Scheda dell`opera - Arte Italiana nel Mondo
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Scheda dell`opera - Arte Italiana nel Mondo
2.13 Francesco di Giorgio Martini, Giuliano e Benedetto da Maiano Francesco di Giorgio Martini: Siena, 1439 - 1501 Giuliano di Leonardo di Antonio: Maiano, 1432 - Napoli 1490 Benedetto di Leonardo di Antonio: Maiano 1442? - Firenze 1497 Studiolo di Federico da Montefeltro New York City (New York), The Metropolitan Museum of Art © 2007. Image copyright The Metropolitan Museum of Art/Art Resource/Scala, Firenze Nel pomeriggio di lunedì 20 gennaio 1941, mentre nel Vecchio Mondo infuriava la Seconda Guerra Mondiale, a New York in una delle sale di rappresentanza del Metropolitan Museum veniva presentato per la prima volta al comitato di amici e sostenitori dell’istituzione un manufatto artistico eccezionale: lo Studiolo di Federico II da Montefeltro, Duca d’Urbino, proveniente dal Palazzo Ducale di Gubbio. Lo stato feudale di Urbino, contea prima, poi ducato, comprendeva la parte alta delle Marche, grosso modo corrispondente all’attuale provincia di Pesaro-Urbino, senza Pesaro e la costa marina, e parte dell’Umbria a ridosso degli Appennini, fra cui Gubbio, Branca, Costacciaro, Fossato di Vico, Scheggia e Sigillo, centri urbani in parte ora compresi nel Parco del Monte Cucco. Come seconda capitale, anche Gubbio aveva una residenza ufficiale del duca, al cui interno c’era il suo Studiolo. In tutti e due i palazzi Federico per le stanze in cui studiare e meditare aveva voluto una raffinatissima decorazione a tarsie lignee, che copriva le pareti e lussuosi soffitti policromi, progettati ed eseguiti dai più grandi esperti in materia, un po’ prima quelli di Urbino, ai primi degli anni Ottanta quelli di Gubbio. Mentre lo Studiolo urbinate è tuttora sotto gli occhi dei visitatori dell’antica capitale dei Montefeltro, quello di Gubbio andò incontro a un destino diverso. La scomparsa del Ducato di Urbino, prima passato ad altre dinastie, nel 1633 annesso agli Stati della Chiesa, portò al progressivo degrado della residenza ducale eugubina, che finì in mano privata. Non solo gli arredi, ma gran parte degli impianti fissi a destinazione, come le cornici lapidee di porte e camini, le ante delle porte, gli stemmi furono asportati, immessi nel circuito antiquario e di proprietario in proprietario finirono nei luoghi più disparati. Al momento manufatti provenienti dal Palazzo Ducale di Gubbio sono conservati, per esempio, al Consolato Italiano di Berlino, in Svizzera nella Collezione Abbegg, a Londra nel Victoria and Albert Museum e ancora a Berlino nel Kunstgewerbe Museum: una vera e propria polverizzazione. In quest’atmosfera di saccheggio, agli inizi degli anni Settanta dell’Ottocento si aprì una trattativa fra l’allora proprietario del palazzo di Gubbio e un patrizio romano, il principe don Filippo Massimo Lancellotti, che nel 1874 riuscì a comprare la preziosa decorazione lignea dello Studiolo e a trasferirla in una delle sue residenze: la villa di Frascati, dove fu rimontata in un belvedere costruito alla sommità dell’edificio. La vendita non passò inosservata alle autorità preposte al patrimonio storico-artistico e, data l’eccezionale importanza del manufatto quattrocentesco, fu contestata, in quanto lo Stato Italiano avrebbe dovuto esercitare la prelazione. La controversia però si risolse a favore del principe Massimo Lancellotti, che restò in possesso dello Studiolo. Pervenuto a uno dei suoi nipoti, il principe don Filippo Giuseppe, da quest’ultimo fu venduto all’antiquario di Venezia Adolfo Loewi nel 1938. Il nuovo proprietario rimontò ed espose l’opera d’arte nel suo negozio, dove attrasse l’attenzione di vari collezionisti. Loewi però era ebreo, cominciò a essere perseguitato e ben 104 Patrimonio artistico umbro nel mondo presto vide compromessa la sua libertà d’azione. Quando la campagna antisemitica s’inasprì, decise di trasferirsi negli Stati Uniti, dove di fatto, dopo una breve sosta a Parigi, approdò nel 1939. Lo Studiolo lo seguì a New York, dove fu rimontato grazie all’attenta descrizione di uno storico dell’architettura tedesco, che lo aveva osservato a Gubbio nel 1873, l’anno precedente la vendita al principe Massimo Lancellotti. Accuratamente rimontato nel negozio newyorkese di Loewi, fu subito notato da vari studiosi e appassionati, finché uno di loro ne propose l’acquisto al Metropolitan Museum. Il prezzo richiesto era molto alto, ma l’oggetto unico e irrepetibile nel novembre del 1939 fu comprato dall’istituzione, che tuttora lo detiene. Dopo l’acquisto nacque il problema della corretta restituzione dello Studiolo al suo primitivo assetto, evidentemente compromesso da tanti spostamenti. La stretta collaborazione fra i dirigenti del museo newyorkese, Loewi