Psicologia del rischio d`infortunio nello sport

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Psicologia del rischio d`infortunio nello sport
Psicologia del rischio d’infortunio nello
sport: review e studio di una casistica di
atleti agonisti nel rugby
Stefano Tamorri1 Manuela Benzi1 Mario A. Reda2
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Psicologia dello Sport, Facoltà di Scienze Motorie, L’Aquila.
Cattedra di Psicologia, Università degli Studi di Siena.
Corrispondenza: [email protected]
Abstract
Sebbene molte delle cause di incidenti siano di natura fisica (struttura corporea, livello di condizione, attrezzature insufficienti, o superfici di gioco inadeguate), anche i fattori psicologici
hanno importanza. Negli ultimi tre decenni, un crescente numero di ricercatori ha cercato di
determinare quali variabili psicologiche influenzino la vulnerabilità e la resistenza agli incidenti nello sport e nell’esercizio fisico. Obiettivo della review è analizzare la relazione fra stress ed
incidenti sportivi e proporre gli interventi che possono ridurre il rischio.
Lo studio di casistica ha avuto come obiettivo valutare sin dal primo giorno di preparazione di
una squadra di rugby di alto livello agonistico i possibili stati d’animo iniziali e le possibili situazioni emotive dei giocatori, al fine di monitorarne in follow up la variazione durante le settimane successive.
Tamorri S, Benzi M, Reda MA. Psychology of sports injuries: review and descriptive study of
élite rugby union players.
Ital J Sport Sci 2004; 11: 34-44
Although the main determinants of sports injuries are physical factors (body composition,
fitness level, inadequate structures or game surfaces), psychological factors should be inquired
too, as it has been done In the last decades by a growing amount of research groups. Aim of
this review was to focus the association between stressors and sports injuries, as well as to
propose risk reduction strategies. On the other hand, the casuistic was aimed at evaluating in
follow up élite rugby players, concerning mood and emotional pattern assessed by
standardised psychometric methods.
REVIEWS
Key words: sports injuries, psychological factors, rugby union.
Introduzione
Studi epidemiologici indicano che ogni anno negli
Stati Uniti si verificano più di 70 milioni di infortuni,
che richiedono controllo medico o almeno un giorno
di attività limitata. L’incidenza degli infortuni è così
consistente fra i giovani da superare le malattie infettive come causa principale di morte e infermità (Boyce e Sobolewsky, 1989): su 50.000 bambini in età
scolastica, si è scoperto che la partecipazione agli
eventi sportivi era responsabile del 44% degli infor-
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tuni di quattordicenni e studenti più adulti. Altri dati
indicano che ogni anno circa la metà degli atleti dilettanti subisce un danno che preclude la partecipazione ad attività sportive (Garrick e Requa, 2003).
Un quarto di questi infortuni richiede almeno una
settimana di riposo.
Sebbene molte delle cause di incidenti siano di natura fisica (struttura corporea, livello di condizione, attrezzature insufficienti, o superfici di gioco inadeguate), anche i fattori psicologici hanno importanza.
ITALIAN JOURNAL of SPORT SCIENCES
Negli ultimi tre decenni, un crescente numero di ricercatori ha cercato di determinare quali variabili psicologiche influenzino la vulnerabilità e la resistenza
agli incidenti nello sport e nell’esercizio fisico.
Obiettivo di questa review è analizzare la relazione
fra stress ed incidenti sportivi e proporre gli interventi che possono ridurre il rischio.
La scarsezza di fonti bibliografiche ha indotto Andersen e Williams a sviluppare un modello teorico multivariato (Andersen e Williams, 1999). L’ipotesi centrale del modello stress-infortunio è che gli individui
con una storia di stress, con particolari caratteristiche
personali di risposta allo stress e con poche risorse
per affrontarlo sono in una situazione di rischio maggiore. La risposta allo stress comporta una relazione
bidirezionale tra valutazione cognitiva individuale e
fattore esterno potenzialmente stressante.
Nello sport l’atleta valuta cognitivamente le richieste
poste dalla situazione competitiva, l’adeguatezza delle proprie abilità e le conseguenze del fallimento/successo. Per esempio, se l’atleta vede la competizione
come una sfida, come eccitante e divertente, il risultato sarà uno stress “buono” (eustress) che può aiutarlo a rimanere concentrato sul proprio obiettivo ed
affrontare la gara con successo.
Il rischio d’incidente in questa situazione sarebbe più
basso di quando un atleta prova uno stress “cattivo”
(distress), a seguito di una valutazione della competizione come minacciosa.
