d-ROMs Test E Stress Ossidativo
Transcript
d-ROMs Test E Stress Ossidativo
Prima Edizione – 2003 Eugenio Luigi Iorio d-ROMs Test E Stress Ossidativo DIACRON International La struttura molecolare riportata in copertina è la formula chimica tridimensionale rielaborata al computer della N,N dietilparafenilendiammina, il substrato cromogeno del d-ROMs test (brevetto DIACRON International s. a. s., Grosseto, Italia Prefazione Lo stress ossidativo costituisce un capitolo relativamente recente della biochimica che, probabilmente per il suo carattere di “trasversalità” o “interdisciplinarietà”, non ha ancora trovato una sua adeguata e soddisfacente collocazione in medicina. E’ noto, infatti, che un’accentuazione dei processi ossidativi, di cui è spesso espressione un’aumentata produzione di radicali liberi, può accelerare il fisiologico processo dell’invecchiamento e risulta associata ad almeno 50 patologie, dall’ictus cerebrale all’infarto del miocardio, dal diabete mellito all’obesità, dal morbo di Parkinson alla malattia di Alzheimer, dal morbo di Crohn all’artrite reumatoide, dall’AIDS al cancro, e così via. Tuttavia, al contrario di queste condizioni morbose, abbastanza ben definite sotto il profilo nosografico, lo stress ossidativo non esibisce una propria sintomatologia, non dà luogo ad un vero e proprio quadro clinico e, pertanto, al medico che non ne sospetta l’esistenza, non fornisce elementi tali da suggerire un adeguato approfondimento diagnostico, laddove l’esecuzione di alcune semplici indagini di laboratorio consentirebbe un immediato inquadramento del problema, evitando al paziente una serie di conseguenze tali da comprometterne la durata e/o la qualità della vita già nel breve o medio termine. A rendere più complesso questo quadro – già di per sé poco confortante – c’è da aggiungere che se il medico, per una serie di ragioni, non sempre è adeguatamente “informato” sull’argomento, l’analista di laboratorio non è generalmente “attrezzato” per l’esecuzione di test miranti alla valutazione dello stress ossidativo. E intanto – paradossalmente – terapisti, farmacisti, allenatori sportivi e persino estetisti continuano a prescrivere e/o suggerire al soggetto potenzialmente a rischio di stress ossidativo l’assunzione di integratori ad attività antiossidante. E non importa se quest’ultima sia reale o presunta. Infatti, secondo una prassi ormai consolidata, non è abitualmente prevista l’esecuzione preliminare di test di laboratorio, pur disponibili per la routine clinica, per dimostrare – tramite l’identificazione e la quantificazione nei fluidi extracellulari e/o nei tessuti di adeguati marker biochimici – la necessità oggettiva di tali formulazioni. In altri termini, mentre è ormai acquisito che un farmaco ipocolesterolemizzante va assunto solo dopo che un test abbia documentato inequivocabilmente una condizione di ipercolesterolemia, è diffusa la tendenza all’uso di antiossidanti anche quando non è necessario, proprio perché non è ancora diventata buona prassi eseguire preliminarmente una valutazione di laboratorio dello stress ossidativo. Lo scopo del presente lavoro è quello di fornire una serie di evidenze scientifiche – ormai consolidate dalla letteratura biomedica – a sostegno del concetto che solo un’adeguata valutazione di laboratorio può consentire l’identificazione e la definizione circostanziata di una condizione di stress ossidativo e rendere possibile, quando indicato, il monitoraggio di un’eventuale terapia antiossidante. Il presente lavoro vuol essere un aiuto per il clinico ed i terapisti in genere, compresi i farmacisti ed i biologi. Esso non ripropone come un testo esaustivo nel campo della medicina di laboratorio dello stress ossidativo ma intende fornire semplicemente una breve panoramica riguardo ai più recenti progressi nella valutazione del bilancio ossidativo. Il più interessante test qui discusso appare essere il d-ROMs test, che consente la valutazione del livello sierico degli idroperossidi, marker ed amplificatori del danno ossidativo tissutale. Finora sono stati pubblicati circa un centinaio di lavori, quasi a sottolineare la sua importanza nella pratica clinica. A questo riguardo si ringraziano per l’aiuto tutti gli Autori degli studi clinici e sperimentali riportati in questo volume e, in particolare, Mauro Carratelli, l’ “inventore” del d-ROMs test. Grosseto, 6 marzo 2003 Dr Eugenio Luigi Iorio, MD, PhD Science Manager Diacron International 3 Indice Indice Prefazione Pag. 3 Capitolo 1 Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno 1. 1 Generalità e definizioni 1. 2 Meccanismi di produzione delle specie reattive nei viventi 1. 3 Metabolismo delle più importanti specie reattive di interesse biologico 1. 4 Il sistema di difesa antiossidante pag. 5 pag. 5 pag. 7 pag. 11 pag. 12 Capitolo 2 Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. 2. 1 Generalità e definizioni 2. 2 Basi biochimiche 2. 3 Eziopatogenesi 2. 4 Stress ossidativo e invecchiamento 2. 5 Stress ossidativo e malattie pag. 14 pag. 14 pag. 14 pag. 17 pag. 19 pag. 20 Capitolo 3 Il ruolo del laboratorio nella valutazione dello stress ossidativo. Una overview. pag. 23 Capitolo 4 I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante 4. 1 Il d−ROMs test 4. 2 Gli altri test pag. 25 pag. 25 pag. 38 Capitolo 5 I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante 5. 1 L’OXY−Adsorbent test 5. 2 Il BAP test 5. 3 L’-SHp test pag. 40 pag. 40 pag. 43 pag. 44 Capitolo 6 La strumentazione dedicata nella valutazione dello stress ossidativo 6. 1 Il sistema FREE 6. 2 Il sistema FRAS pag. 47 pag. 47 pag. 48 Capitolo 7 Considerazioni conclusive e linee−guida pag. 50 Capitolo 8 Selezione bibliografica 8. 1 Bibliografia generale per autore 8. 2 Bibliografia per aree di interesse medico pag. 53 pag. 53 pag. 59 4 Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno Capitolo 1 Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno ossidanti. Infatti, la durata stimata della sua esistenza è dell’ordine dei nanosecondi. Viceversa, il trifenilmetile [(C6H5)3–C*] è un radicale che, in opportune condizioni, può essere persino isolato in soluzione, proprio per la sua relativa stabilità o inerzia chimica. Lo stesso radicale catione della N,Ndietilparafenilendiammina, appena citato, costituisce un esempio di radicale relativamente stabile (figura 1. 1). I radicali liberi vengono classificati sulla base della natura dell’atomo al quale appartiene l’orbitale con l’elettrone spaiato. Esistono, quindi, radicali liberi centrati sull’ossigeno, sul carbonio, sull’azoto, o sul cloro, solo per citare quelli di più immediato interesse in patologia umana. Nella presente trattazione, tuttavia, si farà riferimento prevalentemente ai radicali liberi centrati sull’ossigeno, noti più semplicemente come radicali liberi dell’ossigeno. Quest’ultimo, infatti, oltre ad essere uno degli elementi quantitativamente più importanti della materia vivente, nonché la fonte primaria della vita stessa, attraverso una serie di meccanismi – non ultimo la stessa respirazione cellulare – induce continuamente la formazione di specie chimiche con caratteristiche di reattività. A tal riguardo, occorre sottolineare che i radicali liberi dell’ossigeno rientrano nella più grande famiglia delle specie reattive dell’ossigeno (reactive oxygen species, ROS). Con questo termine si intende una classe di specie chimiche reattive derivate dall’ossigeno, di natura non necessariamente radicalica, tutte accomunate dalla tendenza più o meno spiccata ad ossidare vari substrati organici (carboidrati, lipidi, amminoacidi, proteine, nucleotidi, ecc.). Classici esempi di ROS di natura radicalica sono l’ossigeno singoletto e il radicale idrossile. L’ozono ed il perossido di idrogeno, invece, sono specie reattive non radicaliche dell’ossigeno. I radicali liberi, comunque centrati, possono essere generati attraverso diversi meccanismi e, una volta formati, danno luogo generalmente ad una serie di reazioni a catena, nel corso delle quali il sito radicalico può essere trasferito o, eventualmente, inattivato. Si distinguono, pertanto, tre step nelle reazioni radicaliche a catena: inizio, propagazione e termine (figura 1. 3). 1. 1 Generalità e definizioni I radicali liberi o, più semplicemente, radicali, sono atomi o raggruppamenti di atomi aventi in uno degli orbitali esterni delle specie che li costituiscono uno o più elettroni spaiati, indipendentemente dalla carica elettrica espressa; per esempio, il radicale della N,Ndietilparafenilendiammina, il substrato cromogeno del d-ROMs test (vedi in seguito), è un classico esempio di radicale catione, cioè carico positivamente (figura 1. 1). Ne O Un atomo di Ne Solo elettroni appaiati Un atomo di O Due elettroni spaiati Atomo (stabile) O H Il radicale idrossile (*OH) Un elettrone spaiato Radicali liberi dell’ossigeno (instabili) CH 3-CH 2 + NH2 N CH 3-CH 2 Il radicale catione della N,N-dietilparafenilendiammina (il substrato cromogeno del d-ROMs test) Un esempio di radicale relativamente stabile Figura 1. 1 Atomi e radicali In funzione della distribuzione della carica (nube elettronica) e/o del proprio potenziale di ossido-riduzione, i radicali liberi presentano una reattività più o meno spiccata, legata alla tendenza spontanea ad esistere come entità aventi tutti gli elettroni disposti in coppie, condizione che corrisponde alla stabilità o inerzia chimica. Ne deriva che non tutti i radicali sono ugualmente reattivi. In genere, quanto più è elevato il rapporto fra carica e volume, tanto più un radicale libero è reattivo e, pertanto, tenderà a raggiungere la propria stabilità strappando elettroni a qualsiasi specie chimica con la quale viene a contatto, ossidandola (compatibilmente con il suo potenziale di ossido-riduzione) (figura 1. 2). Elettrone spaiato ossidazione A + Radicale libero (ossidante) C C Molecola bersaglio (es. doppio legame C -C) A + Nuova molecola (ridotta, stabile) C C Nuovo radicale (ossidato, instabile) Figura 1. 2 I radicali liberi agiscono come ossidanti In tal senso, il radicale ossidrile (HO*) è uno dei radicali liberi più instabili e, quindi, reattivi ed 5 Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno Interazione con metalli di transizione Fotolisi/ pirolisi A:B Inizio AO +hν : OBFe Scissione di perossidi Scissione di azocomposti : OR RN : : NR RO 2+ +hν – N2 Fe 3+ A • + •B AO • + OB - RO• + •OR R • + •R Trasferimento Addizione Frammentazione Ri-arrangiamento A• R• R:C – C*= R:C – C*= R:H Propagazione particolari molecole con alcuni metalli di transizione (figura 1. 5). Men+1 CH2 =CH– A Men B - + A =C = C = A:H R• R• R–CH 2 –CH* – Combinazione =C* – C:R A• + • B – C= Radicale libero Men –C• – –C•– + –C– –C– Termine A:B Molecola Disproporzione A B Anione Men+1 B + + A B –C– + – C= Molecola –C– Radicale libero Catione Figura 1. 3 Schema delle reazioni radicaliche a catena Figura 1. 5 Interazione con metalli di transizione I principali meccanismi attraverso cui si generano i radicali liberi – step 1, reazione di inizio – sono la scissione omolitica e l’interazione con i metalli di transizione. Con il termine di scissione omolitica si intende la divisione di una molecola a livello di uno dei suoi legami covalenti per effetto della somministrazione di energia (termica, pirolisi, o radiante, radiolisi) con generazione di due nuove specie chimiche, ciascuna con un elettrone spaiato, elemento distintivo dei radicali liberi (figura 1. 4, A). Nell’interazione con i metalli di transizione, l’elettone generato dall’ossidazione di un metallo di transizione in forma ionica (es. da Fe2+ a Fe 3+ o da Cu+ to Cu 2+) spezza un legame covalente di una molecola bersaglio, generando così un radicale libero e un anione. Alternativamente, l’elettrone richiesto per ridurre un metallo di transizione in forma ionica (es. da Fe3+ a Fe 2+ o da Cu2+ to Cu +) viene estratto dal legame covalente di una molecola bersaglio, che si decompone in un radicale libero ed un catione. Attraverso questo meccanismo, per esempio, il ferro (Fe2+/Fe3+) o il rame (Cu +/Cu2+) agiscono da catalizzatori in una sequenza di reazioni di ossidoriduzione generando radicali alcossilici (RO*) e perossilici (R–O–O*) a partire dai perossidi (R–O–O–R). Nel caso più semplice – descritto per la prima volta da Fenton – uno ione ferroso (Fe2+), ossidandosi a ione ferrico (Fe3+), cede il suo elettrone ad una molecola di perossido di idrogeno (H2O2) e ne scinde uno dei legami covalenti, generando un radicale libero (il radicale idrossile, HO*) ed un anione (ione ossidrile). A sua volta, lo ione ferrico (Fe3+) si riduce – rigenerandosi come qualsiasi catalizzatore – a 2+ ione ferroso (Fe ), strappando un elettrone da una seconda molecola di perossido di idrogeno, che è scissa in un radicale libero (un radicale peridrossile (HOO*), e un catione (uno ione idrogeno, H+) (figura 1. 6). A A B Energia Molecola + A Radicale libero 1 B B Radicale libero 2 - + H Cl Molecola Acqua H Catione + Cl Anione Figura 1. 4 Scissione omolitica (A) e ionizzazione (B) E’ bene sottolineare che la scissione omolitica è ben diversa dalla ionizzazione che si osserva, per esempio, dopo aver disciolto in acqua molecole aventi almeno un legame covalente polarizzato (es. HCl). In questo caso, le molecole d’acqua, a causa della loro polarità e, dunque, senza alcuna somministrazione di energia, riescono a spezzare uno dei legami covalenti polarizzati della molecola di soluto generando due specie chimiche caricate di segno opposto, un catione ed un anione (H+ e Cl , rispettivamente, nell’esempio considerato) (figura 1. 4, B). E’ evidente che nella ionizzazione, al contrario della scissione omolitica, il doppietto elettronico di legame della molecola originaria non viene separato ma resta come tale in una delle “neonate” specie ioniche (l’anione). Un classico esempio di scissione omolitica è la radiolisi o fotolisi dell’acqua che genera un atomo di idrogeno ed un radicale idrossile (vedi più avanti). Oltre che per scissione omolitica, i radicali liberi possono essere prodotti in seguito all’interazione di OHH-O-O-H H-O* Perossido di idrogeno Radicale idrossile Fe2+ Fe3+ H-O-O* H-O-O-H Radicale peridrossile Perossido di idrogeno H+ Figura 1. 6 Decomposizione del perossido di idrogeno Allo stesso modo, anche gli idroperossidi sono scissi, per azione catalitica del ferro, in radicali alcossilici (RO*) e perossilici (ROO*) (figura 1. 7). 6 Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno radicali liberi reagiscono tra loro dando luogo ad una molecola non più reattiva (figura 1. 9). OHR-O-O-H R-O* Idroperossido Radicale alcossile Fe2+ Fe3+ + R R-O-O* H-O-O-H Radicale (idro)perossile Idroperossido Radicale libero 1 (ossidante) H+ R1 Radicale libero 2 (antiossidante ) R R1 Nuova molecola Figura 1. 7 Decomposizione degli idroperossidi In assenza di catalizzatori, la scissione dei perossidi – che dà luogo ad un’unica specie radicalica, quella alcossilica – può avvenire solo in seguito a somministrazione di energia (figura 1. 3). Un’ultima modalità di formazione di radicali liberi, tra quelle di maggiore rilevanza biologica, è la decomposizione degli azocomposti, dalla quale originano, per sottrazione di azoto molecolare (N2) radicali alchilici (figura 1. 3). Una volta innescata, una reazione radicalica a catena tende a propagarsi (step 2). Si distinguono 4 meccanismi fondamentali di propagazione delle reazioni radicaliche: trasferimento, addizione, frammentazione e riarrangiamento. Tra questi, il più comune nell’ambito delle reazioni radicaliche è il trasferimento. In questa modalità, il radicale libero – generato da una delle precedenti reazioni di inizio – attacca una molecola sottraendo ad essa uno dei suoi atomi (generalmente un atomo di idrogeno). Il risultato finale è la formazione di una nuova specie reattiva e, in pratica, il trasferimento del sito radicalico (figura 1. 8A). Figura 1. 9 Reazione di combinazione Il primo radicale agisce come ossidante, mentre il secondo si comporta come un generico antiossidante (vedi appresso). Questo meccanismo viene sfruttato per bloccare una reazione radicalica e in generale, un qualsiasi processo radicalico a catena può essere interrotto grazie all’intervento di agenti denominati, genericamente antiossidanti. 1. 2 Meccanismi di produzione delle specie reattive nei viventi Negli organismi viventi i ROS sono generati nel corso della normale attività metabolica cellulare; alcuni agenti esogeni, tuttavia, possono incrementarne la produzione, anche con meccanismo diretto (figura 1. 10). Agenti esterni Produzione di ROS A A + R Radicale libero (ossidante) H A Molecola bersaglio + H Nuova molecola Metabolismo cellulare R Nuovo radicale (ossidante) B Figura 1. 10 Meccanismo generale di produzione dei ROS O Radicale ossidrile H + R Substrato organico H R + H Radicale alchile O H E’ possibile individuare almeno 5 fonti metaboliche primarie di radicali liberi, in rapporto al sito cellulare prevalentemente interessato nella produzione dei ROS stessi: la plasmamembrana, i mitocondri, i perossisomi, il reticolo endoplasmatico liscio (microsomi) e il citosol. E’ bene precisare che in ciascuna di queste sedi i ROS vengono prodotti o spontaneamente o per effetto di reazioni catalizzate da enzimi o da metalli di transizione (es. ferro o rame) (figura 1. 11). Acqua Figura 1. 8 Reazione di trasferimento Con questo meccanismo, per esempio, il radicale ossidrile (HO*) attaccando una molecola organica (R-H), strappa a questa un atomo di idrogeno, generando, accanto ad una molecola d’acqua (H 2O), un radicale alchilico (R*) (figura 1. 8, B). Con questo meccanismo, il sito radicalico si trasferisce dal radicale ossidrile al radicale alchile. Infine, una reazione radicalica a catena può arrestarsi (termine, step 3) o per combinazione o per disproporzione. In particolare, nella combinazione, che è la reazione inversa della scissione omolitica, due 7 Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno NADPH ossidasi Lipoossigenasi NADH deidrogenasi Citocromo ossidasi Xantina ossidasi Aldeide ossidasi Citocromo P 450 Citocromo b 5 dovrebbe concludersi, una volta sintetizzato l’ATP, con la produzione di H2O (riduzione tetravalente dell’ossigeno molecolare). Tuttavia, già in condizioni normali, questo processo non è perfetto, per cui in maniera non facilmente controllabile una certa quota di elettroni (1-2%) sfugge al sistema di trasporto dei vari coenzimi (es. ubichinone, flavoproteine, citocromi, ecc.) e reagisce direttamente con l’ossigeno molecolare, generando, così, anione superossido e /o perossido di idrogeno (riduzione uni- e bivalente dell’ossigeno molecolare). Per avere un’idea di questo processo, si consideri che è stato calcolato che durante un esercizio fisico intenso nei muscoli scheletrici, a causa dell’intensa stimolazione metabolica cellulare la quota di questo shunt elettronico può raggiungere il 15% dell’ossigeno utilizzato dai mitocondri. Il fenomeno della riduzione uni o bivalente dell’ossigeno molecolare avviene, nei mitocondri, senza l’intervento di enzimi, al contrario di quanto osservato in altre sedi cellulari (figura 1. 13). Figura 1. 11 Fonti cellulari primarie di produzione di ROS La plasmamembrana rappresenta una delle fonti più importanti di ROS, particolarmente (ma non esclusivamente) nei leucociti polimorfonucleati (PMN). Infatti, nella plasmamembrana di queste cellule sonolocalizzati diversi enzimi, quali la NADPH ossidasi e le lipoossigenasi, la cui attivazione si accompagna alla produzione, rispettivamente di anione superossido e di intermedi metabolici con caratteristiche chimiche di perossidi. La NADPH ossidasi è un enzima che catalizza la formazione di anione superossido da NADPH(H+) ed ossigeno molecolare, in seguito a stimolazione specifica dei PMN, per esempio da parte di endotossine, batteri, o anticorpi). La reazione, che avviene verosimilmente in due tappe, è resa possibile dall’aumentata disponibilità di NADPH(H+), per l’aumentata ossidazione del glucosio attraverso lo shunt degli esosi, e di ossigeno molecolare, nell’ambito del cosiddetto “respiratory burst” (figura 1. 12). Riduzione tetravalente 1e - O2. O2 1e - 1e - H2O2 2 H+ Riduzione univalente Riduzione univalente HO. 1e - H2O 1H + Riduzione bivalente Riduzione bivalente Figura 1. 13 Modalità di riduzione dell’ossigeno molecolare 1) NADPH + O 2 → NADP* + H + O 2 + * 2) NADP* + O 2 → NADP + O 2 + * In altre parole, da un punto di vista squisitamente chimico la produzione di radicali liberi nel corso della fosforilazione ossidativa è esattamente una modalità non enzimatica di produzione di specie reattive. In realtà, come si è appenna accennato, la generazione di radicali liberi negli organismi viventi è strettamente legata ai fenomeni vitali e, pertanto, costituisce un fenomeno “fisiologico” che avviene continuamente nel corso di reazioni di ossidoriduzione attraverso meccanismi sia enzimatici che non enzimatici. A questo punto è opportuno sottolineare che, oltre ai mitocondri, esistono anche altre fonti non enzimatiche di radicali liberi nelle cellule. Per esempio, i perossinitriti generano spontaneamente radicale idrossile e radicale nitrossido. Tuttavia, le reazioni non enzimatiche più importanti sotto il profilo biologico per la produzione di radicali liberi sono quelle catalizzate da metalli di transizione. In queste reazioni, che richiedono generalmente ferro o rame allo stato ridotto (rispettivamente Fe2+ e Cu +) il perossido di idrogeno (generato attraverso varie metaboliche, come si preciserà più avanti) è scisso in radicale idrossile e ione ossidrile per inglobamento Figura 1. 12 Meccanismo d’azione della NADPH ossidasi Il sistema della lipoossigenasi, localizzato anch’esso a livello della plasmamembrana, comprende tre enzimi, la 5-, la 12-, e la 15lipoossigenasi, che catalizzano la formazione, a partire dall’acido arachidonico, del 5-, del 12- e del 15-HPETE, rispettivamente. Queste sostanze sono chimicamente degli idroperossidi acidi, un gruppo particolare di ROS spesso indicati con la sigla di ROM (reactive oxygen metabolites, cioè metaboliti o derivati reattivi dell’ossigeno). La produzione di ROS a livello della plasmamembrana dei PMN, per attivazione della NADPH ossidasi e/o delle lipossigenasi, avviene, tipicamente, nel corso di processi reattivi (es. infezioni, immunoreazioni patogene, infiammazioni). I mitocondri rappresentano la fonte metabolica primaria di ROS perché sulle loro creste sono localizzati i complessi enzimatici della catena respiratoria deputati alla fosforilazione ossidativa. Idealmente, il trasferimento di elettroni dal NAD ridotto al citocromo C e da questo all’ossigeno 8 Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno dell’elettrone strappato al metallo di transizione, che viene rilasciato in forma ossidata (rispettivamente Fe3+ e Cu 2+), secondo il meccanismo sopra discusso dell’interazione con metalli di transizione: citocromo P450. Quest’ultimo gioca un ruolo di primo piano nei processi di detossificazione. Il citocromo P450 agisce come donatore immediato di elettroni in molte reazioni di idrossilazione, in particolare quelle che avvengono all’interno degli epatociti e che sono finalizzate all’inattivazione di ormoni (es. steroidei) e composti non fisiologici (xenobiotici, quali tossici e farmaci idrofobici che vengono in tal modo resi più solubili e meno tossici). Il citocromo P 450 è una proteina a ferro eminico presente non solo nel reticolo endoplasmatico del fegato ma anche nei mitocondri della corticale del surrene che, in un processo molto complesso e non ancora perfettamente chiarito, fa da trait+ d’union fra l’NADPH(H ) (donatore di elettroni) e substrato da idrossilare. In tale complessa reazione un substrato idrossilabile (SH) reagisce con NADPH(H+) ed ossigeno molecolare (O 2) per formare il corrispondente derivato idrossilato (S-OH), insieme a NADP+ ed acqua. Una produzione di radicali liberi avviene nella cellula anche nel corso di numerose altre reazioni biochimiche, come ad esempio durante l’ossidazione dell’ipoxantina a xantina e della xantina ad acido urico, che contrassegnano la fase finale del catabolismo dei nucleotidi purinici (AMP•IMP•inosina•ipoxantina•xantina•acido urico). Ambedue le suddette reazioni sono catalizzate dalla xantina deidrogenasi, un enzima a molibdeno. In particolari condizioni, come nel corso del cosiddetto danno da ischemia-riperfusione, la xantina deidrogenasi è convertita in xantina ossidasi (probabilmente per clivaggio proteolitico calcio-dipendente). Quest’ultima, utilizzando come accettore finale di elettroni direttamente l’ossigeno, genera perossido di idrogeno e anione superossido, a partire, rispettivamente, dall’ipoxantina e dalla xantina (figura 1. 15). → HO* + OH + Fe oppure + 2+ HOOH + Cu → HO* + OH +Cu 2+ - HOOH + Fe 3+ Analoga reazione subiscono gli idroperossidi, che generano il radicale alcossile: → RO* + OH + Fe oppure + 2+ ROOH + Cu → RO* + OH + Cu 2+ - ROOH + Fe 3+ Gli enzimi che rigenerano metalli di transizione allo stato ridotto costituiscono un complesso indicato con la sigla MCO (sistemi di ossidazione metallo-catalizzata). Essi comprendono la xantina ossidasi, la NADPH e la NADH ossidasi, l’acido nicotinico idrossilasi, il sistema del citocromo P450, la NADH reduttasi (coenzima chinonico), la succinico-reduttasi (coenzima chinonico) e varie proteine a ferro-zolfo non eminico. I chinoni e i gruppi prostetici flavinici ridotti generati da questi enzimi riducono a loro volta i metalli di transizione, provocando la riduzione diretta dell’ossigeno molecolare a radicale idrossile e/o a perossido di idrogeno (attraverso la mediazione o meno dell’anione superossido) (figura 1. 14). FH 2 QH2 O2 QH*, H- 2H+ QH*, Hx2 O2 O2* Fe(III) O2 H2 O 2 Fe(II) FH+ F Ipoxantina *OH + OH- + Fe (III) Xantina Xantina Acido urico ← Xantina ossidasi → Figura 1. 14 Sistemi MCO e ciclo del ferro H2O + O 2 Oltre alla plasmamembrana ed ai mitocondri, anche i perossisomi rappresentano una fonte importante di ROS. In questi organuli cellulari, infatti, avviene un particolare processo di ossidazione degli acidi grassi, che è diverso da quello convenzionale (β−ossidazione). Nella prima tappa di tale sequenza di reazioni, una flavoproteina estrae una coppia di atomi di idrogeno da una molecola di acido grasso attivato(acil-CoA) trasferendola direttamente all’ossigeno molecolare, con formazione di perossido di idrogeno (successivamente inattivato dalla catalasi). Nel reticolo endoplasmatico (microsomi) la produzione di specie reattive passa attraverso il H2 O2 O2 O2 - Figura 1. 15 Produzione di ROS dal catabolismo purinico Altre reazioni che generano radicali liberi sono descritte nella sintesi delle catecolammine. Da quanto esposto finora, si evince che i ROS rappresentano intermedi quasi obbligati del metabolismo cellulare. E poiché la loro produzione è strettamente legata ai fenomeni vitali, a ragione essi sono stati definiti “insostituibili compagni di viaggio” della nostra esistenza. 9 Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno Appare evidente che in ciascun sito cellulare, la produzione di specie reattive ha una sua specifica funzione. Infatti, è stato riconosciuto che i ROS giocano un ruolo importante “al servizio della vita” perché sono coinvolti non solo nel metabolismo cellulare ma anche nei “processi reattivi”, quali infezioni e infiammazioni. In verità, l’anione superossido e gli altri ROS vengono generati sulla superficie esterna della plasmamembrana dei leucociti attivati. Queste specie reattive attaccheranno componenti estranei quali batteri indebolendone la parete e rendendoli più facilmente accessibili alla fagocitosi e, in definitiva, alla loro distruzione. Queste attività “immunologiche” si estrinsecano non solo nei confronti di componenti estranei ma anche contro componenti “self” quali tessuti o organi trapiantati (reazione di rigetto). Questa strategia viene anche utilizzata nel corso della guarigione di organi o tessuti soggetti a traumi. Infatti, i leuociti migrano nell’area lesa, si attivano e iniziano a bombardare le cellule danneggiate con i radicali liberi che accelerano la loro distruzione, allontanamento dei sottoprodotti di lisi, e il corrispondente recupero (rigenerazione). La produzione di radicali liberi da parte delle cellule può, talvolta, subire un incremento notevole per effetto di stimolazioni esterne. Infatti, agenti fisici, chimici e biologici, da soli o in combinazione tra loro, possono indurre direttamente la generazione di ROS o aumentarne la “fisiologica” produzione attraverso una specifica stimolazione metabolica. Tra gli agenti fisici, sono da segnalare le radiazioni ionizzanti e i raggi UV. Ambedue queste fonti energetiche possono indurre il fenomeno della scissione omolitica dell’acqua, detto anche radiolisi o fotolisi a seconda del tipo di radiazione coinvolto (figura 1. 16). maniera sostanziale sulla produzione di radicali liberi. Fra gli agenti chimici in grado di stimolare la produzione di radicali liberi è da citare l’ozono (un ROS) che genera direttamente radicali perossilici per interazione con composti fenolici. I due casi finora considerati (radiazioni e ozono) costituiscono esempi di produzione diretta di specie reattive. Altri agenti chimici, invece, quali gli idrocarburi aromatici policiclici o taluni farmaci, inducono un aumento della produzione dei radicali liberi attraverso un meccanismo indiretto, attivando il sistema del citocromo P450 a livello microsomiale. Agenti biologici che tipicamente inducono un aumento della produzione di ROS per attivazione metabolica specifica sono i batteri, nell’ambito del fisiologico processo di difesa dalle infezioni, e taluni anticorpi, nell’ambito di alcune reazioni immunopatogene. In questi casi, come accennato a proposito della plasmamembrana, sono chiamati direttamente in causa i PMN. Questi ultimi, infatti, possiedono oltre alla citata NADPH ossidasi, una serie di enzimi direttamente coinvolti nella produzione e, in parte, inattivazione di specie chimiche reattive, quali la superossidodismutasi (SOD), la mieloperossidasi (MPx), la catalasi (CAT) e la glutatione perossidasi (GPx) (figura 1. 17). Batteri, endotossine , anticorpi Ossidazione diretta del glucosio ↑ Captazione di ossigeno Generazione di NADPH + H + ↑ Disponibilit à di ossigeno Attivazione NADPH ossidasi . O2 MPx CAT HClO 2 2 Superossido dismutasi (SOD) 2 O 2. + 2 H + → H 2 O 2 + O 2 Mieloperossidasi (MPx) HCl + H2O2 → H2O + HClO Catalasi (CAT) SOD H2O2 NADPH ossidasi NADPH + O 2 → NADP . + H + + O2. NADP . + O → NADP + + O . 2 H2O 2 → 2H 2O + O 2 GPx H2O Glutatione perossidasi (GPx) 2 GSH + H2O2 → 2H 2O + GSSG Figura 1. 17 Produzione reattiva di ROS da parte dei PMN H R Acqua H UV H R Radicale idrossile + H La SOD catalizza la trasformazione dell’anione superossido in perossido di idrogeno che, a sua volta, può essere inattivato ad acqua per azione della CAT o della GPx. Tuttavia, la disponibilità di cloruri – anche a concentrazioni fisiologiche – rende il perossido di idrogeno substrato della MPx. Il risultato finale è la produzione di un agente altamente ossidante, l’acido ipocloroso (HClO). Come verrà precisato in seguito, l’HClO può attaccare numerosi substrati organici e, in particolare, amminoacidi e proteine, per produrre cloroammine, una potenziale fonte di radicali alcossilici e perossilici. Infine, giova ricordare che un aumento della produzione di radicali liberi può osservarsi in situazioni “fisiologiche”, come ad esempio dopo un intenso sforzo muscolare o nel corso di numerose malattie. In quest’ultimo caso, spesso, non è chiaro Radicale idrogeno Figura 1. 16 La fotolisi dell’acqua In questa reazione la molecola d’acqua assorbe energia e la utilizza per scindere uno dei suoi due legami covalenti con l’idrogeno: i prodotti saranno due radicali liberi, il radicale idrossile e l’atomo di idrogeno. Considerato che un organismo vivente è costituito prevalentemente da acqua e che trascorre gran parte della sua vita sotto l’effetto di radiazioni (UV o ionizzanti che siano) appare evidente quanto questo fenomeno incida in 10 Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno fino a che punto i ROS siano la causa o l’effetto della patologia considerata (vedi più avanti). discussa fotolisi dell’acqua e la decomposizione del perossido di idrogeno (figura 1. 20). Respirazione polmonare 1. 3 Metabolismo delle più importanti specie reattive di interesse biologico O2* H2O Reazione di Haber-Weiss Le più comuni specie reattive di interesse biologico sono quelle centrate sull’ossigeno, sull’azoto, sul carbonio e sul cloro (tabella 1. 1). Catena respiratoria O2 H2O2 Radiolisi Reazione di Fenton HO* Scissione spontanea Reazione con ozono RH Tabella 1. 1 Specie reattive di maggiore interesse biologico Specie chimica Formula O3 * O2 1 O2* H2O2 HO* RO* ROO* ROOH Q* E-O* N-R: specie non radicalica. R: specie radicalica. Ozono Anione superossido Ossigeno singoletto Perossido di idrogeno Radicale idrossile Radicale alcossile Radicale idroperossile Idroperossido Semichinone ( CoQ) Fenossile (vit E) Natura N-R R R (?) N-R R R R N-R R R Specie chimica Formula NO* NO2* HNO2 N2O4 N2O3 ONOO ONOOH 2+ NO ROONO HClO Ossido nitrico Diossido nitrico Acido nitroso Tetrossido di azoto Triossido nitrico Perossinitrito Acido perossinitroso Catione nitronio Alchil-perossinitrito Acido ipocloroso Fenoli H2O Natura R R N-R N-R N-R N-R N-R N-R N-R N-R R* Figura 1. 