e i suoi fiduciari in Italia permise una serie di sopralluoghi a Gubbio e Urbino, che fornirono indicazioni fondamentali e consentirono un’accurata campagna fotografica. Purtroppo si constatò che le due finestre che davano luce alla stanza erano state tamponate e le pareti, prive dal 1874 della splendida decorazione, erano state intonacate: l’antico prezioso Studiolo era ridotto uno squallido ufficio. Finalmente rimontato al Metropolitan, lo Studiolo diventò una delle maggiori attrazioni del museo fino al 1966, anno in cui fu smontato in vista d’una nuova e migliore ricomposizione, che però non fu realizzata se non nel 1996. La nuova esemplare sistemazione è stata accompagnata da studi documentati e approfonditi, consegnati a due volumi di gran rigore scientifico pubblicati nel 1999, che hanno permesso di attribuire progetto e disegno a Francesco di Giorgio Martini, l’architetto senese per anni attivo alla corte dei Montefeltro. Quanto all’esecuzione, tutto concorre a far credere che sia di Giuliano e Benedetto da Maiano, che dovettero realizzarla nella loro bottega fiorentina fra il 1480 e il 1483. Se destano meraviglia l’ideazione e il disegno del grande artista e teorico senese, non minore è l’impressione provocata dall’abilissima traduzione nel legno, che rivela eccezionali capacità d’esaltare le vocazioni formali della materia. Dal punto di vista tematico le tarsie dello Studiolo presentano un eccezionale interesse documentario sulle forme del pensiero del tempo, perché mostrano quali fossero le occupazioni favorite d’un principe rinascimentale: musica, letteratura, astronomia. Accanto alla cultura, non manca l’esibizione delle alte cariche ricoperte, come quella di Gonfaloniere della Chiesa, evocata dalle chiavi decussate sormontate dal triregno e la giarrettiera, insegna dell’omonimo ordine, concesso dal Re d’Inghilterra, rarissimo in Italia. Quello che colpisce di più nello Studiolo di Gubbio però sono i sorprendenti effetti illusionistici. I falsi banchi, in parte abbassati e in parte alzati, danno volume alle pareti e gli sportelli, chiusi, aperti e semiaperti, creano in poco spazio un mondo sconfinato in cui l’occhio e la fantasia si perdono. 2.13 Fancesco di Giorgio Martini, Giuliano e Benedetto da Maiano Studiolo of Federico da Montefeltro New York City (New York), The Metropolitan Museum of Art On the Monday afternoon of January 20, 1941, while the Second World War raged on, an exceptional work of art from the ducal palace in Gubbio was presented for the first time to a group of friends and supporters of the Metropolitan Museum of Art: the Studiolo of Federico II da Montefeltro, Duke of Urbino. The feudal state of Urbino, which was initially a countship and then a duchy, comprised the northernmost part of the Marches, roughly corresponding today to the province of Pesaro-Urbino, without Pesaro and its costal area, and that part of Umbria behind the Apennines which includes the urban centers of Gubbio, Branca, Costacciaro, Fossato di Vico, Scheggia and Sigillo, today for the most part within the Park of Monte Cucco. As the duchy’s second capital city, Gubbio also had an official residence, and therein was created the Duke’s Studiolo. Rooms where the ruler could study and meditate, with highly refined decoration of luxurious polychrome ceilings and richly inlaid-wood walls, executed by the greatest masters of these materials, were installed in both ducal palaces, first in Urbino and then in the early 1480’s in Gubbio. While the Studiolo in Urbino has remained in the Montefeltro capital where it is enjoyed by the palace’s many visitors, the Gubbio Studiolo had a far different destiny. After first passing to other dynastic families, the Duchy of Urbino was dissolved and annexed to the Papal States in 1633. This led to the gradual degradation of Gubbio’s ducal residence, which ultimately fell into private hands. Over time, the palace was stripped of its tapestries, stone doorways, cornices and fireplaces, coats-of-arms and other furnishings made specifically for it, and these were widely disseminated as they passed through the antique market and into private and public collections. In fact, some of the spoils from Gubbio’s ducal palace can be found today in the Italian Consulate in Berlin, the Abbegg Collection in Switzerland, the Victoria and Albert Museum in London, and in Berlin’s Kunstgewerbe Museum. In the despoiling atmosphere of the 1870’s, a dialogue was initiated between the then-owners of the ducal palace and a Roman patrician, Prince Don Filippo Massimo Lancelloti, who, in 1874, purchased the precious decoration of the Studiolo and had it transferred to one of his residences, his villa at Frascati. There it was reinstalled in a turret built on the top of the