Tale interpretazione si ha più probabilmente quando
gli atleti percepiscono di non essere in grado di affrontare quel che è richiesto in una situazione stressante. Differenze individuali nella risposta allo stress
possono sia proteggere l’atleta contro l’infortunio sia
aumentare il rischio. L’atteggiamento psicologico e
gli alterati processi attentivi che avvengono durante
la risposta allo stress, hanno indotto Andersen e Williams ad ipotizzare che l’aumento della tensione muscolare, la riduzione del campo visivo e l’incremento
dalla distrazione, siano le principali cause della associazione tra stress ed infortunio.
Infatti la contrazione simultanea non richiesta di
gruppi muscolari agonisti ed antagonisti è una risposta comune negli stati di stress. Questa tensione generalizzata del muscolo può portare ad affaticamento,
riduzione della flessibilità articolare, difficoltà nella
contrazione motoria e inefficienza muscolare. Il risultato finale è un maggior rischio di incidenti come
distorsioni, stiramenti, strappi.
La riduzione dell’attenzione potrebbe invece risultare
dalla preoccupazione per gli eventi stressanti e per le
loro possibili conseguenze negative o da una deficitaria risposta di adattamento.
Il modello di Andersen e Williams ipotizza che i fattori stressanti esterni di un atleta (evento di stress
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nella vita, dispute quotidiane, incidenti precedenti)
contribuiscono direttamente alla risposta allo stress,
mentre i fattori personali (posizione di controllo, ansia dettata dalla competizione, motivazione al conseguimento dell’obiettivo) e le risorse per affrontare lo
stress (comportamenti di gestione generali, sistemi di
sostegno morale, controllo dello stress e abilità mentali) agiscono sulla risposta allo stress sia direttamente sia indirettamente tramite un’influenza moderatrice sugli effetti dei fattori stressanti esterni.
Per esempio, la presenza di una personalità in grado
di affrontare gli eventi imprevisti può proteggere gli
individui dallo stress e dall’infortunio, aiutandoli a
percepire come meno stressanti alcune situazioni ed
eventi, diminuendo così la loro suscettibilità agli effetti di fattori stressanti.
Al contrario una personalità con minore capacità di
far fronte allo stress o la presenza di caratteristiche
indesiderabili (alto tratto d’ansia, forte competitività
) può far sì che gli individui siano vulnerabili a stress
più intensi (acuti e cronici) e, presumibilmente, ad un
più alto rischio d’infortunio.
In una successiva revisione del modello, Williams e
Andersen hanno teorizzato una bidirezionalità fra
personalità e storia di stress e fra la forza per affrontare lo stress e la storia dei fattori stressanti.
Fattori che causano lo stress
Holmes e Rahe (1967) hanno studiato gli eventi
stressanti nella vita attraverso la “Social Readjustment Rating Scale” (SRRS), un questionario per la
popolazione adulta che individua in modo uniforme
l’importanza di 40 eventi che cambiano la vita. La
scala si basa sull’affermazione che i fattori stressogeni della vita inducono a un riadattamento comportando quindi, un incremento del rischio. Nella SRRS, ad
ogni evento di vita è assegnato un punteggio basato
sul presunto grado di adattamento richiesto ad ogni
individuo della popolazione.
Bramwell et al. (1975) hanno modificato la SRRS,
adattandola agli atleti, cancellando i fattori di stress
meno appropriati e aggiungendone 20 più appropriati
per atleti di college (difficoltà accademiche, problemi
con il coach, cambiamento nel modo di giocare). Il
risultato, con il questionario modificato a 57 item,
mostra una relazione ancora più forte fra vita stressante e incidenti sportivi. Suddivisi in gruppi esposti
a bassi, medi ed elevati stress di vita, rispettivamente
il 30%, il 50% e il 73% dei giocatori di football del
college riportavano infortuni atletici.
Nel 1983 Passer e Seese hanno posto una distinzione
tra gli eventi di vita positivi e negativi, esaminando
le variabili della personalità che moderano l’influenza dello stress nella vita.
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Sarason, Johnson e Siegel (1978), sviluppando la scala LES (Life Experience Survey), affermano che gli
effetti dell’adattamento ad eventi comportanti cambiamenti negativi sono diversi da quelli che comportano cambiamenti positivi, evidenziando che un cambiamento di vita positivo o non ha alcun effetto o ha
un effetto meno nocivo sulle variabili correlate alla
salute, paragonato agli effetti del cambiamento di vita
negativo. Passer e Seese, usando una versione per lo
sport del LES modificata a 70 punti, evidenziarono
che c’era un rischio maggiore di infortunarsi solo per
quei giocatori di football che riportavano livelli più
alti di stress derivato da eventi di vita negativi.
L’entità della relazione stress-infortunio, la determinazione di negatività (NLE) o positività dello stress
(PLE) o la derivazione dagli eventi totali della vita
(TLE) variano in modo considerevole nei diversi
studi.