20 Metabolismo del radicale idrossile Infine, il perossido di idrogeno viene generato prevalentemente attraverso meccanismi di tipo enzimatico e per via enzimatica è generalmente inattivato o dà luogo alla formazione di specie chimiche più ossidanti (figura 1. 21). Tra le specie reattive primarie dell’ossigeno citate nel paragrafo precedente, l’ossigeno singoletto rappresenta una varietà radicalica che può originarsi per eccitazione dell’ossigeno molecolare o per combinazione di radicali perossilici (figura 1. 18). Respirazione polmonare Superossido dismutasi Catena respiratoria O2 Amminoacido ossidasi H2O2 Riduzione bivalente Reaz. di Haber-Weiss O2 HO* Catalasi Perossidasi Xantina ossidasi Mieloperossidasi H2O Superossido dismutasi ClO- Combinazione 1O 2 Figura 1. 21 Metabolismo del perossido di idrogeno Le specie reattive primarie dell’ossigeno possono attaccare qualsiasi substrato organico, generando specie reattive secondarie, note anche come metaboliti o derivati reattivi dell’ossigeno, quali gli idroperossidi. Questi ultimi, a loro volta, in particolari condizioni, possono dare origine a specie chimiche particolarmente reattive quali i radicali perossile e alcossile. Le specie reattive centrate sull’azoto di maggiore rilevanza biomedica comprendono varietà sia radicaliche che non radicaliche. Fra le prime sono da citare l’ossido nitrico (NO*) e il biossido nitrico (NO 2*); fra le seconde, piuttosto numerose, ricordiamo, invece, l’acido nitroso e il perossinitrito. L’ossido nitrico, un gas considerato per decenni un inquinante ambientale, viene prodotto, insieme alla L-citrullina, a partire dall’amminoacido L-arginina, in una reazione catalizzata dall’enzima ossido nitrico sintetasi (nitric oxide synthase, NOS). Quest’ultimo possiede la singolare proprietà di ospitare sulla stessa catena polipeptidica due domini ad azione catalitica, uno reduttasico ed uno ossigenasico, e richiede come cofattori NADPH e pteridina ridotta. La NOS esiste in numerose Figura 1. 18 Modalità di generazione dell’ossigeno singoletto Molto più complessa è, invece, la formazione dell’anione superossido (figura 1. 19). NADPH ossidasi Citocromi P450 e 5 b Ossidazione mista NADPH Catena respiratoria O2 Ossidazione mista ipoxantina ROO* Eccitazione Respirazione polmonare HONOO Riduzione univalente Autoossidazione e Riduzione univalente Reazione di Haber-Weiss O2 Ossidazione mista ipoxantina Xantina ossidasi Superossido dismutasi HO* H2O2 Figura 1. 19 Metabolismo dell’anione superossido Il radicale idrossile, noto per la sua enorme potenzialità istolesiva, può derivare da un’ampia serie di reazioni, tra le quali spiccano la già 11 Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno isoforme, alcune costitutive (cellule endoteliali, piastrine, SN) ed altre inducibili (macrofagi, PMN, cellule endoteliali, cellule muscolari lisce, epatociti) potenziale tossicità di questa specie reattiva. Infatti, sebbene il perossinitrito svolga un’importante azione microbicida e tumoricida, la generazione di un eccesso di ONOO si accompagna a lesioni tissutali di tipo ossidativo. Specificamente, il perossinitrito è responsabile della nitrazione dei residui fenolici delle tiroxine, che conduce alla formazione di nitrotirosina, un marker della tossicità tissutale dell’NO. A pH neutro, il perossinitrito, genera, a sua volta, l’acido perossinitroso (ONOOH). Quest’ultimo può attaccare diverse molecole con produzione secondaria di radicale idrossile ed altri intermedi reattivi. Tuttavia, in quanto radicale libero, l’NO può anche svolgere un’attività antiossidante, come scavenger dei radicali alcossilici e perossilici. La prevalenza dell’una o dell’altra azione dipende dalle concentrazioni relative delle singole specie reattive implicate. Oltre alle specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto, assumono rilevante importanza, infine, i radicali centrati sul carbonio (importanti intermedi della per ossidazione lipdica) e le specie reattive del cloro (in particolare l’acido ipocloroso, responsabile della formazione delle cloroammine). (figura 1. 22). H2N H2N + NH2 O HN HN NOS NADPH, O 2 , BH4 H2N + NO H2N O O HO HO L-arginina L-citrullina Ossido nitrico Figura 1. 22 Biosintesi del l’ossido nitrico Nei sistemi biologici, l’NO agisce come un importante messaggero intra- ed inter-cellulare regolando molte funzioni quali la pressione arteriosa, la respirazione, la coagulazione del sangue, e alcune attività cerebrali. Esso, inoltre, gioca un ruolo determinante nella difesa dalle infezioni batteriche e nella prevenzione dei tumori. Tuttavia, se generato in quantità abnormi esso è anche un potente killer cellulare. Nell’NO gli elettroni spaiati del livello energetico più esterno (cinque appartenenti all’azoto e sei all’ossigeno) generano una specie chimica non carica, dotata di proprietà paramagnetiche e, dunque, un radicale. In quanto radicale libero, l’NO reagisce rapidamente con altre specie aventi elettroni spaiati; l’effetto può essere un’ossidazione, una riduzione oppure il legame con altre molecole, in funzione del microambiente (figura 1. 22). 1. 4 Il sistema di difesa antiossidante I ROS sono specie chimiche potenzialmente lesive. Per questo motivo, gli organismi viventi hanno sviluppato nel corso di millenni di evoluzione un complesso sistema di difesa antiossidante, costituito da un insieme di enzimi, di vitamine, di oligoelementi ed altre sostanze simil-vitaminiche. Tali antiossidanti possono essere classificati secondo diversi criteri: sulla base dell’origine, in endogeni ed esogeni, sulla base della natura chimica, in enzimatici e non enzimatici, e sulla base della solubilità, in liposolubili e idrosolubili. Sulla base, invece, del meccanismo d’azione prevalente, gli antiossidanti fisiologici possono essere agevolmente riuniti in 4 gruppi principali: antiossidanti preventivi, scavenger, agenti di riparo e agenti di adattamento. Gli antiossidanti preventivi sono agenti che, attraverso vari meccanismi, quali la chelazione dei metalli di transizione, prevengono la formazione di specie reattive (tabella 1. 2). L-arginina NO3- NOS L-citrullina Redox N2O3 pH<7 R-SH / R-NH2 RS-NO RNH-NO NO2- O 2//H 2O NO* NO-Hb Met.HB O2 * ONOO- Guanilciclasi ↑ COX ↑ Cit P450 ↓ Tabella 1. 2 Classificazione degli antiossidanti preventivi Classe Esempi Meccanismod’azione Figura 1. 22 Alcuni aspetti del metabolismo dell’ossido nitrico Sequestratori di metalli In particolare, nei sistemi acquosi e all’interfacie aria-liquido, la generazione di NO si accompagna alla produzione di nitriti (NO2-) e nitrati (NO3 ) come prodotti terminali. Reagendo con l’ozono, l’NO forma un derivato chemiluminescente. Inoltre, come radicale, l’NO reagisce rapidamente con l’anione superossido, formando l’anione altamente reattivo perossinitrito (ONOO-), responsabile in larga misura della “Quencher” di ROS Transferrina, lattoferrina Aptoglobina Emopessina Ceruloplasmina, albumina Carotenoidi Superossido dismutasi Catalasi Perossidasi “Breaker” di perossidi 12 Glutatione perossidasi (plasmatica) Glutatione perossidasi dei perossidi fosfolipidici Glutatione perossidasi (intracellulare) Glutatione–S–trasferasi Sequestro di ferro Sequestro di emoglobina Stabilizzazione dell’eme Sequestro di rame Quenching dell’ossigeno singoletto + 2O2* + 2H → H2O2 + O 2 2 H 2O2 → 2 H 2O + O 2 H2O2 + AH 2 → 2 H 2O + A LOOH + AH 2 → LOH + H 2O + A H2O2 + 2 GSH → 2 H 2O + GS–SG PLOOH+2GSH→PLOH+H2O+GSSG PLOOH+2GSH→PLOH+H2O+GSSG H2O2 + 2 GSH → 2 H 2O + GS–SG LOOH+2GSH → LOH+H 2O+GS–SG Scissione dei perossidi lipidici Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno Gli scavenger, che agiscono attraverso vari meccanismi, possono essere di natura idrofila (albumina, urato, ascorbato, urato) oppure lipofila (carotenoidi, vitamina E, ubichinolo). Secondo alcuni ricercatori, gli scavenger dovrebbero essere distinti dagli antiossidanti propriamente detti. Infatti, mentre gli scavenger (es. α−tocoferolo) sono agenti che riducono la concentrazione di radicali liberi rimuovendoli dal mezzo in cui si trovano, gli antiossidanti (es. difenilammina), invece, sono agenti che inibiscono il processo dell’autoossidazione, di cui costituisce un importante esempio l’irrancidimento dei grassi. Questo fenomeno, ben noto in scienza dell’alimentazione, viene definito autoossidazione perché avviene attraverso una sequenza autocatalitica di reazioni radicaliche in presenza di ossigeno. Alternativamente si può usare il termine di perossidazione, in quanto lo stesso processo genera intermedi con caratteristiche di perossidi (R–O–OR) (figura 1. 23). RH antiossidante fisiologico di un organismo. Per esempio, un corretto esercizio fisico o l’adozione di un regime alimentare corretto ed equilibrato sono misure di per sé in grado di controllare il metabolismo ossidativo attraverso la riduzione della produzione di specie reattive e l’induzione di enzimi ad attività antiossidante . Il sistema di difesa antiossidante è regolarmente distribuito nell’organismo, sia a livello extracellulare che a livello intracellulare. A livello dei liquidi extracellulari e, in particolare, nel plasma, l’insieme delle sostanze potenzialmente in grado di cedere equivalenti riducenti (atomi di idrogeno o singoli elettroni) sì da soddisfare “l’avidità di elettroni” che rende i radicali liberi instabili costituisce la cosiddetta barriera antiossidante. Ne fanno parte, nel plasma, tutte le proteine e, in particolar modo, l’albumina, la bilirubina, l’acido urico, il colesterolo, e i vari antiossidanti esogeni introdotti con l’alimentazione o sotto forma di integratori dietetici (ascorbato, tocoferolo, polifenoli ecc.). Un ruolo di particolare importanza è svolto, nel contesto di questa barriera, dai gruppi tiolici (-SH). All’interno delle cellule il sistema di difesa antiossidante ha una sua ben precisa compartimentalizzazione (figura 1. 24). *OH RH H2 O H2O R* R* O2 ROO* ROO* R* ROH ROOH ROOR Vitamina E RH RO* RO* O2 RH: molecola organica ROOH : idroperossido ROO*: radicale idroperossilico RO*: radicale alcossilico Selenio Acidi grassi poliinsaturi Vitamina E β-carotene Ubichinone Figura 1. 23 Il processo di autoossidazione o perossidazione Glutatione Vitamina E Ascorbato β-carotene Selenio Vitamina E, Attraverso questo processo alcuni grassi alimentari Ascorbato Catalasi β-carotene irrancidiscono e le biomembrane degli organismi Figura 1. 24 Compartimentalizzazione dei sistemi antiossidanti viventi vengono ossidate. Il sistema antiossidante comprende alcuni enzimi (superossidodismutasi, catalasi e perossidasi) ed una serie di sostanze assunte dall’esterno (vitamine e sostanze analoghe ad attività antiossidante, quali i polifenoli, oligoelementi ecc). Alcuni di questi agenti sono liposolubili (es. tocoferoli) e, entrando nella compagine delle biomembrane, costituiscono la prima linea di difesa contro l’attacco dei radicali liberi. Altri, invece, sono idrosolubili (es. ascorbato) ed intervengono soprattutto nel contesto della matrice solubile del citoplasma e degli organuli cellulari. Gli agenti di riparo comprendono esclusivamente enzimi che intervengono dopo che il danno da specie reattive si è instaurato. La loro azione – spesso sequenziale – prevede dapprima l’identificazione del segmento molecolare ossidato, poi la separazione del frammento ormai inutilizzabile e, infine, la sistensi e l’inserimento di un nuovo segmento in sostituzione di quello danneggiato. Appartengono agli agenti di riparo le idrolasi (glicosidasi, lipasi, proteasi), le trasferasi e le polimerasi, tutte indispensabili per la riparazione del danno da radicali liberi di importanti molecole o strutture cellulari (es. DNA, membrane, ecc). Infine, gli agenti di adattamento comprendono tutte quelle sostanze o tecniche o procedure attraverso le quali è possibile potenziare il sistema 13 Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. Capitolo 2 Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. stress ossidativo e le relative implicazioni sul piano diagnostico e terapeutico. Comunque determinatasi, infatti, l’eccessiva produzione di specie reattive, non più adeguatamente controllata dai sistemi di difesa antiossidanti, provoca una serie di alterazioni funzionali e strutturali della cellula, che possono condurre all’apoptosi o addirittura alla necrosi (tabella 2. 1). 2. 1 Generalità e definizioni Lo stress ossidativo è una particolare condizione indotta da un’accentuazione in senso pro-ossidante dell’equilibrio dinamico fra processi ossidativi e riduttivi che hanno luogo continuamente in ogni cellula, quale espressione fisiologica delle complesse trasformazioni biochimiche del metabolismo terminale. Sulla base di questo tentativo di inquadrare un aspetto della biochimica dinamica che è tuttora oggetto di ampio dibattito fra i ricercatori, lo stress ossidativo si configura come un fenomeno che riguarda, almeno in prima battuta, la singola cellula che, per effetto della propria attività metabolica, non di rado sotto lo stimolo di agenti ad essa esterni, è costretta a subire gli effetti potenzialmente lesivi di una serie di reazioni indesiderate che accompagnano quei processi ossidativi da cui dipende la sua stessa esistenza. Tabella 2. 1 Alterazioni biochimiche cellulari nello s. ossidativo • • • • • • • • • • • • • 2. 2 Basi biochimiche Perossidazione biomolecole (glicidi, lipidi, amminoacidi, nucleotidi…) Ossidazione e deplezione di GSH Ossidazione dei tioli proteici Ossidazione dei nucleotidi piridinici Lesioni del DNA ed attivazione della poli(ADP-ribosio)polimerasi Alterazioni dei meccanismi di trasduzione del segnale Alterazioni dell’omeostasi ionica Alterazioni del citoscheletro Inibizione della glicolisi Deplezione di NAD + Caduta del potenziale di membrana mitocondriale Deplezione di ATP Aumento della permeabilità della membrana plasmatica Sul piano generale, queste lesioni – dapprima cellulari e poi tissutali – saranno responsabili, infine, di patologie d’organo, quali ad esempio il morbo di Crohn o la pancreatite, oppure di condizioni sistemiche, quali l’invecchiamento precoce, l’aterosclerosi e così via. Comunque, va sottolineato ancora una volta che non sempre è possibile stabilire se i radicali liberi sono la causa oppure l’effetto delle lesioni osservate. Le principali cause di aumentata produzione di ROS sono da individuarsi in fattori ambientali, situazioni fisiologiche, stile di vita, fattori psicologici, malattie e fattori iatrogeni, ecc. (tabella 2. 2). I ROS rappresentano una minaccia mortale per la vita della cellula che ne tiene sotto controllo la produzione grazie ad un efficiente sistema di difesa. Tuttavia, in particolari condizioni, quando la produzione di ROS è eccessiva e/o la capacità di smaltire questi ultimi si riduce, la cellula è costretta a subire il danno da radicali liberi. Trasferendo il discorso all’intero organismo, possiamo definire lo stress ossidativo come una particolare forma di stress chimico indotto dalla presenza di una quantità eccessiva di specie reattive per un’aumentata produzione delle stesse e/o per una ridotta capacità di smaltirne le quantità comunque prodotte ( figura 2. 1). Tabella 2. 2 Cause di aumentata produzione di specie reattive Radiazioni,farmaci, metalli pesanti Fumo di sigaretta, alcool, inquinamento Esercizio fisico inadeguato, sedentarietà Infezioni ed altre malattie Specie reattive ↑ Ridotta assunzione e/o diminuita sintesi e/o ridotta capacità di utilizzazione e/o aumentato consumo di antiossidanti Eziologia Fattori ambientali Stati fisiologici Stile di vita Fattori psicologici Malattie Fattori iatrogeni Difese antiossidanti ↓ Danno cellulare Malattie cardiovascolari Demenza, M. di Parkinson Invecchiamento precoce Infiammazioni, tumori Examples Radiazioni, inquinamento Gravidanza (?) Alimentazione, alcool, fumo, esercizio fisico incongruo Stress psico-emotivo (?) Traumi, infiammazioni, infezioni, vasculopatie, neoplasie Farmacoterapia, radioterapia, raggi X Bisogna sottolineare che il fumo di sigaretta, l’abuso di alcool ed altri fattori correlati con lo stile di vita sono responsabili dell’aumento della produzione di ROS. Lo stesso effetto è indotto da un’attività fisica incongrua (eccessiva o insufficiente). Infine, è riconosciuto il ruolo dei numerose malattie, su base disreattiva o infettiva (es. artrite reumatoide e infezioni batteriche) nel favorire l’incremento dei ROS. Una riduzione delle difese antiossidanti è da imputarsi sostanzialmente ad un deficit assoluto o Altre malattie Figura 2. 1 Eziopatogenesi schematica dello stress ossidativo E’ ovvio che il discorso è ben più complesso, ma il concetto appena esposto è sufficiente per comprendere i principali aspetti fisiopatologici dello 14 Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. relativo di antiossidanti, comunque determinatosi. In tale contesto, alcune malattie, quali la celiachia, possono provocare uno stress ossidativo riducendo la disponibilità di antiossidanti assunti con l’alimentazione (tabella 2. 3). R–H + HO* → R* + H 2O R* + O2 → ROO* ROO* → ROOH + R 1* R1* + R 1* → R 1*–R1* Tabella 2. 3 Cause di ridotte difese antioossidanti Eziologia Ridotta assunzione di AO Ridotto assorbimento di AO Ridotta capacità di utilizzazione di AO Insufficienza dei sistemi enzimatici AO Eccessivo consumo di AO Assunzione di farmaci Malattie AO: antiossidanti Esempi Ipovitaminosi, diete monotone Sindromi da malassorbimento, celiachia Deficit dei mec. di captazione e/o trasporto Fattori genetici e/o iatrogeni Eccessiva produzione di specie reattive Sovraccarico del sistema microsomiale Vari Figura 2. 3 Reazioni radicaliche e produzione di perossidi Il radicale *OH, avendo un elettrone spaiato, è molto reattivo e, giunto a contatto con il substrato R-H, strappa a quest’ultimo un atomo di idrogeno per raggiungere la sua stabilità. In questo modo, però, il sito radicalico è ora trasferito al substrato che si trasforma in radicale R*. Quest’ultimo, in presenza di ossigeno molecolare, è convertito in radicale (idro)perossile ROO*, un nuovo radicale che, a sua volta, può attaccare un altro substrato organico R1H trasformandosi in idroperossido ROOH. La reazione a catena ormai innescata continuerà a partire dall’ultimo radicale generato (R1*), fino a quando non interverrà un meccanismo di terminazione (es. reazione di combinazione, R1* + R 1*, per produrre R1-R1) oppure un antiossidante. Il fenomeno della perossidazione – è bene ribadirlo – non è esclusivo dei lipidi, ma può interessare qualsiasi substrato organico, dagli amminoacidi alle proteine, dai carboidrati ai nucleotidi. Non v’è dubbio, tuttavia, che i lipidi, specialmente se insaturi, e, quindi, con doppietti di legame “disponibili” a soddisfare l’avidità di elettroni dei radicali liberi, costituiscano target importanti dell’attacco ossidativo, in particolar modo se inseriti nel contesto di biomembrane e, come tali, maggiormente esposti all’azione radicalica. La perossidazione lipidica segue lo schema generale delle reazioni radicaliche appena discusso, con la variante che, se ad essere colpito è un acido grasso poliinsaturo, quale l’acido arachidonico, ad essere attaccato dal radicale istolesivo HO* è uno dei doppi legami C-C. In questo caso specifico, la sottrazione di un atomo di iidrogeno da parte del radicale idrossile genera un radicale centrato sul carbonio, che rapidamente va incontro ad una redistribuzione dei doppi legami trasformandosi in diene coniugato. Quest’ultimo, in presenza di ossigeno si trasforma in radicale perossilico. Il radicale perossilico corrispondente rappresenta un composto chiave in questa sequenza di reazioni, perché può essere non solo trasformato in idroperossido, ma andare incontro, per la sua peculiare struttura chimica, ad ulteriore degradazione fino a malonildialdeide e, infine, a pentano, se sono disponibili ulteriori donatori di idrogeno (e, in ultima analisi, fino a completa utilizzazione del sistema antiossidante) (figura 2. 4). A proposito delle malattie, va precisato che esse alcune di esse si accompagnano ad un’aumentata produzione di specie reattive, altre ad una riduzione delle difese antiossidanti, altre ancora, infine, alla combinazione di ambedue i meccanismi. Spesso, tuttavia, non è chiaro se i radicali liberi ne siano la causa oppure l’effetto o addirittura un semplice epifenomeno. Dal punto di vista biochimico, considerando il fenomeno all’interno della cellula, è indubbio che all’origine delle alterazioni funzionali e strutturali vi è un aumento della produzione di specie reattive per stimolazione parziale o generalizzata del metabolismo, spesso sotto la spinta di fattori esogeni. I ROS, resisi disponibili in grandi quantità, sono in grado di attaccare qualsiasi substrato con il quale giungono a contatto, strappando ad essi l’elettrone o gli elettroni necessari per raggiungere la propria stabilità. Ciò, a sua volta, innesca processi radicalici a catena che, se non bloccati tempestivamente, possono provocare gravi conseguenze sul piano, dapprima funzionale, poi anche strutturale (figura 2. 2). Agenti esterni, attività metabolica Anione superossido O 2. Radicale idrossile HO* Radicale peridrossile HO 2* Ossigeno singoletto 1O2 Perossido di idrogeno H2O 2 Substrati organici RH (glicidi, lipidi, amminoacidi, nucleotidi , etc.) Metallidi transizione/ Sistemi enzimatici Idroperossido R-OOH Radicale alcossile R-O* Radicale idroperossile R-OO* Metallidi transizione/ Sistemi enzimatici Superamento difese antiossidanti Alterazioni funzionali e/o strutturali della cellula Figura 2. 2 Patogenesi dello stress ossidativo: aspetti biochimici Fra i vari meccanismi cito- ed isto-lesivi assume rilevante importanza quello correlato con la formazione degli idroperossidi (ROOH), una classe di derivati o metaboliti reattivi dell’ossigeno (reactive oxygen metabolites, ROM). Questo meccanismo, tipico delle reazioni radicaliche a catena, viene innescato dall’attacco, da parte di un ROS (per esempio, il radicale istolesivo *OH), di un generico substrato organico R-H (es. un glicide, un lipide, un amminoacido, un nucleotide ecc.) (figura 2. 3). 15 Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. 15 14 12 11 8 5 1COOH 16 Oltre agli idroperossidi, i ROS sono in grado di generare diversi prodotti e sottoprodotti di ossidazione reagendo con biomolecole target, le quali possono essere più o meno permanentemente modificate, frammentate o depolimerizzate. Tra questi sottoprodotti sono da segnalare le cloroammine. Infatti, diversi studi hanno dimostrato che il “respiratory burst” dei fagociti attivati (macrofagi e PMN) è in grado di produrre perossido di idrogeno sia in vitro che in vivo. Queste cellule possono anche rilasciare la mieloperossidasi, un enzima a ferro eminico che catalizza la reazione tra perossido di idrogeno e ione cloruro (già a concentrazioni fisiologiche) per produrre il potente ossidante acido ipocloroso (HClO). Tale sostanza gioca un ruolo importante nelle difese messe in atto dai mammiferi contro microrganismi patogeni, in quanto è dotata di potente attività battericida. E’ altresì noto, tuttavia, che un’eccessiva o inadeguata produzione di HClO provoca lesioni a carico dei tessuti nei mammiferi, e questo si ritiene essere importante in alcune patologie umane, quali l’aterosclerosi, le malattie infiammatorie croniche ed alcune forme di neoplasie. Numerosi studi hanno dimostrato che le proteine rappresentano i bersagli principali dell’azione dell’HClO, anche se questo potente ossidante reagisce con un ampia varietà di altre molecole organiche target, quali il DNA, i lipidi, il colesterolo, l’NADH, e i tioli. In particulare, è stato dimostrato mediante EPR che l’HClO reagisce con i gruppi amminici di amminoacidi e proteine per produrre cloroammine. Queste, a loro volta, si decompongono e generano radicali liberi, dimostrabili mediante tecniche di spin trapping combinate con l’EPR, quali i radicali perossilici ed alcossilici. Secondo l’ipotesi più accreditata, il carbonio alfa dell’amminoacido che ha subito l’attacco dell’acido ipocloroso trasformandosi in cloroammina, si trasforma in un sito radicalico. Il conseguente attacco dell’ossigeno genera un radicale perossilico che, dimerizzando, forma il tetrossido corrispondente. Dalla scissione di quest’ultimo originerebbero, con l’ossigeno molecolare, i radicali alcossilici. Il processo descritto, che è favorito ma non dipende dall’aggiunta di ioni ferro, sembra giocare un ruolo determinante nell’amplificare il danno ossidativo da radicali liberi nei fluidi extracellulari, quali il sangue, anche quando, appunto, non sono disponibili metalli di transizione allo stato libero. In ogni caso questa possibilità alternativa di produrre radicali perossilici e alcossilici rende ancora più importante il significato delle informazioni fornite dal d-ROMs test che, come verrà discusso dettagliatamente in seguito, consente di dosare non solo gli idroperossidi generati dalle “classiche” reazioni di Acido arachidonico 20 H 3C 13 *OH H 2O 15 14 12 11 8 5 1 12 11 8 5 1 Acido arachidonico radicale COOH 20 H 3C 16 13 15 14 16 [Acido arachidonico radicale] COOH 20 H 3C 13 Transfer elettronico 15 13 11 8 5 1 8 5 1 8 5 1 COOH 20 H 3C 16 14 12 Diene coniugato dell’acido arachidonico O2 O O 15 13 COOH 11 20 H 3C 16 14 12 RH Radicale perossilico dell’acido arachidonico MDA OH O 15 R 13 20 COOH 11 H 3C 16 14 12 Idroperossido (d-ROMs test) Figura 2. 4 Schema della perossidazione lipidica Comunque prodotti, gli idroperossidi sono sostanze relativamente stabili e conservano una discreta capacità ossidante. Pertanto, nella stessa cellula, se si rendono disponibili metalli di transizione allo stato libero, essi possono subire la reazione di Fenton e generare così i più reattivi radicali alcossile (RO*) e idroperossile (ROO*), che amplificano il danno all’interno della cellula. A causa della potenziale tossicità, si ritiene che gli idroperossidi vengano espulsi dalla cellula ed immessi nei fluidi circolanti, fra cui il sangue. Nel plasma, quindi, se esistono condizioni tali da indurre il rilascio di ferro allo stato ionico dalle proteine circolanti (es. un’acidosi transitoria), si innescherà la reazione di Fenton che genererà ancora una volta radicali alcossile e idroperossile che amplificheranno il danno a livello delle LDL e, soprattutto, dell’endotelio. In ogni caso, gli idroperossidi plasmatici, conservando, come nella cellula, ancora una discreta capacità ossidante ed essendo relativamente stabili, possono essere opportunamente messi in evidenza e quantificati (vedi oltre, d-ROMs test) (figura 2. 5). Agenti esterni Attività metabolica *OH Danno ossidativo H2O RH R* O2 R1 * Ossidazione LDL OH R-O-O-H R-O* ROOH ROO* Fe 2+ R 1H pH ↓ Fe 3+ ROOH Respirazione R-O-O* Danno ossidativo Nucleo R-O-O-H H+ Danno endoteliale Citoplasma Cellula Vaso sanguigno (capillare) Cellula Figura 2. 5 Metabolismo ed effetti patogeni degli idroperossidi A tal riguardo, si dice che gli idroperossidi sono testimoni o marcatori ma anche amplificatori del danno cellulare da radicali liberi. Anche i livelli di malondialdeide (MDA) nel plasma o degli alcani (pentano o etano) nell’espirato forniscono informazioni sulla produzione di radicali liberi, ma solo quando il sistema antiossidante presente nel mezzo biologico si è esaurito. 16 Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. perossidazione, ma anche questi importantissimi marker di stress ossidativo generati dalla decomposizione delle cloroammine. Infine, fra gli altri meccanismi biochimici coinvolti nel danno da radicali liberi sono da citare la formazione di legami crociati, la condensazione di proteine, la depolimerizzazione dell’acido ialuronico, l’interruzione di uno o ambedue i filamenti del DNA, ecc (tabella 2. 4). della respirazione cellulare, secondario prevalentemente ad induzione farmacometabolica, indotto prevalentemente da variazioni della tensione intracellulare di ossigeno e da meccanismi multipli combinati (figura 2. 6). Tabella 2. 4 Bersagli dei ROM e relativi prodotti di ossidazione Specie Molecola Prodotti di reattive bersaglio ossidazione Radicale idrossile Radicale peridrossile Radicale idrossile Radicale peridrossile Radicale idrossile Radicale peridrossile Radicale idrossile Lipidi (PUFA) Proteine Acido jaluronico DNA/RNA Idroperossidi lipidici Molecole con legami crociati, idroperossidi Glucosidi, idroperossidi Filamenti interrotti, 8-idrossiguanosina NADPH ossidasi Lipoossigenasi NADH deidrogenasi Citotocromo ossidasi Stress ossidativo da modifiche reattive della superficie cellulare Stress ossidativo da ridotta efficacia della respirazione cellulare Xantina ossidasi Aldeide ossidasi Citocromo P 450 Citocromo b 5 Stress ossidativo da variazioni della pO 2 intracellulare Stress ossidativo da induzione farmacometabolica Figura 2. 6 Fonti cellulari di ROS e stress ossidativo E’ evidente che questa impostazione rappresenta un’ipersemplificazione della ben più complessa e multiforme situazione biochimica che si osserva a livello cellulare, tissutale e sistemico nello stress ossidativo. Rimanendo nell’esempio comparativo appena discusso della plasmamembrana dei PMN e dei mitocondri delle cellule muscolari, non bisogna dimenticare che nelle condizioni disreattive, quali le infezioni, la febbre indotta dall’attivazione dei PMN si associa ad un’esaltazione del metabolismo e, viceversa, lo sforzo muscolare intenso può associarsi a condizioni infiammatorie, ritenute responsabili di lesioni traumatiche dell’apparato muscoloscheletrico. In altri termini, è difficile distinguere nettamente uno stress ossidativo indotto da modificazioni reattive della superficie cellulare da uno stress ossidativo indotto da ridotta efficienza della respirazione cellulare. Anzi, estendendo ancor di più il discorso, nella patogenesi del danno muscolare legato ad esercizio fisico strenuo entra in gioco anche il meccanismo dell’ischemia-riperfusione, che è alla base dello stress ossidativo da variazioni della pO2 intracellulare. E’ per questo motivo che nella classificazione dei diversi tipi di stress ossidativo si è convenuto di usare la circumlocuzione “stress ossidativo indotto prevalentemente da…”. Pur nella consapevolezza degli inevitabili limiti legati ai tentativi di classificare i fenomeni biologici, l’individuazione di cinque pattern di stress ossidativo conserva, tuttavia, un’indubbia valenza didattica e concettuale e, pertanto, può essere di grande aiuto non solo al clinico, per l’inquadramento diagnostico del soggetto con compromissione del bilancio redox, ma anche al terapeuta, per orientare la scelta nel complesso labirinto delle opzioni terapeutiche attualmente disponibili (tabella 2. 5). 2. 3 Eziopatogenesi La produzione di specie reattive – si è detto – avviene in ben definiti siti cellulari: plasmamembrana, mitocondri, reticolo endoplasmatico liscio (microsomi), perossisomi e citosol. Va sottolineato che la generazione di ROS in ciascuno di questi siti e gli effetti che da essa ne scaturiscono assume caratteristiche peculiari in rapporto alla specificità dello stimolo ed alle modalità, qualità e quantità di specie reattive prodotte. E’ evidente che la produzione di ROS da parte dei PMN, conseguente ad attivazione della plasmamembrana, richiede stimoli diversi da quelli necessari per la generazione di specie reattive dalle cellule muscolari, associata all’attivazione del metabolismo mitocondriale. In linea di massima, infatti, uno stimolo flogistico tenderà prevalentemente ad attivare la plasmamembrana dei PMN laddove un intenso esercizio muscolare tenderà ad esaltare prevalentemente l’attività metabolica mitocondriale delle cellule muscolari. Ciascuna delle due situazioni, inoltre, è accompagnata dalla produzione di specie reattive almeno in parte diverse, per il diverso corredo enzimatico delle cellule e delle relative strutture subcellulari interessate. Per esempio, i mitocondri delle cellule muscolari, che non possiedono la mieloperossidasi non potranno generare HClO, che potrà essere prodotto solo dalla plasmamembrana dei PMN attivati. Infine, anche gli effetti sistemici delle due condizioni saranno diverse. Sulla base di queste considerazioni si può associare a ciascun sito cellulare coinvolto nella produzione di specie reattive un particolare tipo di stress ossidativo: indotto prevalentemente da modificazioni reattive della superficie cellulare, indotto prevalentemente da una ridotta efficienza 17 Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. Lo stress ossidativo da modificazioni reattive della superficie cellulare è tipico dei processi reattivi, quali infezioni (es. batteriche) e infiammazioni (es. artrite reumatoide). Lo stress ossidativo indotto prevalentemente da una ridotta efficienza della respirazione cellulare è provocato da un’alterazione della funzionalità dei mitocondri che, come è noto, costituiscono una delle fonti primarie di produzione di ROS. Nel caso più semplice, l’aumentata produzione di specie reattive è legata ad un’eccessiva attivazione metabolica, quale si riscontra ad esempio durante lo sforzo fisico intenso o nell’iperalimentazione; in questo caso le specie reattive maggiormente prodotte sono i prodotti di riduzione non tetravalente dell’ossigeno, quali l’anione superossido e il perossido d’idrogeno. E’ anche possibile che un aumento della produzione di ROS per ridotta efficienza della respirazione cellulare sia legato ad una patologia primaria dei mitocondri ovvero all’innescarsi di un circolo vizioso (attivazione metabolica → produzione di ROS da shunt elettronico → disfunzione mitocondriale → riduzione dell’efficienza respiratoria → ulteriore produzione di ROS da shunt elettronico). Lo stress ossidativo secondario prevalentemente ad induzione farmacometabolica è provocato da un’attivazione del sistema di idrossilazione a funzione disintossicante del citocromo P450. Ne sono frequenti cause l’etilismo cronico e l’esposizione a xenobiotici. In questi casi possono essere prodotte specie reattive anche non centrate sull’ossigeno (es. il radicale del paracetamolo, un comunissimo antipiretico e analgesico). Lo stress ossidativo indotto prevalentemente da variazioni della tensione intracellulare di ossigeno è tipico delle lesioni da ischemiariperfusione che si osservano nell’infarto e in seguito ad interventi di rivascolarizzazione chirurgica o trapianto di organi. Si ritiene che in questi casi entri in gioco l’attivazione della xantina ossidasi con produzione di perossido di idrogeno e anione superossido (figura 2. 