tra generi (cameristico, vocale,
sinfonico e pianistico), accosti ogni volta
un brano di autore storico a uno o due
di un autore vivente della stessa nazione e all’interno dello stesso genere, per
verificare analogie e differenze, semplici
prosecuzioni di percorso o deviazioni.
Per quanto riguarda gli autori storici
o gli accostamenti nazione/genere, si
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
Mario Garassino e Josef Oskar
sono fatte appositamente alcune scelte
un po’ eccentriche, proprio per evitare i
luoghi comuni: ad esempio, Čaikovskij
sì, per la Russia, ma non per la sua più
nota produzione orchestrale bensì per
quella cameristica. Oppure non assegnare secondo cliché la vocalità all’Italia,
bensì proporre un autore, Respighi, che,
seppur vistosamente retrò stilisticamente parlando, ha avuto il merito di rompere lo strapotere operistico nella musica
italiana, inaugurando un’attenzione alla
musica strumentale soprattutto sinfonica che darà grandi frutti in Italia nei successivi anni del XX e del XXI secolo.
Viceversa, l’attribuzione del pianoforte
alla Francia nel nome di Debussy è una
sorta di atto dovuto e quella della vocalità (non operistica) al mondo austroungarico anche, se si pensa al Lied come
dato di partenza.
Un’ultima osservazione, non sembri eccessivamente banale, la formula “geografica”, perché in realtà fa sempre molto piacere constatare quanto ogni pretesa “globalizzazione” d’oggi non riesca
fortunatamente ad annullare attitudini
e caratteri nazionali che non sono l’impoverente esito del nazionalismo, ma
l’arricchente frutto di culture con radici
e spessori profondissimi.
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ultura e tempo libero
programma 2016
Gli incontri si terranno in ALDAI - Sala Viscontea - Via Larga, 31 - Milano.
❚ martedì 1° marzo 2016 - ore 17.30 - La Russia e la musica da camera
Pëtr Il’č Čaikovskij - Quartetto n.3 in mi b min. op.30 (1876)
Sofia Gubaidulina - Reflections on the Theme B.A.C.H.(2002) per quartetto
- Silenzio (1991) per fisarmonica, violino e violoncello
❚ martedì 8 marzo 2016 - ore 17.30 - Il mondo austro-ungarico e la vocalità
Gustav Mahler - Der Abschied (1908-09)
György Kurtag - Messages of the Late Miss R.V. Troussova (1976-80)
❚ martedì 15 marzo 2016 - ore 17.30 - L’Italia e il repertorio orchestrale
Ottorino Respighi - Metamorphoseon - Modi XII (1930)
Ivan Fedele - Scena (1997-98)
❚ martedì 22 marzo 2016 - ore 17.30 - La Francia e il pianoforte
Claude Debussy- Voiles (Préludes - I Libro)
- Brouillards (Préludes - II Libro)
Pascal Dusapin - Étude Pour Piano n.6 (2001)
- Étude Pour Piano n.7 (2001)
Modalità di prenotazione
Gli interessati possono prenotarsi online
attraverso il sito www.aldai.it, sezione
“ALDAI Eventi”, selezionando dal calendario la data interessata e compilando
gli appositi spazi alla voce “iscriviti”.
Le date pubblicate potrebbero variare
successivamente alla stampa della rivista; invitiamo pertanto i lettori a prendere visione delle periodiche newsletter
e del sito per dettagli e conferma degli
incontri.
Per chi non avesse la possibilità di effettuare la prenotazione online è possibile
inviare un fax al numero 02.5830.7557
indicando nell’oggetto: “Musiche di ieri
e di oggi a confronto”.
UNIVERSO O MULTIVERSI: QUANTI INFINITI CI SONO?
Il Gruppo Cultura inizierà le “Chiacchierate di fisica 2016” con un incontro tenuto da Livio Fasiani dal titolo:
“Universo o multiversi: quanti infiniti ci sono?”
Il dilemma appassiona, le ipotesi impressionano.
Nonostante i fenomenali progressi della scienza e della cosmologia non è possibile ancora stabilire se l’Universo in cui
viviamo sia finito o infinito. Se infatti sono vere le ipotesi che
all origine del Big Bang ci sia stata una gigantesca espansione
esponenziale chiamata inflazione cosmica, la linea divisoria
potrebbe essere così sottile che non saremo mai in grado di
saperlo. Una minoranza di cosmologi però ritiene di poter
derivare per via induttiva dalle teorie oggi accettate, che il
nostro Universo sia sicuramente infinito; non solo, ma che
esistano infiniti universi infiniti; non solo, ma che ciascuno
di essi si dirami in continuazione in rami infinitamente biforcantesi e infine non solo ma che leggi fisiche infinitamente
diverse fra loro, sottendano all’esistenza di qualunque entità
matematicamente coerente.
Le conseguenze di carattere filosofico sono enormi e strabilianti. Se infatti abbiamo infiniti costituiti da un numero
limitato di componenti (le particelle elementari sono poche
decine) ne deriva che le singole aggregazioni si ripeteranno infinite volte e con infinite varianti diverse. Esisteranno
quindi infinite terre ed infinite copie di noi stessi: noi quindi
possederemmo la cosiddetta immortalità quantistica, perché
comunque da qualche parte degli Universi, una copia di noi
sopravviverà.
Sono fondate queste teorie? Uno scienziato sostiene che è
possibile provarlo mediante il cosiddetto suicidio quantistico. Di ciò ed altro parleremo nel nostro prossimo incontro
dedicato alla navigazione dell’infinito o degli infiniti.