Sebbene la maggior parte degli studi, che distinguono i diversi tipi di stress della vita, indichino che solo
gli eventi negativi della vita (NLE) pongono gli atleti
in condizioni di rischio di infortunio (Meyer, Horrigan e Lotz, 1995), altri studi evidenziarono, tuttavia,
che i TLE e PLE aumentavano il rischio d’infortunio.
Personalità a rischio
Gli studi stress-malattie identificano molte variabili
personali per il loro ruolo nel moderare la relazione
stress-malattie. Alcuni tratti di personalità fanno sì che
alcuni individui percepiscano meno situazioni come
stressanti o possono predisporre gli individui ad essere
meno suscettibili agli effetti di fattori stressanti.
La maggior parte delle variabili della personalità incluse nel modello iniziale, per es. forza psicologica,
controllo di sé, senso di coerenza, ansia competitiva,
motivazione, sembrava che moderassero la relazione
stress-malattia e, comunque, furono poi esaminate
successivamente negli studi sugli infortuni sportivi.
Il tratto della forza psicologica è formato da una costellazione di caratteristiche, come la curiosità, la volontà di impegnarsi, la considerazione del cambiamento come una sfida e uno stimolo allo sviluppo e
ad avere un senso di controllo sulla propria vita (Kobasa, 1979).
Il controllo di sé (Rotter, 1966) e il senso di coerenza
(Antonovsky, 1985) hanno la funzione di moderatori
della relazione tra stress e malattia. Il senso di controllo deriva dal considerare l’ambiente e la propria
vita come qualcosa che può essere controllato dal
soggetto. La motivazione e l’ansia causata dalla competitività furono incluse poiché erano variabili che
sembravano correlate allo stress. La motivazione al
successo si riferisce sia al bisogno di avere successo
che a quello di evitare il fallimento.
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L’ansia è descritta come una tendenza o una disposizione a percepire le situazioni come minacciose e a
reagire con ansia (Spielberger e Smith, 1966). Gli individui, che hanno un gran desiderio di evitare di fallire (ansia competitiva) o che sono generalmente ansiosi, considerano più situazioni come stressanti e di
conseguenza riportano un elevato stress rispetto agli
individui che hanno il profilo opposto.
Van Mechelen ed altri (1996) non evidenziarono alcuna relazione tra motivazione e ricorrenza d’infortuni. I risultati che i ricercatori ottennero analizzando il
senso di controllo e l’ansia erano diversi. Kolt e
Kirkby (1996, 1999) non evidenziarono alcuna relazione tra ginnasti non agonisti, ma un maggiore senso di controllo prediceva in modo indicativo gli
infortuni nei ginnasti agonisti.
Ricercatori che hanno usato misurazioni non specifiche per lo sport per valutare il senso di controllo
(Passer e Seese, 1983) non hanno trovato alcuna relazione.
Van Mechelen ed altri (1996) affermarono che le persone con sentimenti di depressione, malesseri, apatia
e ansia, riportavano infortuni più di frequente. La loro ipotesi era che le persone in tali stati esaurissero le
proprie risorse fisiche e mentali e non rispondessero
adeguatamente allo stress mentale e fisico di una partecipazione sportiva. Inoltre, determinarono che le
persone con un carattere più dominante correvano un
rischio più alto di infortuni sportivi di quelle con un
carattere meno dominante, poiché le persone che dominano tendono a giocare un ruolo più centrale e più
intenso in situazioni sportive e ad assumere più rischi
per raggiungere i propri obiettivi personali delle persone con una dominanza minore.
Young e Cohen (1979) trovarono risultati opposti
analizzando una squadra di basket femminile del college, ma questa differenza potrebbe derivare dalle diverse età e dalla diversa educazione dei partecipanti.
Risorse di gestione
Le risorse di gestione comprendono un’ampia varietà
di comportamenti e legami sociali che aiutano l’individuo ad affrontare i problemi, le gioie, le preoccupazioni e gli stress della vita. Le risorse possono derivare dall’ambiente, come sostegno sociale, o da risorse personali, come controllo emotivo. Queste risorse proteggono l’individuo da infortuni o attenuano
gli effetti negativi di fattori stressanti o di tratti della
personalità.
Smith, Smoll e Ptacek (1990) evidenziarono che le
risorse di gestione moderavano la relazione stress di
vita/infortunio, ma non influenzavano direttamente il
verificarsi di infortuni. Atleti con basso supporto sociale e poche abilità psicologiche di gestione esibivaITALIAN JOURNAL of SPORT SCIENCES
no la maggiore correlazione tra grandi eventi di vita
negativi ed infortuni seguenti. I risultati per atleti con
alto stress-basse risorse di gestione suggeriscono che
il supporto sociale e le qualità di gestione psicologica
operano congiuntamente (c’è bisogno di livelli bassi
per entrambi per avere una massima vulnerabilità
agli infortuni) per atleti con alti eventi di vita negativi. Al contrario, per atleti con supporto sociale o qualità psicologiche di gestione alti o moderati, si aveva
una relazione non indicativa tra stress di vita ed
infortuni: in altre parole, possedere una delle caratteristiche psicologiche, ridurrebbe la vulnerabilità.
