una nuova formulazione di levodopa per ottimizzare il trattamento
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una nuova formulazione di levodopa per ottimizzare il trattamento
UNA NUOVA FORMULAZIONE DI LEVODOPA PER OTTIMIZZARE IL TRATTAMENTO DELLA MALATTIA DI PARKINSON Josè A. Obeso Universidad de Navarra, Pamplona Nella terapia della malattia di Parkinson la levodopa, associata a inibitori periferici della dopa-decarbossilasi è il farmaco più comunemente utilizzato. L'efficacia antiparkinsoniana della levodopa perdura a lungo durante l'evoluzione della malattia di Parkinson; tuttavia essa viene a ridursi a seguito delle complicanze motorie. Queste si verificano in circa il 50 – 80% dei pazienti parkinsoniani, che abbiano ricevuto levodopa per più di 5 – 10 anni; più facilmente insorgono nei pazienti che hanno sviluppato la malattia sin dall' età giovanile. Le fluttuazioni motorie rappresentano la maggior causa di disabilità del paziente; in estremo si può giungere ad una situazione di alternanza tra ON complicato da discinesie severe ed OFF con parkinsonismo invalidante (1,2). L'origine delle complicanze motorie é principalmente correlata alla perdita del meccanismo di auto-regolazione a livello della sinapsi dopaminergica striatale, che condiziona rilevanti oscillazioni nella disponibilitá della dopamina sintetizzata a partire dalla levodopa somministrata oralmente. Man mano che il processo neurodegenerativo progredisce, l'attivitá dopaminergica diviene dipendente dall'apporto esogeno di levodopa. Pertanto, i fattori farmacocinetici che modificano la disponibilitá centrale di levodopadopamina acquisiscono un'importanza singolare. Evidenze da modelli animali di Malattia di Parkinson Molti studi su primati trattati con MPTP dimostrano che le discinesie sono più frequenti quando il trattamento viene iniziato con farmaci a breve durata d'azione come levodopa, quinpirole, (+)-PHNO e SKF 82958, che con dopamino-agonisti a lunga durata come bromocriptina e ropinirolo. Agonisti dopaminergici a breve durata inducono discinesie quando somministrati in modo intermittente, ma non quando somministrati in continuo tramite pompa di infusione (3). Il trattamento intermittente con levodopa determina un'espressione del recettore D3 nei neuroni striatali ad espressione D1 in ratti lesionati con 6-OHDA. Tale induzione ectopica va in parallelo allo sviluppo di una sensibilizzazione comportamentale alla levodopa e non si verifica quando la levodopa è somministrata in continuo (4,5). La denervazione dopaminergica causa una "upregulation" del mRNA per la proencefa lina (PPE) ed una "downregulation" del mRNA per la dinorfina e la sostanza P in modelli di malattia di Parkinson, sia su roditori che primati. In primati trattati con MPTP, il trattamento intermittente con levodopa induce discinesie entro poche settimane. In questi animali la levodopa normalizza l'espressione genica della sostanza P, mentre non ha effetto significativo sull'espressione di PPE. Per contro, il trattamento con agonisti dopaminergici a lunga durata d'azione normalizza la PPE e non è associata a discinesia in animali "naive" (3). La somministrazione intermittente di agenti a breve durata come U91356A è associata a discinesie e corrisponde a mutamenti genici per PPE; ciò non si verifica in seguito ad infusione continua (6). Le discinesie sono meno probabili in primati lesionati parzialmente con MPTP e quando la levodopa viene data insieme ad un inibitore delle COMT (7). Evidenze da studi clinici Ai fini di supportare, anche in clinica, il razionale che farmaci a lunga durata d'azione possano essere associati a minor rischio di discinesie e fluttuazioni motorie, sono stati condotti alcuni studi prospettici, randomizzati, doppio cieco, controllati di confronto tra terapia