9). Tabella 2. 5 Pattern fondamentali dello stress ossidativo (SO) † † SO* Sito Meccanismo ROS/ROM Correlazioni Generazione ac. arachidonico Attivazione NADPH ossidasi Attivazione metabolica Disfunzione mitocondriale Attivazione citocromi P450/b5 Idroperossidi, a. superossido Citosol Attivazione xantina ossidasi A. superossido Perossido di H Almeno due Multipli Variabilmente ‡ centrati I Membrana II Mitocondri III Microsomi IV V A. superossido A. superossido Perossido di H A. superossido Perossido di H Varii Processi reattivi (infiammazione) Processi reattivi (infiammazione) Ipernutrizione, es. inadeguato Mitocondriopatie (prim. o sec.) Alcol, farmaci, xenobiotici Malattie da ischemiariperfusione Fumo, inquinanti, radiazioni I: SO prevalentemente da modifiche reattive della superficie cellulare; II: SO prevalentemente da ridotta efficacia della respirazione cellulare; III: SO prevalentemente da induzione farmaco-metabolica; IV: SO prevalentemente da variazioni della pO 2 intracellulare; V: SO da † ‡ meccanismi multipli. Prevalente. Carbonio, azoto, cloro ecc Lo stress ossidativo indotto prevalentemente da modificazioni reattive della superficie cellulare è provocato dall’attivazione della plasmamembrana che, come si è detto, è sede di attività enzimatiche generatrici di ROS. Questo tipo di stress ossidativo è generato, nella sua forma più caratteristica, da una massiccia attivazione dei leucociti pomorfonucleati ad opera di batteri o endotossine o immunocomplessi. Questi agenti, infatti, legandosi alla plasmamembrana possono attivare l’NADPH ossidasi, con produzione di anione superossido (figura 2. 7). ROOH Batteri Fe/Cu PLA 2 PL AA PG Proteasi x PH -O NAD O2. SOD H2O2 H2O Px M R-NH2 R-NHCl Fe/Cu Fe nt Cl- O2 on HClO /H W RH OH. H2O R* Figura 2. 7 Produzione di specie reattive da PMN attivati Anche l’attivazione delle lipoossigenasi, localizzate sulla plasmamembrana dei PMN, si accompagna a produzione di perossidi (figura 2. 8). Infarto, bypass, trapianti 1 2 4 Vaso sanguigno 5 3 Macroischemia H H pO 2 ↓ cis, cis-1,4-pentadiene Microischemia Amplificazione del danno Rilascio F e2+/ 3+ dalle proteine ROO* RO* ROOH Acidosi Sedentarietà Deficit pompe H Disponibilità ossigeno ↓ Fe 3+ H+ O2 Fe 2+ Stato ridotto mitocondri ↑ Glicolisi anaerobica ↑ Fosforilazione ossidativa ↓ O–O Deficit pompe Lattato ↑ Sintesi ATP ↓ Creatina ↑ Creatina -P↓ ROOH ↑ Decompartimentalizzazione Disorganizzazione citoscheletro ADP ↑ AMP ↑ IMP ↑ Inosina ↑ Idroperossido Cellula Figura 2. 8 Produzione di perossidi lipoossigenasi-dipendente Calcio ↑ citosolico Alterazioni omeostasi ionica Attacco substrati organici O–O O – OH Danno membrana Osmolarit à ↑ H2O 2↑ Ipoxantina O2 . ↑ Xantina Xantina Ossidasi Attivazione proteasi Acido urico Xantina deidrogenasi Figura 2. 9 Meccanismi del danno da ischemia-riperfusione 18 Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. Infine, il fumo di sigaretta, l’esposizione ad inquinanti atmosferici o a radiazioni ionizzanti o UV ovvero ad agenti tossici saranno responsabili di uno stress ossidativo conseguente all’attivazione di meccanismi multipli combinati. presentano al d-ROMs test, rispetto ai normopeso, livelli significativamente più alti di idroperossidi. L’attività fisica gioca un ruolo decisivo nel rompere o riequilibrare il bilancio redox e, dunque, nel favorire o rallentare l’invecchiamento, rispettivamente. Infatti, l’attività fisica intensa e concentrata nel tempo favorisce un temporaneo aumento del livello di radicali liberi da attivazione mitocondriale, proprio in coincidenza del momento in cui incrementa il consumo di O2 sotto sforzo. Poiché la domanda di ossigeno non può essere soddisfatta dalla richiesta, si crea una situazione comparabile ad una riduzione del flusso sanguigno (ischemia). Subentrando una condizione di parziale anaerobiosi, i livelli muscolari di ipoxantina aumentano. Infine, nel momento in cui il flusso sanguigno diviene in grado di soddisfare la richiesta di ossigeno (riperfusione) la concomitante attivazione della xantina ossidasi favorisce la conversione dell’ipoxantina in xantina ed acido urico, con produzione di anione superossido e perossido di idrogeno. Viceversa, l’attività fisica regolare e costante, stimola nell'individuo allenato, ovvero abituato allo sforzo, l’attivazione dei sistemi antiossidanti fisiologici e migliora le capacità di tamponamento dell'acidosi, riducendo, di fatto la gravità e l’intensità dello stress ossidativo comunque prodotto. Nelle persone anziane, come è noto, la spesa energetica totale (TEE, total energy expenditure) appare ridotta, principalmente per diminuzione dell'attività fisica ma anche, seppur in grado minore, del metabolismo basale (BMR, basal metabolic rate). Non si osservano, invece, riduzioni significative dell'effetto termico dell'alimentazione (TEF, termic effect of feeding), il quale ha una forte correlazione con il consumo di ossigeno e quindi con la produzione di radicali liberi. Sembrerebbe verificarsi lo stesso fenomeno dello sforzo fisico nel soggetto non allenato, ovvero l'inerzia dei sistemi antiossidanti che prolunga, in questo caso, l'effetto dell'impatto calorico. D’alra parte, nell'anziano si verifica il ben noto decremento della massa muscolare (LBN, lean body mass) con incremento della massa lipidica in ambedue i sessi. I fattori coinvolti in questi eventi dipendono almeno in parte dall'attività fisica e dalla diminuzione del GH (growth hormon). Di fatto, aumentando l'attività fisica si può riportare la LBM a livelli simili a quelli dell'età giovanile. All'appropriata attività fisica, conseguirà il benessere di tutto l'apparato cardiovascolare e quindi una riduzione della morbilità e mortalità cardiovascolare, con favorevoli ripercussioni, in definitiva, sulla longevità. In conclusione, la riduzione dello stress ossidativo – ottenuta mediante il controllo del peso corporeo, la restrizione calorica e l’adeguata attività fisica – sia attraverso dei meccanismi diretti (più efficiente controllo dell’equilibrio redox) che indiretti (riduzione della morbilità e della mortalità) può 2. 4 Stress ossidativo e invecchiamento Nel corso degli ultimi decenni sono state formulate almeno 20 ipotesi per spiegare le cause e i meccanismi dell’invecchiamento, da quella di una modifica delle proteine (anomalie della sintesi – modifiche post-traduzionali – alterazioni del turnover), a quella dell'incapacità nel riparare i danni al DNA, fino a quella dei pace-maker (in base alla quale alcuni organi o sistemi perdendo funzionalità trascinano nell'invecchiamento). Ovviamente, l’aspetto genetico, costituisce la base di molte di queste ipotesi: non a caso si dice che il metodo più sicuro per andare avanti con gli anni è avere dei genitori longevi. Tuttavia, un ruolo decisamente importante sembra essere svolto anche da alcuni cofattori, apparentemente acquisiti, quali, ad esempio, il sovrappeso, l’eccesso calorico e l’attività fisica inadeguata, tutti in qualche modo correlati con la produzione di radicali liberi. Non è escluso, pertanto, che lo stress ossidativo, attraverso anche questa via, oltre a quelle note (danno primario a carico di molecole target essenziali, quali il DNA e le proteine) possa contribuire alla riduzione della longevità. Infatti, è noto che la condizione di sovrappeso favorisce la rottura del bilancio redox, laddove la restrizione calorica e l'attività fisica costante (di tipo "salutistico") tendono a riequilibrarlo. In particolare, il sovrappeso – valutabile mediante il cosiddetto indice di massa corporea, IMC o BMI, che esprime il rapporto tra peso in Kg e quadrato dell'altezza in cm – è un noto fattore che riduce la sopravvivenza in entrambi i sessi. Indici di massa corporea tra 19 e 21.9 (considerando la normalità a 22.5) si sono dimostrati associati a un basso rischio di mortalità, mentre indici più elevati sono apparsi correlati ad un rischio maggiore. Curiosamente, si è anche osservato che il rischio relativo di mortalità correlato alla massa corporea è più basso negli anziani rispetto ai giovani. Ad ogni modo, è noto come la massa corporea si possa controllare attraverso l'attività fisica e la restrizione calorica. Negli animali da laboratorio, la restrizione calorica favorisce la longevità e riduce la morbilità, soprattutto quella legata a patologie cardiovascolari e tumorali. Il fenomeno è decisamente da correlarsi sia alla ridotta produzione di radicali liberi a livello mitocondriale sia all’aumentata efficienza, in queste condizioni, dei sistemi di difesa antiossidanti, fattori, entrambi, in grado di ridurre l’entità dello stress ossidativo. Infatti, come verrà discusso in seguito, i soggetti in sovrappeso 19 Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. contribuire efficacemente al rallentamento del fisiologico processo dell’invecchiamento. placca fibrosa è in grado di avviare l’ostruzione del vaso dalla cui parete si sviluppa. Le placche complicate, infine, sono probabilmente placche fibrose alterate da necrosi, deposizione di calcio, emorragie e trombosi, fenomeni nei quali gioca un ruolo determinante la cascata infiammatoria. L’ischemia cerebrale e l’infarto del miocardio avvengono quando il lume di un’arteria con caratteristiche di vaso terminale viene occluso completamente, generalmente da un trombo che si è formato sulla placca. I radicali liberi giocano un ruolo determinante nella patogenesi delle lesioni aterosclerotiche attraverso l’ossidazione delle LDL. Questo processo è innescato dalle cellule endoteliali arteriose, dalle cellule della muscolatura liscia e dai macrofagi. L’ossidazione delle LDL, a sua volta, porta alla degradazione degli acidi grassi poliinsaturi con la coniugazione dei corrispondenti frammenti ai fosfolipidi e all’apoproteina B. Quest’ultima, successivamente, va incontro a sua volta a frammentazione e, modificando la sua conformazione, viene riconosciuta dai recettori scavenger presenti sulla membrana dei monociti/macrofagi e, quindi, fagocitata da questi ultimi. L’espressione dei suddetti recettori, però, al contrario di quanto si osserva per i comuni recettori per le LDL, non è modulata da alcun meccanismo di “down-regulation”, per cui i macrofagi, inglobando progressivamente LDL ossidate, si trasformano in foam cells ricche di grassi. L’accumulo di queste cellule nello spazio subendoteliale danneggia l’endotelio sovrastante rendendo possibile l’aggregazione delle piastrine e il rilascio di potenziali mitogeni che contribuiscono a favorire lo sviluppo della lesione. Le LDL ossidate, dal canto loro, hanno delle proprietà che le rendono più aterogenetiche delle LDL native: sono citotossiche, inducono l’espressione di molecole di adesione e la produzione di sostanze chemiotattiche, inibiscono l’attività di fattori di rilasciamento endotelio-dipendenti, incrementano l’espressione di fattori tissutali, attivano le piastrine e le cellule T, e stimolano la crescita delle cellule muscolari lisce, l’inibitore dell’attivatore del plasminogeno e, più in generale, la reazione immmunitaria. Il danno da radicali liberi nelle malattie cardiovascolari, comunque, non si esaurisce nel favorire lo sviluppo dell’aterosclerosi. Infatti, le evidenze accumulatesi nel corso degli ultimi trent’anni hanno dimostrato un ruolo chiave delle specie reattive nella patogenesi delle lesioni tissutali da cardiovasculopatie anche attraverso l’induzione del cosiddetto danno “da ischemiariperfusione”. Infatti, durante la riperfusione di tessuti ischemici, si possono formare specie reattive dell’ossigeno, attraverso l’attivazione della xantina ossidasi. Come è noto, nel tessuto normale, questo enzima agisce come deidrogenasi trasferendo una coppia di equivalenti riducenti (elettroni) al NAD+ trasformando la xantina in 2. 5 Stress ossidativo e malattie 2. 5. 1 Premessa L’intervento dei radicali liberi è stato chiamato in causa nella patogenesi di almeno 50 diverse malattie. Anche se in molti casi la formazione dei radicali è secondaria all’evento patogeno primario, l’innesco di reazioni a catena a partire dalle specie reattive comunque prodotte può contribuire ad aggravare il danno cellulare, anche attraverso un vero e proprio effetto “tossico”. I radicali liberi sono coinvolti direttamente nel danno cellulare e tissutale che si riscontra nella malattia aterosclerotica, nel diabete mellito, nelle malattie su base infiammatoria, in corso di tumori e in alcune epato- e broncopneumopatie. In generale, tuttavia, non vi è patologia umana nella quale non sia documentabile un qualche ruolo patogeno delle specie reattive dell’ossigeno (nefropatie, endocrinopatie, malattia di Alzheimer, malattia di Parkinson, colite ulcerosa, pancreatite, malattie metaboliche, ecc.). 2. 5. 2 Radicali liberi e malattie cardiovascolari Le malattie cardiovascolari rappresentano attualmente la principale causa di morte nei Paesi Occidentali e, in particolare, in quelli Europei e Nordamericani. Alla base della maggior parte delle malattie cardiovascolari note, quali l’ictus cerebrale e l’infarto del miocardio, vi è l’aterosclerosi. Con questo termine intendiamo una patologia generalmente a distribuzione sistemica caratterizzata da un ispessimento dell’intima o, in generale, dello strato dell’arteria prospiciente il lume vasale. Sono stati descritti tre tipi di ispessimento o “placche”, di gravità crescente: placche ateromasiche, placche fibrose e placche complicate. Le placche ateromasiche si presentano come sollevamenti più o meno pronunciati dell’intima, disposti lungo il maggior asse del vaso, di colorito giallognolo. All’esame microscopico appaiono costituite da “foam cells”, cellule ricche di lipidi che possono derivare sia dalle cellule della muscolatura liscia che dai macrofagi. Le placche fibrose, probabilmente derivate dalla degenerazione dei depositi lipidici delle placche ateromasiche, appaiono come lesioni più o meno tondeggianti, del diametro di circa 1 cm, generalmente biancastre. Una tipica placca fibrosa consiste di un “tappo” fibroso, costituito da cellule della muscolatura liscia e tessuto connettivo contenente collagene, elastina e proteoglicani, che copre un’area ricca di macrofagi, cellule muscolari lisce, linfociti T, e da un “core” necrotico più profondo, che contiene detriti cellulari, depositi lipidici extracellulari e cristalli di colesterolo. La 20 Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. ipoxantina e quest’ultima in acido urico. Nel corso di un’ischemia sufficientemente protratta, probabilmente per effetto dell’ossidazione di alcuni gruppi tiolici e/o di una proteolisi limitata calciodipendente, la xantina ossidasi può modificare la sua attività catalitica acquisendo la capacità, nella successiva fase di riperfusione, di trasferire gli elettroni direttamente all’ossigeno molecolare, con produzione di anione superossido. All’enorme accumulo di questa specie reattiva è, dunque, riconducibile il danno da ischemia-riperfusione, proprio nel momento in cui l’ossigeno viene reintrodotto nei tessuti ischemici. Questo meccanismo gioca un ruolo determinante nelle lesioni osservate in corso di ischemia cerebrale e dopo infarto del miocardio. La glicazione non enzimatica è legata alle proprietà chimiche intrinseche del glucosio. Quest’ultimo, infatti, è una poliossialdeide e, come tale, conserva la reattività del suo gruppo carbonilico nei confronti dei gruppi amminici di amminoacidi, proteine e nucleotidi. Tra i prodotti di questa reattività, sono da segnalare i cosiddetti AGE (advanced glycation end products) la cui formazione è favorita dalle specie reattive dell’ossigeno. Il significato patogenetico di questi fenomeni è notevole, se si pensa che l’accumo di AGE si accompagna a danni microvascolari in distretti critici (retina, nervi periferici, rene). Il glucosio, sempre per le sue intrinseche proprietà chimiche, può autoossidarsi, generando direttamente radicali liberi e altre sostanze ossidanti. Come altri monosaccaridi, infatti, esso può subire l’azione catalitica di tracce di metalli di transizione allo stato libero (es. ferro o rame) generando radicale idrossile, anione superossido, perossido di idrogeno e derivati carbonilici tossici. Questi ultimi contribuiscono notevolmente ad amplificare il danno ossidativo a carico di altri target molecolari, quali le proteine. L’attivazione intracellulare della via dei polioli è secondaria all’aumentata disponibilità di glucosio intracellulare libero che, non potendo essere metabolizzato attraverso la glicolisi a causa del deficit insulinico, è trasformato dall’aldoso reduttasi in sorbitolo. Quest’ultimo si accumula nella cellula e, convertito in fruttosio dalla sorbitolodeidrogenasi, provoca un aumento del rapporto NADH/NAD+ citosolico. La suddetta alterazione del bilancio redox (pseudoipossia iperglicemica) favorisce la produzione di anione superossido attraverso la riduzione della PGG2 a PGH 2 da parte della prostaglandina idroperossidasi NADHdipendente. L’insulino-resistenza, che provoca i suoi effetti più deleteri soprattutto a livello del fegato e del muscolo scheletrico, si associa ad un aumentato livello di perossidazione lipidica, almeno in modelli animali. A questo proposito, in colture di adipociti, si è osservato che l’insulina fa aumentare la produzione di perossido di idrogeno il quale, a sua volta, sembra in grado di mimare l’azione dell’ormone stesso; infatti, la somministrazione di vanadio riproduce l’azione mediata dall’insulina attraverso il rilascio intracellulare di radicali liberi. D’altra parte, l’iperinsulinemia, in vivo, riduce le concentrazioni di vitamina E. Nel complesso, queste osservazioni suggeriscono, dunque, che livelli aumentati di insulina, tipici dell’insulinoresistenza, possono provocare stress ossidativo. A conclusione di questa breve panoramica, occorre sottolineare che i radicali liberi possono assumere un ruolo determinante nella patogenesi non solo della malattia diabetica in sé ma anche delle complicanze ad essa legate, quali le cardiovasculopatie, la neuropatia, la embriofetopatia, ecc. In particolare, è noto che i pazienti diabetici presentano un deficit dell’attività 2. 5. 2 Radicali liberi e diabete mellito La maggior parte delle evidenze finora accumulate sul ruolo dei radicali liberi nell’eziopatogenesi del diabete riguarda il diabete mellito di tipo 2, lo stadio finale di una sindrome cronica e progressiva causata da diverse combinazioni di insulino-resistenza e riduzione della funzione delle cellule pancreatiche, dovuta a danni di natura genetica o acquisita. Il diabete mellito di tipo 2 rappresenta solo la “punta dell’iceberg” di disturbi metabolici di lunga durata in grado di esercitare effetti deleteri su tessuti ed organi. Una diagnosi tempestiva e un trattamento adeguato dei pazienti può essere utile per evitare le complicanze tardive del diabete preservando la qualità della vita del paziente. I radicali liberi giocano un ruolo rilevante nella patogenesi del diabete mellito di tipo 2. In questa condizione morbosa, infatti, accanto all’aumentata produzione di specie reattive dell’ossigeno, secondaria all’iperglicemia e/o all’aumentata resistenza insulinica, si osserva contemporaneamente anche una riduzione delle difese antiossidanti, fino a configurare il classico quadro fisiopatologico dello stress ossidativo. Si ritiene che le specie radicaliche siano in grado di compromettere l’azione dell’insulina, contribuendo a far aumentare la glicemia, mentre l’iperglicemia e l’insulino-resistenza, da sole, possono favorire lo stress ossidativo (la prima, in particolare, riducendo l’efficienza delle difese antiossidanti). Schematizzando al massimo il discorso, quindi, i radicali liberi sono coinvolti nella patogenesi del diabete mellito di tipo 2 almeno attraverso due meccanismi fondamentali: l’iperglicemia e l’insulino-resistenza. L’iperglicemia è ritenuta una delle principali cause responsabili dell’aumento della concentrazione plasmatica di radicali liberi nel diabete mellito. Tre i meccanismi postulati alla base dell’aumenta produzione di specie reattive dell’ossigeno: la glicazione non enzimatica, l’autoossidazione del glucosio e l’attivazione intracellulare della via dei polioli. 21 Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. microbicida, probabilmente riconducibile ad una difettosa funzione fagocitaria (ridotta produzione di specie reattive da parte dei leucociti polimorfonucleati). In ultimo, l’aumentata produzione di radicali liberi e/o la ridotta efficienza dei meccanismi di difesa antiossidanti osservati nel diabete mellito di tipo 2 possono accelerare il fisiologico processo di invecchiamento riducendo ulteriormente l’aspettativa di vita dei pazienti. 2. 5. 4 Ruolo dei radicali liberi nelle epatopatie Nel fegato hanno sede i sistemi enzimatici deputati al metabolismo dell’etanolo ed alla biotrasformazione degli xenobiotici, compresi i farmaci. In particolare, i microsomi degli epatociti sono direttamente responsabili della produzione di specie reattive nel modello di stress ossidativo da induzione farmacometabolica. Lo squilibrio fra status pro-ossidante e difese antiossidanti che ne consegue è ritenuto responsabile del danno cellulare che si osserva in corso di epatopatie alcoliche, da tossici e da farmaci. 2. 5. 3 Ruolo dei radicali liberi in oncologia L’intervento delle specie reattive dell’ossigeno è decisivo nei tumori indotti da radiazioni ionizzanti, da xenobiotici, da metalli e da composti chimici cancerogeni. In particolare, le radiazioni ionizzanti agiscono inducendo la fotolisi dell’acqua, che genera il radicale idrossile. Noto per la sua straordinaria capacità istolesiva, quest’ultimo, insieme ad altre specie reattive, è in grado di interrompere i filamenti di DNA o ossidarne le basi, producendo la 8idrossiguanosina. L’effetto mutageno che ne consegue può favorire la trasformazione neoplastica. 2. 5. 6 Radicali liberi e broncopneumopatie Nel corso dell’ultimo decennio si sono accumulate molte evidenze di ordine sperimentale e clinico che suggeriscono un ruolo cruciale del danno cellulare mediato da specie reattive nella patogenesi di svariate situazioni ed affezioni dell’apparato respiratorio. Lo spettro di tali condizioni va da semplici effetti del fumo di sigaretta nel soggetto normale ai danni cronici caratterizzati dalla distruzione dell’interstizio polmonare (enfisema polmonare) o, viceversa, da un suo irreversibile ispessimento (fibrosi intertsiziale da agenti esogeni o da iperossia) fino a manifestazioni acute che richiedono un trattamento intensivo (distress respiratorio dell’adulto). 22 Capitolo 3. Il ruolo del laboratorio nella valutazione dello stress ossidativo. Una overview. Capitolo 3 Il ruolo del laboratorio nella valutazione dello stress ossidativo. Una overview. La valutazione dello stress ossidativo nei soggetti sani o in pazienti sottoposti a farmacoterapia è la condicio sine qua non per prevenire il danno tissutale e per monitorare l’andamento e la risposta al trattamento di una eventuale patologia in atto in tutte quelle situazioni correlate con la presenza di specie reattive. Le tecniche di laboratorio disponibili per identificare e quantificare un marcatore biochimico in un campione biologico prevedono generalmente una fase di estrazione che consenta il passaggio dell’analita di interesse dal materiale prelevato in un fluido con caratteristiche chimico-fisiche simili (per esempio estrazione dal siero dei lipoperossidi, sostanze liposolubili, in una soluzione cloroformiometanolo, in grado di sciogliere i grassi). Segue, poi, una fase di separazione più fine, durante la quale l’estratto (lipidico o acquoso), grazie ad opportune tecniche cromatografiche (in fase gassosa o in fase liquida ad alta risoluzione, HPLC) viene risolto in una serie di frazioni. Infine, grazie, all’impiego di idonei metodi di rivelazione (spettrometria di massa, spettrofotometria, fluorimetria, potenziometria, ecc) è possibile identificare, grazie ad uno standard noto, in quale delle frazioni si trova l’analita di interesse e, in definitiva, precisarne, con ragionevole sicurezza, la natura e la concentrazione. Purtroppo, questa metodologia solo raramente è applicabile nella routine clinica quando l’obiettivo della valutazione è lo stress ossidativo. Infatti, i radicali liberi sono, per definizione, specie chimiche estremamente reattive, a brevissima emivita, e l’unica tecnica in grado di evidenziarli è la spettroscopia di risonanza di spin dell’elettrone (ESR o EPR) che, eseguita talvolta con particolari accorgimenti (metodi di spin trap), costituisce il golden standard per valutazioni nel vivente. Sfortunatamente, però, l’ESR è una tecnica piuttosto complessa, richiede una strumentazione e delle professionalità non disponibili in tutti i laboratori, ed è particolarmente costosa, per cui viene utilizzata non per indagini di routine o studi di screening, quanto, piuttosto, per validare altri metodi di laboratorio, come accaduto, per esempio, proprio con il d-ROMs test (vedi più avanti). Anche quando correttamente eseguita, comunque, l’ESR fornisce informazioni solo sulla componente pro-ossidante dello stress ossidativo e non su quella antiossidante. Si è ripetutamente sottolineato, invece, che lo stress ossidativo è la conseguenza della rottura di un equilibrio tra produzione di specie reattive ed efficienza dei sistemi di difesa antiossidanti. Questo squilibrio porta ad un eccesso di metaboliti reattivi dell’ossigeno, quali gli idroperossidi (ROOH) che, versati in circolo, vanno a costituire i marcatori e gli amplificatori del danno tissutale e, in definitiva, i responsabili ultimi, insieme ad altri prodotti di ossidazione, dell’invecchiamento e delle patologie correlate con lo stress ossidativo. Sulla base di queste considerazioni preliminari, è opportuno che la valutazione di laboratorio dello stress ossidativo sia “globale”, cioè tenga conto sia della componente pro-ossidante che di quella antiossidante, anche alla luce del ruolo, finora ripetutamente sottolineato degli idroperossidi quali marcatori ed amplificatori del danno cellulare (figura 3. 1). Aumentata produzione di specie reattive (O ., HO ., H O …) 2 2 2 Compromissione della barriera antiossidante (ascorbato, SOD,…) Perossidazione di biomolecole con produzione di idroperossidi R-OOH (una classe di ROM) Idroperossidi (marker, testimoni e amplificatori del danno cellulare) nei liquidi extracellulari Invecchiamento e malattie correlate con lo stress ossidativo (ictus, infarto, diabete, obesità, demenza, m. Parkinson, tumori…) Figura 3. 1 Valutazione dello stress ossidativo e idroperossidi In realtà, i test di laboratorio attualmente disponibili esplorano o la componente proossidante (produzione di specie reattive) o la componente anti-ossidante (attività antiossidante) dello stress ossidativo (tabella 3. 1). Tabella 3. 1 Comuni metodi di laboratorio per la valutazione dello stress ossidativo Status proossidante Status antiossidante d-ROMs test OXY-Adsorbent test TBAR (MDA) BAP Lipoperossidi TAS Isoprostani -SHp test Chemiluminescenza Dosaggio singoli antiossidanti Poichè, come si è detto, l’ESR non è utilizzabile di routine, la valutazione dello status pro-ossidante di un individuo viene abitualmente eseguita con una serie di metodiche che alcuni ricercatori hanno battezzato con il termine di “fingerprinting” (impronta digitale). Secondo questo approccio, la presenza in un organismo vivente di specie reattive, non altrimenti misurabili routinariamente, viene dedotta indirettamente, grazie alla documentazione (nei tessuti e/o nei liquidi extracellulari) della presenza di specie molecolari variamente modificate dall’attacco dei 23 Capitolo 3. Il ruolo del laboratorio nella valutazione dello stress ossidativo. Una overview. radicali liberi. In tale contesto, poiché la perossidazione è uno dei più comuni meccanismi del danno indotto dai ROS, il dosaggio degli idroperossidi fornisce un’indicazione molto affidabile dello status pro-ossidante di un individuo. E, più in generale, la documentazione nei fluidi biologici della presenza di idroperossidi, così come di MDA o di isoprostani, fornisce “l’impronta digitale” più o meno accurata e fedele della componente ossidante dello stress ossidativo di un individuo. I test per la valutazione della componente antiossidante mirano generalmente a determinare lo “spessore” o “potere” o “attività” della barriera antiossidante plasmatica nel suo complesso e, in alcuni casi specifici, a quantificarne alcune importanti componenti, quali ad esempio i gruppi tiolici o singoli antiossidanti (es. ascorbato, tocoferoli). Tale valutazione si rende necessaria ogni qualvolta si sospetti una situazione di stress ossidativo (anche a fronte di valori normali o addirittura ridotti di test dello status proossidante) e, più in generale, ogni qualvolta si intende monitorare una terapia antiossidante. Uno dei pannelli particolarmente utili nella valutazione globale dello stress ossidativo è quello sviluppato da Diacron International sas e che comprende un test per la determinazione dello status pro-ossidante (il d-ROMs test) e tre test per la determinazione dello status antiossidante (OXYadsorbent test, BAP test ed -SHp test) (figura 3. 2). Aumentata produzione di metaboliti reattivi d-ROMs test Più specificamente, tale pannello prevede la determinazione per via spettrofotometrica sia dei metaboliti reattivi dell’ossigeno (d-ROMs test) sia della barriera antiossidante plasmatica (Oxy– Adsorbent test, BAP e –SHp test) in campioni biologici (a seconda dei casi, sangue intero, plasma, siero, estratti tissutali o cellulari). Questi test possono essere eseguiti non solo con un comune fotometro (manualmente) ma anche con un analizzatore multiplo (in automatico). Tuttavia, l’aspetto più interessante e innovativo consiste nel fatto che è possibile eseguire in parte o tutto il pannello grazie ad apparecchi dedicati di facile uso, quali il sistema FREE (sviluppato da Diacron International, Grosseto) ed il sistema FRAS (sviluppato da Iram s.r.l., Parma). L’impiego, sempre consigliabile, di questi affidabili strumenti si impone, per ragioni di opportunità pratiche, quando non si dispone di un fotometro con le specifiche richieste (termostatazione, filtri per particolari lunghezze d’onda, ecc.) o quando si vuole approfondire specificamente le tematiche dello stress ossidativo senza impegnare altri fotometri necessari per l’esecuzione di altre analisi. I capitoli immediatamente seguenti si prefiggono l’obiettivo di presentare il pannello di test e gli strumenti dedicati sviluppi da Diacron International per la valutazione globale dello stress ossidativo. Compromissione barriera antiossidante OXY-, BAP,SHp test Valutazione globale dello stress ossidativo Prevenzione e monitoraggio delle patologie correlate allo stress ossidativo Figura 3. 2 La valutazione globale dello stress ossidativo 24 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante Capitolo 4 I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante e perossili) possano strappare ad essa l’elettrone necessario per raggiungere la propria stabilità, tale sostanza sarà a sua volta radicalizzata, come previsto dalla seconda fase delle reazioni radicaliche a catena (reazione di trasferimento del sito radicalico, figura 1. 8). E’ ovvio che se la sostanza in questione ha la proprietà ottica di cambiare colore nel momento in cui viene ossidata ed è sufficientemente stabile in questa forma, sarà possibile, con le opportune tecniche spettrofotometriche, risalirne alla concentrazione, che risulterà direttamente proporzionale a quella delle specie radicaliche generate in vitro e, in definitiva, a quella degli idroperossidi inizialmente presenti nel campione analizzato. Nel d-ROMs test, dunque, gli idroperossidi contenuti in un campione biologico – per comodità espositiva, nel siero – vengono messi nelle condizioni previste dalla reazione di Fenton per generare in vitro radicali idroperossilici ed alcossilici. In pratica, un’aliquota di siero viene diluita in una soluzione tampone (acetato) a pH 4.8. In queste condizioni, il ferro ionico dapprima legato alle sieroproteine, si rende disponibile in forma libera, catalizzando, in vitro, la scissione degli idroperossidi, inizialmente presenti nel campione di sangue, in radicali idroperossilici ed alcossilici. A questa soluzione viene, quindi, aggiunta una sostanza (cromogeno) che ha la proprietà di cambiare colore nel momento in cui viene ossidata. Il cromogeno impiegato nel d-ROMs test è la N,N-dietil-parafenilendiammina (figura 4. 2). 4. 1 Il d-ROMs test 4. 1. 1 Principio e validazione 4. 1. 1. 