La risposta allo stress
Williams ad Andersen furono i primi a determinare
se, in condizioni di stress, gli atleti con un profilo ad
alto rischio di infortuni presentino una maggiore distrazione nel campo centrale della visione. Le misurazioni dei deficit della visione centrale includevano
una risposta ritardata o mancante ad importanti segnali visivi, rispondendo a segnali irrilevanti e abbassando la sensibilità percettiva. Evidenziarono che la
performance in condizioni di alto stress, paragonata a
quella in condizioni di stress minimo, portava ad un
significativo deterioramento di tutte le variabili percettive, ma gli atleti con forti eventi negativi nella vita avevano un tempo di reazione nella visione centrale ancora più lenta e un maggiore restringimento periferico rispetto agli atleti con piccoli eventi stressanti nella vita. Inoltre i maschi con basso sostegno, paragonati a quelli con un alto sostegno, fallivano doppiamente a decifrare segnali centrali e i maschi con
alti eventi negativi della vita, basso supporto sociale
e minime risorse di gestione, avevano la minore sensibilità percettiva. Per le femmine, accadeva solo un
deficit significativo nella visione centrale. Le femmine con alti eventi negativi avevano il doppio delle
mancanze per individuare segnali centrali, ma un’interazione significativa indicava che questa mancanza
accadeva solo per il gruppo di femmine che riportavano anche abilità di gestione psicologica più basse.
Gli atleti con basso supporto sociale, con più eventi
negativi nella vita e un maggiore restringimento periferico durante lo stress erano soggetti a più infortuni
rispetto ad atleti con un basso supporto sociale e meno eventi negativi nella vita e un minore restringimento periferico durante lo stress.
Una linea di ricerca completamente diversa offre un
nuovo sostegno per le distrazioni nelle relazioni
stress-infortunio.
Lo studio di Thompson e Morris (1994) determinò
anche se la relazione degli eventi stressanti della vita
e degli infortuni è mediata da una grande attenzione
(ampia, esterna), o focalizzata (ristretta, interna).
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Usando il Symbol Digit Modalities Test, evidenziarono
che il rischio di infortuni era elevato quando recenti
eventi stressanti di vita erano presenti e la vigilanza
decresceva, suggerendo che eventi stressanti della vita
elevano il rischio d’infortuni riducendo l’attenzione.
Inoltre, come cresceva l’abilità dei giocatori a focalizzare l’attenzione, il numero d’infortuni diminuiva.
Gestione dello stress (coping)
È molto importante analizzare le reazioni di un’atleta
alle situazioni stressanti e soprattutto in relazione al
suo sport; infatti, l’ansia nella pratica sportiva a volte
può essere molto positiva ed aiutare uno sportivo ad
avere la giusta eccitazione nell’esecuzione del compito (in particolare in sport a rischio) ma a volte nella
maggioranza dei casi può essere deleteria e negativa
portando ad un possibile decremento della stessa.
L’allenamento per la gestione dello stress quindi è
usato per rimuovere e controllare l’ansia che ostacola
la performance sportiva.
Quello che avviene normalmente negli atleti in special modo quelli d’élite e che imparano a gestirlo
quasi spontaneamente senza aiuto esterno o lo tollerano molto bene e imparano a controllare le loro reazioni emotive.
Gli atleti d’esperienza, infatti, con il tempo e quindi
con l’esperienza, imparano da soli ad affrontare situazioni difficili nelle gare e mettono in atto per loro
conto strategie comportamentali e cognitive per combattere queste situazioni che si presentano in campo.
La maggior parte delle procedure utilizzate si basa
soprattutto nell’eliminare gli effetti debilitanti dell’ansia e dello stress, cercando di abbassare il livello
di arousal dell’organismo tramite delle tecniche di rilassamento che hanno dato negli anni i risultati migliori e sulle quali oggi ci si basa.
Non sempre, però le tecniche di rilassamento sono in
grado da sole di determinare effetti positivi sull’organismo. Le risposte per quanto riguarda la gestione
dello stress, infatti, dipendono dalle reazioni soggettive agli stimoli stressanti. Una persona può manifestare i segnali dello stress in diversi versanti come:
quello cognitivo, comportamentale e fisiologico.
L’instaurarsi di pensieri negativi tende a determinare
specifiche risposte fisiologiche e comportamentali e
viceversa, le risposte somatiche si riflettono nei contenuti dei pensieri e nei comportamenti.
L’identificazione delle modalità caratteristiche di risposta quindi è importante per determinare la procedura più appropriata. Se le reazioni si manifestano
più a livello fisiologico o comportamentale, saranno
più indicate tecniche somatiche, mentre se la reazione si riscontra nei contenuti dei pensieri sarà più appropriato un approccio cognitivo.