iniziale con levodopa o con dopamino-agonisti. Ciascun studio è stato favorevole ai dopamino-agonisti nel ridurre significativamente il rischio di complicanze motorie. Questi benefici sono rimasti persino quando è stata aggiunta levodopa supplementare, sebbene la frequenza delle discinesie sia aumentata. Degno di interesse il fatto che i pazienti randomizzati a levodopa iniziale, hanno migliorato la parte motoria dell' UPDRS, anche se la levodopa, se necessario, poteva essere aggiunta in entrambi i gruppi di trattamento. Questo risultato ha creato alcune discussioni se iniziare la terapia per il Parkinson con un dopamino-agonista per ridurre il rischio di complicanze motorie o con levodopa per migliorare la risposta terapeutica. Rimane inoltre dubbio se benefici comparabili possano essere raggiunti da pazienti trattati con levodopa inizialmente e con l' agonista introdotto più tardi, anche se studi specifici sono attivi. Ci sono alcune evidenze che la somministrazione continua di farmaci dopaminergici possano trattare complicanze motorie stabilizzate. Si è dimostrato un miglioramento dei disturbi motori indotti da levodopa orale dopo infusione continua di apomorfina, lisuride o levodopa (3). Inoltre recenti studi di farmacocinetica suggeriscono che il punto più importante è primariamente legato alla stabilizzazione dei livelli plasmatici della levodopa, associata alla "eliminazione" di cadute del livello stesso indipendentemente dal dosaggio assoluto (8). Nel corso delle terapie convenzionali, nei pazienti con malattia di Parkinson complicata, si possono verificare anche più volte nella giornata, ritardi o assenza di risposta clinica dopo la assunzione della compressa di levodopa. La risposta motoria, cioè, diviene non più prevedibile e puntuale. Il "wearing-off" è generalmente il fenomeno che compare più precocemente e consiste in una caduta della performance motoria dopo un periodo di tempo dal trattamento con levodopa, che si risolve dopo la successiva somministrazione del farmaco. Il fenomeno è prevedibile da parte del paziente ed è strettamente legato ai livelli plasmatici di levodopa. I "wearing-off", infatti, possono essere controllati garantendo costanti livelli plasmatici di levodopa mediante infusione endovenosa continua. Dato che la farmacocinetica del farmaco non cambia durante il corso degli anni di trattamento e dato che nei primi anni la risposta è costante, si ritiene che la comparsa di questo fenomeno sia dovuta alla modificazione della risposta farmacodinamica. Infatti, il "wearing-off" si verifica anche con dopamino-agonisti con emivita più lunga della levodopa (9). Per controllare tali fenomeni bisogna fare in modo che il tasso plasmatico della levodopa si mantenga il più a lungo possibile sopra la soglia (8). Il "delayed-on" compare generalmente successivamente al fenomeno del "wearing-off" e consiste nell'aumento del tempo di latenza dell'efficacia clinica, che intercorre tra l'assunzione ella compressa ed il beneficio motorio. In alcuni casi l'efficacia della terapia fallisce del tutto e la dose di levodopa non sortisce alcun effetto clinico, costringendo il paziente a lunghi periodi di immobilità ("no-on"). Questo fenomeno è molto comune durante le ore postprandiali e pomeridiane. Il "delayed-on" rappresenta una parte consistente (68%) del complessivo OFF giornaliero dei pazienti. Mentre il "wearing-off" è maggiormente migliorabile con alcune terapie combinate, quali l'introduzione di farmaci dopamino-agonisti, inibitori delle COMT e/o MAO, il "delayed-on" resta spesso di difficile risoluzione. Le cause più significative di questo problema sono da ricercare negli ostacoli periferici all'assorbimento della levodopa, che si ripercuotono nel profilo plasmatico e, quindi, sull'azione clinica (9,10). Razionale