1 Aspetti teorici Il d-ROMs test è un test spettrofotometrico che consente di determinare, in un campione biologico, la concentrazione degli idroperossidi (ROOH), generati nelle cellule dall’attacco ossidativo dei ROS su svariati substrati biochimici (glicidi, lipidi, amminoacidi, proteine, nucleotidi ecc.). La sigla ROM vuole sottolineare che gli analiti misurati dal test, gli idroperossidi, sono dei metaboliti reattivi dell’ossigeno (Reactive Oxygen Metabolites, ROM). Attraverso il d-ROMs test gli idroperossidi di un campione biologico, quale, ad esempio, il siero, dopo aver reagito con un apposito cromogeno sviluppano un derivato colorato (dal rosa al rosso) rilevabile e quantificabile per via spettrofotometrica. La concentrazione degli idroperossidi, che correla direttamente con l’intensità del colore rilevato, viene espressa in unità di concentrazione di facile impiego nella pratica clinica. Tali unità sono indicate con la sigla U CARR dal cognome del chimico pientino (Carratelli) che ha inventato e brevettato il d-ROMs test. Alla base del d-ROMs test vi è un meccanismo già descritto a proposito dell’innesco delle reazioni radicaliche a catena: l’interazione con metalli di transizione (figure 1. 5, 1. 6 e 1. 7). Il principio è quello del la reazione di Fenton, verificato per il perossido di idrogeno e successivamente ampliato da Haber e Weiss, secondo cui un metallo di transizione in forma ionica (es. ferro o rame) catalizza la scissione di un idroperossido (ROOH), generando nuove specie radicaliche, l’idroperossile (ROO*) o l’alcossile (RO*), a seconda che, rispettivamente, lo ione catalizzante si ossidi (Fe2+→Fe3+ o Cu +→Cu2+) oppure si riduca (Fe3+→Fe2+ o Cu 2+→Cu+) (figura 4. 1). 2+ (Cu ) • RO* + OH + Fe 3+ (Cu ) • ROO* + H + Fe ROOH + Fe ROOH + Fe + 2+ - 3+ + CH 3-CH 2 N NH 2 CH 3-CH 2 2+ (Cu ) 2+ + Figura 4. 2 La N, N-dietil-parafenilendiammina, il substrato cromogeno del d-ROMs test (Cu ) Figura 4. 1 Generazione di radicali liberi dagli idroperossidi Questa sostanza ha la proprietà di lasciarsi ossidare dai radicali idroperossilici ed alcossilici, trasformandosi in una forma cationica colorata in rosa, anch’essa radicalica, ma abbastanza stabile da consentirne la determinazione quantitativa per Se ad una soluzione contenente idroperossidi e tracce di un metallo di transizione in forma ionica si aggiunge una sostanza il cui potenziale di ossidazione è tale che i radicali generati dalla decomposizione degli idroperossidi stessi (alcossili 25 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante via fotometrica, nelle condizioni di lavoro previste (lunghezza d’onda 505 0 546). La concentrazione del complesso colorato sarà direttamente correlata con il livello di idroperossidi inizialmente presenti nel campione da analizzare (figura 4. 3). inseriti in una cella piatta da ESR collocata nella cavità risonante di uno spettrometro ESR. Eseguendo scansioni successive, al tempo zero si è osservata la comparsa di una linea di fondo piatta che, con il passare dei minuti, si è trasformata in un segnale ESR costituito da una sola riga, larga circa 5 mT e caratterizzata da un fattore g di 2.00478, la cui intensità è andata aumentando progressivamente sino a raggiungere un massimo per poi calare lentamente. Tale segnale indica incontestabilmente la presenza di un radicale (figura 4. 4). 1A) R-OOH + Fe → R-O* + Fe + OH + 1B) R-O* + A-NH2 → R-O + [A-NH2*] 2+ 3+ - 2A) R-OOH + Fe → R-OO* + Fe + H + 2B) R-OO* + A-NH2 → R-OO + [A-NH2*] 3+ 2+ + dove: – R-OOH è un generico idroperossido – R-O* è il radicale alcossilico del generico idroperossido – R-OO* è il rad. idroperossilico del generico idroperossido – A-NH2 è la N, N-dietil-parafenilendiammina, cioè il substrato cromogeno del d-ROMs test + – [A-NH2*] è il radicale catione, colorato, del substrato cromogeno Figura 4. 3 Principio e reazioni del d-ROMs test 0 min 150 min g = 2.00478 [G] I risultati del d-ROMs test vengono espressi in unità arbitrarie, le UNITA’ CARRATELLI o U CARR (dove 1 U CARR equivale a 0.08 mg H2O2/dL), a causa dell’eterogeneità delle specie chimiche presenti inizialmente nel campione biologico da testare. Il significato delle U CARR sarà discusso più avanti nel corso della trattazione. 3440 3460 3480 3500 3500 Figura 4. 4 Il segnale ESR è consistente con la presenza di un radicale Tuttavia, poiché non è possibile associare tale segnale ad una specie ben precisa solo sulla base del valore del fattore g, che pure sarebbe coerente con quello del radicale catione del cromogeno, si è valutata la struttura iperfine, impiegando un valore di modulazione 10 volte più basso (0,01 mT). Lo spettro registrato in queste nuove condizioni è risultato composto da molte righe (più di mille), mostrando una struttura iperfine molto complicata, ma al contempo ricca di informazioni sulla natura della specie che ne è responsabile. Il risultato ottenuto su siero è stato confermato ripetendo l’esperimento su un sistema modello, nel quale il campione biologico è stato sostituito da una soluzione tampone a pH 4.8 contenente, oltre alla N,N-dietil-parafenilendiammina (cromogeno), il terz-butilidroperossido (in sostituzione degli idroperossidi sierici) e del solfato ferroso, quale catalizzatore (in sostituzione del ferro sierico). E’ stato, quindi, eseguito lo spettro ESR ad alta risoluzione (m.a.=0.0075 mT) e i risultati sperimentali sono stati confrontati con quelli dello spettro simulato al computer. Sulla base dei risultati ottenuti confrontando, con adeguati programmi di calcolo, lo spettro teorico da quello ottenuto sperimentalmente, si è giunti alla conclusione inequivocabile che la specie paramagnetica responsabile dello spettro osservato è proprio il radicale catione del cromogeno del d-ROMs test, cioè della N,N-dietilparafenilendiammina (figura 4. 5). 4. 1. 1. 2 Aspetti sperimentali Il d-ROMs test, come si è detto, si basa sullo studio spettrofotometrico dell'aumento dell'intensità della colorazione rossa che si sviluppa quando un piccolo campione di siero di sangue umano viene aggiunto ad una soluzione di N,N-dietil-parafenilendiammina (cromogeno) tamponata a pH 4,8. La comparsa della colorazione è attribuita alla formazione, per ossidazione, del radicale catione dell'ammina, che verrebbe generato dalla concomitante ossidazione dei radicali alcossilici e perossilici derivanti dalla scissione degli idroperossidi presenti nel campione per azione 2+ 3+ catalitica degli ioni Fe ed Fe rilasciati dalle sieroproteine nell'ambiente acido creato in vitro. La conferma sperimentale che effettivamente abbiano luogo le suddette reazioni è stata ottenuta integrando alcuni dati elettrochimici con i risultati ottenuti in parallelo dalla spettrofotometria e dalla spettroscopia di risonanza di spin dell’elettrone (ESR), la tecnica sperimentale più adatta alla rilevazione della presenza di radicali ed alla loro identificazione in un campione. Anzitutto, la stima dei potenziali redox delle specie chimiche implicate suggerisce che la reazione tra un generico radicale alcossile o perossile con la N,N-dietilparafenilendiammina è termodinamicamente possibile. Sulla base di questa valutazione indiretta, il dROMs test è stato sottoposto alla ESR. Pertanto, 10 µL di un campione di siero, 10 µL di cromogeno e 980 µL di tampone acetato (pH 4.8) sono stati 26 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante 4. 1. 1. 3 Aspetti biochimico-clinici Le performance del d-ROMs test, eseguito sia con metodica manuale che in automatico, sono state valutate mediante spettrofotometria. I parametri analitici presi in considerazione sono stati: la cinetica della reazione, l’effetto della temperatura sulla velocità di reazione, la linearità della reazione, i limiti di sensibilità della metodica, l’imprecisione analitica, la stabilità nel tempo dei campioni conservati a due diverse temperature (+4 e –20 °C), l’influenza sui risultati del test del tipo di prelievo e di eventuali fattori bioumorali interferenti. La cinetica della reazione, l’effetto della temperatura sulla velocità di reazione e la linearità segnale-concentrazione sono state valutate eseguendo il d-ROMs test su siero sia in manuale (spettrofotometro Shimadzu CL-750) che in automatico (spettrofotometro UVIKON 941 PLUS). In tali condizioni analitiche, monitorando nel tempo l’incremento dell’assorbanza a 505 nm, la reazione del d-ROMs test è apparsa lineare a 37°C nell’intervallo di misura più frequentemente utilizzato (1÷4 minuti). Ripetendo il test su 12 differenti sieri si sono osservate solo delle lievi differenze tra i campioni, verosimilmente dipendenti dalle differenti specie molecolari di idroperossidi coinvolte nella reazione. L’effetto della temperatura sulla velocità di reazione (valutata in termini mAbs/min) nella finestra di misura utilizzata (1÷4 minuti) è risultato evidente e tale da rendere necessario l’utilizzo di termostatazione per le misure cinetiche (optimum 37 °C). La linearità segnale/concentrazione, valutata misurando la velocità media (mAbs/min) nell’intervallo di tempo più frequentemente utilizzato (1÷4 min) in funzione dell’aumento progressivo di volume (spettrofotometro Shimadzu CL-750) o delle diluizione (spettrofotometro UVIKON 941 PLUS) del campione è risultata ottima. Risultati sovrapponibili sono stati ottenuti eseguendo il d-ROMs test anche con apparecchiature diverse, sia diluendo i campioni, con metodica manuale (fotometro Shimadzu CL 7000), che aumentandone i volumi, in automatico (Arco, Biogamma). Un esempio di linearità, riferito ad analisi cinetica, è riportato nella figura 4. 7. a b Figura 4. 5 Spettro ESR ad alta risoluzione (m.a.=0.0075 mT) sperimentale (a) e spettro simulato da computer (b) esibiti dal sistema sperimentale tBuOOH/DEPPD/FeSO 4/buffer dopo 420 sec dal mescolamento (tBuOOH: terz-butilidroperossido; DEPPD: N,N-dietilparafenilendiammina) 1.0 0.8 0.5 0.4 0 Assorbanza a 505 nm (A505) Intensità EPR (unità arbitrarie) D’altra parte, si è detto che, nel corso degli esperimenti, nella soluzione contenuta nella cella piatta dell’ESR, l’intensità della colorazione rossa osservata aumenta progressivamente nel tempo. Poiché molti radicali allo stato ionico esibiscono una propria colorazione, su base qualitativa, si è assunto che il fenomeno cromatico fosse riconducibile alla presenza, in soluzione, di specie chimiche reattive colorate allo stato ionico. Pertanto, allo scopo di verificare, questa volta su basi quantitative, al correttezza dell’assunto, l’esperimento iniziale è stato seguito nel tempo monitorando contemporaneamente sia il segnale ESR che quello fotometrico (assorbanza a 505 nm). Con questo approccio, si osservato che i profili dell'intensità ESR e dell'assorbanza a 505 nm nel tempo per due campioni dello stesso siero coincidono palesemente fino al raggiungimento del massimo. Anche in questo caso, il risultato sperimentale ottenuto è stato confermato ripetendo questo esperimento su un sistema modello (figura 4. 6). 0 0 25 50 75 100 0 Tempo ( min) 25 50 75 100 Tempo ( min) (A) Profilo nel tempo, a temperatura ambiente, dell’intensità spettrale normalizzata (•) e delle letture A505 (p), esibito dal sistema DEPPD (3.7 x 10-3 M)/tBuOOH (3.9 x 10-5 M)/FeSO4 (2.8x10-5 M) a temperatura ambiente. (B) Profilo nel tempo delle letture A 505 esibite dai sistemi DEPPD (3.7 x 10 -3 M)/tBuOOH (3.9 x 10-5 M)/FeSO 4 (2.8x10-5 M) ( •), DEPPD (3.7 x 10 -3 M)/tBuOOH (2.0 x 10 -5 M )/FeSO4 (2.8x10 -5 M) (¢) e DEPPD (3.7 x 10 -3 M)/tBuOOH (0.95 x 10 -5 M )/FeSO 4 (2.8x10-5 M) (p) a temperatura ambiente. tBuOOH: terz-butilidroperossido; DEPPD: N,N-dietilparafenilendiammina. Figura 4. 6 Il radicale catione della N,N-dietilparafenilendiammina, responsabile dello spettro ESR, è anche responsabile dell’assorbimento nel visibile a 505 nm Questo dato indica, in definitiva, che l'aumento dell'assorbanza nel tempo è dovuto all'aumento della quantità di radicale catione del cromogeno, che a sua volta è dipendente dalla quantità di idroperossidi inizialmente presente nel campione di siero analizzato. Volume di campione Figura 4. 7 Linearità segnale-concentrazione nel d-ROMs test 27 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante Il range di linearità del d-ROMs test, valutato con metodica in automatico (Arco, Biogamma) è risultato compreso fra 50 e 500 CARR U. Pertanto, valori superiori a 500 CARR richiedono la diluizione del campione. Per quanto riguarda l’imprecisione analitica, in uno studio condotto eseguendo il d-ROMs test in cinetica, con metodica manuale (fotometro Shimadzu CL 7000), la precisione nella serie (n=30) per un solo livello (alto) ha dato un CV di 0.89%. In uno studio immediatamente successivo, nel quale il d-ROMs test è stato eseguito su siero sia in manuale (spettrofotometro Shimadzu CL-750) che in automatico (spettrofotometro UVIKON 941 PLUS) sono stati evidenziati valori di imprecisione analitica altrettanto accettabili (tabella 4. 1). prelievo arterioso e prelievo venoso effettuato nello stesso paziente. Ai fini della valutazione dell’interferenza, eseguendo il d-ROMs test in cinetica, con metodica manuale (fotometro Shimadzu CL 7000), i risultati del test non sono stati influenzati né dal livello di bilirubina (fino a 3 mg/dL), né dalla con contrazione di creatinina (fino a 19 g/dL), né dall’azotemia ( fino a 590 mg/dL), né dalla trigliceridemia (fino a 750 mg/dL). Nelle medesime condizioni analitiche, l’impiego di K EDTA come anticoagulante in provetta ha reso gli idroperossidi non dosabili, mentre il citrato, ha comportato una sottostima dei valori; l’eparina, che in alcune valutazioni preliminari sembrava indurre una soprastima dei valori non ha dimostrato, in realtà, alcuna capacità di influenzare i risultati del d-ROMs test. In un altro studio, eseguendo il d-ROMs test in cinetica, con metodica in automatico (Hitachi 717), le massime concentrazioni consentite (espresse in mmoli/L) per ottenere risultati analitici attendibili sono state 0.068 per l’emoglobina, 171 per la bilirubina e 28.22 per i trigliceridi. In conclusione, sulla base dei dati qui analizzati, è possibile affermare che il d-ROMs test è in grado di fornire determinazioni precise ed accurate, correlate con la concentrazione, sia in cinetica che in endpoint. In particolare, disponendo di un adeguato sistema di termostatazione, è possibile eseguire il d-ROMs test sia in manuale che in automatico con risultati sostanzialmente sovrapponibili. Tabella 4. 1 Imprecisione analitica del d-ROMs test Parametri statistici Siero A Siero B Media (mAbs/min) 28.9 ± 29.7 21.0 ± 21.5 CV intraserie (%) 0.73 ± 1.75 1.00 ± 1.30 CV tra serie (%) 1.27 ± 1.60 0.67 ± 1.28 CV totale (%) 1.76 ± 2.09 1.46 ± 1.63 A: siero ad alto titolo di idroperossidi; B: siero a basso titolo di idroperossidi Questo dato è stato confermato da un altro studio, ove eseguendo l’analisi in manuale, il CV intraserie è stato pari al 2.2% (valore riferito a 20 aliquote di siero fresco), mentre quello interserie è stato del 3.7% (valore riferito a 20 aliquote di siero congelato). Più recentemente, eseguendo il d-ROMs test in cinetica, in automatico (Arco, Biogamma), il CV intraserie valutato su 20 aliquote di siero fresco ha fornito il valore di 2.1% mentre il CV interserie, valutato su 20 aliquote di siero congelato è stato di 3.1%. Risultati sostanzialmente sovrapponibili sono stati ottenuti, nelle medesime condizioni analitiche, con un’altra apparecchiatura (Hitachi 717), ove la valutazione di due pool di sieri ha fornito un CV intraserie di 3.3% e 2.5% (rispettivamente per il livello A, basso, e B, alto) e un CV interserie, per ambedue le aliquote di pool testate, pari a 4.5%. Altri studi hanno valutato l’effetto sul d-ROMs test delle modalità di conservazione del campione, e, in particolare il ruolo della temperatura. In uno dei primi studi, eseguendo il d-ROMs test in cinetica, con metodica manuale (fotometro Shimadzu CL 7000) la conservazione del siero a +4°C si è accompagnata a una lieve riduzione dei valori del test mentre la conservazione a –20° fino a 48 ore non ha sortito alcun effetto. Più recentemente, eseguendo il d-ROMs test in cinetica, con metodica in automatico (Hitachi 717), la conservazione –20°C fino a 3 mesi non ha influito significativamente sulle performance del test. Eseguendo l’analisi in cinetica, con metodica manuale (fotometro Shimadzu CL 7000), non sono state segnalate differenze statisticamente significative, nei risultati del d-ROMs test, tra 4. 1. 2 Composizione del kit Il d-ROMS test è disponibile sotto forma di vari kit, in funzione del campione biologico da testare (sangue intero, plasma, siero, liquidi infiammatori, estratti cellulari ecc.) e della strumentazione con la quale va effettuata l’analisi. A questo proposito, infatti, va sottollineato che il d-ROMs test può essere eseguito sia con comuni apparecchiature di laboratorio (fotometro o analizzatore multiplo) che con sistemi dedicati, quali il FREE ed il FRAS. In ogni caso, un kit di d-ROMs test contiene, di base, una miscela cromogena, a base di N,N-dietilparafenilendiammina (reagente R1) ed un tampone di reazione, a base di acetato (reagente R2) (tabella 4. 2). Tabella 4. 2 Esempio di kit di d-ROMs test Reagenti* Reagente R 1 Miscela cromogena Reagente R 2 Tampone acetato (pH 4.8) Confezioni disponibili** MC 001 MC 002 MC 003 Reagente R 1 1 x 0.5 mL 1 x 1 mL 1 x 2 mL Reagente R 2 1 x 50 mL 2 x 50 mL 4 x 50 mL *Conservare a 2-8°C. Tutti i reagenti restano stabili fino alla data di scadenza riportata sulla confezione se non esposti al contatto diretto con la luce solare. ** La confezione varia in funzione sia della strumentazione analitica impiegata per l’esecuzione del test sia della natura del campione biologico da testare. 28 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante Per calibrare lo strumento analitico è disponibile un siero di controllo a titolo conosciuto. l’assorbanza a 505 nm (A505) o 546 nm (A505) immediatamente e successivamente, nelle stesse condizioni di lavoro (37°C), dopo 1, 2 e 3 min. Ai valori di assorbanza ottenuti per il campione e per il calibratore si sottrae, quindi, il valore di assorbanza del bianco reagente. I risultati del test saranno espressi in U CARR applicando la seguente formula: 4. 1. 3 Condizioni di lavoro Il d-ROMs test può essere eseguito su sangue intero (sistema dedicato FRAS), su plasma fresco, su siero eparinizzato ed altri fluidi biologici o estratti cellulari (sistema dedicato FREE). In ogni caso, anche con strumenti analitici non dedicati, manuali (comuni fotometri) o automatici (analizzatori multipli), le condizioni di lavoro sperimentalmente stabilite e standardizzate per il d-ROMs test – che può essere eseguito sia in cinetica sia in end-point – sono le seguenti: lunghezza d’onda 505 or 546 nm, cammino ottico 1 cm, e temperatura 37 °C. U CARR = ∆Abs/min x F dove: • ∆Abs/min sono le differenze medie dei valori di assorbanza misurati a 1, 2, 3 e 3 minuti; • F è un fattore di correzione con un valore predeterminato. A questo punto è opportuno fare alcune precisazioni. Si è detto che i risultati del d -ROMs test, anche per l’eterogeneità delle specie chimiche valutabili con questo metodo (idroperossidi di derivazione cellulare e prodotti di ossidazione delle cloroammine), sono espressi in U CARR. Perché si è scelto di usare queste unità di misura “arbitrarie”? Per rispondere a questa domanda bisogna anticipare un dato sperimentale che sarà ampiamente discusso in seguito e cioè che, eseguendo il d-ROMs test su un campione piuttosto numeroso (circa 5.000) di soggetti apparentemente sani, si è visto che l’incremento per minuto dei valori di assorbanza a 505 nm (∆A505/min) varia fra 0.023 e 0.031, distribuendosi, nella popolazione testata, secondo un tipico profilo gaussiano. E’ evidente che l’impiego di tale notazione (terza cifra decimale) non consente un’immediata valutazione e, soprattutto, un’adeguata discriminazione dei valori di concentrazione di idroperossidi da essa sottesa. Pertanto, per ovviare a questo problema di natura squisitamente pratica ed avere un range adeguatamente ampio di variazioni, si è stabilito di esprimere il risultato del d-ROMs test in unità convenzionali, le U CARR, appunto, che si ottengono moltiplicando la variazione di assorbanza registrata fotometricamente per un prestabilito fattore di correzione, il fattore F (generalmente compreso tra 9.000 e 10.000). Va ribadito che tale operazione di “correzione” si rende necessaria esclusivamente per rendere più agevoli al medico – abituato a interpretare valori, come quello del colesterolo, del range delle centinaia di unità – la lettura e l’interpretazione del test (che altrimenti sarebbero “appesantite” dall’impiego di una serie di cifre decimali). Negli strumenti dedicati, quali il FREE ed il FRAS, è possibile, via software, impostare il fattore di correzione sulla base dei risultati del d-ROMs test eseguito sul siero di controllo a titolo noto fornito dal produttore. 4. 1. 4 Procedura analitica Il d-ROMs test può essere eseguito sia in cinetica che in endpoint. In ambedue i casi, prima di procedere all’esecuzione dell’analisi, bisogna preparare lo standard (o calibratore), fornito opzionalmente col kit sotto forma di siero liofilo a matrice umana a titolo noto (U CARR), indicato sull’etichetta. A questo scopo è sufficiente aggiungere al liofilizzato il volume di acqua distillata previsto (secondo le indicazioni del produttore) e mescolare la soluzione così ottenuta con delicatezza (evitando di formare schiuma, indice indesiderato di denaturazione proteica all’interfacie aria-liquido). Si suggerisce di attendere 10 minuti e quindi rimescolare la soluzione con le medesime precauzioni. In ogni caso, prima di eseguire il test è assolutamente indispensabile assicurarsi che tutto il liofilizzato sia stato completamente disciolto. In queste condizioni, tra l’altro, la soluzione così ricostituita di calibratore può essere conservata a – 20 °C ed è stabile per 6 mesi. Dopo aver portato i reagenti (R1, miscela cromogena, ed R2, soluzione tampone) alla temperatura di lavoro, si procede, quindi, all’esecuzione del test. Nella procedura cinetica standard si parte preparando tre soluzioni: il bianco reagente, il campione (preferibilmente siero fresco) ed il calibratore, secondo lo schema riportato nella seguente tabella: Tabella 4. 3 Procedura analitica del d-ROMs test in cinetica Bianco reag. Campione Calibratore Reagente R1 10 µL 10 µL 10 µL Reagente R2 1 mL 1 mL 1 mL H2O distillata • • 10 µL Campione • • 10 µL Calibratore • • 10 µL Le soluzioni così preparate vanno mescolate delicatamente e lasciate ad incubare a 37°C per 1 minuto. Terminata l’incubazione, esse vanno sottoposte a lettura fotometrica, misurando 29 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante Ad ogni modo, tuttavia, per avere una valutazione assoluta, è stato sperimentalmente stabilito che 1 U CARR corrisponde a 0.08 mg di H2O2/dL. Nella procedura endpoint si parte preparando tre soluzioni: il bianco reagente, il campione (siero o plasma eparinato) ed il calibratore, secondo lo schema riportato nella seguente tabella: 800 700 Frequenze 600 500 400 300 200 100 Tabella 4. 4 Procedura analitica del d-ROMs test in endpoint Bianco reag. Campione Calibratore Reagente R1 10 µL 10 µL 10 µL 1 mL 1 mL 1 mL Reagente R2 H2O distillata 5 µL − − Campione 5 µL − − Calibratore 5 µL − − 0 Le soluzioni così preparate vanno mescolate delicatamente e lasciate ad incubare a 37°C per 75 minuti. Appena terminata l’incubazione, esse vanno sottoposte a lettura fotometrica, misurando l’assorbanza a 505 nm (A505) o 546 nm (A546). Ai valori di assorbanza ottenuti per il campione e per il calibratore si sottrae, quindi, il valore di assorbanza del bianco reagente (azzeramento con bianco reagente). I risultati del test saranno espressi in U CARR applicando la seguente formula: U CARR = Abs campione Abs standard x 1 2 3 4 5 6 A B 7 8 9 10 Serie (U CARR) 11 12 13 14 15 Serie Intervalli Intervalli Frequenze Dati cumulativi - (U CARR) (mg H 2O 2/dL) (n) (%) 1 200-210 16.00 -16.80 29 0.6 2 211-220 16.88 -17.60 89 2.6 3 221-230 17.68 -18.40 193 6.8 4 231-240 18.48 -19.20 244 12.2 5 241-250 19.28 -20.00 342 19.7 6 251-260 20.08 -20.80 547 31.8 7 261-270 20.88 -21.60 659 46.3 8 271-280 21.68 -22.40 731 62.3 9 281-290 22.48 -23.20 654 76.7 10 291-300 23.28 -24.00 491 87.5 11 300-310 24.08 -24.80 256 93.1 12 311-320 24.88 -25.60 162 96.7 13 321-330 25.68 -25.40 80 98.5 14 331-340 25.48 -27.20 57 99.7 15 341-350 27.28 -28.00 13 100.0 4547 100.0 Totale Figura 4. 8 Distribuzione dei valori del d-ROMs test nella popolazione apparentemente sana Ovviamente, valori superiori a questo intervallo, dopo una fascia borderline (301-320 U CARR) indicano livelli progressivamente crescenti di stress ossidativo (tabella 4. 5). [standard] dove: • Abs sono i valori di assorbanza misurati (per il campione e per lo standard); • [standard ] è la concentrazione dello standard. Va aggiunto che gli strumenti dedicati (FREE e FRAS) sono programmati per eseguire ambedue le modalità di analisi del d-ROMs test sopra descritte con appositi kit. Tuttavia, se si ha la necessità di dover effettuare il test su un comune fotometro o su un analizzatore multiplo, si può anche operare, in alternativa alle procedure descritte, con una miscela di lavoro realizzata mescolando il reagente R1 (cromogeno) ed il reagente R 2 (tampone) nel rapporto di 1:100 e utilizzando il campione come “starter”. Tale miscela di lavoro ha il vantaggio di essere stabile per circa 12 ore (più che sufficienti per una seduta analitica), se conservata, ovviamente a 2-8°C e al riparo dalla luce. Tabella 4. 5 Gravità dello stress ossidativo (SO) sulla base dei valori del d-ROMs test Idroperossidi Idroperossidi Stress ossidativo (U CARR) (mg H 2O2/dL) (gravità) 300-320 24.08-25.60 Condizione border-line 321-340 25.68-27.20 Stress ossidativo lieve 341-400 27.28-32.00 Stress ossidativo medio 401-500 32.08-40.00 Stress ossidativo elevato >500 >40.00 Stress ossidativo elevatissimo Range normale: 250-300 U CARR 1 U CARR corrisponde a 0.08 mg H2O2/dL Per completezza, va aggiunto che i valori riportati si riferiscono alla popolazione italiana e non è escluso che vi possano essere delle oscillazioni in eccesso o in difetto in funzione di particolarità razziali. Si è anche osservato che i risultati del d-ROMs test non sono significativamente influenzati né dal sesso né dall’età. Tuttavia, i neonati, indipendentemente dal sesso e dalle modalità del parto (via vaginale o taglio cesareo), possiedono livelli ematici di idroperossidi significativamente inferiori a quelli riscontrati negli adulti; questa differenza probabilmente riflette la diversa risposta all’ipossia dei neonati (figura 4. 9). 4. 1. 5 Interpretazione dei risultati La disponibilità di una metodica precisa ed affidabile ha consentito di stabilire i livelli ematici di riferimento del d-ROMs nella popolazione normale. Si è potuto dimostrare, su un campione di circa 5.000 soggetti clinicamente sani, che il livello di idroperossidi circolanti determinati con il d-ROMs test segue nella popolazione una distribuzione unimodale (figura 4. 8 A), con un picco tra 250 e 300 U CARR (pari a 20.08-24.00 mg/dL di H2O2), individuato come il valore di riferimento del test (figura 4. 8 B). 30 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante 500 500 400 400 300 300 U CARR U CARR p<0,001 200 200 100 100 0 0 Taglio cesareo Parto vaginale (n=71) Asfissia IP (n=20) (n=27) Non fumatori (n=28) No asfissia IP (n=78) Fumatori (n=10) Figura 4. 9 Valori del d-ROMs test nei neonati Figura 4. 10 Valori elevati del d-ROMs test nei fumatori Viceversa, la gravidanza si associa a valori del d-ROMs test mediamente più alti rispetto a quelli osservati nelle donne non in gestazione (figura 4. 10). Analogamente, gli alcolisti presentano valori del d-ROMs test significativamente più elevati rispetto a quelli rilevabili nei non bevitori (figura 4. 11). 500 900 800 400 p<0,001 600 U CARR U CARR 700 Parto 500 400 300 200 300 200 100 100 mesi 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 10 Controlli (n=42) Forti bevitori (n=45) Figura 4. 10 Andamento del d-ROMs test in gravidanza Figura 4. 11 Valori elevati del d-ROMs test negli alcolisti I risultati del d-ROMs test eseguito ripetutamente nello stesso soggetto nell’arco della giornata non mostrano differenze degne di nota, a meno che non intervengano fattori in grado di indurre una brusca produzione di perossidi (es. uno sforzo muscolare intenso). Infine, non sono state riscontrate differenze significative nei risultati del d-ROMs test quando il prelievo viene effettuato su sangue arterioso o su sangue venoso. L’attività fisica incongrua costituisce un importante fattore di rischio per lo stress ossidativo. A questo proposito bisogna distinguere tra dilettanti e professionisti e, soprattutto, fra soggetti allenati e soggetti non allenati. Infatti, a riposo e in condizioni di buona salute, il livello di idroperossidi sierici tende ad essere più basso che dopo esercizio fisico moderato (condizione che non si accompagna al superamento del valore soglia di 350 U CARR o 28.00 mg H2O2/dL). Tuttavia, gli atleti correttamente allenati presentano valori di d-ROMs test mediamente più bassi di quelli rilevati nei soggetti non allenati. L’esercizio fisico, soprattutto se intenso (es. sforzo massimale al cicloergometro) induce un aumento indiscriminato dei livello di idroperossidi sierici, indipendentemente dall’allenamento, con superamento della soglia sopra indicata di 350 U CARR. Tuttavia, un’ora dopo tale sforzo, mentre i soggetti regolarmente allenati tornano rapidamente ai loro valori, e comunque al di sotto di 300 U CARR, i soggetti non allenati mantengono più persistentemente elevati nel tempo i propri livelli sierici di idroperossidi (>350 U CARR) ( tabella 4. 6). 4. 1. 6 Trial clinici Il d-ROMs test si è dimostrato validissimo nell’individuazione di soggetti a rischio di stress ossidativo per fattori legati allo stile di vita, quali quali il fumo di sigaretta, l’assunzione di bevande alcoliche, l’attività fisica inadeguata ed il sovrappeso. In particolare, si è visto che i forti fumatori presentano, all’incirca nel 70% dei casi, livelli sierici di idroperossidi significativamente più elevati rispetto a quelli riscontrabili, a parità di ogni altra condizione, nei non fumatori; la normalità dei risultati del test in una percentuale non trascurabile di fumatori suggerisce l’esistenza di una differente reattività, in questa popolazione di soggetti, alle sostanze biologicamente attive presenti nel fumo di sigaretta (figura 4. 10). 31 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante Tabella 4. 6 Valori medi del d-ROMs test in soggetti sani(1) Timing n U CARR mgH 2O2/dL Immediatamente dopo sforzo 20 > 350* >28.00* massimale Un’ora dopo sforzo massimale 10 > 350* > 28.00* (soggetti non allenati) Un’ora dopo sforzo massimale 10 < 300** < 24** (soggetti allenati) (1) Test al cicloergometro *Nessuno dei soggetti reclutati aveva livelli inferiori a 350 U CARR (28.00 H2O2/dL). ** Nessuno dei soggetti reclutati aveva livelli superiori a 300 U CARR (24.00 mg H 2O2/dL). 500 U CARR 400 p<0,0001 300 200 100 0 BMI<23 (n=12) Diverse discipline sportive che comportano un considerevole impegno muscolare, per l’intensità e/o per la durata dello sforzo, si accompagnano costantemente all’incremento dei valori del dROMs test al termine della prestazione. A questo proposito, in uno studio longitudinale, è stato monitorato il livello di stress ossidativo in un campione di 12 atleti prima e dopo una gara ciclistica di gran fondo (150 km). In sei dei dodici ciclisti reclutati, il d-ROMs test è stato ripetuto anche dopo 2 giorni, a riposo, e dopo 10 giorni di trattamento antiossidante specifico (ARD Stenovit ®) (figura 4. 12). Figura 4. 13 Gli obesi presentano valori più elevati del d-ROMs test rispetto ai soggetti normopeso Oltre che nell’identificare soggetti a rischio per stress ossidativo in rapporto allo stile di vita, il dROMs test si è dimostrato estremamente utile anche nell’individuare e quantificare squilibri del bilancio redox associati a situazioni patologiche. Si è potuto documentare, in particolare, che terapie specifiche messe in atto per contrastare talune condizioni morbose associate allo stress ossidativo possono, talvolta, esibire di per sé effetti “antiradicali”, i quali possono essere sinergicamente potenziati con un’oculata integrazione antiossidante. Così, se fino a qualche tempo fa la valutazione dell’efficacia della terapia antiossidante veniva effettuata per via indiretta – sul la base degli effetti prodotti dagli integratori – oggi, grazie al d-ROMs test, essa può essere eseguita direttamente, sulla base della capacità del trattamento di ridurre i livelli degli idroperossidi sierici, marcatori e amplificatori del danno cellulare da radicali liberi. E per questa sua peculiarità, confermata dai numerosi studi clinici e sperimentali attualmente recensibili in letteratura, il d-ROMs test si distingue nettamente da altri test attualmente disponibili per la valutazione di laboratorio dello stress ossidativo. Esso, infatti, è l’unico test in grado di dosare tutti gli idroperossidi presenti in un campione biologico. Non esiste campo della medicina tradizionale nel quale il d-ROMs test abbia dimostrato la sua utilità, dalla neuropsichiatria alla cardioangiologia, dalla broncopneumologia alla gastroenterologia, dall’epatologia alla nefrologia, dalle malattie metaboliche all’endocrinologia, dalla dietologia alla nutriterapia, dalla medicina sportiva alla medicina estetica, e così via. Recentemente, il test è stato impiegato con successo anche nella valutazione dell’efficacia di un rimedio omeopatico e studi sempre più numerosi ne indicano la validità anche in medicina veterinaria. In ambito neuropsichiatrico, grazie al d-ROMs test è stato possibile dimostrare, in uno studio caso-controllo, che la terapia antiossidante riduce significativamente il livello di stress ossidativo in pazienti con demenza senile (figura 4. 