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Il controllo dell’ansia somatica è conseguito efficacemente attraverso tecniche quali il rilassamento progressivo e il biofeedback. Il biofeedback è molto utilizzato per il controllo dello stress soprattutto nel
mental training e si occupa in particolar modo del
monitoraggio delle funzioni biologiche mediante le
strumentazioni che avvertono immediatamente il
soggetto attraverso segnali sia uditivi sia visivi sui
cambiamenti dei parametri fisiologici quali: tensione
muscolare, ritmo cardiaco, temperatura corporea ecc.
L’individuo, infatti, interagisce direttamente con un
dispositivo che lo informa sulle sue funzioni biologiche e quindi sui cambiamenti del suo sistema nervoso autonomo.
Con vari tentativi successivi quindi una persona può
imparare ad apprendere e controllare i suoi parametri
fisiologici, che normalmente non conosce ed imparare a controllarli.
Infatti, alcuni parametri attraverso il biofeedback possono entro certi limiti essere modulati e modulabili
coscientemente, cosa che prima in passato si pensava
fosse non alla portata dell’individuo. Un’atleta, infatti, può rilevare ed imparare a diminuire il suo battito
cardiaco con delle strategie cognitive di gestione.
Un’atleta una volta che impara a padroneggiare e a
riconoscere le sensazioni associate al ritmo cardiaco,
può riuscire gestirlo autonomamente senza l’aiuto
delle attrezzature e regolarlo per poterlo abbassare
nelle situazioni di forte stress atletico.
Controllo delle attività
immaginative (imagery)
Tantissimi atleti di vari sport e categorie, in particolar
modo quelli di successo, utilizzano come aiuto alla
performance sportiva delle immagini mentali che ripropongono esattamente il gesto tecnico o l’azione
reale da svolgere in campo.
Gli stessi atleti, che usano praticare quest’allenamento ideo-motorio o mental imagery, spesso dicono di
riscontrare i loro risultati migliori, quando l’azione
praticata coincide con quella mentale.
Prima dell’esecuzione di un gesto atletico, infatti,
un’atleta può ripetere mentalmente la situazione, raffigurare le richieste del compito ed eventualmente
correggerle in quelle fasi in cui egli ritiene che ci siano errori, ripetendo così la sequenza esatta per poterla rafforzare ed imprimerla nella memoria a lungo
termine.
Le immagini possono essere di tre tipi: 1) riproduttive, quando evocano un atto già eseguito; 2) creative,
quando rappresentano un comportamento non ancora
effettuato; 3) emotive, quando evocano sensazioni
collegabili indirettamente con il movimento (Howe,
1991).
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L’allenamento ideo-motorio secondo Frester (1984)
comporta tutte quelle rappresentazioni mentali nelle
quali si ha una ripetizione cosciente dell’immagine
dell’azione motoria da apprendere, da perfezionare e
stabilizzare e della quale non si ha un’esecuzione
reale e visibile esternamente. Frester divide le rappresentazioni mentali in: 1) programmatoria, per la
scelta di un programma motorio attraverso l’anticipazione specifica e dettagliata dell’immagine ideale
dell’azione; 2) allenante, per il perfezionamento e la
stabilizzazione del gesto; 3) regolatoria, nel controllo
e nella correzione del gesto in fase di esecuzione
qualora la durata lo consenta.
In ogni caso si parla di pratica mentale ogni qual volta ci si riferisce ad un’attività simbolica e rappresentativa mentale distinta dall’attività motoria reale.
L’imagery però deve essere corretta: infatti, una rappresentazione mentale diversa o distorta da quella
che vogliamo raggiungere, porterà inevitabilmente
all’acquisizione di un’abilità motoria sbagliata che
può a sua volta ostacolare l’apprendimento dell’esatto compito. Questo problema è maggiormente sentito
nei principianti rispetto agli esperti che riescono
maggiormente ad avere una corrispondenza tra l’immagine e l’attività motoria da svolgere.
Controllo dell’attenzione
Nella prestazione sportiva è riconosciuto come un
importante fattore la capacità di concentrazione, in
altre parole il riuscire a dirigere l’attenzione su un
compito per una corretta esecuzione.
La concentrazione può essere quindi definita come
quella capacità che permette di focalizzare l’attenzione su un compito per un certo periodo di tempo, senza essere disturbati o influenzati da stimoli esterni o
interni non pertinenti.
Una gran differenza tra gli sport praticati una volta
ed oggi sta proprio a livello cognitivo; infatti, soprattutto negli sport di situazione sono molto aumentate
le informazioni e gli stimoli che un’atleta deve elaborare a livello cognitivo per venire a capo alle varie situazioni di gioco che si presentano.