d'uso di melevodopa/ carbidopa L'assorbimento di levodopa avviene nel primo tratto del piccolo intestino ed è influenzato dallo svuotamento gastrico, spesso alterato nei pazienti parkinsoniani. Infatti il rallentato transito gastrico può ridurre la quota di levodopa biodisponibile in quanto la levodopa rimane nello stomaco dove non può essere assorbita. Soluzioni orali di levodopa potrebbero migliorare l'assorbimento. Ma la levodopa è notoriamente caratterizzata da: scarsa solubilità in acqua, instabilità chimica (ossidazione), instabilità enzimatica (decarbossilazione). Melevodopa è un derivato della levodopa, studiato per migliorarne le proprietà chimico-fisiche, la cinetica di assorbimento e la costanza di attività. In confronto a levodopa, melevodopa presenta le seguenti caratteristiche: ● Solubilità: melevodopa è circa 250 volte più solubile di levodopa. Formulazioni solubili di melevodopa richiedono volumi di liquido molto ridotti rispetto a levodopa. ● Costante di ionizzazione: La basicità del gruppo aminico di melevodopa è ridotta di 1.29 unità di pKa rispetto a levodopa. A pH fisiologico melevodopa è prevalentemente in forma non ionizzata, levodopa è prevalentemente in forma ionizzata. ● Lipofilia: melevodopa è più lipofila di levodopa. La maggiore lipofilia consente a melevodopa una più rapida diffusione nei compartimenti lipofili e all'interno della parete intestinale in fase di assorbimento. La combinazione di melevodopa e carbidopa, sviluppata come compressa effervescente, è quindi molto solubile e la soluzione ottenuta raggiunge rapidamente la sede dell'assorbimento evitando i rischi di degradazione a livello gastrico e assicurando livelli plasmatici efficaci di levodopa. La modalità di somministrazione in soluzione permette un assorbimento uniforme con riduzione delle variazioni di dopemia riscontrabili con le formulazioni solide di levodopa disponibili, probabilmente corresponsabili dell'evidenziazione clinica delle fluttuazioni motorie. Può risultare particolarmente utile nei pazienti con discinesie gastriche attribuibili alla patologia, nei pazienti con disfagia o comunque nei soggetti incapaci di assumere preparazioni solide. Sono stati effettuati numerosi studi clinici in pazienti parkinsoniani con delayed ON pomeridiano, mattutino, o con ripetuti periodi di OFF durante la giornata. La combinazione di melevodopa e carbidopa, rispetto alla levodopa standard, ha evidenziato un beneficio terapeutico sulle fluttuazioni motorie, riducendo il periodo totale giornaliero di blocco, abbreviando il periodo di latenza all' "ON" e prolungando la durata dell'"ON". Concludendo, melevodopa é un farmaco di grande interesse pratico nel trattamento del "wearing off". Il suo uso é semplice e rappresenta un'interessante opzione terapeutica. Dal punto di vista dei meccanismi fisiopatologici delle complicanze motorie, risulta interessante osservare la possibilitá che un uso precoce di melevodopa eviti le ampie variazioni dello stato dopaminergico e le modificazioni fisiologiche nei gangli basali, e che pertanto potrebbe ridurre l'intensitá delle fluttuazioni motorie che tipicamente si associano all'uso della levodopa nella malattia di Parkinson. BIBLIOGRAFIA 1. Rajput AH, Fenton ME, Birdi S, et al. Clinical-pathological study of levodopa complications. Mov Disord 2002;17:289 –296. 2. Kostic V, Przedborski S, Flaster E, Stemic N. Early development of levodopa-induced dyskinesias and response uctuations in young-onset Parkinson's disease. Neurology 1991;41:202–205. 3. Olanow CW, Agid Y, Mizuno Y, et al. Levodopa in the treatment of Parkinson's disease: current controversies. Mov Disord 2004;19:997 –1005. 4. Bordet R, Ridray S, Carboni S, Diaz J, Sokoloff P, Schwartz JC. 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