14). 500 U CARR 400 300 200 100 p ≤ 0.001 vs riposo iniziale 0 Riposo (n=12) Immediatamente dopo la corsa* (n=12) Due giorni dopo la corsa (n=6) BMI>30 (n=12) Dopo 10 giorni di terapiay (n=6) *150 km Figura 4. 12 Valutazione dello stress ossidativo in una gara ciclistica di gran fondo Il trial ha confermato che gli atleti presentano in condizioni basali, prima della gara, livelli sierici di idroperossidi nei limiti della norma. L’intenso sforzo muscolare si accompagna ad un considerevole incremento dei valori del d-ROMs test che, tuttavia, tendono a ridursi già due giorni dopo la gara. E’ interessante notare che il ritorno ai valori basali di idroperossidi è favorito dal trattamento antiossidante. Il sovrappeso e, in maggior misura, l’obesità, anche se lieve, tendono ad associarsi a livelli mediamente più elevati di idroperossidi nel siero rispetto ai soggetti normopeso. A questo proposito, uno studio comparativo ha dimostrato che un indice di massa corporea (BMI) superiore a 30, una condizione che corrisponde ad un’obesità di I° grado secondo la classificazione dell’OMS, si associa a valori del d-ROMs test significamene più elevati di quelli rilevati nel gruppo normopeso di controllo (BMI<23), a parità di ogni altra condizione (figura 4. 13). 32 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante 600 500 Controlli (n=11) Pazienti (n=11) p<0,01 p<0,01 n = 22 500 * 400 ** 300 U CARR U CARR 400 300 200 200 100 100 p<0,01 ( pt vs con) p<0,05 (prima vs dopo) 0 Prima della terapia Dopo la terapia *p < 0.05 vs inclusione **p < 0.02 vs inclusione 0 Inclusione Settimana 8 Settimana 12 Settimana 24 Figura 4. 14 La terapia antiossidante riduce in modo significativo i livelli di stress ossidativo nella m. di Alzheimer Figura 4. 16 Riduzione progressiva dei livelli di stress ossidativo in pazienti ipertesi trattati con lercanidipina Analogo effetto positivo sulla demenza senile ha dimostrato di possedere, in un altro trial controllato, il trattamento chelante con Dpenicillamina. Più recentemente, si è visto che pazienti con sclerosi laterale amiotrafica presentano, rispetto a soggetti sani di controllo, più elevati livelli sierici di idroperossidi al d-ROMs test. Questo dato suggerisce che i radicali liberi possano giocare un ruolo importante nella patogenesi della degerazione neuronale osservata in questa malattia. Nel complesso i risultati qui presentati indicano che il d-ROMs test è utile per monitorare il livello di stress ossidatvio e le sue conseguenze in alcune condizioni morbose di interesse neuropsichiatrico altamente invalidanti ed onerose per la società. Le patologie cardio-vascolari, che forniscono esempi paradigmatici per comprendere il ruolo patogeno delle specie reattive, rappresentano un altro dei campi più fertili di applicazione del dROMs test. In tale contesto, si è osservato che pazienti ipertesi non trattati presentano livelli sierici di idroperossidi significativamente più elevati rispetto a quelli rilevabili dei soggetti normotesi (figura 4. 15). Nella stenosi carotidea, al contrario di quanto osservato nell’ipertensione arteriosa, la terapia vascolare specifica non si accompagna ad una significativa riduzione dello stress ossidativo (elevato prima del trattamento) (figura 4. 17). 500 U CARR 400 300 200 100 (n=10) 0 Prima della terapia Dopo la terapia Figura 4. 17 Riduzione (non significativa) dei livelli di stress ossidativo dopo terapia specifica nella stenosi carotidea In questa condizione morbosa, infatti, solo il trattamento antiossidante si accompagna ad una riduzione statisticamente significativa dei livelli sierici di idroperossidi rispetto ai controlli (figura 4. 18). 500 p<0,05 p<0,05 Controlli (n=12) Pazienti (n=27) 400 U CARR 500 400 U CARR p<0,001 300 200 300 100 200 0 Prima della terapia 100 0 Controlli (n=15) Dopo la terapia Figura 4. 18 Riduzione significativa dei livelli di idroperossidi sierici dopo terapia antiossidante nella stenosi carotidea Ipertesi (n=15) Figura 4. 15 L’ipertensione arteriosa non trattata si associa a valori elevati del d-ROMs test L’aspetto più interessante è che quando in questi pazienti la terapia vascolare specifica viene associata alla terapia antiossidante si osserva un sinergismo farmacologico di potenziamento. In altri termini, nella stenosi carotidea, combinando i due regimi terapeutici si ottengono, migliori risultati in termini di riduzione dei livelli di stress ossidativo, sulla base del d-ROMs test (figura 4. 19). Viceversa, la terapia antiipertensiva si accompagna ad una riduzione significativa dei livelli di stress ossidativo nei pazienti ipertesi. Questo dato è stato dimostrato per diversi farmaci antiipertensivi e, molto recentemente, con lercanidipina (figura 4. 16). 33 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante 500 p<0,05 Rimanendo nell’ambito delle patologie cardiovascolari, è stato anche dimostrato che nelle vasculopatie periferiche, quali quelle a carico degli arti inferiori, con claudicatio intermittens, la terapia antiossidante è in grado di ridurre il livello di idroperossidi sierici (figura 4. 23). Prima della terapia Dopo la terapia U CARR 400 300 200 500 100 Controlli (n=12) Pazienti (n=15) p<0,02 p<0,05 TS: terapia specifica TAO: terapia antiossidante 0 400 TS + TAO (n=27) U CARR Solo TS (n=12) Figura 4. 19 Effetto sinergico della terapia combinata sulla riduzione dei livelli di stress ossidativo nella stenosi carotidea 0 Prima della terapia Più recentemente è stato dimostrato che il dROMs test è utile anche nella valutazione dello stress ossidativo associato all’insufficienza venosa. In particolare, si è visto che il trattamento per via orale con O–β–idrossietilrutoside si accompagna ad una riduzione significativa dei livelli sierici di idroperossidi sia a livello sistemico che nel distretto venoso colpito dalla flebopatia. Nell’ambito delle malattie dell’apparato respiratorio e, in particolare, delle broncopneumopatie croniche ostruttive (BPCO) il d-ROMs test si è dimostrato un prezioso strumento diagnostico nella valutazione dello stress ossidativo. Nelle broncopneumopatie professionali, quali la silicosi, per esempio, si è potuto osservare che i livelli più elevati di idroperossidi sierici tendono più frequentemente ad associarsi all’ipossia (indice di gravità della malattia), specialmente se coesistono più fattori di rischio (es. esposizioni a polveri e fumo di sigaretta). Inoltre, sempre nei pazienti con BPCO, la somministrazione di N-acetilcisteina aerosolizzata si è dimostrata in grado di ridurre in maniera significativa i valori del d-ROMs test (figura 4. 24). ** * 30’ clamp 2’ declamp * U CARR * 300 200 100 *p < 0.05 *p < 0.01 vs basale 0 Basale 15’ clamp 10’ clamp Figura 4. 21 Riduzione dello stress ossidativo associato all’endarteriectomia carotidea con dipiridamolo orale Questo trial fornisce la conferma sperimentale e clinica che l’ischemia seguita da riperfusione realmente si accompagna ad un aumento dei livelli di radicali liberi e che il d-ROMs test è uno strumento formidabile per prevenire il danno ossidativo in quelle condizioni in cui viene ripristinata la circolazione in un distretto arterioso che aveva subito in precedenza una riduzione del flusso sanguigno. Infatti, pazienti sottoposti ad angioplastica coronaria presentano al termine dell’intervento un incremento significativo del livello sierico di idroperossidi (figura 4. 22). p<0,001 n=15 ± 1.00 *SD 800 Prima dell’intervento Dopo l’intervento 500 Media 600 400 200 400 U CARR ± 1.96 *SD 1000 U CARR 600 Dopo la terapia Figura 4. 23 Riduzione dei livelli del d-ROMs test nei pazienti con vasculopatie periferiche dopo terapia antiossidante Placebo Dipyridamole 400 200 100 In pazienti con stenosi carotidea serrata sottoposti a endoarteriectomia carotidea, il trattamento con dipiridamolo per via orale si è dimostrato in grado di ridurre, in uno studio controllato con placebo, i livelli di stress ossidativo associati con l’ischemia cerebrale transitoria che inevitabilmente accompagna questo tipo di intervento (figura 4. 20). 500 300 0 *p<0,00235 Prima della terapia Dopo la terapia 300 Figura 4. 24 Riduzione dei livelli del d-ROMs test dopo terapia topica specifica nella BPCO 200 100 Infine, non bisogna dimenticare a questo proposito, che il d-ROMs test è utilissimo nell’identificare il rischio di stress ossidativo nei fumatori (figura 4. 10). 0 Figura 4. 22 Incremento significativo dei livelli di idroperossidi sierici dopo angioplastica coronarica 34 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante Il d-ROMs test è stato impiegato con successo anche nella valutazione dello stress ossidativo associato a patologie renali e, in particolare, nell’insufficienza renale cronica. E’ stato possibile dimostrare, per esempio, che i soggetti sottoposti a trapianto renale sono ad alto rischio di stress ossidativo, così come il trattamento emodialitico, che si rende indispensabile nelle fasi avanzate dell’insufficienza renale cronica, si accompagna ad un incremento significativo del livello degli idroperossidi sierici (figura 4. 25). associato a iperlipemia, può ridursi in seguito a terapia ipolipidemizzante (4. 26). 500 U CARR 400 300 200 100 0 500 Prima della terapia p<0,001 U CARR 400 n=11 p<0,05 Dopo la terapia p<0,05 Figura 4. 26 Riduzione dei livelli di stress ossidativo in seguito a terapia ipolipidemizzante in pazienti ipertrigliceridemici 300 Nel diabete mellito di tipo 2 un regolare regime dietetico è apparso associato ad una significativa riduzione dei livelli del d-ROMs test (figura 4. 27). 200 100 0 Controlli (n=25) Prima dell’HD (n=55) Dopo l’HD (n=55) 500 Controlli (n=12) Diabetici (n=15) p<0,01 p<0,01 Figura 4. 25 L’emodialisi (HD) si associa ad un significativo incremento dei valori del d-ROMs test. U CARR 400 La patogenesi dello stress ossidativo associato all’emodialisi sembra riconducibile sia alla perdita di principi antiossidanti nel liquido di dialisi (riduzione delle difese antiossidanti) sia all’attivazione dei leucociti in seguito al contatto del sangue con i filtri di dialisi (aumentata produzione di specie reattive). Per questo motivo, è stato proposto l’impiego di filtri arricchiti con vitamina E e alcuni studi hanno documentato che con questo accorgimento è possibile ridurre il rischio di stress ossidativo, valutato mediante d-ROMs test, negli emodializzati. Nell’ambito delle malattie dismetaboliche, uno studio pilota (n=67) condotto su soggetti normo e dislipidemici ha evidenziato, mediante il d-ROMs test, una condizione di stress ossidativo di entità variabile nel 48% degli individui con livelli normali di colesterolo totale, nel 79% di quelli con livelli normali di trigliceridi plasmatici e nel 62% di quelli con livelli normali di colesterolo LDL. Il dato più sorprendente è che un livello di idroperossidi superiori alla norma è stato osservato anche nel 76% dei soggetti con livelli elevati di colesterolo HDL, potenzialmente ”a basso rischio” per patologie cardiovascolari. Questi dati suggeriscono che lo stress ossidativo può essere un fattore di rischio per la salute relativamente indipendente da altri fattori meglio conosciuto, quali il livello plasmatico di colesterolo e/o di trigliceridi, e che il d-ROMs test può essere utile, insieme alla lipemia ed alla determinazione dei livelli di omocisteina, ai fini di una valutazione più puntuale del rischio cardiovascolare. Altre evidenze hanno documentato, comunque, che il livello di stress ossidativo, quando 300 200 100 0 Prima della dieta Dopo la dieta Figura 4. 27 Riduzione dei livelli di stress ossidativo in seguito a regolare regime dietetico in pazienti con diabete di tipo 2 Un altro importante capitolo delle malattie da radicali liberi nel quale sta trovando utile impiego il d-ROMs test è quello dello patologie infettive, disreattive e neoplastiche. Nei pazienti HIV+, per esempio, si è osservato che il livello di stress ossidativo si riduce significativamente in seguito ad ipertermia corporea totale (figura 4. 28). 500 Pazienti HIV + (n=13). Ipertermia corporea totale (42°C ; 90 min ) 400 U CARR p=0,0003 300 200 100 0 Prima della terapia Dopo la terapia Figura 4. 28 Riduzione dei livelli di stress ossidativo in seguito ad ipertermia in pazienti sieropositivi per l’HIV Nell’ambito delle patologie disreattive, l’artrite reumatoide (AR) non trattata si accompagna ad un livello di idroperossidi sierici è significativamente più elevato rispetto a quello rilevato nei soggetti normali assunti come controlli (figura 4. 29). 35 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante 500 sindromi mielodisplastiche) e alla sindrome di Down (vedi oltre, nei paragrafi relativi all’OXYAdsorbent e all’ –SHp test). Per l’impiego del dROMs test in medicina veterinaria, invece, si rimanda ad una pubblicazione specialistica di prossima edizione. p<0,001 U CARR 400 300 200 4. 1. 7 Il d–ROMs test nella pratica clinica 100 4. 1. 7. 1 Le finalità del d-ROMs test Le finalità del d–ROMs test sono molteplici in funzione della tipologia dei candidati alla sua esecuzione (tabella 4. 7). 0 Controlli (n=28) AR (n=24) Figura 4. 29 L’artrite reumatoide (AR) si associa a elevati valori del d-ROMs test Tabella 4. 7 Candidati e finalità del d-ROMs test Candidati Esempi Finalità In questi stessi pazienti le terapie convenzionali, quali la cortisonica, o quelle alternative, quale la magnetoterapia, si accompagnano a una significativa riduzione dei livelli sierici di idroperossidi. In ambito oncologico, l’effetto della terapia cortisonica sulla riduzione dei livelli di stress ossidativo è massimo nelle neoplasie non solide (leucemi/linfomi). Viceversa, la radio e la chemioterapia antineoplastiche, si associano ad elevati livelli di idroperossidi sierici (figura 4. 30). Soggetti normali, clinicamente asintomatici, senza alcun fattore di rischio per SO Soggetti normali, clinicamente asintomatici, con uno o più fattori di rischio per SO 410 U CARR ** ** 360 310 Soggetti affetti da patologie correlate con lo SO * 260 210 *p<0.001; **p<0.01 vs basale 160 Basale I ciclo II ciclo Figura 4. 30 Incremento dei valori del d-ROMs test in corso di radioterapia antineoplastica Soggetti sottoposti a particolari trattamenti a rischio per SO Un incremento del livello sierico degli idroperossidi di origine “iatrogena” lo si osserva non solo con la chemioterapia antineoplastica ma anche in seguito ad assunzione di contraccettivi orali (figura 4. 31). 500 400 U CARR Pazienti sottoposti a terapie farmacologiche (antiblastici, estroprogestinici, ecc.), a emodialisi, a trapianto di organi, a interventi di rivascolarizzazione, ecc. Monitorare lo SO e prevenirne le sue conseguenze. Monitorare l’efficacia della terapia specifica sulla patologia in atto. Monitorare l’efficacia della terapia specifica e dell’eventuale trattamento antiossidante integrativo sullo SO associato alla patologia in atto. Identificare e prevenire lo SO e le sue conseguenze. Monitore l’efficacia di eventuali misure messe in atto per prevenire il danno tissutale da SO. SO: stress ossidativo Al d–ROMs test dovrebbero sottoporsi periodicamente tutti soggetti sani, perché non esiste individuo che non sia esposto al rischio di produrre – in senso assoluto o relativo – quantità eccessive di specie reattive. La finalità primaria del test, infatti, è quella di identificare e prevenire lo stress ossidativo e le sue conseguenze indesiderate (invecchiamento, malattie). A maggior ragione il d–ROMs test andrebbe eseguito sistematicamente su tutti i soggetti, apparentemente sani dal punto di vista clinico, ma che sono esposti per varie ragioni a fattori in grado di aumentare la produzione (radiazioni, inquinanti, fumo, ecc.) e/o ridurre l’inattivazione di specie reattive (es. regimi alimentari squilibrati). La finalità del test è, anche in questo caso, identificare e prevenire lo stress ossidativo e le sue conseguenze. p<0,001 300 200 100 0 Controlli n=28 Soggetti esposti a fonti di radiazioni e/o ad inquinanti atmosferici, soggetti in sovrappeso o obesi, alcolisti, fumatori, individui che svolgono attività fisica incongrua, soggetti che seguono un regime alimentare squilibrato, ecc. Pazienti con: m. di Alzheimer, m. di Parkinson, ictus, infarto, ipertensione arteriosa, vasculopatie periferiche, broncopneumopatie croniche ostruttive, celiachia, m. di Crohn, pancreatite, epatite, AIDS, artrite reumatoide, insufficienza renale cronica, sindromi mielodisplatiche, diabete, dislipidemie, sindrome di Down, alcune neoplasie, ecc. Identificare e prevenire lo SO e le sue conseguenze (invecchiamento, malattie) Identificare e prevenire lo SO e le sue conseguenze Pillola n=28 Figura 4. 31 Più elevati livelli sierici di idroperossidi nelle donne che assumono la pillola Il d-ROMs test, infine, è stato utilizzato con successo nel monitoraggio dello stress ossidativo associato a talune affezioni ematologiche (es. 36 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante Il d–ROMs test, inoltre, andrebbe eseguito su tutti i soggetti affetti da patologie – oltre una cinquantina – che risultano in qualche modo correlate con lo stress ossidativo, dalla demenza senile al m. di Parkinson, dall’ictus all’infarto, dal m. di Crohn all’artrite reumatoide, dall’AIDS ad alcune neoplasie e così via. In tutti questi casi le finalità del d–ROMs test sono monitorare lo stress ossidativo e prevenirne le sue conseguenze, monitorare l’efficacia della terapia specifica sulla patologia in atto e, aspetto non trascurabile, monitorare l’efficacia della terapia specifica, in associazione con l’eventuale trattamento antiossidante integrativo, sullo stress ossidativo associato alla patologia in atto. Riguardo a quest’ultima finalità, occorre sottolineare che in molte delle patologie sopra elencate, quasi tutte ad andamento cronico, lo stress ossidativo tende a configurarsi come un fattore di rischio aggiuntivo e, come tale, deve essere controllato per rendere ottimali i risultati della terapia. In altri termini, l’evidenza, attraverso il d-ROMs test, di una condizione di stress ossidativo costituisce un indice di controllo incompleto della malattia e, pertanto, suggerisce al clinico un approccio terapeutico integrato ove trovino adeguata collocazione non solo i farmaci o gli interventi chirurgici tradizionali, ma anche la correzione dello stile di vita e, eventualmente, l’assunzione di antiossidanti. Infine, sono candidati al d-ROMs test tutti quei soggetti sottoposti ad interventi terapeutici sia di tipo farmacologico (es. antiblastici, pillola, ecc.) sia di tipo chirurgico (es. trapianti di organo, interventi di rivascolarizzazione, ecc.), compresa la dialisi, in grado di compromettere il bilancio ossidativo in senso proossidante. Le finalità è quella di identificare e prevenire lo stress ossidativo e le sue conseguenze e, in particolare, monitore l’efficacia di eventuali misure messe in atto per prevenire il danno tissutale da stress ossidativo. Tabella 4. 8 Aree di interesse ed applicazioni del d-ROMs test Disciplina Neuropsichiatria Otorinolaringoiatria Cardioangiologia Broncopneumologia Epatologia Nefrologia Ematologia Diabetologia Malattie dei ricambio Endocrinologia Andrologia Ostetricia Neonatologia Malattie genetiche Reumatologia Infettivologia Oncologia Medicina dello sport • • 4. 1. 7. 2 Le aree di interesse del d–ROMs test Le aree di interesse del d–ROMs test, come ampiamente discusso (vedi paragrafo 4. 1. 6, studi clinici), sono numerose e coprono tutto l’ambito della medicina tradizionale. Limitando il campo alle applicazioni che hanno trovato finora il supporto di incontrovertibili evidenze sperimentali e cliniche, le branche in cui il d-ROMs test ha dimostrato la sua validità sono tra l’altro: la neuropsichiatria, la cardioangiologia, la broncopneumologia, l’epatologia, la nefrologia, l’ematologia, la diabetologia, l’endocrinologia, l’andrologia, la reumatologia, la dietologia e la dietoterapia, l’infettivologia, l’oncologia, la geriatria, la medicina sportiva e l’otorinolaringoiatria (tabella 4. 8). • • • 37 Esempi • Malattia di Alzheimer • Sclerosi Laterale Amiotrofica • Sindrome di Ménière • Stenosi carotidea • Cardiopatia ischemica • Ipertensione arteriosa • Vasculopatie periferiche • Insufficienza venosa • Broncopneumopatia cronica ostruttiva • Epatopatia alcolica • Insufficienza renale cronica • Emodialisi • Sindromi mielodisplastiche • Sindrome trombofilica • Diabete mellito 1 • Diabete mellito 2 • Obesità • Dislipidemie • Terapia estroprogestinica • Infertilità maschile • Gravidanza • Sindrome asfittica • Sindrome di Down • Artrite reumatoide • AIDS • Linfomi e leucemie • Radio e chemioterapia • Calcio • Ciclismo 4. 1. 7. 3 Considerazioni conclusive e punti di forza del d-ROMs test Il d-ROMs è l’unico test attualmente disponibile per la valutazione complessiva della componente lesiva, pro-ossidante, dello stress ossidativo (v. confronto con altre metodiche), che unisce a questa specificità a) una standardizzazione estremamente utile nella pratica clinica routinaria (vedi scelta delle unità di misura) e b) la possibilità di integrarsi perfettamente, nell’attuale panorama della diagnosi di laboratorio, con altri test sullo stress ossidativo (vedi TAS). Il d-ROMs è un test estremamente preciso e affidabile, che ha superato brillantemente l’esito di sofisticate procedure di controllo, di valutazione e di validazione da parte di enti di ricerca di riconosciuta valenza internazionale (Università, Consiglio Nazionale delle Ricerche), come attestano le numerose pubblicazioni scientifiche recensite nella letteratura scientifica internazionale. Il d-ROMs test richiede una strumentazione relativamente semplice (un fotometro termostatato ed una centrifuga) comunemente disponibili presso qualsiasi laboratorio di analisi; inoltre, esso può essere eseguito anche con una strumentazione dedicata (sistemi FRAS e FREE). Il d -ROMs test possiede tutti i vantaggi di un mono test (rilevazione fotometrica diretta di un’unica miscela di reazione, contenente il campione e il reattivo cromogeno). Il d-ROMs test, eseguito con la strumentazione dedicata, richiede una minima manualità, con notevole riduzione delle possibilità di errore; non Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante è richiesta, fin dall’inizio, alcuna particolare conoscenza di biochimica analitica; utile, invece l’esperienza che con esso si acquisisce. • Il d-ROMs test non è influenzato in maniera significativa dalla presenza di altre sostanze normalmente presenti nel sangue e dotate di attività antiossidante (es. bilirubina, acido urico ecc.). Evitare l’emolisi ed il prelievo in provette contenenti chelanti (quali EDTA o CITRATO) sono le uniche precauzioni richieste; è possibile, invece, eseguire il test sia su plasma fresco o eparinato che su siero o sangue intero. • Il d-ROMs è un test che si presta in maniera eccellente per l’impiego nella prevenzione e nel monitoraggio delle condizioni correlate allo stress ossidativo, anche in rapporto ad eventuali interventi terapeutici; lo confermano gli oltre 80 lavori scientifici attualmente recensiti in letteratura. Pertanto, anche la presenza di MDA nei liquidi biologici sarà rilevabile solo quando tutto il sistema antiossidante endogeno del medium in cui è avvenuto l'attacco ossidativo si è esaurito. Sulla base di queste considerazioni, si evince che la MDA, prodotto quasi "terminale" dell'ossidazione di vari substrati biologici, quali gli acidi grassi poliinsaturi di membrana, rappresenta un indicatore piuttosto tardivo di stress ossidativo. Pertanto, uno dei maggiori svantaggi dei test basati sulla determinazione della MDA è relativo al fatto che essi non sempre sono in grado di poter svelare precocemente uno stato ossidativo alterato. Viceversa, il d-ROMs test si basa sulla determinazione del livello di idroperossidi, l'altra classe di composti che può formarsi a partire dal radicale perossido (specie chimica "chiave" della catena di reazione che porta all'ossidazione degli acidi grassi poliinsaturi di membrana). Al contrario della MDA, gli idroperossidi sono composti che si formano precocemente nella sequenza di reazioni ossidative dei lipidi di membrana, sono relativamente stabili e, conservando ancora una discreta capacità ossidante, possono essere rilevati grazie ad un adeguato sistema redox (come quello della N,N-dietil-parafenilendiammina del dROMs test). Pertanto, rispetto ai test che valutano la MDA, il d-ROMs test è in grado di svelare più precocemente stati ossidativi alterati, con enormi vantaggi sul piano clinico in termini di prevenzione e monitoraggio terapeutico. Inoltre, come riportato più volte in letteratura, la MDA va incontro a molte reazioni secondarie che riducono l'accuratezza dei risultati ottenuti; infatti, in quanto reattivo bifunzionale (doppio gruppo aldeidico CHO) la MDA può formare legami crociati con proteine o nucleotidi (dando luogo alla formazione di basi di Shiff) e può essere degradata dal perossido di idrogeno o ossidata da perossidasi e xantinaossidasi. Anche come marcatore di perossidazione lipidica la MDA si mostra scarsamente specifica; infatti, essa è stata identificata fra i prodotti di decomposizione ossidativa di amminoacidi, di carboidrati e di prostaglandine, Infine, la MDA può essere anche un prodotto di ossidazione dell'acido ascorbico, e ciò rende inutilizzabile il suo dosaggio ai fini di un eventuale monitoraggio terapeutico in corso di trattamenti antiossidanti. Viceversa, come dimostrano i numerosi studi pubblicati sull’argomento, il d-ROMs test è stato impiegato con successo nel monitoraggio terapeutico sia in corso di trattamenti antiossidanti che in corso di trattamenti farmacologici specifici. 4. 2 Altri test 4. 2. 1 Premessa Di fronte all’ipotesi di una valutazione globale dello stress ossidativo e/o di una valutazione comparativa fra test, è bene ricordare che test di laboratorio abitualmente impiegati per la valutazione dello stress ossidativo ne misurano o la componente pro-ossidante, come il d-ROMs test, o la componente antiossidante, come l’ OXYAdsorbent test, il BAP e l’–SHp test (tabella 3. 1). Sulla base di queste considerazioni, il d-ROMs test può essere confrontato con i test che esplorano la componente pro-ossidante dello stress ossidativo, mentre non ha alcun senso confrontare il d-ROMs test con il cosiddetto TAS (Total Antioxidant Status) o il BAP (vedi oltre). 4. 2. 2 MDA test La MDA (malonilaldeide o malonildialdeide, CHO-CH2-CHO) rappresenta uno dei prodotti finali della catena di reazioni innescata nelle membrane cellulari dall'attacco ossidativo, da parte di alcuni radicali liberi dell'ossigeno (quali il radicale idrossile), degli acidi grassi poliinsaturi (quali l'acido arachidonico, costituente appunto dei fosfolipidi di membrana). Questa catena di reazioni, nel caso specifico dell'acido arachidonico, ha come specie chimica "chiave" dell'intero processo il radicale perossido. Quest'ultimo, infatti, è posto al "bivio" di due possibili metabolici, in quanto può essere convertito in idroperossido (mediante acquisizione di un H) oppure "imboccare" la via dei perossidi ciclici che, in seguito ad ulteriori attacchi ossidativi, porta ad una serie di prodotti terminali, tra i quali la MDA (vedi figura 2. 4). Questi ulteriori "attacchi ossidativi" e, quindi, la formazione di MDA, si realizzano grazie al superamento delle "difese" antiossidanti del medium nel quale avviene il processo ossidativo stesso. 4. 2. 3 Determinazione dei lipoperossidi Per quanto riguarda i test di lipoperossidazione, esistono in commercio vari test etichettati come "Lipid hydroperoxide assay kit". Tali test presentano una serie di svantaggi, in quanto prevedono spesso una fase di 38 Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante deproteinizzazione e di estrazione; inoltre, richiedono tempi lunghi (circa 30 minuti in tutto) e forniscono un'informazione molto limitata, in quanto gli idroperossidi lipidici costituiscono solo una classe degli idroperossidi totali. Viceversa, il d-ROMs test, non prevede alcun pretrattamento del campione biologico (se non la centrifugazione se si parte da sangue intero), è rapido (in cinetica, richiede non più di 3 minuti) e, soprattutto, fornisce un'indicazione globale sullo stato ossidante del sistema biologico testato, in quanto consente di dosare tutti gli idroperossidi (anche quelli derivati dal processo di ossidazione di altri substrati, non solo lipidici, quali ad esempio amminoacidi, peptidi, ecc.). essere effettuata anche su sangue intero ma fornisce risultati più affidabili se si procede preventivamente alla separazione, mediante Fycoll o Percoll, dei leucociti polimorfonucleati dalle rimanenti componenti ematiche (questa fase ulteriore non è richiesta dal d-ROMs test; d) risultati attendibili si ottengono solo dopo stimolazioni specifiche (esteri del forbolo, polisaccaridi batterici) ma questo allunga i tempi di analisi (valutati intorno ai 90 minuti, per una risposta ottimale) (al contrario il d-ROMs test, come anticipato, è molto più rapido); e) risultati più o meno ampiamente variabili anche nell'ambito di determinazioni effettuate nello stesso soggetto; infatti, la CL è sostanzialmente un test di funzionalità leucocitaria, che risente delle mutevoli condizioni del soggetto nel quale viene effettuata; la variabilità si accentua nella popolazione generale, per cui ogni laboratorio è tenuto a standardizzare le risposte individuali, valutando di volta in volta, in ciascun individuo, la produzione basale di radicali liberi e quella secondaria a stimoli specifici (di questi problemi il d-ROMs test non risente, essendo stato documentato per esso l'intervallo di riferimento nella popolazione normale, con enorme vantaggi sul piano clinico-diagnostico); f) infine, possibilità di evidenziare solo una componente dello stato ossidante di un individuo, cioè la sola produzione di radicali liberi da parte dei leucociti polimorfonucleati (il d-ROMs test, invece, fornisce un'indicazione sullo stato ossidante generale dell'organismo, in quanto consente il dosaggio degli idroperossidi, che derivano da diversi substrati, non solo lipidici, prodotti da qualsiasi cellula che entra a contatto con il torrente circolatorio). Va segnalato, comunque, che esiste una buona correlazione fra risultati della chemiluminescenza e d-ROMs test, come evidenziano i risultati preliminari di uno studio condotto su broncopneumopatici. 4. 2. 4 Dosaggio degli isoprostani Il dosaggio dell’8-isoprostano a livello plasmatico viene generalmente effettuato mediante metodica immunoenzimatica. Due gli svantaggi segnalati: la possibile cross-reattività in fase analitica e l’informazione limitata a condizioni di stress ossidativo su base disrfeattiva. Ad ogni modo occorre segnalare che in un recente studio comparativo, l’analisi di regressione ha mostrato una correlazione diretta fra la concentrazione plasmatica di 8-isoprostano e i valori del d-ROMs (r=0.68; p<0.05). 4. 2. 5 Chemiluminescenza La chemiluminescenza (CL) è, per definizione, un metodo molto sensibile. Nella valutazione dello stress ossidativo, tuttavia, essa presenta una serie di limiti che possono essere così riassunti: a) necessità di una strumentazione non disponibile in tutti i laboratori (al contrario, il d-ROMs test, richiede un semplice fotometro con filtri nel visibile); b) possibilità di essere eseguita solo su sangue fresco e, quindi, necessita di ulteriore prelievo in caso di necessità di ripetere l'analisi (invece il d-ROMs può essere eseguito sul siero opportunamente conservato senza necessità di ulteriori prelievi); c) necessità di una fase di pretrattamento del campione; la CL può 39 Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante Capitolo 5 I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante In ogni caso, nell’OXY-Adsorbent test la scelta del reattivo è caduta sull’acido ipocloroso perché questo è un antiossidante non solo potente ma anche “fisiologico” e, pertanto, meglio in grado di mimare situazioni che si verificano in vivo. Nell’OXY-Adsorbent, in pratica, un campione di plasma viene sottoposto, per un prederminato intervallo di tempo (10 minuti primi), all’azione ossidante massiva di una soluzione di acido ipocloroso a titolo noto, in evidente eccesso rispetto alla “capacità antiossidante” del campione da testare. L’acido ipocloroso, verosimilmente attraverso intermedi radicalici, ossiderà, compatibilmente con il suo potenziale di ossidazione, tutti i gruppi chimici disponibili delle molecole componenti la barriera antiossidante plasmatica. Al termine dell’intervallo previsto per l’ossidazione massiva, resterà nella soluzione iniziale un’aliquota di acido ipocloroso, in forma radicalica, non “adsorbito” dalla barriera plasmatica, ormai completamente ossidata. Se, a questo punto, si aggiunge al sistema un cromogeno (quale la N,N-dietilparafenilendiammina), in grado di reagire ossidandosi a spese dei radicali dell’acido ancora presenti in soluzione, questi ultimi potranno essere dosati fotometricamente, per differenza (rispetto ad un opportuno “standard” costituito dal solo acido ipocloroso). La concentrazione del complesso colorato sarà direttamente proporzionale alla concentrazione di HClO rimasta in eccesso e indirettamente proporzionale alla capacità antiossidante del plasma analizzato. In altri termini, tanto più elevata sarà la concentrazione di HClO rimasto in eccesso, tanto più alta sarà la concentrazione del complesso colorato e, quindi, tanto più bassa sarà la capacità antiossidante del plasma (o di altro campione biologico) in esame. 