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FEBBRAIO 2013 - N°2 La Novità editoriale di GUBBIOoggi. Ogni uscita un fascicol o da collezionare. Un luogo misterioso dell a città, le storie, le leggende,i misteri ad esso legati. L’itinerario illustrato e la mappa per raggiung erlo. A CURA DI AGATHA J. e Filippo Vadi Il Castello di Caresto Il Castello di Caresto sorge su una collina a circa 700 metri di altezza, di fronte al castello di Biscina e a quello di Giomici. Si possono osservare ancora alcuni ruderi, fra cui l'imponente torre di avvistamento, i resti di una casa colonica ed una chiesa dedicata un tempo a San Bartolomeo. Il toponimo deriva forse da Carysto, secondo la tesi del Bensi, nome della città da cui potrebbero provenire gli antichi progenitori degli abitanti di Caresto, la cui ascendenza risalirebbe allora all'antico popolo dei Liguri. Si racconta infatti che i Romani guidati da Marco Popilio Lenate si scontrarono con le tribù liguri degli Statellati nel 173 a.C. A seguito della loro sconfitta, i Liguri furono fatti schiavi e relegati dai vincitori a vivere lavorando nei campi, forse nel territorio montuoso che sovrasta la valle del Chiascio. Le prime notizie del castello di Caresto risalgono al X secolo d.C., quando un console del libero Comune di Gubbio, chiamato Mattia, risulta essere il proprietario di un terreno in località Caristi. La fortezza fu distrutta durante gli scontri dovuti al tentativo orche- strato da Giovanni di Cante Gabrielli di diventare il tiranno di Gubbio. Venne ricostruito nel 1352, fortificato con l’aggiunta di due torricelle e una torre nel 1377. Fu conquistato da Giovanni di Cante Gabrielli nel 1388. Quattro anni dopo il castello venne occupato con un colpo di mano da Giovanni Cattivello che lo rivendette al Conte Antonio di Montefeltro per 1500 fiorini d’oro, il quale lo fece subito demolire. Su richiesta degli abitanti di Caresto, Carbonesca e Magrano nel 1414 il Castello venne ricostruito, rimanendo per molto tempo un cardine della difesa del territorio eugubino. Oggi si trova in condizioni disastrose e nella corte sopravvive al tempo, uno splendido esemplare di Taxus baccata, raro in Italia e tipico delle regioni del nord Europa. Questa specie è una delle piante più longeve oggi note. Sin dai tempi dei Celti, il tasso era considerato l'albero della morte, ma era visto anche come simbolo di immortalità dell'anima e veniva posto in prossimità dei cimiteri. La sua connessione con la morte era data probabilmente dal potente veleno contenuto nelle sue foglie e nei suoi semi, nonché dal colore cupo del suo fogliame. I Misteri di Gubbio Titolo principale IL CASTELLO DI CARESTO Come arrivare? Località: Castello di Caresto In auto partendo dal centro di Gubbio, raggiungere la strada statale 219 e andare in direzione Fossato di Vico/ Ancona e percorrerla in direzione sudest per circa 13 km. Mantenere la destra al bivio e seguire le indicazioni per Perugia; percorrere la strada statale 318. Alla prima rotonda che si incontra prendere la 2° uscita e proseguire per Casacastalda sempre sulla SS. 318. Dopo circa 3,7 km, raggiunto il piccolo borgo fortificato di Casacastalda è necessario svoltare a destra, imboccando Via Roma, in direzione Carbonesca. Percorrere la strada per circa 2,4 km, quindi svoltare a sinistra in Località Caresto e proseguire per 170 m fino ad un'altro bivio, prendere questa volta a destra e da lì proseguire per oltre 1 km. Vedrete i ruderi del castello alla vostra sinistra nascosti tra il folto di un boschetto in cima al colle. Vedute di Carbonesca degli anni '40. www.carbonesca.it I Misteri di Gubbio s in pk m o T P. e