Un’atleta, infatti, nelle diverse situazioni di gioco si
trova a compiere in pochissimi istanti una serie di
operazioni cognitive come: la raccolta delle informazioni esterne tramite gli analizzatori (cenestesico,
uditivo, visivo, vestibolare e tattile), l’elaborazione e
quindi il confronto con le informazioni immagazzinate nella memoria ed infine l’esecuzione e il controllo della risposta.
Gli atleti più esperti ed abili riescono meglio nell’isolare gli stimoli esterni irrilevanti, rispetto ai principianti che sono più suscettibili alle sollecitazioni
esterne.
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Il controllo dell’attenzione varia molto sia tra individui sia nei vari sport; in ogni modo un adeguato stato
di concentrazione si ottiene quando un’atleta riesce a
mantenere il giusto equilibrio tra le richieste del
compito e le elaborazioni che riescono ad automatizzare e controllare: quando i fattori di disturbo (interni
ed esterni) determinano un disequilibrio ci può essere
un decadimento della prestazione sportiva.
L’obbiettivo da raggiungere quindi è l’allenamento
alle abilità attentive per poter sviluppare nell’atleta la
capacità di selezione di stimoli per lui rilevanti ignorando le altre informazioni di disturbo.
Bisogna imparare a migliorare la concentrazione in
modo differente secondo la disciplina praticata. Infatti, il focus dell’attenzione può essere diretto più verso
stimoli interni, come le sensazioni corporee e della
muscolatura, indirizzando così pensieri positivi che
portano all’azione; oppure verso stimoli esterni, imparando cosi a concentrarsi verso quegli stimoli più
importanti ai quali noi dobbiamo fare riferimento tralasciando gli altri. Per imparare a selezionare gli stimoli esterni bisogna allenarsi in situazioni che sono
simili a quelle di gara: ad esempio con rumori, suoni,
luci, comunemente presenti in partita, rimanendo lo
stesso concentrati ai soli stimoli rilevanti per la prestazione dissociandosi dagli altri.
Facendo allenare un’atleta con situazioni stressanti di
disturbo simili a quelle di gara, egli verrà aiutato a
focalizzare meglio l’attenzione agli stimoli rilevanti e
così si troverà ad avere una migliore capacità di gestione dello stress durante l’attività.
È evidente, pertanto, che il miglioramento delle capacità di coping, imagery ed attenzione, come, d’altra
parte, di tutte le abilità mentali (Tamorri, 1999), può
dare un contributo significativo nella gestione sia
della genesi che della prevenzione che della riabilitazione di un infortunio in quanto vanno ad incidere
proprio su quelle componenti psicologiche (addirittura su alcuni tratti della personalità) dell’atleta che
possono essere alla base dell’incidente.
Studio di casistica
Introduzione
Riproducendo lo schema proposto da Andersen e Williams (1998), lo studio qui presentato ha avuto come
obiettivo valutare sin dal primo giorno di preparazione di una squadra di rugby di alto livello agonistico i
possibili stati d’animo iniziali e le possibili situazioni
emotive dei giocatori, al fine di monitorarne in follow
up la variazione durante le settimane successive.
Metodi
Sono stati reclutati come casistica i 30 atleti agonisti
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top-level iscritti al campionato professionistico italiano per la società sportiva L’Aquila Rugby, all’inizio
del periodo della preparazione atletica (Agosto 2004).
La rilevazione iniziale dei dati è stata effettuata mediante 2 questionari appositamente elaborati, per un totale di 26 item. Il primo questionario è stato elaborato
in conformità a possibili somatizzazioni di stati di
stress che portano ad alterazioni nello stato generale
della salute della persona, ed è costituito da 11 item
che possono dare un punteggio da 11 a 44 (Fig. 1). Il
secondo questionario a 15 item riguarda gli stati d’animo del soggetto e consente di ottenere un punteggio
variabile da 15 a 60 punti (Fig. 2). La somma totale del
punteggio dei primi due questionari può pertanto variare da un minimo di 26 ad un massimo di 104 punti.
La rilevazione in follow up è stata effettuata mediante un terzo questionario (scheda settimanale) a 21
item (fattori di stress che possono incidere durante la
settimana), sviluppato sul modello proposto da Holmes e da Rahe. Il punteggio base della scheda assegna 100 punti, con variazioni determinate dal periodo
di forzoso riposo determinato dall’infortunio (Fig. 3).
Attraverso un quarto questionario si è cercato di valutare l’esistenza di una relazione tra gli eventi di
stress di vita dell’anno precedente con quello successivo, utilizzando la scala a 40 item elaborata da Holmes e Rahe (Fig. 4). Un punteggio complessivo del
terzo e quarto questionario compreso tra 150 e 300 è
indicatore di stress eccessivo: un punteggio superiore
a 300 è considerato indicatore di alto rischio di infortunio. È stata infine valutata l’occorrenza di infortuni
classificati come gravi nell’anno precedente.