5. 1 L’ OXY-Adsorbent test 5. 1. 1 Principio 5. 1. 1. 1 Presupposti scientifici Numerose sostanze presenti nel plasma sono in grado di “tamponare” la potenziale capacità ossidante delle specie reattive dell’ossigeno. Virtualmente, ogni agente, sia esso “endogeno” (es. GSH, proteine, bilirubina, acido urico, colesterolo, ecc.) o “esogeno” (es. carotenoidi, ascorbato, vitamina E, ecc.) in grado di “donare” elettroni blocca la potenziale lesività di un radicale libero, la cui reattività è proprio legata alla particolare “carenza” di queste piccole particelle negative. Ovviamente, qualsiasi “insulto” a tale barriera plasmatica può contribuire al danno ossidativo dei tessuti (figura 5. 1). Vaso sanguigno Cellula Figura 5. 1 Rappresentazione schematica della barriera antiossidante plasmatica L’OXY–Adsorbent test valuta la capacità del plasma di opporsi all’azione ossidante massiva di una soluzione di acido ipocloroso (HClO). Quest’ultimo, come è noto, è un agente altamente ossidante sia in vitro che in vivo. L’azione sbiancante e, talvolta, disinfettante, delle varechine, per esempio, è legata proprio all’azione ossidante dell’acido ipocloroso diluito in esse contenuto. D’altra parte, in condizioni patologiche – ad es. in seguito ad un’infezione batterica – i leucociti polimorfonucleati attivati producono HClO a partire dal perossido d’idrogeno (H2O2) e dallo ione cloruro (Cl -), attraverso una reazione catalizzata dalla mieloperossidasi; una volta prodotto, l’acido agisce come ossidante naturale contro l’attacco dei microrganismi patogeni, contribuendo alla risoluzione dell’infezione. Il meccanismo chimico dell’azione ossidante dell’HClO non è conosciuto nei minimi particolari, ma è verosimile che esso preveda la generazione di intermedi radicalici dell’alogeno e la formazione di cloroammine (come discusso nel paragrafo 2. 2). 5. 1. 1. 2 Aspetti biochimico-clinici Le performance dell’OXY-adsorbent test, eseguito sia con metodica manuale, sono state valutate mediante spettrofotometria. I parametri analitici presi in considerazione sono stati, soprattutto, la linearità della reazione e l’imprecisione analitica. Un’esempio di linearità del saggio è riportato nella figura 5. 2. 40 Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante 5. 1. 4 Procedura analitica Prima di procedere all’esecuzione del test bisogna preparare il calibratore, fornito opzionalmente col kit sotto forma di siero liofilo a matrice umana a titolo noto, indicato sull’etichetta. A questo scopo è sufficiente aggiungere al liofilizzato il volume di acqua distillata previsto (secondo le indicazioni del produttore) e mescolare la soluzione così ottenuta con delicatezza, avendo cura di attenersi alle indicazioni di carattere generale descritte in dettaglio nel paragrafo 4. 1. 4 a proposito del d-ROMs test. Dopo aver portato i reagenti alla temperatura di lavoro, si preparano tre soluzioni: il bianco reagente, il campione ed il calibratore. Tuttavia, a differenza degli altri test, quali il d-ROMs e il BAP, nell’OXY-Asdsorbent test il campione e il calibratore non possono essere usati come tali ma solo dopo averli diluiti con acqua distillata nel rapporto di 1:100, secondo lo schema riportato in tabella: Volume di campione (µL) Figura 5. 2 Esempio di linearità della reazione dell’OXY-Adsorbent test Per quanto concerne l’imprecisione analitica, in uno studio il CV intra-serie, valutato su 20 aliquote di siero fresco, è stato pari al 2.2%, mentre il CV interserie su 20 aliquote di siero congelato è stato del 6.3%. In un altro trial, invece, il CV intraserie su 20 aliquote di siero fresco è stato pari a 2.5%, quello interserie su 20 aliquote di siero congelato 6.3%. Tabella 5. 2 Procedura analitica dell’OXY-Adsorbent test Bianco reag. Campione Calibratore 1 mL 1 mL 1 mL Reagente R 1 H2O distillata 10 µL − − Campione* 10 µL − − Calibratore* 10 µL − − *In soluzione diluita 1:100 5. 1. 2 Composizione del kit Il tipico kit dell’OXY-Adsorbent test contiene, di base, una soluzione ossidante (acido ipocloroso, reagente R1), una miscela cromogena (N,N-dietilparafenilendiammina, reagente R2) ed un calibratore (siero di controllo a titolo noto, reagente R3) (tabella 5. 1). Le soluzioni così preparate vanno mescolate delicatamente e lasciate ad incubare a temperatura ambiente per 10 minuti. Appena terminata l’incubazione, dopo aver aggiunto a ciascuna di esse 10 L di reagente R2 (miscela cromogena), si passa immediatamente alla lettura fotometrica, misurando l’assorbanza a 505 nm (A 505) o 546 nm (A546). Ai valori di assorbanza ottenuti per il campione e per il calibratore si sottrae, quindi, il valore di assorbanza del bianco reagente. I risultati del test, ovvero la capacità antiossidante del campione analizzato, saranno espressi in moli di HClO/mL di campione, secondo la formula: Tabella 5. 1 Composizione del kit dell’OXY-Adsorbent test Reagenti* Reagente R 1 Reagente R 2 Reagente R 3 Soluzione ossidante Miscela cromogena Calibratore Confezioni disponibili MC 434 MC 435 Reagente R 1 2 x 25 mL 4 x 25 mL Reagente R 2 1 x 0.5 mL 1 x 1 mL Reagente R3 1 x 1 mL 1 x 1 mL *Conservare a 2-8°C. Tutti i reagenti restano stabili fino alla data di scadenza riportata sulla confezione se non esposti al contatto diretto con la luce solare. (Abs bianco – Abs campione) (Abs bianco – Abs standard) L’OXY-Adsorbent test può essere eseguito sia con un normale fotometro che con una strumentazione dedicata, quale il sistema FREE (vedi più avanti). In ogni caso, per calibrare l’apparecchiatura analitica è disponibile un siero di controllo liofilo a matrice umana a titolo noto. x [standard] Dove: • Abs sono i valori di assorbanza (del bianco, del campione e dello standard) • [standard ] è la concentrazione dello standard. Normalmente, 1 mL di plasma umano è in grado di “adsorbire” almeno 350 µmoli di HClO. 5. 1. 3 Condizioni di lavoro L’OXY-Adsorbent può essere eseguito su plasma o siero freschi nelle seguenti condizioni di lavoro: lunghezza d’onda 505 o 546 nm, cammino ottico 1 cm, e temperatura ambiente. L’analisi può essere eseguita solo con la modalità endpoint. 5. 1. 5 Interpretazione dei risultati Valori inferiori a 350 µmoli di HClO indicano una riduzione dello “spessore” della barriera antiossidante e correlano direttamente con la gravità del danno da questa subito. Infatti, quanto più elevato sarà l’“eccesso” di radicali dell’HClO rilevato fotometricamente al termine dell’intervallo 41 Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante previsto per l’ossidazione massiva, tanto più la barriera risulterà ridotta, e viceversa (tabella 5. 2). Status pro-ossidante ( dROMs) Status antiossidante (OXY-A) 500 500 ns 400 400 µmoli HClO/mL p<0,001 300 300 200 200 100 100 U CARR Tabella 5. 2 Gravità dello stress ossidativo in rapporto ai valori forniti dall’OXY-Adsorbent test Grado di compromissione della µmoli HClO/mL barriera antiossidante di campione 350-320 Riduzione lieve 319-280 Riduzione media 279-250 Riduzione elevata <250 Riduzione elevatissima Range normale: >350 µmoli HClO/mL di campione 0 Controlli (n=42) Forti bevitori (n=45) Controlli (n=42) Forti bevitori (n=45) 0 Figura 5. 4 Status pro- e anti-ossidante negli etilisti 5. 1. 6 Studi clinici Tra i due gruppi di soggetti, però, non è rilevabile alcuna differenza statisticamente significativa riguardo ai valori dell’OXY-Adsorbent test. Questi risultati suggeriscono che nei forti bevitori segni del danno ossidativo possono coesistere con una barriera antiossidante praticamente normale e che, quindi, lo stress ossidativo, in questi casi, è dovuto ad un’eccessiva produzione di specie radicaliche e non ad una riduzione della barriera antiossidante. Analoghi risultati sono stati osservati in uno studio preliminare su pazienti obesi; questi soggetti, infatti, hanno mostrato, rispetto ai controlli, valori più elevati del d-ROMs test, senza alcuna differenza significativa riguardo ai valori dell’OXY-Adsorbent test (figura 5. 5). Status proossidante (d-ROMs) 500 Status antiossidante (OXY-A) 500 p<0,05 p<0,05 400 µmoli HClO/mL 400 300 200 200 100 100 0 Controlli (n=20) Down (n=40 Controlli (n=20) Down (n=40 Status proossidante (dROMs) 500 Status antiossidante (OXY-A) BMI<23: n=12; 54 ±6 yr BMI>31: n=12; 55 ±7 yr p<0,0001 400 BMI<23: n=12; 54 ±6 yr BMI>31: n=12; 55 ±7 yr p<0,075 0 Figura 5. 3 Status pro- e anti-ossidante nei Down 400 300 200 200 100 100 0 E’ probabile, pertanto, che lo stato di stress ossidativo rilevato nei DOWN sia da ricondurre ad una ridotta efficienza della barriera antiossidante (bassi valori di OXY-Adsorbent test) che non riesce a “smaltire” l’eccesso di specie reattive (elevati valori di d-ROMs test). Risultati analoghi sono stati osservati in pazienti mielodisplastici, rispetto ai controlli. Si è visto, invece, che, rispetto a coloro che non assumono bevande alcoliche, i forti bevitori (senza grave epatopatia) hanno valori significativamente più elevati del d-ROMs test (figura 5. 4). 500 300 U CARR U CARR 300 µmoli HClO/mL L’OXY-Adsorbent test si è dimostrato molto affidabile nella valutazione della capacità antiossidante totale del plasma in diversi studi clinici, integrando i risultati del d-ROMs test nella valutazione globale dello stress ossidativo. Esso va sempre eseguito nei casi in cui i valori di d-ROMs test risultano particolarmente elevati. In particolare, si è visto che pazienti DOWN esprimono, rispetto ai controlli, valori significativamente più elevati del d-ROMs test e più bassi dell’OXY-Adsorbent test (p<0.05) (figura 5. 3). 0 BMI<23 BMI>30 BMI<23 BMI>30 Figura 5. 5 Status pro- e anti-ossidante negli obesi I risultati di questi studi indicano che l’OXYAdsorbent test fornisce informazioni utilissime nella valutazione dello stress ossidativo, fermo restando che non necessariamente a valori elevati del dROMs test corrispondano necessariamente più bassi valori dell’OXY-Adsorbent test. In altri termini, accanto alla classica situazione in cui l’aumento di specie reattive è secondario ad una ridotta efficienza della barriera plasmatica, non sono da escludere casi in cui l’aumentata produzione di radicali liberi sia l’evento primario. Negli esempi considerati, quindi, i Down avrebbero primitivamente una ridotta barriera antiossidante e, quindi, un aumento dei ROM circolanti. Negli obesi, invece, l’aumentata attività metabolica comporterebbe un aumento della produzione di specie reattive, ma la pletora plasmatica di metaboliti intermedi potrebbe dare 42 Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante ragione di una barriera antiossidante praticamente normale o addirittura superiore alla norma. A conclusione di questa breve panoramica sulle applicazioni cliniche, occorre sottolineare che l’OXY-Adsorbent test, con opportuni accorgimenti tecnici, può essere eseguito anche su preparati o estratti vegetali in fase acquosa (es. succhi di frutta, succo di pomodoro, vini, ecc.). Esso, pertanto, è utilissimo per valutare l’attività antiossidante di un prodotto in soluzione acquosa che vanti, sulla carta, proprietà anti-radicali liberi. Nel BAP test il “cromogeno” impiegato è il tiocianato, una sostanza in grado di legarsi agli ioni ferrici formando un complesso colorato che assorbe a 505 nm. Nel momento in cui tali ioni ferrici sono ridotti a ioni ferrosi il suddetto complesso si decolora. Dopo una breve incubazione a 37°C, l’entità della decolorazione – misurata in termini di A505 rispetto ad uno standard a titolo noto, un siero di controllo, aggiustando lo zero con acqua distillata – sarà direttamente proporzionale alla concentrazione degli ioni ferrosi, ovvero alla capacità ferrico-riducente degli antiossidanti presenti nel campione, che può essere assunta, in definitiva, come una misura del “potere antiossidante” del plasma testato. 5. 2 Il BAP test 5. 2. 1 Presupposti scientifici e principio L’insieme delle sostanze presenti nel plasma contribuisce, come si è detto a proposito dell’OXYAdsorbent test, alla costituzione della cosiddetta barriera antiossidante plasmatica. Il potere (antiossidante) di quest’ultima può essere valutato saggiandone, non solo la capacità di opporsi all’ossidazione da parte di un predeterminato agente ossidante (l’acido ipocloroso, nell’OXYAdsorbent test), ma anche, più semplicemente, di ridurre un derminato substrato, ossidante, adeguatamente prescelto sulla base del suo potenziale redox. In ultima analisi, infatti, la cosiddetta attività antiossidante altro non è, in termini rigorosamente chimici, che un’attività riducente, cioè idrogeno/elettron-donatrice. Se la riduzione del substrato ossidante (“sensore”) viene fatta avvenire in presenza di un agente (“cromogeno”) – in grado di modificare le sue caratteristiche cromatiche (es. cambiando colore o decolorandosi) – nel momento in cui tutto il sistema è completo, mettendo a contatto un’aliquota di plasma con il substrato ossidante e il cromogeno, sarà anche possibile, per via fotometrica, con opportuni filtri, “leggere” il segnale indotto dall’avvenuta riduzione e, in definitiva, quantificare l’attività antiossidante presente nel campione di plasma analizzato in termini di attività riducente (rispetto a quel determinato substrato utilizzato come ossidante-sensore). Nel BAP (Biological Antioxidant Potential) l’agente ossidante – utilizzato come “sensore” – è il cloruro ferrico (FeCl 3) e, quindi, il “potere” antiossidante, ovvero riducente, del plasma, viene valutato misurando la capacità del campione in esame di ridurre il ferro di una soluzione di cloruro ferrico da ione ferrico (Fe3+) a ione ferroso (Fe2+). I risultati del test sono espressi come µmoli di ferro ridotto per L di campione. Le variazioni di assorbanza sono lineari in un ampio range di concentrazione, come documentato da prove eseguite non solo su plasma, ma anche su soluzioni contenenti uno o più antiossidanti in forma pura (es. trolox, α−tocoferolo, ascorbato, acido urico ecc.). Inoltre, non è stata segnalata alcuna interazione apparente fra antiossidanti. 5. 2. 2 Composizione del kit Il tipico kit del BAP test contiene, di base, una soluzione di tiocianato (reagente R1), una soluzione di cloruro ferrico, FeCl3 (reagente R2) ed un calibratore (siero umano liofilizzato) (tabella 5. 3). Tabella 5. 3 Composizione del kit del BAP test Reagenti* Reagente R 1 Reagente R 2 Calibratore Soluzione di tiocianato Soluzione di cloruro ferrico (FeCl 3) Siero umano liofilizzato a titolo noto Confezioni disponibili MC 436 MC 437 Reagente R 1 1 x 50 mL 2 x 50 mL Reagente R 2 1 x 2.5 mL 1 x 5.0 mL Calibratore 1 x 2 mL 1 x 2 mL *Conservare a 2-8°C. Tutti i reagenti restano stabili fino alla data di scadenza riportata sulla confezione se non esposti al contatto diretto con la luce solare. Il BAP test può essere eseguito sia con un normale fotometro che con una strumentazione dedicata, quale il sistema FREE (e, a breve, il sistema FRAS). In ogni caso, per calibrare l’apparecchiatura analitica è disponibile, nella confezione, un siero di controllo liofilo a matrice umana. 5. 2. 3 Condizioni di lavoro Il BAP test può essere eseguito su siero o plasma fresco eparinizzato nelle seguenti condizioni di lavoro: lunghezza d’onda 505 nm, cammino ottico 1 cm, temperatura 37°C. L’analisi è eseguita con la modalità differenziale. 5. 2. 4 Procedura analitica Prima di procedere all’esecuzione del test bisogna preparare il calibratore, fornito nel kit sotto forma di siero liofilo a matrice umana a titolo noto, indicato sull’etichetta. A questo scopo è sufficiente aggiungere 2 mL di acqua distillata al liofilizzato e mescolare la soluzione così ottenuta con delicatezza, avendo cura di attenersi alle indicazioni di carattere 43 Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante generale descritte in dettaglio nel paragrafo 4. 1. 4 a proposito del d-ROMs test. Dopo aver portato i reagenti alla temperatura di lavoro, si preparano tre soluzioni: il bianco reagente, il campione ed il calibratore, secondo la procedura indicata nella seguente tabella: I tioli rappresentano una componente qualitativamente significativa della barriera antiossidante plasmatica (figura 5. 6). Tabella 5. 4 Procedura analitica del BAP test Bianco reag. Campione Calibratore 1 mL 1 mL 1 mL Reagente R 1 Reagente R 2 50 µL 50 µL 50 µL H2O distillata 10 µL − − Campione 10 µL − − Calibratore 10 µL − − -SH Figura 5. 6 Rappresentazione schematica della barriera antiossidante plasmatica Le soluzioni così preparate vanno mescolate delicatamente e lasciate ad incubare a 37°C per 5 minuti. Terminata l’incubazione, esse vanno sottoposte a lettura fotometrica, misurando l’assorbanza a 505 nm, dopo aver azzerato con acqua distillata. L’attività antiossidante ferro-riducente del plasma viene espressa come µmoli di ferro ferrico ridotto per L di campione, secondo la formula: [Abs bianco reagente •Abs campione] [Abs bianco reagente •Abs calibratore] x Infatti, i gruppi sulfidrilici delle molecole dei componenti plasmatici (quali, ad esempio, le proteine, P-SH) possono opporsi alla fase di propagazione dei processi perossidativi inattivando i radicali sia alcossilici (RO*) che idrossilici (HO*), rispettivamente, secondo le reazioni: 2 P-SH + 2 RO* à 2 PS* + 2 ROH à P-S-S-P + 2 ROH [calibratore] 2 P-SH + 2 HO* à 2 PS* + 2 H 2O à P-S-S-P + 2 H 2O dove: - ABS è l’assorbanza misurata a 505 nm - [calibratore] è la concentrazione del calibratore espressa in µmoli/L. In pratica, considerando l’evento dal punto di vista stechiometrico, una coppia di gruppi tiolici può ossidare una coppia di radicali alcossililici (RO*) o idrossilici (*OH), cedendo ad essa due elettroni (sotto forma di due atomi di idrogeno). In questo modo ambedue i tipi di radicali vengono inattivati: i radicali alcossilici sono rilasciati come molecole di alcool mentre i radicali idrossilici diventano innocue molecole d’acqua. I gruppi tiolici ormai ossidati, invece, reagiscono tra loro, generando ponti disolfuro. Va ricordato, in tale contesto, che i gruppi sulfidrilici ossidandosi contrastano l’attacco di alcuni radicali liberi istolesivi, ma, quando si formano nel contesto di molecole proteiche, possono avere conseguenze indesiderate. Per esempio la formazione di un ponte disolfuro fra i residui di cisteina di due diverse proteine può portare ad una sorta di “polimerizzazione”. Se il ponte disolfuro, invece, si crea nell’ambito della stessa catena, la proteina può modificare stabilmente la sua conformazione. In ambedue i casi è possibile che le proteine coinvolte nella formazione di legami –S–S– subiscano un’alterazione delle proprie capacità funzionali. 5. 2. 5 Interpretazione dei risultati Il range stimato del BAP test negli individui normali è 2200–4000 µmoli/L. E’ buona prassi, comunque, che ogni laboratorio determini l’ampiezza di oscillazione della variabilità biologica eseguendo un congruo numero di test su soggetti normali. In ogni caso, una riduzione dei valori del test al di sotto dell’intervallo indicato appare direttamente correlata con una ridotta efficienza della barriera antiossidante plasmatica. Valori di Riferimento espressi in µmol/L di sostanze antiossidanti come la Vitamina C > 2200 VALORE OTTIMALE 2200 - 2000 VALORE DI ATTENZIONE O BORDER LINE 2000−1800 STATO DI DISCRETA CARENZA 1800-1600 STATO DI CARENZA 1600-1400 STATO DI FORTE CARENZA < 1400 STATO DI FORTISSIMA CARENZA Altri gruppi chimici 5. 3 -SHp test 5. 3. 1 Principio 44 Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante L’ –SHp test si basa sulla capacità dei gruppi –SH di sviluppare un complesso colorato determinabile fotometricamente (picco di massima assorbanza, 405 nm) quando reagiscono con l’acido 5,5-ditiobis-2-nitrobenzoico (DTNB). Il “titolo” di tioli è direttamente proporzionale all’intensità del colore rilevato strumentalmente. Il test ha mostrato un grado accettabile di imprecisione analitica. Infatti, il CV intraserie su 20 aliquote di siero fresco è stato pari a 1.7%, quello interserie su 20 aliquote di siero congelato 3.3%. soluzione è stabile per 2-3 hr e 2-3 giorni, a temperatura ambiente o +4°C, rispettivamente. A questo punto avendo pronti lo standard di siero e il calibratore “chimico”, si preparano cinque soluzioni, seguendo lo schema riportato nella seguente tabella: Tabella 5. 6 Procedura analitica dell’ –SHp test Bianco Bianco Bianco Campione reagente standard campione R1 R2 Acqua Standard Campione 5. 3. 2 Composizione del kit Un tipico kit di –SHp test contiene, di base, una soluzione tampone (reagente R1), una miscela cromogena (DTNB, reagente R2) e un calibratore (L-cisteina in polvere predosata, reagente R3) (tabella 5. 5). 1 mL 20 µL 50 µL – – 1 mL – 20 µL 50 µL – 1 mL – 20 µL – 50 µL Standard 1 mL 20 µL – – 50 µL 1 mL 20 µL – 50 µL – Le soluzioni così preparate vanno mescolate delicatamente e lasciate ad incubare a temperatura ambiente per 3-4 minuti. Terminata l’incubazione, esse vanno sottoposte a lettura fotometrica, misurando l’assorbanza a 405 nm. I risultati del test, ovvero la capacità antiossidante o titolo tiolico del campione analizzato, saranno espressi in moli di –SH/L di campione, secondo la formula: Tabella 5. 5 Composizione del kit dell’ –SHp test kit Reagenti* Reagente R 1 Soluzione tampone (pH 7.6) Reagente R 2 Miscela cromogena** Reagente R 3 L-cisteina*** Confezioni disponibili MC MC Reagente R 1 1 x 50 mL 4 x 50 mL Reagente R 2 1 x 1 mL 1 x 4 mL Reagente R 3 1 x 1 mL 1 x 1 mL *Conservare a 2-8°C. Tutti i reagenti restano stabili fino alla data di scadenza riportata sulla confezione se non esposti al contatto diretto con la luce solare.**DTNB. ***Polvere predosata per la preparazione dello standard. [Abs campione-(bianco campione + Abs bianco reagente)] [Abs standard-(Abs bianco standard + Abs bianco reagente)] x 496 dove: Abs sono i valori di assorbanza a 405 nm osservate per le soluzioni analizzate. 5. 3. 5 Interpretazione dei risultati Il range negli individui normali è 450–650 µmoli/L. Una riduzione dei valori del test al di sotto di questo intervallo si correla direttamente con una ridotta efficienza della barriera antiossidante tiolica. L’analisi può essere effettuata sia con una strumentazione dedicata, quale il sistema FREE, sia con un normale fotometro. 5. 3. 3 Condizioni di lavoro 5. 3. 6 Studi clinici L’ –SHp test va eseguito su siero o plasma freschi nelle seguenti condizioni di lavoro: lunghezza d’onda 405 nm, cammino ottico 1 cm, temperatura ambiente. Si può eseguire l’analisi solo con la modalità end point. Il titolo dei tioli, determinato mediante l’–SHp test, è risultato più basso rispetto ai controlli nella sindrome di Down (figura 5. 7), ove, come si è visto in precedenza, anche l’OXY-Adsorbent fornisce valori inferiori alla norma, contro il palese incremento del d-ROMs test. 5. 3. 4 Procedura analitica Prima di procedere all’esecuzione del test bisogna preparare anzitutto lo standard, fornito opzionalmente col kit sotto forma di siero liofilo a matrice umana a titolo noto, indicato sull’etichetta. A questo scopo è sufficiente aggiungere al liofilizzato il volume di acqua distillata previsto (indicato dal produttore) e mescolare la soluzione così ottenuta con delicatezza, avendo cura di attenersi alle indicazioni di carattere generale descritte in dettaglio nel paragrafo 4. 1. 4 a proposito del d-ROMs test. Dopo aver portato i reagenti alla temperatura di lavoro, si prepara, quindi, la soluzione del calibratore per i gruppi tiolici (L-cisteina). In pratica si scioglie la L-cisteina in polvere (R3) in 25 mL di acqua distillata e si prepara da essa, per diluizione, una soluzione 496 mM di gruppi tiolici. Tale d-ROMs test OXY-ADS test 800 700 600 -SHp test 800 800 700 700 600 600 p<0,05 p<0,05 400 300 200 100 500 µmoli/L 500 µmoli HClO /mL U CARR 500 p<0,05 400 300 200 200 100 0 100 0 Controlli (n=20) Down (n=40) Status proossidante 400 300 0 Controlli (n=20) Down (n=40) Controlli (n=20) Down (n=40) Status antiossidante Figura 5. 7 La valutazione globale dello stress ossidativo nella sindrome di Down Una situazione analoga la si è riscontrata nelle sindromi mielodisplastiche (figura 5. 8). 45 Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante OXY-ADS test -SHp test 800 800 800 700 700 700 600 600 600 500 500 400 300 200 100 ns 400 300 200 200 100 0 Controlli (n=8) MDS (n=8) Status proossidante 400 300 100 0 ns 500 µmoli /L p<0,01 µmoli HClO /mL U CARR d-ROMs test L’–SHp test trova particolare indicazione quando vi è ragionevole sospetto di una situazione di stress ossidativo ed i valori del d-ROMs test risultano bassi. Una situazione del genere può riscontrarsi, per esempio, in soggetti con neoplasie solide. In queste condizioni, il viraggio del metabolismo cellulare in senso anaerobio, genera la produzione, nell’intorno della massa tumorale, di cataboliti acidi. Questi ultimi, riducendo localmente il pH possono favorire il rilascio di ferro che catalizza la formazione del radicale alcossile dagli idroperossidi circolanti. I gruppi tiolici, a questo punto, possono reagire con i radicali alcossilici prodotti riducendo, di fatto, il livello di idroperossidi circolanti. In questa condizione il d-ROMs test darà valori bassi non perché non vengano prodotti idroperossidi, ma perché essi vengono neutralizzati dai gruppi sulfidrilici. Solo il riscontro di una riduzione concomitante dei gruppi tiolici consentirà di interpretare questo singolare quadro di laboratorio. 0 Controlli (n=8) MDS (n=8) Controlli (n=8) MDS (n=8) Status antiossidante Figura 5. 8 La valutazione globale dello stress ossidativo nelle sindromi mielodisplastiche (MDS) In generale, l’–SHp test si è dimostrato molto affidabile nella valutazione della componente tiolica della barriera antiossidante plasmatica in diversi studi clinici, integrando egregiamente i risultati dell’OXY-Adsorbent test e del d-ROMs test nella valutazione globale dello stress ossidativo. 46 Capitolo 6. La strumentazione dedicata nella valutazione dello stress ossidativo Capitolo 6 La strumentazione dedicata nella valutazione dello stress ossidativo Le dimensioni abbastanza contenute e la funzionalità del design rendono il FREE uno strumento facilmente collocabile in qualsiasi contesto, dal laboratorio alla farmacia, dallo studio medico all’ospedale, dal centro benessere alla clinica. Il fotometro, alimentato da lampada alogena e con fotorivelatore allo stato solido, è predisposto per 8 filtri, 6 dei quali disponibili di default (340, 405, 505, 546, 578 e 630 nm) e due opzionali, in grado di coprire il campo spettrale compreso fra 320 e 680 nm. Il sistema di termostatazione, del tipo Peltier, copre l’intero intervallo fra 20 e 45 °C (con una sensibilità di 0.1 °C e un tempo di stabilizzazione, da 25 a 37°C, di circa 7 min). Il vano di termostatazione, a secco, consente di alloggiare 9 cuvette a base quadrata o cilindrica. Tutte le funzioni del FREE sono controllate da un microprocessore con memoria FLASH (aggiornabile attraverso porta seriale) che consente di memorizzare fino a 150 programmi. E’ così possibile fissare per ciascuna metodica, attraverso una tastiera alfanumerica a membrana, la lunghezza d’onda, la temperatura, la durata dell’incubazione, il tipo di reazione, l’eventuale K factor, l’unità di misura, e i valori di normalità. L’ouput è affidato ad un display a cristalli liquidi, per le operazioni di programmazione, e ad una stampante termica, per la stampa dei risultati, delle curve di calibrazione e delle cinetiche. Una porta seriale collegabile ad un PC consente non solo l’aggiornamento del software ma anche l’esportazione dei dati. l sistema FREE viene fornito come tale e, su richiesta del cliente, insieme con una minicentrifuga (6000 r.p.m.), per la separazione del siero/plasma, dotata di 6 posizioni, nelle quali possono essere inserite anche le cuvette destinate alla lettura fotometrica. Sono disponibili, inoltre, degli accessori (es. micropipette), del materiale monouso (es. puntali, provette), degli standard (es. sieri di controllo) e dei kit dedicati. A quest’utimo proposito, il FREE, anzitutto, è predisposto per l’esecuzione dell’intero pannello di test per la valutazione globale dello stress ossidativo, ossia il d-ROMs test, l’OXY-adsorbent test, il BAP test e l’ –SHp test. La sigla FREE, infatti, sta per Free Radical Elective Evaluator, ossia valutatore elettivo di radicali liberi. In tal senso, il FREE è un apparecchio “dedicato”. Esso, tuttavia, consente di effettuare, mediante apposita programmazione, anche la maggior parte dei test laboratoristici di routine e, pertanto, costituisce un sistema “aperto” (tabella 6. 2). 6. 1 Il sistema FREE Il FREE è un sistema analitico integrato che consente di eseguire, grazie alle sue particolari specifiche tecniche, qualsiasi tipo di analisi chimica basata sul principio della fotometria (nell’ambito dell’ampio campo spettrale per il quale è predisposto) (tabella 6. 1). Tabella 6. 1 Caratteristiche tecniche del sistema FREE Caratteristiche generali Dimensioni Peso Alimentazione Consumo Fusibile linea 30 x 30 x 36 (h) cm 8 kg 115 – 230 VAC 50-60Hz 83 VA T 1AL Sistema fotometrico Sorgente luminosa Campo spettrale Filtri di corredo Filtri opzionali Vano lettura Cammino ottico Sistema di termostatazione Sensibilità termostatazione Stabilizzaz. termostatazione Fotorivelatore Campo di misura Linearità fotometrica Risoluzione Accuratezza fotometrica Ripetibilità Deriva Tempo di misura Azzeramento (1) Lampada alogena a lunga durata 320 – 680 nm (2) 340, 405, 505, 546, 578, 630 2 posizioni per altrettanti filtri opzionali 1 cuvetta (volume minimo 400 µL) 1 cm A secco, Peltier riscaldante-raffreddante 0.1 °C Da 25 a 37 °C in 7 min Rivelatore ottico allo stato solido Da -200 a +2500 OD Da –0.3000 a 2.9999 O. D. (>1%) 0.0001 O. D. ±2% a 700 O. D. ± 1 digit Inferiore a 0.005 in O. D. per ora 0.3 secondi Automatico Blocco termostatico A 9 posti (3) Programmazione ed elaborazione dati Tastiera Software Programmi memorizzabili Metodiche programmabili Tipi di fitting Interfaccia Display Stampante Presentazione risultati Altri dispositivi (4) 17 tasti funzionali e 1 tasto per il timer (5) Residente su memoria FLASH Fino a 150 (6) Cinetica, end point, fixed time Lineare, punto a punto, cubico RS 232 a 9 poli per collegamento al PC (7) Alfanumerico a cristalli liquidi (8) Grafica, termica, con 192 punti / riga Dati gezzi, calibrazione, cinetiche Autodiagnosi, allarmi per patologie Condizioni operative Temperatura 15-32°C (in funzione) – 0-50°C (spento) Umidità relativa 20-80 % (in funzione) – 0-90% (spento) Altitudine < 2000 m (in funzione) (9) Sicurezza DIRETTIVA 73/23/CEE Compatibilità elettromagnetica DIRETTIVA 89/336/CEE (1) Da 20 W (2) Con 8 nm di banda passante (3) Per cuvette quadrate e cilindriche (4) 12 per inserim. dati alfanum., 2 per comandi stampa, 3 per gest. fotom. (5) Aggiornabile mediante porta seriale (6) Con Fattore K (7) 4 righe da 20 caratteri (8) Stampa automatica dei risultati (9) NORME: CEI-EN 61010-1, CLASSE I; CATEGOR. INSTALLAZIONE II Il FREE è un sistema “aperto” che riunisce in una sola unità analitica un fotometro ed un un vano di termostatazione a secco, ambedue gestiti da un sistema computerizzato in grado di ricevere, elaborare ed esportare dati. 47 Capitolo 6. La strumentazione dedicata nella valutazione dello stress ossidativo opzionalmente, grazie ad una porta seriale (RS232), l’archiviazione dei dati in un normale PC. FRAS 3, infine, dispone di un sistema di sicurezza, che blocca la centrifuga al momento dell’apertura dello sportello, e può essere collegato a qualsiasi tipo di alimentazione di rete (tabella 6. 3). Tabella 6. 2 Test eseguibili con il sistema FREE Scopo Matrice Esempi Valutare stress ossidativo Plasma o siero Sangue intero Chimica clinica di routine Plasma o siero Urina Liquido seminale d-ROMs test, OXY-adsorbent test BAP test, −SHp test Ematrocrito, emoglobina Acido urico, albumina, α−amilasi, bilirubina (diretta e totale), calcio, creatina chinasi, cloruri, colesterolo (totale, libero, HDL), creatinina, ferro, fosfatasi alcalina, fosforo inorganico, fruttosammina, γ−GT, glucosio, GPT(AST), GPT (ALT), lipasi, magnesio, potassio, proteine totali, trigliceridi, urea Acido citrico, indolo, proteine Acido citrico Tabella 6. 3 Caratteristiche tecniche del FRAS 3 Caratteristiche generali Dimensioni Peso Alimentazione Consumo 39 x 26 x 12 cm Circa 3,9 kg 85 ÷ 265 VAC, 50 ÷ 60 Hz 50 W Sistema fotometrico Lampada Campo spettrale Principio di misura Vano lettura Ideale per approfondire le problematiche diagnostiche dello stress ossidativo, il FREE è un sistema progettato specificamente per i ricercatori e per gli operatori dei laboratori di analisi. Tuttavia, la straordinaria semplicità d’uso, unitamente all’estrema flessibilità, rende questo apparecchio utilizzabile, con un minimo di esperienza, in qualsiasi contesto diagnostico (studi medici, cliniche, ospedali, farmacie, centri benessere, palestre, ecc.), con il duplice vantaggio per il paziente di poter ottenere il risultato dei test effettuati su di lui in tempo reale, senza il disagio di doversi rivolgere ad un laboratorio di analisi esterno. Il FREE, infine, consente di eseguire test a costi bassissimi insieme ad un preciso controllo di qualità. Focalizzata a lunga durata (1) 505 nm ottenuti con filtro interferenziale Assorbanza. Legge di Lambert e Beer. 37°C con temperatura visualizzata sul display Centrifuga Velocità di rotazione Capacità Temperatura 6000 rpm ± 5% 2 – 4 posti 37°C visualizzata in tempo reale sul display Software (4) Programma Interfaccia Residente su memoria FLASH RS 232 a 9 poli per collegamento al PC Display LCD alfanumerico retroilluminato (3) Stampante Tipologia Emissione risultato Grafica, termica, con 192 dots per linea (2) Stampa automatica del risultato Autodiagnosi Automatica con visualizzazione degli errori Condizioni di esercizio Temperatura Ambiente, 15 ÷ 35°C Umidità relativa Fino ad un massimo del 90% (5) Sicurezza DIRETTIVA 73/23/CEE Compat. elettromag. DIRETTIVA 89/336/CEE (1) Con 8 nm di larghezza di banda (2) Con possibilità di personalizzare l'intestazione e ripetere la stampa (3) Con 4 righe da 20 caratteri (4) Aggiornabile con collegamento seriale a PC (5) NORME: CEI-EN 61010-1, CLASSE I; CATEGOR. INSTALLAZIONE II 6. 