building. This sale did not go unnoticed by those responsible for Italian historic-artistic preservation and, given the exceptional importance of the fifteenth-century masterpiece, it was contested that the Italian State should have had the right of first refusal. However, the controversy was resolved in the Prince’s favor, who retained possession of the Studiolo. It was willed to one of his nephews, Prince Don Filippo Giuseppe, who sold it to the Venetian antique dealer Adolfo Loewi in 1938. Loewi installed and exhibited it in his shop, where it attracted the attention of various collectors. The dealer was Jewish, and persecution began to limit his professional activities. When the anti-Semitic atmosphere worsened in Venice, Loewi decided to move to New York where, after a brief stay in Paris, he finally settled in 1939. The Studiolo followed him to New York where 106 Umbrian artistic heritage worldwide it was remounted in its original configuration, thanks to the thorough and meticulous description made by a German architectural historian who had seen it in Gubbio in 1873, the year before its sale to Prince Massimo Lancellotti. Installed in Loewi’s New York store, it again drew the interest of scholars and art enthusiasts, including one who suggested that it be acquired by the Metropolitan Museum. The price was extremely high, but the work was unique and exceptional, and in November of 1939 it was formally purchased by the museum where it may still be found today. But there remained the problem of accurate restoration of the Studiolo to its original state, which had been compromised by its many relocations. Close collaboration between Met officials and Loewi and his colleagues in Italy resulted in a series of site investigations in Gubbio and Urbino which provided the groundwork for reconstruction and a comprehensive photographic survey of the site. It was noted that, unfortunately, the two windows which once allowed light into the room had been sealed up and the walls, devoid of their splendid inlaid wood decoration since 1874, had been plastered over: the once-splendid Studiolo had been reduced to a squalid office. Finally installed in the Metropolitan Museum, the Studiolo remained one of the museum’s main attractions until 1966, when it was disassembled in order to reconfigure it in a more historically accurate manner - a project that was not realized until 1996. The new systematization of the room was followed in 1999 by a scholarly, rigorously scientific two-volume publication wherein the design of the project is attributed to Francesco di Giorgio Martini, a Sienese architect active for years at the Montefeltro court. Furthermore, it was generally agreed that the inlaid panels were the work of Giuliano and Benedetto da Maiano, who executed them in their workshop in Florence between 1480 and 1483. If the idea for and overall design of the Studiolo by the renowned Sienese artist and theoretician makes us marvel, no less so does the impression made by the superb manipulation of materials by some of the period’s most skilled craftsmen. From a thematic point of view, the Studiolo’s inlaid decoration comprises a fascinating document of contemporary thought in that it shows the interests and favorite pastimes of an important Renaissance ruler: music, literature, and astronomy. Along with such cultural pursuits are references to the Duke’s princely responsibilities, such as being Standard Bearer of the Church. This is represented by the crossed keys surmounted by the Papal Tiara. The garter is the symbol of his membership in the Order of the same name, conferred by the King of England, an honor which is rarely found in Italy. In the end, however, it is the exceptional illusionistic effects in the Studiolo that have the greatest impact: the false benches - some raised and others lowered - give volume to the walls, and the shutters - open, closed or partially opened - create a world without limits in this small space, where the eye and the imagination lose themselves. Bibliografia/Bibliography Marchini 1959; Brunetti 1966, pp. 433-37; De Carlo 1985, pp. 3-10; Koutsky 1985, pp. 91-104; Sikorsky 1985, pp. 67-90; Zampetti e Battistini 1985, pp. 51-66; Angelini 1987, pp. 702-03; Torriti 1993; Quinterio 1996; Raggio 1999, pp. 79-167; Kemp 1999, pp. 169-77; Wilmering 1999, pp. 3-195; Angelini 2005, pp. 333 e sgg. Provenienza/Provenance Gubbio, Palazzo Ducale Frascati, Collezione principe don Filippo Massimo Lancellotti Venezia, Collezione Adolfo Loewi New York City (New York), The Metropolitan Museum of Art Gubbio: Palazzo del Bargello, prima metà del secolo XV Gubbio: Palazzo del Bargello, first half of the 15th century © Archivio Fotografico Italgraf 107
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