r io g g a M el d io r Dal dia a castagni, sul colle che dominav strepitando uno di loro. Infondo dura fece si ne viaggio per quelle strade torazio il borgo. La situ non avevano tutti i torti. Ogni cosa tuose e poco frequentate era quando giunse un distaccamento ni sembrava folle. gior i que in anmie le are plac riuscito a tedesco alla stazione ferroviaria si e ata ritir in o del eran ale schi ugu I tede sie. Il rumore sempre di Padule, dove stabilirono un biin maniera assai sata no scas tava tta por com ione cam a dell ore mot vacco. Strinsi bene fra le mani la alle spalle no iava sulasc a Si . cito osa rius nerv era to, sali su cui ero ola semiautomatica, una era mia pist non sto que e i. a sier ciat pen bru i a mie terr dei perare il ronzio Beretta M34, che mi portavo sem l'aNel no. seg n buo un te nien i per pre in tasca. Riuscii ad aggirare la Era bastato poco per guadagnars ria si sentiva i loro posizione e mi avviai a pied una strana eletverso sud. tricità: si sapeva ne lessi di una loche gli alleati Dalle pergame importante da visiostavano avan- calità molto di Caresto, che in zando da Peru- nare, il Castello nome ben più alun gia, si sapeva latino aveva o, Castrum Carestii. che le forma- tisonante e tetr i zioni partigiane Nel primo pomeriggio incontrai caloro erano all'opera. tre poveri viaggiatori sul Si sapeva tutto mion: Domenico, Luigi e Ubaldo. di tutti e si sa- Erano turbati. Avevano visto un peva troppo. La gruppo di partigiani alle 12.00 distoria di quel sarmare due tedeschi, presso l'an e di tico Teatro Romano di Gubbio passaggio va poi avevano incrociato il distacca truppe pote Padi ione staz - mento tedesco alla essere già scritto e doveva esse la fiducia dei proprietari dell'aul dule! Pensavano in qualche modo que in ma a, calm e re condotto con tomezzo: un semplice sorriso l- di andarci di mezzo. Non vedeva20 giugno ogni cosa invece risu sulno sava pas tre men to, un salu ti in- no l'ora di tornare a casa. o tava frenetico e in fin dei con le strade di un borgo chiamat comprensibile. Mentre il camion mi cullava col Padule. Vivevano a Carbonesca, te di e Io ero arrivato a Padule di notte, suo rollio, quasi fossi sul pon una località nella fascia collinar e ben un ca. Rimasi nascosto una nave, pensai che era a Sud di Gubbio, ad una ventina di in fuga da Bran bio. - fino al giorno in un boschetto di allontanarsi dalla città di Gub km da Padule. Erano dei contadi ni ed erano stati a Gubbio per prendere medicine e riaccompagnare un dottore in città, in Il fretta e furia. Tutto il Pian d'Assino era pericoloso a detta loro: bombardamenti alleati, cannoni delle truppe tedesche, uomini della Wehrmacht sparpagliati ovunque con le loro autoblinde, i partigiani in azione. «Un inferno! Chissà quando il Signore ci salverà da queste sofferenze!» mi aveva detto I Misteri di Gubbio Dovevo sembrargli ben strano. Un "viaggiatore" in cerca di castelli, in un momento così tragico. Dagli occhi di Luigi emergeva chiaramente il sospetto. Non potevano capire le mie ricerche, né tantomeno il valore di ciò che stavo cercando e che le pergamene avevano salvaguardato per me nei secoli. Per assurdo era proprio la guerra a difendermi. Mi permetteva di muovermi tranquillamente con quegl'antichi documenti in mano, senza che la notizia del mio passaggio si diffondesse troppo. I loro padroni probabilmente mi stavano già dando la caccia. Ma non avrebbero mai potuto raggiun- apriva con i resti di un castello e della sua torre. Era una possente torre di avvistamento con le grandi pietre squadrate da mani abili, risalente almeno al XIV secolo, oramai ridotta ad un rudere con a fianco un piccolo