Risultati
Nei 30 soggetti esaminati, il range dei punteggi dei
primi due questionari era 27-52 punti, quindi al di
sotto dei livelli considerati di allarme: nei questionari
di follow up, 7 atleti su 30 (23.3%) hanno riportato
un punteggio superiore a 300: di questi, ben 5 (71%)
sono andati incontro a infortunio (da 1 a 3 volte ciascuno), con diversi giorni d’inattività. 8 atleti
(26.7%) hanno riportato un punteggio compreso tra
150 e 300, e di questi, 4 (50%) si sono infortunati (da
1 a 2 volte ciascuno). 15 atleti (50%) hanno riportato
un punteggio inferiore a 150; di questi, 6 (40%) si
sono infortunati (da 1 a 3 volte ciascuno).
Da quanto emerso, si può affermare, in perfetta linea
con i precedenti studi di Holmes e Rahe, che gli atleti
con più alta occorrenza di infortunio sono quelli con
punteggio in scala maggiore, con evidente correlazione statistica. Inoltre, che nei primi tre mesi di osservazione i soggetti che avevano avuto almeno due o tre
infortuni nell’anno precedente sono risultati a rischio
di averne almeno un altro nei successivi tre mesi di
campionato.
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Questionario 1
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MAL DI TESTA
PERDITA DI SONNO
SENSO DI AFFATICAMENTO E DEBOLEZZA
DISTURBI INTESTINALI (diarrea, stitichezza)
SENSO DI BRUCIORE O PESANTEZZA DI STOMACO
MANCANZA DI APPETITO
ECCESSO DI SUDORAZIONE (senza causa diretta)
AFFANNO NELLA RESPIRAZIONE (senza causa apparente)
CALO TEMPORANEO NELLA CONCENTRAZIONE E ATTENZIONE
STATI DI ALLERGIA
DISFUNZIONI SESSUALI
Punteggi alla risposta:
1 = Quasi mai
2 = Più di una volta
3 = Spesso
4 = Regolarmente (di media una volta al giorno)
Questionario 2
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PERDITA IMPROVVISA DI AUTOCONTROLLO
CAMBIAMENTI REPENTINI D’UMORE
STATI DI IRRITABILITÀ PROVOCATI DA PERSONE O AVVENIMENTI ESTERNI
SENSAZIONE DI INCERTEZZA NELLE SCELTE O DECISIONI DA PRENDERE
PREOCCUPAZIONI NEI CONFRONTI DI MINACCE O RISCHI IMPREVISTI
SBALZI DI MOTIVAZIONE VERSO LE ATTIVITÀ DA SVOLGERE
TENDENZA AD AVVICINARSI A NUOVI INTERESSI O ATTIVITÀ
ISTINTI DI NATURA AGRESSIVA VERSO PERSONE O COSE
SENSO DI SOLITUDINE O DI ABBANDONO SUL PIANO DELLE RELAZIONI SOCIALI
INSICUREZZA O ANGOSCIA DETTATA DAL VENIR MENO DI PIANI O
OBIETTIVI PROGRAMMATI
DIFFICOLTÀ A TENERE A MENTE COSE NON TRASCURABILI
TENDENZA A COMPIERE ERRORI DI DISTRAZIONE
EPISODI DI TRASCURATEZZA NELLA CURA DELLA PROPRIA SALUTE
PROPENSIONE AD AFFRONTARE CON OTTIMISMO LE DIFFICOLTÀ
POSSIBILITÀ DI LASCIARSI TRASPORTARE DA PRESSIONI ESTERNE
Punteggi alla risposta:
1 = Quasi mai
2 = Più di una volta
3 = Spesso
4 = Regolarmente (di media una volta al giorno)
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Questionario 3
SCORE
01.SCOMPARSA PERSONA CARA
37
02.LUTTO DI UN FAMILIARE
63
03.SEPARAZIONE DAL PARTNER
65
04.INFORTUNIO IN GARA O ALLENAMENTO
100/53
05.INCIDENTE FUORI DAL TERRENO DI GIOCO
53
06.CONVALESCENZA PER MALATTIA O INFORTUNIO
73
07.MALATTIA GRAVE DI UN FAMILIARE
44
08.AVANZAMENTO DI RUOLO
39
09.CAMBIAMENTI DI CONDIZIONI FINANZIARIE
38
10.TRASFERIMENTO O CAMBIO DI LAVORO
36
11.LITE COL PARTNER O FAMILIARE
35
12.LITIGIO CON CONOSCENTI
23
13.BATTIBECCO CON I COMPONENTI DELLA SQUADRA
23
14.BATTIBECCO COMPONENTI LA SOCIETA’
23
15.ECCESSIVE PRETESE NEI PROPRI CONFRONTI
28
16.CAMBIAMENTO NELL’ORARIO DI ARRIVO AGLI ALLENAMENTI
(RITARDO)
20
17.CAMBIAMENTI NELLE ABITUDINI DI VITA
24
18.CAMBIAMENTI DI RESIDENZA
20
19.ARRABBIATURE PER PICCOLE COSE O EVENTI FACILMENTE EVITABILI 23
20.MATRIMONIO
50
21.AUMENTO DELLA FAMIGLIA
39
VOL. 11 - NUMERO 1-2 2004
41
Questionario 4
Life-events 12 mesi precedenti
PUNTI
01.Morte del coniuge ................................................................................................................................