2 Il sistema FRAS Il FRAS (release 3) è un sistema analitico integrato costituito da un fotometro dedicato con centrifuga incorporata progettato per consentire esclusivamente l’esecuzione del d-ROMs test su sangue intero, ottenuto generalmente mediante prelievo di sangue capillare. Esso, pertanto, viene fornito insieme al kit del d-ROMS test che ne costituisce parte integrante. La sigla FRAS sta per Free Radical Analytical System, ossia sistema per l’analisi dei radicali liberi. L’aspetto tecnologico maggiormente innovativo del FRAS 3 è l'integrazione della centrifuga nel modulo analitico, che consente all’operatore di disporre di un unico strumento in grado di svolgere sia le funzioni di fotometro che quelle di centrifuga. Benché la procedura del d-ROMs test sia abbastanza semplice, FRAS 3 dispone di un display autoistruente che fornisce, oltre alle temperature del fotometro e della centrifuga, anche i messaggi operativi (in varie lingue). Ciò è possibile grazie al particolare software che gestisce la strumentazione e che può essere aggiornato attraverso il collegamento con un normale PC. Particolarmente interessante è la gestione dell’output. Infatti, FRAS 3 consente, grazie alla sua piccola stampante, l’emissione di uno scontrino con intestazione personalizzabile e, Il kit del d-ROMS test per il FRAS 3 è fornito in una pratica confezione da 50 test (tabella 6. 4). Tabella 6. 4 Il kit del d-ROMs test dedicato per il FRAS 3 Componente Descrizione Confezione Conservazione Lancetta pungidito Capillare Reagente R 1 Reagente R 2 Cuvetta Tappo per cuvetta Siero di controllo (opzionale) Dispositivo per digitopuntura a scatto, sterile, monouso Sottilissimo cilindro di vetro della capacità di 20 µL per la raccolta del sangue capillare Miscela cromogena in contenitore con dispensatore a gocce Soluzione tampone (pH 4.8) contenente stabilizzanti e conservanti in miniprovetta predosata, tipo “Eppendorf” (contenitore di forma conica con tappo integrato, incolore, monodose, monouso) Cuvetta in polietilene tappabile, prismatica, di dimensioni alla base di 1.0 x 1.0 cm Tappo a vite cilindrico grigio Siero liofilo a matrice umana 2 x 25 pezzi Temperatura ambiente 1 x 50 pezzi Temperatura ambiente 1 flacone da 1 mL 2-8 °C, al riparo dalla luce diretta* 2 x 25 pezzi 15-25°C, al riparo dalla luce diretta* 2 x 25 pezzi Temperatura ambiente 1 x 50 pezzi Temperatura ambiente 2-8 °C, al riparo dalla luce diretta* 1 flacone da ricostituire con 1 mL di acqua distillata *In tali condizioni i reattivi sono stabili sino alla data di scadenza indicata sulla confezione 48 Capitolo 6. La strumentazione dedicata nella valutazione dello stress ossidativo La procedura analitica è molto semplice. Una goccia di sangue, prelevata per digitopuntura, è raccolta in un piccolo capillare e, insieme a questo tubicino, immersa in una provetta contenente una soluzione tampone lievemente acida. Il campione, dopo una delicata agitazione, è trasferito in cuvetta, ove viene aggiunta una goccia di reattivo cromogeno. La nuova soluzione è, quindi, sottoposta a centrifugazione e, infine, alla lettura fotometrica. In questa procedura, il sangue raccolto nel capillare viene messo a contatto con la soluzione tampone lievemente acida per consentire il rilascio del ferro dalle proteine plasmatiche. Una volta libero, questo metallo di transizione, analogamente a quanto accade in vivo in condizioni di acidosi, catalizza in vitro la trasformazione degli idroperossidi contenuti nel campione in radicali alcossili e perossili. Quando viene aggiunta la soluzione di cromogeno, la N,N-dietil-parafenilendiammina in essa disciolta reagisce con i radicali generati in vitro radicalizzandosi a sua volta ed assumendo un colore rosato. Si versa il contenuto della provettina nella cuvetta di lettura. La successiva breve centrifugazione consente la sedimentazione della parte corpuscolata del sangue. Si pone, quindi, la cuvetta nel vano di lettura; il fotometro potrà trasformare l’intensità del colore (che è proporzionale alla quantità di radicali e, quindi, di idroperossidi presenti inizialmente nel campione) in unità di concentrazione (U CARR), a cui possono corrispondere determinati livelli di stress ossidativo. FRAS 3 un sistema progettato specificamente per il medico, sia di base che specialista, e per il farmacista. 49 Capitolo 7. Considerazioni conclusive e linee-guida Capitolo 7 Considerazioni conclusive e linee-guida Tabella 7. 1 d-ROMs test: errori da evitare Fase critica Accorgimento Il punto di partenza nella valutazione di laboratorio dello stress ossidativo è l’esecuzione del d-ROMs test attraverso la strumentazione dedicata (sistemi FREE e FRAS) o quella al momento disponibile (comune fotometro o analizzatore multiplo). Il d-ROMs test andrebbe effettuato in condizioni di buona salute o “basali” perché, valutando anche lo stato metabolico dell’organismo, fornisce risultati che sono influenzati dallo stile di vita. Ognuno dovrebbe conoscere tale valore di riferimento, specifico di ogni individuo e rientrante nell’ambito della variabilità documentata nella popolazione generale. Ad esso bisogna rapportarsi per ogni controllo che si rendesse necessario in futuro, in relazione a situazioni fisiologiche (es. attività fisica), parafisiologiche (es. gravidanza) o francamente patologiche (es. infarto) ovvero in rapporto a specifici interventi terapeutici (es. chemioterapici, cortisonici, contraccettivi orali ecc.). In ogni caso, i risultati del d-ROMs test, che valuta il livello degli idroperossidi, testimoni e indicatori dello stress ossidativo, devono essere inquadrati dal medico nella situazione clinica del singolo paziente. Sulla base dei risultati dei numerosi studi finora pubblicati in materia, è oggi possibile tracciare una serie di linee-guida orientative per una corretta interpretazione e, quindi, gestione dei risultati del d-ROMs test. Di fronte a valori inferiori a 250 U CARR, definiti come normali, bisogna interrogarsi se la procedura è stata eseguita in maniera corretta o meno. A tal proposito vi sono alcuni errori da evitare in fase analitica. Essi riguardano le modalità del prelievo e di disinfezione della cute, il tipo di anticoagulante eventualmente usato, l’emolisi del campione, le modalità di conservazione dei reagenti, ecc (tabella 7. 1). Disinfezione della superficie cutanea con sali di alchilammonio o derivati ossidanti del cloro Prelievo ematico Impiego di coagulanti della classe dei chelanti (EDTA o CITRATO) Modalità di conservazione della soluzione di cromogeno (reagente R 1) Modalità di conservazione del prelievo Usare solo alcool etilico, perché queste sostanze interferiscono con i risultati del d-ROMs test (sottostima) Evitare qualsiasi trauma, perché l’emolisi interferisce con i risultati del d-ROMs test (sottostima) Usare solo eparina se necessario perché EDTA e CITRATO interferiscono con i risultati del dROMs test (sottostima) Conservare il reagente R 1 a 2-8 °C e tenerlo lontano dal contatto diretto con le radiazioni solari. In tali condizioni esso rimane stabile fino alla data di scadenza riportata sulla confezione. Se non è possibile effettuare l’analisi subito dopo il prelievo, conservare il siero a +4° C o a – 20 °C ed eseguire il test entro l’intervallo prestabilito per queste temperature Se la procedura è corretta, l’anamnesi e l’esame obiettivo dovranno chiarire se il soggetto è affetto da una patologia o segue regimi terapeutici particolari, che possono “mascherare” il livello reale di idroperossidi. Per esempio, il trattamento con cortisonici, talvolta anche ad uso topico, riduce considerevolmente il livello di idroperossidi falsando il risultato reale del d-ROMs test In tutti questi casi è opportuno ripetere il test dopo un congruo intervallo di tempo, dopo aver messo in atto gli interventi diagnostici e terapeutici del singolo caso. In aggiunta a quanto esposto, va ricordato che gli stati cachettici in genere si accompagnano a valori bassissimi del d-ROMs test a causa del rallentamento di tutti i processi metabolici (figura 7. 1). < 250 U CARR (valori normali) Controllare la procedura Procedura corretta Procedura errata Anamnesi ed esame obiettivo Non evidenza di patologia in atto Emolisi Chelanti Assenza str. ossidativo Razza orientale (?) Monitorare lo stile di vita Ripetere il test immediatamente Ripetere il test dopo 6 mesi Condizione di atleta Controllare regime allenamento Abuso di antiossidanti Controllare regime terapia Ripetere il test dopo 4 mesi Possibile patologia Possibile terapia Evidenza patologia Patologia disreattiva Ulteriori indagini Terapia cortisonica Eventuale terapia specifica Monitorare terapia Ripetere il test in base alla malattia o dopo 3 mesi Figura 7. 1 d-ROMs test: linee guida 1 (valori <250 U CARR) Se i valori del d-ROMs test sono compresi nel range della normalità (250-300 U CARR) il medico deve comunque eseguire una regolare anamnesi accompagnata dall’esame obiettivo. La negatività dei dati anamnestici e clinici insieme ad un valore 50 Capitolo 7. Considerazioni conclusive e linee-guida normale del d-ROMs test è in genere sufficiente per escludere una condizione di stress ossidativo in atto, fermo restando che avere un valore del dROMs test “nella norma” non esclude l’esistenza di patologie in atto ma indica solo la presenza di un livello sierico di idroperossidi che rientra nella media rilevata nella popolazione clinicamente asintomatica ed apparentemente sana. Poiché è importante che tale valore resti normale nel tempo, il medico suggerirà il mantenimento o l’adozione di stili salutari di vita, consiglierà regimi idonei di allenamento se si svolge attività sportiva e inviterà il paziente a ripetere il test dopo 6-8 mesi. Se, tuttavia, il paziente nel corso di precedenti determinazioni aveva in passato valori significativamente inferiori a quello rilevato al momento (es. un valore attuale di 290 U CARR contro un valore pregresso di 210 U CARR), è possibile che sia intervenuta una condizione di stress ossidativo e, dunque, è da sospettarsi una patologia in atto che, se confermata, richiederà gli interventi diagnostici e terapeutici indicati e la ripetizione del test dopo 3 mesi (in funzione della malattia e della terapia intrapresa) (figura 7. 2). 301-320 U CARR (borderline) Anamnesi ed esame obiettivo Non evidenza patologia in atto Alimentazione squilibrata Attività fisica inadeguata Ulteriori accertamenti diagnostici Riequilibrare la dieta Controllare allenamento Eventuali interventi specifici Migliorare lo stile di vita Integrare con antiossidanti Migliorare lo stile di vita Integrare con antiossidanti Ripetere il test dopo 3 mesi Ripetere il test in funzione della malattia o dopo 3 mesi Figura 7. 3 d-ROMs test: linee guida 3 (valori 250-300 U CARR) Invece, deve destare sicuramente preoccupazione una situazione di situazione di stress ossidativo lieve-medio, con valori del dROMs test compresi fra 321 e 400 U CARR (figura 7. 4) 321-400 U CARR (stress ossidativo lieve-medio) Anamnesi ed esame obiettivo Sforzo muscolare Ulteriori indagini OXY-ADS test 250-300 U CARR (valori normali) Precedente valore << 250 U CARR Possibile patologia in atto Non evidenza stress ossidativo Ulteriori accertamenti Monitorare stile di vita Eventuale terapia specifica Ripetere il test dopo 6-8 mesi Ripetere il test dopo 3 mesi, in base alla malattia Condizioni correlate con uno stile di vita non corretto Fumo di sigaretta Abuso di alcolici Eventuali patologie in atto Sovrappeso Ipertensione Obesità arteriosa Mal. cardio vascolari M.degener,/ disreattive Ulteriori indagini con eventuale valutazione dello status antiossidante Anamnesi ed esame obiettivo Non evidenza patologia in atto Possibile patologia in atto Interventi specifici Eventuali interventi specifici Integrazione antiossidante Integrazione antiossidante Ripetere il test dopo 30 giorni Ripetere il test dopo 40 giorni Figura 7. 4 d-ROMs test: linee guida 4 (valori 321-400 U CARR) Valori così elevati possono riscontrarsi dopo un intenso sforzo muscolare (es. una gara ciclistica), in alcune condizioni correlate con lo stile di vita (es. fumo, alcolismo, sovrappeso o obesità) e in alcune patologie classicamente associate con lo stress ossidativo, quale l’ipertensione arteriosa non ben compensata, le vasculopatie periferiche e numerose malattie degenerative ad andamento cronico. In questi casi alle indagini del singolo caso è da prendere in considerazione l’eventualità di approfondire la valutazione di laboratorio dello stress ossidativo, esplorando anche lo status antiossidante. L’integrazione antiossidante, comunque, è d’obbligo perché la terapia specifica non è in genere in grado di controllare completamente lo stress ossidativo. Il test va ripetuto dopo 40 giorni. Infine, valori superiori a 400 U CARR, se si esclude la gravidanza in fase avanzata, indicano una condizione di stress ossidativo elevatissimo e richiedono un tempestivo intervento sia sul versante diagnostico (è d’obbligo l’esecuzione di test per la valutazione dello status antiossidante) sia su quello terapeutico (integrazione antiossidante massiva) (figura 7. 5). Figura 7. 2 d-ROMs test: linee guida 2 (valori 250-300 U CARR) Valori compresi tra 300 e 320 U CARR suggeriscono una condizione border-line che non va sottovalutata. Infatti, se in alcuni casi è sufficiente riequilibrare un regime alimentare scorretto o un’attività agonistica per ricondurre alla norma questi valori, in altri non è possibile escludere a priori una patologia in atto. Pertanto, onde prevenire il danno ossidativo eventualmente in atto, è consigliabile, a scopo preventivo, un’integrazione con antiossidanti (figura 7. 3). 51 Capitolo 7. Considerazioni conclusive e linee-guida 2. E' intervenuto un fenomeno di proossidazione durante la terapia (ad es. causa di un iperdosaggio di antiossidanti) 3. E' stata attivata un'altra fonte di idroperossidi (ad es. per una infiammazione del cavo orale, o per intensi esercizi fisici, etc.) durante la terapia 4. L'operatore ha commesso un errore durante il rilevamento dello stress ossidativo Pertanto, per avere una risposta corretta, occorre sapere: 1. Si è sicuri che il paziente non abbia in corso qualche malattia? 2. Si è sicuri che il paziente durante la terapia non sia andato incontro a patologie intercorrenti? 3. Quale è l'esatta composizione del cocktail antiossidante usato? 4. Quale è la concentrazione plasmatica della Vitamina C e della Vitamina E nel paziente? 5. E' disponibile un controllo, vale a dire i risultati ottenuti su una persona con la stessa malattia trattata con il medesimo cocktail di antiossidanti? La risposta a questi quesiti può fornire la soluzione del caso esaminato. >400 U CARR (stress ossidativo elevato-elev.mo) Anamnesi ed esame obiettivo Gravidanza avanzata Monitorare gestazione Terapia in atto Pillola anticoncez. Chemioterapia Patologia in atto Radio-terapia Mal. cardiovascolari Malattia disreattiva Malattia degenerativa Ulteriori indagini con valutazione dello status antiossidante Interventi specifici Eventuali interventi specifici Integrazione antiossidante Integrazione antiossidante Ripetere il test ogni 10 giorni Ripetere il test dopo 30 giorni Figura 7. 5 d-ROMs test: linee guida 5 (valori >400 U CARR) Nel caso in cui, dopo la terapia antiossidante non si registrasse un abbassamento del valore dei radicali liberi, sarà utile fare le seguenti considerazioni: 1. La terapia non è stata efficace (ad es. per una bassa concentrazione plasmatica degli antiossidanti) 52 Capitolo 8. Selezione bibliografica Capitolo 8. Selezione bibliografica Tutti i lavori scientifici selezionati nel capito 8 del presente volume sono disponibili sotto forma di abstract. Della maggior parte di essi, previo il consenso degli Autori, sono disponibili anche le versioni originali. Per maggiori informazioni contattare il direttore scientifico, dott. Eugenio Luigi Iorio, MD, PhD, ai seguenti recapiti: DIACRON International s. r. l. 58 100 Grosseto, via Zircone 8 – Italia Phone 0039 0564 467 922 – FAX 0039 0564 467 684 e–mail: [email protected] – web site www.diacron.com 8. 1 Bibliografia generale per autore 1. 2. 3. 4. 5. 6. Akkus I, Can UG, Caglayan O, Gurbilek M, Kalak S, Bor MA, Dikici I Lipid peroxidation and antioxidant status in serum, erythrocytes and leucocytes of children with insulin-dependent Diabetes Mellitus. Proceedings of the 16th International Congress of Clinical Chemistry, London, UK. 1996. European ESR Meeting. Leipzig, Germany. 1997. P 2. 7. Albertini A, Gerardi GM, Ferrari F, Tira P, Gazzotti RM, Di Lorenzo D Application of different methods to evaluate oxidative stress and antioxidant capacity in sera of hemodialyzed patients. 2002. CLINICAL STUDY. IN PRESS. 8. Allegra C, Bartolo M jr, Sarcinella R Evaluation of pharmacological effects of a homeopathic medication in primary tardive lymphoedema of lower extremities by means of microlymphography and free radicals detection. Clinical Report S. Giovanni Hospital. Rome, Italy. 2000. P 1-4 (Named srl Editor, Milan, Italy). 9. Alberti A, Bolognini L, Carratelli M, Della Bona MA, Macciantelli D Assessing oxidative stress with the d-ROMs test. Some mechanistic considerations. Proceedings of the SFRR Europe Summer Meeting. 26-28 June 1997, Abano Terme, Italy. 1997. P 8283. Allegra L, Blasi F, Capone P, Centenni S, Gogo R, Damato S, Patrigni G, Piatti G, Rampolli C, Rizzato G Optimisation of NAcetylcysteine dosage for its mucolytic and antioxidant activities [original title “Ottimizzazione dei dosaggi della NAC per l’espressione delle sue proprietà mucoattive ed antiossidanti”]. Giornale Italiano delle Malattie Toraciche. 2001. 55 (6): 476-484. 10. Alberti A, Bolognini L, Macciantelli D, Carratelli M The radical cation of N,Ndiethyl-para-phenylendiamine: a possible indicator of oxidative stress in biological samples. Res Chem Intermed. 2000. 26 (3): 253-67. Anzalone GE, Danesi P, Goti P, Melocchi F Effect of aerosolised N-Acetylcysteine (NAC) on reactive oxygen metabolites (ROM) in plasma of COPD patients. Le malattie dell’apparato respiratorio. 2001. 4: 41-45. 11. Bamonti F, De Vecchi A, Novembrino C, Buccianti G, De Franceschi M, Baragetti I, Ippolito S, Maiolo AT. Oxidative stress and homocysteine in patients on chronic dialysis. Clin Chem Lab Med. 2001. 39 (Special Supplement): S114. Alberti A Report of a EPR experiment on Diacron’s kit [original title “Esperimento EPR sul kit Diacron”]. I.Co.C.E.A. – National Council of Research. Research Area. Bologna, Italy. 1997. EXPERIMENTAL REPORT. Alberti A The d-ROMs test. Model and chemical basis [original title “Il d-ROMs test. Modello e basi chimiche”]. I.Co.C.E.A. – National Council of Research. Research Area. Bologna, Italy. 1997. 1997. EXPERIMENTAL REPORT. Alberti A, Della Bona MA, Bolognini L, Carratelli M, Macciantelli D. Assessing oxidative stress in living organisms by ESR spectroscopy. Proceedings of the Third 53 Capitolo 8. Selezione bibliografica 12. 13. Belcaro G, Carratelli M, Cesarone MR, Cornelli U, Incandela L, Nicolaides A. Oxygen free radicals: a method, a product, an application. Proceedings of the SFRR Europe Summer Meeting. 26-28 June 1997, Abano Terme, Italy. 1997. P 183-184. 14. Beltrami G, Fanton F, Schiavottiello G Determination of free radicals in different sporting activities and their application [original title “Determinazione dei radicali liberi in differenti attività sportiva e sue applicazioni”]. Report of Italian Baseball And Softball Medical Federal Commission. Scientific Institute for Sport Italian National Olympic Committee (CONI), Rome, Italy. 1999. CLINICAL REPORT. 15. 16. Brambilla G, Fiori M, Archetti LI Evaluation of the oxidative stress in growing pigs by microplate assays. J Vet Med A. 2001. 48: 33-38. Buonocore G, Perrone S, Longini M, Terzuoli L, Bracci R Total hydroperoxide and advanced oxidation protein products in preterm hypoxic babies. Pediatric Research. 2000. 47 (2): 221-4. 17. Buonocore G, Perrone S, Longini M, Vezzosi P, Marzocchi B, Paffetti P, Bracci R. Oxidative stress in preterm neonates at birth and on the seventh day of life Pediatr Res. 2002. 52(1): 46-9. 18. Campise M, Tarantino A, Bamonti F, Novembrino C, Ippolito S, Lonati S, Montanino G, Ponticelli C, Cornelli U Oxidative status in kidney transplantation. 2002. MEETING COMMUNICATION. IN PRESS. 19. 20. Oxygen Metabolites (ROMs) and prooxidant status in children with Down Syndrome. International Journal of Clinical Pharmacology Research. 2001. 21 (2): 7984. Bamonti F, Novembrino C, Cighetti G, Annaloro C, Luchesini C, De Franceschi M, Bortone L, Della Volpe A, Ippolito S, Lambertenghi Deliliers G Assessment of oxidative stress in hemopoietic stem cell transplantation (HSCT). Biochimica Clinica. 2001. 25: 60. Capunzo M, Iorio EL, Cavallo P Correlation between oxidative stress and plasma lipids levels: results of a preliminary study [original title “Correlazione fra stress ossidativo e livello di lipidi plasmatici: risultati di uno studio preliminare”]. I Quaderni dell’Università di Salerno. 2001. 91-102. Carratelli M, Porcaro R, Ruscica M, De Simone E, Bertelli AAE, Corsi MM Reactive 54 21. Carratelli M, Spagnoli U, De Toma G, Guerreschi F, D’Ascenzio G Application of a new method to evaluate oxidative damage in patients treatet with ozone-therapy [original title “Applicazione di un nuovo metodo per la valutazione del danno ossidativo in pazienti trattati con ozonoterapia”]. 1999. CLINICAL REPORT. 22. Cesarone MR, Belcaro G, Carratelli M, Cornelli U, De Sanctis MT, Incandela I, Barsotti A, Terranova R, Nicolaides A A simple test to monitor oxidative stress. International Angiology. 1999. 18 (2): 127130. 23. Cesarone MR, Incandela L, DeSanctis MT, Belcaro G, Dugall M, Acerbi G. Variations in plasma free radicals in patients with venous hypertension with HR (Paroven, Venoruton; 0-(beta-hydroxyethyl)-rutosides): a clinical, prospective, placebo-controlled, randomized trial. J Cardiovasc Pharmacol Ther. 2002. 7(Suppl 1): S25-8. 24. Cloete PW Clinical applications of free radicals. 2002. CASE REPORT. 25. Cornelli U, Cornelli M, Terranova R, Luca S, Belcaro G Ageing and free radicals [original title “Invecchiamento e radicali liberi”]. Progress in Nutrition. 2000. 3: 37-50. 26. Cornelli U, Cornelli M, Terranova R, Luca S, Belcaro G The importance of oxidative stress as risk factor for morbidity [original title “Importanza dello stress ossidativo come fattore di rischio per la morbilità”]. La Medicina Biologica. 2000. 1: 13-18. 27. Cornelli U, Cornelli M, Terranova R. Freeradical and vascular diseases The International Union of Angiology’s Bulletin. 1999. 15: 7-10. 28. Cornelli U, Terranova R, Luca S, Cornelli M, Alberti A Bioavailability of some food supplementations in men and women using the d-ROMs test as a marker of oxidative stress. J Nutr. 2001. 131: 3208-3211. 29. Cornelli U, Terranova R, Luca S, Cornelli M, Alberti A Bioavailability and antioxidant activity of some food supplements in men and women using the d-ROMs test as a marker of oxidative stress [original title Capitolo 8. Selezione bibliografica “Biodisponibilità ed attività antiossidante di alcuni supplementi nutrizionali. Test dROMs: marker dello stress ossidativo”]. La Medicina Biologica. 2002. 2: 35-40. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. Cornelli U, Terranova R, Luca S, Di Mauro C, Cornelli M Oxidative stress and senile dementia [original title “Lo stress ossidativo e la demenza senile”]. La Medicina Biologica. 2001. 3: 11-15. Corsi MM, Fulgenzi A, Gualandri V, Ferrero ME, Gaja G Free radicals, ROS, and lipoperoxides in blood plasma of children with 21 trisomy syndrome [original title “Radicali liberi, ROS, e lipoperossidi, LPO, nel plasma di bambini con trisomia 21”]. Proceedings of the 49th National Congress AIPaC. 11-14 May 1999. Naples, Italy. 1999. P 31. Da Vela G, Casini MC, Della Lena R, Gozzi F From the theoretical research to clinical practice: free radicals in some pathological situations, usefulness, limits and perspectives [original title “Dalla ricerca teorica alla pratica quotidiana: i radicali liberi in alcune situazioni patologiche, utilità, limiti e prospettive”]. Etruria Medica. 1995. 2: 2934. De Prisco R, Attianese P, Lione Balestrieri C, Iorio EL Oxidative stress serum lipids. Proceedings of the Congreso Italo-latinoamericano Etnomedicina. 23-28 September 2001. de Margarita, Venezuela. 2001. 37. Dolci A, Nanni G, Roi GS, Palli R, Banfi G. Oxygen free radicals and total antioxidant status in a professional players team during a football season. 1998. CLINICAL REPORT. 38. Formigoni A, Calderone D, Pezzi P, Panciroli A Changes in “oxidative status” during the dry period and the first month of lactation in dairy cows [original title “Evoluzione dello “status ossidativo” nella bovina da latte: osservazioni preliminari”]. Proceedings of the 12th National Congress “Associazione Scientifica di Produzione Animale” 23-26 June 1997. University of Pisa, Department of Animal Productions. Pisa, Italy. 1997. P 203-4. 39. Franzini A, Luraschi P, Pagani A Direct measurement of reactive oxygen metabolites in blood serum: analytical assesment of a novel method [original title “Misura diretta dei metaboliti reattivi dell’ossigeno nel siero: valutazione analitica di un nuovo metodo”]. Biochimica Clinica. 1996. Suppl. 1/5-6: 89. 40. Gerardi GM, Usberti M, Martini G, Albertini A, Sugherini L, Pompella A, Di Lorenzo D Plasma total antioxidant capacity in hemodialyzed patients and its relationship to other biomarkers of oxidative stress and lipid peroxidation. Clin Chem Lab Med. 2002. 40 (2): 104-110. 41. Giannattasio A, De Chiara M, Basile G, Peticca M, De Rosa M, Zarrilli S, Metafora S, Hall L A new method for the assay of sperm membranes lipoperoxides in normal and pathological human semen. J Endocrinol Invest. 1998. 21 (Suppl 7): 187. 42. Giordano N, Battisti E, Geraci S, Santacroce C, Lucani B, Fortunato M, Mattii G, Gennari C. Analgesic-antiinflammatory effect of a 100 Hz variable magnetic field in RA. Clin Exp Rheumatol. 2000. 18 (2): 263. 43. Hiss RM, Sauerwein SH. The effects of feeding antioxidative supplements on haptoglobin (Hp) and serum amyloid A (SAA) serum concentrations in horses. Report of Biofocus GmbH, Recklinghausen, Germany and Institute of Physiology, Biochemistry and Hygiene of Domestic Animals, Bonn University, Germany. 2002. EXPERIMENTAL REPORT. 44. Iamele L, Amboni P, Felletti S, Pasinetti G, Auriema A, Vernocchi A Reference values of hydroperoxides in the blood serum of D, and 10th de Isla Digiesi V, Oliviero C, Gianno V, Rossetti M, Fiorillo C, Oradei A, Lenuzza M, Nassi P. Reactive metabolites of oxygen, lipid peroxidation, total antioxidant capacity and vitamin E in essential arterial hypertension. Clin Ter. 1997. 148 (11): 515-9. Dionisio C, Pozzi D, Lisi A, Santoro N, Grimaldi S The Diacron’s kit for the monitoring of plasma free radicals: correlation with stress and pathological states [original title “Il kit Diacron per il monitoraggio di radicali liberi plasmatici: correlazione a stati di stress e patologici”]. Report of the Experimental Medicine Institute. National Council of Research. Rome, Italy. 1999. CLINICAL REPORT. Dolci A, Mathias M Muller Oxidative stress induced by physical exercise: the biochemical monitoring. Proceedings of the Meeting “Medical Laboratory of Physical Exercise and Sports”. 6-7 december 2001. Padua, Italy. 2001. P 18. 55 Capitolo 8. Selezione bibliografica newborns and adults [original title “Valori di riferimento di idroperossido nel siero di neonati e adulti”]. Biochimica Clinica. 1997. 21: 7-8. 45. 46. 47. 48. Iamele L, Fiocchi R, Vernocchi A Evaluation of an automated spectrophotometric assay for reactive oxygen metabolites in serum. Clin Chem Lab Med 2002. 40 (7): 673-6. Iamele L, Vernocchi A, Amboni P, Pasinetti G, Auriema A., Bellan C, Tempra A Normal values of free radicals in newborns and comparison with adults. Proceedings of the 12th IFCC European Congress of Clinical Chemistry “Medlab ‘97”. Basel, Switzerland. 1997. P 196. Incandela L, Belcaro G, Cesarone MR, De Sanctis MT, Griffin M, Cacchio M, Nicolaides AN, Bucci M, Barsotti A, Martines G, Cornelli U, Di Renzo A Oxygen-free radical decrease in hypertensive patients treated with lercanidipine Int Angiol. 2001. 20(2): 136-40. Iorio EL Courses of feeding education in the schools: eating well – eating sure [original title “Corsi di educazione alimentare nelle scuole: mangiare bene – mangiare sicuro”]. Scientific Nutrition Today. 2000. 2: 17. 49. Iorio EL, Carratelli M, Quagliuolo L, Caletti G Oxidative stress evaluation in athletes Proceedings of the 2nd International Conference on Oxidative Stress and Aging. 2-5 April 2001. Maui, Hawaii, USA. 2001. P60. 50. Iorio EL, Carratelli M, Alberti A A simple test to monitor the oxidative stress by evaluating total serum hydroperoxides. nd Proceedings of the 2 International Conference on Oxidative Stress and Aging. 2-5 April 2001. Maui, Hawaii, USA. 2001. P25. 51. Iorio EL, Escalona M, De Prisco R, Attianese P, Caratelli M. Impairment of redox balance in obesity. Proceedings of the 10th Congreso Italo-latinoamericano de Etnomedicina. 23-28 September 2001. Isla de Margarita, Venezuela. 2001. 52. Iorio EL, Quagliuolo L, Carratelli M. The dROMs test: a method to monitor oxidative stress in vascular diseases [Original title “dROMs test: metodo di monitoraggio dello stress ossidativo nelle patologie vascolari”]. Minerva Cardioangiologica. 2002. 50 (6, suppl. 1): 143-144. 56 53. Ippolito S, Bamonti F, Novembrino C, De Franceschi M, Massaro P, Cortelezzi A, Fracchiolla NS, Ciani A, Maiolo AT. Homocysteine levels and oxidative stress in myeloprolyferative and myelodysplastic syndromes. Clin Chem Lab Med. 2001. 39 (Special Supplement): S269. 54. Ippolito S, Bamonti-Catena F, Novembrino C, Cortellezzi A, Fracchiolla NS, Di Cataldo D, Guggiari E, Ciani A, Maiolo AT Oxidative stress in myelodysplastic syndromes. Biochimica Clinica. 2001. 25: 61. 55. Ippolito S, Caruso R, Novembrino C, Bamonti-Catena, Della Noce C, Lorenzano E, Camolo J, Tonini A, Lonati S, Rosina M, Accinni R Dislipidemia and oxidative stress. Ital J Biochem. 2002. 51 (3-4): 129. 56. Kusmic C, Petersen C, Picano E, Busceti C, Parenti G, Laghi Pasini F, Barsacchi R Antioxidant effect of oral dipyramidole during cerebral hypoperfusion with human carotid endarterectomy. Journal of Cardiovascular Pharmacology. 2000. 36 (2): 141-145. 57. La Torre F, Orlando A, Silipigni A, Giacobello T, Pergolizzi S, Aragona M Increase of oxygen free radicals and their derivatives in chemo- and radiation treated neoplasm patients [original title “Incremento dei radicali liberi dell’ossigeno e dei loro derivati in pazienti neoplastici chemio e radiotrattati”]. Minerva Medica. 1996. 86: 14. 58. Liotti F, Maselli R, De Prisco R, Iorio EL, De Seta C, Sannolo N Antioxidant agents in work environment and professional bronchopneumopathies [original title “Agenti antiossidanti in ambiente di lavoro e broncopneumopatie professionali”]. Proceedings of the Meeting “Giornate Scientifiche della Facoltà 2000”. 17-19 May 2000. Second University of Naples, Naples, Italy. 2000. P 555-556. 59. Mariani MM The assessment of oxidative stress before, during and after EDTA chelation therapy by means of the d-ROMs test [original title “Studio dello stress ossidativo tramite d-ROMs test prima durante e dopo terapia chelante con EDTA”]. Minerva Cardioangiologica. 2002. 50 (6, suppl. 1): 138-139. 60. Marzatico. Use of d-ROMs test in a pilot study on the effects of a acute and chronic transcutaneous administration of ginkgo biloba [original title “Utilizzo del d-ROMs test Capitolo 8. Selezione bibliografica in uno studio pilota sugli effetti di una somministrazione transdermica acuta e cronica di ginkgo biloba”]. 1999. CLINICAL REPORT 61. 62. 63. Novembrino C, Bamonti F, Campise MR, Tarantino A, Ippolito S, Ponticelli C, Maiolo AT. Homocysteine metabolism and oxidative stress after kidney transplantation. Clin Chem Lab Med. 2001. 39 (Special Supplement): S115. Novembrino C, Bamonti F. Ippolito S, Lorenzano F, Lonati S, Della Noce C, Tonini A, Accinni R A new approach to the risk for cardiovascular diseases [original title “Nuovo approccio al rischio di patologia cardiovascolare”]. Biochimica Clinica. 2002. 26 (3): 267. Palumbo R, Bondanini F, Vitaliano E, Chiaretti B, Galliani M, Tarquini G, Travaglia S, Paone A, Zepponi E. Hemodialysis and oxidative stress: reactive oxygen metabolites determination [original title “Emodialisi e stress ossidativo: determinazione dei derivati dei metaboliti reattivi dell’ossigeno”]. Giornale Italiano di Nefrologia. 