edificio. Attonito, rimasi ad ammirare il tutto, pensando che quell’enorme rovina, un tempo baluardo a guardia del territorio eugubino, ora rimaneva lì a difendere solo ciò che il tempo e la storia ave- La presenza tedesca era ancora massiccia, e forse era meglio raggiungere le località di campagna riportate nelle pergamene. Il dialogo con Ubaldo fu quello più fruttuoso, gli altri pur se ben germi ora. disposti, erano più sospettosi. Arrivai alla base del colle dove Forse il mio accento non li avesorgeva Caresto, la serafica desova convinti, e forse temevano di lazione di quei posti era emozioaver caricato un piantagrane. Conante. Campi immensi lavorati, munque smisero di parlare e alsporcati solo da casolari solitari, lora mi lasciai cullare dal camion. stradine bianche e poche anime. Arrivammo a Carbonesca per una Di fronte ai miei occhi un pralunga strada tortuosa. Da lì mi into, animato da silenziosi cavalli dicarono la strada per il castello al pascolo e cumuli di pietre, si senza troppi combenevoli. vano lasciato. Mi inoltrai in un fitto cunicolo di rovi, con la scia di ciottoli sparsi qua e là a farmi da guida in quella che era stata la corte, un tempo libera e aperta, dove la gente del posto si radunava. Ormai abbandonato allo stato di rudere, si riuscivano ad intravedere solo in parte altri edifici. Riconobbi la chiesetta, dedicata un tempo a San Bartolomeo, della quale spuntava solo la croce del campanile, nella quale, le pergamene, riportavano la presenza di statue lignee, dipinti ed un ossa- I Misteri di Gubbio rio sotto la cripta. Mi decisi che era quello il luogo dove iniziare. Stavo infatti cercando dei locali sotterranei dove dovevano essere conservati oggetti preziosi: ebano, armi antiche, monete e un "vitello d’oro", seppi poi che anche agli abitanti del luogo erano noti questi tesori. L'oggetto della mia caccia erano in realtà alcuni libri contenenti ancestrali conoscenze di cui io volevo entrare in possesso, che erano stati portati qui alla metà del '300, come spoglie delle battaglie da Giovanni, figlio di Cante Gabrielli, Signore di Gubbio, nonché podestà di Firenze il quale aveva esiliato Dante Alighieri dalla sua madrepatria. Ad un tratto, percorrendo lo stradello verso nord, mi apparve in alto la cima verdissima di quello che la gente del posto chiamava “Albero della morte”. Un esemplare pluricentenario di Taxus Baccata, che aveva un fogliame sempreverde e piccole bacche Immagine proveniente da un miniatura raffigurante la personificazione della Stregoneria Immagini di codici medievali contenenti il testo del Malleus Maleficarum di colore rosso che ne ornavano la chioma. Di quest’albero, così rigoglioso e affascinante, si raccontavano molti aneddoti, legati alle capacità venefiche della pianta, in particolare delle sue maledette bacche rosse! Continuai il mio cammino senza altri indugi verso la punta verdissima della grande pianta, impacciato e attento a non rimanere impigliato nelle spine dei rovi. Improvvisamente sentii il sus- seguirsi di colpi di una falce. Un uomo anziano ripuliva lo stradello di fronte al grande albero con un fare agitato e nervoso. Il suo sguardo furente, mi gelò il sangue. Con voce decisa mi disse: «Chi sei? Che fai qui in casa mia?!» e alzò la falce minacciandomi di farmi saltare la testa. Presi il coraggio a due mani e iniziai a rattoppare una storia fasulla ma il cui nodo centrale era vero, cioè che ero giunto fin lì a cercare le spoglie della ricca famiglia dei Gabrielli. A mano a mano che parlavo, il vecchio, che aveva l'aspetto di un contadino, mi spiegò che quello era un momento difficile con la guerra che incombeva, quindi