02.Divorzio ........................................................................................................................................................
03.Separazione dal coniuge .................................................................................................................
04.Condanna al carcere ...........................................................................................................................
05.Morte di un familiare .........................................................................................................................
06.Infortunio o malattia grave ...........................................................................................................
07.Matrimonio .................................................................................................................................................
08.Licenziamento .........................................................................................................................................
09.Riconciliazione con il coniuge ..................................................................................................
10.Pensionamento ........................................................................................................................................
11.Malattia di un familiare ...................................................................................................................
12.Gravidanza partner ..............................................................................................................................
13.Difficoltà sessuali .................................................................................................................................
14.Aumento della famiglia ...................................................................................................................
15.Avanzamento professionale .........................................................................................................
16.Cambiamento di condizioni finanziarie ............................................................................
17.Morte di un caro amico ....................................................................................................................
18.Trasferimento ad un altro posto di lavoro .......................................................................
19.Liti continue con il coniuge .........................................................................................................
20.Debiti superiori a 5 mila euro ....................................................................................................
21.Esecuzione giudiziaria .....................................................................................................................
22.Cambio di ditta .......................................................................................................................................
23.Uscita di un figlio da casa .............................................................................................................
24.Difficoltà di rapporto con i suoceri .......................................................................................
25.Eccessive pretese nei propri confronti ................................................................................
26.Inizio o fine dell’attività lavorativa della moglie o partner ..............................
27.Inizio o termine degli studi di un figlio .............................................................................
28.Qualsiasi cambiamento nelle abitudini di vita .............................................................
29.Arrabbiatura con il principale ....................................................................................................
30.Cambiamento di orario di lavoro ............................................................................................
31.Cambiamento di abitazione .........................................................................................................
32.Cambiamento di scuola dei figli ..............................................................................................
33.Nuove occupazioni del tempo libero ...................................................................................
34.Cambiamento di relazioni sociali ...........................................................................................
35.Credito superiore a 5 mila euro ................................................................................................
36.Cambiamento di abitudini di sonno ......................................................................................
37.Visite protratte di parenti ................................................................................................................
38.Nuove abitudini alimentari (dieta, aumento di peso) .............................................
39.Vacanza ..........................................................................................................................................................
40.Piccoli reati ................................................................................................................................................
42
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15
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13
11
ITALIAN JOURNAL of SPORT SCIENCES
Conclusioni
Gli infortuni causati in parte da variabili psicosociali
devono essere riconosciuti e considerati evitabili. Nello stesso modo in cui gli allenatori e il personale sportivo tentano di ridurre il rischio di infortuni tramite
mezzi come programmi, insegnamento di tecniche
adeguate, bisogna anche cercare di intervenire sullo
stesso fenomeno alla luce di una lettura psicologica.
Gli psicologi dello sport e gli scienziati motori, dovrebbero iniziare ad educare gli allenatori e il personale sportivo per far capire che questi fattori possono
avere un impatto sugli infortuni. Questo personale
accrescerebbe la consapevolezza degli aspetti non
sportivi della vita di un atleta che può causare stress.
Questa sensibilità può portare ad un maggiore sostegno sociale e far aiutare a diminuire alcuni effetti negativi dello stress.
Infine gli allenatori e gli psicologi dello sport dovrebbero considerare programmi d’intervento per
atleti con profilo ad alto rischio d’infortuni (per es.
molti fattori stressanti caratteristiche negative della
personalità, poche risorse di gestione). Bisognerebbe
insegnare agli atleti a prestare maggiore attenzione,
particolarmente in condizione di stress. Un approccio
più elaborato per individuare gli atleti a rischio che
hanno bisogno di interventi deve includere una valutazione del rischio psicosociale come parte dell’esame fisico generale all’inizio della stagione atletica.
La valutazione dovrebbe almeno includere gli eventi
di vita e le risorse per gestire lo stress.
Bisogna prestare attenzione a disegnare interventi efficaci di prevenzione e a non operare per escludere un
atleta dalla partecipazione sportiva. Infine, i praticanti
e i ricercatori non dovrebbero mai perdere di vista le
distinzioni tra predizioni individuali e di gruppo.
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