■
Mario Garassino
L’incontro si terrà in ALDAI - sala Viscontea - via Larga 31 - Milano
martedì 23 febbraio 2016 alle ore 17.30
MODALITÀ DI PRENOTAZIONE
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pertanto i lettori a prendere visione delle periodiche newsletter e del sito per dettagli e conferma degli incontri. Per chi non avesse la possibilità di
effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al numero 02/5830.7557 indicando nell’oggetto “Universo e Multiversi”.
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ultura e tempo libero
Il libro di gennaio 2016
Carlo Enrico Bottani
IL MESTIERE DELLA SCIENZA
La ricetta scientifica
fra artigianato e Big Science
Franco Angeli
pagine 130 - euro 17,00
mensile dell’ASSOCIAZIONE
LOMBARDA DIRIGENTI AZIENDE
INDUSTRIALI
direttore responsabile
Romano Ambrogi
segretaria di redazione
Gabriella Canuti
comitato di redazione
Franco Del Vecchio, Mario Giambone,
Annalisa Sala, Francesco Soletti,
Chiara Tiraboschi.
Società editrice
ARUM Srl, Via Larga 31, 20122 Milano
Partita IVA 03284810151
Tel. 02.5837.6237 - Fax 02.5830.7557
PEC: [email protected]
Iscritta al Registro Nazionale della Stampa
con il numero 5447, vol. 55, pag. 369,
del 20.11.1996.
Società soggetta alla direzione
e coordinamento dell’ALDAI
(Associazione Lombarda Dirigenti
Aziende Industriali).
Poste Italiane SpA
Spedizione in abbonamento postale
Decreto Legge 24/12/2003 n.353
(convertito in Legge 27/2/2004 n.46) Art.1,
comma 1. Pubbl. inf. 45% DCB/Milano
euro 1,03.
Autorizzazione del Tribunale di Milano,
20 novembre 1948, numero 891.
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Da oggetto di studio di epistemologi, storici
e sociologi della scienza, i ricercatori devono
trasformarsi in soggetti critici che esprimono
il punto di vista degli addetti ai lavori, artigiani della scienza e cittadini.
Malgrado l’origine quasi religiosa della vocazione scientifica, lo scienziato non appartiene a una razza speciale e il suo è, almeno in
parte, un lavoro come un altro, anche se può
implicare responsabilità eccezionali. Potrà
più facilmente sostenerle se si renderà conto
che i sacri metodi delle scienze “esatte” non
sono poi così diversi da quelli delle scienze
umane. Al tradizionale tema di discussione
sul rapporto tra scienza e conoscenza dovrà
allora affiancare un’approfondita riflessione
su scienza e comunicazione, scienza e tecnologia, e soprattutto scienza e democrazia. Argomenti cruciali in un periodo di crisi, non solo
economica, che l’autore, ricercatore di fisica
della materia, affronta in queste pagine.
Il libro non intende “divulgare” le teorie di
uno specifico ambito della scienza o un particolare problema scientifico, bensì provare
a spiegare che cos’è la scienza e, soprattutto,
in che cosa consiste il lavoro dello scienziato
e la sua rilevanza sociale effettiva, non quella percepita sull’onda di emozioni suscitate
dal sensazionalismo mediatico. Le parole
chiave non sono dunque “mistero”, “fascino”,
“stupore”, “neutrini” e “bosone di Higgs”, che
pure il lettore troverà di frequente, bensì
“conoscenza”, “mondo”, “metodo”, “storia”,
“prassi”, “professione”, “rapporti umani”, “responsabilità”. La riflessione condotta dall’autore non si colloca sull’orlo della scienza, ma
al suo interno e anche oltre. La sua speranza è che, alla fine, l’idea di scienza resa così
accessibile ai non addetti ai lavori sia un
po’ più vicina alla realtà di quanto non sia,
mediamente, oggi. Senza per questo essere
meno affascinante, anzi.
Carlo Enrico Bottani è professore ordinario di Fisica sperimentale della materia al
Politecnico di Milano. Ha svolto tutta la sua
attività di ricerca nell’ambito della fisica dello stato solido. È autore di 255 pubblicazioni e coordinatore di un dottorato di ricerca.
È inoltre membro effettivo dell’Istituto
Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere.
Stampa Rotolito Lombarda SpA
Pioltello - Milano
www.rotolitolombarda.it
Art direction Raffaella Castelli, Milano
Pubblicità e Promozione
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Tel. 02.3310.1692
e-mail: [email protected]
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Info: www.dimetec.it/dirigentiindustria
Tel. 045.5116.015
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Formato delle inserzioni
Pagina intera 210x297 mm
Mezza pagina verticale 104x297 mm
Mezza pagina orizzontale 210x145 mm
Piedino interno 60x190 mm
Sovra copertina (allegato) 210x297 mm
Doppia sotto copertina 420x297 mm
Inserto PI - quartino 210x297 mm (fronte retro)
hanno collaborato a questo numero
Romano Ambrogi, Giorgio Ambrogioni,
Caludio Bolzani, Alberto Bubbio, Luigi
Caprioglio, Fabrizio Calvo, Giancarlo Civita,
Stefano Cuzzilla, Attilio De Pascalis,
Franco Del Vecchio, Cristina Dell’Acqua,
Antonio Dentato, Gianni Di Quattro,
Sergio Francolini, Mario Garassino, Mario
Giambone, Bruno Losito, Alessandro Solbiati,
Enrico Tallone, Chiara Tiraboschi, Elena Toffetti.
Questo numero è stato chiuso
in tipografia il 21 dicemBRE 2015
Dirigenti Industria GENNAIO 2016
Associato all’Unione
Stampa Periodica Italiana
L’Editore garantisce la massima riservatezza
dei dati in possesso - DLGS 196/2003
(Tutela Dati Personali) che sono utilizzati
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