si scusava della sua iniziale "ostilità" e aggiunse: «Qui è raro incontrare gente, e io sono stanco di lottare», inoltre sogghignando in modo strano mi disse: «Ormai è come se tutti volessero qualcosa da Caresto». «E tu sei un'altro ladro che viene a cercare un po' d'oro?». Rimasi per un po’ titubante, capii che una qualche turba psichica doveva aver colpito la mente del vecchio, di conseguenza cercai di assecondarlo. «No! Vede io sono venuto a cercare delle I Misteri di Gubbio memorie storiche della nobile famiglia dei Gabrielli, non tesori!». Allora per rafforzare la mia posizione gli chiesi se potesse raccontarmi qualcosa del rudere. L’uomo pensieroso si voltò verso il grande tasso e mi iniziò a raccontare dell'"Albero della morte",e poi delle leggende sui tesori sepolti lì, che gli abitanti di Carbonesca si tramandavano. Il suo sguardo penetrante si fissò su di me e io mi tranquillizzai. Mi riferì inoltre che un agricoltore del posto fece un sogno sul castello: una voce gli intimava di portare le sue pecore in prossimità del grande albero, di notte, e che se lo avesse fatto, esse avrebbero scavato in profondità con gli zoccoli portando alla luce un "vitello d'oro". Ma l’uomo incredulo, o forse impaurito, non si recò mai di notte con le sue pecore a scavare sotto quell’albero. Si decise di andarci di giorno, con il sole splendente, scavò oltre un metro una grande fossa e vi trovò un secchio di carboni. Si sentì quasi preso in giro e non tornò mai più a Caresto. Il vecchio rideva mentre mi parlava del contadino, come se fosse stato lui a beffarlo. Finito il racconto, mi invitò ad entrare in casa sua, che era il vecchio casale di fianco alla torre e mi offrì cibo e un riparo per la notte. Non battei ciglio e lo seguii. Osservai per la prima volta in modo analitico la figura di quell'uomo, che risultava, a ben vedere, parte integrante del vecchio castello e allo stesso tempo, fuori luogo. Vestiva con una sorta di lunga tunica blu notte, che lo copriva fino al collo e aveva lunghi capelli bianchi, sciolti sulle spalle. Parlava nella maniera tipica di quelle parti, ma ogni tanto inseriva delle parole di un linguaggio aulico e poetico, che stonavano in un contadino di Carbonesca. I Misteri di Gubbio suo modo magnetico di parlare. Maleficarum", "De verminis myAppena varcato l’ingresso una steriis", "Tavole Pna kotiche". Dissi leggera frescura invase il mio cor- sottovoce «Il Teso ro di Giovanni po, la casa era umile, dalle mura Gabrielli!». La prov a definitiva mi spesse, solo una credenza ed un venne da una pregevole cassatavolo riempivano la grande cuci- panca che si trov ava sotto il tavona, insieme al fragore crepitante lo, la quale ripo rtava lo stemma della fiamma nel camino. Mi se- araldico della fam iglia Gabrielli detti vicino al fuoco. Lo sguardo (Tre pali d'oro in campo rosso trapenetrante dell'anziano sembra- versati da due fasce d'argento; va sempre fisso su di me. Mi pre- nel palo centrale tre monti d'arparò un brodo caldo e poi me lo gento). In che mod o il vecchio era gustai mentre eravamo inten- venuto in possesso di quel pezzo ti a parlare. Lui mi faceva do- così pregevole? Com e poteva un mande ed io rispondevo, non contadino avere que i libri di coricordo nulla di quei discorsi noscenze arcane? A questo punto ma nella mente rimangono pensai che lui aveva trovato qualsolo brevi immagini nitide in cosa sotto le radici del Taxus. mezzo ad un mare nebbio- Già il Taxus! Mi resi conto allora, so. Mi voltai verso l'entrata pres o dai miei pensieri, che delle M ’ i n c u - di un'altra stanza, chiu sa da una bac che della pianta venefica erariosiva questo era certo, anzi