2000. 17 (3, Special Number): 73. 64. Palumbo R, Chiaretti B, Bondanini F, Vitaliano E, Tarquini G, Galliani M, Di Blasi S, Paone A. Chronic renal failure, free radicals, and the oxidant/antioxidant status. Journal of The American Society of Nephrology. 2000. 11: 73A. 65. Palumbo R, Chiaretti B, Vitaliano E, Bondanini F, Galliani M, Tarquini G, Travaglia S, Di Blasi S, Paone A, Zepponi E. Oxidative stress and chronic renal failure: effects of hemodialysis. Proceedings of the th 37 Congress of the European Renal Association - European Dialysis and Transplant Association. First combined congress with European Kidney Research Association. 17-20 September 2000. Nice, France. 2000. P 246. 66. Parmigiani S, Gambini L, Massari A, Pezzani I, Bevilacqua G Evaluation by micromethod of reactive oxygen metabolites in the newborn: assessment of normality standards [original title “Valutazione con micrometodo dei metaboliti reattivi dell’ossigeno nel neonato: determinazione degli standard di normalità”]. Proceedings of th the 7 National Congress of Italian Society of Perinatal Medicine “Medicina Perinatale ’98”. 25-28 March, Bari, Italy. 1998. 266269. 57 67. Parmigiani S, Gambini L, Massari A, Pezzani I, Payer C, Bevilacqua G. Evaluation of reactive oxygen metabolites with micromethod in neonates: determination of standards of normality in full-term babies. Acta Biomed Ateneo Parmense. 1997. 68 (Suppl 1): 103-6. 68. Parmigiani S, Payer C, Massari A, Bussolati G, Bevilacqua G. Normal values of reactive oxygen metabolites on the cord-blood of fullterm infants with a colorimetric method. Acta Biomed Ateneo Parmense. 2000. 71(1-2): 59-64. 69. Pontiggia P, Silvotti MG, Martano F, Cuppone Curto F, Rotella GB, Sabato A The role of whole body hyperthermia in AIDS patients: effects on the free radicals level. Med Biol Environm 1995. 23 (2): 279282. 70. Rampoldi C. The measurement of oxidation-reduction phenomenon [original title “La misura dei fenomeni ossidoriduttivi”] Giornale Italiano delle Malattie del Torace. 1998. 4: 277-281. 71. Rizzato G Death due to air pollution: role of oxidative stress and protection of an antioxidant aerosol [original title “Mortalità da inquinamento atmosferico: ruolo dello stress ossidativo e potere tampone di un aerosol antiossidante”]. Giornale Italiano delle Malattie Toraciche. 2000. 54 (3): 204212. 72. Serra A, Garozzo A, Cocuzza S, D'Amico VA, Carnevale G, Maiolino L Role of free radicals and their determination by means of d-ROMs test in Ménière’s diseases [original title “Ruolo dei radicali liberi e loro determinazione mediante d-ROMS test nella malattia di Ménière”]. Progressi in Audiologia e Vestibologia. 1999. 3: 1-2. 73. Siciliano G, D'Avino C, Del Corona A, Barsacchi R, Kusmic C, Rocchi A, Pastorini E, Murri L. Impaired oxidative metabolism and lipid peroxidation in exercising muscle from ALS patients. Amyotroph Lateral Scler Other Motor Neuron Disord. 2002. 3(2): 5762. 74. Squitti R, Rossini PM, Cassetta E, Moffa F, Pasqualetti P, Cortesi M, Colloca A, Rossi L, Finazzi-Agro A d-penicillamine reduces serum oxidative stress in Alzheimer’s disease patients. Eur J Clin Invest 2002. 32 (1) : 51-9. Capitolo 8. Selezione bibliografica 75. 76. 77. 81. Testa Effects of a vitamin E-modified membrane (CL-E) on plasma oxidative stress markers of hemodialyzed patients [original title “Effetti di un filtro modificato con vitamina E su alcuni marker plasmatici di stress ossidativo in pazienti emodializzati”]. Report of the Hospital of Cremona. Cremona, Italy. 1999. CLINICAL REPORT. Trotti R. Carratelli M, Barbieri M, Micieli G, Bosone D, Rondanelli P., Bo P Oxidative stress and thrombophilic condition in alcoholics without severe liver disease. 2001. Haematologica. 86: 85-91. 79. Usberti M, Bufano G, Lima G, Gazzotti RM, Tira P, Gerardi GM, Di Lorenzo D. Increased red blood cell survival reduces the need of erythropoietin in hemodialyzed patients treated with exogenous glutathione and vitamine E-modified membrane. Contrib Nephrol. 1999. 127: 208-14. Vassalle C, Lubrano V, Boni C, L’Abbate A, Zucchelli GC. Evaluation of oxidative stress levels in vivo by means of colourmetric and immunoenzymatic methods [original title “Valutazione dei livelli di stress ossidativo in vivo mediante metodo colorimetrico ed immunoenzimatico”]. Report of National Council of Research. Institute of Clinic Physiology, Pisa, Italy. 2001. CLINICAL REPORT. Trotti R, Carratelli M, Barbieri M. Performance and clinical application of a new, fast method for the detection of hydroperoxides in serum. Panminerva Med 2002. 44 (1): 37-40. 78. 80. oxidative stress markers and anemia of hemodialyzed patients. Am J Kidney Dis. 2002. 40(3): 590-9. Tanganelli I, Ciccoli L, Tansi R, Borgogni P, Rossi V, Gistri M, Pettinari O, Signorini C, Marisi M Markers of oxidative stress in diabetic patients. Diabetes Research and Clinical Practice. 2000. 50 (Suppl 1): S1. Usberti M, Gerardi G, Bufano G, Tira P, Micheli A, Albertini A, Floridi A, Di Lorenzo D, Galli F. Effects of erythropoietin and vitamin E-modified membrane on plasma 58 82. Verde V, Fogliano V, Ritieni A, Maiani G, Morisco F, Caporaso N Use of N,Ndimethyl-p-phenylenediamine to evaluate the oxidative status of human plasma. Free Radic Res. 2002. 36 (8): 869-73. 83. Verduri A, Del Donno M, Chetta A, Olivieri D Free radical of oxygen measurement on capillary blood in healthy smokers, COPD patients and control subjects [original title “Misurazione dei radicali liberi dell’ossigeno su sangue capillare in fumatori sani, pazienti BPCO e soggetti di controllo”]. Proceedings of the Congress “Capitolo Italiano Chest”. 20-22 June 2002. Naples, Italy. 2002. 84. Vitola NM, Paraggio C, De Luna A, Nigro C Dosing of serum free radicals as possibile marker of alcohol abuse [original title “Il dosaggio dei radicali liberi serici quale possibile marker di abuso alcolico”]. Report of the Laboratory of Radioimmunology. Hospital of Battipaglia, Salerno, Italy. 1999. CLINICAL STUDY. IN PRESS. Capitolo 8. Selezione bibliografica 8. 2 Bibliografia per aree di interesse medico monitoraggio di radicali liberi plasmatici: correlazione a stati di stress e patologici”]. Report of the Experimental Medicine Institute. National Council of Research. Rome, Italy. 1999. CLINICAL REPORT. 8. 2. 1 Studi di validazione e review Da Vela G, Casini MC, Della Lena R, Gozzi F From the theoretical research to clinical practice: free radicals in some pathological situations, usefulness, limits and perspectives [original title “Dalla ricerca teorica alla pratica quotidiana: i radicali liberi in alcune situazioni patologiche, utilità, limiti e prospettive”]. Etruria Medica. 1995. 2: 29-34. Alberti A, Bolognini L, Macciantelli D, Carratelli M The radical cation of N,N-diethyl-paraphenylendiamine: a possible indicator of oxidative stress in biological samples. Res Chem Intermed. 2000. 26 (3): 253-67. Franzini A, Luraschi P, Pagani A Direct measurement of reactive oxygen metabolites in blood serum: analytical assesment of a novel method [original title “Misura diretta dei metaboliti reattivi dell’ossigeno nel siero: valutazione analitica di un nuovo metodo”]. Biochimica Clinica. 1996. Suppl. 1/5-6: 89. Cornelli U, Cornelli M, Terranova R, Luca S, Belcaro G The importance of oxidative stress as risk factor for morbidity [original title “Importanza dello stress ossidativo come fattore di rischio per la morbilità”]. La Medicina Biologica. 2000. 1: 1318. Alberti A Report of a EPR experiment on Diacron’s kit [original title “Esperimento EPR sul kit Diacron”]. I.Co.C.E.A. – National Council of Research. Research Area. Bologna, Italy. 1997. EXPERIMENTAL REPORT. Iorio EL, Carratelli M, Alberti A A simple test to monitor the oxidative stress by evaluating total serum hydroperoxides. Proceedings of the 2nd International Conference on Oxidative Stress and Aging. 2-5 April 2001. Maui, Hawaii, USA. 2001. P25. Alberti A The d-ROMs test. Model and chemical basis [original title “Il d-ROMs test. Modello e basi chimiche”]. I.Co.C.E.A. – National Council of Research. Research Area. Bologna, Italy. 1997. 1997. EXPERIMENTAL REPORT. Vassalle C, Lubrano V, Boni C, L’Abbate A, Zucchelli GC. Evaluation of oxidative stress levels in vivo by means of colourmetric and immunoenzymatic methods [original title “Valutazione dei livelli di stress ossidativo in vivo mediante metodo colorimetrico ed immunoenzimatico”]. Report of National Council of Research. Institute of Clinic Physiology, Pisa, Italy. 2001. CLINICAL REPORT. Alberti A, Bolognini L, Carratelli M, Della Bona MA, Macciantelli D Assessing oxidative stress with the d-ROMs test. Some mechanistic considerations. Proceedings of the SFRR Europe Summer Meeting. 26-28 June 1997, Abano Terme, Italy. 1997. P 82-83. Cloete PW Clinical applications of free radicals. 2002. CASE REPORT. Alberti A, Della Bona MA, Bolognini L, Carratelli M, Macciantelli D. Assessing oxidative stress in living organisms by ESR spectroscopy. Proceedings of the Third European ESR Meeting. Leipzig, Germany. 1997. P 2. Iamele L, Fiocchi R, Vernocchi A Evaluation of an automated spectrophotometric assay for reactive oxygen metabolites in serum. Clin Chem Lab Med 2002. 40 (7): 673-6. Belcaro G, Carratelli M, Cesarone MR, Cornelli U, Incandela L, Nicolaides A. Oxygen free radicals: a method, a product, an application. Proceedings of the SFRR Europe Summer Meeting. 26-28 June 1997, Abano Terme, Italy. 1997. P 183-184. Trotti R, Carratelli M, Barbieri M. Performance and clinical application of a new, fast method for the detection of hydroperoxides in serum. Panminerva Med 2002. 44 (1): 37-40. Rampoldi C. The measurement of oxidationreduction phenomenon [original title “La misura dei fenomeni ossidoriduttivi”] Giornale Italiano delle Malattie del Torace. 1998. 4: 277-281. Verde V, Fogliano V, Ritieni A, Maiani G, Morisco F, Caporaso N Use of N,N-dimethyl-pphenylenediamine to evaluate the oxidative status of human plasma. Free Radic Res. 2002. 36 (8): 869-73. Dionisio C, Pozzi D, Lisi A, Santoro N, Grimaldi S The Diacron’s kit for the monitoring of plasma free radicals: correlation with stress and pathological states [original title “Il kit Diacron per il 8. 2. 2 Neuropsichiatria Siciliano G, D'Avino C, Del Corona A, Barsacchi R, Kusmic C, Rocchi A, Pastorini E, Murri L. Impaired 59 Capitolo 8. Selezione bibliografica xidative metabolism and lipid peroxidation in exercising muscle from ALS patients. Amyotroph Lateral Scler Other Motor Neuron Disord. 2002. 3(2): 57-62. dello stress ossidativo tramite d-ROMs test prima durante e dopo terapia chelante con EDTA”]. Minerva Cardioangiologica. 2002. 50 (6, suppl. 1): 138-139. Squitti R, Rossini PM, Cassetta E, Moffa F, Pasqualetti P, Cortesi M, Colloca A, Rossi L, Finazzi-Agro A d-penicillamine reduces serum oxidative stress in Alzheimer’s disease patients. Eur J Clin Invest 2002. 32 (1) : 51-9. Novembrino C, Bamonti F. Ippolito S, Lorenzano F, Lonati S, Della Noce C, Tonini A, Accinni R A new approach to the risk for cardiovascular diseases [original title “Nuovo approccio al rischio di patologia cardiovascolare”]. Biochimica Clinica. 2002. 26 (3): 267. 8. 2. 3 Malattie cardiovascolari 8. 2. 4 Malattie del sangue e degli organi ematopoetici Digiesi V, Oliviero C, Gianno V, Rossetti M, Fiorillo C, Oradei A, Lenuzza M, Nassi P. Reactive metabolites of oxygen, lipid peroxidation, total antioxidant capacity and vitamin E in essential arterial hypertension. Clin Ter. 1997. 148 (11): 5159. Bamonti F, Novembrino C, Cighetti G, Annaloro C, Luchesini C, De Franceschi M, Bortone L, Della Volpe A, Ippolito S, Lambertenghi Deliliers G Assessment of oxidative stress in hemopoietic stem cell transplantation (HSCT). Biochimica Clinica. 2001. 25: 60. Cesarone MR, Belcaro G, Carratelli M, Cornelli U, De Sanctis MT, Incandela I, Barsotti A, Terranova R, Nicolaides A A simple test to monitor oxidative stress. International Angiology. 1999. 18 (2): 127130. Ippolito S, Bamonti F, Novembrino C, De Franceschi M, Massaro P, Cortelezzi A, Fracchiolla NS, Ciani A, Maiolo AT. Homocysteine levels and oxidative stress in myeloprolyferative and myelodysplastic syndromes. Clin Chem Lab Med. 2001. 39 (Special Supplement): S269. Cornelli U, Cornelli M, Terranova R. Free-radical and vascular diseases The International Union of Angiology’s Bulletin. 1999. 15: 7-10. Ippolito S, Bamonti-Catena F, Novembrino C, Cortellezzi A, Fracchiolla NS, Di Cataldo D, Guggiari E, Ciani A, Maiolo AT Oxidative stress in myelodysplastic syndromes. Biochimica Clinica. 2001. 25: 61. Kusmic C, Petersen C, Picano E, Busceti C, Parenti G, Laghi Pasini F, Barsacchi R Antioxidant effect of oral dipyramidole during cerebral hypoperfusion with human carotid endarterectomy. Journal of Cardiovascular Pharmacology. 2000. 36 (2): 141-145. Trotti R. Carratelli M, Barbieri M, Micieli G, Bosone D, Rondanelli P., Bo P Oxidative stress and thrombophilic condition in alcoholics without severe liver disease. 2001. Haematologica. 86: 85-91. Incandela L, Belcaro G, Cesarone MR, De Sanctis MT, Griffin M, Cacchio M, Nicolaides AN, Bucci M, Barsotti A, Martines G, Cornelli U, Di Renzo A Oxygen-free radical decrease in hypertensive patients treated with lercanidipine Int Angiol. 2001. 20(2): 136-40. 8. 2. 5 Malattie dell’apparato respiratorio Liotti F, Maselli R, De Prisco R, Iorio EL, De Seta C, Sannolo N Antioxidant agents in work environment and professional bronchopneumopathies [original title “Agenti antiossidanti in ambiente di lavoro e broncopneumopatie professionali”]. Proceedings of the Meeting “Giornate Scientifiche della Facoltà 2000”. 17-19 May 2000. Second University of Naples, Naples, Italy. 2000. P 555-556. Cesarone MR, Incandela L, DeSanctis MT, Belcaro G, Dugall M, Acerbi G. Variations in plasma free radicals in patients with venous hypertension with HR (Paroven, Venoruton; 0-(beta-hydroxyethyl)rutosides): a clinical, prospective, placebocontrolled, randomized trial. J Cardiovasc Pharmacol Ther. 2002. 7(Suppl 1): S25-8. Iorio EL, Quagliuolo L, Carratelli M. The d-ROMs test: a method to monitor oxidative stress in vascular diseases [Original title “d-ROMs test: metodo di monitoraggio dello stress ossidativo nelle patologie vascolari”]. Minerva Cardioangiologica. 2002. 50 (6, suppl. 1): 143-144. Rizzato G Death due to air pollution: role of oxidative stress and protection of an antioxidant aerosol [original title “Mortalità da inquinamento atmosferico: ruolo dello stress ossidativo e potere tampone di un aerosol antiossidante”]. Giornale Italiano delle Malattie Toraciche. 2000. 54 (3): 204212. Mariani MM The assessment of oxidative stress before, during and after EDTA chelation therapy by means of the d-ROMs test [original title “Studio Allegra L, Blasi F, Capone P, Centenni S, Gogo R, Damato S, Patrigni G, Piatti G, Rampolli C, Rizzato G Optimisation of N-Acetylcysteine dosage for its 60 Capitolo 8. Selezione bibliografica mucolytic and antioxidant activities [original title “Ottimizzazione dei dosaggi della NAC per l’espressione delle sue proprietà mucoattive ed antiossidanti”]. Giornale Italiano delle Malattie Toraciche. 2001. 55 (6): 476-484. Bamonti F, De Vecchi A, Novembrino C, Buccianti G, De Franceschi M, Baragetti I, Ippolito S, Maiolo AT. Oxidative stress and homocysteine in patients on chronic dialysis. Clin Chem Lab Med. 2001. 39 (Special Supplement): S114. Anzalone GE, Danesi P, Goti P, Melocchi F Effect of aerosolised N-Acetylcysteine (NAC) on reactive oxygen metabolites (ROM) in plasma of COPD patients. Le malattie dell’apparato respiratorio. 2001. 4: 41-45. Novembrino C, Bamonti F, Campise MR, Tarantino A, Ippolito S, Ponticelli C, Maiolo AT. Homocysteine metabolism and oxidative stress after kidney transplantation. Clin Chem Lab Med. 2001. 39 (Special Supplement): S115. Verduri A, Del Donno M, Chetta A, Olivieri D Free radical of oxygen measurement on capillary blood in healthy smokers, COPD patients and control subjects [original title “Misurazione dei radicali liberi dell’ossigeno su sangue capillare in fumatori sani, pazienti BPCO e soggetti di controllo”]. Proceedings of the Congress “Capitolo Italiano Chest”. 20-22 June 2002. Naples, Italy. 2002. Albertini A, Gerardi GM, Ferrari F, Tira P, Gazzotti RM, Di Lorenzo D Application of different methods to evaluate oxidative stress and antioxidant capacity in sera of hemodialyzed patients. 2002. CLINICAL STUDY. IN PRESS. Campise M, Tarantino A, Bamonti F, Novembrino C, Ippolito S, Lonati S, Montanino G, Ponticelli C, Cornelli U Oxidative status in kidney transplantation. 2002. MEETING COMMUNICATION. IN PRESS. 8. 2. 6 Malattie renali Testa Effects of a vitamin E-modified membrane (CL-E) on plasma oxidative stress markers of hemodialyzed patients [original title “Effetti di un filtro modificato con vitamina E su alcuni marker plasmatici di stress ossidativo in pazienti emodializzati”]. Report of the Hospital of Cremona. Cremona, Italy. 1999. CLINICAL REPORT. Gerardi GM, Usberti M, Martini G, Albertini A, Sugherini L, Pompella A, Di Lorenzo D Plasma total antioxidant capacity in hemodialyzed patients and its relationship to other biomarkers of oxidative stress and lipid peroxidation. Clin Chem Lab Med. 2002. 40 (2): 104-110. Usberti M, Bufano G, Lima G, Gazzotti RM, Tira P, Gerardi GM, Di Lorenzo D. Increased red blood cell survival reduces the need of erythropoietin in hemodialyzed patients treated with exogenous glutathione and vitamine E-modified membrane. Contrib Nephrol. 1999. 127: 208-14. Usberti M, Gerardi G, Bufano G, Tira P, Micheli A, Albertini A, Floridi A, Di Lorenzo D, Galli F. Effects of erythropoietin and vitamin E-modified membrane on plasma oxidative stress markers and anemia of hemodialyzed patients. Am J Kidney Dis. 2002. 40(3): 590-9. Palumbo R, Bondanini F, Vitaliano E, Chiaretti B, Galliani M, Tarquini G, Travaglia S, Paone A, Zepponi E. Hemodialysis and oxidative stress: reactive oxygen metabolites determination [original title “Emodialisi e stress ossidativo: determinazione dei derivati dei metaboliti reattivi dell’ossigeno”]. Giornale Italiano di Nefrologia. 2000. 17 (3, Special Number): 73. 8. 2. 7 Nutrizione, diabetologia e malattie del ricambio Akkus I, Can UG, Caglayan O, Gurbilek M, Kalak S, Bor MA, Dikici I Lipid peroxidation and antioxidant status in serum, erythrocytes and leucocytes of children with insulin-dependent Diabetes Mellitus. Proceedings of the 16th International Congress of Clinical Chemistry, London, UK. 1996. Palumbo R, Chiaretti B, Bondanini F, Vitaliano E, Tarquini G, Galliani M, Di Blasi S, Paone A. Chronic renal failure, free radicals, and the oxidant/antioxidant status. Journal of The American Society of Nephrology. 2000. 11: 73A. Vitola NM, Paraggio C, De Luna A, Nigro C Dosing of serum free radicals as possibile marker of alcohol abuse [original title “Il dosaggio dei radicali liberi serici quale possibile marker di abuso alcolico”]. Report of the Laboratory of Radioimmunology. Hospital of Battipaglia, Salerno, Italy. 1999. CLINICAL STUDY. IN PRESS. Palumbo R, Chiaretti B, Vitaliano E, Bondanini F, Galliani M, Tarquini G, Travaglia S, Di Blasi S, Paone A, Zepponi E. Oxidative stress and chronic renal failure: effects of hemodialysis. Proceedings of the 37th Congress of the European Renal Association - European Dialysis and Transplant Association. First combined congress with European Kidney Research Association. 17-20 September 2000. Nice, France. 2000. P 246. Iorio EL Courses of feeding education in the schools: eating well – eating sure [original title “Corsi di educazione alimentare nelle scuole: mangiare bene – mangiare sicuro”]. Scientific Nutrition Today. 2000. 2: 17. 61 Capitolo 8. Selezione bibliografica Tanganelli I, Ciccoli L, Tansi R, Borgogni P, Rossi V, Gistri M, Pettinari O, Signorini C, Marisi M Markers of oxidative stress in diabetic patients. Diabetes Research and Clinical Practice. 2000. 50 (Suppl 1): S1. 8. 2. 10 Malattie infettive Pontiggia P, Silvotti MG, Martano F, Cuppone Curto F, Rotella GB, Sabato A The role of whole body hyperthermia in AIDS patients: effects on the free radicals level. Med Biol Environm 1995. 23 (2): 279-282. Capunzo M, Iorio EL, Cavallo P Correlation between oxidative stress and plasma lipids levels: results of a preliminary study [original title “Correlazione fra stress ossidativo e livello di lipidi plasmatici: risultati di uno studio preliminare”]. I Quaderni dell’Università di Salerno. 2001. 91-102. 8. 2. 11 Oncologia La Torre F, Orlando A, Silipigni A, Giacobello T, Pergolizzi S, Aragona M Increase of oxygen free radicals and their derivatives in chemo- and radiation treated neoplasm patients [original title “Incremento dei radicali liberi dell’ossigeno e dei loro derivati in pazienti neoplastici chemio e radiotrattati”]. Minerva Medica. 1996. 86: 1-4. Cornelli U, Terranova R, Luca S, Cornelli M, Alberti A Bioavailability of some food supplementations in men and women using the d-ROMs test as a marker of oxidative stress. J Nutr. 2001. 131: 32083211. 8. 2. 12 Otorinolaringoiatria Serra A, Garozzo A, Cocuzza S, D'Amico VA, Carnevale G, Maiolino L Role of free radicals and their determination by means of d-ROMs test in Ménière’s diseases [original title “Ruolo dei radicali liberi e loro determinazione mediante d-ROMS test nella malattia di Ménière”]. Progressi in Audiologia e Vestibologia. 1999. 3: 1-2. De Prisco R, Attianese P, Lione D, Balestrieri C, Iorio EL Oxidative stress and serum lipids. th Proceedings of the 10 Congreso Italolatinoamericano de Etnomedicina. 23-28 September 2001. Isla de Margarita, Venezuela. 2001. 8. 2. 13 Neonatologia e pediatria Iorio EL, Escalona M, De Prisco R, Attianese P, Caratelli M. Impairment of redox balance in obesity. Proceedings of the 10th Congreso Italolatinoamericano de Etnomedicina. 23-28 September 2001. Isla de Margarita, Venezuela. 2001. Iamele L, Amboni P, Felletti S, Pasinetti G, Auriema A, Vernocchi A Reference values of hydroperoxides in the blood serum of newborns and adults [original title “Valori di riferimento di idroperossido nel siero di neonati e adulti”]. Biochimica Clinica. 1997. 21: 7-8. Cornelli U, Terranova R, Luca S, Cornelli M, Alberti A Bioavailability and antioxidant activity of some food supplements in men and women using the dROMs test as a marker of oxidative stress [original title “Biodisponibilità ed attività antiossidante di alcuni supplementi nutrizionali. Test d-ROMs: marker dello stress ossidativo”]. La Medicina Biologica. 2002. 2: 35-40. Iamele L, Vernocchi A, Amboni P, Pasinetti G, Auriema A., Bellan C, Tempra A Normal values of free radicals in newborns and comparison with adults. Proceedings of the 12th IFCC European Congress of Clinical Chemistry “Medlab ‘97”. Basel, Switzerland. 1997. P 196. Parmigiani S, Gambini L, Massari A, Pezzani I, Payer C, Bevilacqua G. Evaluation of reactive oxygen metabolites with micromethod in neonates: determination of standards of normality in full-term babies. Acta Biomed Ateneo Parmense. 1997. 68 (Suppl 1): 103-6. Ippolito S, Caruso R, Novembrino C, BamontiCatena, Della Noce C, Lorenzano E, Camolo J, Tonini A, Lonati S, Rosina M, Accinni R Dislipidemia and oxidative stress. Ital J Biochem. 2002. 51 (3-4): 129. Parmigiani S, Gambini L, Massari A, Pezzani I, Bevilacqua G Evaluation by micromethod of reactive oxygen metabolites in the newborn: assessment of normality standards [original title “Valutazione con micrometodo dei metaboliti reattivi dell’ossigeno nel neonato: determinazione th degli standard di normalità”]. Proceedings of the 7 National Congress of Italian Society of Perinatal Medicine “Medicina Perinatale ’98”. 25-28 March, Bari, Italy. 1998. 266-269. 8. 2. 8 Andrologia Giannattasio A, De Chiara M, Basile G, Peticca M, De Rosa M, Zarrilli S, Metafora S, Hall L A new method for the assay of sperm membranes lipoperoxides in normal and pathological human semen. J Endocrinol Invest. 1998. 21 (Suppl 7): 187. 8. 2. 9 Reumatologia Giordano N, Battisti E, Geraci S, Santacroce C, Lucani B, Fortunato M, Mattii G, Gennari C. Analgesic-antiinflammatory effect of a 100 Hz variable magnetic field in RA. Clin Exp Rheumatol. 2000. 18 (2): 263. Corsi MM, Fulgenzi A, Gualandri V, Ferrero ME, Gaja G Free radicals, ROS, and lipoperoxides in blood plasma of children with 21 trisomy syndrome 62 Capitolo 8. Selezione bibliografica [original title “Radicali liberi, ROS, e lipoperossidi, LPO, nel plasma di bambini con trisomia 21”]. Proceedings of the 49th National Congress AIPaC. 11-14 May 1999. Naples, Italy. 1999. P 31. Physical Exercise and Sports”. 6-7 december 2001. Padua, Italy. 2001. P 18. Iorio EL, Carratelli M, Quagliuolo L, Caletti G Oxidative stress evaluation in athletes Proceedings nd of the 2 International Conference on Oxidative Stress and Aging. 2-5 April 2001. Maui, Hawaii, USA. 2001. P60. Buonocore G, Perrone S, Longini M, Terzuoli L, Bracci R Total hydroperoxide and advanced oxidation protein products in preterm hypoxic babies. Pediatric Research. 2000. 47 (2): 221-4. Parmigiani S, Payer C, Massari Bevilacqua G. Normal values of metabolites on the cord-blood of with a colorimetric method. Acta Parmense. 2000. 71(1-2): 59-64. 8. 2. 16 Medicina omeopatica Allegra C, Bartolo M jr, Sarcinella R Evaluation of pharmacological effects of a homeopathic medication in primary tardive lymphoedema of lower extremities by means of microlymphography and free radicals detection. Clinical Report S. Giovanni Hospital. Rome, Italy. 2000. P 1-4 (Named srl Editor, Milan, Italy). A, Bussolati G, reactive oxygen full-term infants Biomed Ateneo Carratelli M, Porcaro R, Ruscica M, De Simone E, Bertelli AAE, Corsi MM Reactive Oxygen Metabolites (ROMs) and prooxidant status in children with Down Syndrome. International Journal of Clinical Pharmacology Research. 2001. 21 (2): 79-84. 8. 2. 17 Medicine alternative Carratelli M, Spagnoli U, De Toma G, Guerreschi F, D’Ascenzio G Application of a new method to evaluate oxidative damage in patients treatet with ozone-therapy [original title “Applicazione di un nuovo metodo per la valutazione del danno ossidativo in pazienti trattati con ozonoterapia”]. 1999. CLINICAL REPORT. Buonocore G, Perrone S, Longini M, Vezzosi P, Marzocchi B, Paffetti P, Bracci R. Oxidative stress in preterm neonates at birth and on the seventh day of life Pediatr Res. 2002. 52(1): 46-9. Marzatico. Use of d-ROMs test in a pilot study on the effects of a acute and chronic transcutaneous administration of ginkgo biloba [original title “Utilizzo del d-ROMs test in uno studio pilota sugli effetti di una somministrazione transdermica acuta e cronica di ginkgo biloba”]. 1999. CLINICAL REPORT 8. 2. 14 Geriatria Cornelli U, Cornelli M, Terranova R, Luca S, Belcaro G Ageing and free radicals [original title “Invecchiamento e radicali liberi”]. Progress in Nutrition. 2000. 3: 37-50. Cornelli U, Terranova R, Luca S, Di Mauro C, Cornelli M Oxidative stress and senile dementia [original title “Lo stress ossidativo e la demenza senile”]. La Medicina Biologica. 2001. 3: 11-15. 8. 2. 18 Medicina veterinaria Formigoni A, Calderone D, Pezzi P, Panciroli A Changes in “oxidative status” during the dry period and the first month of lactation in dairy cows [original title “Evoluzione dello “status ossidativo” nella bovina da latte: osservazioni preliminari”]. Proceedings of the 12th National Congress “Associazione Scientifica di Produzione Animale” 23-26 June 1997. University of Pisa, Department of Animal Productions. Pisa, Italy. 1997. P 203-4. 8. 2. 15 Medicina dello sport Dolci A, Nanni G, Roi GS, Palli R, Banfi G. Oxygen free radicals and total antioxidant status in a professional players team during a football season. 1998. CLINICAL REPORT. Beltrami G, Fanton F, Schiavottiello G Determination of free radicals in different sporting activities and their application [original title “Determinazione dei radicali liberi in differenti attività sportiva e sue applicazioni”]. Report of Italian Baseball And Softball Medical Federal Commission. Scientific Institute for Sport Italian National Olympic Committee (CONI), Rome, Italy. 1999. CLINICAL REPORT. Brambilla G, Fiori M, Archetti LI Evaluation of the oxidative stress in growing pigs by microplate assays. J Vet Med A. 2001. 48: 33-38. Hiss RM, Sauerwein SH. The effects of feeding antioxidative supplements on haptoglobin (Hp) and serum amyloid A (SAA) serum concentrations in horses. Report of Biofocus GmbH, Recklinghausen, Germany and Institute of Physiology, Biochemistry and Hygiene of Domestic Animals, Bonn University, Germany. 2002. EXPERIMENTAL REPORT. Dolci A, Mathias M Muller Oxidative stress induced by physical exercise: the biochemical monitoring. Proceedings of the Meeting “Medical Laboratory of Stampato a Grosseto, Italia – Prima Edizione, Marzo 2003 Tutti i diritti riservati. © Copyright DIACRON International s. r. l., Grosseto, Italia. 2003. L’Editore non risponde di eventuali errori rilevati nel presente volume né dell’uso improprio del suo contenuto 63 Kits & tools per la valutazione globale dello stress ossidativo La DIACRON International s. r. l. (Grosseto) ha sviluppato un pannello di test per valutare globalmente il bilancio ossidativo, rilevando sia la produzione di metaboliti reattivi dell’ossigeno o ROM (d-ROMs test, brevetto DIACRON International s. a. s., Grosseto) sia la barriera antiossidante (OXY–Adsorbent test, BAP, e –SHp test) in matrici biologiche (es. sangue intero, siero, plasma, ecc.). I test possono essere eseguiti sia con un analizzatore automatico sia con una strumentazione dedicata (Sistema FREE, prodotto da DIACRON International s. r. l.,Grosseto). Il d-ROMs test può essere eseguito anche con il Sistema FRAS SYSTEM (prodotto da IRAM s. r. l., Parma). d-ROMs test: determinazione fotometrica dei metaboliti reattivi dell’ossigeno Gli idroperossidi, “marker” e “amplificatori” del danno tissutale generato dalla perossidazione di lipidi, amminoacidi, proteine, ed acidi nucleici, sono relativamente stabili e mantengono nei fluidi biologici una buona capacità ossidante. Pertanto, in questo test, gli idroperossidi (una classe di ROM), dopo aver reagito con un cromogeno adeguatamente tamponato, sviluppano un derivato colorato, che viene rilevato fotometricamente. La concentrazione di idroperossidi, direttamente proporzionale all’intensità del colore, viene espressa in Unità Carratelli (1 U CARR = 0.08 mg perossido di idrogeno/dL). Il range di riferimento del test nella popolazione normale è di 250–300 U CARR. Un incremento di tali valori indica un livelloprogressivamnete crescente di stress ossidativoo. Il d-ROMs test è uno strumento utilissimo nella pratica clinica routinaria. OXY–Adsorbent test: determinazione fotometrica del potenziale antiossidante plasmatico Numere sostanze presenti nel plasma (es carotenoidi, ascorbato, vitamina E, bilirubina, acido urico, etc) sono in grado di “adsorbire” la “potenzialità” ossidante delle specie reattive. Pertanto, qualsiasi danno a carico della “barriera plasmatica all’ossidazione” può provocare un danno ossidativo a livello dei tessuti. In tale contesto, l’OXY-Adsorbent test valuta la capacità del plasma di opporsi all’azione ossidante massiva di un eccesso di acido ipocloroso (HClO) in soluzione acquosa. Questo obiettivo è conseguito determinando fotometricamente i radicali residui dell’acido che non hanno reagito. Normalmente, 1 mL di plasma umano è in grado di “adsorbire” almeno 350 µmoli di HClO. Una riduzione di tali valori si correla direttamente con la gravità del danno inflitto alla “barriera plasmatica all’ossidazione”. Infatti, se “l’eccesso” dei radicali dell’HClO dopo ossidazione massiva è alto, la barriera plasmatica è ridotta, e viceversa. – SHp test: determinazione fotometrica dei tioli plasmatici I tioli proteici rappresentano una componente significativa della “barriera plasmatica all’ossidazione”. Infatti, i gruppi tiolici delle proteine sieriche sono in grado di opporsi alla fase di propagazione dei processi ossidativi inattivando i radicali alcossilici e perossilici. Questo test si basa sulla capacità dei gruppi –SH di sviluppare un complesso colorato quando reagiscono con il 5,5-ditiobis-2-nitrobenzoato (DTNB). Il “titolo” dei tioli è direttamente proporzionale all’intensità del colore. Il range del test nella popolazione normale è 450–650 µmoli -SH/L. Una riduzione di tali valori si correla direttamente con una ridotta efficienza della barriera tiolica. Per eseguire l’intero pannello di test è disponibile il Sistema FREE, prodotto da DIACRON International s. r. l., Grosseto Per eseguire solo il d-ROMs test su sangue intero è ora disponibile il Sistema FRAS prodotto da IRAM s. r. l., Parma, Italy Per ordini e per qualsiasi informazione contattare: DIACRON International s. r. l. 58 100 Grosseto, via Zircone 8 Tel 0039 0564 467 922 – FAX 0039 0564 467 684 e–mail: [email protected] –site web: ww.diacron.com DIACRON International
Documenti analoghi
- Osservatorio Internazionale dello Stress Ossidativo
globale delle capacità ossidanti o antiossidanti totali (es. d-ROMs test o TAS, rispettivamente), altri consentono la quantificazione di intere classi chimiche di sostanze accomunate dal possedere ...
- Osservatorio Internazionale dello Stress Ossidativo
Radicale libero: atomo o raggruppamento di atomi con uno o più elettroni liberi/spaiati) in uno degli orbitali esterni.
Radicale perossile: radicale altamente reattivo centrato sull’ossigeno
deriva...