Officina Atelier
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Tecnica La storia della tecnica è in fondo un susseguirsi di grandi idee che dopo la loro apparizione sono state sviluppate portandole progressivamente a un elevato livello di raffinatezza esecutiva e di funzionalità. Questo, fino a che qualcuno non inventa qualcosa di meglio, e la storia si ripete. Il motore a combustione interna non fa eccezione. Solo che, dopo l’apparizione, sul finire dell’Ottocento, di quelli a ciclo Otto e a ciclo Diesel, non si è trovato nulla di meglio. Via via sono stati proposti motori che avevano un ciclo di funzionamento diverso, come quelli a turbina, ma in campo automotive non c’è stato niente da fare e i buoni vecchi pistoni che scorrono all’interno dei cilindri e il relativo albero a gomiti, nonché le bielle, continuano a dominare la scena. E i cicli sono rimasti quelli che erano. Certo, i motori odierni sono dispositivi di straordinaria raffinatezza sotto tutti i punti di vista, ma se si pensa che APPROFONDIMENTO a cura di Vittorio Fabbri Movimenti alternativi? I classici motori a combustione interna sono ormai con noi da lunghissimo tempo e dal punto di vista concettuale non sembrano proprio dei capolavori di modernità, con le loro manovelle e i loro pistoni che vanno su e giù dentro i cilindri. Eppure… in fin dei conti al loro interno ci sono delle manovelle (costituite dai “gomiti” dell’albero) e delle bielle che si muovono come quelle delle macchine alternative a vapore di tantissimi anni fa, non si può non rimanere un tantino sconcertati. Le stesse valvole a fungo sono state definite (tutt’altro che a torto) delle mostruosità meccaniche ma al tempo stesso delle meraviglie tecnologiche. Insomma, lo sviluppo che è stato fatto è eccezionale, ma dal punto di vista concettuale è oltre un secolo che non si vedono novità, a livello meccanico. Il disegno e il dimensionamento, tanto d’assieme quanto dei vari componenti, sono progrediti senza soste, raggiungendo un livello evolutivo straordinario, la metallurgia ha fatto enormi passi in avanti, come pure i sistemi di controllo della formazione della miscela combustibile e via dicendo. Eppure, la cinematica del manovellismo è immutata, come pure la funzione dei Il motore rotativo Renesis 16X di Mazda. La casa nipponica è rimasta l’unica a livello mondiale a puntare ancora sul motore Wankel 26 diversi organi. E i motori delle nostre auto, degli autocarri e delle moto continuano a ad essere a ciclo Otto e a ciclo Diesel. Nel corso degli anni, per quanto ri- guarda la struttura del motore, sono stati proposti alcuni schemi alternativi (come ad esempio quello a pistoni assiali), nessuno dei quali però è riuscito neanche minimamente a scal- O F F I C I N A Sezione longitudinale di un motore BMW a ciclo Otto a sei cilindri fire quello “classico”. L’unica vera sfida è arrivata dal motore a pistone rotante Wankel, dalla struttura realmente innovativa, ma sempre a ciclo Otto. Si trattava quindi di un motore nuovo sotto l’aspetto meccanico, ma tradizionale per quanto riguardava il ciclo di funzionamento. Apparso sul finire degli anni Cinquanta e sviluppato presso la tedesca NSU, il Wankel aveva sollevato grandi entusiasmi presso i tecnici di molte Case e anche il grande pubblico non era rimasto insensibile nei suoi confronti. In seguito però le speranze di poterlo impiegare al posto del motore a pistoni di schema convenzionale sono andate svanendo per una serie di motivi di importanza tutt’altro che trascurabile. Diversi costruttori hanno a suo tempo imboccato la strada del Wankel, acquisendo i diritti di fabbricazione dalla NSU, varando importanti programmi di sviluppo e investendo cifre considerevoli. Oramai da più di un ventennio sulla scena è rimasta solo la giapponese Mazda, che ha lavorato per decenni su questo tipo di motore ma che lo impiega solo su di un modello della sua gamma, apparentemente più per ragioni di prestigio che per altri motivi; tutte le altre auto di sua produzione infatti sono azionate da motori di schema convenzionale. Sulla carta il motore a pistone rotante ideato originariamente da Felix Wankel è assolutamente straordinario. Il numero di componenti è assai inferiore, rispetto a un analogo motore convenzionale e inoltre al suo interno non vi sono parti in moto alterno. Dunque si tratta di un motore compatto, leggero e semplice strutturalmente, perfettamente equilibrato e in grado di raggiungere regimi di rotazione molto elevati senza problemi di sorta. A decretarne l’insuccesso sono state però delle ragioni importanti. Tanto per cominciare, la camera di combustione ha una forma molto sfavorevole, con un elevato rapporto superficie/volume, il che rende impossibile l’ottenimento di elevati rendimenti e penalizza i consumi e, cosa da tempo inaccettabile, anche le emissioni di idrocarburi. Inoltre, la durata non è paragonabile a quella che si ottiene, senza alcuna difficoltà, con i motori di schema classico. Le parti critiche sono gli elementi di tenuta e le pareti del vano nel quale è alloggiato il pistone. L’elevato trafilamento che inizia a verificarsi dopo un chilometraggio non certo elevato per gli standard usuali contribuisce ovviamente a peggiorare la situazione per quanto riguarda le emissioni. Per rientrare nei limiti di legge i tecnici della Mazda hanno dovuto ricorrere a una serie di soluzioni sofisticate che hanno penalizzato i costi e aumentato fortemente la complessità costruttiva. Un motore Wankel è costituito da un carter centrale chiuso da due coperchi laterali, all’interno del quale è alloggiato il pistone (la cui forma in sezione è grossomodo triangolare), che ruota sul perno eccentrico dell’albero, supportato da cuscinetti montati nei coperchi. Il pistone, che sarebbe meglio chiamare rotore, è guidato nel suo movimento da un ingranaggio fissato a uno dei due coperchi laterali, i cui denti sono in presa con quelli di una corona a dentatura interna (vin- colata al pistone stesso). In effetti la geometria dell’alloggiamento è complessa, e questo vale anche per il rotore, il cui reale movimento è ben difficile da visualizzare (sarebbe forse più giusto dire che il pistone più che ruotare, “rotola”). Tra lo statore e il rotore si formano tre camere di lavoro mobili, a volume variabile. L’albero compie tre giri per ogni giro del rotore, durante il quale in ciascuna camera si svolgono tutte le fasi di un ciclo a quattro tempi. Del ciclo Miller basta dire che è una banale “variazione sul tema” del ciclo Otto, in genere neanche menzionata sui testi tecnici. Per quanto riguarda i motori a turbina, sui quali alcuni costruttori avevano riposto notevoli speranze, si sono rivelati poco adatti ad impiego automobilistico per il ritardo di risposta all’azionamento dell’acceleratore, il consumo specifico piuttosto elevato e il costo addirittura spropositato… Vittorio Fabbri 27
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Il motore WANKEL a pistoni rotanti
componenti in meno, e soprattutto non ha parti
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Anche per tali caratteristiche il motore Wankel è
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Queste caratteristi...