in tenda. La scansai senza che il vec - no state messe nel brodo, com tutta onestà devo ammettere che e chio se ne accorgesse. Dentro la fosse una qualsiasi spezia. Perché mi attirava. Invece avrebbe dovustanza vidi un piccolo gruppo di ero stato tanto stupido? Perché to destare sospetti! Ora col senno libri, appoggiato su un tavolo, i tinon mi ero preoccupato di nuldi poi capisco! Può sembrare astoli scritti sul taglio dei libri con la? Mi voltai di colpo e il vecchio surdo ma fui in qualche maniera grandi lettere gotiche riportavaera alle mie spalle con un'antic ammaliato da quell'uomo e dal a no i titoli che cercavo: "Malleu s spada in pugno pronto a colpirmi ! I Misteri di Gubbio le aveva prese. Menono tutti e tre fino vecchio non salir ia cacc da la con rai spa , Scansai il fendente tre ero invaso da così tanti quein vista dei ruderi. Si convinsero Beretta M34. Non so se lo colpii siti, Luigi, Domenico e Ubaldo mi che ero una spia quando videro o amm Lott me! di ra sop fu ma rtarono alla realtà. Mi dissero hio, che non avevano mai ripo vecc il sem Non ati! enn fors come due che le ferite erano tama Caresto e che non sa- che ora uto ved , chio vec un te men brava assoluta ponate, loro non ne volevano pevano abitasse nel castello! Alaveva ancora una grandissima saper niente di me e delle mie lora aspettarono cercando di cato mol fu e zion utta coll La a! forz tasie" su vecchi stregoni e li. Poi dopo un po' sentirono "fan pire il nto inta nte, nua este lunga ed ero che mi avrebbero allora si decisero ad bri. Mi diss e ri spa gli la e ebb e ven veleno nelle mie fatto passare la notte alla Chiesa intervenire! Pensai di aver avumeglio su di me. L'ultima immadi Carbonesca, ma che il giorno to delle allucinazioni! I libri non r ave di a prim rdo rico che gine vo sarei dovuto andare più, ma qualcosa però era successi ano c'er di gran dei lla que è si sen perso i ediatamente! Senza cresostenere la mia sani- via! Imm a lì ora anc rdagua mi che occhi del vecchio are altri problemi. tà mentale: la panca dei Gabrielvano fissi, con odio e un profonsi fidavano più li! L'intervento tempestivo degli Capivo che non do senso di vittoria. o perso anche avev fata ai di me, orm uomini di Carbonesca avev Non aggiunQuando rinvenni ero davanti a to fuggire lo strano vecchio. Vidi la fiducia di Ubaldo. mi che i Luig e o enic Dom Ubaldo, mi feci aiutare a le pallottole nel muro ma nessun si altro. Annuii e gran a nell ora anc curavano. Ero alla Chiesa del segno di colluttazione, nessuna camminare, fino alcune coperte de cucina con il fuoco acceso. Io e ero ie paese. Mi died traccia di sangue, solo le fogl o giunsero alero pieno di ferite e mi avevano delle bacche del tasso nel piatto e mentre lo facevan i do cen nos rico , itare vom fatto tri uomini che portarono la notiin cui avevo mangiato il brodo. o. tass del no vele primi effetti del so guaio avvenuto a o molte domande zia di un gros avev vo nuo Di aicol part In Mi avevano salvato! Gubbio. Con le pergamene strete nessuna risposta. Chi era il vecre era stato Luigi a farlo: quando in pugno e guardando l'altare ammaliatore? Cosa ci faceva te chio si lui sca, one Carb iato lasc avevo ormentai placidamente c'entrava con la storia mi add cosa e lì Care a fino irmi decise di segu mentre gli uomini di Carbonesca dei Gabrielli? A quel punto mi sto, perché non si fidava di me parlavano con toni gravi e cupi. preoccupai per le mie pergamee temeva che avrei portato guai ne ma erano ancora con me... il nel paese. Armati di doppiette
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MARZO 2013 - N°3
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